Oltrepò Pavese

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Disambiguazione – Se stai cercando la DOC vinicola, vedi Oltrepò Pavese (vino).
Oltrepò Pavese
Oltrepò Pavese (in italiano)
Ultrepò Paves (in emiliano-romagnolo)
StatiBandiera dell'Italia Italia
RegioniBandiera della Lombardia Lombardia
Territorio78 comuni della provincia di Pavia
Capoluogo
Voghera
Superficie1,089 km²
Lingueitaliano (ufficiale), emiliano-romagnolo (non ufficiale)

L'Oltrepò Pavese è un'area della provincia di Pavia con superficie pari a circa 1100 km², che deve il suo nome al fatto di trovarsi a sud del fiume Po, incuneata tra l'Emilia-Romagna (provincia di Piacenza) e il Piemonte (provincia di Alessandria).


Geografia

Ha forma triangolare; un lato è costituito dal corso del Po, il vertice opposto, verso sud, dal monte Lesima (1724 m), massima elevazione della provincia di Pavia. Il territorio è costituito da una breve fascia pianeggiante lungo il Po, cui segue verso sud un'ampia zona collinare, e infine (nel vertice meridionale), una zona montuosa (Appennino Ligure). Le massime elevazioni, oltre al citato monte Lésima, sono il monte Chiappo (1700 m), la cima della Colletta (1494 m), il monte Penice (1460 m).

La sua struttura è condizionata dalla valle principale, la valle Staffora che forma il confine occidentale, dall'alta val Tidone, che scorre principalmente nel piacentino formando il confine orientale, e da un complesso reticolo di piccole vallette e rilievi collinari che si trovano tra le due valli principali. Il suo principale corso d'acqua è la Staffora, gli altri torrenti sono: l'Ardivestra, la Versa e la parte alta del Tidone con una parte del lago di Trebecco.

Centri principali: Voghera, Casteggio, Broni, Stradella, Varzi.

Ingrandisci
Panorama dell'Oltrepò pavese nei pressi di Val di Nizza

Territorio

Monti

Il Monte Lesima, il monte più alto dell'Oltrepò pavese e della provincia di Pavia.

Monti oltre i 1000 m.

Denominazione Altezza (m) Luogo
Monte Lesima 1.724 m Val Trebbia
Monte Chiappo 1.700 m Gruppo del Monte Antola
Monte Garave 1.549 m Valle Staffora
Cima della Colletta 1.493 m Valle Staffora
Monte Boglelio 1.492 m Valle Staffora
Monte d'Alpe 1.253 m Val Tidone
Cima di Valle Scura 1.228 m Valle Staffora
Monte Calenzone 1.150 m Valle Staffora
Cima delle Scalette 1.177 m Val Trebbia
Monte Pietra di Corvo 1.078 m Val Tidone

Passi e valichi

Denominazione Altezza (m) Collegamento
Passo del Giovà 1.368 m Santa Margherita di Staffora - Zerba (PC)
Passo del Penice 1.146 m Varzi - Bobbio (PC)
Passo del Brallo 951 m Valle Staffora - Val Trebbia (PC)
Passo del Carmine 600 m Ruino - Zavattarello

Idrografia

Il Lago di Trebecco formato dal Tidone, al confine tra Oltrepò e Emilia-Romagna.

Fiumi e Torrenti

Denominazione Altitudine della sorgente
Po 2.020 m[1]
Staffora 1.368 m
Tidone 1.146 m
Versiggia 600 m
Ardivestra 600 m
Coppa 500 m
Scuropasso 490 m
Versa 559 m

Laghi

Nome lago Altitudine invaso Comuni interessati Zona geografica
Lago di Trebecco 370 m s.l.m. Zavattarello
Ruino
Nibbiano (PC)
Comunità Montana Oltrepò Pavese

Storia

Lo stesso argomento in dettaglio: Storia di Pavia.

L'Oltrepò Pavese nacque ufficialmente nel 1164, quando l'Imperatore Federico I concesse alla città di Pavia il diritto di nominare i consoli nelle località che costituiscono, grosso modo, l'attuale Provincia di Pavia. Questo atto seguì peraltro ad un periodo in cui l'ingerenza pavese nelle terre a sud del Po si era andata intensificando; d'altra parte il riconoscimento imperiale non esimeva il comune pavese da una lunga lotta contro le città di Tortona e Piacenza, già dominatrici del territorio, e nemiche di Pavia a causa della diversa collocazione politica (esse guelfe, Pavia ghibellina).

