Raphus cucullatus: differenze tra le versioni

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Il '''dodo''' o '''dronte''' ('''''Raphus cucullatus''''' {{zoo|[[Linneo|Linnaeus]]|1758}}) era un [[uccelli|uccello]] [[Columbiformes|columbiforme]] della [[famiglia (tassonomia)|famiglia]] [[Columbidae]], [[Endemismo|endemico]] dell'isola di [[Mauritius]].<ref name=IOC>{{IOC |titolo=Family Columbidae |url=http://www.worldbirdnames.org/bow/pigeons/|accesso= 19 febbraio 2018}}</ref> Era incapace di volare, si nutriva di frutti e nidificava a terra.


Il '''dodo''' ('''''Raphus cucullatus''''' {{zoo|([[Linneo|Linnaeus]]|1758)}}) è un uccello [[Estinzione|estinto]] incapace di volare [[Endemismo|endemico]] di [[Mauritius]], un'isola dell'[[oceano Indiano]] ad est del [[Madagascar]]. Suo parente più stretto dal [[Distanza genetica|punto di vista genetico]] era il [[Pezophaps solitaria|solitario di Rodrigues]], anch'esso scomparso, assieme al quale costituiva la [[Sottofamiglia (tassonomia)|sottofamiglia]] dei Rafini ([[Raphinae]]), un clade di specie incapaci di volare appartenente alla [[Famiglia (tassonomia)|famiglia]] che comprende [[Columbidae|tortore e colombi]]. Tra le creature tuttora [[Neontologia|viventi]], il parente più stretto del dodo è il [[Caloenas nicobarica|colombo delle Nicobare]]. Un tempo si credeva che fosse esistito anche un dodo bianco sulla vicina isola di [[La Riunione|Réunion]], ma oggi si ritiene che questa ipotesi fosse semplicemente il frutto di un errore causato da avvistamenti dell'[[Threskiornis solitarius|ibis di Réunion]], un'altra specie estinta, e all'esistenza di dipinti che raffigurano dodo bianchi.
Si estinse rapidamente nella seconda metà del [[XVII secolo]] in seguito all'arrivo sull'[[Mauritius|isola]] dei [[Portogallo|portoghesi]] e degli [[Paesi Bassi|olandesi]].


I resti [[Subfossile|subfossili]] indicano che il dodo misurava circa 1 metro di altezza e poteva pesare in natura 10,6-17,5 kg. Il suo aspetto in vita è testimoniato solo da disegni, dipinti e resoconti scritti del XVII secolo. Poiché gli esemplari ritratti variano considerevolmente, e poiché sappiamo che solo alcune delle illustrazioni sono state tratte da esemplari vivi, quale fosse l'aspetto esatto del dodo in vita rimane tuttora un mistero e il suo comportamento è poco conosciuto. È stato raffigurato con un [[piumaggio]] grigio-brunastro, piedi gialli, un ciuffo di penne al posto della coda, una testa grigia e glabra e un becco nero, giallo e verde. Utilizzava [[Gastrolite|gastroliti]] che lo aiutavano a [[Digestione|digerire]] ciò di cui si nutriva, frutta a quanto pare, e si ritiene che il suo [[habitat]] principale fossero le aree boschive delle aree costiere più asciutte di Mauritius. Una testimonianza afferma che la sua covata consisteva in un singolo uovo. Si presume che il dodo avesse perso la capacità di volare a causa della grande disponibilità di cibo e della relativa assenza di predatori sull'isola. Sebbene il dodo sia stato descritto in passato come un uccello grasso e goffo, oggi si pensa che sia stato una specie perfettamente adattata al suo ecosistema.
== Evoluzione ==
{{dx|[[File:Dodo.jpg|thumb|Scheletro di Dodo]]}}
Si crede che il progenitore del dodo fosse arrivato a Mauritius dall'Asia Meridionale. Il suo progenitore più prossimo, noto da alcuni [[fossile|resti fossili]], doveva essere lungo circa 35&nbsp;cm, [[frugivoro]] e capace di volare.


Il primo riferimento al dodo di cui si ha notizia risale al 1598 ed è opera di alcuni marinai olandesi. Negli anni successivi, l'uccello venne cacciato da marinai e [[Specie alloctona|specie invasive]], mentre il suo habitat venne distrutto. L'ultimo avvistamento accertato risale al 1662. La sua estinzione non venne immediatamente notata e alcuni ritennero addirittura che si trattasse solo di un [[mito]]. Nel XIX secolo furono condotte ricerche su quel poco che rimaneva di quattro esemplari che erano stati portati in Europa all'inizio del XVII secolo. Tra questi resti c'era una testa essiccata, l'unico tessuto molle del dodo giunto fino a noi. Da allora, a Mauritius è stata raccolta una grande quantità di materiale subfossile, soprattutto nell'area della palude chiamata [[Mare-aux-Songes]]. L'estinzione del dodo dopo neanche un secolo dalla sua scoperta ha richiamato l'attenzione sul problema precedentemente non riconosciuto del coinvolgimento dell'uomo nella scomparsa di intere [[specie]]. Il dodo è divenuto noto al grande pubblico per il ruolo interpretato nella storia di ''[[Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie|Alice nel Paese delle Meraviglie]]'', e da allora è divenuto un protagonista fisso nella cultura popolare, spesso come simbolo di estinzione e [[obsolescenza]].
L'[[habitat|ambiente]] favorevole, la scarsità di predatori abituali, e il clima che offriva la possibilità di limitare spostamenti e migrazioni, favorirono in questi uccelli una progressiva atrofizzazione delle [[ala (zoologia)|ali]], a cui corrispose una graduale modifica delle abitudini alimentari, alla fine completamente rivolte verso una ricerca del cibo "a terra". Le modifiche strutturali selettive non interessarono solo gli arti anteriori e il [[becco]], ma riguardarono anche le dimensioni dell'animale che aumentarono dai 35&nbsp;cm di lunghezza ai 50&nbsp;cm e oltre. Il peso di questi animali si attestava attorno ai 25–30&nbsp;kg. Le dimensioni notevoli di questo uccello lo resero stazionario, quindi molto legato al suo ambiente.


== Tassonomia ==
Questi elementi avvalorano la tesi che identifica uno dei fattori determinanti nell'estinzione del dodo: l'importazione da parte dell'uomo di [[specie aliena|specie alloctone]], che danneggiarono questa specie sia direttamente (predazione) sia indirettamente (consumo frutti, distruzione o predazione uova). I suoi parenti viventi più prossimi sono probabilmente le Colombe coronate del genere ''[[Goura]]'' e il piccione dentato (''[[Didunculus strigirostris]]''), il cui nome di genere significa "piccolo dodo".
[[File:Copenhagen dodo.jpg|thumb|left|Il cranio del museo zoologico di Copenaghen, il cui esame spinse gli studiosi a classificare il dodo tra i colombi nel 1842.]]
A seconda degli studiosi, il dodo venne inizialmente considerato un piccolo [[Struthio|struzzo]], un [[Rallidae|rallo]], un [[Diomedeidae|albatro]] o un [[avvoltoio]].<ref name=HumeCheke2009>{{cita pubblicazione | doi=10.1080/08912960903101868 | autore=J. P. Hume, Anthony C. Cheke e A. McOran-Campbell | anno=2009 | titolo=How Owen 'stole' the Dodo: Academic rivalry and disputed rights to a newly-discovered subfossil deposit in nineteenth century Mauritius | rivista=Historical Biology | volume=21 | numero=1-2 | pp=33-49 | s2cid=85743497 | url=http://julianhume.co.uk/wp-content/uploads/2010/07/Hume-et-al-Owen-and-dodo.pdf | accesso=28 agosto 2015 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160321190356/http://julianhume.co.uk/wp-content/uploads/2010/07/Hume-et-al-Owen-and-dodo.pdf | urlmorto=no}}</ref> Nel 1842, lo zoologo danese [[Johannes Theodor Reinhardt]] propose che si trattasse di un [[Columbidae|colombo]] terricolo, in base all'analisi di un cranio che aveva scoperto nelle collezioni del museo di storia naturale della Danimarca.<ref>{{cita pubblicazione | autore=[[Johannes Theodor Reinhardt]] | anno=1842-1843 | titolo=Nøjere oplysning om det i Kjøbenhavn fundne Drontehoved | rivista=Nat. Tidssk. Krøyer. | volume=IV | pp=71-72}}</ref> Sebbene tale ipotesi venisse considerata ridicola, in seguito venne supportata dai naturalisti inglesi [[Hugh Edwin Strickland]] e [[Alexander Gordon Melville]] nella loro [[monografia]] del 1848 ''The Dodo and Its Kindred'', che tentava di separare il [[mito]] dalla realtà.<ref>{{cita pubblicazione | doi=10.3366/anh.2002.29.1.109 | autore=R. A. Baker e R. A. Bayliss | data=febbraio 2002 | titolo=Alexander Gordon Melville (1819–1901): The Dodo, ''Raphus cucullatus'' (L., 1758) and the genesis of a book | rivista=Archives of Natural History | volume=29 | pp=109-118}}</ref> Dopo aver [[Dissezione (anatomia)|dissezionato]] la testa e il piede [[Imbalsamazione|conservati]] dell'esemplare del museo dell'università di Oxford e averli confrontati con i pochi resti allora disponibili dell'estinto solitario di Rodrigues (''[[Pezophaps solitaria]]''), gli studiosi giunsero alla conclusione che i due erano strettamente imparentati. Strickland affermò che, sebbene non fossero simili nell'aspetto, questi uccelli condividevano molte caratteristiche distintive delle ossa delle zampe note solamente nei colombi.<ref name=Strickland4to112>{{cita|Strickland e Melville, 1848|pp. 4-112}}.</ref>


Strickland e Melville stabilirono che il dodo era [[Anatomia|anatomicamente]] simile ai colombi sotto molti aspetti. Ad esempio, accennarono alla brevissima porzione [[Cheratina|cheratinosa]] del [[becco]], con la sua parte nasale lunga, sottile e glabra. Anche altri colombi hanno una zona di pelle glabra intorno agli occhi che arriva quasi al becco, proprio come il dodo. La fronte era alta rispetto al becco e le [[Narice|narici]] erano situate in basso, al centro del becco, ed erano circondate da una zona di pelle – una combinazione di caratteristiche condivise solo con i colombi. Le zampe del dodo erano generalmente più simili a quelle dei colombi terricoli che a quelle di altri uccelli, sia dal punto di vista delle [[Squama|squame]] che da quello delle caratteristiche scheletriche. Anche il fatto che il dodo venisse sempre raffigurato con un grosso [[Gozzo (anatomia)|gozzo]] è un ulteriore punto a favore della parentela con i colombi, dal momento che in questi ultimi tale struttura è più sviluppata che in altri uccelli. I colombi hanno covate poco numerose, e si dice che il dodo deponesse un solo uovo. Come i colombi, il dodo era privo del [[Vomere (anatomia)|vomere]] e del [[Setto (anatomia)|setto]] delle narici, e condivideva con questi dettagli della [[mandibola]], dell'[[osso zigomatico]], del [[palato]] e dell'[[alluce]]. Tuttavia, il dodo differiva dagli altri colombi principalmente per le piccole dimensioni delle ali e le grandi dimensioni del becco rispetto al resto del [[cranio]].<ref name=Strickland4to112/>
== Causa dell'estinzione ==
Il mito secondo cui l'estinzione sarebbe stata dovuta alla caccia da parte dei marinai pare infondato; fonti sia portoghesi sia olandesi descrivono la carne del dodo come poco appetibile. Se il termine ''dodo'' deriva dal [[lingua portoghese|portoghese]] ''doudo'' (''doido'' in portoghese moderno) "sempliciotto", forse inteso anche come "preda facile" probabilmente per l'impacciato movimento, il termine [[lingua olandese|olandese]] ''walgvogel'' significa invece "uccello disgustoso".


{{Doppia immagine verticale|destra|Dodo head.jpg|Oxford Dodo foot.jpg|250|Schizzo della testa di Oxford realizzato prima che venisse dissezionata nel 1848.|[[Litografia]] del 1848 del piede di Oxford, dal quale è stato estratto il [[DNA]].}}
La tesi più accreditata è che il dodo si sia estinto in seguito alla distruzione del suo [[habitat]] da parte dei coloni, che condannarono il dodo [[disboscamento|disboscando]] l'isola e introducendo specie animali antagoniste come [[maiale|maiali]], [[ratto|ratti]], [[Canis lupus familiaris|cani]], [[Felis silvestris catus|gatti]] e [[scimmie]]. Un altro probabile fattore che contribuì all'estinzione della specie è la scarsa difendibilità della prole, dovuta alla nidificazione a terra e alla scarsa mobilità degli individui della specie. Sebbene infatti il sapore delle carni di questo uccello non fosse particolarmente gradito al palato dei coloni, le uova restavano comunque commestibili per alcune delle sopracitate specie antagoniste e per l'uomo stesso.
Quest'aspetto si inserirebbe verosimilmente in un'attendibile ricostruzione del quadro di eventi che ha portato all'estinzione dell'animale.


Per tutto il XIX secolo, diverse specie furono classificate come [[Specificità biologica#Conspecificità|congeneri]] del dodo, tra le quali il solitario di Rodrigues e il [[Threskiornis solitarius|solitario di Réunion]], ribattezzati rispettivamente ''Didus solitarius'' e ''Raphus solitarius'' (''Didus'' e ''Raphus'' erano entrambi nomi per indicare il genere del dodo utilizzati dagli autori dell'epoca). Una descrizione atipica del XVII secolo di un dodo e di alcune ossa trovate a Rodrigues, che ora sappiamo fossero appartenute al solitario di Rodrigues, portò [[Abraham Dee Bartlett]] a classificare una nuova specie, ''Didus nazarenus'', nel 1852.<ref>{{cita pubblicazione | doi=10.1111/j.1469-7998.1865.tb02320.x | autore=A. Newton | data=gennaio 1865 | titolo=2. On Some Recently Discovered Bones of the Largest Known Species of Dodo (''Didus Nazarenus'', Bartlett) | rivista=Proceedings of the Zoological Society of London | volume=33 | numero=1 | pp=199-201 | url=https://www.biodiversitylibrary.org/part/73894 | accesso=3 giugno 2021 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210610124345/https://www.biodiversitylibrary.org/part/73894 | urlmorto=no}}</ref> Attualmente tale nome è considerato un sinonimo di ''Pezophaps solitaria''.<ref>{{cita libro | autore=R. Lydekker | anno=1891 | titolo=Catalogue of the Fossil Birds in the British Museum (Natural History) | editore=[[Taylor & Francis]] | doi=10.5962/bhl.title.8301 | oclc=4170867 | url=https://www.biodiversitylibrary.org/bibliography/8301 | accesso=3 giugno 2021 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210610102131/https://www.biodiversitylibrary.org/bibliography/8301 | urlmorto=no | p=128}}</ref> Anche gli schizzi approssimativi del [[Aphanapteryx bonasia|rallo rosso]] di [[Mauritius]] furono interpretati erroneamente come raffigurazioni di altre specie di dodo: ''Didus broeckii'' e ''Didus herberti''.<ref>{{cita pubblicazione | doi=10.1111/j.1474-919X.1869.tb06880.x | autore=A. Milne-Edwards | anno=1869 | titolo=Researches into the zoological affinities of the bird recently described by Herr von Frauenfeld under the name of ''Aphanapteryx imperialis'' | rivista=Ibis | volume=11 | numero=3 | pp=256-275}}</ref>
Secondo alcune fonti, l'ultimo dodo sarebbe stato avvistato nel 1662;<ref>{{en}} [https://www.nature.com/nature/journal/v426/n6964/full/426245a.html Flightless birds: When did the dodo become extinct?] - Nature</ref> altre riportano il 1681 come anno dell'estinzione.<ref>{{en}} [http://animaldiversity.ummz.umich.edu/site/accounts/information/Raphus_cucullatus.html Raphus cucullatus] da AnimalDiversity</ref>


Per molti anni il dodo e il solitario di Rodrigues vennero inseriti in una [[Famiglia (tassonomia)|famiglia]] a parte, i Raphidae (in passato Dididae), in quanto le loro esatte relazioni con gli altri colombi non erano ancora chiare. Ognuno venne inserito anche in una propria famiglia [[Monospecifico|monotipica]] (Raphidae e Pezophapidae, rispettivamente), poiché gli studiosi pensavano che avessero sviluppato le caratteristiche comuni in [[Convergenza evolutiva|modo indipendente]].<ref>{{cita pubblicazione | doi=10.2307/4083934 | autore=R. W. Storer | anno=1970 | titolo=Independent Evolution of the Dodo and the Solitaire | rivista=The Auk | volume=87 | numero=2 | url=http://sora.unm.edu/node/21993 | pp=369-370 | jstor=4083934 | accesso=28 agosto 2015 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20191101224553/https://sora.unm.edu/node/21993 | urlmorto=no}}</ref> Da allora le [[Osteologia|analisi osteologiche]] e del [[DNA]] hanno portato alla dissoluzione della famiglia Raphidae, e il dodo e il solitario vengono adesso collocati in una propria sottofamiglia, i Raphinae, all'interno della famiglia Columbidae.<ref name=Janoo2005>{{cita pubblicazione | doi=10.1016/j.annpal.2004.12.002 | autore=A. Janoo | data=aprile-giugno 2005 | titolo=Discovery of Isolated Dodo Bones [''Raphus cucullatus'' (L.), Aves, Columbiformes] from Mauritius Cave Shelters Highlights Human Predation, with a Comment on the Status of the Family Raphidae Wetmore, 1930 | rivista=Annales de Paléontologie | volume=91 | numero=2 | pp=167-180}}</ref>
== La presunta simbiosi con ''Sideroxylon grandiflorum'' ==
[[File:Oxford Dodo display.jpg|upright=1.4|thumb|Scheletro e ricostruzione di ''Raphus cucullatus'' presso l'[[Oxford University Museum of Natural History]]]]
Nel 1977 l'ornitologo Stanley A. Temple notò che sull'isola il numero dei tambalacoque (''[[Sideroxylon grandiflorum]]'', chiamata in passato ''Calvaria maior'')<ref>''[[Il pollice del panda]]'', [[Stephen Jay Gould]].</ref>, un albero che era assai diffuso nel luogo, si era drasticamente abbassato in seguito all'estinzione del dodo e che le loro età erano decisamente avanzate. Facendo risalire la nascita degli alberi rimasti a 300 anni prima, periodo in cui si sono visti gli ultimi dodo, Stanley ipotizzò che la ''Calvaria maior'' e il ''Raphus cucullatus'' fossero uniti in qualche modo, fino a dipendere l'uno dall'altro, vivendo, perciò, in una [[simbiosi (ecologia)|simbiosi]]. Si suppone che il dronte si nutrisse dei frutti del tambalacoque e che il suo robusto [[ventriglio]] avesse un'azione erosiva sui duri tegumenti del seme, rendendolo così germinabile.


=== Evoluzione ===
Le affermazioni di Temple, pubblicate nel 1977 sulla rivista ''Science'', furono contestate già l'anno seguente da Horn, nel 1979 da A.W. Owadally e poi da altri studiosi, e furono definitivamente abbandonate quando si ebbe conferma dell'esistenza in natura di esemplari giovani di tambalacoque (benché rari).<ref>Un riepilogo delle contrapposte tesi scientifiche e della diffusione del tambalacoque è riportata in: {{Cita web |url=http://www.botany.org/PlantScienceBulletin/psb-2004-50-4.php#Dodo |titolo=The Widespread Misconception that the Tambalacoque or Calvaria Tree Absolutely Required the Dodo Bird for its Seeds to Germinate |lingua=en |anno=2004 |autore=D.R.Herhey |editore=The Botanical Society of America |sito=Plant Science Bulletin |accesso=2 giugno 2017 }}</ref>
Nel 2002, la genetista americana Beth Shapiro e i suoi colleghi analizzarono il DNA del dodo per la prima volta. Il confronto delle [[Sequenziamento del DNA|sequenze]] del citocromo ''b'' [[Mitocondrio|mitocondriale]] e del 12S [[RNA ribosomiale|rRNA]] isolate dal [[Tarso (scheletro)|tarso]] dell'esemplare di Oxford e dal [[femore]] di un solitario di Rodrigues confermarono la loro stretta parentela e la loro collocazione all'interno dei Columbidae. La stessa analisi genetica ha indicato il colombo delle Nicobare (''[[Caloenas nicobarica]]'') come loro parente vivente più stretto, seguito dai colombi coronati (''[[Goura]]'' sp.) della [[Nuova Guinea]] e dal diduncolo (''[[Didunculus strigirostris]]'') delle [[Samoa]], superficialmente simile al dodo (il suo nome si riferisce infatti proprio alla somiglianza del suo becco con quello del dodo). Questo [[clade]] è costituito da colombi endemici di varie isole dalle abitudini generalmente terricole. Il seguente [[cladogramma]] mostra le relazioni più strette del dodo all'interno dei Columbidae, sulla base di Shapiro ''et al.'', 2002:<ref>{{cita pubblicazione | doi=10.1126/science.295.5560.1683 | autore=B. Shapiro, D. Sibthorpe, A. Rambaut, J. Austin, G. M. Wragg, O. R. P. Bininda-Emonds, P. L. M. Lee e A. Cooper | anno=2002 | titolo=Flight of the Dodo | rivista=Science | volume=295 | numero=5560 | p=1683 | pmid=11872833 | url=http://pgl.soe.ucsc.edu/dodo_Shapiro02.pdf | accesso=28 agosto 2015 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20181120150854/https://pgl.soe.ucsc.edu/dodo_Shapiro02.pdf | urlmorto=no}}</ref><ref>{{cita web | autore=BBC | data=28 febbraio 2002 | titolo=DNA yields dodo family secrets | sito=[[BBC News]] | città=Londra | url=http://news.bbc.co.uk/2/hi/science/nature/1847431.stm | accesso=7 settembre 2006 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20021020210432/http://news.bbc.co.uk/2/hi/science/nature/1847431.stm | urlmorto=no}}</ref>
{{clade |style = font-size: 100%;
|1={{clade
|1={{clade
|1=''[[Goura victoria]]'' (colombo vittoria)
|2={{clade
|1={{clade
|1={{clade
|1=''[[Caloenas nicobarica]]'' (colombo delle Nicobare)
|2={{clade
|1=''[[Pezophaps solitaria]]'' (solitario di Rodrigues)
|2='''''Raphus cucullatus''''' ('''dodo''')
}}
}}
}}
}}
}}
|2=''[[Didunculus strigirostris]]'' (diduncolo)
}}
}}
Un cladogramma simile venne pubblicato nel 2007, invertendo la posizione di ''Goura'' e ''Didunculus'' e includendo il colombo fagiano (''[[Otidiphaps nobilis]]'') e il colombo terricolo dal becco grosso (''[[Trugon terrestris]]'') alla base del clade.<ref>{{cita pubblicazione | doi=10.1080/10635150701549672 | autore=S. L. Pereira, K. P. Johnson, D. H. Clayton e A. J. Baker | anno=2007 | titolo=Mitochondrial and nuclear DNA sequences support a Cretaceous origin of Columbiformes and a dispersal-driven radiation in the Paleogene | rivista=Systematic Biology | volume=56 | numero=4 | pp=656-672 | pmid=17661233}}</ref> Il DNA utilizzato in questi studi venne ricavato dal campione di Oxford, ma dal momento che questo materiale era deteriorato e nessun DNA utilizzabile è stato estratto dai resti subfossili, questi risultati devono ancora essere verificati in modo indipendente.<ref name=Hume2012>{{cita pubblicazione | doi=10.1111/j.1365-2451.2012.00843.x | autore=J. P. Hume | anno=2012 | titolo=The Dodo: From extinction to the fossil record | rivista=Geology Today | volume=28 | numero=4 | pp=147-151 | s2cid=83711229}}</ref> Sulla base delle testimonianze comportamentali e morfologiche, Jolyon C. Parish ha proposto di collocare il dodo e il solitario di Rodrigues nella sottofamiglia [[Goura|Gourinae]] insieme ai colombi del genere ''Goura'' e ad altre specie, in accordo con le prove genetiche.<ref>{{cita pubblicazione | doi=10.1080/02724634.2013.803977 | titolo=A Review of 'The Dodo and the Solitaire: A Natural History' | rivista=Journal of Vertebrate Paleontology | volume=34 | numero=2 | pp=489-490 | anno=2014 | autore=D. Naish | s2cid=84119319}}</ref> Nel 2014 è stato analizzato il DNA dell'unico esemplare museale conosciuto di colombo verde macchiato (''[[Caloenas maculata]]''), scomparso in epoca recente, che è risultato essere un parente stretto del colombo delle Nicobare, e quindi anche del dodo e del solitario di Rodrigues.<ref name="Spotted green pigeon">{{cita pubblicazione | autore=Tim H. Heupink, Hein van Grouw e David M. Lambert | titolo=The mysterious Spotted Green Pigeon and its relation to the Dodo and its kindred | rivista=BMC Evolutionary Biology | volume=14 | numero=1 | anno=2014 | p=136 | doi=10.1186/1471-2148-14-136 | pmid=25027719 | pmc=4099497}}</ref>
[[File:NICOBAR PIGEON (8551073077).jpg|thumb|Il [[Caloenas nicobarica|colombo delle Nicobare]] è il più stretto parente vivente del dodo.]]
Lo studio del 2002 indicò che gli antenati del dodo e del solitario presero due strade evolutive diverse più o meno al confine tra [[Paleogene]] e [[Neogene]], circa 23,03&nbsp;milioni di anni fa. Le [[isole Mascarene]] (Mauritius, [[La Riunione|Réunion]] e [[Rodrigues]]) sono di origine [[Vulcano|vulcanica]] e la loro formazione risale a meno di 10 milioni di anni fa. Pertanto, gli antenati di entrambe le specie continuarono a mantenere la capacità di volare per un tempo considerevole dopo la separazione delle loro linee evolutive.<ref name="Cheke&Hume_2008_70-71">{{cita|Cheke e Hume, 2008|pp. 70-71}}.</ref> Il colombo delle Nicobare e quello verde macchiato si trovano alla base della linea evolutiva che conduceva ai Raphinae, il che indica che i rafini incapaci di volare avevano antenati che erano in grado di farlo ed erano creature insulari dalle abitudini semi-terricole. Ciò a sua volta supporta l'ipotesi che gli antenati di questi uccelli abbiano raggiunto le isole Mascarene dall'Asia meridionale [[Leapfrogging strategy|passando da un'isola all'altra]].<ref name="Spotted green pigeon"/> La mancanza di [[Mammalia|mammiferi]] [[Erbivoro|erbivori]] che potevano competere con loro per le risorse alimentari consentì al solitario e al dodo di raggiungere [[Gigantismo insulare|dimensioni molto grandi]] e di perdere la capacità di volare.<ref>{{cita pubblicazione | doi=10.1086/316701 | autore=B. K. McNab | anno=1999 | titolo=On the Comparative Ecological and Evolutionary Significance of Total and Mass-Specific Rates of Metabolism | rivista=Physiological and Biochemical Zoology | volume=72 | numero=5 | pp=642-644 | jstor=10.1086/316701 | pmid=10521332 | s2cid=28619917}}</ref><ref name="Fuller_2001_37-39">{{cita|Fuller, 2001|pp. 37-39}}.</ref> Nonostante la morfologia del cranio differente e gli adattamenti correlati alle dimensioni maggiori, molte caratteristiche dello scheletro rimasero simili a quelle dei più piccoli colombi capaci di volare.<ref name=ClaessensMeijer2016>{{cita pubblicazione | autore=L. P. A. M. Claessens, H. J. M. Meijer e J. P. Hume | titolo=The Morphology of the Thirioux dodos | rivista=Journal of Vertebrate Paleontology | anno=2016 | volume=35 | numero=sup 1 | pp=29-187 | doi=10.1080/02724634.2015.1121723 | s2cid=87957947}}</ref> Un altro grosso colombo incapace di volare, il colombo gigante di Viti Levu (''[[Natunaornis gigoura]]''), venne descritto nel 2001 a partire da materiale [[subfossile]] proveniente dalle [[Figi]]. Era solo leggermente più piccolo del dodo e del solitario, e si pensa che anch'esso fosse imparentato con i colombi coronati.<ref>{{cita pubblicazione | doi=10.1080/03014223.2001.9517673 | autore=T. H. Worthy | anno=2001 | titolo=A giant flightless pigeon gen. et sp. nov. and a new species of ''Ducula'' (Aves: Columbidae), from Quaternary deposits in Fiji | rivista=Journal of the Royal Society of New Zealand | volume=31 | numero=4 | pp=763-794 | s2cid=83708873}}</ref>


== Reperti ==
=== Etimologia===
[[File:View of the Mauritius roadstead - engraving.jpg|thumb|left|Incisione del 1601 che raffigura le attività olandesi sulla costa di Mauritius; la prima raffigurazione di un dodo (n° 2), qui chiamato ''Walchvoghel'', si trova a sinistra.]]
I reperti non fossili di questa specie sono rari. Nel 1755 il direttore dell'[[Ashmolean Museum]] di [[Oxford]] ordinò di gettare l'ultimo esemplare impagliato perché le tarme lo avevano ormai distrutto. Ne sono rimasti conservati fino ad oggi la testa ed un artiglio. Rimane qualche disegno e resoconti da fonti orali.<ref>{{en}} H.E. Strickland, A. G. Melville, ''The dodo and its kindred; or, The history, affinities, and osteology of the dodo, solitaire, and other extinct birds of the islands Mauritius'', Ed. Rodriguez and Bourbon, 1848; citato in [[Bill Bryson]], ''[[Breve storia di (quasi) tutto]]'', Milano, Guanda, 2005.</ref>
Uno dei primi nomi originariamente attribuiti al dodo fu l'olandese ''Walghvoghel'', che compare per la prima volta nel diario del [[viceammiraglio]] olandese Wybrand van Warwijck, che visitò Mauritius durante la seconda spedizione olandese in Indonesia nel 1598.<ref name=Hume2006>{{cita pubblicazione | doi=10.1080/08912960600639400 | autore=J. P. Hume | anno=2006 | titolo=The History of the Dodo ''Raphus cucullatus'' and the Penguin of Mauritius | rivista=Historical Biology | volume=18 | numero=2 | pp=69-93 | issn=0891-2963 | url=http://julianhume.co.uk/wp-content/uploads/2010/07/History-of-the-dodo-Hume.pdf | citeseerx=10.1.1.695.6929 | s2cid=2954728 | accesso=11 gennaio 2011 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201112023437/http://julianhume.co.uk/wp-content/uploads/2010/07/History-of-the-dodo-Hume.pdf | urlmorto=no}}</ref> ''Walghe'' significa «insapore», «insipido» o «malaticcio» e ''voghel'' significa «uccello». Tale nome venne tradotto in tedesco da Jakob Friedlib come ''Walchstök'' o ''Walchvögel''.<ref>{{cita|Parish, 2013|pp. 5, 137}}.</ref> Il rapporto originale olandese intitolato ''Waarachtige Beschryving'' è andato perduto, ma la sua traduzione in inglese è sopravvissuta:<ref>{{cita|Parish, 2013|pp. 3-4}}.</ref>
{{Citazione|Alla loro sinistra c'era una piccola isola che chiamarono Heemskirk Island, e in essa una baia che chiamarono Warwick Bay [...] Lì rimasero per 12 giorni a riposare, in quanto trovarono in questo luogo un gran numero di uccelli grandi il doppio dei cigni, che chiamarono ''Walghstocks'' o ''Wallowbirdes''; la loro carne era molto buona. Ma quando trovarono colombi e pappagalli in abbondanza, iniziarono a disdegnare questi grandi uccelli, chiamandoli ''Wallowbirds'', che significa «uccelli odiosi» o «disgustosi».<ref>{{cita libro | autore=Richard Hakluyt | titolo=A Selection of Curious, Rare and Early Voyages and Histories of Interesting Discoveries | anno=2013 | annooriginale=1812 | editore=R.H. Evans and R. Priestley | città=Londra | url=https://books.google.com/books?id=Y-s3AQAAMAAJ | accesso=14 marzo 2016 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20230315014516/https://books.google.com/books?id=Y-s3AQAAMAAJ | urlmorto=no | p=253}}</ref><ref name="Fuller_2002_51">{{cita|Fuller, 2002|p. 51}}.</ref>}}


