Museo nazionale d'Abruzzo

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Museo nazionale d'Abruzzo
L'entrata del Museo
Ubicazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
LocalitàL'Aquila
IndirizzoForte Spagnolo, 67100, L'Aquila
Coordinate42°21′13.28″N 13°24′18.25″E / 42.353689°N 13.405069°E42.353689; 13.405069
Caratteristiche
Tipoarcheologico, artistico
Apertura1951 e 2015
Chiusura6 aprile 2009
Visitatori41 212 (2022)
[Museo nazionale d'Abruzzo Sito web]

Il Museo Nazionale d'Abruzzo è il museo più importante di tutta la regione a livello artistico; è ospitato nelle 41 sale del Castello di L'Aquila, nel cortile e al primo e secondo piano.
Al piano terra, in 2 sale sono esposti reperti archeologici, tra cui molte steli funerarie, ma il più importante è l'Elephas meridionalis, i resti monumentali di un mammut, uno dei più grandi d'Italia (ritrovato nel 1943).
Al primo piano, in 10 sale, vi sono opere scultoree e pittoriche dalla fine del XII sec. alla fine del XV sec. Da segnalare le opere di ignoti scultori e pittori, maestro del Trittico di Beffi, Silvestro dell'Aquila, Saturnino Gatti e le delicate Madonne con Bambino.

Al secondo piano opere pittoriche, tessuti, oreficeria sacra dagli inizi del XVI secolo fino al Novecento.
Opere di grande pregio, quali Nicola da Guardiagrele, Francesco da Montereale, Bartolomeo di Giovanni, Pompeo Cesura, Giovan Paolo Cardone, Giulio Bedeschini, il Maestro di Fossa. Tra le opere moderne, quelle di Teofilo Patini e Francesco Paolo Michetti.

Piano terra

Sala 1: Arkidiskon Meridionalis Vestinus

La sala era un tempo cisterna dell'acqua per i soldati che vi si rifugiavano; oggi vi è esposto un grande scheletro di Arkidiskon Meridionalis Vestinus, una specie di mammut (ma non fa parte di questa specie) molto più antico del mammut. Fu ritrovato nel 1948 a Scoppito e fu portato qui l'anno dopo, quando fu istituito il museo.

Sale 2-3-4:Donazione Emilio Greco

La donazione comprende sculture e dipinti dell'artista catanese Emilio Greco.

Sala 5: Saletta dell'Ottocento

nella sala sono esposti alcune opere della fine del XIX e inizi XX sec.,di noti artisti abruzzesi, tra cui: i morticelli(1880) di Francesco Paolo Michetti e il noto quadro La lavandaia (1888) di Pasquale Celommi.

Sale 6-7-8-9: sezione archeologica

In queste sale sono esposte alcuni reperti (dall'età protostorica all'età romana) provenienti dall'antico territorio dei vestini e, principalmente, da L'Aquila. Interessante la sala 8,la più grande, con reperti di età sanittica, e la sala 9,con reperti funerari di età romana.

Sala 10: sala del Gonfalone

Nella sala vi è esposto, nella teca più grande del mondo[senza fonte], il gonfalone più grande del mondo[senza fonte]: è quello realizzato da Giovan Paolo Cardone verso il 1586 per la basilica di San Bernardino, da dove proviene. Al centro vi è il Cristo risorto (secondo lo schema di Michelangelo nella Basilica di S.Maria sopra Minerva a Roma) e ai lati un Angelo con la coppa del sangue e la Vergine Maria; sotto, la città di L'Aquila cinta da mura e retta dai suoi quattro santi protettori: San Massimo, San Bernardino da Siena, Celestino V e Sant'Eutizio. Nei pennacchi altri quattro santi, tra cui Giovanni da Capestrano; l'opera è firmata nella parte centrale del dipinto, in basso a sinistra: Jo Paulo Cardonus Aquilani (Giovanni Paolo Cardone aquilano). Nella sala vi è anche un modellino del castello del Settecento: ci si accorge che è cambiato poco o nulla dell'aspetto, anche se in questo modellino manca il portale d'ingresso, staccato dopo il terremoto del 1703 dalla chiesa delle Anime sante.

Sala 11: scalone

Questo è lo scalone che porta al primo piano: vi sono esposti due affreschi del Xv sec.,riconducibili allo stesso artista.

