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Hikikomori: differenze tra le versioni

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=== In Giappone ===
=== In Giappone ===
[[File:Crown Princess Masako of Japan.jpg|upright|thumb|La principessa della corona [[Masako]], che si ritiene essere una ''hikikomori''.<ref>«Non ho elementi sufficienti per dire che Owada-san sia una hikikomori, ma certo è che la principessa mostra molti dei sintomi di questa malattia, dalla mancanza di controllo sulla propria vita, alla volontà di nascondersi per paura delle critiche che possano giungerle dall'esterno». (Michael Zielenziger in {{Cita pubblicazione|autore=Claudio Castellacci|url=http://www.elliotedizioni.com/catalog/images/grazia.pdf|titolo=Hikikomori, i sepolti vivi|rivista=Anna|pagine=114-115|data=29 maggio 2008|formato=pdf}})</ref><ref>«Dall'inizio del 2006 la principessa vive in quasi completo isolamento, incapace di parlare da sola in pubblico, proprio come un ''hikikomori''». ({{Cita|Zielenziger|p. 380|Zielenziger, 2008}})</ref><ref>La principessa Masako ha interrotto il suo isolamento il 30 aprile 2013, visitando l'Olanda in occasione dell'incoronazione del nuovo re olandese Willem-Alexander. Fonte: {{cita news|url=http://www.tg1.rai.it/dl/tg1/2010/articoli/ContentItem-706277e7-08b6-4dbe-9790-33c884dd5fdc.html?refresh_ce|titolo=La “principessa triste” torna a viaggiare|pubblicazione=[[TG1]] Online|data=28 aprile 2013|accesso=30 luglio 2013}}</ref>]]
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La diffusione del fenomeno in Giappone ha avuto luogo dalla metà degli [[anni 1980|anni ottanta]]<ref name="furlong">{{cita pubblicazione|url=http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/j.1467-954X.2008.00790.x/full|titolo=The Japanese hikikomori phenomenon: acute social withdrawal among young people|rivista=The Sociological Review|volume=56|numero=2|pagine=309-325|autore= Andy Furlong|data=18 aprile 2008|lingua=inglese|doi=10.1111/j.1467-954X.2008.00790.x|accesso=20 dicembre 2012}}</ref> e alcune fonti affermano che ne siano coinvolti circa un milione di [[giapponesi]], corrispondente a meno dell’1% della popolazione.<ref name="avvenire"/><ref name="corriere"/><ref name="cafè"/> Stime più caute, invece, parlano di un numero di individui compreso fra 100.000 e 320.000.<ref name="shutting">{{cita news|url=http://www.nytimes.com/2006/01/15/magazine/15japanese.html?pagewanted=all&_r=0|titolo=Shutting Themselves In|editore=|pubblicazione=[[The New York Times]]|cognome=Jones|nome=Maggie|data=15 gennaio 2006|lingua=en|accesso=18 dicembre 2012}}</ref> Forse una delle stime più attendibili è stata fornita dall’[[Università di Okinawa]] che parla di 410.000 soggetti,<ref name="cultural"/><ref name="furlong"/><ref>{{Cita|Zielenziger, 2008|pp. 66-67|Zielenziger, 2008}}</ref> ma secondo i dati riferiti da Saito la prevalenza di ''hikikomori'' sarebbe di due milioni di soggetti.<ref name='Takatsuka'>{{en}}{{cita libro | cognome= Takatsuka| nome= Y. | coautori=| titolo=Opening address, international forum on youth, Ministry of Education, Culture, Sports, Science and Technology| editore= ''MEXT''| città=Kyoto | anno=2006 | id=}}</ref> Secondo i dati del governo riferiti all'anno [[2010]], il numero degli ''hikikomori'' si aggirerebbe sulle 700.000 unità, con una età media di 31 anni. Tra questi, coloro che hanno raggiunto i 40 anni e hanno passato circa 20 anni in isolamento, sono generalmente indicati come la “prima generazione ''hikikomori''” e vi è preoccupazione per il loro reinserimento in società quando, superata la soglia dei 60 anni e rimasti orfani,<ref name="Nonprofits">{{cita news|url=http://www.japantimes.co.jp/text/fd20111009bj.html|titolo=Nonprofits in Japan help 'shut-ins' get out into the open|editore=|pubblicazione=[[The Japan Times]]|cognome=Hoffman|nome=Michael|data=9 ottobre 2011|lingua=en|accesso=18 dicembre 2012}}</ref> perderanno l'unica fonte di sostentamento a disposizione.<ref>{{cita news|url=http://www.japantoday.com/category/kuchikomi/view/aging-hikikomori-childrens-lifelong-dependency-on-parents|titolo=Aging hikikomori children's lifelong dependency on parents|pubblicazione=Japan Today|cognome=|nome=|data=14 agosto 2013|lingua=en|accesso=14 settembre 2013}}</ref> Infine, secondo uno studio [[Epidemiologia|epidemiologico]] del [[2012]] l'1,2% delle persone della fascia di età compresa tra i 20 e 50 anni hanno vissuto almeno un periodo di ritiro sociale e di isolamento di sei mesi.<ref name=foreman>{{cita news|url=http://global.umich.edu/2012/12/young-hermits-the-hikikomori-of-japan/|titolo=Young hermits: Hikikomori in Japan|editore=|pubblicazione=Global Michigan|cognome=Foreman|nome=William|data=12 dicembre 2012|lingua=en|accesso=8 luglio 2013}}</ref>
La diffusione del fenomeno in Giappone ha avuto luogo dalla metà degli [[anni 1980|anni ottanta]]<ref name="furlong">{{cita pubblicazione|url=http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/j.1467-954X.2008.00790.x/full|titolo=The Japanese hikikomori phenomenon: acute social withdrawal among young people|rivista=The Sociological Review|volume=56|numero=2|pagine=309-325|autore= Andy Furlong|data=18 aprile 2008|lingua=inglese|doi=10.1111/j.1467-954X.2008.00790.x|accesso=20 dicembre 2012}}</ref> e alcune fonti affermano che ne siano coinvolti circa un milione di [[giapponesi]], corrispondente a meno dell’1% della popolazione.<ref name="avvenire"/><ref name="corriere"/><ref name="cafè"/> Stime più caute, invece, parlano di un numero di individui compreso fra 100.000 e 320.000.<ref name="shutting">{{cita news|url=http://www.nytimes.com/2006/01/15/magazine/15japanese.html?pagewanted=all&_r=0|titolo=Shutting Themselves In|editore=|pubblicazione=[[The New York Times]]|cognome=Jones|nome=Maggie|data=15 gennaio 2006|lingua=en|accesso=18 dicembre 2012}}</ref> Forse una delle stime più attendibili è stata fornita dall’[[Università di Okinawa]] che parla di 410.000 soggetti,<ref name="cultural"/><ref name="furlong"/><ref>{{Cita|Zielenziger, 2008|pp. 66-67|Zielenziger, 2008}}</ref> ma secondo i dati riferiti da Saito la prevalenza di ''hikikomori'' sarebbe di due milioni di soggetti.<ref name='Takatsuka'>{{en}}{{cita libro | cognome= Takatsuka| nome= Y. | coautori=| titolo=Opening address, international forum on youth, Ministry of Education, Culture, Sports, Science and Technology| editore= ''MEXT''| città=Kyoto | anno=2006 | id=}}</ref> Secondo i dati del governo riferiti a luglio [[2010]], il numero degli ''hikikomori'' si aggirerebbe sulle 700.000 unità, con una età media di 31 anni;<ref name="Nonprofits">{{cita news|url=http://www.japantimes.co.jp/text/fd20111009bj.html|titolo=Nonprofits in Japan help 'shut-ins' get out into the open|editore=|pubblicazione=[[The Japan Times]]|cognome=Hoffman|nome=Michael|data=9 ottobre 2011|lingua=en|accesso=18 dicembre 2012}}</ref> un'ulteriore stima, riferita a settembre dello stesso anno, identifica il loro numero in 236.000 soggetti.<ref>{{cita pubblicazione|url=http://www.biomedcentral.com/1471-244X/12/169|titolo=Hikikomori as a possible clinical term in psychiatry: a questionnaire survey|autore=Masaru Tateno, Tae Woo Park, Takahiro A. Kato, Wakako Umene-Nakano, Toshikazu Saito|rivista=BMC Psychiatry|data=2012|volume=12|numero=169|doi=10.1186/1471-244X-12-169|lingua=inglese|accesso=8 novembre 2013}}</ref> Tra questi, coloro che hanno raggiunto i 40 anni e hanno passato circa 20 anni in isolamento, sono generalmente indicati come la “prima generazione ''hikikomori''” e vi è preoccupazione per il loro reinserimento in società quando, superata la soglia dei 60 anni e rimasti orfani,<ref name="Nonprofits"/> perderanno l'unica fonte di sostentamento a disposizione.<ref>{{cita news|url=http://www.japantoday.com/category/kuchikomi/view/aging-hikikomori-childrens-lifelong-dependency-on-parents|titolo=Aging hikikomori children's lifelong dependency on parents|pubblicazione=Japan Today|cognome=|nome=|data=14 agosto 2013|lingua=en|accesso=14 settembre 2013}}</ref> Infine, secondo uno studio [[Epidemiologia|epidemiologico]] del [[2012]] l'1,2% delle persone della fascia di età compresa tra i 20 e 50 anni hanno vissuto almeno un periodo di ritiro sociale e di isolamento di sei mesi.<ref name=foreman>{{cita news|url=http://global.umich.edu/2012/12/young-hermits-the-hikikomori-of-japan/|titolo=Young hermits: Hikikomori in Japan|editore=|pubblicazione=Global Michigan|cognome=Foreman|nome=William|data=12 dicembre 2012|lingua=en|accesso=8 luglio 2013}}</ref>


