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Michael Jordan: differenze tra le versioni

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Jordan viene scelto dai [[Chicago Bulls]] come terza scelta assoluta nel primo giro del ''[[draft]]'' [[National Basketball Association|NBA]] del [[1984]], dietro [[Hakeem Olajuwon]] e [[Sam Bowie]].
Jordan viene scelto dai [[Chicago Bulls]] come terza scelta assoluta nel primo giro del ''[[draft]]'' [[National Basketball Association|NBA]] del [[1984]], dietro [[Hakeem Olajuwon]] e [[Sam Bowie]].


Il fatto che Jordan non sia stato la prima scelta assoluta col senno di poi può apparire un'incredibile errore da parte degli scout NBA. Tuttavia questa situazione non deve stupire: altri fuoriclasse, come [[Larry Bird]] o [[Kobe Bryant]] hanno avuto una sorte simile ed il ''draft'' del 1984 è generalmente considerato il più ricco di tutta la storia dell'[[NBA]], comprendendo un numero impressionante di future stelle, fra i quali è doveroso ricordare [[Charles Barkley]] (5a scelta assoluta) e [[John Stockton]] (16a scelta), oltre ai già citati. Tradizionalmente le squadre NBA privilegiano la scelta di centri rispetto a guardie o ali, seguendo alla lettera la frase del mitico allenatore di [[UCLA]], [[John Wooden]] che diceva «''Nel basket si può insegnare tutto meno che l'altezza''».
Il fatto che Jordan non sia stato la prima scelta assoluta, col senno di poi, può apparire un incredibile errore da parte degli scout NBA. Tuttavia questa situazione non deve stupire: altri fuoriclasse, come [[Larry Bird]] o [[Kobe Bryant]] hanno avuto una sorte simile ed il ''draft'' del 1984 è generalmente considerato il più ricco di tutta la storia dell'[[NBA]], comprendendo un numero impressionante di future stelle, fra i quali è doveroso ricordare [[Charles Barkley]] (5a scelta assoluta) e [[John Stockton]] (16a scelta), oltre ai già citati. Tradizionalmente le squadre NBA privilegiano la scelta di centri rispetto a guardie o ali, seguendo alla lettera la frase del mitico allenatore di [[UCLA]], [[John Wooden]] che diceva «''Nel basket si può insegnare tutto meno che l'altezza''».


In tal senso, la prima scelta assoluta nel ''draft'' di [[Hakeem Olajuwon]], un centro dal talento cristallino, e probabilmente più affermato di Jordan a livello universitario, fu considerata una decisione assolutamente logica e condivisa dall'intera critica.
In tal senso, la prima scelta assoluta nel ''draft'' di [[Hakeem Olajuwon]], un centro dal talento cristallino, e probabilmente più affermato di Jordan a livello universitario, fu considerata una decisione assolutamente logica e condivisa dall'intera critica.


Meno condivisa la scelta dei [[Portland Trail Blazers]] di ''chiamare'' [[Sam Bowie]] come n.2, spesso citata come la più sciagurata della storia dei draft NBA.
Meno condivisa la scelta dei [[Portland Trail Blazers]] di ''chiamare'' [[Sam Bowie]] come n.2, spesso citata come la più sciagurata della storia dei draft NBA.
Tuttavia è necessario chiarire che [[Sam Bowie]] era considerato un centro di enorme talento con un curriculum NCAA di altissimo profilo, e che molti critici ritengono che le sue alterne fortune in campo professionistico siano soprattutto da imputare all'incredibile serie di infortuni che lo perseguitò, fra cui quattro consecutivi nei primi due anni di professionismo. Non è poi da escludere che il fatto di essere quotidianamente comparato a talenti del calibro di Jordan, Olajuwon o Barkley e di sentirsi costantemente rinfacciare i grandi traguardi conseguiti da questi due campioni, tanto da vedersi rapidamente appiccicare addosso il crudele nomignolo di ''Bust'' (''il fallimento'', ''il bidone''), abbia avuto un impatto fortemente negativo sul rendimento di un giocatore che, comunque, ha giocato nell'NBA per 11 anni con statistiche di buon livello.
Tuttavia è necessario chiarire che Sam Bowie era considerato un centro di enorme talento con un curriculum NCAA di altissimo profilo, e che molti critici ritengono che le sue alterne fortune in campo professionistico siano soprattutto da imputare all'incredibile serie di infortuni che lo perseguitò, fra cui quattro consecutivi nei primi due anni di professionismo. Non è poi da escludere che il fatto di essere quotidianamente comparato a talenti del calibro di Jordan, Olajuwon o Barkley e di sentirsi costantemente rinfacciare i grandi traguardi conseguiti da questi campioni, tanto da vedersi rapidamente appiccicare addosso il crudele nomignolo di ''Bust'' ("fallimento", "bidone"), abbia avuto un impatto fortemente negativo sul rendimento di un giocatore che, comunque, ha giocato nell'NBA per 11 anni con statistiche di buon livello.


Inoltre, per giustificare almeno in parte la scelta di Portland è doveroso ricordare come al ''draft'' dell'anno precedente questa ''franchigia'' avesse scelto [[Clyde Drexler]], praticamente pariruolo di Jordan ed a sua volta considerato uno dei più grandi giocatori di tutti i tempi, tanto da essere incluso nella [[Basketball Hall of Fame]].
Inoltre, per giustificare almeno in parte la scelta di Portland, è doveroso ricordare come al ''draft'' dell'anno precedente questa franchigia avesse scelto [[Clyde Drexler]], praticamente pariruolo di Jordan ed a sua volta considerato uno dei più grandi giocatori di tutti i tempi, tanto da essere incluso nella [[Basketball Hall of Fame]].