Primo piano

Sala 12: pittura e scultura del XIII secolo

Le opere della sala testimoniano i livelli artistici raggiunti dall'Abruzzo nel XIII sec. L'unica opera pittorica presente è il Crocifisso da iconostasi, formato da due travi unite, mentre le pitture (eseguite alla metà del Duecento) sono opera di un artista locale, ma abbastanza aggiornato sulle correnti pittoriche del tempo. Le altre opere sono tutte sculture di Madonna con Bimbo, la cui produzione durò fino al XVI sec. con grandi esponenti come Saturnino Gatti e Silvestro dell'Aquila. Sono tutte datate alla fine del XIII secolo.

Sala 13: gli stili bizantino e gotico- romanico in Abruzzo

Nella seconda metà del XIII secolo, l'arte abruzzese presente varie differenze. La pittura resta fedelmente ancorata alla cosiddetta maniera greca (come la chiamava Giorgio Vasari): ne sono testimonianze le tre tavole dipinte, tutte raffiguranti la Madonna con Bambino, che provengono dalle chiese di Santa Maria a Graiano di San Pio (frazione di Fontecchio), Santa Maria in Pantanis a Montereale e San Pietro a Sivignano (frazione di Capitignano); esse hanno tutte la stessa impostazione frontale, con la Madonna seduta e il Bambino in braccio. Di assoluto interesse è la Madonna con Bambino proveniente da Montereale, che viene chiamata Madonna del Latte perché sta allattando il piccolo Gesù: l'opera è sicuramente la più bella delle tre Madonne dipinte e colpisce soprattutto la ricchezza dei colori e la loro lucentezza; viene riconsegnata ogni 15 agosto al comune di Montereale per la processione. Un pittore in Abruzzo cerca di aggiornarsi sulle novità proposte da Cimabue e provenienti da Firenze: Gentile da Rocca. Egli, unico pittore abruzzese del Duecento di cui si conosca il nome di battesimo, nativo di un paese dell'Altopiano delle Rocche, realizzerà varie opere d'arte almeno fino al 1295: l'unica firmata e datata è, però, una Madonna del Latte (1283), proveniente dalla chiesa di Santa Maria ad Cryptas a Fossa. Essa, restaurata agli inizi del Novecento, si caratterizza per la brillantezza dei colori blu, rosso e verde e per i candidi colori degli incarnati. Ai lati vi sono dei rovinatissimi sportelli laterali con tracce di affreschi, che dovevano raccontare la vita della Madonna o di Cristo. Nell'architettura e nella scultura persiste ancora il romanico, ma l'Abruzzo accoglierà il nuovo stile gotico filtrato dall'Umbria e dalla Napoli angioina: per questo, fino al 1290 circa, in Abruzzo si parlerà di "gotico- romanico". Gli scultori abruzzesi cercano di aggiornarsi sulle nuove correnti artistiche e a testimoniare il rinnovamento sono ancora le Madonne con Bambino, tutte sedute in trono, opera di artisti locali ma di un certo livello, provenienti dalle chiese di Sant'Agostino a Penne, Santa Maria ab Extra a Villa di Mezzo (frazione di Barisciano) e dal Municipio di Pizzoli. Di assoluto interesse è un'altra Madonna in trono con Bambino, la Madonna delle Concanelle, che come recita l'iscrizione sul piedistallo fu realizzata nel 1262 da Domenico Pace, uno dei pochi scultori del Duecento abruzzese di cui si sappia nome e l'unico di cui è certo anche il cognome. L'opera, proveniente dalla chiesa di Santa Maria della Neve a Bugnara, è uno dei capisaldi della scultura medievale abruzzese e si distacca dagli altri esemplari esposti nella sala per una maggiore naturalezza e per una policromia più raffinata. Per ragioni di spazio, nella sala è esposta una scultura della fine del XII secolo, tra le più sorprendenti del museo: la Madonna di Monteplanizio, una splendida scultura in stile romanico che raffigura la Madonna in trono con Bambino. La scultura proviene dalla chiesa di San Nicola a Lettopalena, ma originariamente si trovava nell'abbazia di Santa Maria di Monteplanizio sempre nel Comune di Lettopalena. Recentemente restaurata, la Vergine presenta il volto bruciacchiato per via di un incendio divampato nell'abbazia; doveva avere una corona. Lo stile rimanda all'arte francese e la statua viene considerata opera di un artista italo- francese.