Solitamente gli ''hikikomori'' sono giovani maschi primogeniti<ref name="giacinto">{{cita news|url=http://www.giacinto.org/i-ragazzi-hikikomori/|titolo=I ragazzi hikikomori|editore=giacinto.org|pubblicazione=|cognome=Mallia|nome=Dott. Giusi|data=7 marzo 2012|lingua=|accesso=18 dicembre 2012}}</ref> di [[ceto sociale]] medio-alto,<ref name="computer">{{cita news|url=http://www.corriere.it/salute/10_novembre_21/ospedale-solo-con-computer_6646bc02-f49b-11df-b9c7-00144f02aabc.shtml|titolo=In ospedale, ma solo con il suo computer|editore=|pubblicazione=[[Corriere della Sera]]|cognome=Bazzi|nome=Adriana|data=21 novembre 2010|lingua=|accesso=18 dicembre 2012}}</ref> di età compresa tra 19 e 30 anni<ref name="cultural"/> (con un forte incremento tra gli under 19 negli anni duemila<ref name="intervista"/>) con la prima manifestazione del disagio nel 23% dei casi già al primo anno delle [[Istruzione in Giappone|scuole medie inferiori]].<ref name="cultural"/> Solo il 10% dei soggetti interessati è di sesso femminile e di solito il periodo di reclusione è limitato;<ref name="cultural"/> è possibile comunque che molti casi di ''hikikomori'' tra ragazze non siano riconosciuti come tali, in quanto i giapponesi percepiscono il ritiro in casa delle donne una consuetudine all'interno della propria società.<ref name="furlong"/> D'altro canto, le ragazze colpite da ''hikikomori'' non raggiungono una forma di ritiro totale, manifestando il proprio disagio sociale principalmente con [[anoressia nervosa|anoressia]] e [[bulimia]].<ref>{{Cita|Mussari, 2010|p. 44|Mussari}}</ref>
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Uno hikikomori in Giappone, 2004.