Un altro resoconto di quel viaggio, forse il primo in cui viene menzionato il dodo, afferma che i portoghesi chiamavano questi uccelli «pinguini». È probabile che tale nome non si riferisse propriamente ai [[Spheniscidae|pinguini]] (che all'epoca venivano chiamati ''fotilicaios'' dai portoghesi), ma fosse correlato al termine «pignone», l'articolazione distale dell'ala, in riferimento alle piccole ali.<ref name=Hume2006/> Nel 1602, l'equipaggio della nave olandese ''Gelderland'' chiamò questo uccello ''Dronte'' (che significa «gonfio»), un nome che viene tuttora usato in alcune lingue.<ref name=Fuller2001pp194>{{cita libro | autore=[[Errol Fuller]] | anno=2001 | titolo=Extinct Birds | editore=Comstock | città=New York | isbn=978-0-8014-3954-4 | pp=194-203}}</ref> Lo stesso equipaggio utilizzò anche i termini ''griff-eendt'' e ''kermisgans'', in riferimento ai [[Galloanserae|polli]] che venivano ingrassati appositamente per la [[Kermesse (festival)|festa della Kermesse]] di [[Amsterdam]], che si teneva proprio il giorno dopo l'approdo della nave a Mauritius.<ref name="Cheke&Hume_2008_22_23">{{cita|Cheke e Hume, 2008|pp. 22-23}}.</ref>
== Nella cultura di massa ==
[[File:Lophopsittacus.mauritianus.jpg|thumb|Schizzo firmato 1634 di Thomas Herbert, con raffigurati un [[Lophopsittacus mauritianus|pappagallo dal becco largo]] (''Cacato''), un [[Aphanapteryx bonasia|rallo di Mauritius]] (''Hen'') e un dodo.]]
[[File:Coat_of_arms_of_Mauritius.svg|thumb|[[Stemma di Mauritius]]]]
L'[[etimologia]] del nome ''dodo'' è incerta. Alcuni lo fanno derivare dalla parola olandese ''dodoor'', «pigro», ma probabilmente è più correlata a ''Dodaars'', che può significare sia «culo grasso» che «fiocco sul culo», in riferimento al ciuffo di piume sull'estremità posteriore.<ref name="Fuller_2002_17_18">{{cita|Fuller, 2002|pp. 17-18}}.</ref> Il nome ''Dodaars'' comparve per la prima volta sul diario del capitano Willem Van West-Zanen nel 1602.<ref name=Staub1996>{{cita pubblicazione | autore=France Staub | anno=1996 | titolo=Dodo and solitaires, myths and reality | rivista=Proceedings of the Royal Society of Arts & Sciences of Mauritius | volume=6 | pp=89-122 | url=http://www.potomitan.info/dodo/c32.php | accesso=21 maggio 2007 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110722002235/http://www.potomitan.info/dodo/c32.php | urlmorto=no}}</ref> Lo scrittore inglese Thomas Herbert fu il primo a usare il nome ''dodo'' su un'opera data alla stampa, il suo [[Letteratura di viaggio|diario di viaggio]] del 1634, dove affermò che l'animale veniva chiamato in questo modo dai portoghesi, che avevano visitato Mauritius nel 1507.<ref name="Cheke&Hume_2008_22_23"/> Un altro inglese, Emmanuel Altham, aveva già usato la stessa parola in una lettera del 1628, dove anch'esso sosteneva che il termine fosse di origine portoghese. Il nome ''dodar'' venne introdotto in inglese contemporaneamente a dodo, ma venne utilizzato solo fino al XVIII secolo.<ref name="Cheke&Hume_2008_276">{{cita|Cheke e Hume, 2008|p. 276}}.</ref> A quanto sappiamo, i portoghesi non hanno mai fatto menzione della specie. Tuttavia, alcune fonti ancora affermano che la parola ''dodo'' derivi dalla parola [[Lingua portoghese|portoghese]] ''doudo'' (attualmente ''doido''), che significa «sciocco» o «pazzo». È stato anche suggerito che ''dodo'' fosse un'approssimazione [[Onomatopea|onomatopeica]] del richiamo dell'uccello, un verso di due note simile al tubare di un piccione – ''doo-doo''.<ref name=Fuller2002p43>{{cita libro | autore=Errol Fuller | anno=2002 | titolo=Dodo&nbsp;– From Extinction To Icon | editore=[[HarperCollins]] | città=Londra | isbn=978-0-00-714572-0 | p=43}}</ref>
Essendo un animale estinto, il dodo è spesso presente in numerose opere tra cui lungometraggi, fumetti, cartoni animati e videogiochi.


L'appellativo latino ''cucullatus'' («incappucciato») venne usato per la prima volta da [[Juan Eusebio Nieremberg]] nel 1635 nel nome ''[[Cygnus (zoologia)|Cygnus]] cucullatus'', in riferimento alla descrizione del dodo fatta da [[Carolus Clusius]] nel 1605. Nella sua opera classica del XVIII secolo ''[[Systema Naturae]]'', [[Linneo]] utilizzò ''cucullatus'' come epiteto specifico, ma combinandolo al nome generico ''Struthio'' (struzzo).<ref name=Strickland4to112/> [[Mathurin Jacques Brisson]] coniò il nome generico ''Raphus'' (in riferimento alle [[Otididae|otarde]]) nel 1760, impiegato nell'attuale nome scientifico ''Raphus cucullatus''. Nel 1766 Linneo introdusse il nuovo nome scientifico ''Didus ineptus'' (che significa «dodo inetto»), oggi considerato un [[Sinonimo (tassonomia)|sinonimo]] del nome precedente a causa del [[Codice internazionale di nomenclatura zoologica#Principio di priorità e sinonimia|principio di priorità]].<ref name="Fuller_2002_147_149">{{cita|Fuller, 2002|pp. 147-149}}.</ref>
In letteratura il dodo si ritrova nella serie di romanzi di [[Jasper Fforde]] con protagonista [[Thursday Next]], ne ''Il diario di Adamo e di Eva'' di [[Mark Twain]] e nel libro di fantascienza ''The Last Dodo''. Oltre alla apparizione ne ''[[L'era glaciale]]'' (2002) vanno menzionate le apparizioni nel cartone animato ''[[Porky in Strambilandia]]'' (1938) e nelle serie ''[[Phineas e Ferb]]'', ''[[Due fantagenitori]]'', ''[[Oggy e i maledetti scarafaggi]]'' e ''[[Animal Crackers (serie animata)|Animal Crackers]]''. Compare inoltre nel telefilm ''[[Primeval (serie televisiva)|Primeval]]'' e nella serie di fumetti ''[[Martin Mystère]]''.


== Descrizione ==
Alcuni personaggi basati sul dodo sono l'[[Dodo (Alice nel Paese delle Meraviglie)|omonimo personaggio]] di ''[[Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie]]'' di [[Lewis Carroll]] (che con questo personaggio rappresentava umoristicamente se stesso nell'atto di pronunciare il suo vero nome "Do-Do-Dodgson"<ref>{{Cita libro|nome = Lewis|cognome = Carroll|coautori = [[Martin Gardner]]; [[John Tenniel]]|titolo = The Annotated Alice: Alice's Adventures in Wonderland & Through the Looking-Glass|editore = Norton|anno = 2000|lingua = inglese|url = http://www.scribd.com/doc/35139638/The-Annotated-Alice#outer_page_129|ISBN = 978-0-393-04847-6|urlmorto = sì}}</ref>), il [[Pokémon]] [[Doduo]] e [[Dodò]], protagonista del programma per bambini ''[[L'albero azzurro]]''.
{{Doppia immagine|sinistra|Oxford Dodo head.jpg||Oxford Dodo skull.jpg||La metà destra della testa di Oxford (la metà sinistra è separata)|Varie vedute del cranio dell'esemplare di Oxford in una litografia del 1848|larghezza totale=450}}
Poiché non esistono esemplari completi di dodo, il suo aspetto esterno, come il piumaggio e la colorazione, è difficile da determinare.<ref name=Hume2006/> Le illustrazioni e i resoconti scritti da chi aveva visto questo animale tra la sua scoperta e la sua estinzione (1598-1662) sono le fonti principali per determinare il suo aspetto esteriore.<ref>{{cita libro | autore=Errol Fuller | anno=2003 | titolo=The Dodo&nbsp;– Extinction in Paradise | edizione=1 | editore=Bunker Hill Publishing Inc. | città=USA | isbn=978-1-59373-002-4 | p=48}}</ref> Secondo la maggior parte delle rappresentazioni, il dodo aveva un [[piumaggio]] grigiastro o brunastro, con le [[Penne remiganti|remiganti primarie]] più chiare e un ciuffo di piume chiare arricciate posto alla sommità dell'estremità posteriore. La testa era grigia e glabra, il becco verde, nero e giallo, e le zampe erano robuste e giallastre e munite di artigli neri.<ref name="Fuller_2002_45">{{cita|Fuller, 2002|p. 45}}.</ref> Lo studio delle poche piume rimaste sulla testa dell'esemplare di Oxford ha mostrato che non si trattava di [[Piumino (zoologia)|piumino]], ma di penne vere e proprie, molto simili a quelle degli altri colombi.<ref>{{cita pubblicazione | doi=10.1111/j.1469-7998.1989.tb02535.x | autore=T. G. Brom e T. G. Prins | data=giugno 1989 | titolo=Microscopic investigation of feather remains from the head of the Oxford dodo, ''Raphus cucullatus'' | rivista=Journal of Zoology | volume=218 | numero=2 | pp=233-246}}</ref>


I resti subfossili e quel poco che rimane degli esemplari che erano stati portati in Europa nel XVII secolo indicano che i dodo erano uccelli molto grandi, alti fino a un metro. I due sessi [[Dimorfismo sessuale|differivano]]: i maschi erano più grandi e avevano becchi proporzionalmente più lunghi. Le stime del peso variano da uno studio all'altro. Nel 1993, Bradley C. Livezey propose un peso di 21 kg per i maschi e di 17 kg per le femmine.<ref name=Livezey1993>{{cita pubblicazione | doi=10.1111/j.1469-7998.1993.tb02686.x| autore=B. C. Livezey | anno=1993 | titolo=An Ecomorphological Review of the Dodo (''Raphus cucullatus'') and Solitaire (''Pezophaps solitaria''), Flightless Columbiformes of the Mascarene Islands | rivista=Journal of Zoology | volume=230 | numero=2 | pp=247-292}}</ref> Sempre nel 1993, Andrew C. Kitchener attribuì le elevate stime del peso fatte dai contemporanei e le forme rotondeggianti dei dodo raffigurati dal vivo in Europa ad esemplari che erano stati sovralimentati in cattività: secondo lo studioso, in natura questi animali avrebbero avuto un peso compreso tra 10,6 e 17,5 kg, ma gli esemplari ingrassati avrebbero potuto raggiungere tranquillamente i 21,7-27,8 kg.<ref name=KitchenerAugust1993>{{cita pubblicazione | autore=A. C. Kitchener | data=28 agosto 1993 | titolo=Justice at last for the dodo | rivista=[[New Scientist]] | p=24 | url=https://www.newscientist.com/article/mg13918884.300-justice-at-last-for-the-dodo.html | accesso=26 agosto 2017 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150626154703/http://www.newscientist.com/article/mg13918884.300-justice-at-last-for-the-dodo.html | urlmorto=no}}</ref> Una stima del 2011 fatta da Angst e dai suoi colleghi ha fornito un peso medio di soli 10,2 kg.<ref name=Angst2011>{{cita pubblicazione | doi=10.1007/s00114-010-0759-7 | autore=D. Angst, E. Buffetaut e A. Abourachid | data=marzo 2011 | titolo=The end of the fat dodo? A new mass estimate for ''Raphus cucullatus'' | rivista=Naturwissenschaften | volume=98 | numero=3 | pp=233-236 | pmid=21240603 | bibcode=2011NW.....98..233A | s2cid=29215473}}</ref> Anche questo studio, tuttavia, è stato messo in discussione e tra gli specialisti non vi è ancora chiarezza riguardo alla stima del peso.<ref>{{cita pubblicazione | doi=10.1007/s00114-011-0771-6 | autore=A. Louchart e C. C. C. Mourer-Chauviré | data=aprile 2011 | titolo=The dodo was not so slim: Leg dimensions and scaling to body mass | rivista=Naturwissenschaften | volume=98 | numero=4 | pp=357-358 | pmid=21380621 | bibcode=2011NW.....98..357L | s2cid=9126864 }}</ref><ref>{{cita pubblicazione | doi=10.1007/s00114-011-0772-5 | autore=D. Angst, E. Buffetaut e A. Abourachid | data=aprile 2011 | titolo=In defence of the slim dodo: A reply to Louchart and Mourer-Chauviré | rivista=Naturwissenschaften | volume=98 | numero=4 | pp=359-360 | bibcode=2011NW.....98..359A | s2cid=30903508}}</ref> Uno studio del 2016, sulla base di [[Tomografia computerizzata|scansioni TAC]] di scheletri compositi, ha stimato un peso compreso tra 10,6 e 14,3 kg.<ref>{{cita pubblicazione | autore=C. A. Brassey, T. G. O'Mahoney, A. C. Kitchener, P. L. Manning e W. I. Sellers | anno=2016 | titolo=Convex-hull mass estimates of the dodo (''Raphus cucullatus''): application of a CT-based mass estimation technique | pmid=26788418 | pmc=4715441 | rivista=PeerJ | volume=4 | at=e1432 | doi=10.7717/peerj.1432}}</ref> È stato anche ipotizzato che il peso dipendesse dalla stagione e che gli individui fossero più grassi durante le stagioni fresche e più magri durante quelle calde.<ref name=HumeWaltersP134>{{cita libro | autore=J. P. Hume e M. Walters | anno=2012 | titolo=Extinct Birds | editore=A & C Black | città=Londra | isbn=978-1-4081-5725-1 | pp=134-136}}</ref>
Viene inoltre citato da numerosi gruppi e artisti musical tra cui: i [[Genesis]] nell'album ''[[Abacab]]'', i [[Bad Religion]] nell'album ''[[Punk Rock Songs]]'', [[Dave Matthews]] nell'album ''Some Devil'', [[Aimee Mann]] nell'album ''[[Bachelor No. 2 or, the Last Remains of the Dodo]]'', [[Roger Waters]] nell'album ''[[Amused to Death]]''. Il gruppo [[The Dodos]] prende il nome dall'animale estinto.
[[File:DodoMansur.jpg|thumb|Un dodo e vari uccelli indiani in un dipinto di Ustad Mansur (1625 ca.), forse la più accurata rappresentazione di un dodo dal vivo.]]
Il cranio del dodo differiva molto da quello degli altri colombi: era infatti più robusto, era dotato di un becco che terminava con una punta uncinata ed era piuttosto corto se paragonato alle mascelle. Il ramo superiore del becco era lungo quasi il doppio del cranio, che era corto rispetto a quello dei colombi con cui era più strettamente imparentato. Le aperture delle narici ossee erano allungate per tutta la lunghezza del becco ed erano prive di setto osseo. Il cranio (escluso il becco) era più largo che lungo e l'[[osso frontale]] formava una sorta di cupola, con il punto più alto in corrispondenza della parte posteriore delle orbite. Nella parte posteriore, il cranio era inclinato verso il basso. Le orbite occupavano gran parte della parte posteriore del cranio. Gli [[Anello sclerotico|anelli sclerotici]] all'interno dell'occhio erano formati da undici ossicini, un numero simile a quello degli ossicini di altri colombi. La mandibola era leggermente ricurva, e ciascuna metà presentava una singola apertura, come negli altri colombi.<ref name=ClaessensMeijer2016/>


Il dodo aveva circa diciannove vertebre presinsacrali (quelle del collo e del [[torace]], di cui tre fuse in un ''notarium''), sedici vertebre [[Sinsacro|sinsacrali]] (quelle della regione lombare e dell'[[osso sacro]]), sei vertebre libere della coda (caudali) e un [[pigostilo]]. Il collo era dotato di aree ben sviluppate per l'adesione di muscoli e legamenti, probabilmente per sostenere il peso di cranio e becco. Su ogni lato vi erano sei costole, quattro delle quali articolate con lo [[sterno]] attraverso costole sternali. Lo sterno era grande, ma piccolo rispetto al corpo se paragonato a quello di colombi molto più piccoli che sono in grado di volare. Esso era ben pneumatizzato, largo e di sezione relativamente spessa. Le ossa della [[cintura scapolare]] e delle ali avevano dimensioni ridotte rispetto a quelle dei colombi volatori, ed erano più gracili rispetto a quelle del solitario di Rodrigues, ma nessuna delle singole componenti scheletriche era scomparsa. Il carpometacarpo del dodo era però più robusto di quello del solitario. Il bacino era più largo di quello del solitario e di altri parenti stretti, ma era paragonabile in proporzione a quello di alcuni colombi volatori più piccoli. La maggior parte delle ossa delle zampe era più robusta di quella dei colombi esistenti e del solitario, ma le proporzioni della lunghezza erano leggermente diverse.<ref name=ClaessensMeijer2016/>
Un dodo rampante è inoltre presente nello [[stemma di Mauritius]], mentre un dodo sorridente appare nel marchio della fabbrica di birra [[Brasseries de Bourbon]]. Il dodo è anche il simbolo della Durrell Wildlife Conservation Trust, l'organizzazione fondata da [[Gerald Durrell]] con lo scopo di studiare le specie in via di estinzione.


Molte delle caratteristiche scheletriche che distinguono il dodo e il solitario di Rodrigues, il suo parente più prossimo, dagli altri colombi sono state attribuite alla perdita della capacità di volare. Gli elementi pelvici erano più spessi di quelli dei colombi volatori per sostenere un peso maggiore, e la regione [[Muscolo grande pettorale|pettorale]] e le piccole ali erano [[Neotenia|pedomorfiche]], cioè erano sottosviluppate e conservavano caratteristiche giovanili. Il cranio, il tronco e gli arti [[Bacino (anatomia)|pelvici]] erano invece [[Peramorfosi|peramorfici]], cioè cambiavano considerevolmente con l'età. Il dodo condivideva molti altri tratti con il solitario di Rodrigues, comprese caratteristiche del cranio, del bacino e dello sterno, nonché le grandi dimensioni. Si differenziava però sotto altri aspetti, come per il fatto di essere più robusto e più corto del solitario e per avere un tetto cranico arrotondato e [[Orbita oculare|orbite]] più piccole. Il collo e le zampe del dodo erano proporzionalmente più corti, e non vi era un equivalente della protuberanza presente sui polsi del solitario.<ref name=Livezey1993/>
La marca di gioielli [[Pomellato]] ha creato una serie di ciondoli chiamati Dodo. Nel 2002 la casa automobilistica [[Lancia (azienda)|Lancia]] ha creato un'edizione speciale della [[Lancia Y]] che venne battezzata "Dodo" dato che gli interni erano stati progettati proprio dalla stessa azienda.


=== Le descrizioni dei contemporanei ===
Nella [[lingua inglese]] il termine dodo indica, in senso figurato e con una sfumatura ironica, una persona incapace di adeguarsi alle nuove circostanze e ai nuovi tempi. Esistono inoltre due espressioni idiomatiche che fanno riferimento alla sorte toccata a questa specie: una è ''as dead as the dodo'' (alla lettera "morto quanto un dodo") che equivale all'italiano ''morto e sepolto''; l'altra è ''gone the way of the dodo'' (alla lettera "andare nella direzione/fare la strada del dodo") che indica qualcosa o qualcuno diventato anacronistico e fuori moda.
La maggior parte delle descrizioni del dodo ad opera di chi lo aveva visto con i propri occhi si trova nei registri e nei giornali di bordo delle navi della Compagnia olandese delle Indie orientali che attraccarono a Mauritius quando l'isola era sotto il [[Impero coloniale olandese|dominio olandese]]. Questi resoconti furono in seguito utilizzati come guide di viaggio dai visitatori successivi.<ref name=Hume2012/> Tuttavia, solo poche testimonianze contemporanee sono affidabili, poiché molte sembrano essere basate su resoconti precedenti e nessuna di esse è stata scritta da uno scienziato.<ref name=Hume2006/> Uno dei primi resoconti, che si trova sul diario di van Warwijck del 1598, descrive l'uccello come segue:
[[File:Saftleven dodo.jpg|thumb|Una testa di dodo dipinta da [[Cornelis Saftleven]] nel 1638, probabilmente l'ultima raffigurazione originale della specie.]]
{{citazione|I pappagalli blu sono molto numerosi lì, così come altri uccelli, tra i quali una specie, cospicua per la mole, più grande dei nostri cigni, con enormi teste coperte solo per metà di pelle come se fossero rivestite di un cappuccio. Questi uccelli sono privi di ali, al posto delle quali sporgono 3 o 4 piume nerastre. La coda è formata da poche penne ricurve morbide, color cenere. Questi li chiamavamo 'Walghvogel', per il motivo che più a lungo e più spesso venivano cotti, meno morbidi e più insipidi diventavano da mangiare. Tuttavia l'addome e il petto erano di sapore gradevole e facilmente masticabili.<ref>{{cita libro | autore=[[Walter Rothschild, II barone Rothschild|Walter Rothschild]] | anno=1907 | titolo=Extinct Birds | editore=Hutchinson & Co | città=Londra | url=https://archive.org/stream/extinctbirdsatte00roth#page/172/mode/2up | p=172}}</ref>}}


Una delle descrizioni più dettagliate è quella scritta da Herbert in ''A Relation of Some Yeares Travaille into Afrique and the Greater Asia'' del 1634:
Il poeta [[Hilaire Belloc]] scrisse una poesia riguardo a questo animale:{{cita libro| autore = H. Belloc| titolo = The Bad Child's Book of Beasts| editore = Duckworth| città = London| anno = 1896|pagine=27–30}}
{{citazione|Per la prima volta, solo qui e a Dygarrois [Rodrigues], è stato creato il dodo, che per tipo e unicità si oppone alla [[fenice]] d'Arabia: il suo corpo rotondo e grasso – pochi pesano meno di cinquanta libbre – è considerato più per curiosità che per nutrimento; stomaci grassi possono ricercarlo, ma per i più delicati queste bestie sono ripugnanti e di nessun nutrimento. Il suo viso sporge tristemente in avanti, come fosse sensibile all'ingiustizia della Natura di aver concepito un corpo così grande dotato di ali talmente piccole e impotenti, utili unicamente a dimostrarne l'appartenenza alla razza degli uccelli. Metà del suo capo è spoglia e sembra coperta da un velo sottile e il suo becco è piegato verso il basso; al centro di esso vi è la narice, e da qui fino alla fine è color verde chiaro, sfumato di un giallo pallido; gli occhi sono piccoli, simili a diamanti, tondi e roteanti; il suo mantello è costituito da piume soffici e la sua coda è composta da tre piccole piume, corte e sproporzionate, e le zampe si adattano al corpo; avanza con balzo improvviso ed è vorace e goloso. Digerisce sassi e ferro, la cui descrizione sarà meglio concepita nella sua rappresentazione.<ref name="Fuller_2002_62">{{cita|Fuller, 2002|p. 62}}.</ref>}}


=== Le raffigurazioni dei contemporanei ===
{{citazione|Il Dodo era solito andare in giro,<br />E prendere il sole e l'aria.<br />Il sole brilla ancora sul suo terreno natio -<br />Il Dodo non c'è più!<br /><br />La voce che era solita starnazzare e squittire,<br />È ora per sempre muta -<br />Ma puoi vedere ancora il suo scheletro ed il suo becco,<br />Tutti nel mu-se-o.|[[Hilaire Belloc]], The Bad Child's Book of Beasts|The Dodo used to walk around,<br />And take the sun and air.<br />The sun yet warms his native ground –<br />The Dodo is not there!<br /><br />The voice which used to squawk and squeak<br />Is now for ever dumb –<br />Yet may you see his bones and beak<br />All in the Mu-se-um.|lingua=en}}
[[File:Dodo (VOC Gelderland, 1602).jpg|thumb|left|Raccolta degli schizzi del diario della nave ''Gelderland'' (1601) di dodo vivi e uccisi di recente, attribuiti a Joris Laerle.]]
Il diario di bordo della nave olandese ''Gelderland'' (1601-1603), riscoperto negli anni '60 del XIX secolo, contiene gli unici schizzi conosciuti di esemplari vivi o appena uccisi realizzati a Mauritius, che sono stati attribuiti all'artista professionista Joris Joostensz Laerle, che raffigurò anche altri uccelli mauriziani ormai scomparsi, e ad un secondo artista meno raffinato.<ref name=Hume2003>{{cita pubblicazione | doi=10.3366/anh.2003.30.1.13 | autore=J. P. Hume | anno=2003 | titolo=The journal of the flagship ''Gelderland''&nbsp;– dodo and other birds on Mauritius 1601 | rivista=Archives of Natural History | volume=30 | numero=1 | pp=13-27}}</ref> A parte questi schizzi, non sappiamo quante delle circa venti raffigurazioni di dodo del XVII secolo siano state realizzate a partire da esemplari vivi o impagliati, il che ne pregiudica l'attendibilità.<ref name=Hume2006/> Poiché il dodo è noto unicamente da un numero limitato di resti fisici e da altrettanto scarse descrizioni, le opere d'arte realizzate dai contemporanei sono importanti per ricostruire l'aspetto dell'animale in vita. Sebbene dalla metà del XIX secolo sia stato fatto un gran lavoro per catalogare tutte le raffigurazioni storiche del dodo, di tanto in tanto continuano ad essere scoperte rappresentazioni del quale non si sospettava l'esistenza.<ref name="GermanPaintings">{{cita pubblicazione | autore=D. M. Teixeira | titolo=The German painter Carl Borromäus Andreas Ruthart (ca. 1630–1703) and some still unregistered images of the extinct dodo, ''Raphus cucullatus'' (Linnaeus, 1758) (Aves, Columbiformes) | rivista=Arquivos de Zoologia | anno=2019 | volume=50 | numero=4 | pp=191-200 | issn=2176-7793 | url=https://www.revistas.usp.br/azmz/article/view/159603 | accesso=25 luglio 2022 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220725221046/https://www.revistas.usp.br/azmz/article/view/159603 | urlmorto=no}}</ref>


L'immagine tradizionale del dodo è quella di un uccello molto grasso e goffo, ma è probabile che questa visione sia esagerata. Oggi gli scienziati sono dell'opinione generale che molte antiche rappresentazioni europee fossero basate su individui in cattività sovralimentati o su esemplari malamente impagliati.<ref>{{cita pubblicazione | doi=10.3366/anh.1993.20.2.279 | autore=A. C. Kitchener | data=giugno 1993 | titolo=On the external appearance of the dodo, ''Raphus cucullatus'' (L, 1758) | rivista=Archives of Natural History | volume=20 | numero=2 | pp=279-301}}</ref> È stato anche ipotizzato che le immagini raffigurassero solamente dodo con le piume arruffate, forse un comportamento messo in atto da questi animali per apparire più grossi.<ref name=Angst2011/> Il pittore olandese [[Roelant Savery]] fu di gran lunga l'illustratore più prolifico e influente tra quanti ritrassero il dodo, avendone realizzato almeno dodici raffigurazioni, spesso negli angoli inferiori dei suoi quadri. Da allora un suo famoso dipinto del 1626, ora chiamato ''Dodo di Edwards'' poiché un tempo era di proprietà dell'ornitologo [[George Edwards]], è divenuto l'immagine standard del dodo. Oggi è conservato al [[Museo di storia naturale (Londra)|Natural History Museum]] di Londra. L'immagine mostra un uccello particolarmente grasso ed è servita da ispirazione per molte altre illustrazioni del dodo.<ref>{{cita libro | autore=A. S. Mason | anno=1992 | titolo=George Edwards: The Bedell and His Birds | editore=Royal College of Physicians of London | città=Londra | isbn=978-1-873240-48-9 | url=https://books.google.com/books?id=UjQYrxdHFp0C&q=George+Edwards+savery+dodo&pg=PA47 | accesso=12 maggio 2012 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20230315014512/https://books.google.com/books?id=UjQYrxdHFp0C&q=George+Edwards+savery+dodo&pg=PA47 | urlmorto=no | pp=46-49}}</ref><ref name="early depiction">{{cita pubblicazione | autore=J. C. Parish e A. S. Cheke | titolo=A newly-discovered early depiction of the Dodo (Aves: Columbidae: ''Raphus cucullatus'') by Roelandt Savery, with a note on another previously unnoticed Savery Dodo | rivista=Historical Biology | anno=2018 | pp=1-10 | doi=10.1080/08912963.2018.1457658 | s2cid=89661119}}</ref>
Lo scrittore postmoderno [[Thomas Pynchon]] ha dedicato alla scomparsa del dodo un lungo capitolo nella prima parte del suo romanzo ''[[L'arcobaleno della gravità]]'' (1973), nel quale un olandese di nome Frans van der Groov collabora attivamente alla distruzione fisica degli ultimi volatili, spinto da autentico furore mistico-estetico.
[[File:Edwards' Dodo.jpg|thumb|Il famoso ''Dodo di [[George Edwards|Edwards]]'', dipinto da [[Roelant Savery]] nel 1626.]]
Un [[Pittura moghul|dipinto indiano]] di epoca moghul riscoperto nel 1955 nel Museo dell'[[Ermitage]], a [[San Pietroburgo]], mostra un dodo insieme ad alcuni uccelli originari dell'India.<ref>{{cita pubblicazione | doi=10.1007/BF01671614 | autore=A. Iwanow | data=ottobre 1958 | titolo=An Indian picture of the Dodo | rivista=Journal of Ornithology | volume=99 | numero=4 | pp=438-440 | s2cid=23510175}}</ref> Raffigura un animale più magro e brunastro, e il suo scopritore Aleksander Iwanow e il paleontologo britannico Julian Hume lo considerarono una della raffigurazioni più accurate di un dodo in vita: gli uccelli che lo contornano, infatti, sono chiaramente identificabili e raffigurati con i colori appropriati.<ref>{{cita pubblicazione | autore=R. Dissanayake | anno=2004 | titolo=What did the dodo look like? | rivista=The Biologist | volume=51 | numero=3 | pp=165-168 | url=http://web.mac.com/rajith/rajith/About_Me_files/What%20did%20the%20dodo%20look%20like%3F.PDF | accesso=14 settembre 2011 | urlmorto=sì | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110917160155/http://web.mac.com/rajith/rajith/About_Me_files/What%20did%20the%20dodo%20look%20like%3F.PDF}}</ref> Si ritiene che risalga al XVII secolo ed è stato attribuito al [[Pittura moghul|pittore]] [[Ustad Mansur]]. L'esemplare raffigurato viveva probabilmente nel [[Serraglio (recinto)|serraglio]] dell'[[Moghul#Lista degli Imperatori Moghul|imperatore]] [[Jahangir]], situato a [[Surat (India)|Surat]], dove anche il viaggiatore inglese [[Peter Mundy]] affermò di aver visto due dodo tra il 1628 e il 1633.<ref>{{cita pubblicazione | doi=10.1007/BF01671615 | titolo=Wie hat die Dronte (''Raphus cucullatus'' L.) ausgesehen? | rivista=Journal of Ornithology | volume=99 | numero=4 | pp=441-459 | anno=1958 | autore=Erwin Stresemann | s2cid=28617863 | lingua=de}}</ref><ref name=Hume2006/> Nel 2014 è stata segnalata un'altra illustrazione indiana di un dodo, ma si è scoperto che era basata su un'illustrazione tedesca del 1836.<ref>{{cita pubblicazione | autore=E. Richon e R. Winters | titolo=The intercultural dodo: a drawing from the School of Bundi, Rājasthān | rivista=Historical Biology | volume=28 | numero=3 | anno=2014 | pp=1-8 | doi=10.1080/08912963.2014.961450 | s2cid=85387209}}</ref>


Tutte le raffigurazioni successive al 1638 – periodo in cui i rapporti che menzionano i dodo sono diventati più rari – sembrano essere basate su immagini precedenti. Le differenze nelle raffigurazioni hanno spinto ornitologi come [[Anthonie Cornelis Oudemans]] e [[Masauji Hachisuka]] a speculare sul dimorfismo sessuale, su possibili tratti [[Ontogenesi|ontogenici]] o variazioni stagionali e persino sull'esistenza di specie diverse, ma tali teorie oggi non vengono accettate. Poiché dettagli come i disegni del becco, la forma delle penne della coda e la colorazione variano da una testimonianza all'altra, è impossibile determinare l'esatto aspetto di queste caratteristiche, se esse cambiassero con l'età o con il sesso, o addirittura se riflettessero davvero la realtà.<ref name="Fuller_2002_76_77">{{cita|Fuller, 2002|pp. 76-77}}.</ref> Hume ha sostenuto che le narici degli esemplari in vita sarebbero state delle semplici fessure, come si vede negli schizzi della ''Gelderland'' e nei dipinti di [[Cornelis Saftleven]], Ustad Masur e in quello di Savery conservato alla Crocker Art Gallery. Secondo questa ipotesi, le narici spalancate spesso visibili nei dipinti indicherebbero che furono usati come modello degli esemplari [[tassidermia|impagliati]].<ref name=Hume2006/> La maggior parte delle raffigurazioni mostra che le ali venivano tenute in posizione distesa, a differenza dei colombi volatori, ma in maniera simile a come fanno [[ratiti]] come lo struzzo e il [[Apteryx|kiwi]].<ref name=ClaessensMeijer2016/>
Nel mondo magico "Wizarding World" di J.K. Rowling, il Dodo è rappresentato come una creatura magica. In esso l'Animale non è affatto estinto, ma difficile da individuare e protetto dalla comunità magica.

