Età napoleonica

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Jacques-Louis David, Napoleone attraversa il passo del Gran San Bernardo durante la campagna d'Italia nel 1796, olio su tela, 1800. È uno dei più celebri dipinti celebrativi dell'epopea napoleonica

Con età napoleonica, nella storiografia contemporanea, s'intende il periodo della storia contemporanea che va dalla discesa di Napoleone Bonaparte in Italia (1796), ovvero sul finire della Rivoluzione francese, al Congresso di Vienna (1815) ovvero fino alla Restaurazione, a cavallo dunque di XVIII e XIX secolo, caratterizzato dall'ascesa e affermazione al potere di Napoleone con il suo impero e la sua ideologia politica (bonapartismo). Rappresenta la prima fase storica della storia contemporanea europea.

Ascesa al potere di Napoleone[modifica | modifica wikitesto]

Le nuove guerre della Francia[modifica | modifica wikitesto]

Come aveva fatto l'assemblea legislativa nel 1792, il Direttorio cercò nella guerra la via per distogliere l'attenzione dei francesi dai problemi economici e di politica interna; una guerra vittoriosa avrebbe inoltre rafforzato lo spirito nazionale. Fu così lanciata nel 1796 una grande offensiva contro l'Austria, che fu attaccata nei suoi dominii sia nell'Europa centrale sia in Italia. Il grosso dell'esercito francese rimase bloccato in Germania, mentre l'armata d'Italia, comandata da Napoleone Bonaparte, un generale ventisettenne d'origine còrsa, che si era "fatto le ossa" durante le guerre rivoluzionarie, ottenne successi spettacolari.

Napoleone sconfisse ripetutamente i piemontesi e gli austriaci ed entrò trionfalmente a Milano il 15 Maggio 1796. Poi avanzò rapidamente verso Vienna, giungendo a soli 100 chilometri dalla capitale nemica.[1][2][3] Con il trattato di Campoformio, stipulato il 17 ottobre 1797, l'Austria dovette cedere la Lombardia e il Belgio alla Francia, ricevendo in cambio Venezia e il Veneto (che Napoleone aveva occupato), l'Istria e la Dalmazia. L'antica repubblica veneta perdeva l'indipendenza dopo circa mille anni, ed entrava a far parte dei domini asburgici.

Le repubbliche "sorelle"[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Repubbliche sorelle.

Nei territori conquistati il Direttorio favorì la nascita di repubbliche con costituzioni simili a quella francese del 1795. Il direttorio era convinto che le conquiste della Rivoluzione francese si sarebbero consolidate solo se fossero nate in Europa delle "repubbliche sorelle" - chiamate pure giacobine - che condividevano con la "Grande madre" gli stessi princìpi costituzionali e gli stessi ideali rivoluzionari. In Italia, tra il 1796 e il 1799, nacquero quattro repubbliche: la cisalpina (composta da Lombardia, Emilia-Romagna e parte del Veneto), la ligure, la romana (sui territori dello Stato Pontificio, che costrinse il papa a fuggire in esilio) e la napoletana (su quelli invece del Regno di Napoli, che portarono la corte borbonica in esilio ad installarsi nel Regno di Sicilia). Fuori dall'Italia, invece, si formarono la Repubblica elvetica e quella olandese.

La campagna in Egitto[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Campagna d'Egitto.

Grazie alle sue vittorie, Napoleone divenne padrone della vita politica francese. Nel 1798 il Direttorio volle attaccare la Gran Bretagna. Poiché era impossibile colpire direttamente la potente isola, il governo francese affidò a Napoleone il compito di conquistare l'Egitto per interrompere i commerci con l'India. Napoleone sbaragliò le truppe del governatore d'Egitto nella battaglia delle Piramidi, ma pochi giorni dopo la flotta inglese, al comando dell'ammiraglio Horatio Nelson, distrusse quella francese nella rada di Abukir. Pur vincitore a terra, Napoleone era bloccato in Africa. In sua assenza, nella primavera del 1799 gli austriaci sconfissero le armate francesi e tornarono in possesso dell'Italia. Le "Repubbliche sorelle", prive dell'appoggio delle popolazioni, caddero rapidamente.

Colpo di Stato[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Colpo di Stato del 18 brumaio.