Hikikomori (ひきこもり/引き篭り?, Hikikomori, letteralmente “stare in disparte, isolarsi”,[1] dalle parole hiku “tirare” e komoru “ritirarsi”[2]) è un termine giapponese usato per riferirsi a coloro che hanno scelto di ritirarsi dalla vita sociale, spesso cercando livelli estremi di isolamento e confinamento. Tali scelte sono causate da fattori personali e sociali di varia natura. Tra questi, la particolarità del contesto familiare in Giappone, caratterizzato dalla mancanza di una figura paterna e da un'eccessiva protettività materna, la grande pressione della società giapponese verso autorealizzazione e successo personale, cui l'individuo viene sottoposto fin dall'adolescenza. Il termine hikikomori si riferisce sia al fenomeno sociale in generale, sia a coloro che appartengono a questo gruppo sociale.

Il percorso terapeutico, che può durare da pochi mesi a diversi anni, consiste nel trattare la condizione come un disturbo mentale (con sedute di psicoterapia e assunzione di psicofarmaci) oppure come problema di socializzazione, stabilendo un contatto con i soggetti colpiti e cercando di migliorarne la capacità di interagire. Il fenomeno, già presente in Giappone dalla seconda metà degli anni ottanta, ha incominciato a diffondersi negli anni duemila anche negli Stati Uniti e in Europa.

Definizione del termine e sintomatologia

Il fenomeno dello hikikomori può essere considerato come una volontaria esclusione sociale, una ribellione della gioventù giapponese alla cultura tradizionale e all'intero apparato sociale da parte di adolescenti che vivono reclusi nella loro casa o nella loro stanza senza alcun contatto con l'esterno, né con i familiari, né con gli amici.[3][4][5]

Il governo del Giappone utilizza il termine hikikomori per coloro che si rifiutano di lasciare le proprie abitazioni e lì si isolano per un periodo superiore ai sei mesi.[6][7] Il termine fu coniato dallo psichiatra Tamaki Saitō, quando cominciò a rendersi conto della similarità sintomatologica di un numero sempre crescente di adolescenti che mostravano letargia, incomunicabilità e isolamento totale.[8][9] Oltre all'isolamento sociale gli hikikomori soffrono tipicamente di depressione e di comportamenti ossessivo-compulsivi.[6]

Lo stile di vita degli hikikomori è caratterizzato da un ritmo circadiano sonno-veglia completamente invertito,[3][10] con le ore notturne spesso dedicate a componenti tipiche della cultura popolare giapponese, come la passione per il mondo manga e, soprattutto, la sostituzione dei rapporti sociali diretti con quelli mediati via internet.[6][11] Quest'ultimo aspetto si configura spesso come una contraddizione in termini: la persona rifiuta i rapporti personali solo fisici, mentre con la mediazione della rete può addirittura passare la maggior parte del suo tempo intrattenendo relazioni sociali di vario tipo (dalle chat fino ai videogiochi online).[11][12] Tuttavia, solamente il 10% degli hikikomori naviga su internet, mentre il resto impiega il tempo leggendo libri, girovagando all'interno della propria stanza o semplicemente oziando, incapace di cercare lavoro o frequentare la scuola.[2] In ogni caso, la mancanza di contatto sociale e la prolungata solitudine hanno effetti profondi sullo hikikomori, che gradualmente perde le sue competenze sociali, i riferimenti comportamentali e le abilità comunicative per interagire con il mondo esterno.[3]

Solitamente lo hikikomori lascia di rado la sua abitazione, consumando i pasti all'interno della propria stanza,[13] tuttavia alcuni reclusi meno soggetti all'agorafobia si avventurano fuori una volta al giorno o una volta alla settimana, per andare in un konbini (コンビニ?), un convenience store aperto 24 ore al giorno,[14] dove possono trovare colazioni da asporto, pasti precotti o bento preconfezionati.[6] Il ritiro dalla società avviene gradualmente: i ragazzi, in alcuni casi, non riescono a immaginare loro stessi da adulti o hanno l'impressione di non stare crescendo,[15] possono apparire infelici, perdere i loro amici, diventare insicuri e parlare di meno, con un aumento dell'aggressività spesso verso gli stessi genitori (circa il 50% degli hikikomori tratta i propri genitori con violenza).[6][16] Sovente non è possibile attribuire l'insorgenza di hikikomori a un trauma specifico, semplicemente, alcuni giovani giapponesi perdono l'energia che ci si aspetta abbiano i ragazzi appartenenti a quella fascia d'età.[17] Tuttavia la percentuale di suicidi tra gli hikikomori rimane bassa, in quanto, nonostante il desiderio di porre fine alla loro esistenza sia alto, subentra nei soggetti una forma di autocompiacimento e narcisismo che salva loro la vita.[18]

Mentre il livello del fenomeno varia su una base individuale, nei casi più estremi alcune persone rimangono isolate per anni o anche decenni.[3] Spesso gli hikikomori iniziano rifiutandosi di andare a scuola:[1][19] questi ultimi in giapponese sono definiti futōkō (不登校? “assenteisti”); un termine più antico è tōkōkyohi (登校拒否?). Questo fenomeno è possibile soprattutto a causa del fatto che raramente le scuole giapponesi cercano di convincere i ragazzi a tornare a seguire le lezioni.[20]

Diffusione del fenomeno

In Giappone

La principessa della corona Masako, che si ritiene essere una hikikomori.[21][22][23]