Prima di questo atto infatti l'Oltrepò Pavese non esisteva come unità politica o amministrativa. In epoca romana gli unici due centri non oscuri del territorio, Iria e Clastidium, appartenevano alle aree di influenza di due città vicine, Tortona e Piacenza appunto, situate rispettivamente nelle regioni romane Liguria ed Aemilia.

In epoca longobarda il territorio fu sottoposto ai monaci della potente Abbazia di San Colombano di Bobbio.

Ancora all'inizio dell'800 l'Oltrepò era diviso ecclesiasticamente tra le diocesi di Tortona e Piacenza, con poche sparse parrocchie dipendenti invece da Pavia.

Nel 1359 cadde insieme a Pavia sotto la dominazione dei Visconti di Milano, cui seguirono gli Sforza, famiglie che dominarono anche il confinante Piacentino. Nel 1499 il territorio pavese, comprendente l'Oltrepò, ebbe la qualifica di Principato di Pavia.

Sotto gli Sforza l'Oltrepò era governato da un Capitano con sede a Casteggio. Il territorio comprendeva un certo numero di podesterie, nei borghi e villaggi principali; il numero dei Comuni era grandissimo, poiché erano comuni talvolta anche minuscole cascine. Agli antichi signori locali che la città di Pavia aveva confermato nei loro possessi si erano affiancati nuovi feudatari pavesi, e infine quelli nominati dai duchi di Milano. Alla metà del XV secolo l'intero territorio dell'Oltrepò era diviso in feudi, e questa situazione non mutò fino al XVIII secolo. Bisogna comunque distinguere i piccoli feudi (detti camerali) dell'Oltrepò propriamente detto (l'originario dominio pavese), dotati di scarsa autonomia fiscale e giurisdizionale, dai grandi feudi dell'alta collina e della montagna, assoggettati dai duchi di Milano e aggregati all'Oltrepò, ma ancora dotati di larga autonomia. Questi ultimi erano detti terre diverse, o giurisdizioni separate; avevano ognuno una sorta di statuto speciale e vari privilegi. I principali erano i marchesati di Fortunago, Godiasco, Varzi e Pregola, nati (salvo il primo) dalla disgregazione del marchesato dei Malaspina, cui in gran parte ancora appartenevano; molto importante anche il feudo di Bobbio, appartenente ai Dal Verme. I feudi malaspiniani e vermeschi costituirono le c.d. "Giurisdizioni separate" che, trattandosi di feudi immediati imperiali, godettero di piena indipendenza fino all'abolizione dei feudi imperiali nel 1797.

Insieme allo Stato di Milano l'Oltrepò passò nel 1535 alla Spagna e nel 1713 all'Austria; nel 1743, col trattato di Worms tra l'Austria e i Savoia, fu separato dal Principato di Pavia e unito al Piemonte. Sotto i Savoia l'Oltrepò conobbe una grande fioritura e venne suddiviso in due province: una con capoluogo Voghera, il centro che era divenuto ormai il principale della zona e che in precedenza aveva a lungo e inutilmente cercato di affrancarsi dal dominio pavese; a sud il territorio fece parte della provincia di Bobbio fino all'unità d'Italia.

Nel 1770 Voghera fu affrancata dal feudalesimo ed elevata a Città regia; il peso dei feudatari fu comunque ridotto ovunque a una funzione quasi solo simbolica. In epoca napoleonica l'Oltrepò, diviso nei due circondari di Voghera e Bobbio, fu unito prima al dipartimento di Marengo e poi a quello di Genova, appartenente all'Impero Francese. Ritornato ai Savoia nel 1814, rimase diviso in due province, Voghera e Bobbio; nel 1859, dopo l'annessione della Lombardia al Regno di Sardegna, le due piccole province ritornarono a Pavia, la cui Provincia ricalcava in gran parte l'antico Principato. Tuttavia nel 1923 il territorio di Bobbio, tra cui i comuni di Trebecco e Caminata, fu staccato da Pavia e unito a Piacenza e in piccola parte a Genova.

I castelli

L'Oltrepò Pavese è anche terra di castelli, i quali ne riflettono la complessa ed articolata storia feudale e non. Tra i principali castelli [2], molti di proprietà privata, elenchiamo alfabeticamente, in maniera non esaustiva:

Castana[3]. Di antica origine medievale, il castello venne trasformato nel 1740 in residenza di campagna dai marchesi Pallavicino Trivulzio. L'edificio, in origine attorniato da un fossato, ha pianta irregolare, presenta una grande balconata panoramica ed una corte interna a livello inferiore rispetto al palazzo principale. Restaurato ad inizio del XXI secolo è proprietà privata[4].

