Carmelo Bene: differenze tra le versioni

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==Il Grande Teatro==
==Il Grande Teatro==
Carmelo Bene precisa che il ''Grande Teatro'', o altrimenti detto ''teatro senza spettacolo'', è...
Carmelo Bene precisa che il ''Grande Teatro'', o altrimenti detto ''teatro senza spettacolo'', è...
::''« ... un non-luogo soprattutto; quindi è al riparo da qualsivoglia storia. È intestimoniabile. Cioè, lo spettatore per quanto Martire, testimone, nell'etimo [da martyr], per quanti sforzi possa compiere lo spettatore, dovrebbe non poter mai raccontare ciò che ha udito, ciò di cui è stato posseduto nel suo abbandono a teatro »''. <ref>Video, ''[http://www.youtube.com/watch?v=Pkh6hd5vkm8|La macchina attoriale]'', a cura di Pietro Ruspoli & Tonino del Colle.</ref>
::''« ... un non-luogo soprattutto; quindi è al riparo da qualsivoglia storia. È intestimoniabile. Cioè, lo spettatore per quanto Martire, testimone, nell'etimo [da martyr], per quanti sforzi possa compiere lo spettatore, dovrebbe non poter mai raccontare ciò che ha udito, ciò di cui è stato posseduto nel suo abbandono a teatro »''. <ref>Video, ''[http://www.youtube.com/watch?v=Pkh6hd5vkm8 La macchina attoriale]'', a cura di Pietro Ruspoli & Tonino del Colle.</ref>
==== La phoné ====
==== La phoné ====
Il fatto paradossale è che il suo teatro così ''antipopolare'', e ''incomprensibile'' abbia avuto infine, in modo prodigioso, un successo di vasta portata popolare, a dispetto delle sue premesse. Questo equivoco lo spiega lo stesso Bene, dicendo che il linguaggio del Grande [[Teatro]], ''incomprensibile'' per definizone, è comprensibile ''tout court'' su un piano d'ascolto diverso, essendo tutto affidato ai ''significanti'' e non al ''senso'' o al ''significato''. Quindi, come succede per la musica, il Grande [[Teatro]] è fruibile, comprensibile anche da persone che parlano lingue diverse, come per esempio [[Esquimese|esquimesi]], o cinesi, poiché la ''[[babele]] [[linguistica]]'' viene risolta tutta nella ''phoné'', e non nel ''senso''. La ''phoné'' espressamente viene definita da Bene come rumore, che comprende anche la musica e il dire.
Il fatto paradossale è che il suo teatro così ''antipopolare'', e ''incomprensibile'' abbia avuto infine, in modo prodigioso, un successo di vasta portata popolare, a dispetto delle sue premesse. Questo equivoco lo spiega lo stesso Bene, dicendo che il linguaggio del Grande [[Teatro]], ''incomprensibile'' per definizone, è comprensibile ''tout court'' su un piano d'ascolto diverso, essendo tutto affidato ai ''significanti'' e non al ''senso'' o al ''significato''. Quindi, come succede per la musica, il Grande [[Teatro]] è fruibile, comprensibile anche da persone che parlano lingue diverse, come per esempio [[Esquimese|esquimesi]], o cinesi, poiché la ''[[babele]] [[linguistica]]'' viene risolta tutta nella ''phoné'', e non nel ''senso''. La ''phoné'' espressamente viene definita da Bene come rumore, che comprende anche la musica e il dire.
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:''... lettura intanto, come nella poesia, nella concertistica,... (Io) ho bisogno sempre [...] di leggere, di essere detto, non di riferire la cosa... [...] non per ricordare, o nella presunzione che lo scritto corrisponda all'orale. [...] Lo faccio per dimenticare. La lettura come oblio. La lettura paradossalmente come non ricordo''.
:''... lettura intanto, come nella poesia, nella concertistica,... (Io) ho bisogno sempre [...] di leggere, di essere detto, non di riferire la cosa... [...] non per ricordare, o nella presunzione che lo scritto corrisponda all'orale. [...] Lo faccio per dimenticare. La lettura come oblio. La lettura paradossalmente come non ricordo''.
Per quanto riguarda la parte visiva della macchina attoriale, Carmelo Bene ricorda che, ''non solo l'orecchio'', ma anche...
Per quanto riguarda la parte visiva della macchina attoriale, Carmelo Bene ricorda che, ''non solo l'orecchio'', ma anche...
: ''... l'occhio è asccolto. [...] Un'appoggiatura del capo, una frantumazione del gesto, uno due tre. ecc. e una disarticolazione del corpo...'' <ref>Video, ''[http://www.youtube.com/watch?v=Pkh6hd5vkm8|La macchina attoriale]'', a cura di Pietro Ruspoli & Tonino del Colle, op. cit.</ref>
: ''... l'occhio è asccolto. [...] Un'appoggiatura del capo, una frantumazione del gesto, uno due tre. ecc. e una disarticolazione del corpo...'' <ref>Video, ''[http://www.youtube.com/watch?v=Pkh6hd5vkm8 La macchina attoriale]'', a cura di Pietro Ruspoli & Tonino del Colle, op. cit.</ref>


====Il senso; significante e significato.====
====Il senso; significante e significato.====
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== Fonti ==
== Fonti ==
*Video, ''Mixer Cultura'', trasmissione del 1987
*Video, ''Mixer Cultura'', trasmissione del 1987
*Video, ''[http://www.youtube.com/watch?v=Pkh6hd5vkm8|La macchina attoriale]'', a cura di Pietro Ruspoli & Tonino del Colle.
*Video, ''[http://www.youtube.com/watch?v=Pkh6hd5vkm8 La macchina attoriale]'', a cura di Pietro Ruspoli & Tonino del Colle.


==Bibliografia==
==Bibliografia==

Versione delle 19:24, 22 giu 2009

Foto di Carmelo Bene.

Carmelo Pompilio Realino Antonio Bene (Campi Salentina, 1° settembre 1937Roma, 16 marzo 2002) è stato un attore, drammaturgo e regista italiano, conosciuto e stimato anche all'estero, considerato uno degli artisti più poliedrici nella storia del teatro.

Vita

Nasce a Campi Salentina, in provincia di Lecce, il 1° settembre 1937, alle ore nove e trenta, da genitori originari di Vitigliano, piccola località del Salento meridionale. I suoi genitori gestivano una fabbrica di tabacco dove lavoravano diverse centinaia di giovani operaie. Carmelo era un bambino gracile, timido, introverso, taciturno. Sua madre era fervente cattolica, praticante, forse un po' troppo bigotta, e così l'infante Carmelo si trovò a servire un' infinità di messe, sia a Campi Salentina che a Lecce, dove abitava sua zia Raffaella, anche tre o quattro al giorno; [1] vocazione questa che smise man mano, fino a diventare, diciamo così, allergico a qualsiasi tipo di ritualizzazione religiosa. Frequentava la scuola degli Scolopi, nella quale molti degli insegnanti di religione erano oltre che degli incompetenti in teologia, anche bestemmiatori e pedofili, secondo quanto si riscontra nella sua autobiografia. [2] L'infanzia del piccolo Carmelo trascorre così perlopiù fra i vezzi affettuosi di questa moltitune di ragazze, la scuola degli Scolopi e le gite domenicali a Lecce.
Dopo gli studi classici presso il Liceo Palmieri di Lecce, si iscrive diciassettenne alla Facoltà di Giurisprudenza a Roma, senza tuttavia frequentarla, tranne inizialmente per quel che riguarda le lezioni di anatomia. Si iscrive allo stesso tempo al primo anno dell' Accademia Sharoff. Da Lecce gli arriva la cartolina di precetto e parte così per la visita di Leva, ma, non volendo sprecare inutilmente 18 mesi delle sue numerose vite, evita di fare il militare fingendosi omosessuale, mandando su tutte le furie il capitano addetto al colloquio. Anche all'esame psichiatrico, che gli fu subito intentato, risultò la sua ambivalenza, guadagnando così l'attestato di Ram (ridotta attitudine militare). [3]
Nel 1957 si iscrive all'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica e ne frequenta i corsi per un solo anno, ritenendoli del tutto inutili. C'era un certo attrito fra lui e i suoi insegnanti che operavano alla Silvio D'Amico, e lo stesso Carmelo Bene sintetizza i divergenti punti di vista affermando: "Il metodo per risvegliare i sentimenti era l'accademia Sharoff, quello per addormentarli la Silvio D'Amico". E altrove : "Per fortuna, dopo un anno passai a non frequentare la Silvio D'Amico". Diventò presto famigerata la battuta. Come va? Non c'è Bene grazie". [4] Alla Silvio D'Amico, secondo quando viene riportato nella Vita di Carmelo Bene, solo due insegnanti credevano in lui: l'insegnante di metrica e...

"... la signora Morino, trent'anni primattrice con Ruggero Ruggeri. "Non s'accorgono, qui ce n'è uno solo di vero attore". [5]

A Roma i genitori gli pagavano solo l'affitto e un minimo di vitto, perciò in questi primi anni romani Carmelo si vide costretto, per poter sostenere i suoi vizi e la sua vita sregolata, a mettere in atto la sua astuzia, a praticare e a inventarsi sotterfugi. Erano questi gli anni delle colossali sbronze, che poi - racconta Bene - proseguirà per anni fino a rovinarsi irreparabilmente...

Per quasi vent'anni ho bevuto in media tre bottiglie di Ballantine e fumato una stecca di Gitanes al giorno...

Finiva quasi sempre per essere arrestato. "Bastava girare con la barba non rasa di un giorno" per essere fermato, interrogato o addiritura arrestato. Se poi si era in preda al delirio alcolico si finiva diritti dentro. Nel solo anno 1958 Carmelo Bene trascorse "trecentoventicinque notti nei vari commissariati di zona". [6]

Debutta ventiduenne in teatro con Caligola di Albert Camus nel 1959, per la regia di Alberto Ruggiero. Dopo le prime esibizioni romane, Carmelo torna a Campi Salentina con l’intento di sposare Giuliana Rossi, un’attrice fiorentina di sei anni più grande, [7] mal vista dalla famiglia. [8] Il padre in combutta con il primario arrivò a farlo internare al manicomio per un paio di settimane, senza una motivazione plausibile, se non quella sottaciuta di far scemare questa attrazione e intenzione a realizzare un possibile matrimonio; mentre d'altra parte Giuliana subiva esplicite minacce. Si sposarono comunque a Firenze nell’Aprile del 1960, "più per accontentare la suocera che per effettiva vocazione" [9] e dalla loro unione nacque un figlio, Alessandro, che fu allevato prevalentemente dai nonni materni e morì di tumore all’età di nemmeno sette anni. [10]
In questo periodo fiorentino avviene l'incontro letterario fondamentale della sua vita; legge l'Ulysses di James Joyce [11] e ne rimane talmente affascinato e contaminato da sconvolgergli il suo modo di pensare, sottraendogli gli ultimi residui del suo esistenzialismo, e gli farà mutare il modo stesso di fare teatro. Dopo questo primo impatto letterario sconvolgente Carmelo Bene lascia Firenze, vivendo un periodo di pura erranza, scombussolato, senza una meta, prima di approdare a Genova. Nel 1960 conosce e si lega in amicizia con Aldo Braibanti e Sylvano Bussotti il quale cura le musiche dello Spettacolo-concerto Majakovskij che si tiene a Bologna nello stesso anno. Con la seconda serie di repliche del Caligola del 1961 Bene diventa regista di se stesso, e da Genova in poi, non delegherà più a nessun altro la regia del suo teatro.
Tra il ’61 e il ’62 realizza il primo Amleto, "tutto shakesperiano, non ancora pevertito in Laforgue" [12], il primo Pinocchio.
Da quel prodigioso vivaio che fu la Compagnia D'Origlia-Palmi, in auge a Roma tra gli anni '30 e '70, Carmelo Bene (loro grande estimatore) ebbe modo di prelevare attori come Manlio Nevastri (in arte Nistri), Luigi Mezzanotte e Alfiero Vincenti.

Giovanissimo capocomico, senza un soldo, circondato finalmente da guitti straordinari reperiti nel Borgo Santo Spirito dalla signora D'Origlia e dal cavalier Palmi, miei ottimi amici. [13]

Dal '61 fino al ’63 vediamo costituirsi il cosiddetto Teatro Laboratorio (con gli attori prelevati dalla anzidetta compagnia), realizzato in un locale di Trastevere, nel cortile al numero 23 di San Cosimato. Venne poi chiuso definitivamente a causa del fattaccio del piscio sulla platea e sull'ambasciatore argentino attribuito a Carmelo Bene, ma perpetrato dal pittore argentino Alberto Greco. Al Teatro Laboratorio si allestivano i così chiamati spettacoli cabaret con titoli significativi come “Addio porco”, una specie di happening o se vogliamo una goliardata o una presa in giro, che serviva a raggranellare denaro attirando gente snob e ricca a caccia di emozioni forti. Lo spettacolo “Cristo '63” (registrato da Alberto Grifi ma che viene censurato) [14] scatena più di uno scandalo, fino ai tafferugli con la polizia. Lo stesso Bene racconta...

«  La sera della Prima successe un parapiglia infernale. Questo Greco, poco assuefatto al bere, si briaca di brutto [...] L'apostolo Giovanni (il Greco) cominciò a dare in escandescenze [...] In ribalta si alza la veste, mette il lembo fra i denti e comincia a orinare nella bocca dell'ambasciatore d'Argentina, della consorte in visone e dell'addetto culturale.
Nel frattempo, si faceva passare le torte destinate al dessert e le spappolava in faccia a quel diplomatico e signora [...] Fui condannato in contumacia [... e poi] assolto per essere estraneo ai fatti.
 » [15]

Lo stesso evento si ripeté successivamente in una villa sulla Cassia Antica messa appositamente a disposizione da una gallerista, col solo scopo di far rivivere quel fatidico happening, comprensivo di tafferugli, e questa volta furono i Re Magi che si misero a orinare addosso alle signore impellicciate. [16]
In questi primissimi anni, dal Caligola in poi, fino alla parentesi cosiddetta cinematografica, Carmelo Bene in definitiva non ebbe altro successo che di scandalo, come ricordano, fra gli altri, Franco Quadri [17], Lydia Mancinelli e lo stesso Carmelo Bene nella sua autobiografia.
Sempre nel 1963 e quasi subito dopo la chiusura del Teatro Laboratorio, Carmelo Bene si imbatte casualmente, per la prima volta, in un'edizione laforguiana, che gli farà concepire poi i suoi Amleti, pervertiti puntualmente in Laforgue. Già pensa alla sua prossima Salomè; legge anche The Monk di Matthew Gregory Lewis che porterà in scena nel 1966 con la rivisitazione dal titolo Il Rosa e il Nero. Questo stesso anno ('63) viene allestito l'Edoardo II tratto da Marlowe che, in una delle sue repliche all'Arlecchino, ebbe fra gli spettatori la compagnia degli attori del Living Theatre, di passaggio a Roma, con i quali si legò in amicizia.
Comincia in questo periodo il lungo sodalizio artistico-sentimentale con l'attrice Lydia Mancinelli la quale per la prima volta recita in "La storia di Sawney Bean" del '64. Negli anni '60-70 Lydia Mancinelli [18] e Alfiero Vincenti saranno per Carmelo Bene due figure fondamentali e insostituibili.
Il 1964 segna anche l'anno del debutto al Teatro delle Muse della prima Salomè tratta da Oscar Wilde, con la partecipazione di Franco Citti nella parte di Jokanaan [19]. Lo spettacolo fu osannato sia da Ennio Flaiano che da Alberto Arbasino, oltre che da John Francis Lane inviato del Times di Londra; fu criticato aspramente da Giuseppe Patroni Griffi.
Dopo il sequestro e la chiusura definitiva del Teatro Laboratorio abbiamo i sei mesi con l'allestimento del Teatro Carmelo Bene al Divino Amore (1967), esperienza breve come l'altra precedente del Beat '72, la cui apertura avvenne nel '66 [20]. Inoltre, in questo stesso periodo, tra il 1965 e il 1966, Bene scrive i romanzi Nostra Signora dei Turchi e Credito italiano, portati poi a teatro, sostenuti e apprezzati da intelletuali e critici quali Ennio Flaiano e Alberto Arbasino, e, come tutta l'opera beniana di questo periodo, il successo ebbe più che altro un riscontro elitario. Viene portato in scena al Teatro delle Muse Il Rosa e il Nero rivisitazione di The Monk di Matthew Gregory Lewis
Risale a questo periodo una testimonianza della trasmissione televisiva Avvenimenti 30. La voce fuori campo del cronista commenta...