La diffusione del fenomeno in Giappone ha avuto luogo dalla metà degli anni ottanta[24] e alcune fonti affermano che ne siano coinvolti circa un milione di giapponesi, corrispondente a meno dell’1% della popolazione.[1][4][6] Stime più caute, invece, parlano di un numero di individui compreso fra 100.000 e 320.000.[25] Forse una delle stime più attendibili è stata fornita dall’Università di Okinawa che parla di 410.000 soggetti,[3][24][26] ma secondo i dati riferiti da Saito la prevalenza di hikikomori sarebbe di due milioni di soggetti.[27] Secondo i dati del governo riferiti a luglio 2010, il numero degli hikikomori si aggirerebbe sulle 700.000 unità, con una età media di 31 anni;[28] un'ulteriore stima, riferita a settembre dello stesso anno, identifica il loro numero in 236.000 soggetti.[29] Tra questi, coloro che hanno raggiunto i 40 anni e hanno passato circa 20 anni in isolamento, sono generalmente indicati come la “prima generazione hikikomori” e vi è preoccupazione per il loro reinserimento in società quando, superata la soglia dei 60 anni e rimasti orfani,[28] perderanno l'unica fonte di sostentamento a disposizione.[30] Infine, secondo uno studio epidemiologico del 2012 l'1,2% delle persone della fascia di età compresa tra i 20 e 50 anni hanno vissuto almeno un periodo di ritiro sociale e di isolamento di sei mesi.[31]

Solitamente gli hikikomori sono giovani maschi primogeniti[32] di ceto sociale medio-alto,[33] di età compresa tra 19 e 30 anni[3] (con un forte incremento tra gli under 19 negli anni duemila[9]) con la prima manifestazione del disagio nel 23% dei casi già al primo anno delle scuole medie inferiori.[3] Solo il 10% dei soggetti interessati è di sesso femminile e di solito il periodo di reclusione è limitato;[3] è possibile comunque che molti casi di hikikomori tra ragazze non siano riconosciuti come tali, in quanto i giapponesi percepiscono il ritiro in casa delle donne una consuetudine all'interno della propria società.[24] D'altro canto, le ragazze colpite da hikikomori non raggiungono una forma di ritiro totale, manifestando il proprio disagio sociale principalmente con anoressia e bulimia.[34]

Uno studio condotto dal Ministero della Salute, del Lavoro e delle Politiche Sociali del Giappone nel 2003 in tutti i centri di salute mentale del Paese ha dimostrato che vi sono state oltre 14.000 consultazioni per hikikomori in un anno, non includendo il numero di consultazioni dei genitori.[3]

Un elemento culturale strettamente collegato al fenomeno hikikomori è la categoria dei parasite single (パラサイトシングル?, parasaito shinguru, ragazzi che continuano a vivere coi genitori ben oltre la maggiore età) e che, in una certa percentuale di casi, mostrano stili comportamentali molto simili, e talvolta sovrapponibili, a quelli di uno hikikomori. È possibile che i numerosi parasite single giapponesi siano degli hikikomori non riconosciuti come tali.[6][35]

Nel resto del mondo

In alcuni Paesi come l'Italia, il fenomeno è spesso associato e confuso con il disturbo da dipendenza da internet (IAD).

Hikikomori non è un fenomeno esclusivamente giapponese essendo diffuso, in percentuale minore rispetto al Giappone, anche nel resto del mondo con casi acclarati negli Stati Uniti, Taiwan, Sud Corea, Cina, Regno Unito, Spagna, Francia, Italia e America Latina.[9][25][31]

A Parigi, tra il 2011 e il 2012 sono stati individuati 30 casi di persone di età compresa tra i 16 i 30 anni, tra i quali risultano particolarmente colpiti i soggetti che hanno scarsa vita sociale o coloro che non hanno completato o hanno avuto difficoltà a completare gli studi.[36] Per questo motivo, a partire dagli anni dieci del XXI secolo, ricercatori francesi collaborano insieme a esperti giapponesi per individuare la cause del fenomeno e chiarire se esso sia prerogativa solamente del Giappone o se sia presente anche in società culturalmente differenti.[37]

In Italia si stima che un individuo ogni 250 sia soggetto a comportamenti a rischio di reclusione sociale,[1][38] con una cinquantina di casi dichiarati e presi in carico;[11] altre stime parlano invece di un individuo su 200.[39] Nel 2013, secondo la Società Italiana di Psichiatria circa 3 milioni di italiani tra i 15 e i 40 anni soffrono di questa patologia.[40] Tuttavia il disturbo è spesso associato e confuso con la cultura nerd e geek, o più frequentemente con una semplice dipendenza da internet (le cui stime parlano di 240.000 adolescenti italiani che trascorrono più di tre ore al giorno tra internet e videogiochi[41]), limitando il fenomeno a una conseguenza del progresso della società e non a una chiara scelta volontaria del soggetto.[6][33][38]

In America Latina si tratta di un fenomeno nuovo che però si sta diffondendo rapidamente, con più di 50 casi accertati in Argentina,[42] dove è stato individuato il caso di un uomo che per 20 anni si era rifiutato di abbandonare la propria abitazione, nella città di Viedma.[43]

Secondo uno studio del 2012 nella sola Hong Kong il numero di reclusi sociali ammonterebbe a circa 18.500, il triplo rispetto a una precedente stima riferita al 2005. Durante la stessa indagine sono stati presi in carico e studiati 192 soggetti, dei quali alcuni in isolamento totale da almeno sei anni.[44]

In Corea i criteri diagnostici differiscono leggermente, essendo necessari tre mesi (invece dei canonici sei) di isolamento sociale per essere definiti hikikomori.[31] Essi vengono definiti wittori (“solitari sociali introversi”), e a differenza degli hikikomori, mantengono il dialogo con i propri genitori. Inoltre, semmai il disturbo dovesse insorgere, esso è di breve durata, in quanto, a differenza dei loro coetanei giapponesi, i coreani debbono prestare servizio militare obbligatorio all'età di 18 anni.[45] Secondo un rapporto del 2008 il numero di reclusi sociali sudcoreani si aggirerebbe sulle 300.000 unità.[46]

Le possibili cause

I sintomi dello hikikomori sono comparabili a quelli che colpiscono l'integrazione sociale, ma essi risultano alterati nella loro forma originale a causa della peculiarità delle pressioni sociali e culturali nel Paese nipponico.
Uno dei motivi che spinge gli adolescenti giapponesi a isolarsi è la volontà di sfuggire al conformismo tipico della società giapponese.