Sala 14: pittura e scultura della prima metà del XIV secolo in Abruzzo

A partire dalla fine del XIII secolo, in Abruzzo si può cominciare a parlare di gotico "puro": il romanico è ormai scomparso, e il gotico viene largamente diffuso grazie sia alla presenza di tre artisti provenienti dall'Umbria e dall'Emilia, sia alla corte angioina nel Regno di Napoli. Nella scultura si hanno le manifestazioni più importanti: tra le 9 opere esposte, ben 6 si riferiscono alla scultura. L'ultimo esempio di gotico- romanico in Abruzzo è il Cristo deposto, datato intorno al 1290, unica parte superstite di un'antica Deposizione dalla Croce: proviene dal Duomo di Penne. L'opera, che però ha poco di gotico, è di legno policromo e si riallaccia al filone dei cosiddetti "Cristi deposti" che tra il 1220 fino agli inizi del Trecento saranno diffussi nella penisola e realizzati secondo uno schema figurativo molto simile. Il primo esemplare è quello del Duomo di Tivoli, datato al 1220- 1230, opera appunto del Maestro di Tivoli, artista a cui (senza fondamento) la scultura presente nel Museo aquilano è stata attribuita. Nel XIV secolo sono presenti in regione tre artisti di provenienza diversa: due provenienti dall'Umbria e uno dall'area bolognese. Dell'Umbria sono il Maestro della Madonna del Duomo di Spoleto e il Maestro di Fossa; il primo, che prende nome da una Madonna con Bambino realizzata appunto per il Duomo di Spoleto, fu attivo fino alla metà del Trecento e in Abruzzo realizzò tre Madonne in trono con Bambino, accomunate tra loro per lo stile molto simile: due di quese sono esposte in questa sala, e sono la Madonna di San Silvestro (proveniente dalla chiesa di San Silvestro a L'Aquila) e la Madonna di Fossa (proveniente dalla chiesa dell'Assunta a Fossa), tutte realizzate secondo i canoni del gotico francese. La Madonna di Fossa è collocata entro un tabernacolo dipinto dal Maestro di Fossa, attivo tra il 1330 e il 1400, anche lui originario di Spoleto e che si recò in Abruzzo alla fine del Trecento. L'artista umbro fu molto attivo in Abruzzo e in particolare a Fossa, dove oltre a dipingere il tabernacolo della Madonna dipinse anche le tavolette laterali con la Vita di Cristo: le tavolette, disposte a mo' di ante di armadio in modo che potessero chiudere il tabernacolo in certe occasioni impedendo la vista delle statua, furono dipinte tra il 1385 e il 1390 e furono recentemente rubate; ritrovate, sono state collocate nei depositi della Pinacoteca Nazionale di Bologna, ma una è stata riconsegnata al museo ed è esposta in questa sala, ovvero la Presentazione al Tempio. Del Maestro di Fossa c'è anche un dittico, datato intorno al 1400, che raffigura a sinistra San Bartolomeo e a destra i Santi Quirico e Giulitta: provengono dalla Collegiata di San Michele a Città Sant'Angelo, dove furono ritrovate in condizioni gravissime durante un restauro nel retro di un confessionale; restaurate nel 1973, hanno ritrovato il loro splendore. Di area emiliana è invece il Maestro del Crocifisso d'argento, pittore e scultore, attivo tra il 1310 e il 1330 e proveniente molto probabilmente da Bologna; egli realizzò tra il 1325 e il 1330 uno tabernacolo da collocare nell'altare maggiore della chiesa di Santa Caterina a L'Aquila. Al centro c'era la statua di Santa Caterina d'Alessandria, di legno dipinto, mentre ai lati due tavole bislunghe dipinte, collocate in modo verticale, raffiguravano la vita della santa: si partiva da destra e precisamente dall'alto, con Santa Caterina che rifiuta di adorare gli idoli, il rogo dei 5 sapienti e l'eviscerazione della santa. A sinistra invece, partendo sempre dall'alto, erano raffigurati La visita dell'imperatrice a Santa Caterina, l'angelo che distrugge la ruota dentata e la decapitazione della santa. Con le soppressioni post- unitarie, i beni del convento furono alienati: la statua della santa e le due tavole andarono a finire nel Municipio. La statua finì poi nel palazzo aquilano dei Rivera. Con l'istituzione del Museo Nazionale d'Abruzzo, la statue e le due tavole sono state donate all'istituzione museale e oggi figurano in questa sala, andando a formare nuovamente l'antico tabernacolo. Tornando nuovamente alla scultura, gli artisti abruzzesi impararono presto le nuove novità artistiche gotiche, e ne sono testimonianza le due statue lignee di Santa Balbina (1310 circa) e San Leonardo (1350 circa), provenienti rispettivamente dalle chiese di San Michele a San Vittorino (frazione di Pizzoli) e da quella diruta di San Leonardo a L'Aquila: entrambe sono dipinte, ma la Santa Balbina ha conservato pochissime tracce della policromia, mentre il San Leonardo è perfettamente conservato.

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