Un giovanotto magro, nervoso, spiritato, venuto dalle Puglie per inventare a Roma un suo personalissimo teatro. Si chiama Carmelo Bene. Non ha ancora trent'anni. Ha già scritto un romanzo. [21] Ha diretto come attore, autore, regista, una decina di spettacoli. Dieci spettacoli, dieci polemiche clamorose. È un istrione? Oppure: è un genio? È un mistificatore? Su questi giudizi il pubblico e la critica si danno battaglia.... [22]

Carmelo Bene pensa ora di abbandonare il teatro per dedicarsi ad altro. Nel 1967 Pier Paolo Pasolini lo invita a partecipare al suo film Edipo re. Intanto Nelo Risi, avendo progettato un film su Pinocchio, propone la parte della fatina a Brigitte Bardot, quella di Pinocchio a Carmelo Bene e quella di Geppetto a Totò; ma questi purtroppo morì proprio nel 1967, mandando in fumo il progetto. Nello stesso anno Bene inizia la sua esperienza da regista cinematografico, arrivando, l’anno successivo, a vincere il Leone d'Argento al Festival di Venezia con quello che viene considerato il suo capolavoro: Nostra Signora dei Turchi. Nel 1969 vediamo Bene partecipare come attore in Umano non umano, un film di Mario Schifano. La parentesi cinematografica durerà fino al 1973, costituita da una serie di lungometraggi epocali come Capricci (1969), Don Giovanni (1970), Salomè (1972), oltre al già citato Nostra Signora dei Turchi, che spesso produssero in Italia reazioni sconsiderate, violenza gratuita e spaccatura in due di pubblico e critica, tra fautori e detrattori. Un Amleto di meno segna la fine di questa meteorica apparizione cinematografica di Carmelo Bene, esperienza mai più ritentata. Il 1970 è l'anno in cui Carmelo Bene conosce il pittore Salvador Dalì ed Emilio Villa, che contribuiscono a segnare la sua esperienza artistica. In questo stesso anno un Don Chisciotte televisivo commissionato dalla Rai sfumò, poiché il progetto venne ritenuto impopolare. Il cast d'eccezione contemplava, oltre a Carmelo Bene, artisti di fama come Eduardo De Filippo, il clawn sovietico Popov e Salvador Dalí (scenografo). [23] Stessa sorte toccò a un altro progetto filmico fatto insieme con Eduardo, tratto da La serata a Colono di Elsa Morante. Scrive inoltre A boccaperta, pensato inizialmente come una sceneggiatura dedicata a San Giuseppe da Copertino. Partecipa inoltre in qualità di attore a film come Necropolis di Franco Brocani e a Storie dell'anno mille di Franco Indovina.
Con gli anni settanta iniziano le assidue frequentazioni della Versilia dove Bene incrontra intellettuali e uomini di cultura come Eugenio Montale, Vittorio Bodini, lo scultore Henry Moore. Inizia anche il febbrile interessamento di Bene per la storia medicea e in particolare per Lorenzino de' Medici, detto Lorenzaccio, la sfinge medicea, che lo farà impazzire per un decennio.

Nel 1975 Carmelo Bene partecipa come attore nel film di Glauber Rocha Claro. Tra la fine degli anni settanta e l’inizio degli anni ottanta Bene conoscerà grandi successi. Nel 1977 viene messo in onda il Riccardo III televisivo. Il 1979 segna l'inizio del suo periodo cosiddetto concertistico, arrivando ad esibirsi alla Scala di Milano con un memorabile Manfred in forma di concerto accompagnato dalle musiche di Robert Schumann. Di questo anno è un Otello televisivo, realizzato a Torino, ma il restauro e il montaggio venne iniziato soltanto nel 2001, sotto la vigile direzione di Bene. [24]Il 1980 vede la V edizione dello Spettacolo-concerto Majakovskij al Teatro Morlacchi di Perugia e l' Hyperion.
Nel 1981, con la Lectura Dantis dalla Torre degli Asinelli di Bologna, porta la lettura della Divina Commedia davanti ad un pubblico di oltre centomila persone, in occasione del primo anniversario della strage della stazione. Terza edizione del Pinocchio al Teatro verdi di Pisa. Nell'estate dell '82 a Forte dei Marmi scrive Sono apparso alla Madonna, titolo che gli viene suggerito dall'inconsapevole Ruggero Orlando, in preda ad una delle sue sbornie.
Anche se contrito da vari malanni fisici e dagli abusi, prosegue forsennato, anche se in modo discontinuo, a calpestare le scene teatrali. Nel 1983 abbiamo la rappresentazione del Macbeth al Teatro Lirico di Milano, L' Egmont in Piazza Campidoglio a Roma; l' Adelchi nel 1984 al Teatro Lirico di Milano; Lorenzaccio nel 1986 al Ridotto del Teatro Comunale di Firenze. Il 12 settembre del 1987 Carmelo Bene è a Recanati per recitare i Canti di Leopardi e il 10 novembre dello stesso anno al Teatro Piccinini di Bari con Hommelette for Hamlet.
Nel 1988 Carmelo Bene viene nominato clamorosamente direttore artistico della sezione teatro della Biennale di Venezia, suscitando non poche polemiche, finendo poi per degenerare il tutto in querele e contro-querele, ricorsi, per un'intricata faccenda di competenze e responsabilità, e addirittura di appropriazione indebita di opere d'arte. Il 12 gennaio 1989 vede la seconda edizione della Cena delle beffe al Teatro Carcano di Milano e il 26 luglio dello stesso anno il Pentesilea al Castello Sforzesco che l'anno dopo, il 19 maggio, verrà ripreso a Roma, al Teatro Olimpico.

Nonostante gli acciacchi e i diversi inteventi chirurgici subiti, e che subirà ancor più in seguito, continua la sua fama di enfant terrible. Memorabili furono le sue apparizioni televisive a Mixer Cultura (1988) e al Maurizio Costanzo Show (1994 e 1995).
Alla fine del dicembre del 1990 Carmelo Bene è a Mosca per insistenza e intraprendenza di un suo grande ammiratore, Valerj Shadrin [25], realizzando un successo strepitoso.
Nel Febbraio del 1992 Carmelo Bene spende 200 milioni di lire per far pubblicare e reiterare delle inserzioni pubblicitarie o propagandistiche sul "Messaggero" e la "Repubblica" che in definitiva si dimostreranno essere tout court potenti armi scagliate soprattutto contro il "Ministero dello spettacolo" e il Teatro Stabile. Questo evento clamoroso fu infatti avvertito come una calunnia e un danno da parte degli interessati addetti ai lavori, tanto che seguiranno poi querele, con richiesta di risarcimento di due miliardi di lire, da parte del Teatro di Roma, rivolte contro i quotidiani anzidetti e contro lo stesso Bene. Ecco l'incipit di uno stralcio estratto da quelle fatidiche insersioni...

Oggi lo Stato dello Spettacolo è in mutande: per sopravvivere ad ogni costo, MINACCIA contributi e sovvenzioni (a una marea indiscriminata di sfaccendati che - "quasi" NESSUNO ESCLUSO - può giovare al teatro in un solo modo: togliendosi di mezzo=disoccuppandosene) [...] [26]

Il 1994 vediamo Bene con l' Hamlet Suite al 46° Festival shakespereaniano al Teatro Romano di Verona. Nel 2000 con la pubblicazione del poema 'l mal de' fiori viene acclamato "poeta dell'impossibile" dalla Fondazione Schlesinger, istituita da Eugenio Montale, la cui presidenza onoraria era tenuta allora da Rita Levi Montalcini. Il 6 ottobre del 2000 Carmelo Bene affida, tramite pubblico testamento, i diritti delle sue opere alla fondazione l' Immemoriale di Carmelo Bene.
Fra i suoi principali amici e collaboratori vi furono il noto attore, autore e regista tarantino Cosimo Cinieri ed il famoso pittore e scenografo leccese Tonino Caputo.

Il 16 marzo del 2002 Carmelo Bene muore a Roma. Giancarlo Dotto così lo ricorda...

[...] Non è solo l’amico che manca, ma quella voce , chissà dov’è andata, quella voce che ci dava calma e forza, quella voce che dà la nostalgia di tutto ciò che abbiamo perduto senza avere mai avuto. [...] [27]

Per espressa sua volontà il suo corpo fu cremato e il suo funerale non reso pubblico. La lapide riporta solo il suo nome e cognome e le date, di nascita e di morte.

Controversie riguardo la morte

Il 13 gennaio 2009 Maria Luisa Bene, sorella di Carmelo, annuncia ai media di non credere alla morte per cause naturali del fratello. "Io, Maria Luisa Bene - dice la donna - avendo piena consapevolezza delle mie condizioni di salute, rendo noto di non intendere lasciare questa terra senza che il mondo sappia che mio fratello, Carmelo Bene, nominato 'chevalier des lettres e des arts' dal governo Mitterrand, è morto per mano altrui". [28]

Opera

File:Riccardo III CB-05.jpg
Carmelo Bene in Riccardo III

La sua discussa e controversa figura, spesso oggetto di clamorose polemiche, ha diviso critica e pubblico fin dagli esordi: considerato da alcuni un affabulante ingannatore e un presuntuoso "massacratore" di testi [29], per altri Bene è stato uno dei più grandi attori del '900. Dalle dichiarazioni di Bene risulta evidente il suo disprezzo per certa critica teatrale, da lui ritenuta "piena di parvenus". Tra i primi a rendergli omaggio si ricordano alcuni tra i più illustri esponenti del mondo intellettuale dell'epoca, come, ad esempio, Eugenio Montale, Alberto Moravia, Ennio Flaiano e Pier Paolo Pasolini. Bene ebbe poi modo di collaborare, tra gli altri, con Pierre Klossowski e Gilles Deleuze, i quali scrissero alcuni saggi sul modo di fare teatro dell'artista italiano.

La lotta di Bene si rivolge contro il naturalismo e la drammaturgia borghese, contro le classiche visioni del teatro. Rivendica l'arte attoriale innalzando l'attore da mera maestranza (così definita da Silvio D'Amico) ad artista-personificazione assoluta del complesso teatrale. Il testo, poiché nato dalla penna di uno scrittore spesso avulso dal problema del linguaggio scenico, non può essere interpretato: esso deve necessariamente essere ricreato dall'attore.

Carmelo Bene è contro il teatro di testo, per un teatro da lui definito "scrittura di scena" [30], un teatro del dire e non del detto. Fare "teatro del già detto" sarebbe un ripetere a memoria le parole di altri senza creatività, quello che Artaud definiva un "teatro di invertiti, droghieri, imbecilli, finocchi: in una parola di Occidentali". È l'attore, con la scrittura di scena, a fare teatro hic et nunc. Il testo viene considerato come "spazzatura", perché lo spettacolo va visto nella sua totalità. Il testo ha il medesimo valore di altri elementi come le luci, le musiche, le quinte. Il teatro di testo, di immedesimazione, viene definito da Bene come un teatro cabarettistico. Gli attori che si calano in dei ruoli, che interpretano, sono per lui degli intrattenitori, degli imbonitori, dei "trovarobe". Nel suo teatro, l'attore è l'Artefice. Il testo non viene più messo in risalto come nel teatro di testo, viene anzi martoriato, continuando un discorso iniziato da Artaud, che già aveva iniziato la distruzione del linguaggio, ma che per Bene fallì sulle scene, perché cadde nella interpretazione. Bene distrugge l'Io sulla scena, l'immedesimazione in un ruolo, a favore di un teatro del soggetto-attore.

Bene è stato definito Attore Artifex, cioè attore artefice di tutto. Bene preferiva definirsi, con un neologismo, una "macchina attoriale": autore, regista, attore, scenografo, costumista.

File:Amleto CB-01.jpg
Carmelo Bene in un Amleto televisivo del 1974

Realizzò una propria interpretazione di Amleto in cui recitava le parti più importanti privandole del rilievo meritato. Il monologo "Essere o non essere" era affidato ad un altro attore, che gli faceva da alter ego.
Nelle diverse edizioni dei suoi Amleti (Un Amleto di meno, Hamlet Suite, Hommelette for Hamlet, ...), Carmelo Bene, non solo si priva del monologo dell'"essere o non essere", ma si discosta da tutte quelle parti significative (corroborate dalla tradizione recitativa teatrale) del testo a monte; si svincola dal suo ruolo drammatico, che viene supportato dallo sdegnato Orazio, costretto a leggervi (queste parti non sue), in bigliettini fortuiti, stracciati dal copione, e consegnatigli da un Amleto che non ne vuol proprio sapere della sua parte, che scantona, evita di intercalarsi nel ruolo che gli spetta, al quale non si sente affatto legato o partecipe, più che preparato. Il dramma accade altrove, lì dove non lo si attende, soprattutto nella phoné o in situazioni diverse da quelle prescritte; mentre la commedia (o farsa) sovente sostituisce le parti drammatiche, che diventano in questo modo risibili. Nell'usuale "massacro" del testo a monte, la figura di Amleto appare tutt'altro che enigmatica, turbata dallo spettro paterno, o dal suo dovere filiale di vendetta; Il Principe danese diventa talmente scaltro e opportunista che finisce addirittura per accordarsi con lo zio Claudio, il quale gli sborsa una certa sommetta, rateata di tanto in tanto, che gli consente di pagare così il suo silenzio o meglio la sua esenzione dal ruolo che gli spetta, come da copione. Questi Amleti di Carmelo Bene sono degeneri, nel senso che non appartengono, in senso tradizionale, al genere così tramandato (stabilito e ritualizzato dal suo ripetersi nelle varie interpretazioni succedutesi nel tempo chronos) di dramma o tragedia tout court. Negli Amleti di Carmelo Bene vi resta pur sempre un dramma di fondo, comunque, una tragedia, però spostata, o rivisitata, o sconvolta che dir si voglia, dal suo ambito tradizionale consolidato alla pura phoné.
Spesso, oltre a filo rosso laforguiano, Carmelo Bene inserisce, in modo mirabile, nei suoi Amleti, degli insert estranei (tratti da Gozzano, per esempio) complicando ancor più il testo a monte, definito dallo stesso Bene "cartastraccia".