Evoluzione di disturbi già presenti

I sintomi dello hikikomori sono comparabili al ritiro sociale esibito dagli individui che soffrono di disturbi pervasivi dello sviluppo, un gruppo di disturbi che includono la sindrome di Asperger e l'autismo. Ciò ha portato alcuni psichiatri a formulare l'ipotesi che gli hikikomori possano essere influenzati dai disturbi che colpiscono l'integrazione sociale, ma che essi risultano alterati nella loro forma tipica occidentale a causa delle pressioni sociali e culturali uniche del Giappone.[47] Uno studio del 2007 ha dimostrato che 5 hikikomori su 27 soffrivano di un alto disturbo pervasivo dello sviluppo, evidenziando tra l'altro la differenza tra il disturbo principale (senza alcun disturbo mentale evidente) e gli hikikomori con tale disturbo; inoltre, 10 casi su 27 presentavano il disturbo nella sua forma principale.[48]

Competitività sociale

Lo stesso argomento in dettaglio: Kyōiku mama.

Lo hikikomori potrebbe essere una resistenza alla pressione all'autorealizzazione e al successo personale presente nei ragazzi giapponesi già nella scuola media dove è essenziale che siano eccellenti negli studi e nella professione. Se un ragazzo non segue un preciso percorso verso un’università d'élite, o un'azienda di prestigio, molti genitori, e di conseguenza i loro figli, vivono questo come un grave fallimento.[49]

Il percorso di vita degli adolescenti giapponesi deve essere preciso e lineare e non esistono altri modi per soddisfare le aspettative pre-imposte dalla società e, soprattutto, non soddisfarle significa fallire totalmente. Una delle massime giapponesi è: «Il chiodo che sporge va preso a martellate». I giovani hikikomori sono infatti spesso molto intelligenti e creativi, quasi a voler dire che l’unico modo per affermare la propria identità sia nascondersi, fuggendo dalla realtà e dalle proprie responsabilità.[50] Uno dei motivi principali che spinge uno hikikomori ad isolarsi, quindi, è dire no a quel conformismo che è uno dei cardini della cultura giapponese.[38]

Inoltre, l'eccessiva pressione competitiva nel sistema scolastico per ambire ai migliori posti di lavoro, rimasta immutata all'interno di una società che, però, dopo la crisi degli anni novanta, ha perso la maggior parte della sua forza economica, viene ritenuto uno sforzo inutile da molti adolescenti giapponesi.[51] Mentre i padri giapponesi della generazione post-crisi possono godere ancora di un impiego a vita presso aziende multinazionali, i giovani che entrano nella società dopo la scuola non possiedono tali garanzie nel mercato del lavoro.[52] A causa di questo, molti giovani giapponesi iniziano a sospettare che il sistema posto in essere per i loro padri e nonni non funzioni più,[53] e per alcuni, la mancanza di un obiettivo di vita chiaro li rende suscettibili al ritiro sociale come hikikomori.

Un'altra causa è da ricercare nei rapporti sociali tra gli stessi adolescenti, che nel periodo scolastico spesso si dimostrano un autentico incubo con molestie e forme più o meno gravi di bullismo (いじめ?, ijime), causando agorafobia, ansia, fobia sociale e scolare.[6][49][54] La vittima di ijime è solitamente un individuo che ha trovato difficoltà nel conformarsi agli altri, ma potrebbe considerarsi egli stesso una persona inadeguata, decidendo così di isolarsi sia dalle attività scolastiche sia dalla società stessa, nella quale la cooperazione e l’adesione svolgono un ruolo primario. La reclusione appare, così, l’unico modo per manifestare il proprio dissenso o il proprio disagio rispetto alla società e alle sue norme.[55]

Infine, anche la timidezza dei soggetti svolge un ruolo chiave nell'insorgenza di hikikomori. Questo stato può portare a situazioni in cui il ragazzo colpito dal disturbo arrivi a provare vergogna o si senta ferito nell'orgoglio per situazioni che, in uno stato d'animo regolare, risulterebbero facilmente sopportabili. Nei peggiori dei casi, questa situazione può evolversi in una manifestazione di sintomi paranoici, i quali alla lunga possono accrescere le possibilità di isolamento sociale.[56]

Il contesto familiare, l'interdipendenza tra madre e figlio e l'assenza di una figura paterna sono tra le cause dell'insorgenza di hikikomori negli adolescenti giapponesi.

La famiglia giapponese

Lo stesso argomento in dettaglio: Famiglia giapponese.

La maggior parte dei genitori aspetta molto a lungo prima di chiedere aiuto, nella speranza che il figlio hikikomori superi la fase del disturbo da solo.[57] Ciò è in parte dovuto al fatto che si crea una sorta di benestare in cui il figlio si vergogna di aver deluso i genitori, mentre quest'ultimi si vergognano di avere un figlio rimasto indietro rispetto agli altri.[58] Talvolta, i genitori si vergognano di cercare un rimedio per il disturbo del figlio, o semplicemente, di essere visti entrare in qualche clinica specializzata.[59] La relativa capacità economica della classe media consente inoltre ai genitori di mantenere in casa un figlio adulto indefinitamente. Nelle famiglie a basso reddito non ci sono hikikomori poiché i giovani sono costretti a lavorare fuori di casa se non finiscono la scuola e per questa ragione l’isolamento, se mai ha inizio, termina precocemente.[50]

Assenza del padre

I padri giapponesi, spesso lontani dall'ambiente familiare per lavoro, sono soliti esercitare nei figli una violenza simbolica, termine coniato dal sociologo francese Pierre Bourdieu.