== Biologia ==
{{Immagine multipla
|allinea=left
|per riga=2
|larghezza totale=350
|immagine1=Roelant Savery - Landscape with Birds - WGA20885.jpg
|immagine2=Preening Dodo.jpg
|immagine3=Savery-Reims.jpg
|immagine4=Orpheus Charming the Animals with His Music by Roelant Savery Mauritshuis 157.jpg
|sotto=Dipinti di Savery raffiguranti dodo in varie pose negli angoli, realizzati più o meno tra il 1625 e il 1629.
}}
Il comportamento del dodo è poco conosciuto, poiché i contemporanei hanno rilasciato a riguardo solo descrizioni molto brevi. In base alle stime del peso, è stato ipotizzato che il maschio potesse raggiungere l'età di 21 anni e la femmina di 17.<ref name=Livezey1993/> Gli studi sulla resistenza delle leve delle ossa delle zampe indicano che potrebbe essere stato in grado di correre abbastanza velocemente.<ref name=KitchenerAugust1993/> Le zampe, robuste e forti per sostenere la mole dell'animale, lo rendevano anche in grado di muoversi con agilità nella fitta foresta che ricopriva l'isola prima della colonizzazione umana. Sebbene le ali fossero piccole, le ossa presentano ampie aree per l'attacco di muscoli ben sviluppati ed è probabile che esse non fossero del tutto [[Vestigia (biologia)|vestigiali]], ma potessero essere state utilizzate nel comportamento di display e per tenersi in equilibrio: anche i colombi ordinari usano le ali per tali scopi.<ref name=ClaessensMeijer2016/> A differenza del solitario di Rodrigues, non ci sono prove che il dodo impiegasse le ali nei combattimenti intraspecifici: anche se sono state trovate ossa che mostrano i segni di fratture guarite, al confronto aveva muscoli pettorali deboli e ali più brevi. Nelle dispute territoriali, invece, potrebbe aver usato il suo grande becco adunco. Poiché Mauritius riceve una maggiore quantità di precipitazioni ed è sottoposta a minori variazioni stagionali rispetto a Rodrigues – che avrebbero potuto influire sulla disponibilità di risorse sull'isola –, il dodo avrebbe avuto meno motivi per sviluppare attitudini particolarmente territoriali. Il solitario di Rodrigues, pertanto, era probabilmente più aggressivo.<ref>{{cita pubblicazione | autore=J. P. Hume e L. Steel | doi=10.1111/bij.12087 | titolo=Fight club: A unique weapon in the wing of the solitaire, ''Pezophaps solitaria'' (Aves: Columbidae), an extinct flightless bird from Rodrigues, Mascarene Islands | rivista=Biological Journal of the Linnean Society | pp=32-44 | anno=2013 | volume=110}}</ref> Nel 2016 è stato realizzato il primo [[endocast]] 3D del cervello del dodo: il rapporto tra cervello e dimensioni corporee è risultato simile a quello degli altri colombi, il che lascia supporre che probabilmente fosse dotato di un livello di intelligenza simile.<ref name="Endocast"/>
[[File:Gelderland1601-1603 Mauritius de Nassauw 1601.jpg|thumb|Una mappa di una baia di Mauritius del 1601: la piccola D all'estrema destra indica il luogo dove furono trovati i dodo.]]
Non sappiamo quale fosse l'habitat preferito del dodo, ma le vecchie descrizioni suggeriscono che abitasse i boschi delle più secche zone costiere meridionali e occidentali di Mauritius. Tale opinione è supportata dal fatto che la palude [[Mare-aux-Songes]], dove è stata rinvenuta la maggior parte dei resti di dodo, è situata vicino al mare nel sud-est dell'isola.<ref name="Fuller_2002_23">{{cita|Fuller, 2002|p. 23}}.</ref> Una distribuzione limitata a così poche zone dell'isola potrebbe aver contribuito alla sua estinzione.<ref name="Fuller_2002_41">{{cita|Fuller, 2002|p. 41}}.</ref> Una mappa del 1601 del diario di bordo della ''Gelderland'' mostra una piccola isola al largo della costa di Mauritius dove vennero catturati dei dodo. Julian Hume ha ipotizzato che questa fosse l'île aux Benitiers nella baia di [[Tamarin]], sulla costa occidentale.<ref name="Fuller_2002_54">{{cita|Fuller, 2002|p. 54}}.</ref><ref name=Hume2003/> In passato il dodo viveva anche sulle montagne dell'isola, dal momento che le sue ossa subfossili sono state trovate anche all'interno di grotte poste in quest'area. Gli scavi a Mare-aux-Songes hanno dimostrato che il suo habitat era dominato da alberi di [[Sideroxylon grandiflorum|tambalacoque]], ''[[Pandanus]]'' e palme endemiche.<ref name=HumeWaltersP134/> La vicinanza alla costa e l'umidità fecero sì che Mare-aux-Songes fosse popolata da un'elevata varietà di specie vegetali, mentre le aree circostanti erano più secche.<ref name=Rijsdijk2016>{{cita pubblicazione | autore=K. F. Rijsdijk, J. P. Hume, P. G. B. D. Louw, H. J. M. Meijer, A. Janoo, E. J. De Boer, L. Steel, J. De Vos, L. G. Van Der Sluis, H. Hooghiemstra, F. B. V. Florens, C. Baider, T. J. J. Vernimmen, P. Baas, A. H. Van Heteren, V. Rupear, G. Beebeejaun, A. Grihault, J. Van Der Plicht, M. Besselink, J. K. Lubeek, M. Jansen, S. J. Kluiving, H. Hollund, B. Shapiro, M. Collins, M. Buckley, R. M. Jayasena, N. Porch, R. Floore, F. Bunnik, A. Biedlingmaier, J. Leavitt, G. Monfette, A. Kimelblatt, A. Randall, P. Floore e L. P. A. M. Claessens | titolo=A review of the dodo and its ecosystem: insights from a vertebrate concentration Lagerstätte in Mauritius | rivista=Journal of Vertebrate Paleontology | anno=2016 | volume=35 | numero=sup 1 | pp=3-20 | doi=10.1080/02724634.2015.1113803 | hdl=1893/25225}}</ref>

Dopo l'arrivo dell'uomo molte specie endemiche di Mauritius si sono estinte, quindi l'[[ecosistema]] originario dell'isola è seriamente degradato, tanto che è difficile stabilire quale fosse il suo aspetto originario. Mauritius era interamente ricoperta di foreste, delle quali oggi rimane ben poco a causa della [[Diboscamento|deforestazione]].<ref>{{cita pubblicazione | doi=10.1017/S0030605300020457 | autore=A. S. Cheke | anno=1987 | titolo=The legacy of the dodo—conservation in Mauritius | rivista=Oryx | volume=21 | numero=1 | pp=29-36 | s2cid=86670941}}</ref> La [[fauna]] endemica sopravvissuta è ancora oggi criticamente minacciata.<ref>{{cita pubblicazione | doi=10.1017/S0030605300012643 | autore=S. A. Temple | anno=1974 | titolo=Wildlife in Mauritius today | rivista=Oryx | volume=12 | numero=5 | pp=584-590 | s2cid=86773685}}</ref> Il dodo condivideva l'isola con altri uccelli scomparsi recentemente, come il rallo rosso incapace di volare, il [[Lophopsittacus mauritianus|pappagallo dal becco largo]], il [[Psittacula bensoni|parrocchetto grigio delle Mascarene]], il [[Alectroenas nitidissimus|colombo blu di Mauritius]], l'[[Mascarenotus sauzieri|assiolo di Mauritius]], la [[Fulica newtonii|folaga delle Mascarene]], la [[Alopochen mauritiana|casarca di Mauritius]], l'[[Anas theodori|alzavola delle Mascarene]] e la [[Nycticorax mauritianus|nitticora di Mauritius]]. L'estinzione non ha risparmiato neanche rettili come la [[Cylindraspis inepta|testuggine gigante dal dorso a sella]], la [[Cylindraspis triserrata|testuggine gigante dal dorso a cupola]], lo [[Leiolopisma mauritiana|scinco gigante di Mauritius]] e il [[Bolyeria multocarinata|boa fossorio di Round Island]]. La [[Pteropus subniger|piccola volpe volante di Mauritius]] e la chiocciola ''[[Tropidophora carinata]]'', oltre che a Mauritius, erano presenti anche a Réunion, ma sono oggi scomparse da entrambe le isole. Sono scomparse anche alcune specie di piante, come la ''[[Casearia tinifolia]]'' e l'[[Angraecum palmiforme|orchidea palma]].<ref name="Cheke&Hume_2008_49-52">{{cita|Cheke e Hume, 2008|pp. 49-52}}.</ref>

=== Alimentazione ===
Una lettera olandese del 1631 (a lungo ritenuta perduta, ma riscoperta nel 2017) contiene l'unico riferimento alla dieta del dodo e afferma anche che l'animale usava il becco per difendersi. Il documento fa uso di [[Gioco di parole|giochi di parole]] per riferirsi agli animali descritti e i dodo sono a quanto pare un'[[allegoria]] per prendere di mira facoltosi sindaci:<ref name=Winters2017>{{cita pubblicazione | autore=R. Winters, J. P. Hume e M. Leenstra | titolo=A famine in Surat in 1631 and Dodos on Mauritius: a long lost manuscript rediscovered | rivista=Archives of Natural History | anno=2017 | volume=44 | numero=1 | pp=134-150 | doi=10.3366/anh.2017.0422}}</ref>
[[File:Roelandt Savery - 'Dodo Birds', Chalk, black and amber on cream paper.jpg|thumb|Tre dodo in uno schizzo di Savery del 1626 ca. (Crocker Art Museum).]]
{{citazione|I sindaci sono superbi e orgogliosi. Si presentavano con un volto severo e inflessibile e la bocca spalancata, molto sbarazzini e audaci nell'andatura. Non volevano muoversi davanti a noi; la loro arma da guerra era la bocca, con la quale potevano mordere ferocemente. Si nutrivano di frutta cruda; non erano ben vestiti, ma erano ricchi e grassi, perciò ne portammo a bordo molti, per la contentezza di tutti.<ref name=Winters2017/>}}
Oltre che di frutti caduti, il dodo probabilmente si nutriva di noci, semi, bulbi e radici.<ref name="Fuller_2002_42">{{cita|Fuller, 2002|p. 42}}.</ref> È stato anche ipotizzato che potesse aver mangiato [[Brachyura|granchi]] e [[frutti di mare]], così come i colombi coronati loro parenti. Le sue abitudini alimentari dovevano essere versatili, dal momento che gli esemplari in cattività venivano probabilmente alimentati con cibi di ogni sorta durante i lunghi viaggi per mare.<ref name="Cheke&Hume_2008_37-38">{{cita|Cheke e Hume, 2008|pp. 37-38}}.</ref> Poiché Mauritius è caratterizzata da un netto alternarsi tra stagione secca e stagione delle piogge, Oudemans ha ipotizzato che il dodo probabilmente ingrassava rimpinzandosi di frutti maturi alla fine della stagione delle piogge per poter sopravvivere alla stagione secca, quando il cibo scarseggiava: i resoconti dei contemporanei sono concordi nel descrivere la «golosità» dell'animale. L'ornitologo mauriziano [[France Staub]] ipotizzò nel 1996 che il dodo si nutrisse principalmente di frutti di [[Arecaceae|palma]], e cercò di far correlare il ciclo di accumulo e perdita di peso del dodo con il regime di fruttificazione delle palme.<ref name=Staub1996/>

Sembra che gli elementi scheletrici della mascella superiore siano stati rincocinetici (cioè mobili l'uno rispetto all'altro), e questo deve aver influito sulle abitudini alimentari. Negli uccelli odierni, come i colombi [[frugivoro|frugivori]] (mangiatori di frutta), la motilità del [[Premascella|premascellare]] consente loro di consumare cibi di grandi dimensioni. Sembra inoltre che il becco sia stato in grado di resistere a carichi di forza elevati, il che indicherebbe una dieta a base di sostanze dure.<ref name=ClaessensMeijer2016/> L'esame del calco del cervello ha rilevato che sebbene questo fosse simile a quello di altri colombi sotto molti aspetti, era dotato di un [[Olfatto#Il bulbo olfattivo|bulbo olfattivo]] relativamente grande. Ciò conferiva al dodo un buon senso dell'olfatto, che potrebbe averlo aiutato a localizzare frutti e piccole prede.<ref name="Endocast">{{cita pubblicazione | autore=M. E. Leone Gold, E. Bourdon e M. A. Norell | titolo=The first endocast of the extinct dodo (''Raphus cucullatus'') and an anatomical comparison amongst close relatives (Aves, Columbiformes) | rivista=Zoological Journal of the Linnean Society | volume=177 | numero=4 | anno=2016 | pp=950-963 | doi=10.1111/zoj.12388}}</ref>

[[File:Clusius dodo.jpg|thumb|left|Un dodo e il suo [[gastrolite]] in un disegno di [[Carolus Clusius]] del 1605 copiato dal diario di bordo di [[Jacob Corneliszoon van Neck|Jacob van Neck]].]]
Diverse fonti contemporanee affermano che il dodo aiutasse la digestione ingerendo [[Gastrolite|gastroliti]]. Lo scrittore inglese Hamon L'Estrange vide uno di questi uccelli in vita a Londra e lo descrisse come segue:
{{citazione|Circa nel 1638, mentre passeggiavo per le strade di Londra, vidi un disegno di uno strano pollo appeso a un'insegna, e, assieme a una o due persone, entrai per vederlo. Era tenuto in una camera ed era più grande di un tacchino maschio anche se più corpulento e massiccio e con una posizione eretta, colorato sulla parte anteriore come il petto di un giovane maschio di fagiano e su quella posteriore con una tonalità giallo-grigiastra. Il proprietario lo chiamò dodo e ci mostrò come il suo animale ingerisse ciottoli grandi quanto una noce moscata, e disse che servivano per la digestione; anche se non ricordo se al proprietario vennero chiesti maggiori dettagli, sono sicuro che glieli dette da ingoiare tutti.<ref name="Fuller_2002_69">{{cita|Fuller, 2002|p. 69}}.</ref>}}

Non sappiamo come venissero alimentati i nidiacei, ma i colombi suoi parenti forniscono loro il cosiddetto «[[Latte del gozzo|latte di piccione]]». Le raffigurazioni contemporanee mostrano il dodo munito di un grande gozzo, che veniva probabilmente utilizzato per conservare il cibo ingerito e produrre latte di piccione. È stato ipotizzato che le dimensioni massime raggiunte dal dodo e dal solitario fossero limitate dalla quantità di latte del gozzo che potevano produrre per i loro piccoli durante il loro sviluppo iniziale.<ref>{{cita pubblicazione | doi=10.1642/0004-8038(2005)122[1003:APCBCM]2.0.CO;2 | autore=Robert W. Storer | anno=2005 | titolo=A possible connection between crop milk and the maximum size attainable by flightless pigeons | rivista=The Auk | volume=122 | numero=3 | pp=1003 | url=https://academic.oup.com/auk/article/122/3/1003/5562432?login=false}}</ref>

Nel 1973, giunse la notizia che il [[Sideroxylon grandiflorum|tambalacoque]], noto anche come albero del dodo, [[Endemismo|endemico]] di Mauritius, si stesse estinguendo. A quanto pare ne rimanevano solo 13 esemplari, tutti dell'età stimata di circa 300 anni. L'ornitologo Stanley Temple ipotizzò che l'albero dipendesse dal dodo per la propagazione dei suoi semi, che sarebbero germogliati solo dopo essere passati attraverso il tratto digestivo dell'uccello. Lo studioso affermò anche che il tambalacoque era ormai quasi estinto a causa della scomparsa del dodo.<ref>{{cita pubblicazione | doi=10.1126/science.197.4306.885 | autore=S. A. Temple | data=agosto 1977 | titolo=Plant-Animal Mutualism: Coevolution with Dodo Leads to Near Extinction of Plant | rivista=Science | volume=197 | numero=4306 | pp=885-886 | pmid=17730171 | bibcode=1977Sci...197..885T | s2cid=2392411}}</ref> Tuttavia, sembra che Temple abbia trascurato alcune fonti degli anni '40 in cui si affermava che i semi di tambalacoque potevano germogliare, anche se molto raramente, senza che il loro rivestimento venisse [[Levigatura|abraso]] durante la digestione.<ref>{{cita pubblicazione | autore=A. W. Hill | anno=1941 | titolo=The genus ''Calvaria'', with an account of the stony endocarp and germination of the seed, and description of the new species | rivista=Annals of Botany | volume=5 | numero=4 | pp=587-606 | doi=10.1093/oxfordjournals.aob.a087409}}</ref> Altri autori hanno messo in discussione la sua ipotesi, sostenendo che la situazione dell'albero non sia stata così drammatica o che i semi fossero stati dispersi anche da altri animali estinti come le [[Testudinidae|testuggini]] del genere ''[[Cylindraspis]]'', i [[Pteropodidae|pipistrelli frugivori]] o il pappagallo dal becco largo.<ref>{{cita web | autore=D. R. Herhey | anno=2004 | titolo=Plant Science Bulletin, Volume 50, Issue 4 | sito=Botany.org | url=http://www.botany.org/PlantScienceBulletin/psb-2004-50-4.php#Dodo | accesso=12 maggio 2012 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20130514022621/http://www.botany.org/PlantScienceBulletin/psb-2004-50-4.php#Dodo | urlmorto=no}}</ref> Secondo Wendy Strahm e Anthony Cheke, due esperti dell'[[ecologia]] delle isole Mascarene, l'albero, seppur raro, sarebbe germogliato anche in seguito alla scomparsa del dodo e conterebbe diverse centinaia di esemplari, non 13 come affermato da Temple: i due, pertanto, hanno del tutto screditato l'opinione di Temple riguardo allo stretto rapporto di coesistenza che si sarebbe stabilito tra il dodo e l'albero.<ref>{{cita pubblicazione | doi=10.2307/3545415 | autore=M. C. Witmer e A. S. Cheke | data=maggio 1991 | titolo=The Dodo and the Tambalacoque Tree: An Obligate Mutualism Reconsidered | rivista=Oikos | volume=61 | numero=1 | pp=133-137 | jstor=3545415}}</ref>

L'ornitologo brasiliano Carlos Yamashita ipotizzò nel 1997 che il pappagallo dal becco largo avrebbe potuto dipendere strettamente dal dodo e dalle testuggini del genere ''Cylindraspis'', che mangiavano i frutti delle palme e ne espellevano i semi, che sarebbero a loro volta diventati cibo per i pappagalli. Allo stesso modo le ara del genere ''[[Anodorhynchus]]'' dipendevano originariamente dalla [[megafauna]] [[America meridionale|sudamericana]] ormai estinta, mentre ora a tale scopo fanno affidamento sul bestiame domestico.<ref name="Cheke&Hume_2008_38">{{cita|Cheke e Hume, 2008|p. 38}}.</ref>

=== Riproduzione e sviluppo ===
[[File:Dodo egg replica.jpg|thumb|Replica di un presunto uovo di dodo in un nido ricostruito, museo di East London.]]
Dal momento che era una creatura terricola incapace di volare, e data l'assenza di [[Mammalia|mammiferi]] predatori o altri nemici naturali a Mauritius, il dodo probabilmente nidificava sul terreno.<ref name="Fuller_2002_43_44">{{cita|Fuller, 2002|pp. 43-44}}.</ref> La testimonianza di François Cauche del 1651 contiene l'unica descrizione dell'uovo e del [[Vocalizzazione degli uccelli|richiamo]] della specie:
{{citazione|Ho visto a Mauritius uccelli più grandi di un cigno, senza penne sul corpo, che è ricoperto da un piumino nero; la parte posteriore è tonda, il didietro ornato da penne arricciate tante quanti sono gli anni dell'uccello. Al posto delle ali hanno penne come queste, nere e ricurve, prive di trama. Non hanno lingua, il becco è grande e leggermente curvato verso il basso; le zampe sono lunghe, squamose, e dotate solo di tre dita per piede. Emettono un richiamo simile a quello di un [[Oca|papero]] e non sono affatto così buoni da mangiare come i fenicotteri e le anatre di cui abbiamo appena parlato. Depongono un solo uovo bianco, della grandezza di un cilindro di monete da mezzo penny, accanto al quale mettono una pietra bianca della grandezza di un uovo di gallina. Si accomodano sull'erba che raccolgono e fanno il nido nella foresta; uccidendone un esemplare giovane, nel ventriglio troviamo una pietra grigia. Li chiamiamo ''Oiseaux de Nazaret''. Il loro grasso è ottimo per dare sollievo ai muscoli e ai nervi.<ref name=Strickland4to112/>}}

{{Doppia immagine|sinistra|Dodo bone thin sections showing ontogenetic growth series.jpg||Dodo life history.jpg||Sezioni delle ossa degli arti posteriori che mostrano differenti stadi di [[Ontogenesi|sviluppo]].|Schema del ciclo vitale del dodo sulla base dell'[[istologia]] e delle testimonianze scritte.|larghezza totale=350}}

Il racconto di Cauche, però, è problematico, soprattutto quando afferma che l'uccello descritto aveva tre dita ed era privo di lingua, a differenza del «vero» dodo. Questo ha portato alcuni studiosi a credere che Cauche stesse descrivendo una nuova specie di dodo (ribattezzata ''Didus nazarenus''). Sembra più probabile, tuttavia, che a tale descrizione siano state aggiunte caratteristiche proprie del [[Casuarius|casuario]]: del resto, anche altri scritti di Cauche presentano varie incongruenze.<ref name="Cheke&Hume_2008_27">{{cita|Cheke e Hume, 2008|p. 27}}.</ref> Il «giovane struzzo» preso a bordo di una nave nel 1617 citato in una fonte dell'epoca è l'unico altro riferimento a quello che forse era un dodo in giovane età.<ref name="Cheke&Hume_2008_162">{{cita|Cheke e Hume, 2008|p. 162}}.</ref> Un presunto uovo di dodo è conservato al museo di East London, in Sudafrica. Venne donato al museo da una sua ex curatrice, la sudafricana [[Marjorie Courtenay-Latimer]], la cui prozia l'aveva ricevuto da un capitano che sosteneva di averlo trovato in una palude a Mauritius. Nel 2010, il curatore del museo ha proposto di utilizzare le moderne analisi genetiche per determinarne l'autenticità,<ref>{{cita web | autore=A. Laing | data=27 agosto 2010 | sito=The Daily Telegraph | città=Londra | titolo=Last surviving Dodo egg could be tested for authenticity | url=https://www.telegraph.co.uk/science/science-news/7968811/Last-surviving-Dodo-egg-could-be-tested-for-authenticity.html | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20100829160254/http://www.telegraph.co.uk/science/science-news/7968811/Last-surviving-Dodo-egg-could-be-tested-for-authenticity.html | urlmorto=sì}}</ref> dal momento che potrebbe trattarsi semplicemente di un uovo di struzzo dalla forma aberrante.<ref name=Fuller2002p43/>

Tenendo conto del fatto che probabilmente deponeva covate composte da un singolo uovo ed era di dimensioni così grandi, alcuni studiosi hanno proposto che il dodo avesse optato per una [[Strategia r-K|strategia K]], producendo una scarsa prole inetta che richiedeva cure parentali fino al raggiungimento della maturità. Alcune prove, come le grandi dimensioni e il fatto che gli uccelli tropicali e frugivori presentano tassi di crescita più lenti, indicano che la specie potrebbe aver avuto un periodo di sviluppo prolungato.<ref name=Livezey1993/> Il fatto che a Mare-aux-Songes non siano stati trovati resti di giovani dodo può indicare che la prole prodotta fosse scarsa, che i nidiacei si sviluppavano rapidamente, che i siti di nidificazione erano lontani dalla palude o che il rischio di rimanere intrappolati nel fango era solo stagionale.<ref name=Meijer2012p177>{{cita pubblicazione | autore=H. J. M. Meijer, A. Gill, P. G. B. de Louw, L. W. van den Hoek Ostende, J. P. Hume e K. F. Rijsdijk | doi=10.1007/s00114-012-0882-8 | titolo=Dodo remains from an in situ context from Mare aux Songes, Mauritius | rivista=Naturwissenschaften | volume=99 | numero=3 | pp=177-184 | anno=2012 | pmid=22282037 | bibcode=2012NW.....99..177M | s2cid=514542 | url=https://repository.si.edu/bitstream/handle/10088/18486/vz_meijer_naturwissenschaften_2012.pdf | accesso=6 agosto 2018 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20180723130845/https://repository.si.edu/bitstream/handle/10088/18486/vz_meijer_naturwissenschaften_2012.pdf | urlmorto=no}}</ref>

Nel 2017 alcuni studiosi, correlando i dati ricavati dall'[[istologia]] delle [[Sezione sottile|sezioni sottili]] di ossa di dodo e le testimonianze dei contemporanei ai dati conosciuti sugli odierni uccelli mauriziani e l'ecologia locale, hanno cercato di recuperare informazioni sul ciclo vitale del dodo. Lo studio ha suggerito che i dodo si riproducessero verso agosto, dopo aver accumulato un consistente strato di grasso, in corrispondenza con i cicli di perdita e accumulo di peso propri di molti vertebrati di Mauritius. I nidiacei crescevano rapidamente, raggiungendo dimensioni simili a quelle degli adulti e la maturità sessuale prima dell'estate australe o della stagione dei cicloni. Gli esemplari adulti che si erano appena riprodotti effettuavano la [[Muta (biologia)|muta]] dopo l'estate australe, intorno a marzo. Le penne delle ali e della coda venivano sostituite per prime e la muta sarebbe stata completa alla fine di luglio, in tempo per la successiva stagione riproduttiva. Le diverse fasi della muta potrebbero anche spiegare le incongruenze nelle descrizioni dei contemporanei riguardo al piumaggio.<ref>{{cita pubblicazione | autore=D. Angst, A. Chinsamy, L. Steel e J. P. Hume | titolo=Bone histology sheds new light on the ecology of the dodo (''Raphus cucullatus'', Aves, Columbiformes) | rivista=Scientific Reports | anno=2017 | volume=7 | numero=1 | doi=10.1038/s41598-017-08536-3 | pmc=5570941 | issn=2045-2322 | pmid=28839147 | bibcode=2017NatSR...7.7993A | url=https://link.springer.com/content/pdf/10.1038/s41598-017-08536-3.pdf}}</ref>