In Francia, nel frattempo, il Direttorio, in difficoltà e attaccato sia dai monarchici sia dai giacobini, decise di ricorrere ancora ai militari e organizzò un colpo di Stato. Il 9 novembre 1799 Napoleone, rientrato dall'Egitto e accolto come trionfatore, assunse il titolo di primo console. Napoleone ricominciò subito le sue vittoriose campagne militari. Nel 1800, sconfiggendo a Marengo gli austriaci, riprese possesso dell'Italia. Sui territori della vecchia repubblica cisalpina, a cui si aggiunsero alcuni territori piemontesi e veneti, i francesi fondarono una Repubblica italiana con Bonaparte come presidente. Tra il 1801 e il 1802, dopo altre guerre vittoriose, Napoleone concluse con austriaci e inglesi paci vantaggiose per la Francia.[4] La Repubblica francese non aveva più nemici sul continente. Sull'onda delle vittorie militari, Napoleone rafforzò sempre più il suo potere personale: si fece nominare console a vita (1802), infine imperatore (2 dicembre 1804), ponendo sul proprio capo la corona imperiale alla presenza di Papa Pio VII. Nacque così il primo impero francese.[5]

Conquista dell'Europa[modifica | modifica wikitesto]

Le guerre del generale vittorioso Bonaparte[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Guerre napoleoniche.

Tra il 1805 e il 1814 numerose guerre si susseguirono in modo quasi continuo tra la Francia e le varie potenze europee, riunite in diverse coalizioni antifrancesi sempre sostenute dalla Gran Bretagna, il nemico irriducibile. Questo susseguirsi di guerre portò Napoleone a essere, sia pure per pochi anni, l'assoluto dominatore della politica europea. Sulla terraferma gli eserciti napoleonici non avevano rivali. Napoleone sconfisse gli austriaci e i russi ad Austerlitz (1805) e i prussiani a Jena (1806). Sul mare, però, a prevalere era l'Inghilterra: quando, nel 1805, Napoleone preparò l'invasione dell'Inghilterra, la flotta francese fu distrutta a Trafalgar, al largo di Cadice, dall'ammiraglio Nelson. Napoleone cercò allora di danneggiare i rivali attuando il blocco dei traffici mercantili per l'Inghilterra per soffocarne l'economia (il cosiddetto blocco continentale). La mossa, però, non fu sufficientemente efficace.

I familiari sul trono d'Europa[modifica | modifica wikitesto]

Sulle ceneri dell'Europa Napoleone riorganizzò il proprio dominio personale. Parte dell'Italia centro-settentrionale fu annessa all'impero francese. Il regno di Napoli, conquistato nel 1806, fu assegnato al fratello di Bonaparte, Giuseppe, e poi al cognato Gioacchino Murat. Molti altri regni d'Europa sconfitti, o nuovi regni creati dalle conquiste napoleoniche, furono assegnati a membri della famiglia Bonaparte: il fratello Luigi divenne re d'Olanda, il fratello Girolamo divenne re di Vestfalia, uno degli stati della Confederazione del Reno, l'insieme degli stati tedeschi a loro volta soggetti alla Francia, e infine il fratello Giuseppe, già re di Napoli, divenne nel 1808 re di Spagna. Jean-Baptiste Jules Bernadotte, cognato del fratello Giuseppe, ascese invece al trono di Svezia adottato dal re.

Padrone dell'Europa[modifica | modifica wikitesto]

Le guerre napoleoniche portarono alla scomparsa, nel primo caso in breve tempo, nel secondo caso in via definitiva, di due stati di tradizione millenaria. Lo Stato pontificio fu annesso all'impero francese nel 1809 e il Papa Pio VII, lo stesso che aveva incoronato Napoleone, venne esiliato in Francia. Il Sacro romano impero cessò di esistere, dato che i territori tedeschi soggetti alla dinastia degli Asburgo erano ormai tutti sottomessi alla Francia. Dopo avere ancora una volta sconfitto gli austriaci a Wagram, nel 1809, nel 1810 Napoleone pensò di unificare sotto un'unica dinastia Francia e Austria.[6] Così, dopo avere divorziato dalla prima moglie, Giuseppina, sposò Maria Luisa, figlia dell'imperatore d'Austria. Tuttavia il figlio nato da quel matrimonio, Napoleone II, non avrebbe fatto in tempo a regnare. Al massimo della sua potenza, tra il 1811 e il 1812, Napoleone dominava direttamente o attraverso accordi vantaggiosi per la Francia tutto il continente. Si sottraevano dalla sua influenza solo la Russia e l'Inghilterra.[7]