Infine è doveroso ricordare come molti critici nutrissero dei dubbi sul fatto che lo stile di gioco di Michael Jordan, basato sulla velocità e l'esplosività fisica, potesse avere un impatto vincente anche a livello NBA, dove avrebbe incontrato giocatori atleticamente e tecnicamente molto più dotati che non nel torneo [[NCAA]].
Infine va considerato che molti critici nutrissero dei dubbi sul fatto che lo stile di gioco di Michael Jordan, basato sulla velocità e l'esplosività fisica, potesse avere un impatto vincente anche a livello NBA, dove avrebbe incontrato giocatori atleticamente e tecnicamente molto più dotati che non nel torneo [[NCAA]].


Al suo arrivo, la squadra dei Bulls è una delle peggiori della [[National Basketball Association|NBA]], avendo disputato diverse stagioni letteralmente disastrose, e fra quelle con meno spettatori, tanto da aver valutato l'opportunità di spostarsi da Chicago per cercare maggiore pubblico. Sarà proprio intorno a Michael Jordan che si formerà, a poco a poco, una nuova squadra, che arriverà poi a essere la dinastia che ha dominato la lega statunitense negli [[anni 1990|anni '90]].
Al momento del suo arrivo, la squadra dei Bulls è una delle peggiori della [[National Basketball Association|NBA]], avendo disputato diverse stagioni letteralmente disastrose, e fra quelle con meno spettatori, tanto da aver valutato l'opportunità di spostarsi da [[Chicago]] per cercare maggiore pubblico. Sarà proprio intorno a Michael Jordan che si formerà, a poco a poco, una nuova squadra, che arriverà poi a essere la dinastia che ha dominato la lega statunitense negli [[anni 1990|anni '90]].


La sua non eccezionale altezza (1,98 m, o 6'6") risultava largamente compensata da una velocità d'esecuzione ed una potenza atletica fuori dal comune, che lo rendevano una minaccia versatile sul [[parquet]] di gioco, capace di giocare sia come [[playmaker]] che come [[ala piccola]], oltre alla sua posizione tipica di [[guardia tiratrice]].
La sua non eccezionale altezza (1,98 m, o 6'6") risultava largamente compensata da una velocità d'esecuzione e una potenza atletica fuori dal comune, che lo rendevano una minaccia versatile sul [[parquet]] di gioco, capace di giocare sia come [[playmaker]] che come [[ala piccola]], oltre alla sua posizione tipica di [[guardia tiratrice]].


Il suo esordio in campionato avviene contro i [[Washington Bullets]] (guarda caso proprio la squadra che, con il nome di [[Washington Wizards]], è stata l'ultima squadra di Michael Jordan). In quella partita mette a segno ben 16 punti e porta [[Chicago]] alla prima di tante vittorie che si susseguiranno negli anni a venire. Il talento e gli sforzi di Jordan vengono premiati con la convocazione per la partita delle stelle nel mese di febbraio, l'[[NBA All-Star Game]], e dopo pochi mesi viene premiato come [[Premio NBA matricola dell'anno|matricola dell'anno]].<ref name="nbah">[http://www.nba.com/history/players/jordan_bio.html Michael Jordan], nba.com/history, [[15 gennaio]] [[2007]].</ref>
Il suo esordio in campionato avviene contro i [[Washington Bullets]] (guarda caso proprio la squadra che, con il nome di [[Washington Wizards]], è stata l'ultima squadra di Michael Jordan). In quella partita mette a segno ben 16 punti e porta Chicago alla prima di tante vittorie che si susseguiranno negli anni a venire. Il talento e gli sforzi di Jordan vengono premiati con la convocazione per la partita delle stelle nel mese di febbraio, l'[[NBA All-Star Game]], e dopo pochi mesi viene premiato come [[Premio NBA matricola dell'anno|matricola dell'anno]].<ref name="nbah">[http://www.nba.com/history/players/jordan_bio.html Michael Jordan], nba.com/history, [[15 gennaio]] [[2007]].</ref>


===I Chicago Bulls: i primi anni===
===I Chicago Bulls: i primi anni===

Versione delle 19:35, 19 set 2007

{{{Nome}}}
Nazionalità
Altezza 198 cm
Peso 98, 88, 90 e 98 kg
Carriera
Squadre di club
1984-1993Chicago Bulls
File:Nba1.png
1995-1998Chicago Bulls
File:Nba1.png
2001-2003Wash. Wizards
File:Nba1.png
 

Template:Oro olimpico

«Dio ha creato un giocatore di basket di due metri; quello è MJ»

Michael Jeffrey Jordan (Brooklyn, 17 febbraio 1963) è un ex cestista statunitense.

Annoverato tuttora fra gli sportivi più popolari al mondo, Michael 'Air' Jordan, in virtù dei titoli conquistati, i primati personali conseguiti e, soprattuto, l'impatto rivoluzionario del suo stile di gioco sullo sviluppo della pallacanestro moderna, è quasi unanimemente considerato il più credibile aspirante al titolo di migliore giocatore di tutti i tempi.

La sua maglietta numero 23 dei Chicago Bulls e la sagoma della sua tipica schiacciata a gambe divaricate, divenuta poi il marchio commerciale delle linee di abbigliamento a lui dedicate, sono tuttora suoi simboli inconfondibili e veri e propri bestseller fra gli appassionati di basket.

Nella sua lunga e prolifica carriera gli sono stati dati una moltitudine di soprannomi: Air è certamente il più famoso e il più diffuso, al quale si aggiungono His Airness ("Sua Ariezza"), MJ, Jesus in Sneakers ("Gesù in scarpette da ginnastica").