Influenze sull'opera beniana

File:Otello CB-01.jpg
Carmelo Bene nell'Otello televisivo del 1978, tratto da William Shakespeare

Tra le non poche influenze, più o meno decisive, riscontrabili nella sua opera, si possono citare: Dante Alighieri, Giacomo Leopardi, Dino Campana, Tommaso Landolfi, Antonio Pizzuto, Elsa Morante, Emilio Villa, Oscar Wilde, James Joyce, Thomas Eliot, Franz Kafka, Vladimir Majakovskij, Charles Baudelaire, William Shakespeare, Christopher Marlowe, John Donne, Jules Laforgue, Edgar Allan Poe, San Juan de la Cruz, Pier Paolo Pasolini, Buster Keaton, Jean Genet, João César Monteiro, Ettore Petrolini, Peppino De Filippo, Eduardo De Filippo, Antonin Artaud, Living Theatre, Bertolt Brecht (con qualche riserva), [31] Samuel Beckett, Friedrich Nietzsche, Jacques Lacan, Michel Foucault, Gilles Deleuze, Sigmund Freud, Thomas Hobbes, Ferdinand de Saussure, Pierre Klossowski, Leopold von Sacher-Masoch, Salvador Dalí, Francis Bacon, Giorgio De Chirico, Giuseppe Verdi, Gioachino Rossini, Maria Callas, e tant'altri. Per non parlare delle influenze sospese tra una probabile storia e l'immaginario come San Giuseppe da Copertino, Lorenzaccio, la non-storia dei Santi. Inoltre, fuori dal campo dell'arte, decisive furono le esperienze delle migliaia di messe servite dove L'infante Carmelo incominciò quasi inconsapevole ad avere a che fare con... "il teatro come incomprensibilità e come incomprensione tra officianti e spettatori". Altra esperienza indimenticabile fu il mesetto, poi ridotto a due settimane, di permanenza in manicomio dove incominciò a rendersi conto del linguaggio istituzionale normale e quello scombinato o impeccabile dei pazzi, delle vere macchine demolitrici.

Influenza esercitata dalla sua opera

L'opera di Carmelo Bene ha influenzato moltissimo il panorama dell'arte, non solo il teatro. Non ha avuto discepoli, ma soltanto imitatori, scadenti, solo per il fatto di essere tali. Lui stesso si proclamava "allievo si sé stesso" e mai maestro, né di sé né di altri, sebbene lo si chiamasse spesso, da spovveduti, in siffatta maniera. Questo apprendistato, come direbbe Rimbaud, consiste nel "far diventare l'anima mostruosa", e poi "coltivarla", questa mostruosità; il che equivale, per quanto riguarda il campo dell'arte, a un processo metodico di una continua destrutturazione fino a "diventare dei capolavori" viventi, e non produttori di opere. "Fuor dell'opera si è capolavori". Unico nel suo genere, o meglio de-genere, è anche il solo che abbia saputo affrontare il problema del linguaggio fin dalle sue più profonde radici, il solo che abbia attaccato e saputo mettere in discussione i codici di Stato, il solo che abbia avuto il coraggio e la costanza monomaniaca di irridere e minare il teatro della rapppresentazione, il solo capace di disprezzare e invalidare i luoghi comuni di qualsiasi categoria (sociali, artistici, privati, ecc.) fino a detestare soprattutto se stesso come il luogo più comune da frequentare. Per conseguire questo immane lavorio di destrutturazione Carmelo Bene ha provocato di conseguenza, volendo o non volendo, un'infinità di scandali.
Nonostante abbia influenzato il mondo del teatro e dell'arte in genere, non ha però avuto, almeno non ancora, seguaci che ne avessero potuto ereditare quella pratica certosina d'autodemolizione, dotarsi di quelle stesse capacità di fare e disfare un teatro al di là dei modi.

Buona parte delle opere letterarie letterarie di Carmelo Bene le possiamo trovare raccolte in un volume unico, dal titolo Opere, con l'Autobiografia di un ritratto, nella collana dei Classici Bompiani. Inoltre La Fondazione Immemoriale di Carmelo Bene si preoccupa della "conservazione, divulgazione e promozione nazionale ed estera dell'opera totale di Carmelo Bene, concertistica, cinematografica, televisiva, teatrale, letteraria, poetica, teorica, ..." [32]

Carmelo Bene e il rapporto con la critica

È proverbiale il disprezzo che Carmelo Bene ha riservato da sempre ai parvenu della critica teatrale e al giornalismo dei gazzettieri nostrani. Fin dall'esordio e per diversi anni Carmelo Bene fu stroncato, o, nel migliore dei casi, ignorato, ignominiosamente, dalla critica e dai mass-media, puntualmente italiani. Nella Vita di Carmelo Bene, egli afferma addirittura che se non fosse stato per Lydia Mancinelli (alla quale era legato sentimentalmente), che si era assunta l'onore e l'onere delle pratiche burocratiche e legali, e tant'altro, avrebbe con molta probabilità rinunciato al teatro. All'estero invece, come in Francia e in Gran Bretagna, Carmelo Bene era visto di buon occhio e certamente molto più apprezzato di quanto non lo fosse in Italia. Già dal suo debutto a Roma, con Caligola, il giornalista John Francis Lane scrisse una recensione elogiativa sul Times di Londra, intuendo subito il grande talento di questo attore appena esordiente. Ciò provocò reazioni concitate fra la massa intollerante dei critici italiani che con stupore e scandalizzati interpellarono lo stesso Lane come se questi avesse dovuto per forza loro renderne ragione...

[...] abbiamo capito subito che era un attore straordinario e che avrebbe fatto bene al teatro. [...] E io ho scritto subito un articolo sul Times di Londra, dicendo questo era un nuovo uomo di teatro eccezionale. La cosa ha fatto un po' scandalo a Roma perché dicevano: "... ma come il Times parla di questo cialtrone?..." Poi questo cialtrone sarebbe diventato una icona della cultura italiana. [33]

I primi suoi anni di carriera furono i più difficili, costretto a svolgere, suo malgrado, il ruolo ingrato dell'artista maledetto, a vivere avventurosamente, a praticare la sua attività teatrale con i più impensati sotterfugi, che a volte sembrano superare il limite del rocambolesco. In un'intervista televisiva del 1968 Carmelo Bene lascia trasparire il suo risentimento dicendo...

Io non ho davvero... rapporti con la critica. Sono loro che sono pagati per averne con me. Quindi per loro è un mestiere... Io non sono pagato per avere rapporti con loro. [...] Per capire un poeta, un artista [...] ci vuole un altro poeta e ci vuole un altro artista [...] La critica vive dalle 22 alle 24, cioè due ore la sera. Non puoi due ore la sera capire quello che invece io continuo a vivere ora per ora [...] [34]

La critica detrattiva, specialmente quella riguardante il periodo iniziale, perlopiù è generata da un rifiuto a priori, interessata soltanto agli abusi perpetrati da Bene ai danni del buon costume e dei sacri luoghi comuni, che siano o no artistici. Per esempio la Salomè del '64 aveva un cast di attori formato prevalentememte da carcerati o ex-galeotti, soprannominata compagnia di Regina Coeli. In una recensione, emblematica, fatta sulle pagine del "Borghese" di questa Salomè si legge:

Dinanzi a personaggi come Carmelo Bene e come Franco Citti nulla può la critica teatrale. Debbono intervenire i carabinieri. E non bisogna aspettare che vilipendano la Religione o prendano a calci i lavoratori, per procedere al loro arresto; bisogna soltanto accertarsi della loro identità e metterli in galera, perché oltraggiano il buon gusto, nuocciono all'igiene pubblica, deturpano il paesaggio.

C'è proprio questa frattura, almeno inizialmente, tra fautori e detrattori (nessuna via di mezzo) tanto che Alberto Arbasino si sente in dovere di scrivere:

"Questa geniale Salomè [... spacca] ...il pubblico in due, ma con la precisione di quelle reazioni chimiche tipo tornasole capaci di separare con una botta sola le mezze calzette da quelli che cercano di capire".

Questa critica detrattiva aprioristica, acida, benpensante, risentita, tutta italiana, condotta avanti per diversi anni, caratterizzerà irrevocabilmente il futuro atteggiamento di Bene nei confronti dei critici, dei parvenu e dei gazzettieri. Lydia Mancinelli infatti ricorda: "La lotta di Carmelo Bene è stata una lotta contro i critici". [35] Il successo cominciò con uno stratagemma scrivendo e inviando a sei giornali diversi la recensione di una sua esibizione teatrale, tutte portanti la firma di un certo "Dice". [36] Questo successo, come riferisce la Mancinelli, incominciò con la parentesi cinematografica e precisamente con Nostra Signora de' Turchi che, tra il 1973 al 1974, iniziò ad essere trasposta di nuovo in Teatro [37]. Da qui ci fu sempre un crescendo di critica e successi.

Clamorosa ed epocale fu la presa di posizione di Carmelo Bene al lido di Venezia, quando presentò Nostra Signora dei Turchi, dichiarando con veemenza, e certamente con una rabbia somatizzata da anni, che non aveva nessunissima intenzione di parlare con la stampa italiana e lo stesso Carlo Mazzarella, inviato della Rai commenta...

Carmelo Bene ha dichiarato che avrebbe abbandonato la conferenza stampa, se tutta la stampa italiana non avesse abbandonato la sala, perché ha detto di avere dei fatti personali contro tutta la stampa italiana...

Di fatti personali ce n'erano, eccome... Del resto la critica detrattiva (sinonima di italiana) è rimasta in una tale imbarazzante superficialità e inconsistenza concettuale, appigliata ai più beceri luoghi comuni, che non ha fatto altro che avvalorare l'opera di Carmelo Bene, la quale richiede un attento e serio studio, di tutto rispetto, per essere compresa o anche, se vogliamo attaccata. Ma i tempi sono ormai cambiati e la superficialità, la stroncatura e l'ignoranza di una volta, non si addicono più all'evidenza attuale. Carmelo Bene ha lasciato testimonianze del suo percorso artistico inconfutabili, se non inattacabili dalle "mezzecalzette" del giornalismo o della critica dei "parvenu".
Significativo fu il confronto a Mixer Cultura, nella memorabile trasmisione del 1987, condotta da Bagnasco, dove apparvero in modo chiaro le posizioni dei critici (così tanto vilipesi da Bene) e degli studiosi suoi fautori come Jean-Paul Manganaro, di Maurizio Grande [38]. È ovvio che con le posizioni estreme assunte da taluni il raffronto diventa impossibile, come per esempio quando Guido Davico Bonino prorompe dicendo:

Qui si sta parlando di Carmelo Bene come di uno scrittore di scena, si sta parlando di Carmelo Bene come un attore, ma mi pare che l'unica cosa di cui si possa parlare è la sua vera professione, cioè: l'antipatico. Come antipatico Carmelo Bene è assolutamente inarrivabile. [...] Questo è la cosa di te che io amo di più, perché davvero tu qui hai una vera creatività... Ma come scrittore scenico sei di una modestia sconfortante; le tue partiture, i tuoi collage sono una pacchianeria veramente giovanilistica, [...]

Guido Davico Bonino osò attaccare le così da lui definite, anche se non chiarendone in modo esplicito i nomi, "scimmie francesi", ovvero (a quanto si può giustamente desumere) Gilles Deleuze, Jean-Paul Manganaro, Pierre Klossowski, ecc... che hanno scritto centinaia di pagine; Gilles Deleuze [39] e Pierre Klossowski [40] addirittura pubblicarono saggi e libri interi su Carmelo Bene.
Come se non bastasse Guido Davico Bonino inveisce ancora sul povero Bene e ribatte:

[...] Laforgue scrive molto meglio della spazzatura che tu tiri fuori dalla porta... Poi mi permetto di dire anche [...] che come attore sei molto modesto. Hai la voce del Buce, quella che Gadda nel Pasticciaccio chiamava la voce del Buce, hai un fisico che non sai assolutamente portare... Lo spettacolo da Laforgue lo faceva vedere molto chiaramente. Sei anche truccato con una frangetta da parrucchiere di borgata, e insomma sant'Iddio, vuoi che ancora ci occupiamo di te seriamente...

Tutto questo fa parte degli audiovisivi intrattenimentacci e delle zuffe tivvù, (escludendo di per sé Mixer Cultura) qui non c'è più critica che tenga, quando si arriva, come è evidente, a questioni personali, a odi covati (di parte), a criticare l'abbigliamento o il tipo di pettinatura... Niente a che vedere con il giudizio dell'opera beniana.
D'altra parte restano ancora i critici, anche se non proprio generosi, che ne apprezzano, in un modo o nell'altro, l'opera (non ricambiati comunque ugualmente da Carmelo Bene), come Guido Almansi; un po' più sulle loro e meno sbilanciati restano Renzo Piano, il poeta Giovanni Raboni e tanti altri.

Fautori e detrattori dell'opera beniana

I maggiori studiosi e fautori in Italia dell'opera di Carmelo Bene sono Maurizio Grande e Goffredo Fofi (anche se questi non si ritiene un vero critico, è certamente un grande esperto). Ne sono stati strenui difensori, fra gli altri, agli inizi della sua carriera, due figure fondamentali: Ennio Flaiano e Alberto Arbasino che gli hanno fornito un valido aiuto disinteressato e un incoraggiamento non indifferente in un momento così delicato della sua carriera contro gli attacchi indiscriminati di una certa critica. Se ne sono interessati inoltre, sempre in Italia, Giuseppe Bartolucci, Oreste Del Buono, Franco Quadri, Umberto Artioli, André Scala, Piergiorgio Giacché, Edoardo Fadini, Enrico Ghezzi, Giancarlo Dotto. Fra gli intellettuali stranieri ricordiamo Gilles Deleuze, Jean-Paul Manganaro, Camille Dumoulié, Pierre Klossowski. In genere tutti questi critici e fautori anzidetti sono propensi a riconoscere tout court in Bene il più grande attore del '900 che abbia mai calpestato la scena del teatro europeo, se non addirittura mondiale.

Purtroppo, fra la critica detrattiva o non conforme a quella degli autori precedentemente elencati, resta una grande carenza di studi critici, vuoi per disinteressamento, vuoi per astio, vuoi per una effettiva impossibilità di poter rendere in pratica una critica meramente detrattiva, vuoi per incapacità e incompetenza, vuoi per una rigida presa di posizione, vuoi per mediocrità. Fra questa critica non conforme emerge Guido Almansi, l'unico ad essere stato capace di fornire uno studio critico, diciamo così, alternativo, e che sembra essere stato il più sincero e coerente, considerando Carmelo Bene un grande attore nel panorama europeo e mondiale, ma non certamente il più grande.