Cecima[5]. Il castello, citato già nell'anno 943, fu lungamente proprietà dei Vescovi di Pavia; rimangono resti delle mura e due piccole torri.

Cigognola[6]. Dell'antico castello, la cui edificazione risale all'inizio del Duecento, rimane la svettante torre quadrata, dai merli ghibellini, anche se molto probabilmente risistemata e rivista nell'Ottocento, in epoca romantica. Appartenne ai Sannazzaro, ai Beccaria (dal 1406), a Giorgio Aicardi (1415), in seguito denominati Visconti Aicardi Scaramuzza, a Barbara d'Adda (nel Settecento), indi al figlio di lei Alberico Barbiano di Belgiojoso. Sotto Napoleone i beni vennero comprati dai Gazzaniga, da questi agli Arnaboldi Gazzaniga, quindi ai Brichetto Arnaboldi. Il castello è proprietà privata.

Montalto Pavese[7]. Costruzione in pietra e mattoni a vista, caratterizzata da quattro torrioni, edificata nell'anno 1595, su ciò che rimaneva di una preesistente rocca medievale, da Filippo Belcredi ad una altitudine di 466 s.l.m. Il castello è cinto da un vasto parco: da segnalare il giardino all'italiana ed il giardino all'inglese. Montalto fu poi degli Strozzi sino al 1617, poi dei Taverna (sino al 1630), indi dei Belcredi sino al termine del Settecento. Dalla metà circa del secolo XIX appartiene ai conti Balduino, i quali provvidero a restaurarlo.

Montebello della Battaglia[8]. L'attuale edificio appare come una villa barocca e risale al Seicento / Settecento, sulla sede di un probabile fortilizio medievale: è di dimensioni considerevoli, con un vasto parco annesso. Proprietà privata.

Montecalvo Versiggia[9]. Il castello è nominato nelle cronache delle lotte di inizio Duecento tra l'imperatore Federico II alleato con Pavia, contro milanesi e piacentini. Probabilmente ne seguì un periodo di declino. Già dal Duecento Montecalvo fu dei Beccaria, rimanendovi sino al Seicento. I Pietragrassa Berio Beccaria lo conserveranno in qualità di dimora di campagna e sede delle proprietà agricole, abitandolo dunque assai di rado. Il castello fu comprato ad inizio del secolo XIX dai Pisani Dossi, divenendo poi dei marchesi Brignole Sale di Genova, che lo alienarono nel 1879 a Carlo e Luigi Fiori. Dopo molti anni di in cui fu abbandonato, riassunse una funzione abitativa. È proprietà privata.

Montesegale[10]. Rocca edificata dai Gamberana su di un'altura del paese: oggigiorno è un complesso di costruzioni e corti risalenti a differenti periodi[11]. Proprietà privata.

Pietra de' Giorgi[12]. Il complesso del castello di Pietra de' Giorgi presenta all'interno del suo recinto la rocca (proprietà privata) ed un palazzo attualmente sede del Comune. Il castello, risalente con probabilità all'anno 1012, fu proprietà dei Sannazzaro, e nel 1402 fu distrutto ad opera dei Beccaria, i quali in seguito lo restaurarono. Il paese prese il nome di Pietra Beccaria. Franceschina Beccaria sposò il nobile Antonio Giorgi, portandogli in dote Pietra. Alla morte di questi nominò erede il nipote Pio Beccaria (da quel momento si chiamerà Pio Beccaria Giorgi). Da lì nacque la disputa ereditaria tra il Beccaria Giorgi ed i conti Giorgi di Vistarino. La controversia venne sbrogliata con l'assegnazione della rocca a Pio Beccaria Giorgi ed il palazzo (ora Municipio), ubicato all'interno della recinzione del castello, ai Giorgi di Vistarino. Questo palazzo venne alienato dai conti Giorgi di Vistarino a Giuseppina Meardi Leidi nel 1864, e da quest'ultima venduto al Comune nel 1877. La rocca di contro passò per eredità agli Eotwos, ai Dal Pozzo e ai Dosi.

  • 'Castello di Oramala Celeberrimo, innalzato anteriormente al Mille, anche se la prima attestazione scritta è dell'anno 1029, fu dei potenti marchesi Malaspina, che ne fecero il fulcro di uno dei più importanti marchesati del nord Italia, e che quasi senza interruzione di continuità lo ebbero sino al termine del Settecento. Ciò che ne rimane è solo una parte del grande complesso (le mura presentano uno spessore di 2,4 metri). Nel 1986 iniziò la lunga e complessa campagna di ricostruzione/ restauro. Proprietà privata.