== Rapporti con l'uomo ==
[[File:Jacht op dodo's door Willem van West-Zanen uit 1602.jpg|thumb|Incisione del 1648 raffigurante l'uccisione di dodo (al centro a sinistra, erroneamente raffigurati simili a [[Spheniscidae|pinguini]]) e di altri animali ora estinti di Mauritius.]]
Mauritius era già stata visitata da imbarcazioni [[Arabi|arabe]] durante il [[Medioevo]] e da navi portoghesi tra il 1507 e il 1513, ma nessuno la aveva ancora colonizzata. A quanto pare, né gli arabi né i portoghesi hanno lasciato riferimenti ai dodo nei loro scritti, anche se è possibile che il nome portoghese di Mauritius, '' ilha do Cerné'' («isola dei Cigni»), si riferisca proprio a questi animali.<ref name="Fuller_2002_17">{{cita|Fuller, 2002|p. 17}}.</ref> Gli olandesi si impossessarono di Mauritius nel 1598, ribattezzandola così in onore di [[Maurizio di Nassau]], e da allora l'isola divenne uno scalo di rifornimento per le navi mercantili della [[Compagnia olandese delle Indie orientali]].<ref>{{cita pubblicazione | autore=M. T. Schaper e M. Goupille | doi=10.5172/ser.11.2.93 | titolo=Fostering enterprise development in the Indian Ocean: The case of Mauritius | rivista=Small Enterprise Research | volume=11 | numero=2 | pp=93-98 | anno=2003 | s2cid=128421372}}</ref> I primi a lasciare testimonianze scritte sul dodo furono alcuni viaggiatori olandesi durante la seconda spedizione olandese in Indonesia, guidata dall'[[ammiraglio]] Jacob van Neck nel 1598. Tali resoconti apparvero nei diari di viaggio pubblicati nel 1601, che contengono anche la prima raffigurazione conosciuta dell'uccello.<ref>{{cita pubblicazione | doi=10.1038/nature02688 | autore=J. P. Hume, D. M. Martill e C. Dewdney | data=giugno 2004 | titolo=Palaeobiology: Dutch diaries and the demise of the dodo | rivista=Nature | volume=429 | numero=6992 | p=621 | pmid=15190921 | bibcode=2004Natur.429.....H | s2cid=4343538}}</ref> Poiché i primi marinai che visitarono Mauritius si trovavano in mare da molto tempo, il loro interesse per questi grandi uccelli fu principalmente di tipo culinario. Il diario del 1602 di Willem Van West-Zanen della nave ''Bruin-Vis'' riferisce che 24-25 dodo vennero uccisi a scopo alimentare, e che erano così grandi che durante un pasto ne potevano a malapena essere consumati un paio: il resto veniva conservato [[salagione|sotto sale]].<ref name="Fuller_2002_56">{{cita|Fuller, 2002|p. 56}}.</ref> Un'illustrazione realizzata per l'edizione pubblicata nel 1648, raffigurante l'uccisione di dodo, di un [[Dugong dugon|dugongo]] e, forse, di parrocchetti grigi delle Mascarene, era accompagnata da una poesia in olandese:<ref>{{cita pubblicazione | autore=J. P. Hume | pp=4-21 | anno=2007 | titolo=Reappraisal of the parrots (Aves: Psittacidae) from the Mascarene Islands, with comments on their ecology, morphology, and affinities | rivista=[[Zootaxa]] | volume=1513 | doi=10.11646/zootaxa.1513.1.1 | url=http://julianhume.co.uk/wp-content/uploads/2010/07/Hume-Mascarene-Parrots.pdf | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20120317022127/http://julianhume.co.uk/wp-content/uploads/2010/07/Hume-Mascarene-Parrots.pdf | urlmorto=no}}</ref>

{{citazione|Per nutrirsi i marinai cercano la carne degli uccelli piumati,<br/>
colpiscono le palme e distruggono i dodo dal posteriore rotondo,<br/>
risparmiano la vita al pappagallo perché possa osservare e gridare,<br/>
in modo da fare da esca per i suoi compagni.<ref name="Stricland&Melville_1848_15">{{cita|Strickland e Melville, 1848|p. 15}}.</ref>}}

Alcuni dei primi viaggiatori trovarono la carne del dodo sgradevole e preferirono mangiare pappagalli e colombi; altri invece la descrissero come coriacea, ma buona. Alcuni cacciavano il dodo solo per il suo ventriglio, che veniva considerato la parte più deliziosa dell'uccello. I dodo erano facili da catturare, ma i cacciatori dovevano stare attenti a non essere morsi dai loro potenti becchi.<ref name="Cheke&Hume_2008_77_78">{{cita|Cheke e Hume, 2008|pp. 77-78}}.</ref>

L'aspetto del dodo e del rallo rosso portò Peter Mundy a speculare, 230 anni prima di [[Charles Darwin]], la teoria dell'[[evoluzione]]:

{{citazione|Due di queste specie di uccelli che ho citato, a quanto ne sappiamo, si trovano solamente su quest'isola, che dista 100 leghe da St. Lawrence. Potremmo domandarci perché si trovino qui e non altrove, essendo così lontani da qualsiasi altra terra e non sapendo volare o nuotare; fino a che punto un miscuglio di specie possa produrre forme strane e mostruose, o se la natura del clima, dell'aria e della terra alterino con il tempo le prime forme di vita e come.<ref name=Fuller2001pp194/>}}

=== I dodo trasportati all'estero ===
{{Doppia immagine|sinistra|Hoefnagel dodo.jpg||Van den Venne dodo.jpg||Un probabile esemplare impagliato della collezione dell'[[Rodolfo II d'Asburgo|imperatore Rodolfo II]] a Praga in un dipinto di [[Jacob Hoefnagel]] (inizio XVII secolo).|Il dodo che [[Adriaen van de Venne]] affermava di aver visto (1626).|larghezza totale=350}}
Il dodo venne considerato una creatura abbastanza interessante da giustificarne l'invio di un certo numero di esemplari viventi in Europa e in Oriente. Il numero degli esemplari che giunsero vivi a destinazione è incerto e non sappiamo se siano correlati con le raffigurazioni contemporanee e i pochi resti non fossili presenti nei musei europei. Sulla base delle testimonianze dei contemporanei, dei dipinti e degli esemplari museali, Julian Hume ha dedotto che almeno undici dodo raggiunsero vivi le loro destinazioni.<ref name="Cheke&Hume_2008_81_83">{{cita|Cheke e Hume, 2008|pp. 81-83}}.</ref>

La descrizione di Hamon L'Estrange di un dodo che vide a Londra nel 1638 è l'unica testimonianza che cita specificamente un esemplare vivo in Europa. Nel 1626 [[Adriaen van de Venne]] disegnò un dodo che sosteneva di aver visto ad Amsterdam, ma non specificò se fosse in vita, e la sua rappresentazione ricorda alquanto il ''dodo di Edwards'' di Savery. Due esemplari vivi furono visti da Peter Mundy a Surat, in India, tra il 1628 e il 1634, uno dei quali potrebbe essere stato l'individuo dipinto da Ustad Mansur intorno al 1625.<ref name=Hume2006/> Nel 1628, Emmanuel Altham visitò Mauritius e inviò una lettera a suo fratello in Inghilterra:

{{citazione|Amato fratello, abbiamo ricevuto l'ordine di andare su un'isola chiamata Mauritius, che si trova a 20 gradi di latitudine sud, dove siamo arrivati il 28 maggio; quest'isola ha molte capre, maiali e mucche, e uccelli molto strani, chiamati dodo, che sono molto rari: in tutto il mondo si trovano solo qui. Ne ho inviato uno tramite il signor Perce, che è arrivato con la nave William su quest'isola il 10 giugno. [A margine della lettera] Dal signor Perce riceverai un contenitore di zenzero per mia sorella, alcune perle per i miei cugini e le loro figlie, e un uccello chiamato dodo, se mai arriverà vivo.<ref>{{cita libro | autore=A. Macmillan | anno=2000 | titolo=Mauritius Illustrated: Historical and Descriptive, Commercial and Industrial Facts, Figures, & Resources | editore=Asian Educational Services | p=83 | città=Nuova Dehli | isbn=978-81-206-1508-3 | url=https://books.google.com/books?id=_EusZwEdxpAC&q=%22Emmanuel+Altham%22+dodo+newton&pg=PA85 | accesso=12 maggio 2012 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20230315014505/https://books.google.com/books?id=_EusZwEdxpAC&q=%22Emmanuel+Altham%22+dodo+newton&pg=PA85 | urlmorto=no}}</ref>}}
[[File:The Temptation of Saint Anthony with dodo.jpg|thumb|Nelle ''[[Antonio abate#Iconografia|Tentazioni di sant'Antonio]]'' di Savery (1611-1616 ca.) vi è un'aragosta dalla testa di dodo in basso a sinistra, probabilmente basata su un campione essiccato.]]
Non sappiamo se il dodo sia sopravvissuto al viaggio, e la lettera andò distrutta in un incendio nel XIX secolo.<ref name="Fuller_2002_60">{{cita|Fuller, 2002|p. 60}}.</ref> La più antica raffigurazione conosciuta di un esemplare di dodo in Europa risale al 1610 ca. e appartiene a una collezione di dipinti che raffigura gli animali presenti nel serraglio reale dell'[[Rodolfo II d'Asburgo|imperatore Rodolfo II]] a Praga. Questa collezione comprende anche dipinti di altri animali originari di Mauritius, compreso il rallo rosso. L'esemplare raffigurato, che potrebbe essere un giovane, sembra essere stato essiccato o impagliato, e probabilmente aveva vissuto per un po' di tempo nello zoo dell'imperatore insieme agli altri animali. Il fatto che dodo interamente impagliati fossero presenti in Europa indica che vi erano stati portati da vivi ed erano morti là: è improbabile che vi fossero dei tassidermisti sulle navi di passaggio e all'epoca non vi era ancora l'abitudine di utilizzare l'alcool per preservare i campioni biologici. Della maggior parte dei campioni provenienti da zone [[Zona torrida|tropicali]] sono stati conservati solo la testa e i piedi essiccati.<ref name="Cheke&Hume_2008_81_83"/>

A quanto si riferisce, un dodo venne inviato addirittura fino a [[Nagasaki]], in Giappone, nel 1647, ma per molto tempo non sapevamo se fosse giunto a destinazione.<ref name="Cheke&Hume_2008_38">{{cita|Cheke e Hume, 2008|p. 38}}.</ref> Testimonianze contemporanee pubblicate per la prima volta nel 2014 hanno confermato il fatto e dimostrato che l'esemplare era arrivato vivo. Venne considerato come un dono e, nonostante la sua rarità, il suo valore era paragonabile a quello di un cervo bianco e di un [[bezoario]]. È l'ultimo dodo vivo in cattività di cui siamo conoscenza.<ref name=Winters2014>{{cita pubblicazione | autore=R. Winters e J. P. Hume | titolo=The dodo, the deer and a 1647 voyage to Japan | rivista=Historical Biology | volume=27 | numero=2 | p=1 | anno=2014 | doi=10.1080/08912963.2014.884566 | s2cid=86077963}}</ref>

=== Estinzione ===
[[File:Pioneers in South Africa (1914) (14576727409).jpg|upright|thumb|left|Marinai olandesi inseguono dei dodo in un'illustrazione di Walter Paget del 1914. Si ritiene che la caccia da parte dell'uomo non sia stata la causa principale dell'[[estinzione]] della specie.]]
Come molti animali evolutisi in pressoché totale assenza di predatori, il dodo non aveva la benché minima paura dell'uomo. Questa impavidità e l'incapacità di volare resero l'animale una facile preda per i marinai.<ref>{{cita web | autore=BBC | data=20 novembre 2003 | titolo=Scientists pinpoint dodo's demise | sito=[[BBC News]] | città=Londra | url=http://news.bbc.co.uk/2/hi/science/nature/3281323.stm | accesso=7 settembre 2006 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200404181551/http://news.bbc.co.uk/2/hi/science/nature/3281323.stm | urlmorto=no}}</ref> Sebbene alcune testimonianze sparse descrivano uccisioni in massa di dodo per rifornire le scorte delle navi, le indagini archeologiche hanno trovato solo scarse prove di catture da parte dell'uomo. Le ossa di almeno due esemplari sono state trovate nelle grotte della Baie du Cap in cui nel XVII si rifugiavano detenuti e [[Cimarroni|schiavi fuggitivi]], una zona che sarebbe stata difficilmente accessibile per questi animali a causa del terreno elevato e accidentato.<ref name=Janoo2005/> La popolazione umana a Mauritius (che copre un'area di {{M|1860}} km²) non superò mai le 50 unità nel XVII secolo, ma sull'isola furono introdotte diverse specie animali aliene, tra cui cani, maiali, gatti, ratti e [[Macaca fascicularis|macachi cancrivori]], che fecero razzia dei nidi di dodo ed entrarono in competizione con esso per le limitate risorse alimentari.<ref name=HumeWaltersP134/> Contemporaneamente, gli uomini distrussero l'[[habitat]] forestale della specie. Oggi si ritiene che l'impatto sulla popolazione di dodo degli animali introdotti, in particolare maiali e macachi, sia stato ben più grave di quello della caccia.<ref name=Fryer2002>{{cita web | autore=J. Fryer | titolo=Bringing the dodo back to life | sito=[[BBC News]] | città=Londra | url=http://news.bbc.co.uk/2/hi/programmes/from_our_own_correspondent/2255991.stm | accesso=7 settembre 2006 | data=14 settembre 2002 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20190507123209/http://news.bbc.co.uk/2/hi/programmes/from_our_own_correspondent/2255991.stm | urlmorto=no}}</ref> I ratti forse non rappresentarono una grande minaccia per i nidi, dal momento che i dodo sapevano già come confrontarsi con i [[Gecarcinidae|granchi di terra]].<ref name="Cheke&Hume_2008_79">{{cita|Cheke e Hume, 2008|p. 79}}.</ref>

È stato ipotizzato che il dodo fosse una specie già rara o localizzata prima dell'arrivo dell'uomo a Mauritius, dal momento che difficilmente si sarebbe estinto così rapidamente se avesse occupato tutte le aree remote dell'isola.<ref name="Fuller_2002_41">{{cita|Fuller, 2002|p. 41}}.</ref> Una spedizione del 2005 trovò resti subfossili di dodo e altri animali uccisi da un'alluvione improvvisa. Tali eventi di mortalità di massa avrebbero ulteriormente messo a repentaglio una specie già in pericolo di estinzione.<ref>{{cita web | autore=T. Cocks | anno=2006 | titolo=Natural disaster may have killed dodos | sito=[[Australian Broadcasting Corporation]] | editore=[[Reuters]] | url=http://www.abc.net.au/science/news/ancient/AncientRepublish_1678225.htm | accesso=30 agosto 2006 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20130515110620/http://www.abc.net.au/science/news/ancient/AncientRepublish_1678225.htm | urlmorto=no}}</ref> Eppure il fatto che il dodo sia sopravvissuto a centinaia di anni di attività vulcanica e cambiamenti climatici dimostra che la specie era piuttosto resistente all'interno del suo ecosistema.<ref name=Rijsdijk2016/>

Vi è ancora disaccordo riguardo la data dell'estinzione. L'ultima testimonianza accettata dalla maggior parte degli studiosi in cui si parla di un avvistamento di dodo è il rapporto stilato nel 1662 da Volkert Evertsz, un marinaio naufragato dalla nave olandese ''Arnhem'', che descrisse gli uccelli che vennero catturati su un piccolo isolotto al largo di Mauritius, che oggi si ritiene corrisponda all'[[Île d'Ambre]]:
{{citazione|Questi animali, quando ci avvicinavamo a loro, fissavano il nostro sguardo e restavano immobili sul posto, come non sapessero se avevano ali per volare o zampe per fuggire, permettendoci di avvicinarci quanto volevamo. Tra questi uccelli c'erano quelli che in India chiamano ''Dod-aersen'' (essendo una specie di grande oca); questi uccelli non sono in grado di volare, e al posto delle ali hanno solo alcuni piccoli «spilli», ma possono correre molto velocemente. Riuscimmo a raggrupparli in un punto, in modo che fosse possibile prenderli con le mani, e quando ne afferrammo uno per una zampa fece un gran rumore e gli altri, all'improvviso, arrivarono di corsa il più velocemente possibile come per cercare di aiutarlo, e per questo motivo furono catturati e fatti prigionieri anche loro.<ref>{{cita web | autore=Anthony S. Cheke | anno=2004 | titolo=The Dodo's last island | editore=Royal Society of Arts and Sciences of Mauritius | url=http://dodobooks.com/wp-content/uploads/2012/01/Cheke-2004-DodosLastIsland.pdf | accesso=12 maggio 2012 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160328040044/http://dodobooks.com/wp-content/uploads/2012/01/Cheke-2004-DodosLastIsland.pdf | urlmorto=no}}</ref>}}

I dodo di questo isolotto potrebbero non essere stati necessariamente gli ultimi rappresentanti della specie.<ref>{{cita pubblicazione | autore=D. L. Roberts | titolo=Refuge-effect hypothesis and the demise of the Dodo | doi=10.1111/cobi.12134 | rivista=Conservation Biology | volume=27 | numero=6 | pp=1478-1480 | anno=2013 | pmid=23992554 | s2cid=39987650}}</ref> L'ultimo avvistamento dichiarato di un dodo venne riportato nei registri di caccia di Isaac Johannes Lamotius nel 1688. Un'[[Inferenza statistica|analisi statistica]] di questi registri effettuata nel 2003 dai biologi David L. Roberts e Andrew R. Solow fornì una nuova data di estinzione stimata al 1693, con un [[intervallo di confidenza]] al 95% compreso tra il 1688 e il 1715. Secondo questi autori, poiché l'ultimo avvistamento prima del 1662 risaliva al 1638, il dodo era probabilmente già piuttosto raro negli anni '60 del XVII secolo, e pertanto un avvistamento da parte di uno schiavo fuggito nel 1674, ma contestato da molti autori, non può essere ignorato.<ref>{{cita pubblicazione | doi=10.1038/426245a | autore=D. L. Roberts e A. R. Solow | data=novembre 2003 | titolo=Flightless birds: When did the dodo become extinct? | rivista=Nature | volume=426 | numero=6964 | p=245 | pmid=14628039 | bibcode=2003Natur.426..245R | s2cid=4347830}}</ref>

[[File:Aphanapteryx bonasia.JPG|thumb|Il disegno di [[Pieter van den Broecke]] di un dodo, una pecora con un corno solo e un rallo rosso (1617); dopo la scomparsa del dodo, i visitatori potrebbero averlo confuso con il rallo rosso.]]
L'ornitologo britannico [[Alfred Newton]] ipotizzò nel 1868 che, dopo la sua scomparsa, i visitatori abbiano iniziato a chiamare «dodo» il rallo rosso.<ref name="NewtonA.">{{cita pubblicazione | autore=A. Newton | titolo=Recent ornithological publications | rivista=Ibis | anno=1868 | volume=4 | numero=2 | pp=479-482 | url=https://www.biodiversitylibrary.org/item/55161#page/507/mode/1up | accesso=22 luglio 2020 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200703005306/https://www.biodiversitylibrary.org/item/55161#page/507/mode/1up | urlmorto=no}}</ref> Anche Cheke sottolineò che alcune descrizioni successive al 1662 usano i nomi «Dodo» e «Dodaers» per riferirsi al rallo rosso, indicando che tali nomi erano stati trasferiti da una specie all'altra.<ref>{{cita libro | autore=A. S. Cheke | curatore=A. W. Diamond | doi=10.1017/CBO9780511735769.003 | capitolo=An ecological history of the Mascarene Islands, with particular reference to extinctions and introductions of land vertebrates | titolo=Studies of Mascarene Island Birds | url=https://archive.org/details/studiesmascarene00diam | pp=[https://archive.org/details/studiesmascarene00diam/page/n11 5]-89 | anno=1987 | isbn=978-0-521-11331-1 | città=Cambridge | editore=Cambridge University Press}}</ref> Secondo questo studioso, l'ultima osservazione credibile è pertanto quella registrata nel 1662. Una testimonianza del 1668 del viaggiatore inglese John Marshall, che usava in modo intercambiabile i nomi «Dodo» e «Red Hen» per indicare il rallo rosso, afferma che la sua carne era «dura», il che fa combacia con la descrizione della carne nella testimonianza del 1681.<ref name=Cheke2006>{{cita pubblicazione | doi=10.1111/j.1474-919X.2006.00478.x | autore=A. S. Cheke | anno=2006 | titolo=Establishing extinction dates&nbsp;– the curious case of the Dodo ''Raphus cucullatus'' and the Red Hen ''Aphanapteryx bonasia'' | rivista=Ibis | volume=148 | pp=155-158}}</ref> Perfino il resoconto del 1662 è stato messo in discussione dallo scrittore [[Errol Fuller]], poiché la reazione ai richiami di allarme corrisponde a quanto era stato riportato per il rallo rosso.<ref name="Fuller_2002_70_73">{{cita|Fuller, 2002|pp. 70-73}}.</ref> Fino a quando non venne proposta questa spiegazione, si riteneva che gli ultimi esemplari noti fossero stati i «dodos» di cui parla una testimonianza del 1681, ipotesi che ha tuttora i suoi sostenitori.<ref>{{cita pubblicazione | autore=A. Jackson | titolo=Added credence for a late Dodo extinction date | doi=10.1080/08912963.2013.838231 | rivista=Historical Biology | volume=26 | numero=6 | pp=1-3 | anno=2013 | s2cid=83701682}}</ref>

Cheke ha affermato nel 2014 che i manoscritti olandesi studiati finora indicano che non venne visto nessun dodo nel periodo 1664-1674.<ref>{{cita pubblicazione | autore=Anthony S. Cheke | titolo=Speculation, statistics, facts and the Dodo's extinction date | rivista=Historical Biology | volume=27 | numero=5 | anno=2014 | pp=1-10 | doi=10.1080/08912963.2014.904301 | s2cid=83978250}}</ref> Nel 2020, Cheke e il ricercatore britannico Jolyon C. Parish hanno ipotizzato che tutti i riferimenti al dodo successivi alla metà del XVII secolo siano riconducibili al rallo rosso e che il dodo fosse scomparso in seguito alla predazione da parte dei maiali durante un periodo di pausa nella colonizzazione di Mauritius (1658-1664). All'epoca quindi nessuno realizzò che il dodo si fosse estinto, poiché i nuovi coloni non avevano mai visto dei veri dodo, ma poiché si aspettavano di vedere uccelli incapaci di volare, credettero che il dodo fosse il rallo rosso, e chiamarono quest'ultimo con lo stesso nome. Poiché i ralli rossi, a differenza del dodo, deponevano probabilmente un numero maggiore di uova per covata che si schiudevano dopo un periodo di tempo più breve, e forse costruivano nidi in luoghi più nascosti, è possibile che si riproducessero in maniera più efficiente ed erano meno vulnerabili alle razzie dei maiali.<ref name="Saga">{{cita pubblicazione | autore=A. S. Cheke e J. C. Parish | titolo=The Dodo and the Red Hen, A Saga of Extinction, Misunderstanding, and Name Transfer: A Review | rivista=Quaternary | anno=2020 | volume=3 | numero=1 | p=4 | doi=10.3390/quat3010004}}</ref>

È improbabile che la questione venga risolta, a meno che non vengano scoperti rapporti posteriori che menzionano il nome insieme alla descrizione fisica.<ref name="Cheke&Hume_2008_79"/> La [[Lista rossa IUCN|lista rossa della IUCN]] accetta la motivazione di Cheke che indica il 1662 come data dell'estinzione, ritenendo che tutti i rapporti successivi si riferiscano al rallo rosso. In ogni caso, il dodo era probabilmente già estinto nel 1700, circa un secolo dopo la sua scoperta nel 1598.<ref name=IUCN2012/><ref name=Cheke2006/> Gli olandesi lasciarono Mauritius nel 1710, ma a quel punto il dodo e la maggior parte dei grandi vertebrati terrestri si erano ormai estinti.<ref name=HumeWaltersP134/>

Nonostante la rarità del dodo fosse già stata segnalata nel XVII secolo, la sua estinzione fu riconosciuta come tale solo nel XIX secolo. Ciò era in parte dovuto al fatto che, per motivi religiosi, l'estinzione non era ritenuta possibile fino a quando [[Georges Cuvier]] non dimostrò il contrario, e in parte perché molti scienziati dubitavano addirittura che il dodo fosse mai esistito: sembrava una creatura troppo strana e molti lo credevano un mito. Il dodo venne indicato per la prima volta come esempio di estinzione causata dall'uomo su ''Penny Magazine'' nel 1833<ref>{{cita pubblicazione | data=1° giugno 1833 | titolo=The Dodo | url=https://archive.org/details/sim_knights-penny-magazine_1833-06-01_2_75/ | rivista=The Penny Magazine of the Society for the Diffusion of Useful Knowledge | volume=2 | numero=75 | pp=209-211}}</ref> e da allora è divenuto una vera «icona» dell'estinzione.<ref name=Turvey2008>{{cita pubblicazione | doi=10.1080/08912960802376199 | autore=S. T. Turvey e A. S. Cheke | anno=2008 | titolo=Dead as a dodo: The fortuitous rise to fame of an extinction icon | rivista=Historical Biology | volume=20 | numero=2 | pp=149-163 | s2cid=6257901}}</ref>

== Resti fisici ==
=== Esemplari del XVII secolo ===
[[File:Dodo upper beak in Prague.jpg|thumb|Mascella superiore di dodo nel [[Museo nazionale di Praga]].]]
Tutto ciò che rimane dei dodo portati in Europa nel XVII secolo sono una testa e un piede essiccati nel Museo di storia naturale dell'università di Oxford, un piede un tempo conservato al British Museum ma andato perduto, un cranio nel Museo di zoologia dell'università di Copenaghen e una mascella superiore nel [[Museo nazionale di Praga]]. Gli ultimi due reperti furono riscoperti e identificati come resti di dodo verso la metà del XIX secolo.<ref name="Fuller_2002_116_129">{{cita|Fuller, 2002|pp. 116-129}}.</ref> Nei vecchi inventari museali vengono citati anche diversi esemplari impagliati, ma nessuno di questi è giunto fino a noi.<ref>{{cita pubblicazione | doi=10.3366/anh.1992.19.2.145 | autore=R. F. Ovenell | data=giugno 1992 | titolo=The Tradescant Dodo | rivista=Archives of Natural History | volume=19 | numero=2 | pp=145-152}}</ref> Oltre a questi resti, c'è anche un piede essiccato, appartenuto al professore olandese Pieter Pauw, menzionato da Carolus Clusius nel 1605. La sua provenienza è sconosciuta e oggi è andato perduto, ma potrebbe essere stato raccolto durante il viaggio di Van Neck.<ref name=Hume2006/> I presunti esemplari impagliati che si vedono oggi nei musei di tutto il mondo sono stati pertanto realizzati con piume appartenenti ad altri uccelli: molti dei più antichi vennero realizzati dal gruppo di tassidermisti guidato dal britannico Rowland Ward.<ref name="Fuller_2002_116_129"/>
[[File:Dodo casts c1800.jpg|thumb|left|Calco della testa di Oxford prima della dissezione e del piede di Londra, oggi perduto.]]
Gli unici resti di tessuti molli conosciuti, la testa (reperto OUM 11605) e il piede di Oxford, appartenevano all'ultimo esemplare impagliato conosciuto, menzionato per la prima volta come parte della [[Musaeum Tradescantianum|collezione Tradescant]] nel 1656 e trasferito nell'[[Ashmolean Museum]] nel 1659.<ref name=Hume2006/> È stato ipotizzato che questi potrebbero essere i resti dell'uccello che Hamon L'Estrange vide a Londra, dell'uccello inviato da Emanuel Altham o di un esemplare donato da Thomas Herbert. Poiché i resti non mostrano segni di alterazione dovuti alla mano dei tassidermisti, è possibile che dell'esemplare sia stata semplicemente conservata la spoglia.<ref name="Oxford Dodo 1">{{cita pubblicazione | autore=M. Nowak-Kemp e J. P. Hume | titolo=The Oxford Dodo. Part 1: the museum history of the Tradescant Dodo: ownership, displays and audience | rivista=Historical Biology | volume=29 | numero=2 | anno=2016 | pp=234-247 | doi=10.1080/08912963.2016.1152471 | s2cid=87191090}}</ref> Nel 2018, è stato riferito che le scansioni della testa del dodo di Oxford mostravano che la pelle e le ossa contenevano [[Pallini da caccia|pallini di piombo]] che venivano usati per cacciare gli uccelli nel XVII secolo. Questo indica che il dodo di Oxford venne ucciso prima di essere trasportato in Gran Bretagna o qualche tempo dopo il suo arrivo. Le circostanze della sua uccisione sono sconosciute e i pallini devono ancora essere esaminati per identificare il luogo di provenienza del piombo.<ref>{{cita web | autore=Sarah Knapton | titolo=Who shot Lewis Carroll's dodo? Forensic scans reveal mystery death | url=https://www.telegraph.co.uk/science/2018/04/19/shot-lewis-carrolls-dodo-forensic-scans-reveal-mystery-death/ | urlarchivio=https://ghostarchive.org/archive/20220111/https://www.telegraph.co.uk/science/2018/04/19/shot-lewis-carrolls-dodo-forensic-scans-reveal-mystery-death/ | urlmorto=no | accesso=20 aprile 2018 | sito=The Telegraph | data=20 aprile 2018}}</ref>

Molte fonti affermano che i curatori dell'Ashmolean Museum abbiano bruciato il dodo impagliato intorno al 1755 a causa delle sue gravi condizioni di deterioramento, salvandone solo la testa e una zampa. Lo Statuto 8 del museo afferma «che quando un reperto invecchia o si deteriora, il custode può riporlo in uno degli armadi o in un altro deposito e sostituirlo con qualcos'altro».<ref>{{cita pubblicazione | doi=10.1093/jhc/13.2.125 | autore=A. MacGregor | anno=2001 | titolo=The Ashmolean as a museum of natural history, 1683 1860 | rivista=Journal of the History of Collections | volume=13 | numero=2 | pp=125-144}}</ref> Oggi si ritiene che la deliberata distruzione del campione sia solo una leggenda: esso venne rimosso dall'espositore solo per preservare ciò che ne restava. Da allora i tessuti molli rimasti si sono ulteriormente degradati: la testa venne sezionata da Strickland e Melville, separando la pelle dal cranio in due metà. Il piede è in uno stato scheletrico, con solo qualche brandello di pelle e [[Tendine|tendini]]. Sulla testa rimangono pochissime piume. Si tratta probabilmente di una femmina, poiché il piede è più piccolo dell'11% e più gracile del piede di Londra, ma sembra essere completamente sviluppato.<ref>{{cita pubblicazione | autore=J. P. Hume, A. Datta e D. M. Martill | anno=2006 | titolo=Unpublished drawings of the Dodo ''Raphus cucullatus'' and notes on Dodo skin relics | rivista=Bull. B. O. C. | volume=126A | pp=49-54 | issn=0007-1595 | url=http://julianhume.co.uk/wp-content/uploads/2010/07/Hume-et-al-dodo-skin-relics.pdf | accesso=14 settembre 2011 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20191105212809/http://julianhume.co.uk/wp-content/uploads/2010/07/Hume-et-al-dodo-skin-relics.pdf | urlmorto=no}}</ref> Il reperto venne esposto al museo di Oxford almeno dagli anni '60 del XIX secolo fino al 1998, dopodiché è stato tenuto prevalentemente nel deposito per evitare che si danneggiasse.<ref name="Oxford Dodo 2">{{cita pubblicazione | autore=M. Nowak-Kemp e J. P. Hume | titolo=The Oxford Dodo. Part 2: from curiosity to icon and its role in displays, education and research | rivista=Historical Biology | volume=29 | numero=3 | anno=2016 | pp=296-307 | doi=10.1080/08912963.2016.1155211 | s2cid=87966871}}</ref> Calchi di questa testa si possono trovare oggi in molti musei di tutto il mondo.<ref name="Oxford Dodo 1"/>