Il governo napoleonico[modifica | modifica wikitesto]

Napoleone, l'esercito e la Francia[modifica | modifica wikitesto]

Napoleone Bonaparte ebbe un rapido successo, i motivi furono i seguenti: in primo luogo, l'importanza assunta dall'esercito nella vita politica. La Rivoluzione aveva creato un esercito profondamente diverso da quello pre-rivoluzionario, cioè un esercito popolare. Mentre nella Francia dell'Antico regime gli alti ufficiali erano aristocratici, nel corso della Rivoluzione anche cittadini di origine borghese e popolare potevano fare carriera nell'esercito, come del resto era accaduto proprio a Napoleone. Quest'ultimo lo sapeva bene, e la sua forza fu sempre legata alla sua popolarità tra i soldati e alle sue conquiste. Inoltre l'introduzione del principio meritocratico per la scalata delle gerarchie militari offriva all'esercito napoleonico un enorme vantaggio tattico sugli antiquati eserciti dell'Ancient Regime. In terzo luogo, Napoleone seppe dare una risposta alle esigenze della società francese in un momento di grande difficoltà. Napoleone offrì alla maggioranza della popolazione, che era stanca dei continui cambiamenti politici, e alla borghesia, che voleva sviluppare i propri affari, un potere politico forte, stabile e nuovamente centralizzato, pur continuando a mostrare una parvenza di Stato repubblicano che lo distinguesse dalla monarchia borbonica: lo stesso Napoleone fu incoronato "Imperatore dei francesi" e non "di Francia". Egli si pose come "l'uomo nuovo", capace di porre fine agli eccessi della rivoluzione senza però rinunciare alle sue conquiste.[1][2][3]

Il governo di Napoleone[modifica | modifica wikitesto]

I provvedimenti legislativi di Napoleone trasformarono la società francese, e al tempo stesso, seppero frenare le opposizioni e assicurargli un ampio consenso. All'interno, il governo di Napoleone fu autoritario, tradendo così gli obiettivi di libertà e partecipazione che erano stati alla base della Rivoluzione. Grazie a un efficiente sistema poliziesco, assunse il pieno controllo del mondo politico e intellettuale, perseguitando ogni opposizione. La libertà di stampa fu soppressa e Parigi si ridusse ad avere solo quattro giornali (tutti favorevoli al governo) contro i 335 che aveva nel 1790.[1][2][3] Nella sua opera legislativa, Napoleone mirò in primo luogo ad assicurare l'autorità dello stato, rinforzando il potere centrale, cioè il suo. Egli formò un ampio corpo di funzionari (o burocrazia), tra i quali gli ispettori e i prefetti, che garantivano che le direttive del governo fossero attuate rapidamente in tutto l'impero. La carriera nella burocrazia si aprì anche ai borghesi e ai popolani, cioè le classi vincitrici della Rivoluzione, e, come quella militare, divenne occasione di mobilità sociale. In campo scolastico fu creato un sistema d'istruzione superiore gestito dallo stato per formare una classe dirigente fatta d'ingegneri, giuristi e amministratori. L'attività economica fu agevolata, anche mediante l'istituzione della Banca di Francia, e protetta dalla concorrenza straniera con barriere doganali. Napoleone pose riparo anche alla frattura tra la Chiesa e molti cattolici francesi e la Rivoluzione. Abolì le leggi sul clero e nel 1801 firmò un concordato che riconosceva il cattolicesimo "religione della grande maggioranza dei francesi" e finanziava la Chiesa. Anche il calendario rivoluzionario, senza domeniche e senza festività religiose, fu abolito.[8]

Il Codice civile[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Codice napoleonico.

Il risultato più importante e destinato a durare dell'attività di Napoleone fu il Codice civile (1804), un insieme di leggi che regolano i rapporti fra i cittadini in tema di matrimonio, famiglia, proprietà, lavoro. Il codice Napoleonico diede certezza e uniformità alle leggi francesi, mantenendo alcune delle più importanti conquiste della Rivoluzione: abolizione dei privilegi feudali, garanzia della proprietà privata, anagrafe per riconoscere l'individuo come vero cittadino di uno stato, libertà di iniziativa economica, uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, istruzione laica, libertà religiosa, libertà di lavoro. Su alcuni aspetti, in particolare per quanto concerne la condizione femminile, il Codice fece però dei passi indietro rispetto alla legislazione del periodo rivoluzionario: la donna, che all'interno della famiglia aveva conquistato una posizione paritaria nei confronti del marito, tornò a essere considerata inferiore all'uomo.[9]

Francesi e Italia[modifica | modifica wikitesto]

Le speranze dei "giacobini" italiani[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Triennio giacobino.