La pietra dello scandalo

Nella raccolta Opere con l'autobiografia di un ritratto Carmelo Bene scrive qualcosa di veramente rivelatore riguardo alla dinamica della trasgressione e dell'inevitabile conseguente scandalo ...

« Si è costretti all' esserci trafelato: questo piegarsi alla rappresentanza, ai libri, a questa nourriture della quale avrei fatto assolutamente a meno. Non si scampa alla volgarità dell'azione, alla scorreggia drammatica di Stato. Si è obbligati allo scandalo, quasi fosse la "prima comunione" con l' indifferente prossimo tuo, con l'odiato condominio che non detesterai mai quanto te stesso ».

In genere la necessità dello scandalo non è dettata specificamente dall'urgenza di stupire, dal fatto di sentirsi al centro dell'attenzione, far parlare di sé, ma è una funzionalità, diciamo così, organica, un bisogno dettato dalla reattività e non dall' essere rivoluzionari, o promuovere la propria testardaggine in modo da volere o poter cambiare qualcosa. Innanzitutto, è sempre un attacco al linguaggio istituzionalizzato, sia esso estetico, etico-morale, politico, filosofico, sociale, intimistico-personale, ecc. Il linguaggio viene aggredito comunque, poiché è istituzionale.
Abbiamo così degli scandali che sembrano suscitare una reazione motivata, al di là se questa possa considerarsi giusta o sbagliata, come per esempio, il piscio fatidico di Alberto Greco durante lo spettacolo del Cristo '63, ripetuto poi in seguito in un'altra replica dai Re Magi. Però, e questo è il punto, abbiamo spesso reazioni da parte del pubblico e della critica di difficile comprensione, apparentemente immotivate, come per esempio durante la proiezione di Nostra Signora dei Turchi nel 1968 o di Salomè nel 1972. Per Carmelo Bene, nella vita come nel teatro o nel cinema, si tratta di fare prima di tutto fuori se stesso, mettersi k.o., demolire la rappresentazione, il proprio io, il proprio linguaggio a un livello molto profondo, e di conseguenza cortocircuitare la comunicazione. Questo lavoro di autodemolizione così congeniale a Bene, non lo è altrettanto per il pubblico o l'uditorio il quale si sente spiazzato, indifeso, offeso, se non addirittura inferocito, percependo l' autodemolizione dell'artefice, come propria, come se gli fosse stata inflitta a tradimento; non sapendo più dove appigliarsi, turbato così nel profondo che finisce per reagire in modo sconsiderato.

Altro scandalo potrebbe essere riferito ai suoi "letti affollati di donne", che per Bene però evidenziano tutt'altro che uno sfrenato dongiovannismo o una super prestazione da macho; servono soprattutto ad evitare l' equivoco della coppia, del ménage a due, del programma istituzionale uomo-donna.

Nel teatro così come nel cinema di Bene i nudi di donna non sono mai volgari, anche se spesso hanno dato adito ad accese polemiche, che sembrano voler presumere che la donna sia in tal modo messa alla berlina o alla gogna... Ciò potrebbe essere vero se si fosse nella rappresentazione, ma il teatro così come anche il cinema di Bene e tutt'altro che rappresentativo, la donna fa a parte dell'immaginario, tutt'altro che presente, avvertita come mancanza, ed è un prezioso contributo all'attuazione della sospensione del tragico. La donna fa parte del linguaggio del grande teatro e non è una figura di rappresentanza della categoria del genere trasposta in scena, ma è o-scena (fuori scena), non fatta oscena (in senso morale).

Il Grande Teatro

Carmelo Bene precisa che il Grande Teatro, o altrimenti detto teatro senza spettacolo, è...

« ... un non-luogo soprattutto; quindi è al riparo da qualsivoglia storia. È intestimoniabile. Cioè, lo spettatore per quanto Martire, testimone, nell'etimo [da martyr], per quanti sforzi possa compiere lo spettatore, dovrebbe non poter mai raccontare ciò che ha udito, ciò di cui è stato posseduto nel suo abbandono a teatro ». [41]

La phoné

Il fatto paradossale è che il suo teatro così antipopolare, e incomprensibile abbia avuto infine, in modo prodigioso, un successo di vasta portata popolare, a dispetto delle sue premesse. Questo equivoco lo spiega lo stesso Bene, dicendo che il linguaggio del Grande Teatro, incomprensibile per definizone, è comprensibile tout court su un piano d'ascolto diverso, essendo tutto affidato ai significanti e non al senso o al significato. Quindi, come succede per la musica, il Grande Teatro è fruibile, comprensibile anche da persone che parlano lingue diverse, come per esempio esquimesi, o cinesi, poiché la babele linguistica viene risolta tutta nella phoné, e non nel senso. La phoné espressamente viene definita da Bene come rumore, che comprende anche la musica e il dire.

Atto e azione, chronos e aion

L'altro pilastro su cui si basa il tipico modo di dis-fare il teatro di Bene è quello dell'impossibilità di una qualunque azione di realizzare appieno uno scopo, se non si smarrisce nell'atto. L' atto è ciò che tenta di negare, di ostacolare, ovvero sgambetta l'azione, restando orfana del suo artefice. Anche in questo caso abbiamo a che fare con significanti e non con significati. Perciò Carmelo Bene scaglia anatemi ed improperi contro il teatro dell'azione o del moto a luogo, che viene a svolgersi nel tempo chronos, contro gli spazzini del proscenio (così definisce gli attori) del teatro di regia a cui contrappone quello della scrittura di scena, che accade nel tempo Aion.

L'immagine

Il rapporto che Carmelo Bene ha con l'immagine non è espressamente di iconoclastia, sebbene a volte possa sembrare il contrario, [42] e afferma oltretutto che l'immagine è volgare. Questa destrutturazione, più che distruzione, dell'immagine gli serve per portare l'ascolto su un diverso piano, talché anche l'immagine diventi funzionale e, comunque, sempre subordinata alla phoné, accentuandone o caratterizzandone l'espressione, valorizzandola allo stesso modo della gestualità di un direttore d'orchestra. Carmelo Bene crede molto nei volti, e nelle posture, più o meno cangianti, tanto che lo sfondo è sovente, e quasi del tutto, monocolore, preferibilmente nero o a volte bianco. Lo spazio scenico, o dell'inquadratura, specialmente per quanto riguarda i volti in primo o primissimo piano e le figure, spesso è illuminata con un forte chiaroscuro.

Scrittura di scena, testo a monte e teatro di regia

Dice Carmelo Bene:

Io ho ripreso il discorso di Artaud, [...] la scrittura di scena è tutto quanto non è il testo a monte, è il testo sulla scena.[43]

Precisando poi che l'importanza del testo nella scrittura di scena è del tutto uguale a qualsiasi altro oggetto che si trova sulla scena, che sia più o meno significativo poco importa, come per esempio il parco lampade, un tavolo, un un striscia di stoffa, ecc...
Il testo a monte, invece, non è nient'altro che il testo originale, riproposto così in maniera più o meno fedele. Il teatro di regia rappresenta dunque un progetto, una direzione, contrariamente al campo minato e allo sprogettare della scrittura di scena.

L'osceno, il porno, l'eros.

Carmelo Bene dice che...

"...osceno vuol dire appunto, fuori dalla scena, cioè visibilmente invisibile di sé" [44]

Mentre cercando di definire la differenza tra eros e porno afferma che...

L'erotismo è quanto di romanticamente stupido ci possa [essere]... appartiene all'io... [...] ...il plagio reciproco nella irreciprocità assoluta. [...] Il porno invece ... non è più il soggetto in quanto oggetto squalificato ma [...] è starsi da oggetto a oggetto, non da soggetto a soggetto. [45]

Inoltre, Carmelo Bene definisce il porno come l'eccesso del desiderio, e più precisamente l'annullamento del soggetto nell'oggetto, quindi senza più la possibiltà di un io desiderante. Nel porno c'è incantamento, smarrimento, dissolvimento, assenza; nell'Eros (l'amor facchino), c'è desiderio, e la conseguente ricerca febbrile del suo sempre frustrato e reiterato appagamento. Ancora Bene dà qualche ulteriore definizione dicendo che...

... il porno si instaura dopo la morte del desiderio... - morto sacrificato eros - l'aldilà del desiderio. [46] Quando tu fai qualcosa al di là della voglia, la voglia della voglia, questo è il porno. È una svogliatezza. [47] [...] il porno è il manque, è quanto non è, è quanto ha superato se stesso, è quanto non ha voglia... [48]

Il teatro di Carmelo Bene è specificamente nel porno e nell' osceno, non vi è possibilità di comprensione, poichè si è compresi, come del resto non ci può essere rappresentazione, poichè essa appartiene al teatro di regia, e non alla scrittura di scena. In questo caso la perdita del senso (non essendoci né rappresentazione né comprensione) è il presupposto fondametale dell'osceno e dell'assenza. Si è nel porno, da non confondersi con la pornografia nel senso usuale del termine. L' osceno, o meglio l' o-sceno, è l'altrove, non essere dove si è, un superamento spazio-temporale, il non essere in scena; e Bene dice paradossalmente, appunto, di togliere e togliersi di scena, smarrire così anche e soprattutto l'identità, lo scopo per cui si è agiti, il senso e la direzione. Smarrirsi per non più ritrovarsi. C'è tutta questa passiva attività, questo scacco all'arroganza dell'io e del suo teatrino occidentale.

Sospensione del tragico

Carmelo Bene ne parla in questi termini...

"Un'azione fermata nell'atto è quanto m'è piaciuta definire sospensione del tragico. È così che, grazie al'interferenza d'un accidentaccio, la surgelata lama del comico si torce lancinante nella piaga inventata tra le pieghe risibili-velate della rappresentazione nel teatro senza spettacolo." [49]

Il teatro della rappresentazione cerca di rendere la tragedia attendibile, credibile, con mezzi modi e maniere; mentre per Bene si tratta di minarne il suo senso dalle fondamenta. Sono fondamentali perciò tutta una serie di handicap appositamente creati sulla scena che consentono di trasgredire quanto prescritto e consolidato dalla tradizione. Ecco allora, per esempio, Riccardo III deformarsi con protesi, che scivola malamente, imprevedibilmente; Amleto che rifugge completamente (sebbene ne sia invischiato fino al collo) dal suo ruolo tragico con diversi e astuti sotterfugi. Anche sul piano dei monologhi e dialoghi monologati c'è questo sgambettarsi, questo cortocircuitarsi del linguaggio, tale da rendere inattendibile l'evento. La tragedia viene ecceduta dal comico, o diversamente detto: esiste una continuità tra il tragico e il comico e non un'effettiva apparente dissonanza; più che due facce della stessa medaglia, si tratta di una gradazione di infiniti doppi. Non c'è un margine che possa arginare il comico dal tragico o viceversa: si è in balia della trasgressione. Perciò, nel teatro di Carmelo Bene, il soggetto soltanto può essere assoggetato a questa variabilità, perturbabilità fondante e non l'Io che è rappresentativo, svolgendo un ruolo istituzionale e di controllo, anche quando sembra voglia trasgredire.

Il comico

Il comico, per Carmelo Bene, viene definito come "quanto di più asociale e libertino si possa concepire, se mai fosse concepibile... e inoltre...

Il comico è cianuro. Si libera nel corpo del tragico, lo cadaverizza e lo sfinisce in ghigno sospeso." [50]

Perciò Bene considera gli attori come Benigni, Dario Fo, Charlie Chaplin, lo stesso Totò e persino il tanto da lui apprezzato Peppino De Filippo, ben lontani dalla gelida lama e dal freddo cadaverico del comico, poiché essi sono, chi in un modo chi in un altro, invischiati nella socialità, nell'intrattenimento, nell'attendibilità. Sono dei buffi, delle macchiette, contrariamente a quanto avviene per esempio nella sprezzante ironia di un Ettore Petrolini. Il comico, secondo Bene, permane nel porno ed è in definitiva nient'altro che la spalla o stampella del tragico.

Oltre i modi

Gilles Deleuze definisce Carmelo Bene come colui che ha vinto la sfida del modale, e quindi il suo teatro viene di conseguenza ad essere considerato, e ormai accettato dagli studiosi più seri e preparati, non un modo di fare teatro, ma un superamento dei modi. I suoi presupposti si possono rintracciare nel suo decennale lavoro ossessivo-maniacale di attivo destrutturatore dei linguaggio teatrale, cinematografico, prosodico, ecc... È lo stesso Bene a fornire questo bilancio:

- squartamento del linguaggio e del senso nella discrittura scenica…
- disarticolazione del discorso succubo del significante
- togliere di scena (contro la confezione culturale della “messa in…”)
- demolizione della finzione scenica…
- sartoria e scenotecnica-linguaggio
- rinnovamento radicale del poema sinfonico (s)drammatizzato
- la lettura attoriale come non ricordo del morto orale pre-scritto.
- superamento d’Artaud e della “lingua degli angeli” mistico-espressionista (Blumner)
- la sospensione del tragico
- il cinema come immagine acustica…
- neotecnica televisiva, discografica e radiofonia/determinante premessa alla strumentazione fonica amplificata
- campionatura dei suoni e ri-conversione della voce
- l’amplificazione a teatro (finalmente)
- la macchina attoriale (tritalinguaggio-rappresentazione-soggetto-oggetto-Storia) [51]

Il depensamento e il problema del linguaggio

Il depensamento è, semplificando, l'opposto del pensare, non riconoscer-si (simile al neti neti dello yoga) né a questo né a quello, . Il depensamento può essere considerato come forma di meditazione oppure come un lavorio interno, che conduce ad una non scelta tra gli infiniti doppi. Questo prodursi, può paragonarsi al flusso di coscienza (stream of consciousness).
Il depensamento comunque non appartiene categoricamente a un metodo colto e aristocratico di sperimentazione e conoscenza, ma fa parte anche e soprattutto della tipica indolenza del Sud, della classe per così dire ignorante, dei santi come San Giuseppe da Copertino, verso il quale Carmelo Bene nutre un'empatia e una profonda attrazione.
Qui subentra ovviamente anche il discorso dell'interferenza del potere del linguaggio e del linguaggio del potere costituito a cui si è assoggettati. Così come non si è nati per propria volontà, similmente si è succubi del linguaggio che dispone di noi, e di cui non ne disponiamo attivamente; infatti Carmelo Bene dice, facendo proprio quanto già ribadito da Lacan: "quando crediamo di essere noi a dire, siamo detti". Contrariamente alla grammatica della lingua, nel linguaggio il soggetto è colui che subisce, che è assoggettato.
Il linguaggio così istituito e sedimentato, come un coacervo tirannico di luoghi comuni, è visto come una costante ed implicita minaccia che va debellata a tutti i costi. Per tutta la sua vita, il lavorio di Carmelo Bene è stato quello di dedicarsi a una pratica certosina di destrutturazione del linguaggio, alla ricerca dei suoi buchi neri, scardinando così la sua istituzionalizzazione e normalizzazione. Per quanto riguarda il lato artistico, lo scopo di tutto ciò è dare adito alla possibilità della realizzazione del Grande Teatro, o, in altri termini, del teatro senza spettacolo. Ciò rende chiara l'idea di come il depensamento e il lavorio intentato per la destrutturazione del linguaggio vadano di pari passo. Carmelo Bene non s'illude e, come per il linguaggio costituito a priori, al di là della volontà del soggetto, si rende perfettamente conto che non si può evitare l'arroganza del potere del teatro, istituzionalizzato, il cui referente è sempre il teatro del potere, quello da lui definito di Stato, della rappresentazione. Nella memorabile trasmissione del MCS del 1994 Bene con veemenza proferisce parole significative riguardo al linguaggio e al suo potere che va ben al di là del soggetto e della volontà...