{{Doppia immagine|destra|London dodo foot.jpg||London Dodo leg.jpg||Incisione a colori (1793) del piede di Londra, ormai perduto, (a sinistra) e litografia dello stesso (1848).|larghezza totale=350}}

Il piede essiccato di Londra, menzionato per la prima volta nel 1665 e trasferito al British Museum nel XVIII secolo, venne esposto accanto al dipinto del ''Dodo di Edwards'' di Savery fino agli anni '40 del XIX secolo, e fu dissezionato anch'esso da Strickland e Melville. Non era in posizione eretta, il che suggerisce che fosse stato staccato da un esemplare fresco, non da uno impagliato. Dal 1896 è sempre stato descritto come privo di tegumenti e si ritiene che oggi ne siano rimaste solo le ossa, sebbene la sua attuale ubicazione sia sconosciuta.<ref name=Hume2006/>

Del cranio di Copenaghen (reperto ZMUC 90-806) sappiamo che appartenne alla collezione di Bernardus Paludanus a [[Enkhuizen]] fino al 1651, quando venne trasferito nel museo del [[castello di Gottorf]], nello [[Schleswig (regione)|Schleswig]].<ref name="Fuller_2002_123">{{cita|Fuller, 2002|p. 123}}.</ref> Dopo che il castello fu occupato dalle forze danesi nel 1702, la collezione del museo venne assimilata alla collezione reale danese. Il cranio venne riscoperto da J. T. Reinhardt nel 1840. In base alla sua storia, potrebbe trattarsi del più antico resto conosciuto di un dodo portato in Europa nel XVII secolo.<ref name=Hume2006/> È più corto di 13 mm del cranio di Oxford e potrebbe essere appartenuto a una femmina.<ref name=Livezey1993/> Venne [[Mummia|mummificato]], ma la pelle si è deteriorata.<ref name=HumeWaltersP134/>

La parte anteriore di un cranio (reperto NMP P6V-004389) del Museo nazionale di Praga venne ritrovata nel 1850 tra i reperti provenienti dal Museo della Boemia. In letteratura sono state elencate anche altre parti presumibilmente appartenute a questo esemplare, ma sembra essere rimasta solo questa porzione del cranio (la porzione di un arto destro conservata nel museo sembra essere appartenenuta a un solitario di Rodrigues).<ref name=Hume2006/><ref>{{cita pubblicazione | autore=M. Jiří | titolo=Extinct and nearly extinct birds in the collections of the National Museum, Prague, Czech Republic | rivista=Journal of the National Museum (Prague) National History Series | volume=181 | pp=105-106 | anno=2012}}</ref><ref name="Parish_2013_184-188">{{cita|Parish, 2013|pp. 184-188}}.</ref> Potrebbe trattarsi di quel che rimane di uno dei dodo impagliati che sappiamo essere stati presenti nel serraglio dell'imperatore Rodolfo II, forse addirittura l'esemplare dipinto lì da Hoefnagel o Savery.<ref name=HumeCheke2004>{{cita pubblicazione | doi=10.3366/anh.2004.31.1.57 | autore=J. P. Hume e A. S. Cheke | anno=2004 | titolo=The white dodo of Réunion Island: Unravelling a scientific and historical myth | rivista=Archives of Natural History | volume=31 | numero=1 | pp=57-79 | url=http://julianhume.co.uk/wp-content/uploads/2010/07/Hume-and-Cheke-no-illustrations.pdf | accesso=11 gennaio 2011 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20191105212750/http://julianhume.co.uk/wp-content/uploads/2010/07/Hume-and-Cheke-no-illustrations.pdf | urlmorto=no}}</ref>

=== Reperti subfossili ===
{{Doppia immagine|destra|Owen dodo reconstruction.jpg||Dodo-Skeleton Natural History Museum London England.jpg||Ricostruzione di [[Richard Owen]] dello scheletro di dodo (1866): esso appare troppo tozzo, essendo basato sul ''Dodo di Edwards'' dipinto da Savery.|Scheletro di Mare-aux-Songes assemblato in posizione più eretta da Owen ([[Museo di storia naturale (Londra)|Natural History Museum]] di Londra).|larghezza totale=350}}
Fino al 1860, gli unici resti di dodo conosciuti erano i quattro esemplari incompleti risalenti al XVII secolo. Quell'anno, però, Philip Burnard Ayres rinvenne le prime ossa subfossili, che furono inviate a Richard Owen al British Museum, che però non rese pubblica la scoperta. Nel 1863, Owen chiese al [[vescovo]] mauriziano Vincent Ryan di spargere sull'isola la notizia che voleva essere informato riguardo al possibile ritrovamento di ossa di dodo.<ref name=HumeCheke2009/> Nel 1865, George Clark, il maestro di scuola inviato dal governo a [[Mahébourg]], rinvenne finalmente un gran numero di ossa subfossili di dodo nella palude di Mare-aux-Songes nel sud dell'isola, dopo una ricerca trentennale ispirata dalla monografia di Strickland e Melville.<ref name=Hume2006/> Nel 1866, Clark spiegò su ''[[Ibis (rivista)|Ibis]]'', una rivista di ornitologia, che aveva mandato i suoi ''[[coolie]]s'' a sondare il centro della palude con i piedi, alla ricerca di possibili ossa. Inizialmente furono trovate solo poche ossa, ma dopo aver rimosso la vegetazione che ricopriva la parte più profonda della palude i ritrovamenti aumentarono notevolmente.<ref>{{cita pubblicazione | autore=George Clark | titolo=Account of the late Discovery of Dodos' Remains in the Island of Mauritius | rivista=Ibis | volume=8 | numero=2 | data=aprile 1866 | pp=141-146 | issn=0019-1019 | doi=10.1111/j.1474-919X.1866.tb06082.x}}</ref> Harry Pasley Higginson, un ingegnere ferroviario dello [[Yorkshire]], riferì di aver scoperto ossa di dodo a Mare-aux-Songes contemporaneamente a Clark e ancora oggi non è chiaro chi le abbia scoperte per primo. Higginson inviò delle casse contenenti queste ossa ai musei di Liverpool, Leeds e [[York Museums Trust|York]].<ref>{{cita pubblicazione | autore=Clare Brown | data=novembre 2020 | titolo=Harry Pasley Higginson and his role in the re-discovery of the dodo (''Raphus cucullatus'') | url=https://www.euppublishing.com/doi/abs/10.3366/anh.2020.0662 | rivista=Archives of Natural History | volume=47 | numero=2 | pp=381-391 | doi=10.3366/anh.2020.0662 | s2cid=229463078 | editore=Edinburgh University Press}}</ref><ref>{{cita libro | autore=Harry Higginson | titolo=Reminiscences of Life and Travel 1859–1872 | anno=1891}}</ref> Nella palude sono stati rinvenuti complessivamente i resti di oltre 300 dodo, ma pochissime ossa del cranio e delle ali, forse perché la parte superiore del corpo era stata dispersa dagli agenti atmosferici o divorata dagli animali spazzini, mentre quella inferiore era rimasta introppolata. Una situazione simile si è riprodotta anche nelle paludi della [[Nuova Zelanda]], dove sono stati rinvenuti molti resti di [[Dinornithidae|moa]].<ref>{{cita pubblicazione | autore=J. P. Hume | anno=2005 | titolo=Contrasting taphofacies in ocean island settings: the fossil record of Mascarene vertebrates | rivista=Proceedings of the International Symposium "Insular Vertebrate Evolution: The Palaeontological Approach". Monografies de la Societat d'Història Natural de les Balears | volume=12 | pp=129-144}}</ref> La maggior parte dei resti di dodo di Mare-aux-Songes presenta una colorazione variabile dal marrone al marrone scuro.<ref name=Meijer2012p177/>

I rapporti stilati da Clark riguardo ai ritrovamenti riaccesero l'interesse per la specie. Sia Richard Owen che Alfred Newton volevano essere i primi a descrivere l'anatomia post-craniale del dodo, e Owen acquistò una spedizione di ossa di dodo originariamente destinata a Newton, facendo nascere un'accesa diatriba tra i due. Owen descrisse queste ossa nel ''Memoir on the Dodo'' nell'ottobre 1866, ma basò erroneamente la sua ricostruzione sul ''Dodo di Edwards'' dipinto da Savery, e la creatura ricostruita risultò essere troppo tozza e obesa. Nel 1869 ricevette un numero maggiore di ossa, che gli consentirono di correggere la postura dell'animale, rendendola più eretta. Newton invece spostò la sua attenzione sul solitario di Réunion. Le restanti ossa che non vennero acquistate da Owen o Newton furono vendute all'asta o donate ai musei.<ref name=HumeCheke2009/><ref name="Memoir">{{cita libro | autore=R. Owen e W. J. Broderip | titolo=Memoir of the dodo (didus ineptus, Linn.) | editore=Taylor & Francis | anno=1866 | città=Londra | doi=10.5962/bhl.title.110122 | url=https://www.biodiversitylibrary.org/item/193035#page/13/mode/1up | p=52 | accesso=18 dicembre 2020 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201107040340/https://www.biodiversitylibrary.org/item/193035#page/13/mode/1up | urlmorto=no}}</ref> Nel 1889, Théodor Sauzier fu incaricato di esplorare i «souvenir storici» di Mauritius e trovare altri resti di dodo a Mare-aux-Songes. Lo studioso ebbe successo, e rinvenne anche resti di altre specie estinte.<ref>{{cita pubblicazione | doi=10.1111/j.1469-7998.1893.tb00001.x | autore=[[Edward Newton|E. Newton]] e H. Gadow | anno=1893 | titolo=IX. On additional bones of the Dodo and other extinct birds of Mauritius obtained by Mr. Theodore Sauzier | rivista=The Transactions of the Zoological Society of London | volume=13 | numero=7 | pp=281-302 | url=https://www.biodiversitylibrary.org/page/31083700#page/379/mode/1up | accesso=13 gennaio 2018 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20170911071559/http://www.biodiversitylibrary.org/page/31083700#page/379/mode/1up | urlmorto=no}}</ref>

{{Doppia immagine|sinistra|Raphus cucullatus 1.jpg||Ma - Raphus cucullatus - GMZ 2.jpg||Scheletro assemblato con ossa rinvenute nel 2006 ([[Naturalis]]).|Le ossa subfossili riscoperte nel Grant Museum nel 2011.|larghezza totale=350}}

Nel 2005, dopo essere stata trascurata per cento anni, una parte di Mare-aux-Songes venne scavata da un team internazionale di ricercatori (International Dodo Research Project). Per prevenire epidemie di [[malaria]], i britannici, durante il loro dominio coloniale sull'isola, avevano ricoperto la palude con un [[Fondazione (edilizia)|substrato roccioso]], che dovette essere rimosso. I ricercatori rinvennero molti resti, comprese le ossa di almeno 17 dodo in vari stadi di sviluppo (ma nessun giovane), tra cui uno scheletro quasi completo, che erano state conservate nella loro posizione naturale.<ref name=Rijsdijk2011>{{cita pubblicazione | doi=10.1177/0959683611405236 | autore=K. F. Rijsdijk, J. Zinke, P. G. B. de Louw, J. P. Hume, H. Van Der Plicht, H. Hooghiemstra, H. J. M. Meijer, H. B. Vonhof, N. Porch, F. B. V. Florens, C. Baider, B. van Geel, J. Brinkkemper, T. Vernimmen e A. Janoo | anno=2011 | titolo=Mid-Holocene (4200 kyr BP) mass mortalities in Mauritius (Mascarenes): Insular vertebrates resilient to climatic extremes but vulnerable to human impact | rivista=The Holocene | volume=21 | numero=8 | pp=1179-1194 | bibcode=2011Holoc..21.1179R | s2cid=85845297}}</ref> I ritrovamenti vennero esposti al pubblico nel dicembre 2005 al museo [[Naturalis]] di [[Leida]]. Il 63% dei fossili rinvenuti nella palude apparteneva a tartarughe del genere estinto ''Cylindraspis'' e il 7,1% apparteneva a dodo: essi si erano depositati sul fondo nell'arco di diversi secoli, {{M|4000}} anni fa.<ref>{{cita pubblicazione | doi=10.1016/j.quascirev.2008.09.018 | autore=K. F. Rijsdijk, J. P. Hume, F. Bunnik, F. B. V. Florens, C. Baider, B. Shapiro, H. van der Plicht, A. Janoo, O. Griffiths, L. W. van den Hoek Ostende, H. Cremer, T. Vernimmen, P. De Louw, A. Bholah, S. Saumtally, N. Porch, J. Haile, M. Buckley, M. Collins e E. Gittenberger | data=gennaio 2009 | titolo=Mid-Holocene vertebrate bone Concentration-Lagerstätte on oceanic island Mauritius provides a window into the ecosystem of the dodo (''Raphus cucullatus'') | rivista=Quaternary Science Reviews | volume=28 | numero=1-2 | pp=14-24 | bibcode=2009QSRv...28...14R | s2cid=17113275 | url=https://www.rug.nl/research/portal/files/6728502/2009QuatSciRevRijsdijk.pdf | accesso=24 settembre 2019 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20190924114034/https://www.rug.nl/research/portal/files/6728502/2009QuatSciRevRijsdijk.pdf | urlmorto=no}}</ref> Campagne di scavo successive hanno suggerito che i dodo e gli altri animali rimasero impantanati a Mare-aux-Songes mentre cercavano di raggiungere l'acqua durante un lungo periodo di grave siccità circa {{M|4200}} anni fa.<ref name=Rijsdijk2011/> Inoltre, i [[Cyanobacteria|cianobatteri]] avevano trovato un ambiente ottimale tra gli escrementi degli animali radunatisi intorno alla palude, che così morivano per intossicazione, disidratazione, impantanamento o perché venivano calpestati.<ref>{{cita pubblicazione | doi=10.1177/0959683614567886 | titolo=A deadly cocktail: How a drought around 4200 cal. Yr BP caused mass mortality events at the infamous 'dodo swamp' in Mauritius | rivista=The Holocene | volume=25 | numero=5 | pp=758-771 | anno=2015 | autore=E. J. De Boer, M. I. Velez, K. F. Rijsdijk, P. G. De Louw, T. J. Vernimmen, P. M. Visser, R. Tjallingii e H. Hooghiemstra | bibcode=2015Holoc..25..758D | s2cid=128763840}}</ref> Nel corso degli scavi effettuati di recente nella palude sono stati rinvenuti anche molti elementi dello scheletro più piccoli, che solo raramente erano stati ritrovati durante il XIX secolo, probabilmente a causa dei metodi di raccolta più grossolani.<ref name=Meijer2012p177/>

Anche Louis Etienne Thirioux, un naturalista dilettante di Port Louis, trovò molti resti di dodo in diverse località intorno al 1900. Tra questi figurava il primo esemplare articolato – era il primo scheletro subfossile di dodo rinvenuto al di fuori di Mare-aux-Songes – e l'unico resto conosciuto appartenente a un esemplare giovane, un [[tarsometatarso]] andato perduto.<ref name=Hume2006/><ref name=HumeWaltersP134/> Il primo venne rinvenuto nel 1904 in una grotta vicino al monte Le Pouce ed è l'unico scheletro completo conosciuto appartenente ad un singolo dodo. Thirioux donò l'esemplare al Museo Desjardins (l'attuale Museo di storia naturale del Mauritius Institute).<ref>{{cita libro | autore=Rosemary G. Gillespie e David A. Clague | titolo=Encyclopedia of Islands | anno=2009 | editore=University of California Press | città=Berkeley (USA) | isbn=978-0-520-25649-1 | url=https://books.google.com/books?id=g9ZogGs_fz8C | accesso=14 marzo 2016 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20230315014511/https://books.google.com/books?id=g9ZogGs_fz8C | urlmorto=no | p=231}}</ref><ref>{{cita libro | autore=Alexandra Richards | titolo=Mauritius, Rodrigues, Réunion | anno=2012 | editore=Bradt Travel Guides | città=Chalfont St. Peter, Bucks, UK | isbn=978-1-84162-410-5 | edizione=8 | url=https://books.google.com/books?id=JnIb2OCzDvEC | p=15}}</ref> Gli eredi di Thirioux vendettero un secondo scheletro completo (costituito però da ossa provenienti da almeno due individui, con il cranio prevalentemente ricostruito) al Museo di scienze naturali di Durban, in Sudafrica, nel 1918. Insieme, questi due scheletri rappresentano i resti di dodo più completi conosciuti: comprendono anche elementi ossei che fino ad allora non erano mai stati ritrovati (come le rotule e le ossa delle ali). Sebbene già alcuni autori contemporanei avessero notato l'importanza degli esemplari di Thirioux, essi non furono studiati scientificamente e rimasero per lo più dimenticati fino al 2011, quando sono stati analizzati da un gruppo di ricercatori. Gli scheletri ricostruiti sono stati sottoposti a [[Laser scanner|scansione laser]] e ne sono stati ricostruiti modelli [[Computer grafica 3D|3D]], che sono serviti per la stesura di una monografia sull'[[osteologia]] del dodo.<ref>{{cita pubblicazione | autore=L. P. A. Claessens e J. P. Hume | titolo=Provenance and history of the Thirioux dodos | rivista=Journal of Vertebrate Paleontology | anno=2016 | volume=35 | numero=sup 1 | pp=21-28 | doi=10.1080/02724634.2015.1111896 | s2cid=87212166}}</ref><ref>{{cita pubblicazione | autore=L. P. A. M. Claessens, H. J. M. Meijer, J. P. Hume e K. F. Rijsdijk | titolo=Anatomy of the Dodo (''Raphus cucullatus'' L., 1758): An Osteological Study of the Thirioux Specimens: Preface | rivista=Journal of Vertebrate Paleontology | anno=2016 | volume=35 | numero=sup 1 | pp=1-2 | doi=10.1080/02724634.2015.1127721 | s2cid=220413197}}</ref> Nel 2006, alcuni ricercatori sul campo hanno scoperto uno scheletro completo di dodo in un tunnel di lava: si tratta del secondo scheletro associato ad un singolo esemplare mai trovato, nonché l'unico rinvenuto in tempi recenti.<ref>{{cita pubblicazione | autore=G. J. Middleton e J. P. Hume | titolo=The discovery of a Dodo ''Raphus cucullatus'' Linn. (Aves, Columbiformes) in a highland Mauritian lava cave | rivista=Helictite | anno=2016 | volume=42 | pp=13-20}}</ref>

Ventisei musei in tutto il mondo possiedono importanti reperti di dodo, quasi tutti rinvenuti a Mare-aux-Songes. Il Natural History Museum, l'[[American Museum of Natural History]], il Museo di zoologia dell'università di Cambridge, il [[Senckenberg Naturmuseum|Museo Senckenberg]] e altri conservano scheletri quasi completi, assemblati con resti subfossili provenienti da diversi individui.<ref name="Fuller_2002_123_129">{{cita|Fuller, 2002|pp. 123-129}}.</ref> Nel 2011, una cassa di legno contenente ossa di dodo rinvenute in [[età edoardiana]] è stata riscoperta al Grant Museum dell'[[University College (Londra)|University College di Londra]] durante i preparativi per un trasloco. Fino ad allora erano state conservate assieme ad ossa di coccodrillo.<ref>{{cita web | autore=M. Kennedy | titolo=Half a Dodo found in museum drawer | sito=The Guardian | url=https://www.theguardian.com/science/2011/feb/21/dodo-found-grant-museum-drawer | accesso=12 maggio 2012 | città=Londra | data=21 febbraio 2011 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200404181557/https://www.theguardian.com/science/2011/feb/21/dodo-found-grant-museum-drawer | urlmorto=no}}</ref>

== Il dodo bianco ==
{{Doppia immagine|destra|Landscape with Orpheus and the animals.png||White dodo.jpg||In ''Paesaggio con [[Orfeo]] e gli animali'' di Savery (1611 ca.) si vede un dodo bianco in basso a sinistra.|Uno dei dodo bianchi dipinti da [[Pieter Holsteyn II]] alla metà del XVII secolo, forse basato sull'immagine di Savery.|larghezza totale=400}}
Oggi si ritiene che il presunto «dodo bianco» (o «solitario») di Réunion sia il frutto di una congettura errata basata sia su vecchi resoconti che si riferivano in realtà all'[[Threskiornis solitarius|ibis di Réunion]] ,che sugli uccelli bianchi simili a dodo dipinti nel XVII secolo da [[Pieter Withoos]] e [[Pieter Holsteyn II|Pieter Holsteyn]] che vennero riscoperti nel XIX secolo. La confusione ebbe inizio quando [[Willem Bontekoe|Willem Ysbrandtszoon Bontekoe]], che visitò Réunion intorno al 1619, menzionò nel suo diario uccelli grassi e incapaci di volare che chiamò ''Dod-eersen'', anche se non fece alcun riferimento alla loro colorazione. Quando il diario venne pubblicato, nel 1646, alla descrizione fu accompagnata l'incisione di un dodo tratta dal cosiddetto «schizzo della Crocker Art Gallery» di Savery.<ref name="Cheke&Hume_2008_30">{{cita|Cheke e Hume, 2008|p. 30}}.</ref> Un uccello bianco, tozzo e incapace di volare fu menzionato per la prima volta come membro della fauna di Réunion dall'ufficiale capo J. Tatton nel 1625. Menzioni sporadiche ad esso furono fatte in seguito da [[Sieur Dubois]] e da altri scrittori contemporanei.<ref name="Rothschild_1907_172_173">{{cita|Rothschild, 1907|pp. 172-173}}.</ref>

Il barone [[Edmond de Sélys Longchamps]] coniò il nome ''Raphus solitarius'' per questa specie nel 1848, poiché riteneva che i resoconti si riferissero a una qualche specie di dodo. Inoltre, quando i naturalisti del XIX secolo scoprirono i dodo bianchi sui dipinti del XVII secolo, credettero che raffigurassero proprio questo animale. Oudemans ipotizzò che la discrepanza tra le creature presenti sui dipinti e quelle descritte nei vecchi resoconti si spiegasse con il fatto che i dipinti mostravano delle femmine e che la specie presentasse pertanto un evidente dimorfismo sessuale.<ref>{{cita pubblicazione | doi=10.2307/4073093 | autore=[[Walter Rothschild, II barone Rothschild|W. Rothschild]] | anno=1919 | titolo=On one of the four original pictures from life of the Réunion or white Dodo | rivista=The Ibis | volume=36 | numero=2 | pp=78-79 | url=https://archive.org/download/ibis1111919brit/ibis1111919brit.pdf | jstor=4073093}}</ref> Alcuni autori credevano anche che gli uccelli descritti appartenessero a una specie simile al solitario di Rodrigues, dal momento che veniva chiamato con lo stesso nome, o addirittura che sull'isola fossero esistite specie bianche sia di dodo che di solitario.<ref name="Cheke&Hume_2008_30-31">{{cita|Cheke e Hume, 2008|pp. 30-31}}.</ref>

Il dipinto di Pieter Withoos, che venne scoperto per primo, sembra essere basato su un precedente dipinto di Pieter Holsteyn, del quale sappiamo che esistevano tre versioni. Secondo Hume, Cheke e Valledor de Lozoya, sembra che tutte le raffigurazioni di dodo bianchi fossero basate sul dipinto di Roelant Savery ''Paesaggio con Orfeo e gli animali'', o su copie di esso. Il dipinto viene generalmente datato al 1611, anche se alcuni autori propongono datazioni successive al 1614 o addirittura al 1626. Il dipinto mostra un esemplare di colore biancastro ed era apparentemente basato su un esemplare impagliato allora presente a Praga; un ''walghvogel'' dalla «colorazione biancastra sporca» viene menzionato in un inventario di reperti della collezione di Praga dell'[[Rodolfo II d'Asburgo|imperatore del Sacro Romano Impero Rodolfo II]], del quale Savery era all'epoca (1607-1611) pittore di corte. I dipinti successivi di Savery mostrano tutti uccelli grigiastri, forse perché a quel punto aveva visto un altro esemplare museale. Cheke e Hume ritengono che l'esemplare dipinto fosse bianco perché affetto da [[albinismo]].<ref name=HumeCheke2004/><ref name="early depiction"/> Valledor de Lozoya ha ipotizzato invece che il piumaggio chiaro fosse una caratteristica giovanile, il risultato dello sbiancamento cui vanno incontro i vecchi esemplari impagliati o una semplice licenza artistica.<ref>{{cita pubblicazione | doi=10.1093/jhc/15.2.201 | autore=A. V. de Lozoya | anno=2003 | titolo=An unnoticed painting of a white Dodo | rivista=Journal of the History of Collections | volume=15 | numero=2 | pp=201-210}}</ref>

Negli 1987, gli scienziati descrissero i fossili di una specie di [[Threskiornithinae|ibis]] di Réunion caratterizzata da un becco relativamente corto, ''Borbonibis latipes'', prima che fosse stabilito qualsiasi tipo di connessione con gli antichi resoconti sul solitario.<ref>{{cita pubblicazione | autore=C. Mourer-Chauviré e F. Moutou | anno=1987 | lingua=fr | titolo=Découverte d'une forme récemment éteinte d'ibis endémique insulaire de l'île de la Réunion ''Borbonibis latipes'' n. gen. n. sp | rivista=[[Comptes rendus de l'Académie des sciences]] | volume=305 | numero=5 | pp=419-423 | url=http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k63051247/f433.image | accesso=10 dicembre 2013 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200404181532/http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k63051247/f433.image | urlmorto=no}}</ref> Cheke suggerì a uno degli autori della descrizione, Francois Moutou, che i fossili potessero appartenere al solitario di Réunion, come è stato documentato in una pubblicazione del 1995. L'ibis venne in seguito assegnato al genere ''[[Threskiornis]]'' e ricevette l'[[Nome scientifico|epiteto specifico]] ''solitarius'' ereditato dal nome [[Nomenclatura binomiale|binomiale]] ''R. solitarius''.<ref>{{cita pubblicazione | titolo=Position systématique du Solitaire de la Réunion: nouvelle interprétation basée sur les restes fossiles et les récits des anciens voyageurs | lingua=fr | autore=C. C. Mourer-Chauviré, R. Bour e S. Ribes | url=http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k5752486k/f99.image.r=1125 | rivista=[[Comptes rendus de l'Académie des sciences]] | volume=320 | pp=1125-1131 | numero= SER2,T320,N11 | data=giugno 1995 | accesso=10 dicembre 2013 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200404181536/http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k5752486k/f99.image.r=1125 | urlmorto=no}}</ref> Tutte le specie appartenenti a questo genere hanno una colorazione bianca e nera e becchi sottili, caratteristiche che corrispondono alle vecchie descrizioni del solitario di Réunion. Sull'isola non sono mai stati trovati resti fossili di uccelli simili al dodo.<ref name=HumeCheke2004/>

== Importanza culturale ==
{{Doppia immagine|destra|Alice par John Tenniel 09.png||Alice in Wonderland by Arthur Rackham - 03 - But who has won?.jpg||[[Alice (Alice nel Paese delle Meraviglie)|Alice]] e il [[Dodo (Alice nel Paese delle Meraviglie)|Dodo]] in due versioni delle ''[[Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie|Avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie]]'' illustrate da [[John Tenniel]] (a sinistra, 1865) e da [[Arthur Rackham]] (1907).|larghezza totale=350}}
Il fatto che il dodo sia uno degli animali estinti più noti e il suo aspetto singolare hanno fatto sì che nella letteratura e nella cultura popolare sia divenuto un simbolo per indicare un concetto o un oggetto obsoleti, come nell'espressione inglese ''dead as a dodo'', «morto come un dodo», usato per qualcosa di indiscutibilmente morto o obsoleto. Allo stesso modo, la frase ''to go the way of the dodo'', «prendere il sentiero del dodo», significa estinguersi o diventare obsoleti, uscire dall'uso o dalla pratica comune o diventare una cosa del passato.<ref name="Fuller_2002_13">{{cita|Fuller, 2002|p. 13}}.</ref> «Dodo» è anche un termine gergale per indicare una persona stupida e ottusa, in quanto si diceva che quest'animale fosse stupido e facilmente catturabile.<ref>{{cita web | url=http://dictionary.reference.com/browse/dodo?s=t | titolo=dodo | sito=Dictionary.com | accesso=27 gennaio 2016 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160203084823/http://dictionary.reference.com/browse/dodo?s=t | urlmorto=no}}</ref><ref>{{cita libro | autore=Robert Allen Palmatier | titolo=Speaking of Animals: A Dictionary of Animal Metaphors | url=https://books.google.com/books?id=kSr4fO2zYrIC&pg=PA113 | accesso=27 gennaio 2016 | anno=1995 | editore=Greenwood | isbn=978-0313294907 | p=113 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20230315014515/https://books.google.com/books?id=kSr4fO2zYrIC&pg=PA113 | urlmorto=no}}</ref>

Il dodo compare di frequente nelle opere di narrativa popolare e, ancor prima della sua estinzione, era presente nella letteratura europea come simbolo di terre esotiche e di ghiottoneria, a causa della sua apparente grassezza.<ref>{{cita pubblicazione | doi=10.1017/S0007087415000011 | pmid=26256311 | titolo=Assembling the dodo in early modern natural history | rivista=The British Journal for the History of Science | volume=48 | numero=3 | pp=387-408 | anno=2015 | autore=N. Lawrence | url=https://www.repository.cam.ac.uk/bitstream/1810/247543/1/Lawrence%202015%20The%20British%20Journal%20for%20the%20History%20of%20Science.pdf | accesso=25 settembre 2019 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20210217095527/https://www.repository.cam.ac.uk/bitstream/handle/1810/247543/Lawrence | urlmorto=no}}</ref> Nel 1865, lo stesso anno in cui George Clark iniziò a pubblicare i suoi scritti sui fossili di dodo che aveva rinvenuto, l'animale, appena rivalutato, comparve come [[Dodo (Alice nel Paese delle Meraviglie)|personaggio]] nelle ''[[Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie|Avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie]]'' di [[Lewis Carroll]], che si pensa abbia inserito un dodo nella sua opera perché si identificava con esso e ne aveva adottato il nome come soprannome a causa della sua balbuzie, che lo portava accidentalmente a presentarsi agli altri come «Do-do-dodgson», il suo vero cognome.<ref name=Turvey2008/> Carroll e la bambina che aveva ispirato Alice, [[Alice Liddell]], si erano divertiti a visitare il museo di Oxford per andare a vedere i resti di dodo là conservati.<ref name="Fuller_2002_134_138">{{cita|Fuller, 2002|pp. 134-138}}.</ref> La popolarità del libro rese il dodo una vera e propria icona dell'estinzione.<ref>{{cita web | autore=H. Mayell | data=28 febbraio 2002 | titolo=Extinct Dodo Related to Pigeons, DNA Shows | sito=National Geographic News | url=http://news.nationalgeographic.com/news/2002/02/0227_0228_dodo.html | accesso=19 gennaio 2009 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20121017054519/http://news.nationalgeographic.com/news/2002/02/0227_0228_dodo.html | urlmorto=no}}</ref> In seguito alla fama ricevuta in ''Alice nel Paese delle Meraviglie'', le raffigurazioni popolari del dodo sono divenute più esagerate e fumettistiche, in linea con la convinzione che fosse un animale goffo, tragico e destinato all'estinzione.<ref name="ChangingFace">{{cita pubblicazione | autore=A. A. E. van der Geer, L. P. A. M. Claessens, K. F. Rijsdijk e G. A. Lyras | titolo=The changing face of the dodo (Aves: Columbidae: Raphus cucullatus): iconography of the Walghvogel of Mauritius | rivista=Historical Biology | data=2021 | volume=34 | numero=4 | pp=648-657 | doi=10.1080/08912963.2021.1940996 | s2cid=237701475}}</ref>