Sul finire del Settecento, in Italia si era ormai andato formando sulla scorta delle idee illuministe un movimento politico, composto in prevalenza da esponenti del ceto medio borghese (professionisti, imprenditori, studenti, intellettuali), che, sull'onda della Rivoluzione francese, venne definito "giacobino", benché dai giacobini veri e propri se ne differenziasse per l'esser maggiormente moderato rispetto alle loro storiche istanze. In questo movimento erano presenti almeno due orientamenti: uno moderato e liberale, che propendeva per l'instaurarsi d'un regime monarchico costituzionale, e l'altro più politicamente radicale e schiettamente repubblicano. I "giacobini" italiani salutarono gli avvenimenti della Rivoluzione francese come l'inizio di una nuova era che avrebbe posto fine all'assolutismo e al dominio straniero in Italia. In particolare accolsero con entusiasmo, nel 1796, l'avanzata di Napoleone nella penisola e ed il costituirsi da parte delle sue truppe delle "repubbliche sorelle": cisalpina, ligure, romana e napoletana.[10]

La disillusione e la repressione dei giacobini[modifica | modifica wikitesto]

Presto, però, arrivò la disillusione: alla prova dei fatti fu chiaro che Napoleone e il Direttorio agivano nell'esclusivo interesse della Francia. Nel 1797, infatti, Napoleone concluse la guerra con l'Austria sottoscrivendo il trattato di Campoformio, con il quale otteneva il riconoscimento dell'egemonia francese sulla Repubblica cisalpina, mentre smembrò la Repubblica veneta assegnando Bergamo e Brescia alla Repubblica cisalpina ed i territori del Veneto, dell'Istria e della Dalmazia all'Austria. Il trattato di Campoformio provocò tra i patrioti italiani grande delusione dunque.[11] Nel 1799 le sconfitte patite poi dai francesi ad opera degli austriaci e dei russi decretarono la fine delle repubbliche e l'inizio di una dura repressione contro i giacobini, accompagnata da violente sollevazioni popolari, prevalentemente contadine, ostili ai governi repubblicani.[12]

Il nuovo dominio napoleonico[modifica | modifica wikitesto]

La seconda fase del dominio francese in Italia prese il via con la conquista della penisola italiana iniziata da Napoleone nel 1800 e conclusasi nel 1809. Nel 1805 Napoleone si fece proclamare re d'Italia (sui territori della ex Repubblica italiana). Alla fine l'Italia risultò così divisa e organizzata:

  • territori appartenenti al Regno d'Italia (affidati al viceré Eugenio de Beauharnais, figlio della prima moglie di Napoleone, Giuseppina, che faceva le veci del re, il patrigno);
  • territori direttamente annessi all'Impero napoleonico;
  • territori affidati a membri della famiglia imperiale.[1][2][3]

La dominazione francese si fece allora assai dura e pesante: immense risorse furono saccheggiate e migliaia di uomini furono costretti, dalla leva obbligatoria, a combattere e morire nelle campagne militari di Napoleone. Dal punto di vista economico, inoltre, il dominio francese danneggiò l'Italia a causa di una politica doganale che favoriva le importazioni dalla Francia e scoraggiava le esportazioni, mentre il "blocco continentale" contro gli inglesi causò gravi conseguenze sui commerci marittimi italiani.[13]

L'eredità del dominio napoleonico in Italia[modifica | modifica wikitesto]

Il dominio napoleonico ebbe però anche effetti positivi per la società italiana, soprattutto nel Regno d'Italia, dove furono introdotte riforme importanti e incisive: abolizione delle dogane interne, unificazione del sistema monetario, dei pesi e delle misure, miglioramento del sistema fiscale, costruzione di strade, canali e ponti ed il potenziamento dell'istruzione superiore.[11] Particolarmente importante fu poi l'adozione degli stessi codici (civile, penale e del commercio) che Napoleone aveva introdotto in Francia. Anche nel Regno di Napoli l'amministrazione francese introdusse importanti cambiamenti: l'abolizione della feudalità e la vendita delle proprietà ecclesiastiche, che favorirono la crescita della borghesia terriera. In generale, la borghesia italiana fu per la prima volta massicciamente coinvolta nell'amministrazione statale e fu educata a un nuovo senso di lealtà verso lo stato e la funzione pubblica. Come in altre parti d'Europa, inoltre, maturò il sentimento di appartenere ad una nazione.[1][2][3]

I furti d'arte napoleonici[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Spoliazioni napoleoniche.