L'assenza della figura maschile è un fatto comune all'interno della famiglia giapponese,[60] dove il padre sceglie solitamente di non prendersi responsabilità riguardo alla crescita dei figli, il contrario di quello che avviene all'interno della famiglia occidentale contemporanea.[61] Di solito il padre, impegnato tutto il giorno sul posto di lavoro, finisce per eliminare tutte le attività extra-lavorative, limitando anche le amicizie a quelle coltivate in ambito lavorativo. Contrapposta a tale assenza fisica vi è un'eccessiva presenza della figura patriarcale che il padre giapponese rappresenta: in qualità di “uomo di casa” egli esercita sul figlio una sorta di “violenza simbolica”, evidenziando i suoi successi e la dedizione al lavoro, mostrandosi calmo e forte, limitando le emozioni e le parole, dalle quali il resto della famiglia dipende psicologicamente, tagliando tutti i rapporti intimi con quest'ultima, nella speranza che il figlio assimili tali valori. Tuttavia, può succedere che i figli, proprio come i padri, si rintanino in luogo privo di emozioni, sviluppando i sintomi da ritiro sociale con la differenza sostanziale che quest'ultimo è per essi una forma di ribellione al sistema sociale e al modello paterno.[62][63]

Dipendenza dalla madre

Alcuni esperti, tra cui Saito, attribuiscono la causa del disagio oltre alla suddetta mancanza della figura paterna, al contesto familiare e sociale, fattori che contribuiscono allo sviluppo di un'interdipendenza e collusione fra madre e figlio,[50] la quale, successivamente, si evolve in un sentimento di estrema dipendenza (甘え?, amae), impedendo di fatto alla prole uno sviluppo psicologico autonomo.[58] Il fenomeno infatti sembrerebbe verificarsi tra gli adolescenti maschi con madri troppo oppressive o al contrario totalmente assenti,[50][64] ove il peso dell'educazione e del mantenimento dei figli ricade esclusivamente su quest'ultime, le quali nel 95% dei casi ne assecondano l'isolamento,[65] mentre il rischio che essi rimangano schiavi di tale simbiosi è accresciuto dal fatto che il padre raramente interviene come terzo elemento a separare la coppia madre-figlio.[58]

Il comportamento tipico da parte di una madre di uno hikikomori, quindi, è quello di appoggiare e di non interferire con l'operato del figlio, senza disturbarlo e senza indagare sul motivo del suo malessere, nell'attesa che la situazione ritorni alla normalità. In questo modo l'isolamento, col passare del tempo, diventa totale, passando da momenti di dipendenza a momenti di forte aggressività, che possono sfociare in minacce di morte o tentati omicidi verso la madre.[66]

In Giappone non è inusuale che i bambini fino a 10 anni dormano ancora nel letto dei genitori. Così facendo, il bambino finisce per acquisire, durante la fase di crescita, la consapevolezza della bontà e della dedizione della madre nei suoi confronti, situazione che porta allo sviluppo di un senso di obbligo e di devozione, che influenzerà tutte le relazioni sociali fino all'età adulta.[67] La madre giapponese contemporanea, inoltre, ha sviluppato un forte sentimento di iperprotettività verso il figlio, causato, oltre all'assenza del marito, dal desiderio di proteggere il primo dalle aspettative che la società e la stessa famiglia hanno riposto in esso.[68]

Personalità autentica e “di facciata”

La contrapposizione tra sentimenti autentici (本音?, honne, ovvero i desideri profondi di una persona, i quali possono essere contrari al ruolo sociale o alle aspettative della società o della famiglia in base alla propria posizione e alle circostanze, spesso tenuti nascosti a tutti, tranne ai propri amici più intimi) e sentimenti di facciata (建前?, tatemae, le opinioni che una persona mostra in pubblico, ciò che la società si aspetta o che è richiesto in base alla propria posizione e alle circostanze) riveste un ruolo di importanza capitale nella cultura giapponese.[69]

L'esistenza di questi due aspetti della vita giapponese comporta la presenza di un doppio registro psichico nei giapponesi,[70] i quali anche se talvolta contrari alle regole della società, debbono rispettarle per salvaguardare l'armonia del gruppo.[71] A causa di questa ricerca dell'armonia a tutti i costi spesso i sentimenti risultano essere soppressi; inoltre, le opinioni personali non sono mai apertamente espresse, le emozioni non vengono fatte trasparire e gli scontri pubblici sono rari.[72] Per effetto di questa marcata dicotomia tra personalità pubblica e privata, alcuni hikikomori trovano grandi difficoltà a conformarsi alle regole della società giapponese, non riuscendo ad abbandonare il proprio honne e facendo fatica a compiere il passaggio al tatemae. È possibile che questa riluttanza, classificata dagli psicoterapeuti come un disturbo di comunicazione, finisca per acuire l'isolamento sociale.[73] Secondo lo psicoterapeuta Yuichiri Hattori, gli hikikomori, costretti come tutti i giapponesi ad adottare tali sentimenti di facciata fin da piccoli, non sono più in grado di liberarsene in favore della loro autentica personalità, con conseguenti problemi nel loro sviluppo emotivo. Secondo Hattori infatti essi temono la possibilità che mostrare i loro veri sentimenti possa pregiudicare i rapporti sociali con gli altri, forzandoli ad adottare una personalità di facciata in grado di uniformarsi al resto della società. Tuttavia, la maggior parte di essi non resiste a questa pressione, finendo per crollare emotivamente.[74]