{{Doppia immagine|sinistra|Coat of arms of Mauritius.svg||Mauritius 10 Rupees 1971 Elizabeth II(rev)-4042.jpg||Lo [[stemma di Mauritius]] è [[Sostegni (araldica)|sostenuto]] da un dodo.|Dodo su una moneta da 10 [[Rupia mauriziana|rupie]] del 1971.|larghezza totale=350}}

Il dodo viene usato come [[mascotte]] per molti tipi di prodotti, soprattutto a Mauritius.<ref name="Fuller_2002_140_153">{{cita|Fuller, 2002|pp. 140-153}}.</ref> Compare come [[Sostegni (araldica)|sostegno]] sullo [[stemma di Mauritius]], sulle monete e nella [[Filigrana (carta)|filigrana]] di tutte le banconote della valuta dell'isola, la [[rupia mauriziana]], e sullo sfondo del modulo di immigrazione di Mauritius.<ref name=Fryer2002/><ref>{{cita web | url=http://www.banknotenews.com/files/472987788e29ebc59d047bd039abfeb2-2732.php | titolo=Mauritius new 25- and 50-rupee polymer notes confirmed | sito=banknotenews.com | accesso=22 dicembre 2014 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150109031939/http://www.banknotenews.com/files/472987788e29ebc59d047bd039abfeb2-2732.php | urlmorto=sì}}</ref><ref>{{cita pubblicazione | autore=P. M. Kyne e V. M. Adams | titolo=Extinct flagships: linking extinct and threatened species | rivista=Oryx | anno=2016 | volume=51 | numero=3 | pp=471-476 | doi=10.1017/S0030605316000041}}</ref> Un dodo sorridente è simbolo anche della [[Brasseries de Bourbon]], una famosa azienda produttrice di birra di Réunion, e rappresenta la presunta specie bianca che un tempo si pensava vivesse sull'isola.<ref name="Cheke&Hume_2008_31">{{cita|Cheke e Hume, 2008|p. 31}}.</ref>

La figura del dodo viene usata per promuovere la protezione delle [[specie in pericolo]] da parte di varie organizzazioni ambientaliste, come il Durrell Wildlife Conservation Trust e il Durrell Wildlife Park.<ref>{{cita web | autore=D. P. Bhookhun | anno=2006 | titolo=Mauritius: Footprints From the Past | sito=allAfrica.com | url=http://allafrica.com/stories/200609260428.html | accesso=26 settembre 2006 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20061002204028/http://allafrica.com/stories/200609260428.html | urlmorto=no | pp=27-30}}</ref> Il Center for Biological Diversity assegna un ''Rubber Dodo Award'' annuale a «coloro che si sono maggiormente impegnati a distruggere luoghi selvaggi, specie e diversità biologica».<ref>{{cita web | titolo=Pesticide Peddler Monsanto Wins 2015 Rubber Dodo Award | url=http://www.biologicaldiversity.org/news/press_releases/2015/rubber-dodo-11-05-2015.html | editore=Center for Biological Diversity | accesso=18 novembre 2015 | data=5 novembre 2015 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20151119153905/http://www.biologicaldiversity.org/news/press_releases/2015/rubber-dodo-11-05-2015.html | urlmorto=no}}</ref> Nel 2011, una nuova specie di ragno della sottofamiglia [[Nephilinae]] presente nelle stesse aree boschive dove un tempo prosperava il dodo è stata battezzata ''Nephilengys dodo'' per sensibilizzare l'urgente necessità di proteggere il [[bioma]] di Mauritius.<ref>{{cita pubblicazione | doi=10.1016/j.ympev.2011.02.002 | autore=M. Kuntner e I. Agnarsson | data=maggio 2011 | titolo=Biogeography and diversification of hermit spiders on Indian Ocean islands (Nephilidae: ''Nephilengys'') | rivista=Molecular Phylogenetics and Evolution | volume=59 | numero=2 | pp=477-488 | pmid=21316478}}</ref> Anche due specie di [[Formicidae|formiche]] di Mauritius hanno preso nome dal dodo: ''Pseudolasius dodo'', descritta nel 1946, e ''Pheidole dodo'', descritta nel 2013.<ref>{{cita pubblicazione | autore=H. S. J. K. Donisthorpe | titolo=New species of ants (Hym., ''Formicidae'') from the island of Mauritius | rivista=Annals and Magazine of Natural History | volume=12 | numero=95 | pp=776-782 | anno=1946 | url=http://antbase.org/ants/publications/5831/5831.pdf | doi=10.1080/00222934508654782 | accesso=11 agosto 2016 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160812101922/http://antbase.org/ants/publications/5831/5831.pdf | urlmorto=no}}</ref><ref>{{cita pubblicazione | autore=G. Fischer e B. L. Fisher | titolo=A revision of ''Pheidole'' Westwood (Hymenoptera: Formicidae) in the islands of the Southwest Indian Ocean and designation of a neotype for the invasive ''Pheidole megacephala'' | rivista=[[Zootaxa]] | volume=3683 | numero=4 | pp=301-356 | anno=2013 | doi=10.11646/zootaxa.3683.4.1 | pmid=25250457 | s2cid=13149434}}</ref> Una specie di [[Isopoda|isopode]] di una [[barriera corallina]] al largo di Réunion venne battezzata ''Hansenium dodo'' nel 1991.<ref>{{cita pubblicazione | autore=H. G. Müller | anno=1991 | titolo=Stenetriidae from coral reefs at Reunion Island, southern Indian Ocean. Description of three new species | rivista=Senckenbergiana Biologica | volume=71 | numero=4/6 | pp=303-318}}</ref>

Il nome del dodo è stato usato dagli scienziati per denominare alcuni elementi genetici, in onore dell'incapacità di volare propria di questo animale. Un gene del moscerino della frutta all'interno di una regione di un cromosoma richiesto per l'abilità di volo è stato chiamato «dodo».<ref>{{cita pubblicazione | autore=R. Maleszka, S. D. Hanes, R. L. Hackett, H. G. De Couet e G. L. Miklos | titolo=The Drosophila melanogaster dodo (dod) gene, conserved in humans, is functionally interchangeable with the ESS1 cell division gene of Saccharomyces cerevisiae | doi=10.1073/pnas.93.1.447 | rivista=Proceedings of the National Academy of Sciences | volume=93 | pp=447-451 | anno=1996 | pmid=8552658 | pmc=40255 | numero=1 | bibcode=1996PNAS...93..447M}}</ref> Inoltre, una famiglia di [[Trasposone|trasposoni]] difettosi di ''[[Phytophthora infestans]]'' è stata denominata ''DodoPi'' poiché presenta mutazioni che le impediscono di saltare verso nuove posizioni in un cromosoma.<ref>{{cita pubblicazione | autore=A. M. V. Ah Fong e H. S. Judelson | doi=10.1007/s00438-004-1004-x | titolo=The hAT -like DNA transposon DodoPi resides in a cluster of retro- and DNA transposons in the stramenopile Phytophthora infestans | rivista=Molecular Genetics and Genomics | volume=271 | numero=5 | pp=577-585 | anno=2004 | pmid=15098122 | s2cid=20240212}}</ref>

[[File:Dronte 17th Century color corrected.jpg|thumb|upright|Il disegno inedito di un dodo del XVII secolo venduto nel 2009.]]
Nel 2009, il disegno olandese di un dodo risalente al XVII secolo, ancora inedito, venne messo in vendita da [[Christie's]], prevedendo che sarebbe stato venduto per {{M|6000}} sterline.<ref>{{cita web | autore=Alastair Jamieson | data=22 giugno 2009 | titolo=Uncovered: 350-year-old picture of Dodo before it was extinct | sito=The Daily Telegraph | città=Londra | url=https://www.telegraph.co.uk/culture/art/art-news/5596737/Uncovered-350-year-old-picture-of-dodo-before-it-was-extinct.html | accesso=8 settembre 2012 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20121112194005/http://www.telegraph.co.uk/culture/art/art-news/5596737/Uncovered-350-year-old-picture-of-dodo-before-it-was-extinct.html | urlmorto=no}}</ref> Non è noto se il disegno si basasse su un esemplare in carne e ossa o su un'immagine precedente, né sappiamo chi fosse l'artista. Malgrado le peggiori aspettative, venne venduto per {{M|44450}} sterline.<ref>{{cita web | autore=Christie's | anno=2009 | sito=Christies.com | titolo=Dutch School, 17th Century; A dodo | url=http://www.christies.com/LotFinder/lot_details.aspx?intObjectID=5224172 | accesso=12 maggio 2012 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20130117014441/http://www.christies.com/LotFinder/lot_details.aspx?intObjectID=5224172 | urlmorto=no}}</ref><ref name="GermanPaintings"/>

Il poeta [[Hilaire Belloc]] incluse la seguente poesia sul dodo nel suo ''Bad Child's Book of Beasts'' del 1896:<ref>{{cita libro | autore=[[Hilaire Belloc|H. Belloc]] | titolo=''The Bad Child's Book of Beasts'' | editore=Duckworth | città=Londra | anno=1896 | pp=27-30}}</ref><ref name="Fuller_2002_134_138"/>

{{citazione|Il Dodo era solito andare in giro,<br />E prendere il sole e l'aria.<br />Il sole brilla ancora sul suo terreno natio -<br />Il Dodo non c'è più!<br /><br />La voce che era solita starnazzare e squittire,<br />È ora per sempre muta -<br />Ma puoi vedere ancora il suo scheletro ed il suo becco,<br />Tutti nel mu-se-o.|Hilaire Belloc, The Bad Child's Book of Beasts|The Dodo used to walk around,<br />And take the sun and air.<br />The sun yet warms his native ground –<br />The Dodo is not there!<br /><br />The voice which used to squawk and squeak<br />Is now for ever dumb –<br />Yet may you see his bones and beak<br />All in the Mu-se-um.|lingua=en}}
{{-}}


== Note ==
== Note ==
<references/>
<references/>

== Bibliografia ==
* {{cita libro | autore=Anthony S. Cheke e Julian Pender Hume | anno=2008 | titolo=Lost Land of the Dodo: an Ecological History of Mauritius, Réunion & Rodrigues | editore=T. & A. D. Poyser | città=New Haven e London | isbn=978-0-7136-6544-4 | cid=Cheke e Hume, 2008}}
* {{cita libro | autore=[[Errol Fuller]] | anno=2001 | titolo=Extinct Birds | editore=Comstock | città=New York | isbn=978-0-8014-3954-4 | cid=Fuller, 2001}}
* {{cita libro | autore=[[Errol Fuller]] | anno=2002 | titolo=Dodo&nbsp;– From Extinction To Icon | editore=[[HarperCollins]] | città=Londra | isbn=978-0-00-714572-0 | cid=Fuller, 2002}}
* {{cita libro | autore=Jolyon C. Parish | titolo=The Dodo and the Solitaire: A Natural History | anno=2013 | editore=Indiana University Press | città=Bloomington (USA) | isbn=978-0-253-00099-6 | url=https://books.google.com/books?id=bp8wK8zCg7wC&pg=PA178 | accesso=14 marzo 2016 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20230315014522/https://books.google.com/books?id=bp8wK8zCg7wC&pg=PA178 | urlmorto=no | cid=Parish, 2013}}
* {{cita libro | autore=[[Hugh Edwin Strickland]] e A. G. Melville | anno=1848 | titolo=The Dodo and Its Kindred; or the History, Affinities, and Osteology of the Dodo, Solitaire, and Other Extinct Birds of the Islands Mauritius, Rodriguez, and Bourbon | editore=Reeve, Benham and Reeve | città=Londra | url=https://archive.org/details/dodoitskindredor00stri | cid=Strickland e Melville, 1848}}


== Voci correlate ==
== Voci correlate ==

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Dodo

Calco dello scheletro e ricostruzione basata sugli studi recenti (museo di storia naturale di Oxford)
Stato di conservazione
Estinto[1]
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
ClasseAves
OrdineColumbiformes
FamigliaColumbidae
SottofamigliaRaphinae
GenereRaphus
Brisson, 1760
SpecieR. cucullatus
Nomenclatura binomiale
Raphus cucullatus
(Linnaeus, 1758)
Areale

Il dodo (Raphus cucullatus (Linnaeus, 1758)) è un uccello estinto incapace di volare endemico di Mauritius, un'isola dell'oceano Indiano ad est del Madagascar. Suo parente più stretto dal punto di vista genetico era il solitario di Rodrigues, anch'esso scomparso, assieme al quale costituiva la sottofamiglia dei Rafini (Raphinae), un clade di specie incapaci di volare appartenente alla famiglia che comprende tortore e colombi. Tra le creature tuttora viventi, il parente più stretto del dodo è il colombo delle Nicobare. Un tempo si credeva che fosse esistito anche un dodo bianco sulla vicina isola di Réunion, ma oggi si ritiene che questa ipotesi fosse semplicemente il frutto di un errore causato da avvistamenti dell'ibis di Réunion, un'altra specie estinta, e all'esistenza di dipinti che raffigurano dodo bianchi.

I resti subfossili indicano che il dodo misurava circa 1 metro di altezza e poteva pesare in natura 10,6-17,5 kg. Il suo aspetto in vita è testimoniato solo da disegni, dipinti e resoconti scritti del XVII secolo. Poiché gli esemplari ritratti variano considerevolmente, e poiché sappiamo che solo alcune delle illustrazioni sono state tratte da esemplari vivi, quale fosse l'aspetto esatto del dodo in vita rimane tuttora un mistero e il suo comportamento è poco conosciuto. È stato raffigurato con un piumaggio grigio-brunastro, piedi gialli, un ciuffo di penne al posto della coda, una testa grigia e glabra e un becco nero, giallo e verde. Utilizzava gastroliti che lo aiutavano a digerire ciò di cui si nutriva, frutta a quanto pare, e si ritiene che il suo habitat principale fossero le aree boschive delle aree costiere più asciutte di Mauritius. Una testimonianza afferma che la sua covata consisteva in un singolo uovo. Si presume che il dodo avesse perso la capacità di volare a causa della grande disponibilità di cibo e della relativa assenza di predatori sull'isola. Sebbene il dodo sia stato descritto in passato come un uccello grasso e goffo, oggi si pensa che sia stato una specie perfettamente adattata al suo ecosistema.

Il primo riferimento al dodo di cui si ha notizia risale al 1598 ed è opera di alcuni marinai olandesi. Negli anni successivi, l'uccello venne cacciato da marinai e specie invasive, mentre il suo habitat venne distrutto. L'ultimo avvistamento accertato risale al 1662. La sua estinzione non venne immediatamente notata e alcuni ritennero addirittura che si trattasse solo di un mito. Nel XIX secolo furono condotte ricerche su quel poco che rimaneva di quattro esemplari che erano stati portati in Europa all'inizio del XVII secolo. Tra questi resti c'era una testa essiccata, l'unico tessuto molle del dodo giunto fino a noi. Da allora, a Mauritius è stata raccolta una grande quantità di materiale subfossile, soprattutto nell'area della palude chiamata Mare-aux-Songes. L'estinzione del dodo dopo neanche un secolo dalla sua scoperta ha richiamato l'attenzione sul problema precedentemente non riconosciuto del coinvolgimento dell'uomo nella scomparsa di intere specie. Il dodo è divenuto noto al grande pubblico per il ruolo interpretato nella storia di Alice nel Paese delle Meraviglie, e da allora è divenuto un protagonista fisso nella cultura popolare, spesso come simbolo di estinzione e obsolescenza.

Tassonomia

Il cranio del museo zoologico di Copenaghen, il cui esame spinse gli studiosi a classificare il dodo tra i colombi nel 1842.

A seconda degli studiosi, il dodo venne inizialmente considerato un piccolo struzzo, un rallo, un albatro o un avvoltoio.[2] Nel 1842, lo zoologo danese Johannes Theodor Reinhardt propose che si trattasse di un colombo terricolo, in base all'analisi di un cranio che aveva scoperto nelle collezioni del museo di storia naturale della Danimarca.[3] Sebbene tale ipotesi venisse considerata ridicola, in seguito venne supportata dai naturalisti inglesi Hugh Edwin Strickland e Alexander Gordon Melville nella loro monografia del 1848 The Dodo and Its Kindred, che tentava di separare il mito dalla realtà.[4] Dopo aver dissezionato la testa e il piede conservati dell'esemplare del museo dell'università di Oxford e averli confrontati con i pochi resti allora disponibili dell'estinto solitario di Rodrigues (Pezophaps solitaria), gli studiosi giunsero alla conclusione che i due erano strettamente imparentati. Strickland affermò che, sebbene non fossero simili nell'aspetto, questi uccelli condividevano molte caratteristiche distintive delle ossa delle zampe note solamente nei colombi.[5]

Strickland e Melville stabilirono che il dodo era anatomicamente simile ai colombi sotto molti aspetti. Ad esempio, accennarono alla brevissima porzione cheratinosa del becco, con la sua parte nasale lunga, sottile e glabra. Anche altri colombi hanno una zona di pelle glabra intorno agli occhi che arriva quasi al becco, proprio come il dodo. La fronte era alta rispetto al becco e le narici erano situate in basso, al centro del becco, ed erano circondate da una zona di pelle – una combinazione di caratteristiche condivise solo con i colombi. Le zampe del dodo erano generalmente più simili a quelle dei colombi terricoli che a quelle di altri uccelli, sia dal punto di vista delle squame che da quello delle caratteristiche scheletriche. Anche il fatto che il dodo venisse sempre raffigurato con un grosso gozzo è un ulteriore punto a favore della parentela con i colombi, dal momento che in questi ultimi tale struttura è più sviluppata che in altri uccelli. I colombi hanno covate poco numerose, e si dice che il dodo deponesse un solo uovo. Come i colombi, il dodo era privo del vomere e del setto delle narici, e condivideva con questi dettagli della mandibola, dell'osso zigomatico, del palato e dell'alluce. Tuttavia, il dodo differiva dagli altri colombi principalmente per le piccole dimensioni delle ali e le grandi dimensioni del becco rispetto al resto del cranio.[5]

Schizzo della testa di Oxford realizzato prima che venisse dissezionata nel 1848.
Litografia del 1848 del piede di Oxford, dal quale è stato estratto il DNA.

Per tutto il XIX secolo, diverse specie furono classificate come congeneri del dodo, tra le quali il solitario di Rodrigues e il solitario di Réunion, ribattezzati rispettivamente Didus solitarius e Raphus solitarius (Didus e Raphus erano entrambi nomi per indicare il genere del dodo utilizzati dagli autori dell'epoca). Una descrizione atipica del XVII secolo di un dodo e di alcune ossa trovate a Rodrigues, che ora sappiamo fossero appartenute al solitario di Rodrigues, portò Abraham Dee Bartlett a classificare una nuova specie, Didus nazarenus, nel 1852.[6] Attualmente tale nome è considerato un sinonimo di Pezophaps solitaria.[7] Anche gli schizzi approssimativi del rallo rosso di Mauritius furono interpretati erroneamente come raffigurazioni di altre specie di dodo: Didus broeckii e Didus herberti.[8]

Per molti anni il dodo e il solitario di Rodrigues vennero inseriti in una famiglia a parte, i Raphidae (in passato Dididae), in quanto le loro esatte relazioni con gli altri colombi non erano ancora chiare. Ognuno venne inserito anche in una propria famiglia monotipica (Raphidae e Pezophapidae, rispettivamente), poiché gli studiosi pensavano che avessero sviluppato le caratteristiche comuni in modo indipendente.[9] Da allora le analisi osteologiche e del DNA hanno portato alla dissoluzione della famiglia Raphidae, e il dodo e il solitario vengono adesso collocati in una propria sottofamiglia, i Raphinae, all'interno della famiglia Columbidae.[10]

Evoluzione

Nel 2002, la genetista americana Beth Shapiro e i suoi colleghi analizzarono il DNA del dodo per la prima volta. Il confronto delle sequenze del citocromo b mitocondriale e del 12S rRNA isolate dal tarso dell'esemplare di Oxford e dal femore di un solitario di Rodrigues confermarono la loro stretta parentela e la loro collocazione all'interno dei Columbidae. La stessa analisi genetica ha indicato il colombo delle Nicobare (Caloenas nicobarica) come loro parente vivente più stretto, seguito dai colombi coronati (Goura sp.) della Nuova Guinea e dal diduncolo (Didunculus strigirostris) delle Samoa, superficialmente simile al dodo (il suo nome si riferisce infatti proprio alla somiglianza del suo becco con quello del dodo). Questo clade è costituito da colombi endemici di varie isole dalle abitudini generalmente terricole. Il seguente cladogramma mostra le relazioni più strette del dodo all'interno dei Columbidae, sulla base di Shapiro et al., 2002:[11][12]

Goura victoria (colombo vittoria)

Caloenas nicobarica (colombo delle Nicobare)

Pezophaps solitaria (solitario di Rodrigues)

Raphus cucullatus (dodo)

Didunculus strigirostris (diduncolo)

Un cladogramma simile venne pubblicato nel 2007, invertendo la posizione di Goura e Didunculus e includendo il colombo fagiano (Otidiphaps nobilis) e il colombo terricolo dal becco grosso (Trugon terrestris) alla base del clade.[13] Il DNA utilizzato in questi studi venne ricavato dal campione di Oxford, ma dal momento che questo materiale era deteriorato e nessun DNA utilizzabile è stato estratto dai resti subfossili, questi risultati devono ancora essere verificati in modo indipendente.[14] Sulla base delle testimonianze comportamentali e morfologiche, Jolyon C. Parish ha proposto di collocare il dodo e il solitario di Rodrigues nella sottofamiglia Gourinae insieme ai colombi del genere Goura e ad altre specie, in accordo con le prove genetiche.[15] Nel 2014 è stato analizzato il DNA dell'unico esemplare museale conosciuto di colombo verde macchiato (Caloenas maculata), scomparso in epoca recente, che è risultato essere un parente stretto del colombo delle Nicobare, e quindi anche del dodo e del solitario di Rodrigues.[16]

Il colombo delle Nicobare è il più stretto parente vivente del dodo.

Lo studio del 2002 indicò che gli antenati del dodo e del solitario presero due strade evolutive diverse più o meno al confine tra Paleogene e Neogene, circa 23,03 milioni di anni fa. Le isole Mascarene (Mauritius, Réunion e Rodrigues) sono di origine vulcanica e la loro formazione risale a meno di 10 milioni di anni fa. Pertanto, gli antenati di entrambe le specie continuarono a mantenere la capacità di volare per un tempo considerevole dopo la separazione delle loro linee evolutive.[17] Il colombo delle Nicobare e quello verde macchiato si trovano alla base della linea evolutiva che conduceva ai Raphinae, il che indica che i rafini incapaci di volare avevano antenati che erano in grado di farlo ed erano creature insulari dalle abitudini semi-terricole. Ciò a sua volta supporta l'ipotesi che gli antenati di questi uccelli abbiano raggiunto le isole Mascarene dall'Asia meridionale passando da un'isola all'altra.[16] La mancanza di mammiferi erbivori che potevano competere con loro per le risorse alimentari consentì al solitario e al dodo di raggiungere dimensioni molto grandi e di perdere la capacità di volare.[18][19] Nonostante la morfologia del cranio differente e gli adattamenti correlati alle dimensioni maggiori, molte caratteristiche dello scheletro rimasero simili a quelle dei più piccoli colombi capaci di volare.[20] Un altro grosso colombo incapace di volare, il colombo gigante di Viti Levu (Natunaornis gigoura), venne descritto nel 2001 a partire da materiale subfossile proveniente dalle Figi. Era solo leggermente più piccolo del dodo e del solitario, e si pensa che anch'esso fosse imparentato con i colombi coronati.[21]

Etimologia

Incisione del 1601 che raffigura le attività olandesi sulla costa di Mauritius; la prima raffigurazione di un dodo (n° 2), qui chiamato Walchvoghel, si trova a sinistra.

Uno dei primi nomi originariamente attribuiti al dodo fu l'olandese Walghvoghel, che compare per la prima volta nel diario del viceammiraglio olandese Wybrand van Warwijck, che visitò Mauritius durante la seconda spedizione olandese in Indonesia nel 1598.[22] Walghe significa «insapore», «insipido» o «malaticcio» e voghel significa «uccello». Tale nome venne tradotto in tedesco da Jakob Friedlib come Walchstök o Walchvögel.[23] Il rapporto originale olandese intitolato Waarachtige Beschryving è andato perduto, ma la sua traduzione in inglese è sopravvissuta:[24]

«Alla loro sinistra c'era una piccola isola che chiamarono Heemskirk Island, e in essa una baia che chiamarono Warwick Bay [...] Lì rimasero per 12 giorni a riposare, in quanto trovarono in questo luogo un gran numero di uccelli grandi il doppio dei cigni, che chiamarono Walghstocks o Wallowbirdes; la loro carne era molto buona. Ma quando trovarono colombi e pappagalli in abbondanza, iniziarono a disdegnare questi grandi uccelli, chiamandoli Wallowbirds, che significa «uccelli odiosi» o «disgustosi».[25][26]»

Un altro resoconto di quel viaggio, forse il primo in cui viene menzionato il dodo, afferma che i portoghesi chiamavano questi uccelli «pinguini». È probabile che tale nome non si riferisse propriamente ai pinguini (che all'epoca venivano chiamati fotilicaios dai portoghesi), ma fosse correlato al termine «pignone», l'articolazione distale dell'ala, in riferimento alle piccole ali.[22] Nel 1602, l'equipaggio della nave olandese Gelderland chiamò questo uccello Dronte (che significa «gonfio»), un nome che viene tuttora usato in alcune lingue.[27] Lo stesso equipaggio utilizzò anche i termini griff-eendt e kermisgans, in riferimento ai polli che venivano ingrassati appositamente per la festa della Kermesse di Amsterdam, che si teneva proprio il giorno dopo l'approdo della nave a Mauritius.[28]

Schizzo firmato 1634 di Thomas Herbert, con raffigurati un pappagallo dal becco largo (Cacato), un rallo di Mauritius (Hen) e un dodo.

L'etimologia del nome dodo è incerta. Alcuni lo fanno derivare dalla parola olandese dodoor, «pigro», ma probabilmente è più correlata a Dodaars, che può significare sia «culo grasso» che «fiocco sul culo», in riferimento al ciuffo di piume sull'estremità posteriore.[29] Il nome Dodaars comparve per la prima volta sul diario del capitano Willem Van West-Zanen nel 1602.[30] Lo scrittore inglese Thomas Herbert fu il primo a usare il nome dodo su un'opera data alla stampa, il suo diario di viaggio del 1634, dove affermò che l'animale veniva chiamato in questo modo dai portoghesi, che avevano visitato Mauritius nel 1507.[28] Un altro inglese, Emmanuel Altham, aveva già usato la stessa parola in una lettera del 1628, dove anch'esso sosteneva che il termine fosse di origine portoghese. Il nome dodar venne introdotto in inglese contemporaneamente a dodo, ma venne utilizzato solo fino al XVIII secolo.[31] A quanto sappiamo, i portoghesi non hanno mai fatto menzione della specie. Tuttavia, alcune fonti ancora affermano che la parola dodo derivi dalla parola portoghese doudo (attualmente doido), che significa «sciocco» o «pazzo». È stato anche suggerito che dodo fosse un'approssimazione onomatopeica del richiamo dell'uccello, un verso di due note simile al tubare di un piccione – doo-doo.[32]

L'appellativo latino cucullatus («incappucciato») venne usato per la prima volta da Juan Eusebio Nieremberg nel 1635 nel nome Cygnus cucullatus, in riferimento alla descrizione del dodo fatta da Carolus Clusius nel 1605. Nella sua opera classica del XVIII secolo Systema Naturae, Linneo utilizzò cucullatus come epiteto specifico, ma combinandolo al nome generico Struthio (struzzo).[5] Mathurin Jacques Brisson coniò il nome generico Raphus (in riferimento alle otarde) nel 1760, impiegato nell'attuale nome scientifico Raphus cucullatus. Nel 1766 Linneo introdusse il nuovo nome scientifico Didus ineptus (che significa «dodo inetto»), oggi considerato un sinonimo del nome precedente a causa del principio di priorità.[33]

Descrizione

La metà destra della testa di Oxford (la metà sinistra è separata)
Varie vedute del cranio dell'esemplare di Oxford in una litografia del 1848

Poiché non esistono esemplari completi di dodo, il suo aspetto esterno, come il piumaggio e la colorazione, è difficile da determinare.[22] Le illustrazioni e i resoconti scritti da chi aveva visto questo animale tra la sua scoperta e la sua estinzione (1598-1662) sono le fonti principali per determinare il suo aspetto esteriore.[34] Secondo la maggior parte delle rappresentazioni, il dodo aveva un piumaggio grigiastro o brunastro, con le remiganti primarie più chiare e un ciuffo di piume chiare arricciate posto alla sommità dell'estremità posteriore. La testa era grigia e glabra, il becco verde, nero e giallo, e le zampe erano robuste e giallastre e munite di artigli neri.[35] Lo studio delle poche piume rimaste sulla testa dell'esemplare di Oxford ha mostrato che non si trattava di piumino, ma di penne vere e proprie, molto simili a quelle degli altri colombi.[36]

I resti subfossili e quel poco che rimane degli esemplari che erano stati portati in Europa nel XVII secolo indicano che i dodo erano uccelli molto grandi, alti fino a un metro. I due sessi differivano: i maschi erano più grandi e avevano becchi proporzionalmente più lunghi. Le stime del peso variano da uno studio all'altro. Nel 1993, Bradley C. Livezey propose un peso di 21 kg per i maschi e di 17 kg per le femmine.[37] Sempre nel 1993, Andrew C. Kitchener attribuì le elevate stime del peso fatte dai contemporanei e le forme rotondeggianti dei dodo raffigurati dal vivo in Europa ad esemplari che erano stati sovralimentati in cattività: secondo lo studioso, in natura questi animali avrebbero avuto un peso compreso tra 10,6 e 17,5 kg, ma gli esemplari ingrassati avrebbero potuto raggiungere tranquillamente i 21,7-27,8 kg.[38] Una stima del 2011 fatta da Angst e dai suoi colleghi ha fornito un peso medio di soli 10,2 kg.[39] Anche questo studio, tuttavia, è stato messo in discussione e tra gli specialisti non vi è ancora chiarezza riguardo alla stima del peso.[40][41] Uno studio del 2016, sulla base di scansioni TAC di scheletri compositi, ha stimato un peso compreso tra 10,6 e 14,3 kg.[42] È stato anche ipotizzato che il peso dipendesse dalla stagione e che gli individui fossero più grassi durante le stagioni fresche e più magri durante quelle calde.[43]

Un dodo e vari uccelli indiani in un dipinto di Ustad Mansur (1625 ca.), forse la più accurata rappresentazione di un dodo dal vivo.