Biografia

Le origini e la famiglia

Michael Jeffrey Jordan nasce il 17 febbraio 1963 nel quartiere di Brooklyn, a New York, dove i genitori James, meccanico in una centrale elettrica, e Delores Jordan, impiegata in una piccola banca, si erano appena trasferiti, ma presto la famiglia si trasferisce nuovamente, questa volta a Wilmington, nella Carolina del Nord, dove Micheal studia e cresce con il fratello maggiore Larry, che lo batte sempre nelle sfide uno-contro-uno a basket, e la sorella Rasalyn.

La leggenda ha inizio quando suo padre sistema un canestro nel giardino sul retro di casa, dove i due fratelli cominciano ad allenarsi ogni giorno.

I primi studi e l'esclusione dalla squadra della scuola

Il giovane Michael è un ragazzo molto timido; frequenta addirittura un corso di economia domestica, per paura di non riuscire a trovare una donna da sposare una volta cresciuto. Di conseguenza, impegna tutte le sue energie nello sport per cercare di emergere, praticando numerose attività: pallacanestro, baseball, football americano, nuoto e altri, insieme ai fratelli.

Jordan non eccelle nello studio, che non lo interessa più di tanto, ma comincia a farsi notare negli sport, brillando soprattutto nel football americano (come quarterback) e nel baseball (come lanciatore). Anche nel basket il ragazzo se la cava, ma, paradossalmente, quello che diventerà il più ammirato giocatore di tutti i tempi venne escluso dalla squadra di basket della sua scuola quando era un sophomore, dato che alle selezioni l'allenatore non lo ritiene abbastanza dotato.

Invece di perdersi d'animo, Jordan si allena per un anno intero per conto proprio, pronto a ripresentarsi alle selezioni dell'anno seguente.

Nel frattempo, all'età di 14 anni, per la prima volta riesce a schiacciare nel corso di una partita di street basket in un playground. Era alto solamente 1 metro e 72. È solo l'inizio della leggenda di Air. Finalmente il talento emerge, assieme alla sua crescita fisica (più di 15 cm in un anno): alle selezioni questa volta viene subito scelto, e già nelle prime partite giocate si conquista la fama di dunker ("schiacciatore" in slang), grazie alle stupende schiacciate che è in grado di fare, ben al di sopra della media dei suoi coetanei.

L'anno di duro lavoro dà i suoi frutti: viene inserito nella prima squadra, divenendo subito famoso in tutto lo stato della Carolina del Nord, risultando uno dei migliori giocatori del campionato scolastico disputato.

La stagione di gloria prosegue per Jordan e i Tar Heels, la squadra di Wilmington, che vince il campionato, anche grazie all'apporto di Jordan, che viene convocato per l'All-Star Game delle high-school.

Gli anni della North Carolina University

Nel primo anno di università Jordan si rivela sempre di più un giocatore spettacolare ed eccitante, ma ancora non riesce ad imporsi come un vero leader della squadra.

Il suo anno da freshman (nickname proprio degli studenti al primo anno di college) termina, tuttavia, in grande stile: nella finale per il titolo NCAA del 1982, Jordan mette a segno il tiro decisivo allo scadere del tempo, regalando alla sua squadra il titolo grazie a quello che nel tempo è diventato famoso come "the shot", ovvero "il tiro".

Già nel suo secondo anno è chiaramente la stella della squadra, e nel terzo viene eletto "giocatore nazionale" dell'anno. Decide dunque di lasciare prematuramente l'università (si laureerà solo qualche anno dopo) per dedicarsi alla NBA.

Olimpiadi 1984: il primo oro

Nel frattempo, però, prima di dedicarsi al mondo della pallacanestro professionistica, partecipa durante l'estate alle Olimpiadi estive di Los Angeles 1984, nella nazionale statunitense guidata da Bobby Knight, vincendo il suo primo oro olimpico. Fino al 1988, gli USA, infatti, portarono alle Olimpiadi una formazione composta solo di giocatori universitari, e non di atleti professionisti. Difatti non venne convocato per i Giochi Olimpici di Seul 1988, in quanto ormai professionista.

Il draft e l'arrivo nella NBA

Jordan viene scelto dai Chicago Bulls come terza scelta assoluta nel primo giro del draft NBA del 1984, dietro Hakeem Olajuwon e Sam Bowie.

Il fatto che Jordan non sia stato la prima scelta assoluta, col senno di poi, può apparire un incredibile errore da parte degli scout NBA. Tuttavia questa situazione non deve stupire: altri fuoriclasse, come Larry Bird o Kobe Bryant hanno avuto una sorte simile ed il draft del 1984 è generalmente considerato il più ricco di tutta la storia dell'NBA, comprendendo un numero impressionante di future stelle, fra i quali è doveroso ricordare Charles Barkley (5a scelta assoluta) e John Stockton (16a scelta), oltre ai già citati. Tradizionalmente le squadre NBA privilegiano la scelta di centri rispetto a guardie o ali, seguendo alla lettera la frase del mitico allenatore di UCLA, John Wooden che diceva «Nel basket si può insegnare tutto meno che l'altezza».

In tal senso, la prima scelta assoluta nel draft di Hakeem Olajuwon, un centro dal talento cristallino, e probabilmente più affermato di Jordan a livello universitario, fu considerata una decisione assolutamente logica e condivisa dall'intera critica.