È ora di cominciare a capire, a prendere confidenza con le parole. Non dico con la Parola, non col Verbo, ma con le parole; invece il linguaggio vi fotte. Vi trafora. Vi trapassa e voi non ve ne accorgete.

Il femminile e l'avvento della donna a teatro

In età elisabettiana i ruoli femminili venivano recitati da maschi, e Carmelo Bene depreca l'abbandono di questa consuetudine, a favore dell'avvento, fatale, della donna sulla scena; e qui ora uomini è donne sono relegati ai loro ruoli specifici, smarrendo entrambi il femminile. Non si è più nel porno; resta il rapporto duale maschio-femmina, la caratterizzazione del loro genere e sessualità. Non c'è più il gioco, la trasgressione. E così si fa sul serio o si scherza, ma non si gioca più (in inglese recitare si dice to play e in francese jouer). Carmelo Bene inoltre considera la donna poco o nulla femminile [52], e si vede così costretto ad accollarsi il femminile che alla donna manca.
Spesso Carmelo Bene è stato accusato dalle femministe di maltrattare le donne a teatro, alle quali ribatte fornendo l'esempio dell'Otello che è il suo più grande omaggio fatto alla donna, in quanto assente.
Quando Bene afferma "io sono la mia donna" oppure "sono la mia s'ignora" non fa altro che dire e ribadire il vero, essendo l'uomo psichicamente (non fisicamente) donna, in quanto proietta questa sua mancanza, strabicamente sulla scellerata donna. Nel teatro elisabettiano ciò era evitato, essendo le parti di donna affidate all'uomo, e quindi la perversione (che è il teatro nel suo farsi), la trasgressione, l'osceno, si potevano magicamente attuare. Il teatro degenere dunque, come quello di Carmelo Bene, non ammette il ruolo della donna in scena, e dunque il suo genere, talché essa viene messa a nudo oppure allestita in forma ieratica, privata di ogni possibile dialogo o interferenza con l'o-sceno.

Il degenere

Il degenere nel teatro beniano sta a significare, oltre all'impossibilità di un'identificazione precisa ed univoca del genere teatrale (farsa, commedia, tragedia, ecc...), anche la mancata o impossibile identificazione dell'attore o dell'artefice intercalato nei ruoli che gli dovrebbero competere, e ciò implica una completa revisione e trasgressione del testo a monte, attuate nella scrittura di scena. In senso lato, il degenere è tutto ciò che contraddice e non rispetta i luoghi comuni del teatro convenzionale, e in questo caso le acquisizioni accademiche essenziali del bagaglio di formazione attoriale, possono servire, se minate e disattese, alla macchina attoriale, per crearsi handicap irrinunciabili.

La macchina attoriale

La macchina attoriale è la conseguenza del grande attore che si è svestito delle umane capacità espressive corporee (vocalità, espressione del viso, gestualità, ecc...), per indossare una veste amplificata sia sonora che visiva. Quest'ultima sempre vincolata e soggiacente alla phoné comunque. Prima di tutto è importante l'amplificazione della voce, che permette all'attore di ricondurre l'emissione sonora al proprio interno. La voce della così detta macchina attoriale non è una mera e semplice amplificazione ma è un'estensione del ventaglio timbrico e tonale, che, in questo caso, diventa un sistema unico e inscindibile, che ingloba corde vocali, cavità orale, contrazioni diaframmatiche, equalizzazione, amplificazione, ecc... La macchina attoriale è una fusione tra macchina e attore; l'amplificazione non è dunque una mera protesi ma un'estensione organica ulteriore dove la voce ormai non è più caratterizzata dalla sua fisicità, ma prevalentemente, diciamo così, dalla meccanismo sonoro. Così come non si possiede un corpo ma si è il corpo, allo stesso modo si è o si diventa amplificazione, equalizzazione, ecc... Bene facendo un esempio dice che l'amplificazione non è un semplice ingrandimento ma è come...

...guardare questa pagina... Se io la guardo in questo modo, ecco, così, io vedo e così sento; ma se io avvicino questo [foglio], più l'avvicino, più i contorni svaniscono. I contorni svaniscono e non vedo più un bel niente.

E inoltre aggiunge che la macchina attoriale è:

... lettura intanto, come nella poesia, nella concertistica,... (Io) ho bisogno sempre [...] di leggere, di essere detto, non di riferire la cosa... [...] non per ricordare, o nella presunzione che lo scritto corrisponda all'orale. [...] Lo faccio per dimenticare. La lettura come oblio. La lettura paradossalmente come non ricordo.

Per quanto riguarda la parte visiva della macchina attoriale, Carmelo Bene ricorda che, non solo l'orecchio, ma anche...

... l'occhio è asccolto. [...] Un'appoggiatura del capo, una frantumazione del gesto, uno due tre. ecc. e una disarticolazione del corpo... [53]

Il senso; significante e significato.

Anche le parti dialogate nel teatro di Carmelo Bene si svolgono in forma di monologo, con la conseguente perdita del senso del dialogo o del discorso. Si perde altresì il senso della direzione. Spesso notiamo nelle performance di C.B., per esempio, che un urlo lanciato con veemenza invece di spaventare si autospaventa, come se trovasse di fronte un muro di gomma che lo restituisse al mittente; uno dei tanti altri esempi può essere quando Riccardo III si sputa allo specchio dove si sta mirando, pensando o facendo credere di essere sputato. C'è in più questa perdita del senso di indentità, senso di causa ed effetto, di agente e agito, fino a sfociare alla perdità dell'identità del ruolo, come in Amleto che non gradisce proprio la sua parte così come scritta nel copione. In una scena del Macbeth, C.B. lancia un urlo e poi dice quasi rassicurato : "No, chi di voi a fatto questo?.. Posso dire sono stato io?..." Nel teatro di C.B. è del tutto inutile e poco proficuo cercare il senso, la direzione, il significato o ancor peggio il messaggio, poiché si è sempre in balia dei significanti.

Essere o non-essere

La questione filosofica viene bypassata, poiché Bene avverte nella coscienza dell'essere e dell'esserci una forma di strabismo che ci identifica in ciò che in effetti non siamo e non possiamo mai essere. Essere cosa?... se tutto è in divenire?... Carmelo Bene ripropone i tre assiomi di Gorgia:

- Nulla esiste
- E ammesso che qualcosa esiste, non potremo mai conoscerlo
- E pur ammettendo che fossimo in grado di conoscerlo, non avremmo alcuna possibilità di poterlo comunicare.

In questi tre paradossi gorgiani è facile rintracciarvi i concetti di assenza, irrapresentabile, incomunicabilità, che caratterizzano il teatro e la pragmatica filosofia di C.B.

La coscienza, la cultura

La coscienza è ciò che si è sedimenato culturalmente e socialmente, che Bene aggredisce senza ripensamenti, specialmente se la coscienza stessa diventa o si identifica nel civile. I suoi strali sono lanciati con rabbia anche contro la cultura (che per definizione è di Stato), il museo o il mausoleo, l'imbellettamento dei classici, le commemorazioni, la famiglia, ecc... L'elenco completo del resto sarebbe troppo esteso...

La "parentesi cinematografica"

Carmelo Bene in Salomè

La prima apparizione sul set cinematografico di Carmelo Bene come attore è nell'Edipo Re di Pier Paolo Pasolini risalente al 1967. La parentesi cosiddetta cinematografica va dal '67 al '72 e sarà quella che gli darà notorietà e risonanza internazionale, e in Italia non senza scandali e attacchi feroci, non solo dalla critica dei detrattori ma anche dagli spettatori comuni, che causarono devastazioni selvagge e incendi nelle sale in cui avvenivano le proiezioni. Hermitage è il suo primo cortometraggio. Viene creata così la produzione C.B. che alla fine del quinquennio cinematografico subirà un rovinoso tracollo finanziario. Il successo inizia con Nostra Signora dei Turchi presentato alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, dove vinse il premio speciale della giuria, in concorso con i film presentati di Nelo Risi, Liliana Cavani e Bernardo Bertolucci. Seguiranno poi altri lungometraggi: Capricci (1969), rielaborazione personale dell'Arden of Feversham di anonimo elisabettiano, Don Giovanni (1971), Salomè (1972) e Un Amleto di meno (1973) con il quale termina l'interesse di Bene per il cinema. Tutte le produzioni dell C.B. e della B.B.B. [54] sono realizzate a bassissimo costo.

Le sue preferenze fin dagli esordi per Buster Keaton, e il totale disinteresse, se non disprezzo, per Charlie Chaplin, sono significativi per capire la matrice da cui evolverà il suo personale stile e il suo modo (oltre i modi) di fare cinema. Questo quinquennio gli è servito per demolire il cinema, infatti Nostra Signora dei Turchi viene oltretutto definito dallo stesso Bene una parodia spietata e feroce del cinema. E lo stesso immoderato trattamento è ravvisabile in altre produzioni di questo periodo.

Considerazioni sul mezzo cinematografico

Carmelo Bene in Nostra Signora dei Turchi

Secondo Carmelo Bene il cinema, ultimo arrivato, è la pattumiera di tutte le arti (tranne i rari casi in cui il film filma se stesso). Apprezza così João César Monteiro, oltre a Buster Keaton e pochi altri, coloro ciòè che hanno superato il cinema stesso, "poiché non si può fare cinema col cinema, poesia con la poesia, pittura con la pittura, bisogna sempre fare altro...". Ritroviamo nel cinema, comunque, la stesso furore iconoclasta e le posizioni estreme che caratterizzano la sua produzione teatrale.
Per Carmelo Bene' l' opera d'arte (il capolavoro) deve rappresentare l'arte ecceduta e non un semplice decorativismo o confezione infiocchettata, ovvero l'arte come superamento di se stessa; in altri termini, riprendendo quando già detto da Nietzsche, fuori dell'opera d'arte "si è dei capolavori". Detto questo, se vogliamo fare una gradazione su ciò che Bene predilige, al primo posto c'è ovviamente il suono o la phoné che dir si voglia; al secondo posto l'immagine fissa; in ultimo abbiamo il cinema la settima arte, pattumiera di tutte le altri arti. Quindi Bene preferisce per esempio la radio alla televisione, la pittura oppure la fotografia all' immagine in movimento. Preferisce inoltre il teatro (senza spettacolo) al cinema, proprio per questa virtualità della pellicola che ha questo succedersi di tot fotogrammi al secondo. Bene spesso era solito affermare che nei cosiddetti film d'azione non si muove un bel niente, contrariamente a certi capolavori come le tele di Francis Bacon o alcune opere del Bernini (come la Beata Ludovica Albertoni) che possiedono una forma di energia dinamica sospesa.
Carmelo Bene detesta gli effetti speciali, il ralenti e lo zoom per esempio li trova oltremodo volgari. Se un torero d'arte, come potrebbe definirsi lui stesso, mette in gioco la pelle, il cinema invece non rischia la pellicola, non si mette in gioco, non sente il bisogno contingente di "essere di qua e di là dalla macchina da presa". In Nostra Signora dei Turchi proprio la pellicola fu variamente calpestata, bruciacchiata, rovinata in modo metodico. Bene ricordando quell'esperienza dice:

La mia frequentazione cinematografica è ossessionata dalla necessità continua di frantumare, maltrattare il visivo, fino talvolta a bruciare e calpestare la pellicola. M'è riuscito filmare una musicalità delle immagini che non si vedono, per di più seviziate da un montaggio frenetico. [55]

Bene detesta dunque il cinema tout court, tranne qualche raro esempio dove il film filma sé stesso, così come detesta il teatro della rappresentazione (che è sempre di Stato).

Altre considerazioni

Carmelo Bene non si sente nato, non si sente inserito in un processo storico; avverte in modo indefinito di non essere, di non esistere, da per sempre. Odia il tempo chronos e gli orologi. Ama la musica e il melodramma italiano di Rossini e Verdi. Ama l'arte in quanto ecceduta, ma detesta l'arte di per sé. Odia la società di massa, le polemiche e gli scandali (anche se ne ha suscitati molti), odia il civile, la scuola d'obbligo, il giornalismo di bassa lega (apprezzava però molto Ruggero Orlando). Odia i critici in quanto parvenu oppure di Stato. Apprezza gli studiosi seri e preparati che sono, oltretutto, anche suoi estimatori (Ugo Volli, Gilles Deleuze, Pierre Klossowski, Maurizio Grande, ecc...). Odia la storia, le avanguardie; detesta i politici (ma apprezzava Aldo Moro, l'"unico politico decente che abbia mai avuto questo Paese"). Detesta il Clero e le gerarchie ecclesiastiche (ma apprezzava papa Montini, un intelletuale straordinario a cui gli rimprovera soltanto di avere eliminata la messa in latino); si dichiara credente non cattolico e nemmeno di nessun'altra confessione. È affascinato dal misticismo dei Santi come Juan de la Cruz, Santa Teresa d'Avila, San Giuseppe da Copertino, i quali, anche se ebbero visioni, non hanno potuto in nessun modo comunicarcele, poiché non erano in casa. E scendendo più in dettaglio lo stesso Bene ce ne può fornire un bell'elenco (di nomi che non sono affatto a caso) di questo suo inestinguibile dissenso contro tutto e tutti:

Dio-io, la patria, il governo, la tolleranza intollerante di stato, la famiglia, la paternità, la prole, il popolo, la Storia, la politica, la fratellanza, il prossimo, l'Europa, la costituzione, l'anagrafe, il civismo, l'ontologia, la didattica, il progresso, la dialettica, il sindacato, il problema dei lavoratori, l'umanesimo, l'opinionismo, l'uguaglianza, la rivoluzione, la giustizia e l'ingiustizia, la responsabilità sociale, l'attualismo, la cronaca, l'informazione, la libertà (soprattutto di stampa), la democrazia, la scuola universitaria dell'obbligo, l'ottimismo, il buon senso comune, il condominio, il pubblico, il privato, la solidarietà, l'altruismo, la questione razziale, il culto dei morti (seppelire i vivi), la beneficienza, la carità, il dilemma ebraico, la volontà, la fede, la speranza, l'utopia, l'ideologia, la volgarità dell'immagine, la metafisica, il rispetto del lavoro, il contemporaneo, il verbo, il senso, l'espressione, il pre-scritto orale, le parole, il pensiero, la memoria, la disciplina-interdisciplinare, il virtuosismo, l'indiscipina cieca del contario di tutto questo. [56]

Tutto questo travaglio al negativo serve alla machina attoriale C.B. come a Carmelo Bene per poter realizzare il suo scopo, che non accetta interferenze di ordine ed obbligo costituito. Vengono in questo modo demoliti i luoghi comuni dei significati e i significati stessi, spazzando così via la polvere della sedimentazione storica dei loro processi.