Il cranio del dodo differiva molto da quello degli altri colombi: era infatti più robusto, era dotato di un becco che terminava con una punta uncinata ed era piuttosto corto se paragonato alle mascelle. Il ramo superiore del becco era lungo quasi il doppio del cranio, che era corto rispetto a quello dei colombi con cui era più strettamente imparentato. Le aperture delle narici ossee erano allungate per tutta la lunghezza del becco ed erano prive di setto osseo. Il cranio (escluso il becco) era più largo che lungo e l'osso frontale formava una sorta di cupola, con il punto più alto in corrispondenza della parte posteriore delle orbite. Nella parte posteriore, il cranio era inclinato verso il basso. Le orbite occupavano gran parte della parte posteriore del cranio. Gli anelli sclerotici all'interno dell'occhio erano formati da undici ossicini, un numero simile a quello degli ossicini di altri colombi. La mandibola era leggermente ricurva, e ciascuna metà presentava una singola apertura, come negli altri colombi.[20]

Il dodo aveva circa diciannove vertebre presinsacrali (quelle del collo e del torace, di cui tre fuse in un notarium), sedici vertebre sinsacrali (quelle della regione lombare e dell'osso sacro), sei vertebre libere della coda (caudali) e un pigostilo. Il collo era dotato di aree ben sviluppate per l'adesione di muscoli e legamenti, probabilmente per sostenere il peso di cranio e becco. Su ogni lato vi erano sei costole, quattro delle quali articolate con lo sterno attraverso costole sternali. Lo sterno era grande, ma piccolo rispetto al corpo se paragonato a quello di colombi molto più piccoli che sono in grado di volare. Esso era ben pneumatizzato, largo e di sezione relativamente spessa. Le ossa della cintura scapolare e delle ali avevano dimensioni ridotte rispetto a quelle dei colombi volatori, ed erano più gracili rispetto a quelle del solitario di Rodrigues, ma nessuna delle singole componenti scheletriche era scomparsa. Il carpometacarpo del dodo era però più robusto di quello del solitario. Il bacino era più largo di quello del solitario e di altri parenti stretti, ma era paragonabile in proporzione a quello di alcuni colombi volatori più piccoli. La maggior parte delle ossa delle zampe era più robusta di quella dei colombi esistenti e del solitario, ma le proporzioni della lunghezza erano leggermente diverse.[20]

Molte delle caratteristiche scheletriche che distinguono il dodo e il solitario di Rodrigues, il suo parente più prossimo, dagli altri colombi sono state attribuite alla perdita della capacità di volare. Gli elementi pelvici erano più spessi di quelli dei colombi volatori per sostenere un peso maggiore, e la regione pettorale e le piccole ali erano pedomorfiche, cioè erano sottosviluppate e conservavano caratteristiche giovanili. Il cranio, il tronco e gli arti pelvici erano invece peramorfici, cioè cambiavano considerevolmente con l'età. Il dodo condivideva molti altri tratti con il solitario di Rodrigues, comprese caratteristiche del cranio, del bacino e dello sterno, nonché le grandi dimensioni. Si differenziava però sotto altri aspetti, come per il fatto di essere più robusto e più corto del solitario e per avere un tetto cranico arrotondato e orbite più piccole. Il collo e le zampe del dodo erano proporzionalmente più corti, e non vi era un equivalente della protuberanza presente sui polsi del solitario.[37]

Le descrizioni dei contemporanei

La maggior parte delle descrizioni del dodo ad opera di chi lo aveva visto con i propri occhi si trova nei registri e nei giornali di bordo delle navi della Compagnia olandese delle Indie orientali che attraccarono a Mauritius quando l'isola era sotto il dominio olandese. Questi resoconti furono in seguito utilizzati come guide di viaggio dai visitatori successivi.[14] Tuttavia, solo poche testimonianze contemporanee sono affidabili, poiché molte sembrano essere basate su resoconti precedenti e nessuna di esse è stata scritta da uno scienziato.[22] Uno dei primi resoconti, che si trova sul diario di van Warwijck del 1598, descrive l'uccello come segue:

Una testa di dodo dipinta da Cornelis Saftleven nel 1638, probabilmente l'ultima raffigurazione originale della specie.

«I pappagalli blu sono molto numerosi lì, così come altri uccelli, tra i quali una specie, cospicua per la mole, più grande dei nostri cigni, con enormi teste coperte solo per metà di pelle come se fossero rivestite di un cappuccio. Questi uccelli sono privi di ali, al posto delle quali sporgono 3 o 4 piume nerastre. La coda è formata da poche penne ricurve morbide, color cenere. Questi li chiamavamo 'Walghvogel', per il motivo che più a lungo e più spesso venivano cotti, meno morbidi e più insipidi diventavano da mangiare. Tuttavia l'addome e il petto erano di sapore gradevole e facilmente masticabili.[44]»

Una delle descrizioni più dettagliate è quella scritta da Herbert in A Relation of Some Yeares Travaille into Afrique and the Greater Asia del 1634:

«Per la prima volta, solo qui e a Dygarrois [Rodrigues], è stato creato il dodo, che per tipo e unicità si oppone alla fenice d'Arabia: il suo corpo rotondo e grasso – pochi pesano meno di cinquanta libbre – è considerato più per curiosità che per nutrimento; stomaci grassi possono ricercarlo, ma per i più delicati queste bestie sono ripugnanti e di nessun nutrimento. Il suo viso sporge tristemente in avanti, come fosse sensibile all'ingiustizia della Natura di aver concepito un corpo così grande dotato di ali talmente piccole e impotenti, utili unicamente a dimostrarne l'appartenenza alla razza degli uccelli. Metà del suo capo è spoglia e sembra coperta da un velo sottile e il suo becco è piegato verso il basso; al centro di esso vi è la narice, e da qui fino alla fine è color verde chiaro, sfumato di un giallo pallido; gli occhi sono piccoli, simili a diamanti, tondi e roteanti; il suo mantello è costituito da piume soffici e la sua coda è composta da tre piccole piume, corte e sproporzionate, e le zampe si adattano al corpo; avanza con balzo improvviso ed è vorace e goloso. Digerisce sassi e ferro, la cui descrizione sarà meglio concepita nella sua rappresentazione.[45]»

Le raffigurazioni dei contemporanei

Raccolta degli schizzi del diario della nave Gelderland (1601) di dodo vivi e uccisi di recente, attribuiti a Joris Laerle.

Il diario di bordo della nave olandese Gelderland (1601-1603), riscoperto negli anni '60 del XIX secolo, contiene gli unici schizzi conosciuti di esemplari vivi o appena uccisi realizzati a Mauritius, che sono stati attribuiti all'artista professionista Joris Joostensz Laerle, che raffigurò anche altri uccelli mauriziani ormai scomparsi, e ad un secondo artista meno raffinato.[46] A parte questi schizzi, non sappiamo quante delle circa venti raffigurazioni di dodo del XVII secolo siano state realizzate a partire da esemplari vivi o impagliati, il che ne pregiudica l'attendibilità.[22] Poiché il dodo è noto unicamente da un numero limitato di resti fisici e da altrettanto scarse descrizioni, le opere d'arte realizzate dai contemporanei sono importanti per ricostruire l'aspetto dell'animale in vita. Sebbene dalla metà del XIX secolo sia stato fatto un gran lavoro per catalogare tutte le raffigurazioni storiche del dodo, di tanto in tanto continuano ad essere scoperte rappresentazioni del quale non si sospettava l'esistenza.[47]

L'immagine tradizionale del dodo è quella di un uccello molto grasso e goffo, ma è probabile che questa visione sia esagerata. Oggi gli scienziati sono dell'opinione generale che molte antiche rappresentazioni europee fossero basate su individui in cattività sovralimentati o su esemplari malamente impagliati.[48] È stato anche ipotizzato che le immagini raffigurassero solamente dodo con le piume arruffate, forse un comportamento messo in atto da questi animali per apparire più grossi.[39] Il pittore olandese Roelant Savery fu di gran lunga l'illustratore più prolifico e influente tra quanti ritrassero il dodo, avendone realizzato almeno dodici raffigurazioni, spesso negli angoli inferiori dei suoi quadri. Da allora un suo famoso dipinto del 1626, ora chiamato Dodo di Edwards poiché un tempo era di proprietà dell'ornitologo George Edwards, è divenuto l'immagine standard del dodo. Oggi è conservato al Natural History Museum di Londra. L'immagine mostra un uccello particolarmente grasso ed è servita da ispirazione per molte altre illustrazioni del dodo.[49][50]

Il famoso Dodo di Edwards, dipinto da Roelant Savery nel 1626.

Un dipinto indiano di epoca moghul riscoperto nel 1955 nel Museo dell'Ermitage, a San Pietroburgo, mostra un dodo insieme ad alcuni uccelli originari dell'India.[51] Raffigura un animale più magro e brunastro, e il suo scopritore Aleksander Iwanow e il paleontologo britannico Julian Hume lo considerarono una della raffigurazioni più accurate di un dodo in vita: gli uccelli che lo contornano, infatti, sono chiaramente identificabili e raffigurati con i colori appropriati.[52] Si ritiene che risalga al XVII secolo ed è stato attribuito al pittore Ustad Mansur. L'esemplare raffigurato viveva probabilmente nel serraglio dell'imperatore Jahangir, situato a Surat, dove anche il viaggiatore inglese Peter Mundy affermò di aver visto due dodo tra il 1628 e il 1633.[53][22] Nel 2014 è stata segnalata un'altra illustrazione indiana di un dodo, ma si è scoperto che era basata su un'illustrazione tedesca del 1836.[54]

Tutte le raffigurazioni successive al 1638 – periodo in cui i rapporti che menzionano i dodo sono diventati più rari – sembrano essere basate su immagini precedenti. Le differenze nelle raffigurazioni hanno spinto ornitologi come Anthonie Cornelis Oudemans e Masauji Hachisuka a speculare sul dimorfismo sessuale, su possibili tratti ontogenici o variazioni stagionali e persino sull'esistenza di specie diverse, ma tali teorie oggi non vengono accettate. Poiché dettagli come i disegni del becco, la forma delle penne della coda e la colorazione variano da una testimonianza all'altra, è impossibile determinare l'esatto aspetto di queste caratteristiche, se esse cambiassero con l'età o con il sesso, o addirittura se riflettessero davvero la realtà.[55] Hume ha sostenuto che le narici degli esemplari in vita sarebbero state delle semplici fessure, come si vede negli schizzi della Gelderland e nei dipinti di Cornelis Saftleven, Ustad Masur e in quello di Savery conservato alla Crocker Art Gallery. Secondo questa ipotesi, le narici spalancate spesso visibili nei dipinti indicherebbero che furono usati come modello degli esemplari impagliati.[22] La maggior parte delle raffigurazioni mostra che le ali venivano tenute in posizione distesa, a differenza dei colombi volatori, ma in maniera simile a come fanno ratiti come lo struzzo e il kiwi.[20]

Biologia

Dipinti di Savery raffiguranti dodo in varie pose negli angoli, realizzati più o meno tra il 1625 e il 1629.

Il comportamento del dodo è poco conosciuto, poiché i contemporanei hanno rilasciato a riguardo solo descrizioni molto brevi. In base alle stime del peso, è stato ipotizzato che il maschio potesse raggiungere l'età di 21 anni e la femmina di 17.[37] Gli studi sulla resistenza delle leve delle ossa delle zampe indicano che potrebbe essere stato in grado di correre abbastanza velocemente.[38] Le zampe, robuste e forti per sostenere la mole dell'animale, lo rendevano anche in grado di muoversi con agilità nella fitta foresta che ricopriva l'isola prima della colonizzazione umana. Sebbene le ali fossero piccole, le ossa presentano ampie aree per l'attacco di muscoli ben sviluppati ed è probabile che esse non fossero del tutto vestigiali, ma potessero essere state utilizzate nel comportamento di display e per tenersi in equilibrio: anche i colombi ordinari usano le ali per tali scopi.[20] A differenza del solitario di Rodrigues, non ci sono prove che il dodo impiegasse le ali nei combattimenti intraspecifici: anche se sono state trovate ossa che mostrano i segni di fratture guarite, al confronto aveva muscoli pettorali deboli e ali più brevi. Nelle dispute territoriali, invece, potrebbe aver usato il suo grande becco adunco. Poiché Mauritius riceve una maggiore quantità di precipitazioni ed è sottoposta a minori variazioni stagionali rispetto a Rodrigues – che avrebbero potuto influire sulla disponibilità di risorse sull'isola –, il dodo avrebbe avuto meno motivi per sviluppare attitudini particolarmente territoriali. Il solitario di Rodrigues, pertanto, era probabilmente più aggressivo.[56] Nel 2016 è stato realizzato il primo endocast 3D del cervello del dodo: il rapporto tra cervello e dimensioni corporee è risultato simile a quello degli altri colombi, il che lascia supporre che probabilmente fosse dotato di un livello di intelligenza simile.[57]

Una mappa di una baia di Mauritius del 1601: la piccola D all'estrema destra indica il luogo dove furono trovati i dodo.

Non sappiamo quale fosse l'habitat preferito del dodo, ma le vecchie descrizioni suggeriscono che abitasse i boschi delle più secche zone costiere meridionali e occidentali di Mauritius. Tale opinione è supportata dal fatto che la palude Mare-aux-Songes, dove è stata rinvenuta la maggior parte dei resti di dodo, è situata vicino al mare nel sud-est dell'isola.[58] Una distribuzione limitata a così poche zone dell'isola potrebbe aver contribuito alla sua estinzione.[59] Una mappa del 1601 del diario di bordo della Gelderland mostra una piccola isola al largo della costa di Mauritius dove vennero catturati dei dodo. Julian Hume ha ipotizzato che questa fosse l'île aux Benitiers nella baia di Tamarin, sulla costa occidentale.[60][46] In passato il dodo viveva anche sulle montagne dell'isola, dal momento che le sue ossa subfossili sono state trovate anche all'interno di grotte poste in quest'area. Gli scavi a Mare-aux-Songes hanno dimostrato che il suo habitat era dominato da alberi di tambalacoque, Pandanus e palme endemiche.[43] La vicinanza alla costa e l'umidità fecero sì che Mare-aux-Songes fosse popolata da un'elevata varietà di specie vegetali, mentre le aree circostanti erano più secche.[61]

Dopo l'arrivo dell'uomo molte specie endemiche di Mauritius si sono estinte, quindi l'ecosistema originario dell'isola è seriamente degradato, tanto che è difficile stabilire quale fosse il suo aspetto originario. Mauritius era interamente ricoperta di foreste, delle quali oggi rimane ben poco a causa della deforestazione.[62] La fauna endemica sopravvissuta è ancora oggi criticamente minacciata.[63] Il dodo condivideva l'isola con altri uccelli scomparsi recentemente, come il rallo rosso incapace di volare, il pappagallo dal becco largo, il parrocchetto grigio delle Mascarene, il colombo blu di Mauritius, l'assiolo di Mauritius, la folaga delle Mascarene, la casarca di Mauritius, l'alzavola delle Mascarene e la nitticora di Mauritius. L'estinzione non ha risparmiato neanche rettili come la testuggine gigante dal dorso a sella, la testuggine gigante dal dorso a cupola, lo scinco gigante di Mauritius e il boa fossorio di Round Island. La piccola volpe volante di Mauritius e la chiocciola Tropidophora carinata, oltre che a Mauritius, erano presenti anche a Réunion, ma sono oggi scomparse da entrambe le isole. Sono scomparse anche alcune specie di piante, come la Casearia tinifolia e l'orchidea palma.[64]

Alimentazione

Una lettera olandese del 1631 (a lungo ritenuta perduta, ma riscoperta nel 2017) contiene l'unico riferimento alla dieta del dodo e afferma anche che l'animale usava il becco per difendersi. Il documento fa uso di giochi di parole per riferirsi agli animali descritti e i dodo sono a quanto pare un'allegoria per prendere di mira facoltosi sindaci:[65]

Tre dodo in uno schizzo di Savery del 1626 ca. (Crocker Art Museum).

«I sindaci sono superbi e orgogliosi. Si presentavano con un volto severo e inflessibile e la bocca spalancata, molto sbarazzini e audaci nell'andatura. Non volevano muoversi davanti a noi; la loro arma da guerra era la bocca, con la quale potevano mordere ferocemente. Si nutrivano di frutta cruda; non erano ben vestiti, ma erano ricchi e grassi, perciò ne portammo a bordo molti, per la contentezza di tutti.[65]»

Oltre che di frutti caduti, il dodo probabilmente si nutriva di noci, semi, bulbi e radici.[66] È stato anche ipotizzato che potesse aver mangiato granchi e frutti di mare, così come i colombi coronati loro parenti. Le sue abitudini alimentari dovevano essere versatili, dal momento che gli esemplari in cattività venivano probabilmente alimentati con cibi di ogni sorta durante i lunghi viaggi per mare.[67] Poiché Mauritius è caratterizzata da un netto alternarsi tra stagione secca e stagione delle piogge, Oudemans ha ipotizzato che il dodo probabilmente ingrassava rimpinzandosi di frutti maturi alla fine della stagione delle piogge per poter sopravvivere alla stagione secca, quando il cibo scarseggiava: i resoconti dei contemporanei sono concordi nel descrivere la «golosità» dell'animale. L'ornitologo mauriziano France Staub ipotizzò nel 1996 che il dodo si nutrisse principalmente di frutti di palma, e cercò di far correlare il ciclo di accumulo e perdita di peso del dodo con il regime di fruttificazione delle palme.[30]

Sembra che gli elementi scheletrici della mascella superiore siano stati rincocinetici (cioè mobili l'uno rispetto all'altro), e questo deve aver influito sulle abitudini alimentari. Negli uccelli odierni, come i colombi frugivori (mangiatori di frutta), la motilità del premascellare consente loro di consumare cibi di grandi dimensioni. Sembra inoltre che il becco sia stato in grado di resistere a carichi di forza elevati, il che indicherebbe una dieta a base di sostanze dure.[20] L'esame del calco del cervello ha rilevato che sebbene questo fosse simile a quello di altri colombi sotto molti aspetti, era dotato di un bulbo olfattivo relativamente grande. Ciò conferiva al dodo un buon senso dell'olfatto, che potrebbe averlo aiutato a localizzare frutti e piccole prede.[57]

Un dodo e il suo gastrolite in un disegno di Carolus Clusius del 1605 copiato dal diario di bordo di Jacob van Neck.

Diverse fonti contemporanee affermano che il dodo aiutasse la digestione ingerendo gastroliti. Lo scrittore inglese Hamon L'Estrange vide uno di questi uccelli in vita a Londra e lo descrisse come segue:

«Circa nel 1638, mentre passeggiavo per le strade di Londra, vidi un disegno di uno strano pollo appeso a un'insegna, e, assieme a una o due persone, entrai per vederlo. Era tenuto in una camera ed era più grande di un tacchino maschio anche se più corpulento e massiccio e con una posizione eretta, colorato sulla parte anteriore come il petto di un giovane maschio di fagiano e su quella posteriore con una tonalità giallo-grigiastra. Il proprietario lo chiamò dodo e ci mostrò come il suo animale ingerisse ciottoli grandi quanto una noce moscata, e disse che servivano per la digestione; anche se non ricordo se al proprietario vennero chiesti maggiori dettagli, sono sicuro che glieli dette da ingoiare tutti.[68]»

Non sappiamo come venissero alimentati i nidiacei, ma i colombi suoi parenti forniscono loro il cosiddetto «latte di piccione». Le raffigurazioni contemporanee mostrano il dodo munito di un grande gozzo, che veniva probabilmente utilizzato per conservare il cibo ingerito e produrre latte di piccione. È stato ipotizzato che le dimensioni massime raggiunte dal dodo e dal solitario fossero limitate dalla quantità di latte del gozzo che potevano produrre per i loro piccoli durante il loro sviluppo iniziale.[69]

Nel 1973, giunse la notizia che il tambalacoque, noto anche come albero del dodo, endemico di Mauritius, si stesse estinguendo. A quanto pare ne rimanevano solo 13 esemplari, tutti dell'età stimata di circa 300 anni. L'ornitologo Stanley Temple ipotizzò che l'albero dipendesse dal dodo per la propagazione dei suoi semi, che sarebbero germogliati solo dopo essere passati attraverso il tratto digestivo dell'uccello. Lo studioso affermò anche che il tambalacoque era ormai quasi estinto a causa della scomparsa del dodo.[70] Tuttavia, sembra che Temple abbia trascurato alcune fonti degli anni '40 in cui si affermava che i semi di tambalacoque potevano germogliare, anche se molto raramente, senza che il loro rivestimento venisse abraso durante la digestione.[71] Altri autori hanno messo in discussione la sua ipotesi, sostenendo che la situazione dell'albero non sia stata così drammatica o che i semi fossero stati dispersi anche da altri animali estinti come le testuggini del genere Cylindraspis, i pipistrelli frugivori o il pappagallo dal becco largo.[72] Secondo Wendy Strahm e Anthony Cheke, due esperti dell'ecologia delle isole Mascarene, l'albero, seppur raro, sarebbe germogliato anche in seguito alla scomparsa del dodo e conterebbe diverse centinaia di esemplari, non 13 come affermato da Temple: i due, pertanto, hanno del tutto screditato l'opinione di Temple riguardo allo stretto rapporto di coesistenza che si sarebbe stabilito tra il dodo e l'albero.[73]

L'ornitologo brasiliano Carlos Yamashita ipotizzò nel 1997 che il pappagallo dal becco largo avrebbe potuto dipendere strettamente dal dodo e dalle testuggini del genere Cylindraspis, che mangiavano i frutti delle palme e ne espellevano i semi, che sarebbero a loro volta diventati cibo per i pappagalli. Allo stesso modo le ara del genere Anodorhynchus dipendevano originariamente dalla megafauna sudamericana ormai estinta, mentre ora a tale scopo fanno affidamento sul bestiame domestico.[74]

Riproduzione e sviluppo

Replica di un presunto uovo di dodo in un nido ricostruito, museo di East London.

Dal momento che era una creatura terricola incapace di volare, e data l'assenza di mammiferi predatori o altri nemici naturali a Mauritius, il dodo probabilmente nidificava sul terreno.[75] La testimonianza di François Cauche del 1651 contiene l'unica descrizione dell'uovo e del richiamo della specie:

«Ho visto a Mauritius uccelli più grandi di un cigno, senza penne sul corpo, che è ricoperto da un piumino nero; la parte posteriore è tonda, il didietro ornato da penne arricciate tante quanti sono gli anni dell'uccello. Al posto delle ali hanno penne come queste, nere e ricurve, prive di trama. Non hanno lingua, il becco è grande e leggermente curvato verso il basso; le zampe sono lunghe, squamose, e dotate solo di tre dita per piede. Emettono un richiamo simile a quello di un papero e non sono affatto così buoni da mangiare come i fenicotteri e le anatre di cui abbiamo appena parlato. Depongono un solo uovo bianco, della grandezza di un cilindro di monete da mezzo penny, accanto al quale mettono una pietra bianca della grandezza di un uovo di gallina. Si accomodano sull'erba che raccolgono e fanno il nido nella foresta; uccidendone un esemplare giovane, nel ventriglio troviamo una pietra grigia. Li chiamiamo Oiseaux de Nazaret. Il loro grasso è ottimo per dare sollievo ai muscoli e ai nervi.[5]»

Sezioni delle ossa degli arti posteriori che mostrano differenti stadi di sviluppo.
Schema del ciclo vitale del dodo sulla base dell'istologia e delle testimonianze scritte.

Il racconto di Cauche, però, è problematico, soprattutto quando afferma che l'uccello descritto aveva tre dita ed era privo di lingua, a differenza del «vero» dodo. Questo ha portato alcuni studiosi a credere che Cauche stesse descrivendo una nuova specie di dodo (ribattezzata Didus nazarenus). Sembra più probabile, tuttavia, che a tale descrizione siano state aggiunte caratteristiche proprie del casuario: del resto, anche altri scritti di Cauche presentano varie incongruenze.[76] Il «giovane struzzo» preso a bordo di una nave nel 1617 citato in una fonte dell'epoca è l'unico altro riferimento a quello che forse era un dodo in giovane età.[77] Un presunto uovo di dodo è conservato al museo di East London, in Sudafrica. Venne donato al museo da una sua ex curatrice, la sudafricana Marjorie Courtenay-Latimer, la cui prozia l'aveva ricevuto da un capitano che sosteneva di averlo trovato in una palude a Mauritius. Nel 2010, il curatore del museo ha proposto di utilizzare le moderne analisi genetiche per determinarne l'autenticità,[78] dal momento che potrebbe trattarsi semplicemente di un uovo di struzzo dalla forma aberrante.[32]

Tenendo conto del fatto che probabilmente deponeva covate composte da un singolo uovo ed era di dimensioni così grandi, alcuni studiosi hanno proposto che il dodo avesse optato per una strategia K, producendo una scarsa prole inetta che richiedeva cure parentali fino al raggiungimento della maturità. Alcune prove, come le grandi dimensioni e il fatto che gli uccelli tropicali e frugivori presentano tassi di crescita più lenti, indicano che la specie potrebbe aver avuto un periodo di sviluppo prolungato.[37] Il fatto che a Mare-aux-Songes non siano stati trovati resti di giovani dodo può indicare che la prole prodotta fosse scarsa, che i nidiacei si sviluppavano rapidamente, che i siti di nidificazione erano lontani dalla palude o che il rischio di rimanere intrappolati nel fango era solo stagionale.[79]

Nel 2017 alcuni studiosi, correlando i dati ricavati dall'istologia delle sezioni sottili di ossa di dodo e le testimonianze dei contemporanei ai dati conosciuti sugli odierni uccelli mauriziani e l'ecologia locale, hanno cercato di recuperare informazioni sul ciclo vitale del dodo. Lo studio ha suggerito che i dodo si riproducessero verso agosto, dopo aver accumulato un consistente strato di grasso, in corrispondenza con i cicli di perdita e accumulo di peso propri di molti vertebrati di Mauritius. I nidiacei crescevano rapidamente, raggiungendo dimensioni simili a quelle degli adulti e la maturità sessuale prima dell'estate australe o della stagione dei cicloni. Gli esemplari adulti che si erano appena riprodotti effettuavano la muta dopo l'estate australe, intorno a marzo. Le penne delle ali e della coda venivano sostituite per prime e la muta sarebbe stata completa alla fine di luglio, in tempo per la successiva stagione riproduttiva. Le diverse fasi della muta potrebbero anche spiegare le incongruenze nelle descrizioni dei contemporanei riguardo al piumaggio.[80]

Rapporti con l'uomo

Incisione del 1648 raffigurante l'uccisione di dodo (al centro a sinistra, erroneamente raffigurati simili a pinguini) e di altri animali ora estinti di Mauritius.

Mauritius era già stata visitata da imbarcazioni arabe durante il Medioevo e da navi portoghesi tra il 1507 e il 1513, ma nessuno la aveva ancora colonizzata. A quanto pare, né gli arabi né i portoghesi hanno lasciato riferimenti ai dodo nei loro scritti, anche se è possibile che il nome portoghese di Mauritius, ilha do Cerné («isola dei Cigni»), si riferisca proprio a questi animali.[81] Gli olandesi si impossessarono di Mauritius nel 1598, ribattezzandola così in onore di Maurizio di Nassau, e da allora l'isola divenne uno scalo di rifornimento per le navi mercantili della Compagnia olandese delle Indie orientali.[82] I primi a lasciare testimonianze scritte sul dodo furono alcuni viaggiatori olandesi durante la seconda spedizione olandese in Indonesia, guidata dall'ammiraglio Jacob van Neck nel 1598. Tali resoconti apparvero nei diari di viaggio pubblicati nel 1601, che contengono anche la prima raffigurazione conosciuta dell'uccello.[83] Poiché i primi marinai che visitarono Mauritius si trovavano in mare da molto tempo, il loro interesse per questi grandi uccelli fu principalmente di tipo culinario. Il diario del 1602 di Willem Van West-Zanen della nave Bruin-Vis riferisce che 24-25 dodo vennero uccisi a scopo alimentare, e che erano così grandi che durante un pasto ne potevano a malapena essere consumati un paio: il resto veniva conservato sotto sale.[84] Un'illustrazione realizzata per l'edizione pubblicata nel 1648, raffigurante l'uccisione di dodo, di un dugongo e, forse, di parrocchetti grigi delle Mascarene, era accompagnata da una poesia in olandese:[85]

«Per nutrirsi i marinai cercano la carne degli uccelli piumati,
colpiscono le palme e distruggono i dodo dal posteriore rotondo,
risparmiano la vita al pappagallo perché possa osservare e gridare,
in modo da fare da esca per i suoi compagni.[86]»

Alcuni dei primi viaggiatori trovarono la carne del dodo sgradevole e preferirono mangiare pappagalli e colombi; altri invece la descrissero come coriacea, ma buona. Alcuni cacciavano il dodo solo per il suo ventriglio, che veniva considerato la parte più deliziosa dell'uccello. I dodo erano facili da catturare, ma i cacciatori dovevano stare attenti a non essere morsi dai loro potenti becchi.[87]

L'aspetto del dodo e del rallo rosso portò Peter Mundy a speculare, 230 anni prima di Charles Darwin, la teoria dell'evoluzione:

«Due di queste specie di uccelli che ho citato, a quanto ne sappiamo, si trovano solamente su quest'isola, che dista 100 leghe da St. Lawrence. Potremmo domandarci perché si trovino qui e non altrove, essendo così lontani da qualsiasi altra terra e non sapendo volare o nuotare; fino a che punto un miscuglio di specie possa produrre forme strane e mostruose, o se la natura del clima, dell'aria e della terra alterino con il tempo le prime forme di vita e come.[27]»

I dodo trasportati all'estero

Un probabile esemplare impagliato della collezione dell'imperatore Rodolfo II a Praga in un dipinto di Jacob Hoefnagel (inizio XVII secolo).
Il dodo che Adriaen van de Venne affermava di aver visto (1626).