Notevoli furono le opere d'arte che i governi napoleonici esportarono per la costituzione del Museo Napoleone, futuro Louvre, a titolo di indennizzo. Napoleone attuò nel campo dei beni culturali una politica di spoliazione delle nazioni vinte, appropriandosi di opere d'arte dai luoghi di culto, dalle corti e dalle collezioni private delle famiglie nobili dell'Ancien régime che, a scopi propagandistici, trasferiva in prima battuta nel palazzo del Louvre di Parigi dove aveva voluto nel 1795 il Musée des Monuments Français oltre che in altri musei di Francia. All'indomani della sconfitta di Napoleone nella battaglia di Waterloo (18 giugno 1815) tutti i regni d'Europa inviarono a Parigi propri commissari artistici per pretendere la restituzione delle opere trafugate o il loro risarcimento (per esempio Antonio Canova partecipò in rappresentanza dello Stato Pontificio). Circa metà delle opere d'arte esportate a vario titolo durante l'occupazione militare francese non vennero restituite e costituiscono oggi il nucleo dei cosiddetti Furti Napoleonici.

La crisi e la caduta[modifica | modifica wikitesto]

Le proteste contro il dominio napoleonico[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Pasque veronesi, Insurrezione calabrese e Massacro di Lauria.

In un primo tempo, Napoleone fu considerato dai popoli conquistati come un liberatore da regimi assolutisti e corrotti.Successivamente, però, fu visto come un tiranno, che spegneva ogni libertà e depredava ricchezze.[1][2][3] Le Pasque veronesi furono un episodio d'insurrezione della città di Verona e dei suoi dintorni contro le truppe di occupazione francesi, comandate dal generale Napoleone Bonaparte. Furono così chiamate anche per assonanza con i Vespri siciliani. La rivolta, scoppiata per via dell'oppressione francese in città (durante il loro soggiorno a Verona vi furono confische di beni ai cittadini e complotti per tentare di rovesciare l'amministrazione locale), iniziò la mattina del 17 aprile 1797, Lunedì dell'Angelo: la popolazione esasperata riuscì a mettere fuori combattimento più di mille soldati francesi, soprattutto nelle prime ore della battaglia, mentre i militi francesi cercavano di rifugiarsi nei castelli della città, successivamente presi d'assalto. L'insurrezione terminò il 25 aprile 1797 con l'accerchiamento della città da parte di 15 000 soldati: le conseguenze a cui la città e i cittadini dovettero far fronte furono principalmente il pagamento di ingenti somme e le razzie di opere d'arte e di beni.La ricostruzione dell'esatto andamento degli eventi ha dato vita a un dibattito e alla nascita di alcune controversie dovute a talune differenze tra ciò che riportano le fonti veronesi e quelle francesi che si sono protratte fino agli anni 2000 investendo anche il dibattito politico locale. Il massacro di Lauria fu una strage compiuta tra il 7 ed il 9 agosto 1806 dalle truppe napoleoniche comandate dal generale Andrea Massena a danno della popolazione locale che si era ribellata all'occupazione francese parteggiando per la corona borbonica. L'insurrezione calabrese (chiamata anche guerra d'insurrezione calabrese) fu una guerra della terza coalizione svoltasi nel Regno di Napoli tra il 1806 e il 1809, combattuta da formazioni di volontari contro l'esercito francese nei territori di Calabria e Basilicata. A poco a poco, i popoli europei cominciarono a ribellarsi. I primi furono gli spagnoli, che sin dal 1808, con l'appoggio inglese, combatterono l'esercito napoleonico con una dura guerriglia, sino a cacciarlo dalla Spagna nel 1813. Anche in altri paesi europei, come la Germania, l'opposizione a Napoleone divenne sempre più radicale verso la fine del primo decennio dell'Ottocento.[1][2][3]

La disfatta di Russia[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Campagna di Russia.