Teatrografia

(Dove non altrimenti specificato, autore, regista e interprete principale è Carmelo Bene.)

Con Antonio Salines, Flavia Milanta. Scene e costumi di Titus Vossberg. Roma, Teatro delle Arti (1959).

Musiche dal vivo: Sylvano Bussotti. Bologna, Teatro alla Ribalta (1960).

Scene di G. Bignardi. Genova, Teatro Politeama (maggio 1961).

Scene di G. Bignardi. Genova, Teatro la Borsa di Arlecchino (1961).

Genova, Teatro Eleonora Duse (maggio 1961).

Con R. B. Scerrino, N. Casale, M. Nevastri, P. Falaja. Scene di S. Vendittelli. Roma, Teatro Ridotto dell'Eliseo (1961).

Con R. B. Scerrino, G. Lavaggetto. Roma, Teatro Laboratorio (1961).

Con R. B. Scerrino, C. Sonni, L. Mezzanotte. Roma, Teatro Laboratorio (1961).

Musiche dal vivo di A. Rosselli. Roma, Teatro Laboratorio (1962).

Musiche dal vivo di G. Lenti. Roma, Teatro Laboratorio (1963).

  • Addio porco (II edizione di Gregorio: Cabaret dell'800).

Con R. B. Scerrino, L. Mezzanotte. Roma, Teatro Laboratorio (1963).

Con A. Greco. Roma, Teatro Laboratorio (1963).

Con L. Mezzanotte, M. Francis, H. Cameron, G. Ricci. Scene e costumi di Carmelo Bene. Roma, Teatro Arlecchino (1963).

Con L. Mezzanotte, E. Torricella, A. Vincenti. Costumi di Carmelo Bene. Roma, Teatro dei Satiri (1963).

Con R. B. Scerrino, A. Vincenti, F. Citti. Costumi di Carmelo Bene. Scene di S. Vendittelli. Roma, Teatro delle Muse (1964).

Con L. Mancinelli, L. Mezzanotte. Scene e costumi di Carmelo Bene. Roma, Teatro delle Arti (1964).

Con A. Vincenti, R. B. Sciarrino, L. Mancinelli. Scene e costumi di Carmelo Bene. Roma, Teatro Arlecchino (1964).

Con L. Mancinelli, M. Tempesta, P. Vida, A. Angelucci, M. Kustermann, V. Nardone, R. Vadacea. Costumi di Carmelo Bene. Scene di S. Vendittelli. Roma, Teatro dei Satiri (4 gennaio 1966).

Con L.Mancinelli, L.Mezzanotte, E.Florio, P.Vida. Roma, Teatro Centrale (1966).

Con M. Monti, L. Mancinelli, S. Spadaccino, O. Ferrari, M. Spaccialbelli. Costumi di Carmelo Bene. Scene di S. Vendittelli. Musiche di Sylvano Bussotti e V. Gelmetti. Roma, Teatro delle Muse (12 ottobre 1966).

Con L. Mancinelli, M. Puratich. Roma, Teatro Beat 72 (1 dicembre 1966).

Con L.Mancinelli, R.B.Scerrino, M.Nevastri, S.Siniscalchi, P.Prete. Roma, Teatro Beat 72 (1967).

Con A. Bocchetta, P. Napolitano, P. Prete, A. Moroni, L. Mezzanotte, M.Francis, E. Florio, C. Tatò, L. Mancinelli, M. Puratich, M. Nevastri. Roma, Teatro Beat 72 (marzo 1967).

Con L. Mezzanotte, L. Mancinelli, C. Tatò. Roma, Teatro Beat 72 (aprile 1967).

Con G. Davoli, M. Nevastri, L. Mancinelli, F. Gulà, N. Davoli, A. Vincenti. Roma, Teatro Carmelo Bene (15 gennaio 1968).

Musiche dal vivo di V. Gelmetti. Roma, Teatro Carmelo Bene (febbraio 1968).

Con L. Mancinelli, L. de Berardinis, P. Peragallo, C. Colosimo, G. d’Arpe, C. Orsi. Roma, Teatro delle Arti (ottobre 1968).

Con I. Marani, I. Russo, A. Vincenti, B. Baratti, F. Lombardo, G. Scala. Scene G. Marotta. Roma, Teatro delle Arti (10 ottobre 1973).

Con G. Proietti, L. Mancinelli, M. Fedele, A. Haber, F. Leo, A. B. Dakar, R. Lattanzio, C. Colombo, R. Caporali, S. Ranieri, I. Russo, C. Cassola, S. Nelli. Compagnia del Teatro Stabile dell'Aquila. Scene e costumi di Carmelo Bene. Musiche di V. Gelmetti. Firenze, Teatro La Pergola (11 gennaio 1974).

Con A. Vincenti, L. Mezzanotte, L. Mancinelli, F. Leo, P. Baroni, B. Buccellato, M. N. de Cristofano, M. Fedele, M. A. Nobencourt, M. L. Serena, M. Tagliaferri, V. Venturini. Scene e costumi di Carmelo Bene. Prato, Teatro Metastasio (settembre 1974).

Con C. Cinieri, L. Mancinelli, L. Conte, F. De Rosa, M. Fedele, S. Nelli, G. Castronuovo, F. Cosolito, W. Francesconi, V. Iadicicco, I. Russo, G. Tiegli, A. Vincenti, V. Waiman. Musiche di Sante Maria Romitelli. Scene e costumi di G. Bignardi. Direttore d’orchestra: Luigi Zito. Milano, Teatro Manzoni (3 ottobre 1974).

Con Franco Branciaroli. Scene di Emanuele Luzzati. Costumi di G. Panni. Prato, Teatro Metastasio (22 marzo 1976).

Con L. Mezzanotte, L. Mancinelli, E. Florio, F. Branciaroli, P. Baroni, M. Brancaccio, A. Vincenti, M. Bronchi, L. Bosisio, R. Lerici, B. Lerici, L. D’Angelo. Musiche originali di Luigi Zito. Scene e costumi di Carmelo Bene. Maestro d’armi: E. Musumeci Greco. Prato, Teatro Metastasio (17 dicembre 1976).

Parigi, Opèra-Comique, Festival d’Automne (settembre-ottobre 1977)

Con L. Mancinelli, M. G. Grassini, D. Silverio, S. Javicoli, L. Morante, M. Boccucci. Musiche originali di Luigi Zito. Scene e costumi di Carmelo Bene. Cesena, Teatro Bonci (22 dicembre 1977).

Con C. Cinieri, L. Bosisio, J.P. Boucher, C. Dell'Aguzzo, L. Dotti, S. Javicoli, M. Martini. Musiche di Luigi Zito. Scene e costumi di Carmelo Bene. Roma, Teatro Quirino (18 gennaio 1978).

Con L. Mancinelli. Musiche di R. Schumann. Direttore d'orchestra: Piero Bellugi. Orchestra e coro dell'Accademia di S. Cecilia. Roma, Auditorium di Santa Cecilia / Milano, Teatro alla Scala (6 maggio 1978).

Musiche di G. Giani Luporini. Percussioni dal vivo: A. Striano. Perugia, Teatro Morlacchi, XXXV Sagra Musicale Umbra (21 settembre 1980).

Direttore d'orchestra: Marcello Panni. Orchestra e coro dell'Accademia di S. Cecilia. Solisti: A. Persichilli (flauto), A. Loppi (oboe). Roma, Auditorium di Santa Cecilia (23 novembre 1980)

Musiche di Salvatore Sciarrino. Solista: D. Bellugi (flauto). Bologna, Torre degli Asinelli (31 luglio 1981).

Roma, Palaeur (novembre 1981).

Con L. Mancinelli, fratelli Mascherra. Musiche di G. Giani Luporini. Scene e costumi di Carmelo Bene. Maschere di G. Gianese. Strumentazione fonica: R. Maenza. Pisa, Teatro Verdi (5 dicembre 1981).

Chitarra solista: Flavio Cucchi. Milano, Palazzo dello Sport (13 marzo 1982).

Con S. Javicoli. Musiche di Giuseppe Verdi. Orchestrazione e direzione: F. Zito. Scene e costumi di Carmelo Bene. Strumentazione fonica: R. Maenza. Milano, Teatro Lirico (4 gennaio 1983).

  • Egmont, un ritratto di Goethe. Elaborazione per concerto e voce solista.

Con B. Lerici. Musiche di Beethoven. Direttore d'orchestra: Marc Albrecht. Orchestra e coro dell'Accademia di Santa Cecilia. Roma, Accademia di Santa Cecilia (30 giugno 1983).

Musiche di G. Giani Luporini. Torino, Teatro Colosseo (3 novembre 1983).

Con A. Perino. Musiche di G. Giani Luporini. Direttore d'orchestra: E. Collina. Orchestra e coro della RAI di Milano. Percussioni dal vivo: A. Striano. Milano, Teatro Lirico (23 febbraio 1984).

Con C. Borgognoni, V. De Margheriti, B. Fazzini, Isaac George, F. Mascherra, A. Perino, M. Polla De Luca. Musiche: Luigi Zito. Scene e costumi di Carmelo Bene. Pisa, Teatro Verdi (1985).

Recanati, Piazza Leopardi (12 gennaio 1987).

Con I. George, M. Contini. Firenze, Ridotto del Teatro Comunale (4 novembre 1987).

Con U. Trama, M. Polla De Luca, A, Brugnini, S. De Santis, O, Cattaneo, W. Esposito, F. Felici, L. Fiaschi, D. Riboli, A. Zuccolo. Musiche adattate e dirette da Luigi Zito. Scene e costumi di G. Marotta. Sculture: G. Gianese. Bari, Teatro Piccinni (10 novembre 1987).

Con D. Zed, R. Baracchi, A. Brugnini, S. De Santis, D. Riboli. Voce di Ginevra S. Javicoli. Musiche di L. Ferrero. Scene e costumi di Carmelo Bene. Milano, Teatro Carcano (12 gennaio 1989).

Con A. Perino. Elaborazioni musicali elettroniche di Carmelo Bene. Milano, Castello Sforzesco (26 luglio 1989).

Roma, Teatro Olimpico (19 maggio 1990).

Con M. Chiarabelli, P. Boschi. Arrangiamenti musicali: Carmelo Bene. Scene: Carmelo Bene. Costumi: L. Viglietti. Verona, Teatro Romano, XXXVI Festival Shakesperiano (21 luglio 1994).

Ostia Antica, Teatro Romano (agosto 1994).

Con S. Pasello. Musiche di Giuseppe Verdi. Arrangiamenti musicali: Carmelo Bene. Scene: T. Fario. Costumi: L. Viglietti. Roma, Festival d’Autunno, Teatro Argentina (30 settembre 1996).

Con E. Pozzi. Musiche di G. Giani Luporini. Costumi: L. Viglietti. Roma, Teatro Quirino (8 ottobre 1997).

Musiche di G. Giani Luporini. Pianoforte: S. Bergamasco. Roma, Teatro Olimpico (5 giugno 1997).

Con S. Bergamasco. Voci in play-back di Carmelo Bene, S. Bergamasco, Lydia Mancinelli. Musiche: G. Giani Luporini. Scene e maschere: T. Fario. Costumi: L. Viglietti. Roma, Teatro dell'Angelo (10 novembre 1998).

Musiche di G. Giani Luporini. Scene: T. Fario. Costumi: L. Viglietti. Roma, Teatro dell'Angelo (26 ottobre 1999).

Arrangiamenti musicali: Carmelo Bene. Scene: T. Fario. Costumi: L. Viglietti. Roma, Teatro Argentina (24 novembre 2000).

Contrabbasso: F. Grillo. Otranto, Fossato del Castello (5 settembre 2001).

Scritti

Libri

Articoli su riviste, giornali e altro

  • Con Pinocchio sullo schermo (e fuori), Milano, Sipario N°244-245, 1966
  • Arden of Feversham; C.B. e S. Siniscalchi; Sipario N°259, Milano, 1967.
  • A proposito di Kenneth Tynan, Teatro, n3-4, Milano, 1968.
  • COMUNICATIVA E CORRUZIONE, Teatro, n. 1 (seconda serie), Milano, 1969.
  • SALOMÈ, cartella informativa a cura dell'Ufficio Stampa dell'Italnoleggio Cinematografica, Roma, 1972.
  • S.A.D.E. (Extrait), Travail Theatral, n. 27, Lausanne, 1977.
  • FRAGMENTS POUR UN AUTO-PORTRAIT, «Les Nouvelles Littéraires», Paris 22 settembre 1977.
  • NON FATE IL MIO NOME INVANO, «Paese Sera», Roma, 28 maggio 1978.
  • DISCORSO SULL'ATTORE – L'AVVENTO DELLA DONNA; «Paese Sera», Roma, 7 luglio 1978.
  • DISCORSO SULL'ATTORE, «Paese Sera», Roma, 10 luglio 1978.
  • PICCOLA STORIA DELL'ATTORE – TRA CERIMONIA E VERITÀ, «Paese Sera» 20 luglio 1978
  • CARO CRITICO MA TU CREDI IL MIO TEATRO EDUCATIVO?, «La Stampa», Torino, 16 febbraio 1979.

Cinema

Regie

  • Ventriloquio (1967), mediometraggio (17'). Con Carmelo Bene, Lydia Mancinelli.
  • A proposito di “Arden of Feversham” (1968), mediometraggio (20'). Con Carmelo Bene, Giovanni Davoli, Manlio Nevastri.
    Irreperibile. Presso la Cineteca Nazionale è stato individuato il negativo privo di colonna sonora.
  • Nostra Signora dei Turchi (1968), lungometraggio (124'). Con Carmelo Bene, Lydia Mancinelli, Ornella Ferrari, Anita Masini, Salvatore Siniscalchi, Vincenzo Musso. Premio speciale della giuria al XXIX Festival di Venezia (“per la totale libertà con cui ha espresso la sua forza creativa mediante il mezzo cinematografico”).
    Musiche: Čajkovskij, 'Capriccio italiano'; Donizetti, 'Lucia di Lammermoor'; Musorgksij, 'Una notte sul Monte Calvo', 'Quadri di un’esposizione'; Gounod, Faust; Puccini, 'Manon Lescaut', 'La fanciulla del West'; Rachmaninov, 'Concerto n. 2 per pianoforte e orchestra'; Rossini, 'La gazza ladra'; Stravinskij, 'Petrouchka'; Verdi, 'Un ballo in maschera', 'La Traviata'; Jarre, tema da 'Lawrence d’Arabia'; Karas, tema da 'Il terzo uomo'.
  • Capricci (1969), lungometraggio (89'). Con Carmelo Bene, Anne Wiazemsky, Tonino Caputo, Giovanni Davoli, Ornella Ferrari, Gian Carlo Fusco, Poldo Bendandi. Presentato al XXII Festival di Cannes 1969, Quinzaine des Realisateurs.
    Musiche: Čajkovskij, 'Capriccio italiano'; Puccini, 'La Bohéme'; Verdi, 'Macbeth', 'La Traviata'.
  • Don Giovanni (1971), lungometraggio (90'). Musiche: Bizet, 'Carmen'; Donizetti, 'Don Pasquale'; Mozart, 'Don Giovanni'; Musorgksij, 'Quadri di un’esposizione'; Prokof’ev, 'Aleksandr Nevskij'; Verdi, 'Simon Boccanegra'.
  • Un Amleto di meno (1973), lungometraggio (70'). Con Carmelo Bene, Luciana Cante, Sergio di Giulio, Franco Leo, Lydia Mancinelli, Luigi Mezzanotte, Isabella Russo, Giuseppe Tuminelli, Alfiero Vincenti.
    Soggetto liberamente tratto da: Jules Laforgue, “Hamlet, ou les suites de le pitié filiale” (1877).
    Musiche: Musorgksij, 'Quadri di un’esposizione'; Rossini, 'La gazza ladra', 'Il turco in Italia', 'L'italiana in Algeri'; Stravinskij, 'L'histoire du soldat'; Wagner, 'Tannhauser'.