Meno condivisa la scelta dei Portland Trail Blazers di chiamare Sam Bowie come n.2, spesso citata come la più sciagurata della storia dei draft NBA. Tuttavia è necessario chiarire che Sam Bowie era considerato un centro di enorme talento con un curriculum NCAA di altissimo profilo, e che molti critici ritengono che le sue alterne fortune in campo professionistico siano soprattutto da imputare all'incredibile serie di infortuni che lo perseguitò, fra cui quattro consecutivi nei primi due anni di professionismo. Non è poi da escludere che il fatto di essere quotidianamente comparato a talenti del calibro di Jordan, Olajuwon o Barkley e di sentirsi costantemente rinfacciare i grandi traguardi conseguiti da questi campioni, tanto da vedersi rapidamente appiccicare addosso il crudele nomignolo di Bust ("fallimento", "bidone"), abbia avuto un impatto fortemente negativo sul rendimento di un giocatore che, comunque, ha giocato nell'NBA per 11 anni con statistiche di buon livello.

Inoltre, per giustificare almeno in parte la scelta di Portland, è doveroso ricordare come al draft dell'anno precedente questa franchigia avesse scelto Clyde Drexler, praticamente pariruolo di Jordan ed a sua volta considerato uno dei più grandi giocatori di tutti i tempi, tanto da essere incluso nella Basketball Hall of Fame.

Infine va considerato che molti critici nutrissero dei dubbi sul fatto che lo stile di gioco di Michael Jordan, basato sulla velocità e l'esplosività fisica, potesse avere un impatto vincente anche a livello NBA, dove avrebbe incontrato giocatori atleticamente e tecnicamente molto più dotati che non nel torneo NCAA.

Al momento del suo arrivo, la squadra dei Bulls è una delle peggiori della NBA, avendo disputato diverse stagioni letteralmente disastrose, e fra quelle con meno spettatori, tanto da aver valutato l'opportunità di spostarsi da Chicago per cercare maggiore pubblico. Sarà proprio intorno a Michael Jordan che si formerà, a poco a poco, una nuova squadra, che arriverà poi a essere la dinastia che ha dominato la lega statunitense negli anni '90.

La sua non eccezionale altezza (1,98 m, o 6'6") risultava largamente compensata da una velocità d'esecuzione e una potenza atletica fuori dal comune, che lo rendevano una minaccia versatile sul parquet di gioco, capace di giocare sia come playmaker che come ala piccola, oltre alla sua posizione tipica di guardia tiratrice.

Il suo esordio in campionato avviene contro i Washington Bullets (guarda caso proprio la squadra che, con il nome di Washington Wizards, è stata l'ultima squadra di Michael Jordan). In quella partita mette a segno ben 16 punti e porta Chicago alla prima di tante vittorie che si susseguiranno negli anni a venire. Il talento e gli sforzi di Jordan vengono premiati con la convocazione per la partita delle stelle nel mese di febbraio, l'NBA All-Star Game, e dopo pochi mesi viene premiato come matricola dell'anno.[1]

I Chicago Bulls: i primi anni

La seconda stagione con i Bulls, però, non la inizia nemmeno: il 25 ottobre 1985 si infortuna alla caviglia durante una partita di preseason contro i Golden State Warriors. Per Jordan sono cinque mesi di stop.

Il 14 marzo 1986 rientra sul parquet con 18 partite di regular season ancora da disputare. Dopo tutte le aspettative accese nel pubblico l'anno precedente, Jordan smania dal desiderio di dimostrare le sue capacità ancora una volta e con un finale di stagione regolare fantastico trascina i Bulls ai play-off. Nei play-off ottiene un risultato incredibile, un record tuttora imbattuto che da solo vale la stagione: segna 63 punti contro i Boston Celtics del grande Larry Bird, che esclamerà a fine partita: Dio travestito da Michael Jordan"[2]. Resterà la miglior prestazione di sempre quanto a punti segnati in una gara di play-off.

L'estate del 1986 è l'inizio del nuovo corso dei Chicago Bulls, e la nuova squadra inizia a prendere forma attorno a Jordan, sempre più leader.

Il terzo campionato NBA è quello della conferma per Jordan, che per la prima volta vince la classifica marcatori, con 37,1 punti di media a partita[3]. Il ruolino di marcia di Jordan è assolutamente incredibile: nelle 82 partite della stagione regolare, 77 volte Jordan è il miglior realizzatore della sua squadra, per due volte segna 61 punti, per otto volte supera i 50, per addirittura trentasette volte ne mette 40 o più. Supera la soglia dei tremila punti in una sola stagione (3041), segnando il 35% dei punti totali della squadra.

Tutto questo, però, non deve distogliere l'attenzione dalla grandissima applicazione in difesa, spesso trascurata. È il primo (e unico) giocatore della storia a concludere un campionato con almeno 200 palle recuperate e 100 stoppate. Queste saranno le cifre che faranno ottenere a Jordan il titolo di Premio NBA difensore dell'anno, per il 1988.

Nel 1987-88, durante una partita disputata contro gli Utah Jazz a Salt Lake City, MJ schiaccia in testa a John Stockton (alto "solo" 185cm). Un tifoso nel parterre si alza in piedi e urla sdegnato a MJ di provare a schiacciare in testa ad un avversario della sua stessa altezza. Nell'azione successiva, Jordan schiaccia in testa al mastodontico Melvin Turpin (211cm, 13 più di Jordan) e si rivolge al tifoso con un'occhiata divertita per sapere se era grosso abbastanza.

Durante le edizioni del 1987 e del 1988 dell'NBA All-Star Game vince alla grande lo Slam Dunk Contest, la gara delle schiacciate, e viene consacrato con il soprannome Air per la sua grandiosa capacità di volare a canestro e restare in aria, suggellata da una storica schiacciata staccando dalla linea del tiro libero.