La crisi definitiva dell'impero napoleonico fu provocata da una disfatta militare. Napoleone decise di attaccare l'impero russo, sia per estendere ulteriormente i domini francesi, sia perché lo zar non voleva rinunciare agli scambi commerciali con l'Inghilterra, grande acquirente del grano russo. La campagna di Russia, iniziata nel giugno del 1812, ebbe un inizio travolgente. L'esercito forse più numeroso mai organizzato fino a quella data, circa seicentomila uomini, non solo francesi, ma provenienti da tutti i paesi dell'impero, penetrò profondamente nel territorio russo.[14] Contrariamente alle previsioni, però, il generale russo Kutuzov evitò il più possibile lo scontro diretto, nel quale i francesi avrebbero probabilmente avuto la meglio. Egli preferì ritirarsi, distruggendo o facendo portare via dalla popolazione cibo, raccolti e animali. Le truppe francesi entrarono a Mosca, ma quasi tutti gli abitanti l'avevano abbandonata e la città era in fiamme. Privi di rifornimenti, i francesi iniziarono una disastrosa ritirata nel gelo dell'inverno russo, continuamente colpiti sui fianchi dagli attacchi nemici. Alla fine della ritirata, non più di 20.000 uomini fecero ritorno in Francia.

Sconfitta, "cento giorni" ed esilio[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Cento giorni.

Nell'ottobre del 1813, a Lipsia, una coalizione di potenze europee inflisse a Napoleone una dura sconfitta. Il 31 marzo 1814 le truppe degli stati che si erano uniti contro Napoleone entrarono a Parigi: il 6 aprile Napoleone abdicò, ottenendo la sovranità dell'Isola d'Elba. Sul trono francese ritornarono i Borbone, con il fratello di Luigi XVI che assunse il titolo di Luigi XVIII.[15] L'ultima avventura di Napoleone, chiamata i "cento giorni", iniziò il 1º marzo 1815: sbarcato a Cannes, nella Francia meridionale, con pochi uomini, marciò su Parigi, dove entrò il 20 marzo, mentre Luigi XVIII fuggiva in Belgio.[16] I soldati mandati a fermare Napoleone, che nella maggior parte dei casi erano gli stessi che per anni avevano combattuto sotto il suo comando, si unirono a lui. Immediatamente si riformò un'alleanza antifrancese, cui aderirono Inghilterra, Austria, Russia, Prussia e Svezia. L'ultima grande battaglia di Napoleone si svolse a Waterloo, presso Bruxelles, il 18 giugno 1815. Egli cercò di battere separatamente l'esercito inglese prima che si congiungesse con quello prussiano, ma la disperata resistenza degli inglesi diede ai prussiani il tempo di arrivare e di schiacciare le truppe francesi ormai decimate dalla battaglia. Napoleone abdicò per la seconda volta e fu esiliato nell'isolotto di Sant'Elena, in pieno Atlantico. Qui morì il 5 maggio 1821.[17]

L'eredità di Napoleone[modifica | modifica wikitesto]

Il giudizio storico sul dominio napoleonico non può limitarsi al suo carattere oppressivo e di sfruttamento. Infatti, l'introduzione del Codice Civile nei Paesi conquistati ebbe come conseguenza un'importante diffusione delle conquiste della Rivoluzione francese (per esempio, l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e la laicità dello stato) e segnò l'inizio di un cambiamento profondo che non si sarebbe più fermato.[18]

Il pensiero e le arti[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Bonapartismo, Neoclassicismo, Preromanticismo e Idéologues.

Lo stile Impero[modifica | modifica wikitesto]

Parigi: facciata monumentale di Palazzo Borbone

Sotto l'aspetto culturale l'età napoleonica è caratterizzata dalla "naturale prosecuzione di quel momento di trapasso fra Illuminismo e Romanticismo, che già s'era visto emergere negli ultimi anni del Settecento.