Partecipazioni

Discografia

  • 1962 –Il teatro laboratorio Majakovskij e Garcia Lorca; attore-solista C.B.; musiche di G. Lenti; Roma, RCA Edizioni letterarie.
  • 1976 – Una nottata di Carmelo Bene con Romeo, Giulietta e compagni; a cura di R. Lerici - registrazioni al Teatro Valle di Roma durante le prove di Romeo e Giulietta 1976; Audiolibri Mondadori
  • 1980 – Carmelo Bene - Manfred – Byron-Schumann; poema drammatico di G. G. Byron; musiche da R. Schumann; traduzione italiana, regia e voce solista C.B.; e con: L. Mancinelli (voce recitante), S. Baleani (soprano), W. Borelli (mezzosoprano), E. Buoso (tenore), C. del Bosco (basso); orchestra e coro del Teatro alla Scala, direttore D. Renzetti; direttore del coro R. Gandolfi; produzione a cura di R. Maenza; direttore musicale della registrazione F. Miracle; regia del mixaggio C.B.; registrazione live effettuata al Teatro della Scala di Milano il 1/10/1980; doppio LP stereo, Fonit Cetra.
- Carmelo Bene - Majakovskij, dedicato a Sandro Pertini, nel cinquantenario della morte di Majakovskij e nel centenario della nascita di Blok, concerto per voce recitante e percussioni; testi di A. Blok, V. Majakovskij, S. Esenin, B. Pasternak; traduzioni di: R. Poggioli, A. M. Ripellino, B. Carnevali; riduzione, adattamento, regia e voce recitante C.B.; musiche di G. Giani Luporini; musicisti solisti: M. ilie, (violino), S. Verzari (tromba), V. De Vita (pianoforte); direttore della registrazione P. Chiesa; fonico R. Citterio; produzione a cura di R. Maenza; registrazione live effettuata il 10/10/1980 – Roma – Teatro dell'Opera doppio LP Fonit Cetra.
  • 1981– Carmelo Bene - Lectura Dantis; voce recitante C.B.; musiche introduttive di S. Sciarrino; musicista solista D. Bellugi (flauto); produzione R. Maenza; registrazione live Bologna, Torre degli Asinelli, 31 luglio.- CGD.
Carmelo Bene in Pinocchio (storia di un burattino da Collodi); nel centenario della nascita di Pinocchio; regia, elaborazione testi e voce principale C.B.; musiche di G.Giani Luporini; la Fatina L. Mancinelli; tecnici della registrazione: G. Burroni, M. Contini, B. Bucciarelli; Mixer L. Torani; produzione a cura di R. Maenza; registrazione effettuata a Forte dei Marmi - CGD.
  • 1984 – Carmelo Bene – “L'Adelchi di Alessandro Manzoni”; uno studio di Carmelo Bene e Giuseppe Di Leva; musiche di G. Giani Luporini, orchestra sinfonica e coro di Milano della Rai; Direttore E: Collina, maestro del coro M. Balderi; voce principale C.B.; Ermengarda: A. Perino; percussioni A. Striano; registrato in occasione delle recite al Teatro lirico di Milano febbraio – marzo 1984; produzione a cura di A, Pischedda; regia del mixaggio C.B.; tecnici del suono L. Cavallarin, G. Jametti; Fonit-Cetra.
  • 1994 – Carmelo Bene in Hamlet suite – spettacolo-concerto; collage di testi e musiche di C.B.; interprete principale C.B.; Kate-Ofelia: M. Chiarabelli, P. Boschi; mixer P. Lovat; assistente L. Viglietti; produzione a cura di M. Bavera; registrato al Teatro Morlacchi di Perugia il 25 novembre 1994, Nostra Signora S.r.l.
  • 1999 – Dino Campana – Carmelo Bene - Canti Orfici – Variazioni per voce - stralci e varianti, voce recitante C.B., in collaborazione con la RAI; Mastering Suoni S.r.l.; tecnico del suono A. Macchia; libro e compact disc - Bompiani, giugno

Radio

(Titoli principali)
  • 1973 – INTERVISTE IMPOSSIBILI:
    Giorgio Manganelli incontra DE AMICIS
    Giorgio Manganelli incontra TUTANKAMON
    Giorgio Manganelli incontra NOSTRADAMUS
    Giorgio Manganelli incontra CASANOVA
    Giorgio Manganelli incontra DICKENS
    Giorgio Manganelli incontra IL CALIFFO DI BAGDAD
    Guido Ceronetti incontra JACK LO SQUARTATORE
    Guido Ceronetti incontra ATTILA
    Oreste Del Buono incontra LEOPOLD VON SACHER MASOCH
    Oreste Del Buono incontra DOSTOEVSKIJ
    Vittorio Sermonti incontra MARCO AURELIO
    Alberto. Arbasino incontra LUDWIG II DI BAVIERA
    Alberto Arbasino incontra OSCAR WILDE
    Nelo Risi incontra JEAN-PAUL MARAT
    Italo Calvino incontra MONTEZUMA
  • 1973 - CASSIO GOVERNA CIPRO; di G. Manganelli
– NOSTRA SIGNORA DEI TURCHI; di C.B.
  • 1974 – IN UN LUOGO IMPRECISATO; di G. Manganelli
– AMLETO; da Shakespeare e Laforgue
– PINOCCHIO – due parti dal romanzo omonimo di Carlo Lorenzini Collodi
Personaggi e Interpreti: Pinocchio: Carmelo Bene; La Bambina dai Capelli Turchini: Lidia Mancinelli; Lucignolo: Luigi Mezzanotte; La Volpe: Bianca Doriglia, Mastro Ciliegia, Il Grillo Parlante, Il Pappagallo, L'Imbonitore: Cosimo Cinieri; Geppetto, Mangiafuoco, Il Gatto, Il Narratore: Alfiero Vincenti; Un Ragazzo, Rosa Bianca Scerrino; La Piccola Vedetta Lombarda: Irma Palazzo.
  • 1975 – SALOMÈ; da O. Wilde
– TAMERLANO IL GRANDE; di C. Marlowe; protagonista C.B.; regia C. Quartucci.
  • 1976 - ROMEO E GIULIETTA; da W. Shakespeare
  • 1979 – CUORE; di E. de Amicis
– MANFRED; da Byron – Schumann
– OTELLO; da W. Shakespeare
  • 1980 – HYPERION; da F. Hölderlin - Maderna
  • 1983 – EGMONT; da Goethe – Beethoven
  • 1984 – L'ADELCHI; da A. Manzoni
  • 1997 – CANTI ORFICI; di D. Campana
LECTURA DANTIS; di Dante Alighieri
  • 1998 – CARMELO BENE E LA VOCE DEI CANTI DI GIACOMO LEOPARDI
– PINOCCHIO, OVVERO LO SPETTACOLO DELLA PROVVIDENZA; di C. Collodi
  • 1999 – GABRIELE D’ANNUNZIO – LA FIGLIA DI IORIO; da G. D’Annunzio
– PINOCCHIO, OVVERO LO SPETTACOLO DELLA PROVVIDENZA; riduzione e adattamento da Caro Collodi di Carmelo Bene; regia e interprete principale C.B., musiche G. Giani Luporini; scene e maschere T. Fario; costumi L. Viglietti; direttore della fotografia G. Caporali; montaggio F. Lolli; altri interpreti: S. Bergamasco;
  • 2000 – In-vulnerabilità d'Achille , da Stazio, Omero e Kleist

Televisione

  • 1974 – Bene! Quattro diversi modi di morire in versi. Blok-Majakovskij-Esènin-Pasternak; adattamento testi di C.B. e R. Lerici; traduzioni di: I. Ambrogio, R. Poggioli, A. M. Ripellino, B. Carnevali; riduzione, adattamento, regia e voce recitante C.B.; scene M. Fiorespino; direttore della fotografia G. Abballe; musiche di V. Gelmetti; voce solista C:B.; assistente alla regia C. Tempestini; mixer video A. Lepore; operatori RVM: M: Nicoletti, E. Piccirilli; produzione RAI; durata 1h 20’, trasmesso in due parti il 27 e 28/10/1977, Rai 2.
Amleto, di Carmelo Bene (da Shakespeare a Laforgue); regia, scene, costumi e interprete principale C.B.; direttore della fotografia G. Abballe; montaggio RVM G. Marguccio; musiche L. Zito; altri interpreti: A. Vincenti, J. P. Boucher, F. Leo, P. Baroni, L. Mezzanotte, D. Silverio, S. Javicoli, L. Bosisio, M. A. Nobencourt, L. Morante, L. Mancinelli, C. Cinieri; delegato alla produzione R. Carlotto; produzione RAI; durata 63’; trasmesso il 22/4/1978, Rai 2.
  • 1977 – Riccardo III (da Shakespeare) secondo Carmelo Bene; regia, scene, costumi e interprete principale C.B.; direttore della fotografia G. Abballe; montaggio RVM S. Spini; musiche L. Zito; altri interpreti: L. Mancinelli, M. G. Grassini, D. Silverio, S. Javicoli, L. Morante, L. Dotti; assistente alla regia A.M. Angeli; tecnico audio B. Severo; mixer video G. Casalinuovi; elaborazione elettronica per il colore G. Virgili; delegato al programma R. Carlotto; produzione RAI; durata 76’; trasmesso il 7/12/1981, Rai 2 (e il 5/1/1984).
  • 1979 – Manfred versione per concerto in forma d'oratorio; regia e interprete principale C.B.; direttore della fotografia G. Abballe; aiuto regia M. Fogliatti; montaggio RVM F. Biccari; elaborazione elettronica per il colore M. Taruffi; direttore di scena M. Contini; mixer video M. Agrestini, S. Di Paolis; mixage audio A. Bianchi; altri interpreti: Astarte - L. Mancinelli, (soprano) A. Tammaro, (contralto) S. Mukhametova, (tenore) D. Di Domenico, (bassi) F. Tasin, B. Ferracchiato, A. Picciau, A. Santi; Orchestra e coro comunale di Bologna; direttore d’orchestra P. Bellugi; maestro del coro L. Magiera; registrazione in esterni, realizzazione e produzione RAI; coordinamento per l'edizione L. Stefanucci; trasmesso il 12/9/1983, Rai 2.
  • 1984 – L'Adelchi, di Alessandro Manzoni in forma di concerto; da uno studio di C.B. e Giuseppe Di Leva “L'Adelchi o la volgarità del politico”; regia e interprete principale C.B.;regia televisiva C. Battistoni; musiche G. G. Luporini; altri interpreti: Ermengarda – A. Perino; percussioni live A. Striano; registrato al Teatro Lirico di Milano 1984; trasmesso il 9/9/1985, Rai 2.
  • 1987 - Carmelo Bene e i canti di Giacomo Leopardi; intervista introduttiva con M. Grande e Vanni Leopardi e lettura dei Canti di C.B.; riprese in diretta da Villa Leopardi e in piazza Leopardi a Recanati; regia televisiva F. Di Rosa; trasmesso il 12/9/1985, Rai 3.
Hommelette for Hamlet, operetta inqualificabile (da J. Laforgue); regia e interprete principale C.B.; scene e costumi G. Marotta; direttore della fotografia G. Abballe; musiche originali adattate e dirette da L. Zito;sculture G. Gianese; direttore di scena M. Contini; fonico mixer S. Santori; fonico recordista M. Corazzini; altri interpreti: il Re – U. Trama , Kate - Marina Polla De Luca , Orazio - A. Brugnini , Gertrude - S. De Santis, Will - V. Waiman, gli angeli – O. Cattaneo, W. Esposito, F. Felice, L. Fiaschi, D. Riboli, A. Zuccolo; produzione Nostra Signora S.r.l. – RAI; durata 62’; trasmesso il 25/11/1990, Rai 3.
  • 1996 – Macbeth horror suite di Carmelo Bene da William Shakespeare; regia e interprete principale C.B. musica da G. Verdi; montaggio P. Centomani; altri interpreti: Lady Macbeth – S. Pasello; scene T. Fario; costumi L. Viglietti; datore luci D. Ronchieri; montaggio audio E. Savinelli; tecnico video P. Murolo; mixer video C. Ciampa; assistente alla regia M. Lamagna; ottimizzazione A. Loreto; direttore di produzione G. Pagano; produzione Nostra Signora S.r.l. e RAI; realizzato nel Centro di Produzione Tv di Napoli; durata 60’; trasmesso il 5/4/1997, Rai 2.
Lectura Dantis, regia e interprete principale C.B.; montaggio P. Centomani; montaggio audio E. Savinelli; tecnico video P. Murolo; mixer video C. Ciampa; assistente alla regia M. Lamagna; ottimizzazione A. Loreto; direttore di produzione G. Pagano; produzione Nostra Signora S.r.l. e RAI; realizzato nel Centro di Produzione Tv di Napoli; Rai 2. Inedito.
Canti orfici, regia e interprete principale C.B.; montaggio P. Centomani; montaggio audio E. Savinelli; tecnico video P. Murolo; mixer video C. Ciampa; assistente alla regia M. Lamagna; ottimizzazione A. Loreto; direttore di produzione G. Pagano; produzione Nostra Signora S.r.l. e RAI; realizzato nel Centro di Produzione Tv di Napoli; durata 62’33”, trasmesso da Rai 2.
  • 1997 - Carmelo Bene - In-vulnerabilità d'Achille (tra Sciro e Ilio), libera versione poetica da Stazio, Kleist, Omero ci Carmelo Bene; regia, scene, costumi e voce solista C.B.; tecnico del suono A. Macchia; montaggio M. Contini; produzione Nostra Signora S.r.l., Rai; durata 50’50”.
  • 1998 - Carmelo Bene e la voce dei Canti, dai Canti di G. Leopardi, regia e interprete C.B; musiche di G. Giani Luporini; pianoforte solista S. Bergamasco; tecnici del suono D. D’Angelo, A. Macchia; montaggio M. Contini; direttore di studio T. Fario; Luci D. Ronchieri; produzione Nostra Signora S.r.l., Rai e l'Assessorato alla Cultura di Roma; trasmesso in sette puntate di circa 30’ dal giugno al luglio 1998 da Rai 2.
  • 1999 – Pinocchio, ovvero lo spettacolo della Provvidenza; riduzione e adattamento da Caro Collodi di Carmelo Bene; regia e interprete principale C.B., musiche G. Giani Luporini; scene e maschere T. Fario; costumi L. Viglietti; direttore della fotografia G. Caporali; montaggio F. Lolli; altri interpreti: S. Bergamasco; luci spettacolo D. Ronchieri;fonico A. Macchia; assistente alla regia M. Lamagna; postproduzione audio C. Bocci; postproduzione in Edit box C. Bonavita; direttore di produzione G. de Vizio; produzione RAI e Nostra Signora S.r.l.; durata 75’; trasmesso il 29/5/1999, Rai 2.
  • 2001Carmelo Bene in Carmelo Bene – quattro momenti su tutto il nulla, di C.B.; luci P. Rachi; cameraman N. Confalonieri; direttore produzione R. Romoli; montaggio A. Buonomo; direttore tecnico C.B.; produzione Nostra Signora S.r.l., S. Giussani -Sacha Film e P. Ruspoli - Rai Trade, durata1 h 45’; inedito
  • 2002Otello o la deficienza della donna di William Shakespeare secondo Carmelo Bene , riprese del 1979; girato in due pollici, durata circa 15 ore, presso gli studi Rai di Torino; montaggio 2001/2002 di C.B. e M. Fogliatti; regia scene, costumi e interprete principale C.B.; musiche L. Zito; altri interpreti: C. Cinieri, M. Martini, L. Bosisio, C. Dell'Aguzzo, J.P. Boucher; produzione RAI; in onore di Carmelo Bene proiettato in prima internazionale al Teatro Argentina il 18 marzo 2002.; durata 76’ 46”.
  • 2003 - Lorenzaccio, al di là di de Musset e Benedetto Varchi, di Carmelo Bene. Regia di Carmelo Bene, interpreti: Carmelo Bene, Isaac George, Mauro Contini. Registrazione dello spettacolo teatrale del 1986, montaggio di Mauro Contini con la supervisione di Carmelo Bene. Direzione televisiva: Mauro Contini, Produzione: Fondazione l'Immemoriale di Carmelo Bene in collaborazione con Rai International e il comune di Roma, durata 90’, 2003, Italia, colore, video. (Proiettato in prima internazionale all'Auditorium Parco della Musica di Roma nell'ambito della manifestazione “Roma per Carmelo ”il 1 settembre 2003)