Negli Stati Uniti diviene un idolo ed il suo nome e la sua immagine diventano popolarissimi. In poco tempo, diviene una sorta di "Re Mida" della pallacanestro, siglando contratti favolosi con marche di ogni tipo, tra le quali la Nike, che gli dedica prima una serie di scarpe e poi addirittura una linea completa di vestiario. Apre un ristorante a Chicago, dove si riserva una sala isolata per poter mangiare senza essere assediato dai fan. Anche il valore complessivo dei Bulls cresce in maniera inimmaginabile: passa da 16 a 120 milioni di dollari.

Nel 1991 viene nominato dalla celebre rivista Sports Illustrated "Sportivo dell'anno".

Gli anni '90: il primo three-peat

La vera consacrazione di Michael come vera star del basket mondiale, arriva all'inizio degli anni '90, quando i Bulls raggiungono una certa autorevolezza, e Jordan gioca pallacanestro a livelli stellari. In tre anni, nel 1991 contro i Los Angeles Lakers, 1992 contro i Portland Trail Blazers e 1993 contro i Phoenix Suns, i Chicago Bulls vincono tre titoli NBA di seguito, il cosiddetto three-peat (gioco di parole intraducibile che fonde il numero "three" e il termine "repeat"). Nei play-off, ed in particolare nelle finali, Michael è travolgente, realizzando record su record, e vincendo anche lui tre titoli consecutivi di MVP delle finali NBA.

Olimpiadi 1992: il Dream Team e il secondo oro

Nell'estate 1992, Jordan, dopo aver vinto il suo secondo titolo, partecipa alle Olimpiadi estive di Barcellona 1992, dove si tiene la prima apparizione di giocatori professionisti della NBA ai Giochi Olimpici. Jordan viene incaricato del ruolo di capitano della squadra insieme a Magic Johnson e Larry Bird.

Jordan è una delle stelle del Dream Team originale, quella che è considerata da tutti gli esperti come la squadra di pallacanestro più forte di tutti i tempi; accanto a Michael vi sono, infatti, altri grandissimi campioni: il compagno di squadra Scottie Pippen, Magic Johnson, Larry Bird, Charles Barkley, Clyde Drexler, Patrick Ewing, Karl Malone, David Robinson, John Stockton, Chris Mullin e l'universitario Christian Laettner, guidati dal coach Chuck Daly.

È il secondo oro olimpico per MJ, che si dimostra protagonista assoluto della squadra statunitense, mettendo a segno una media di 33 punti a partita.

Nello stesso anno, gira il video musicale di "Jam" insieme a Michael Jackson.

La morte del padre ed il primo ritiro

Il padre di Jordan, James, venne assassinato nel 1993. Di ritorno dal funerale di un amico, decise di fermarsi sul bordo di una autostrada interstatale nella Carolina del Nord per riposarsi un po'. Mentre stava dormendo, due criminali locali si fermarono, lo uccisero e rubarono la sua Lexus, che gli era stata regalata proprio da Michael. Gli autori del fatto furono rapidamente rintracciati poiché avevano effettuato alcune chiamate con il telefono cellulare della vittima.

Il 6 ottobre 1993, in una conferenza stampa sovraffollata di giornalisti, Michael comunica alla lega e al mondo la sofferta decisione di lasciare la pallacanestro. Le sue parole sono: "Ho perso ogni motivazione. Nel gioco del basket non ho più nulla da dimostrare: è il momento migliore per me per smettere. Ho vinto tutto quello che si poteva vincere. Tornare? Forse, ma ora penso alla famiglia."

Insieme alla perdita degli stimoli, è la morte del padre ad incidere sulla difficile decisione presa da Michael. James Jordan era stato un grande appoggio per il figlio, che gli era profondamente affezionato, e lo aveva sempre incitato, anche se avrebbe preferito vederlo giocare a baseball, il suo sport preferito.

Il 9 settembre 1994, un anno dopo il suo ritiro, gioca un'ultima volta al Chicago Stadium, prossimo alla demolizione, in una partita di beneficenza organizzata da Scottie Pippen, uno dei compagni di squadra "storici" e grande amico. Nel nuovo impianto, lo United Center, viene tenuta qualche giorno dopo la cerimonia ufficiale d'addio del giocatore, con il ritiro della maglia numero 23.

Davanti al nuovo stadio della "città del vento" viene posta una grande statua di Jordan impegnato in una schiacciata con una targa con le parole: "The best there ever was, the best there ever will be", ovvero "il migliore che ci sia mai stato, il migliore che mai ci sarà".

La carriera nel baseball

"Voglio dimostrare di poter primeggiare anche in un'altra disciplina". Con queste parole, e sempre per la devozione verso il defunto padre, Jordan tenta la carriera nel baseball professionistico, sognata fin da ragazzo. L'amore del padre appena scomparso per questo sport fu probabilmente la motivazione più forte che spinse Jordan a ritirarsi dalla pallacanestro per dedicarsi alla sua nuova carriera.

In realtà, nonostante la grande aspettattiva del pubblico nei confronti del campione, Air ottiene risultati abbastanza modesti. Viene ingaggiato dai Birmingham Barons, seconda squadra dei Chicago White Sox impegnata in una lega minore, nei quali ottiene una media di battuta di 0,202, con 3 HR, 51 RBI, 30 SB (quinto nella Southern League a pari merito), 11 errori e 6 assistenze.

I risultati modesti fecero salire la pressione di giornalisti e tifosi che, aspettandosi qualcosa in più dall'ex-superstar NBA, iniziarono a criticare Jordan, ipotizzando anche che il suo ingaggio fosse più dovuto ad un fattore pubblicitario che ad altro.

"I'm back": il ritorno

I risultati non soddisfano l'orgoglio del campione, che dopo un anno e mezzo circa torna a casa, dichiarando conclusa la sua carriera di giocatore di baseball.