Stefanago[13]. Il castello, che sorge sulla cima di un colle, venne riattato nel 1477, ma la torre monta al secolo XII: è sede di una azienda agricola.

Lo stesso argomento in dettaglio: Castello di Zavattarello.

Zavattarello[14]. Il castello è citato in alcuni Diplomi degli anni 971 e 972 (proprietà del Vescovo di Bobbio). Il feudo fu motivo di contesa tra Pavia e Piacenza, di cui diventa possesso. Senza addentrarci nei complessi passaggi feudali, ricordiamo che Zavattarello fu possesso dei Vescovi di Bobbio, che lo infeudarono ai Landi, i quali avevano sconfitto i nemici Scotti (1264), e al celebrato Jacopo Dal Verme di Verona (1385). Da allora fu proprietà del Casato (con le brevi interruzioni legate alle figure di Galeazzo Sanseverino e Bernardino della Corte) sino al 1975, quando i discendenti lo donarono al Comune. La rocca, abbandonata dai Dal Verme per la Seconda guerra mondiale, fu campo di scontri bellici (e gravemente danneggiata da un incendio nel 1944). Il maniero venne restaurato a partire dal 1987. Attualmente è sede di un museo di arte contemporanea.

Cultura

Musica e balli

Lo stesso argomento in dettaglio: Danze delle quattro province.

La musica dell'Oltrepò pavese, compreso nell'area delle Quattro province, è tradizionalmente eseguita con piffero dell'Appennino, müsa e fisarmonica. La müsa, una cornamusa appenninica ad un solo bordone, è forse lo strumento più caratteristico e che attira le maggiori curiosità. Al giorno d'oggi vi sono solo un paio di costruttori e anche i suonatori sono rimasti in pochi. Lo strumento cadde in disuso ad inizio del XX secolo, soppiantata dalla più moderna fisarmonica. Negli ultimi anni è ricomparsa ed è tornata ad accompagnare il piffero, unendosi addirittura alla fisarmonica. È possibile ascoltare i suonatori di questi strumenti alle feste da ballo nei paesi e nelle frazioni montane (o in quelli delle tre province limitrofe) o in alcuni festival folkloristici che si tengono in estate.

In occasione di sagre, feste del patrono, festival folkloristici, celebrazioni della Pasqua (Romagnese) o del Carnevale è possibile assistere all'esibizione degli strumenti tipici che eseguono musiche da ballo come la giga (a due o a quattro), la monferrina o l'alessandrina. In particolare il paese di Cegni ha conservato la tradizione del carnevale, con la storia della povera donna che deve sposare l'uomo brutto che viene rappresentata con la partecipazione di tutta la frazione e di molti turisti il sabato grasso e il 16 di agosto. Presente la tradizione del calendimaggio che nell'alta val Tidone prende il nome di galina grisa.

Economia

Vite nell'Oltrepò pavese

Sono coltivati soprattutto la vite (vino DOC Oltrepò Pavese) in collina, frumento, mais e barbabietola da zucchero nella pianura (che, a differenza del resto della provincia di Pavia, è asciutta).

Nella fascia collinare, ricca di vigneti, vi sono oltre 4000 cantine, che danno lavoro ad una discreta quantità di residenti e muovono un discreto giro d'affari.

Nella fascia montana, un territorio poco conosciuto, lavorano ancora piccoli produttori di formaggi, miele, salumi (Salame di Varzi), frutta, produttori che hanno scelto di allevare animali autoctoni in via d'estinzione, produttori che con il loro operato lottano contro l'abbandono del territorio e contribuiscono al recupero dei terreni incolti, e ristoratori che utilizzano questi prodotti per riproporre i piatti tipici.

Comunicazioni

L'Oltrepò Pavese si trova tra grandi linee di comunicazione dato che si trova tra Pavia, Alessandria e Piacenza. Il capoluogo dell'Oltrepò pavese, Voghera dista 120 km da Torino, 40 km da Alessandria, 30 km da Pavia, 64 km da Piacenza, 64 km da Milano e 100 km da Genova.

Ex comuni dell'Oltrepò pavese

Lo stesso argomento in dettaglio: Provincia di Bobbio.

Questi sono i comuni odierni che sono passati all'Emilia-Romagna o alla Liguria negli anni venti, ed erano parte dell'Oltrepò pavese:

Furono staccati per un breve periodo dall'Oltrepò pavese (1923-1925) e annessi alla Provincia di Piacenza anche Romagnese, Ruino, Valverde e Zavattarello.

Note

Voci correlate

  Portale Lombardia: accedi alle voci di Wikipedia che parlano della Lombardia

Template:Pavese