Trattamento

Secondo gli psicologi è importante che lo spazio in cui si rinchiude lo hikikomori, di solito la sua stanza (benché col tempo possa diventare sporca e disordinata), non vada violato con la forza. A questa è infatti preferibile un atteggiamento di gentilezza e pazienza.[75]

Data la rilevanza sociale del fenomeno, in Giappone si è cercato di porre rimedio al problema degli hikikomori attraverso due principali tipi di approcci, ciascuno dei quali con il proprio stile e la propria filosofia di trattamento:[6]

  • L’approccio medico-psichiatrico che consiste nel trattare la condizione come un disturbo mentale o comportamentale con il ricovero ospedaliero, sedute di psicoterapia e assunzione di psicofarmaci.
  • L'approccio basato sulla risocializzazione che guarda al fenomeno come a un problema di socializzazione piuttosto che come a una malattia mentale. Lo hikikomori viene quindi ospitato in una comunità alloggio in cui sono presenti altri hikikomori, con la possibilità di interagire lontano dalla casa di origine.

In questo tipo di approccio rientra la New Start, un'organizzazione no profit la cui sede centrale è in Giappone, nelle prefetture di Chiba e Yamanashi. Possiede altre sedi secondarie nelle Filippine e in Australia e ne possedeva una in Italia (ora chiusa). L'organizzazione si propone di aiutare principalmente coloro che trovano difficoltà nella comunicazione e nella integrazione nella società e ha la finalità di migliorare la loro capacità di interagire e di renderli indipendenti dalla famiglia, assegnando loro piccoli incarichi o lavori. In genere sono i genitori a contattare la New Start e a far partecipare il figlio alle attività del programma, pagando una quota. La New Start si propone come un'estensione della famiglia e in questo senso prevede anche la figura della cosiddetta sorella in prestito, che nei casi di particolare chiusura del giovane cerca di stabilire un contatto con lui e di convincerlo a uscire dalla sua stanza e a prendere parte al programma.[9][76][77] Tuttavia questo metodo lascia perplessi parecchi esperti a causa della scarsa formazione specifica dei volontari.[9]

Questi tipi di centri di recupero, chiamati Free space o Free school,[78] hanno la caratteristica di essere strutturati come una normale scuola, con programmi didattici identici. La differenza consiste nella mancanza di distinzione dei ruoli gerarchici: i ragazzi in cura non indossano divise, non vengono usati onorifici e nessuna informazione sul loro passato viene divulgata, contribuendo alla diffusione di un clima sereno all'interno del centro. Inoltre, per aiutare i ragazzi affetti da questo disturbo, è stata ipotizzata la possibilità di avvicinarsi ad essi attraverso la costruzione di un rapporto di fiducia, ricostruendo le relazioni sociali tramite l'empatia e l'accettazione positiva incondizionata.[79] Il percorso riabilitativo può durare da pochi mesi fino a dieci anni,[80] tuttavia, non è detto che gli ex hikikomori riescano a rientrare a pieno titolo nella società e nel mondo del lavoro, in quanto le aziende giapponesi sono molto restie ad assumere persone il cui curriculum presenti lunghi periodi di inattività lavorativa.[81]

Infine una terapia alternativa è quella della telepsichiatria, una branca della telemedicina. Diffusasi inizialmente in Paesi con bassa densità demografica, ove per il medico il problema maggiore è quello di raggiungere l'abitazione del paziente, questo tipo di cura si è sviluppato grazie al progresso tecnologico, avvalendosi di connessione internet, di webcam e computer e permettendo al medico curante e al paziente di interagire a distanza. Questa terapia, quindi, si sposa alla perfezione con il fenomeno hikikomori, permettendo di raggiungere i soggetti affetti dal disturbo attraverso il loro unico sistema di mediazione con il mondo esterno. Tale sistema porrebbe le basi per la fine dell'auto-isolamento, consentendo al medico di erogare le prime cure del trattamento del disturbo.[82]

Hikikomori nella cultura di massa

Manga e anime

La figura dello hikikomori è spesso utilizzata negli anime e nei manga, e per certi versi può essere vista come uno stereotipo dei cartoni animati giapponesi.[83] L'opera più nota dello scrittore Tatsuhiko Takimoto, definitosi lui stesso uno hikikomori,[84] è il romanzo semi-autobiografico Welcome to the NHK, trasposto successivamente in manga e in anime. L'acronimo NHK non indica l'emittente televisiva giapponese, bensì Nihon Hikikomori Kyōkai (associazione giapponese hikikomori), e tutta l'opera è incentrata sul problema che affligge il protagonista Tatsuhiro Satō, costretto a lottare contro il suo destino da hikikomori.[83]

Secondo lo scrittore Michael Zielenziger, l'opera di Hayao Miyazaki La città incantata fa riferimento, in alcune scene cruciali, al fenomeno hikikomori anche se non in modo esplicito.[85] Altre opere di rilievo che trattano il fenomeno sono Ano Hana in cui il protagonista Jinta Yadomi diviene hikikomori a causa di un trauma subito in età infantile e Kami-sama no memo-chō dove la protagonista Alice è una hikikomori e una NEET, la quale restando chiusa nel suo appartamento utilizza internet per rimanere in contatto con il mondo esterno.[83]

Di seguito viene riportata una tabella che riassume i personaggi hikikomori, o che in qualche modo presentano sintomi simili, apparsi in opere anime o manga:[83][86]