Milioni di tifosi in tutto il mondo iniziano a sperare concretamente in un suo ritorno quando viene diffusa la notizia che Jordan si è allenato per due giorni consecutivi con i Bulls. La ESPN, la più importante rete televisiva sportiva statunitense, interrompe tutti i programmi per dare la notizia di un suo possibile ritorno. La Nike, sponsor storico di Jordan, invia 40 paia di scarpe targate Air Jordan ai Bulls.

È il 18 marzo 1995 quando, alle 11:40, viene diramato un breve comunicato: "Michael Jordan ha informato i Bulls di aver interrotto il suo volontario ritiro di 17 mesi. Esordirà domenica a Indianapolis contro gli Indiana Pacers."

Bastano queste poche parole per scatenare un delirio tra i tifosi, non solo quelli di Chicago. Il giorno dopo Michael Jordan si presenta a una conferenza stampa, ancora una volta superaffollata, con poche ma efficaci parole: "I'm back" ("Sono tornato").

Come ulteriore segno di cambiamento, Michael sceglie di usare al posto del mitico numero 23 sulla maglia il 45, numero che aveva quando giocava a baseball da piccolo, e suo reale numero preferito.

Inizia un nuovo ciclo per i Chicago Bulls, che nei due anni senza Jordan avevano raggiunto risultati deludenti, arrivando comunque ai play-off. Con alcuni giocatori della vecchia squadra, come Scottie Pippen e alcuni nuovi innesti, tra i quali spiccano il croato Toni Kukoc (già avversario di Pippen e Jordan con la Croazia, alle Olimpiadi di Barcellona) e Dennis Rodman, sempre sotto la guida di coach Phil Jackson, la squadra riprende la sua "routine" di vittorie. La stagione del ritorno dimostra che MJ non ha risentito dello stop di circa due anni, sembra quasi che mai abbia smesso, ma la squadra non riesce a raggiungere le finali, venendo eliminata ai play-off dagli Orlando Magic.

1996-1998: il secondo three-peat

Il basamento della statua di Jordan fuori dallo United Center.

Ma il successo è solo rimandato di un anno: nella stagione 1995-96, Jordan è di nuovo protagonista assoluto e i Chicago Bulls ottengono un'altra stagione superlativa. Nel frattempo, Mike torna alla maglia numero 23 (dovendo però pagare una multa salatissima, dal momento che la maglia era già stata ritirata e non avrebbe potuto essere più indossata da nessuno, nemmeno dallo stesso Jordan).

La squadra fa segnare un record assoluto nella NBA: sono la prima formazione nella storia della NBA a superare la soglia delle 70 vittorie nella regular season, vincendo ben 72 partite su 82, un risultato senza precedenti. Con una line-up composta da Jordan, Ron Harper, Scottie Pippen, Dennis Rodman e Luc Longley, nonché probabilmente la miglior panchina della lega, soprattutto grazie a Steve Kerr e Toni Kukoc, i Bulls migliorarono tantissimo rispetto alla stagione precedente, passando da un record di 47-35 a 72-10. Jordan vinse il suo ottavo titolo di marcatore e Rodman il suo quinto consecutivo da rimbalzista, mentre Kerr guidò la lega nel tiro da tre punti. Jordan ottenne la cosiddetta Triple Crown, la prestigiosa e quasi impossibile impresa dei tre premi come MVP: infatti in questa stessa stagione Michael è MVP dell'All Star Game, MVP della stagione regolare e MVP delle finali, vinte contro i Seattle SuperSonics. Il manager Jerry Krause fu il "dirigente dell'anno", Jackson vinse il suo primo premio come allenatore dell'anno e Kukoc fu il sesto uomo dell'anno. Sia Scottie Pippen che Michael Jordan furono parte dell'All-NBA First Team e gli stessi due insieme a Dennis Rodman fecero parte anche dell'All-Defensive First Team. La squadra trionfò contro Gary Payton, Shawn Kemp e i loro Seattle SuperSonics vincendo il quarto titolo.

La stagione 1996-97 è ancora una stagione-record: i Bulls ottengono un record di vittorie-sconfitte di 69-13. Ancora una volta, i play-off vedono i "tori" di Chicago protagonisti, e nelle finali arriva il quinto titolo dopo la vittoria in finale contro gli Utah Jazz di Karl Malone e John Stockton.

Air guida la squadra durante la stagione 1997-98 che, anche se non emozionante come le precedenti, è comunque abbastanza convincente. Dopo una regular season non all'altezza delle due precedenti, i Chicago Bulls ritrovano lo smalto nei play-off e raggiungono nuovamente le finali, dove incontrano gli Utah Jazz per il secondo anno consecutivo, uscenti da un'agevole finale di Conference vinta con un secco 4-0 contro i Los Angeles Lakers. Arriva così il sesto titolo per Jordan, suggellato da uno splendido tiro proprio di MJ a 6,6 secondi dalla fine della sesta gara delle finali, giocata a Salt Lake City, entrato di diritto nella storia della pallacanestro: è il secondo three-peat per Michael e i Chicago Bulls.

È il suo saluto di congedo dalla NBA, anche se nessuno ancora lo sa. Poco tempo dopo la finale annuncia il suo secondo, e a detta di tutti definitivo, ritiro. Si dedica al suo secondo sport preferito, il golf, ed alla gestione dei Washington Wizards.