Giovanni Getto affermò che l'età napoleonica è un momento nel quale:

«Riaffiorano le due correnti già individuate nel secolo Settecento, in cui s'esprimeva, diversamente ma in fondo in maniera complementare, il tramonto dell'Illuminismo e la faticosa gestazione della nuova civiltà romantica: il Neoclassicismo ed il Preromanticismo

Con l'ascesa di Bonaparte, l'architettura, l'arredamento, le arti decorative e le arti visive confluirono nel cosiddetto stile Impero, dove i temi del neoclassicismo furono strumentalizzati a fini politici. Architetti quali Charles Percier e Pierre-François-Léonard Fontaine ed artisti come Jacques-Louis David contribuirono all'affermazione e alla diffusione in gran parte d'Europa di uno stile fortemente celebrativo, volto a riportare in auge i fasti della Roma imperiale.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g L'età napoleonica (PDF), su vitellaro.it. URL consultato il 24 ottobre 2020 (archiviato dall'url originale il 13 maggio 2015).
  2. ^ a b c d e f g Giuseppe Esposito, La Rivoluzione Francese e l'età napoleonica (PDF), su academia.edu, 10 giugno 2014. URL consultato il 24 ottobre 2020 (archiviato il 5 gennaio 2015).
  3. ^ a b c d e f g Lucia Gangale, L'età napoleonica (PDF), su educational.rai.it, Rai Educational. URL consultato il 24 ottobre 2020.
    «La Rivoluzione Francese aeva travolto l’Antico regime ed affermato una nuova visione della politica e della società, ma era degenerata nel Terrore, con processi sommari contro chi era sospettato di essere contro Robespierre. li eccessi giacobini avevano quindi portato alla caduta ed alla esecuzione di Robespierre. Le finanze pubbliche erano stremate, la Francia allo sbando. In questa situazione si afferma l’astro di Napoleone Bonaparte, giovane generale corso che gode dell’appoggio dei francesi grazie ai suoi successi militari. Il quindicennio napoleonico sarà destinato a cambiare profondamente la società europea ed a rinnovare le sue strutture politiche e amministrative.»
  4. ^ Dalla Rivoluzione francese all'età napoleonica (Video riassunto del '700), su youtube.com. URL consultato il 24 ottobre 2020.
  5. ^ Età napoleonica riassunto, su scuolissima.com. URL consultato il 24 ottobre 2020 (archiviato il 12 febbraio 2018).
  6. ^ Massimo L. Salvadori, Napoleone Bonaparte, in Enciclopedia dei ragazzi, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2006. URL consultato il 24 ottobre 2020.
  7. ^ La Francia e l'Europa nell'età napoleonica (Capitolo 11) (PDF), su bastianelli.net. URL consultato il 22 ottobre 2020 (archiviato dall'url originale il 28 maggio 2016).
  8. ^ Carlo Pioppo, La difficile costruzione di un equilibrio. Il concordato del 1802 tra la santa sede e la Francia (PDF), su isje.org, 2005, pp. 488-493. URL consultato il 24 ottobre 2020 (archiviato il 27 ottobre 2020).
  9. ^ Età napoleonica in Italia (1800-1815), su internetculturale.it. URL consultato il 25 ottobre 2020 (archiviato il 15 maggio 2015).
  10. ^ Narciso Nada, L’Italia e l’Europa nell’età della Rivoluzione francese e di Napoleone - Italia giacobina e napoleonica, su dizionaripiu.zanichelli.it, Zanichelli. URL consultato il 25 ottobre 2020 (archiviato il 21 febbraio 2020).
  11. ^ a b E-learning Università degli Studi di Teramo (PDF), su patto.unite.it. URL consultato l'11 marzo 2016 (archiviato il 12 marzo 2016).
  12. ^ L'eta' napoleonica in italia, su riassumendo.blogspot.it. URL consultato il 25 ottobre 2020 (archiviato il 16 maggio 2018).
  13. ^ Gianvito Difilippo, Età napoleonica – neoclassicismo – preromanticismo, su slideshare.net, 8 ottobre 2013. URL consultato il 25 ottobre 2020 (archiviato il 16 giugno 2016).
  14. ^ L'età napoleonica, su sapere.it. URL consultato il 25 ottobre 2020 (archiviato il 4 febbraio 2020).
  15. ^ Età napoleonica, su mondostoria.it. URL consultato il 25 ottobre 2020 (archiviato dall'url originale il 12 marzo 2016).
  16. ^ C.M., Età napoleonica (1800-1814), su ottocentoferrarese.it, 2011. URL consultato il 25 ottobre 2020 (archiviato il 10 novembre 2018).
  17. ^ Tesina di Storia - L'età Napoleonica, su inftub.com. URL consultato il 25 ottobre 2020 (archiviato il 1º novembre 2019).
  18. ^ Età napoleonica, su epertutti.com. URL consultato il 25 ottobre 2020 (archiviato il 14 agosto 2020).

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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