Libri su Carmelo Bene

  • Piergiorgio Giacchè, Carmelo Bene, Antropologia di una macchina attoriale, Bompiani (collana Studi Bompiani), 2007.
  • Giuliana Rossi, I miei anni con Carmelo Bene, Edizioni della Meridiana (collana Teatro studio), 2005.

Curiosità

  • Una parodia di Carmelo Bene è stata rappresentata da Emilio Solfrizzi durante la produzione televisiva Tele Durazzo (1993), con lo pseudonimo di Carmelo Meglio

Fonti

  • Video, Mixer Cultura, trasmissione del 1987
  • Video, La macchina attoriale, a cura di Pietro Ruspoli & Tonino del Colle.

Bibliografia

carmelo bene opere bompiani

Note

  1. ^ Carmelo Bene e Giancarlo Dotto. Vita di C.B. op. cit., sect. SI NASCE, pag. 22
  2. ^ Carmelo Bene e Giancarlo Dotto. Vita di C.B. op. cit., sect. SI NASCE, pagg. 23-24
  3. ^ Carmelo Bene e Giancarlo Dotto, Vita di C., op. cit., sect. IL DEBUTTO, pagg. 47-48
  4. ^ Carmelo Bene e Giancarlo Dotto. Vita di C.B. op. cit., sect. IL DEBUTTO, pag. 47 e 44
  5. ^ Carmelo Bene e Giancarlo Dotto, Vita di C., op. cit., sect. IL DEBUTTO, pag. 45
  6. ^ Carmelo Bene e Giancarlo Dotto, Vita di C.B., op. cit., sect. IL DEBUTTO, pag. 50
  7. ^ C. Bene e G. Dotto, Vita di C., op. cit., sect. L'ERRANZA, pag. 102 - "Di sei anni più âgée di me" -
  8. ^ Carmelo Bene e Giancarlo Dotto. Vita di C.B. op. cit., sect. L'ERRANZA, pag. 103 - « [Giuliana] La presento ai miei con molta semplicità. "Questa è mia moglie". "Non avrai mica fatto, figlio mio, questa follia?", esalò mia madre. "No, ma la faremo quanto prima", non la rassicurai io. "Per il momento sono venuta a presentarvela" [...] Girava anche mia sorella Maria per casa. Siamo in piena traviata. Sentivo nell'aria uno strano modo di pazientare. Un'ambigua tolleranza. Una quiete imbarazzante. Ci guardavano in tralìce [...] »
  9. ^ Carmelo Bene e Giancarlo Dotto, Vita di C., op. cit. pag. 119. - Nella biografia di Sono apparso alla Madonna il matrimonio fiorentino viene "grottesco". (Opere, con l'Aut. op. cit., pag. 1061)
  10. ^ Appresi la notizia solo quindici giorni dopo. Un telegramma molto secco. "Tanto non te ne fotte nulla", fu la spiegazione. Avevo chiesto due milioni ai miei per tentare un intervento disperato in Svizzera. Mi negarono questi soldi. Per loro Alessandro era "il figlio della colpa". Questo figliolo fu alla fine vanamente operato in Svizzera. Sei mesi dopo morì. Non aveva ancora sette anni. Stramaledissi i miei. - Carmelo Bene e Giancarlo Dotto, Vita di Carmelo Bene, op. cit. pag. 188
    Nell'autobiografia di Sono apparso alla Madonna risulta che il figlio Alessandro "morì a cinque anni" (Opere, con l'Aut. op. cit., pag. 1062).
  11. ^ Sebbene l' Ulysses di James Joyce fosse pubblicato nel 1922, in Italia la prima traduzione integrale si ebbe soltanto nel 1960, con la magnifica traduzione di Giulio De Angelis fatta per la casa editrice Mondadori
  12. ^ G. Dotto e C. Bene, Vita di C., op. cit., pag. 124
  13. ^ Carmelo Bene, Opere con l'Aut., op. cit., pag. 1071
  14. ^ lasinovola.it
  15. ^ Carmelo Bene e Giancarlo Dotto. Vita di C.B. op. cit., sect. VI, IL LABORATORIO, pagg. 131-132
  16. ^ Carmelo Bene e Giancarlo Dotto. Vita di C.B. op. cit., sect. VIII, GLI ANNI DI GALERA, pag. 152
  17. ^ Programma Rai. La voce che si spense, prima puntata
  18. ^ Carmelo Bene e Giancarlo Dotto. Vita di C.B. op. cit., sect. VIII, GLI ANNI DI GALERA, pag. 202 - « Ben al di là della stucchevole donna amante. Molto più dell' infermiera per amor dell'arte. Dopo il fallimento cinematografico, fu l'amministratore delegato della società per otto anni. Partecipò anche a tutti i miei film, salvo Capricci [...] »;
  19. ^ La compagnia teatrale di questa Salomè veniva detta "di Regina Coeli", poiché in un modo o nell'altro, tutti avevano avuto a che fare col carcere.
  20. ^ Lydia Mancinelli ricorda: "... trovai questo locale al Beat 72 dove pagai 150.000 lire al mese, un certo Ulissi, [...] lo affittai per tutta la stagione invernale; mi feci dare dal comune dei banchi di scuola, perché non avevamo i soldi per le poltrone, quindi facemmo una specie di anfiteatro, di gradoni degradanti, il palcoscenico era in basso e lì debutamo con Nostra Signora dei Turchi". (Dal programma televisivo della Rai La voce che si spense)
  21. ^ Nostra Signora dei Turchi
  22. ^ Dalla trasmisione Bene! Bravo! della Rai di Marco Giusti.
  23. ^ Carmelo Bene e Giancarlo Dotto. Vita di C.B., op. cit., pagg. 299-300
  24. ^ L' Otello televisvo fu proiettato per la prima volta, per commemorarne la recente scomparsa dell'artista, il 18 marzo 2002 al Teatro Argentina di Roma dalle ore 17.00 fino a mezzanotte; fu messo inoltre in onda su RaiTre su Rai Edu Cultura con varie e successive repliche.
  25. ^ Valerj Shadrin era presidente dell' Unione artisti sovietici e ex ministro della cultura con Gorbaciov - Vita di C.B. op. cit., sect. XIV, UNO ZAR A MOSCA, pag. 378
  26. ^ Carmelo Bene e Giancarlo Dotto. Vita di C.B. op. cit., sect. VI, IL DEBUTTO, pag. 63
  27. ^ dall' Immemoriale di Carmelo Bene
  28. ^ Repubblica.it - Giallo sulla morte di Carmelo Bene (13 gennaio 2009)
    N.B. - Senza voler invalidare l'attendibilità della testimonianza della sorella, bisogna considerare anche, e forse soprattutto, che il corpo del povero Carmelo era ormai stremato da un'infinità di malanni, abusi, ripetute operazioni chirurgiche e quant'altro. Nulla esclude del resto che ci possa essere stata una partecipazione attiva di chissà chi, motivato da chissà cosa, a voler abbreviare questo calvario, ormai agli sgoccioli.
  29. ^ Il massacro dei “classici” e la loro manipolazione integrale: questo è un altro elemento da annoverare a favore di Carmelo Bene, come condizionamento di una scrittura drammaturgica ad una scrittura scenica. Il “massacro” avviene peraltro il meno gratuitamente possibile, quale eliminazione da un lato del reticolato ideologico immobile e dall’altro lato per inserimento del maggior numero di elementi di “contemporaneità”. (Giuseppe Bartolucci, da “La Scrittura scenica”, Lerici, Milano 1969)
  30. ^ La spiegazione di cosa sia la scrittura di scena è stata ampiamente spiegata in modo abbastanza esaustivo, sia da Carmelo Bene che da studiosi... Una fonte tra le altre è per esempio, la chiarissima spiegazione fornita da Carmelo Bene a Mixer Cultura
  31. ^ Di Brecht si può dire solo ciò che sarebbe stato, qualora non fosse finito nelle grinfie di certi registi [...] L'intenzione di Brecht è tentare un déplacement della rappresentazione, ma tutto quello a cui arriva, a partire dai suoi testi, lo straniamento, è una rappresentazione al quadrato [...] - Carmelo Bene e Giancarlo Dotto, Vita di C.B., op. cit., pag. 322
  32. ^ dall'Immemoriale di Carmelo Bene
  33. ^ John Francis Lane, La voce che si spense, op. cit.
  34. ^ Tratto da Bravo! Bene!, trasmisione Rai di Marco Giusti - Carmelo Bene è intervistato per il suo Don Chisciotte, di Miguel de Cervantes, con Leo de Berardinis e Perla Peragallo.
  35. ^ Io gli dicevo: "... ma lascia stare, fregatene" ma non poteva perché diceva "No, mi danneggiano... [...] almeno si limitassero a spiegare la storia, aiutare il pubblico". E invece erano delle stroncature. (testimonianza di Lydia Mancinelli, dalla trasmisione televisiva della Rai La voce che si spense, prima puntata)
  36. ^ "Una volta, per uno spettacolo, scrivemmo noi la critica e la portammo a sei giornali diversi, firmata Dice... Questo lo manda il Dice, questo lo manda il Dice. Fu uno sguinzagliamento dopo lo spettacolo. Il giorno dopo uscirono sei critiche uguali su tutti i giornali. Ovazioni, venti minuti, tutti in ginocchio..." (testimonianza di Lydia Mancinelli, dalla trasmisione televisiva della Rai La voce che si spense, prima puntata)
  37. ^ La prima edizione teatrale di Nostra Signora dei Turchi avviene il 1 dicembre 1966 a Roma, al Teatro Beat 72.
  38. ^ In Italia, Maurizio Grande insieme a Goffredo Fofi possono essere annoverati fra i principali studiosi di Carmelo Bene
  39. ^ Gilles Deleuze scrisse con Carmelo Bene, "Sovrapposizioni"; edizione francese Superpositions, de Minuit, Parigi, 1979.
  40. ^ Pierre Klossowski scrisse due saggi su Carmelo bene: "Cosa mi suggerisce il gioco ludico di Carmelo Bene" e "Généreux jusqu'au vice" (generoso fino al vizio)
  41. ^ Video, La macchina attoriale, a cura di Pietro Ruspoli & Tonino del Colle.
  42. ^ La pellicola di Nostra Signora de' Turchi fu da lui e i suoi collaboratori calpestata, bruciacchiata con cicche e tagliuzzata, metodicamente, sotto gli occhi allibiti e sconcertati del nobile napoletano Franco Jasiello che ne aveva finanziato la realizzazione. Per quanto possa sembrare distruttivo, questo degrado della pellicola servì per creare degli effetti speciali particolari a delle intere sequenze consecutive in bianco e nero, che principalmente sembrano rieditare l'aspetto delle pellicole rovinate d'altri tempi.
  43. ^ Video, Mixer Cultura, 1987, condotto da Arnaldo Bagnasco
  44. ^ Dalla trasmissione del Maurizio Costanzo Show del 1990.
  45. ^ Dalla trasmisione Il Laureato, condotta da Piero Chiambretti
  46. ^ In realtà è una semplificazione estemporanea, poiché Bene preferisce parlare piuttosto di eccesso del desiderio che non di un aldilà del desiderio.
  47. ^ Definizione estemporanea fornita da Bene nel mentre dialoga con D'Agostino al Maurizio Costanzo Show del 1994
  48. ^ Bene aggiunge infine un'analogia riferita all'erezione maschile e cioè che il porno è quanto non gli tira, pur tirando non tira. È stirato. Per sempre.
  49. ^ Carmelo Bene, Opere con l'Aut., op. cit., tav. X
  50. ^ Carmelo Bene e Giancarlo Dotto, Vita di C.B., op. cit., pag. 31
  51. ^ Carmelo, Opere, Con l'Aut. op. cit. tav. XIII-XIV
  52. ^ Lo conferma anche la teoria junghiana dell'anima e dell'animus, rispettivamente l'atteggiamento interiore dell'uomo e della donna
  53. ^ Video, La macchina attoriale, a cura di Pietro Ruspoli & Tonino del Colle, op. cit.
  54. ^ La B.B.B. è ha prodotto Capricci e sta per Barcelloni, Bene, Brunet
  55. ^ Dalla trasmisione della Rai Quattro momenti su tutto il nulla.
  56. ^ Carmelo Bene, Opere, con l'Aut., op. cit., tav. XVI

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