Il secondo ritorno: i Washington Wizards

Nel 2001 i tifosi di tutto il mondo vengono colti di sopresa quando si comincia a diffondere l'ipotesi di un secondo ritorno di Air. Jordan decide di fare un passo in più, e da proprietario dei Washington Wizards torna ad essere giocatore. Questa volta la sua dichiarazione ai giornalisti tradisce le sue intenzioni e la sua concezione della pallacanestro, affermando di voler tornare unicamente "for the love of the game", ovvero "per amore del gioco".

Incredibile è l'interesse mediatico che si produce intorno al suo ritono sul campo, e gli Wizards diventano in un lampo una delle squadre più seguite dell'intera NBA.

Durante le due stagioni nella nuova squadra, Jordan percepisce un compenso simbolico di un milione di dollari, devoluto interamente in beneficenza alle famiglie delle vittime degli attentati terroristici dell'11 settembre 2001. Nonostante l'età, 38 anni, ed un infortunio che lo tiene fuori per parte della stagione 2001-02, partecipa naturalmente al suo 14° All-Star Game, a Philadelphia, dove riesce come sempre a creare spettacolo, con la sua classe e il suo talento. La sua prima stagione come Wizards finisce comunque con una media di 22,9 punti a partita.

Nella stagione 2002-03 ottiene una media di 20 punti a partita e partecipa ancora una volta, l'ultima, all'All-Star Game, ad Atlanta, dove l'intera manifestazione viene organizzata per essere un tributo a MJ. Le divise della partita delle stelle furono fatte a copia delle divise dell'All-Star Game del 1988 di Chicago, nel quale Michael fu eletto per la prima volta MVP, e nell'intervallo il tributo al più grande di sempre, si realizzò sulle note di Hero, cantate da una splendida Mariah Carey, vestita per l'occasione con un abito che rappresentava insieme la maglia n°23 dei Washington Wizards e quella dei Chicago Bulls. Ripresa la partita, a circa tre secondi dalla fine, riesce a segnare uno splendido tiro in fade-away che sembrerebbe regalare la competizione alla squadra dell'Est; tuttavia, un fallo su Kobe Bryant all'ultimo secondo riesce a ribaltare la situazione e tutto si conclude in una vittoria di 154-145 per l'Ovest.

Nel corso della stagione, Jordan diventa il giocatore più anziano (38 anni) dell'NBA a segnare più di 40 punti in una partita, mettendone a segno 45 contro i New Jersey Nets e nello stesso fine settimana, a scanso di equivoci, realizzandone 51 contro gli Charlotte Hornets. La stagione seguente ne realizza altri 45 (migliorando quindi il record) contro i New Orleans Hornets. I Washington Wizards anche con Michael non raggiungono i play-off, e quindi le ultime partite di Air in giro per le arene della NBA diventano momenti per i fan avversari di dare un ultimo grande saluto al Jordan giocatore, prima passando dalla sua Chicago, per l'ultima partita nel "suo" United Center, per arrivare a Philadelphia, da Allen Iverson, alla 82a partita di stagione regolare, dove si potrà assistere all'ultima sua schiacciata e all'ultimo tiro della sua carriera: un tiro libero che gli farà raggiungere i 20 punti di media in stagione.

Uscendo dalla partita a poco più di un minuto dal termine, avviene una standing ovation di tifosi, giocatori e addetti ai lavori, che costringe a fermare la partita per diversi minuti, mentre dal pubblico avversario si alza il coro "We Want Mike!".

Ma è veramente finita. È l'ultima apparizione su un parquet di Michael Jordan che, visibilmente emozionato, dopo aver salutato i giocatori avversari e gli amici presenti, si avvia verso gli spogliatoi.

Il terzo e ultimo ritiro

Al termine della stagione 2002-03, si ritira per la terza ed ultima volta. Jordan conclude la sua carriera NBA con una media punti per partita di 30,12 nella stagione regolare, la più alta in tutta la storia dell'NBA, superiore di pochi centesimi alla media punti del grande Wilt Chamberlain (30,06); è terzo come numero di punti segnati in carriera.

Nonostante alcune voci circolate negli Usa ed in tutto il mondo durante l'estate del 2004, Jordan ha annunciato di non voler tornare sul parquet come giocatore professionista. Le indiscrezioni erano nate dopo la partecipazione del campione ad alcuni allenamenti degli Atlanta Hawks, Per Jordan si trattava di semplice divertimento, ma il giocatore ha espresso la volontà di restare nel mondo NBA come proprietario di un team.

Alla fine dell'ottobre 2004, Giorgio Armani ha contattato MJ per cercare di convincerlo a venire a giocare in Italia, nella squadra dell'Olimpia Milano, sponsorizzata dal 2004 proprio dal celebre stilista, ottenendo, però, un nulla di fatto.

Nel 2006 il desiderio di Michael di dirigere una franchigia NBA si avvera. Infatti durante le Finali NBA, arriva l'annuncio che Jordan sarà il nuovo general manager dei giovani Charlotte Bobcats.

Merchandising

il logo della Air Jordan

Gli atleti professionisti sono stati a lungo associati nell'opinione comune al merchandising e alle promozioni commerciali e Jordan ha dimostrato un grande talento quando si arriva al fattore commerciale.

È celebre per il suo esteso lavoro commerciale per compagnie quali la Nike, con la sua propria linea dedicata Air Jordan che, partendo dalla sola produzione di scarpe, si è ormai estesa in molti altri campi.

È anche apparso in una campagna promozionale dei celebri fast food McDonald's, intitolata "Nothin' but net" ("niente eccetto la retina"), che comprendeva anche una serie di spot televisivi che proponevano una sfida amichevole tra Jordan stesso e Larry Bird, suo grande rivale ed amico. Oltre a questo, Jordan è apparso in un popolare spot della Gatorade dei primi anni '90, con in sottofondo il jingle "Be Like Mike" ("sii come Mike").