Personaggio Opera Media
Akira Renbokouji Valvrave the Liberator Anime
Alice Kami-sama no memo-chō Anime e manga
Gasper Vladi High School DxD NEW Anime
Girl Terebi Bakari Miteruto Baka ni Naru Manga
Haruto AKB49: Ren'ai Kinshi Jōrei Manga
Himawari Shinomiya Vividred Operation Anime
Iyo Morinonaka Nekura Musume to Internet Manga
Izumi Takanashi Working!! Anime e manga
Jinta Yadomi Ano Hana Anime
Jun Sakurada Rozen Maiden Anime e manga
Kazuma Ikezawa Summer Wars Film anime
Kiri Komori Sayonara Zetsubō-sensei Anime e manga
Matsu Sekirei Anime e manga
Nancy Naga Those Who Hunt Elves Anime
Ryuunosuke Akasaka Sakura-sō no pet na kanojo Anime e manga
Sada Oh, mia dea! Manga
Sakura Hanazono Fiore della vita Manga
Sasami Tsukuyomi Sasami-san@Ganbaranai Anime
Shizuka Uchiyamada Dageki Joi Saori Manga
Soon-Mi Carnivorous Princess Yegrinna Manga
Tatsuhiro Satō Welcome to the NHK! Anime e manga
Yutaka Itazu Higashi no Eden Anime
Yuto Honda Genkaku Picasso Manga

Letteratura

  • Dublinesque di Enrique Vila-Matas; il protagonista Samuel Riba intravede in se stesso tendenze da hikikomori[87]
  • Hikikomori di Kevin Kuhn
  • Hikikomori and the Rental sister di Jeff Backhaus
  • Ich nannte ihn Krawatte di Milena Michiko Flašar, romanzo tedesco sull'incontro casuale di un disoccupato con uno hikikomori
  • Player One di Ernest Cline, due dei personaggi secondari sono hikikomori[88]
  • Welcome to the NHK di Tatsuhiko Takimoto

Cinema

  • Hikikomori - La lenta agonia del progresso (2007) di Gianluca Olmastroni, su sceneggiatura di Edoardo Montanari
  • Tokyo! (2008): il terzo e ultimo episodio del film, Shaking Tokyo, è incentrato su uno hikikomori
  • Castaway on the Moon (2009), film coreano, ha come protagonisti una ragazza hikikomori ed un aspirante suicida che si ritrova a vivere da naufrago su una microisola del fiume Han, al centro di Seoul
  • Confessions (2010), film giapponese diretto da Tetsuya Nakashima: uno dei protagonisti, lo studente di scuola media Naoki Shimomura, decide di non uscire più di casa diventando uno hikikomori

Videogiochi

  • Yume Nikki: la protagonista, Madotsuki, è un tipico esempio di hikikomori

Note

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  20. ^ Zielenziger, 2008, p. 111
  21. ^ «Non ho elementi sufficienti per dire che Owada-san sia una hikikomori, ma certo è che la principessa mostra molti dei sintomi di questa malattia, dalla mancanza di controllo sulla propria vita, alla volontà di nascondersi per paura delle critiche che possano giungerle dall'esterno». (Michael Zielenziger in Claudio Castellacci, Hikikomori, i sepolti vivi (PDF), in Anna, 29 maggio 2008, pp. 114-115.)
  22. ^ «Dall'inizio del 2006 la principessa vive in quasi completo isolamento, incapace di parlare da sola in pubblico, proprio come un hikikomori». (Zielenziger, p. 380)
  23. ^ La principessa Masako ha interrotto il suo isolamento il 30 aprile 2013, visitando l'Olanda in occasione dell'incoronazione del nuovo re olandese Willem-Alexander. Fonte: La “principessa triste” torna a viaggiare, in TG1 Online, 28 aprile 2013. URL consultato il 30 luglio 2013.
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  81. ^ Carla Ricci, La solitudine liberata. Alla ricerca del sé... passando dal Giappone, Armando Editore, 2012, p. 48, ISBN 8866770302.
  82. ^ Arianna Marconi, Ignazio Ardizzone, Prospettive cliniche per il fenomeno hikikomori: una possibile risposta all’urlo muto di una gioventù senza porta (abstract), in Rivista sperimentale di frenatria, vol. 133, n. 3, 2009, pp. 161-168, DOI:10.3280/RSF2009003007. URL consultato il 10 agosto 2013.
  83. ^ a b c d Hikikomori: Stereotipo o cruda realta?, su kinjoanime.com, 10 dicembre 2011. URL consultato il 20 dicembre 2012.
  84. ^ Jacopo Costa Buranelli, Welcome to the NHK. L'eroe di tutti gli hikikomori, su psicologia.tesionline.it. URL consultato il 20 dicembre 2012.
  85. ^ «In una scena cruciale, un personaggio chiamato “Senza Volto”, [...] che geme ma non può parlare, offre pepite d'oro per far avvicinare degli sconosciuti e poi li ingurgita voracemente per appropriarsi della loro capacità di comunicare. C'è poi la dispotica proprietaria del favoloso stabilimento termale [...]; la donna alleva un bambino più grande del normale, [...] che viene nascosto sotto un protettivo cumulo di cuscini e guanciali per vivere nell'ombra. Il bambino sembra incapace di abbandonare il proprio rifugio. A volte, colto da ira violenta, attacca la madre [...]. Tuttavia, quando viene portato via di nascosto verso un'avventura nel mondo esterno, il bambino torna a stare su due piedi e a parlare come un adulto assennato». (Zielenziger, 2008, pp. 377-378)
  86. ^ (EN) Hikikomori Characters, su anime-planet.com. URL consultato il 20 dicembre 2012.
  87. ^ (EN) Jeremy Garber, Three percent review, su rochester.edu, Three percent. URL consultato l'8 agosto 2013.
  88. ^ Ernest Cline, Player One, Isbn Edizioni, p. 419, ISBN 8876383441.

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