Ecco come l'azienda di articoli sportivi Nike ha stilizzato la sua sagoma per la linea di prodotti che lo riguarda

Nel 1996, la Warner Bros. diede a Jordan un ruolo di protagonista in un film ricco di effetti speciali, Space Jam, al quale partecipavano anche molti personaggi classici dei cartoni animati Warner Bros. quali Bugs Bunny, Daffy Duck e altri. Il giudizio della critica sul film fu tiepido, poiché molti lo videro solamente come un lungo spot commerciale in cui Jordan faceva la parte della leggenda del basket, quasi una divinità angelica. Nonostante questo, il film incassò più di 100 milioni di dollari solamente al botteghino, rinsaldando ulteriormente la reputazione di Jordan come figura capace di far guadagnare molto. Nel film compaiono anche grandi attori come Bill Murray e altri campioni NBA, tra i quali ancora Larry Bird. Nell'edizione italiana del film Jordan era doppiato da Massimo Corvo.

Nel 2002 un film per famiglie intitolato Il sogno di Calvin (titolo orginale Like Mike, ovvero "come Mike") trattava di una storia romanzata nella quale un ragazzino di nome Calvin viene casualmente in possesso di un paio di scarpette da basket del grande Michael Jordan. Queste scarpette procurano magicamente al ragazzino un'abilità sovrumana nel gioco del basket, così che egli diviene un atleta professionista prima di aver compiuto 12 anni.

Statistiche e cifre

I trofei, le cifre e i riconoscimenti

I record

  • Più alta media punti nella storia della NBA: 30,12
  • Più alta media punti a partita nei play-off: 33,4
  • Più alta media punti all'NBA All-Star Game: 20,2
  • Più alta media punti in una serie di finale: 41, nel 1993 contro i Phoenix Suns
  • Partite consecutive a segno in doppia cifra: 842
  • Punti totali segnati nei play-off: 5987
  • Punti totali segnati all'NBA All-Star Game: 262
  • Punti segnati in un tempo di una finale: 35, nel 1992 contro i Portland Trail Blazers
  • Punti segnati in una gara di play-off: 63, nel 1986 contro i Boston Celtics
  • Giocatore più volte nel quintetto difensivo ideale: 9
  • Giocatore più volte miglior marcatore dell'anno: 10
  • Giocatore più anziano ad aver realizzato più di 50 punti in una partita: 51 contro gli Charlotte Hornets a 38 anni
  • Giocatore ultraquarantenne ad aver segnato più di 40 punti in una partita: 43 contro i New Jersey Nets (stagione 2002-03)
  • Unico giocatore a realizzare una "tripla doppia" all'NBA All-Star Game (nel 1997)
  • Tiri liberi realizzati (20) e tentati (23) in un tempo di una partita (contro i Miami Heat il 30/12/1992)
  • Tiri liberi realizzati (14) e tentati (16) in un quarto di una partita
  • Tiri tentati in un tempo di gara di play-off: 25
  • Tiri da 3 segnati in un tempo di gara di play-off: 6
  • Tiri decisivi in carriera: 29
  • Tiri tentati, tiri liberi realizzati, percentuale al tiro e recuperi nei play-off
  • Canestri fatti in un tempo di gara di play-off: 24

Numeri di maglia

Michael Jordan ha indossato quattro diversi numeri di maglia nella sua intera carriera: il mitico 23, il 45 al ritorno dal suo primo ritiro, il 9 con la nazionale degli Stati Uniti alle Olimpiadi del 1984 e del 1992, ed il 12, nella stagione 1990-91, come maglia di emergenza, poiché in una gara contro gli Orlando Magic, ad Orlando, un tifoso si intrufolò negli spogliatoi e rubò la maglia di Jordan. Indossando quella maglia numero 12, senza il cognome stampato dietro, Jordan segnò 49 punti nella vittoria sui Magic.

La maglia numero 23 di Jordan è stata ritirata dai Chicago Bulls e dai Miami Heat, anche se Michael non ha mai giocato per questa squadra. Fu desiderio del presidente degli Heat, Pat Riley, fare un tributo a Jordan nella sua ultima gara a Miami nella stagione 2002-2003, innalzando al soffitto un banner raffigurante per metà la maglia dei Bulls e metà la maglia dei Wizards.

Jordan indossò il numero 23 poiché, quando era giovane, ammirava molto il fratello maggiore Larry, che giocava alla Laney High School, ed indossava il 45. Il 23 è la metà del 45 arrotondata per eccesso, poiché Michael sperava di diventare bravo a giocare, almeno la metà di quanto lo era suo fratello.

Tiri liberi

Un avversario racconta, in un film documentario su Air, di averlo sentito dire a Scottie Pippen di voler sbagliare il secondo tiro libero, riprendere la palla e metterla dentro per fare un gioco da tre punti. Il numero non gli è venuto solo in quella circostanza.

Durante una partita contro i Denver Nuggets, decise di scommettere con un avversario, il centro Dikembe Mutombo, che avrebbe segnato un tiro libero a occhi chiusi, ovviamente il numero gli riuscì e voltandosi verso l'avversario gli disse "benvenuto nella NBA".

Note

  1. ^ Michael Jordan, nba.com/history, 15 gennaio 2007.
  2. ^ Dio travestito da Michael Jordan, nba.com/history, 17 gennaio 2007.
  3. ^ Michael Jordan entry, databasebasketball.com, 16 gennaio 2007.

Bibliografia

  • Christian Giordano. Michael «Air» Jordan. Libri di sport. 1999.
  • Claudio Limardi; Roberto Gotta. Michael Jordan. Libri di sport, 2006.

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