Il dodo venne considerato una creatura abbastanza interessante da giustificarne l'invio di un certo numero di esemplari viventi in Europa e in Oriente. Il numero degli esemplari che giunsero vivi a destinazione è incerto e non sappiamo se siano correlati con le raffigurazioni contemporanee e i pochi resti non fossili presenti nei musei europei. Sulla base delle testimonianze dei contemporanei, dei dipinti e degli esemplari museali, Julian Hume ha dedotto che almeno undici dodo raggiunsero vivi le loro destinazioni.[88]

La descrizione di Hamon L'Estrange di un dodo che vide a Londra nel 1638 è l'unica testimonianza che cita specificamente un esemplare vivo in Europa. Nel 1626 Adriaen van de Venne disegnò un dodo che sosteneva di aver visto ad Amsterdam, ma non specificò se fosse in vita, e la sua rappresentazione ricorda alquanto il dodo di Edwards di Savery. Due esemplari vivi furono visti da Peter Mundy a Surat, in India, tra il 1628 e il 1634, uno dei quali potrebbe essere stato l'individuo dipinto da Ustad Mansur intorno al 1625.[22] Nel 1628, Emmanuel Altham visitò Mauritius e inviò una lettera a suo fratello in Inghilterra:

«Amato fratello, abbiamo ricevuto l'ordine di andare su un'isola chiamata Mauritius, che si trova a 20 gradi di latitudine sud, dove siamo arrivati il 28 maggio; quest'isola ha molte capre, maiali e mucche, e uccelli molto strani, chiamati dodo, che sono molto rari: in tutto il mondo si trovano solo qui. Ne ho inviato uno tramite il signor Perce, che è arrivato con la nave William su quest'isola il 10 giugno. [A margine della lettera] Dal signor Perce riceverai un contenitore di zenzero per mia sorella, alcune perle per i miei cugini e le loro figlie, e un uccello chiamato dodo, se mai arriverà vivo.[89]»

Nelle Tentazioni di sant'Antonio di Savery (1611-1616 ca.) vi è un'aragosta dalla testa di dodo in basso a sinistra, probabilmente basata su un campione essiccato.

Non sappiamo se il dodo sia sopravvissuto al viaggio, e la lettera andò distrutta in un incendio nel XIX secolo.[90] La più antica raffigurazione conosciuta di un esemplare di dodo in Europa risale al 1610 ca. e appartiene a una collezione di dipinti che raffigura gli animali presenti nel serraglio reale dell'imperatore Rodolfo II a Praga. Questa collezione comprende anche dipinti di altri animali originari di Mauritius, compreso il rallo rosso. L'esemplare raffigurato, che potrebbe essere un giovane, sembra essere stato essiccato o impagliato, e probabilmente aveva vissuto per un po' di tempo nello zoo dell'imperatore insieme agli altri animali. Il fatto che dodo interamente impagliati fossero presenti in Europa indica che vi erano stati portati da vivi ed erano morti là: è improbabile che vi fossero dei tassidermisti sulle navi di passaggio e all'epoca non vi era ancora l'abitudine di utilizzare l'alcool per preservare i campioni biologici. Della maggior parte dei campioni provenienti da zone tropicali sono stati conservati solo la testa e i piedi essiccati.[88]

A quanto si riferisce, un dodo venne inviato addirittura fino a Nagasaki, in Giappone, nel 1647, ma per molto tempo non sapevamo se fosse giunto a destinazione.[74] Testimonianze contemporanee pubblicate per la prima volta nel 2014 hanno confermato il fatto e dimostrato che l'esemplare era arrivato vivo. Venne considerato come un dono e, nonostante la sua rarità, il suo valore era paragonabile a quello di un cervo bianco e di un bezoario. È l'ultimo dodo vivo in cattività di cui siamo conoscenza.[91]

Estinzione

Marinai olandesi inseguono dei dodo in un'illustrazione di Walter Paget del 1914. Si ritiene che la caccia da parte dell'uomo non sia stata la causa principale dell'estinzione della specie.

Come molti animali evolutisi in pressoché totale assenza di predatori, il dodo non aveva la benché minima paura dell'uomo. Questa impavidità e l'incapacità di volare resero l'animale una facile preda per i marinai.[92] Sebbene alcune testimonianze sparse descrivano uccisioni in massa di dodo per rifornire le scorte delle navi, le indagini archeologiche hanno trovato solo scarse prove di catture da parte dell'uomo. Le ossa di almeno due esemplari sono state trovate nelle grotte della Baie du Cap in cui nel XVII si rifugiavano detenuti e schiavi fuggitivi, una zona che sarebbe stata difficilmente accessibile per questi animali a causa del terreno elevato e accidentato.[10] La popolazione umana a Mauritius (che copre un'area di 1860 km²) non superò mai le 50 unità nel XVII secolo, ma sull'isola furono introdotte diverse specie animali aliene, tra cui cani, maiali, gatti, ratti e macachi cancrivori, che fecero razzia dei nidi di dodo ed entrarono in competizione con esso per le limitate risorse alimentari.[43] Contemporaneamente, gli uomini distrussero l'habitat forestale della specie. Oggi si ritiene che l'impatto sulla popolazione di dodo degli animali introdotti, in particolare maiali e macachi, sia stato ben più grave di quello della caccia.[93] I ratti forse non rappresentarono una grande minaccia per i nidi, dal momento che i dodo sapevano già come confrontarsi con i granchi di terra.[94]

È stato ipotizzato che il dodo fosse una specie già rara o localizzata prima dell'arrivo dell'uomo a Mauritius, dal momento che difficilmente si sarebbe estinto così rapidamente se avesse occupato tutte le aree remote dell'isola.[59] Una spedizione del 2005 trovò resti subfossili di dodo e altri animali uccisi da un'alluvione improvvisa. Tali eventi di mortalità di massa avrebbero ulteriormente messo a repentaglio una specie già in pericolo di estinzione.[95] Eppure il fatto che il dodo sia sopravvissuto a centinaia di anni di attività vulcanica e cambiamenti climatici dimostra che la specie era piuttosto resistente all'interno del suo ecosistema.[61]

Vi è ancora disaccordo riguardo la data dell'estinzione. L'ultima testimonianza accettata dalla maggior parte degli studiosi in cui si parla di un avvistamento di dodo è il rapporto stilato nel 1662 da Volkert Evertsz, un marinaio naufragato dalla nave olandese Arnhem, che descrisse gli uccelli che vennero catturati su un piccolo isolotto al largo di Mauritius, che oggi si ritiene corrisponda all'Île d'Ambre:

«Questi animali, quando ci avvicinavamo a loro, fissavano il nostro sguardo e restavano immobili sul posto, come non sapessero se avevano ali per volare o zampe per fuggire, permettendoci di avvicinarci quanto volevamo. Tra questi uccelli c'erano quelli che in India chiamano Dod-aersen (essendo una specie di grande oca); questi uccelli non sono in grado di volare, e al posto delle ali hanno solo alcuni piccoli «spilli», ma possono correre molto velocemente. Riuscimmo a raggrupparli in un punto, in modo che fosse possibile prenderli con le mani, e quando ne afferrammo uno per una zampa fece un gran rumore e gli altri, all'improvviso, arrivarono di corsa il più velocemente possibile come per cercare di aiutarlo, e per questo motivo furono catturati e fatti prigionieri anche loro.[96]»

I dodo di questo isolotto potrebbero non essere stati necessariamente gli ultimi rappresentanti della specie.[97] L'ultimo avvistamento dichiarato di un dodo venne riportato nei registri di caccia di Isaac Johannes Lamotius nel 1688. Un'analisi statistica di questi registri effettuata nel 2003 dai biologi David L. Roberts e Andrew R. Solow fornì una nuova data di estinzione stimata al 1693, con un intervallo di confidenza al 95% compreso tra il 1688 e il 1715. Secondo questi autori, poiché l'ultimo avvistamento prima del 1662 risaliva al 1638, il dodo era probabilmente già piuttosto raro negli anni '60 del XVII secolo, e pertanto un avvistamento da parte di uno schiavo fuggito nel 1674, ma contestato da molti autori, non può essere ignorato.[98]

Il disegno di Pieter van den Broecke di un dodo, una pecora con un corno solo e un rallo rosso (1617); dopo la scomparsa del dodo, i visitatori potrebbero averlo confuso con il rallo rosso.

L'ornitologo britannico Alfred Newton ipotizzò nel 1868 che, dopo la sua scomparsa, i visitatori abbiano iniziato a chiamare «dodo» il rallo rosso.[99] Anche Cheke sottolineò che alcune descrizioni successive al 1662 usano i nomi «Dodo» e «Dodaers» per riferirsi al rallo rosso, indicando che tali nomi erano stati trasferiti da una specie all'altra.[100] Secondo questo studioso, l'ultima osservazione credibile è pertanto quella registrata nel 1662. Una testimonianza del 1668 del viaggiatore inglese John Marshall, che usava in modo intercambiabile i nomi «Dodo» e «Red Hen» per indicare il rallo rosso, afferma che la sua carne era «dura», il che fa combacia con la descrizione della carne nella testimonianza del 1681.[101] Perfino il resoconto del 1662 è stato messo in discussione dallo scrittore Errol Fuller, poiché la reazione ai richiami di allarme corrisponde a quanto era stato riportato per il rallo rosso.[102] Fino a quando non venne proposta questa spiegazione, si riteneva che gli ultimi esemplari noti fossero stati i «dodos» di cui parla una testimonianza del 1681, ipotesi che ha tuttora i suoi sostenitori.[103]

Cheke ha affermato nel 2014 che i manoscritti olandesi studiati finora indicano che non venne visto nessun dodo nel periodo 1664-1674.[104] Nel 2020, Cheke e il ricercatore britannico Jolyon C. Parish hanno ipotizzato che tutti i riferimenti al dodo successivi alla metà del XVII secolo siano riconducibili al rallo rosso e che il dodo fosse scomparso in seguito alla predazione da parte dei maiali durante un periodo di pausa nella colonizzazione di Mauritius (1658-1664). All'epoca quindi nessuno realizzò che il dodo si fosse estinto, poiché i nuovi coloni non avevano mai visto dei veri dodo, ma poiché si aspettavano di vedere uccelli incapaci di volare, credettero che il dodo fosse il rallo rosso, e chiamarono quest'ultimo con lo stesso nome. Poiché i ralli rossi, a differenza del dodo, deponevano probabilmente un numero maggiore di uova per covata che si schiudevano dopo un periodo di tempo più breve, e forse costruivano nidi in luoghi più nascosti, è possibile che si riproducessero in maniera più efficiente ed erano meno vulnerabili alle razzie dei maiali.[105]

È improbabile che la questione venga risolta, a meno che non vengano scoperti rapporti posteriori che menzionano il nome insieme alla descrizione fisica.[94] La lista rossa della IUCN accetta la motivazione di Cheke che indica il 1662 come data dell'estinzione, ritenendo che tutti i rapporti successivi si riferiscano al rallo rosso. In ogni caso, il dodo era probabilmente già estinto nel 1700, circa un secolo dopo la sua scoperta nel 1598.[1][101] Gli olandesi lasciarono Mauritius nel 1710, ma a quel punto il dodo e la maggior parte dei grandi vertebrati terrestri si erano ormai estinti.[43]

Nonostante la rarità del dodo fosse già stata segnalata nel XVII secolo, la sua estinzione fu riconosciuta come tale solo nel XIX secolo. Ciò era in parte dovuto al fatto che, per motivi religiosi, l'estinzione non era ritenuta possibile fino a quando Georges Cuvier non dimostrò il contrario, e in parte perché molti scienziati dubitavano addirittura che il dodo fosse mai esistito: sembrava una creatura troppo strana e molti lo credevano un mito. Il dodo venne indicato per la prima volta come esempio di estinzione causata dall'uomo su Penny Magazine nel 1833[106] e da allora è divenuto una vera «icona» dell'estinzione.[107]

Resti fisici

Esemplari del XVII secolo

Mascella superiore di dodo nel Museo nazionale di Praga.

Tutto ciò che rimane dei dodo portati in Europa nel XVII secolo sono una testa e un piede essiccati nel Museo di storia naturale dell'università di Oxford, un piede un tempo conservato al British Museum ma andato perduto, un cranio nel Museo di zoologia dell'università di Copenaghen e una mascella superiore nel Museo nazionale di Praga. Gli ultimi due reperti furono riscoperti e identificati come resti di dodo verso la metà del XIX secolo.[108] Nei vecchi inventari museali vengono citati anche diversi esemplari impagliati, ma nessuno di questi è giunto fino a noi.[109] Oltre a questi resti, c'è anche un piede essiccato, appartenuto al professore olandese Pieter Pauw, menzionato da Carolus Clusius nel 1605. La sua provenienza è sconosciuta e oggi è andato perduto, ma potrebbe essere stato raccolto durante il viaggio di Van Neck.[22] I presunti esemplari impagliati che si vedono oggi nei musei di tutto il mondo sono stati pertanto realizzati con piume appartenenti ad altri uccelli: molti dei più antichi vennero realizzati dal gruppo di tassidermisti guidato dal britannico Rowland Ward.[108]

Calco della testa di Oxford prima della dissezione e del piede di Londra, oggi perduto.

Gli unici resti di tessuti molli conosciuti, la testa (reperto OUM 11605) e il piede di Oxford, appartenevano all'ultimo esemplare impagliato conosciuto, menzionato per la prima volta come parte della collezione Tradescant nel 1656 e trasferito nell'Ashmolean Museum nel 1659.[22] È stato ipotizzato che questi potrebbero essere i resti dell'uccello che Hamon L'Estrange vide a Londra, dell'uccello inviato da Emanuel Altham o di un esemplare donato da Thomas Herbert. Poiché i resti non mostrano segni di alterazione dovuti alla mano dei tassidermisti, è possibile che dell'esemplare sia stata semplicemente conservata la spoglia.[110] Nel 2018, è stato riferito che le scansioni della testa del dodo di Oxford mostravano che la pelle e le ossa contenevano pallini di piombo che venivano usati per cacciare gli uccelli nel XVII secolo. Questo indica che il dodo di Oxford venne ucciso prima di essere trasportato in Gran Bretagna o qualche tempo dopo il suo arrivo. Le circostanze della sua uccisione sono sconosciute e i pallini devono ancora essere esaminati per identificare il luogo di provenienza del piombo.[111]

Molte fonti affermano che i curatori dell'Ashmolean Museum abbiano bruciato il dodo impagliato intorno al 1755 a causa delle sue gravi condizioni di deterioramento, salvandone solo la testa e una zampa. Lo Statuto 8 del museo afferma «che quando un reperto invecchia o si deteriora, il custode può riporlo in uno degli armadi o in un altro deposito e sostituirlo con qualcos'altro».[112] Oggi si ritiene che la deliberata distruzione del campione sia solo una leggenda: esso venne rimosso dall'espositore solo per preservare ciò che ne restava. Da allora i tessuti molli rimasti si sono ulteriormente degradati: la testa venne sezionata da Strickland e Melville, separando la pelle dal cranio in due metà. Il piede è in uno stato scheletrico, con solo qualche brandello di pelle e tendini. Sulla testa rimangono pochissime piume. Si tratta probabilmente di una femmina, poiché il piede è più piccolo dell'11% e più gracile del piede di Londra, ma sembra essere completamente sviluppato.[113] Il reperto venne esposto al museo di Oxford almeno dagli anni '60 del XIX secolo fino al 1998, dopodiché è stato tenuto prevalentemente nel deposito per evitare che si danneggiasse.[114] Calchi di questa testa si possono trovare oggi in molti musei di tutto il mondo.[110]

Incisione a colori (1793) del piede di Londra, ormai perduto, (a sinistra) e litografia dello stesso (1848).

Il piede essiccato di Londra, menzionato per la prima volta nel 1665 e trasferito al British Museum nel XVIII secolo, venne esposto accanto al dipinto del Dodo di Edwards di Savery fino agli anni '40 del XIX secolo, e fu dissezionato anch'esso da Strickland e Melville. Non era in posizione eretta, il che suggerisce che fosse stato staccato da un esemplare fresco, non da uno impagliato. Dal 1896 è sempre stato descritto come privo di tegumenti e si ritiene che oggi ne siano rimaste solo le ossa, sebbene la sua attuale ubicazione sia sconosciuta.[22]

Del cranio di Copenaghen (reperto ZMUC 90-806) sappiamo che appartenne alla collezione di Bernardus Paludanus a Enkhuizen fino al 1651, quando venne trasferito nel museo del castello di Gottorf, nello Schleswig.[115] Dopo che il castello fu occupato dalle forze danesi nel 1702, la collezione del museo venne assimilata alla collezione reale danese. Il cranio venne riscoperto da J. T. Reinhardt nel 1840. In base alla sua storia, potrebbe trattarsi del più antico resto conosciuto di un dodo portato in Europa nel XVII secolo.[22] È più corto di 13 mm del cranio di Oxford e potrebbe essere appartenuto a una femmina.[37] Venne mummificato, ma la pelle si è deteriorata.[43]

La parte anteriore di un cranio (reperto NMP P6V-004389) del Museo nazionale di Praga venne ritrovata nel 1850 tra i reperti provenienti dal Museo della Boemia. In letteratura sono state elencate anche altre parti presumibilmente appartenute a questo esemplare, ma sembra essere rimasta solo questa porzione del cranio (la porzione di un arto destro conservata nel museo sembra essere appartenenuta a un solitario di Rodrigues).[22][116][117] Potrebbe trattarsi di quel che rimane di uno dei dodo impagliati che sappiamo essere stati presenti nel serraglio dell'imperatore Rodolfo II, forse addirittura l'esemplare dipinto lì da Hoefnagel o Savery.[118]

Reperti subfossili

Ricostruzione di Richard Owen dello scheletro di dodo (1866): esso appare troppo tozzo, essendo basato sul Dodo di Edwards dipinto da Savery.
Scheletro di Mare-aux-Songes assemblato in posizione più eretta da Owen (Natural History Museum di Londra).

Fino al 1860, gli unici resti di dodo conosciuti erano i quattro esemplari incompleti risalenti al XVII secolo. Quell'anno, però, Philip Burnard Ayres rinvenne le prime ossa subfossili, che furono inviate a Richard Owen al British Museum, che però non rese pubblica la scoperta. Nel 1863, Owen chiese al vescovo mauriziano Vincent Ryan di spargere sull'isola la notizia che voleva essere informato riguardo al possibile ritrovamento di ossa di dodo.[2] Nel 1865, George Clark, il maestro di scuola inviato dal governo a Mahébourg, rinvenne finalmente un gran numero di ossa subfossili di dodo nella palude di Mare-aux-Songes nel sud dell'isola, dopo una ricerca trentennale ispirata dalla monografia di Strickland e Melville.[22] Nel 1866, Clark spiegò su Ibis, una rivista di ornitologia, che aveva mandato i suoi coolies a sondare il centro della palude con i piedi, alla ricerca di possibili ossa. Inizialmente furono trovate solo poche ossa, ma dopo aver rimosso la vegetazione che ricopriva la parte più profonda della palude i ritrovamenti aumentarono notevolmente.[119] Harry Pasley Higginson, un ingegnere ferroviario dello Yorkshire, riferì di aver scoperto ossa di dodo a Mare-aux-Songes contemporaneamente a Clark e ancora oggi non è chiaro chi le abbia scoperte per primo. Higginson inviò delle casse contenenti queste ossa ai musei di Liverpool, Leeds e York.[120][121] Nella palude sono stati rinvenuti complessivamente i resti di oltre 300 dodo, ma pochissime ossa del cranio e delle ali, forse perché la parte superiore del corpo era stata dispersa dagli agenti atmosferici o divorata dagli animali spazzini, mentre quella inferiore era rimasta introppolata. Una situazione simile si è riprodotta anche nelle paludi della Nuova Zelanda, dove sono stati rinvenuti molti resti di moa.[122] La maggior parte dei resti di dodo di Mare-aux-Songes presenta una colorazione variabile dal marrone al marrone scuro.[79]

I rapporti stilati da Clark riguardo ai ritrovamenti riaccesero l'interesse per la specie. Sia Richard Owen che Alfred Newton volevano essere i primi a descrivere l'anatomia post-craniale del dodo, e Owen acquistò una spedizione di ossa di dodo originariamente destinata a Newton, facendo nascere un'accesa diatriba tra i due. Owen descrisse queste ossa nel Memoir on the Dodo nell'ottobre 1866, ma basò erroneamente la sua ricostruzione sul Dodo di Edwards dipinto da Savery, e la creatura ricostruita risultò essere troppo tozza e obesa. Nel 1869 ricevette un numero maggiore di ossa, che gli consentirono di correggere la postura dell'animale, rendendola più eretta. Newton invece spostò la sua attenzione sul solitario di Réunion. Le restanti ossa che non vennero acquistate da Owen o Newton furono vendute all'asta o donate ai musei.[2][123] Nel 1889, Théodor Sauzier fu incaricato di esplorare i «souvenir storici» di Mauritius e trovare altri resti di dodo a Mare-aux-Songes. Lo studioso ebbe successo, e rinvenne anche resti di altre specie estinte.[124]

Scheletro assemblato con ossa rinvenute nel 2006 (Naturalis).
Le ossa subfossili riscoperte nel Grant Museum nel 2011.

Nel 2005, dopo essere stata trascurata per cento anni, una parte di Mare-aux-Songes venne scavata da un team internazionale di ricercatori (International Dodo Research Project). Per prevenire epidemie di malaria, i britannici, durante il loro dominio coloniale sull'isola, avevano ricoperto la palude con un substrato roccioso, che dovette essere rimosso. I ricercatori rinvennero molti resti, comprese le ossa di almeno 17 dodo in vari stadi di sviluppo (ma nessun giovane), tra cui uno scheletro quasi completo, che erano state conservate nella loro posizione naturale.[125] I ritrovamenti vennero esposti al pubblico nel dicembre 2005 al museo Naturalis di Leida. Il 63% dei fossili rinvenuti nella palude apparteneva a tartarughe del genere estinto Cylindraspis e il 7,1% apparteneva a dodo: essi si erano depositati sul fondo nell'arco di diversi secoli, 4000 anni fa.[126] Campagne di scavo successive hanno suggerito che i dodo e gli altri animali rimasero impantanati a Mare-aux-Songes mentre cercavano di raggiungere l'acqua durante un lungo periodo di grave siccità circa 4200 anni fa.[125] Inoltre, i cianobatteri avevano trovato un ambiente ottimale tra gli escrementi degli animali radunatisi intorno alla palude, che così morivano per intossicazione, disidratazione, impantanamento o perché venivano calpestati.[127] Nel corso degli scavi effettuati di recente nella palude sono stati rinvenuti anche molti elementi dello scheletro più piccoli, che solo raramente erano stati ritrovati durante il XIX secolo, probabilmente a causa dei metodi di raccolta più grossolani.[79]

Anche Louis Etienne Thirioux, un naturalista dilettante di Port Louis, trovò molti resti di dodo in diverse località intorno al 1900. Tra questi figurava il primo esemplare articolato – era il primo scheletro subfossile di dodo rinvenuto al di fuori di Mare-aux-Songes – e l'unico resto conosciuto appartenente a un esemplare giovane, un tarsometatarso andato perduto.[22][43] Il primo venne rinvenuto nel 1904 in una grotta vicino al monte Le Pouce ed è l'unico scheletro completo conosciuto appartenente ad un singolo dodo. Thirioux donò l'esemplare al Museo Desjardins (l'attuale Museo di storia naturale del Mauritius Institute).[128][129] Gli eredi di Thirioux vendettero un secondo scheletro completo (costituito però da ossa provenienti da almeno due individui, con il cranio prevalentemente ricostruito) al Museo di scienze naturali di Durban, in Sudafrica, nel 1918. Insieme, questi due scheletri rappresentano i resti di dodo più completi conosciuti: comprendono anche elementi ossei che fino ad allora non erano mai stati ritrovati (come le rotule e le ossa delle ali). Sebbene già alcuni autori contemporanei avessero notato l'importanza degli esemplari di Thirioux, essi non furono studiati scientificamente e rimasero per lo più dimenticati fino al 2011, quando sono stati analizzati da un gruppo di ricercatori. Gli scheletri ricostruiti sono stati sottoposti a scansione laser e ne sono stati ricostruiti modelli 3D, che sono serviti per la stesura di una monografia sull'osteologia del dodo.[130][131] Nel 2006, alcuni ricercatori sul campo hanno scoperto uno scheletro completo di dodo in un tunnel di lava: si tratta del secondo scheletro associato ad un singolo esemplare mai trovato, nonché l'unico rinvenuto in tempi recenti.[132]

Ventisei musei in tutto il mondo possiedono importanti reperti di dodo, quasi tutti rinvenuti a Mare-aux-Songes. Il Natural History Museum, l'American Museum of Natural History, il Museo di zoologia dell'università di Cambridge, il Museo Senckenberg e altri conservano scheletri quasi completi, assemblati con resti subfossili provenienti da diversi individui.[133] Nel 2011, una cassa di legno contenente ossa di dodo rinvenute in età edoardiana è stata riscoperta al Grant Museum dell'University College di Londra durante i preparativi per un trasloco. Fino ad allora erano state conservate assieme ad ossa di coccodrillo.[134]

Il dodo bianco

In Paesaggio con Orfeo e gli animali di Savery (1611 ca.) si vede un dodo bianco in basso a sinistra.
Uno dei dodo bianchi dipinti da Pieter Holsteyn II alla metà del XVII secolo, forse basato sull'immagine di Savery.

Oggi si ritiene che il presunto «dodo bianco» (o «solitario») di Réunion sia il frutto di una congettura errata basata sia su vecchi resoconti che si riferivano in realtà all'ibis di Réunion ,che sugli uccelli bianchi simili a dodo dipinti nel XVII secolo da Pieter Withoos e Pieter Holsteyn che vennero riscoperti nel XIX secolo. La confusione ebbe inizio quando Willem Ysbrandtszoon Bontekoe, che visitò Réunion intorno al 1619, menzionò nel suo diario uccelli grassi e incapaci di volare che chiamò Dod-eersen, anche se non fece alcun riferimento alla loro colorazione. Quando il diario venne pubblicato, nel 1646, alla descrizione fu accompagnata l'incisione di un dodo tratta dal cosiddetto «schizzo della Crocker Art Gallery» di Savery.[135] Un uccello bianco, tozzo e incapace di volare fu menzionato per la prima volta come membro della fauna di Réunion dall'ufficiale capo J. Tatton nel 1625. Menzioni sporadiche ad esso furono fatte in seguito da Sieur Dubois e da altri scrittori contemporanei.[136]

Il barone Edmond de Sélys Longchamps coniò il nome Raphus solitarius per questa specie nel 1848, poiché riteneva che i resoconti si riferissero a una qualche specie di dodo. Inoltre, quando i naturalisti del XIX secolo scoprirono i dodo bianchi sui dipinti del XVII secolo, credettero che raffigurassero proprio questo animale. Oudemans ipotizzò che la discrepanza tra le creature presenti sui dipinti e quelle descritte nei vecchi resoconti si spiegasse con il fatto che i dipinti mostravano delle femmine e che la specie presentasse pertanto un evidente dimorfismo sessuale.[137] Alcuni autori credevano anche che gli uccelli descritti appartenessero a una specie simile al solitario di Rodrigues, dal momento che veniva chiamato con lo stesso nome, o addirittura che sull'isola fossero esistite specie bianche sia di dodo che di solitario.[138]

Il dipinto di Pieter Withoos, che venne scoperto per primo, sembra essere basato su un precedente dipinto di Pieter Holsteyn, del quale sappiamo che esistevano tre versioni. Secondo Hume, Cheke e Valledor de Lozoya, sembra che tutte le raffigurazioni di dodo bianchi fossero basate sul dipinto di Roelant Savery Paesaggio con Orfeo e gli animali, o su copie di esso. Il dipinto viene generalmente datato al 1611, anche se alcuni autori propongono datazioni successive al 1614 o addirittura al 1626. Il dipinto mostra un esemplare di colore biancastro ed era apparentemente basato su un esemplare impagliato allora presente a Praga; un walghvogel dalla «colorazione biancastra sporca» viene menzionato in un inventario di reperti della collezione di Praga dell'imperatore del Sacro Romano Impero Rodolfo II, del quale Savery era all'epoca (1607-1611) pittore di corte. I dipinti successivi di Savery mostrano tutti uccelli grigiastri, forse perché a quel punto aveva visto un altro esemplare museale. Cheke e Hume ritengono che l'esemplare dipinto fosse bianco perché affetto da albinismo.[118][50] Valledor de Lozoya ha ipotizzato invece che il piumaggio chiaro fosse una caratteristica giovanile, il risultato dello sbiancamento cui vanno incontro i vecchi esemplari impagliati o una semplice licenza artistica.[139]

Negli 1987, gli scienziati descrissero i fossili di una specie di ibis di Réunion caratterizzata da un becco relativamente corto, Borbonibis latipes, prima che fosse stabilito qualsiasi tipo di connessione con gli antichi resoconti sul solitario.[140] Cheke suggerì a uno degli autori della descrizione, Francois Moutou, che i fossili potessero appartenere al solitario di Réunion, come è stato documentato in una pubblicazione del 1995. L'ibis venne in seguito assegnato al genere Threskiornis e ricevette l'epiteto specifico solitarius ereditato dal nome binomiale R. solitarius.[141] Tutte le specie appartenenti a questo genere hanno una colorazione bianca e nera e becchi sottili, caratteristiche che corrispondono alle vecchie descrizioni del solitario di Réunion. Sull'isola non sono mai stati trovati resti fossili di uccelli simili al dodo.[118]

Importanza culturale

Alice e il Dodo in due versioni delle Avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie illustrate da John Tenniel (a sinistra, 1865) e da Arthur Rackham (1907).

Il fatto che il dodo sia uno degli animali estinti più noti e il suo aspetto singolare hanno fatto sì che nella letteratura e nella cultura popolare sia divenuto un simbolo per indicare un concetto o un oggetto obsoleti, come nell'espressione inglese dead as a dodo, «morto come un dodo», usato per qualcosa di indiscutibilmente morto o obsoleto. Allo stesso modo, la frase to go the way of the dodo, «prendere il sentiero del dodo», significa estinguersi o diventare obsoleti, uscire dall'uso o dalla pratica comune o diventare una cosa del passato.[142] «Dodo» è anche un termine gergale per indicare una persona stupida e ottusa, in quanto si diceva che quest'animale fosse stupido e facilmente catturabile.[143][144]

Il dodo compare di frequente nelle opere di narrativa popolare e, ancor prima della sua estinzione, era presente nella letteratura europea come simbolo di terre esotiche e di ghiottoneria, a causa della sua apparente grassezza.[145] Nel 1865, lo stesso anno in cui George Clark iniziò a pubblicare i suoi scritti sui fossili di dodo che aveva rinvenuto, l'animale, appena rivalutato, comparve come personaggio nelle Avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll, che si pensa abbia inserito un dodo nella sua opera perché si identificava con esso e ne aveva adottato il nome come soprannome a causa della sua balbuzie, che lo portava accidentalmente a presentarsi agli altri come «Do-do-dodgson», il suo vero cognome.[107] Carroll e la bambina che aveva ispirato Alice, Alice Liddell, si erano divertiti a visitare il museo di Oxford per andare a vedere i resti di dodo là conservati.[146] La popolarità del libro rese il dodo una vera e propria icona dell'estinzione.[147] In seguito alla fama ricevuta in Alice nel Paese delle Meraviglie, le raffigurazioni popolari del dodo sono divenute più esagerate e fumettistiche, in linea con la convinzione che fosse un animale goffo, tragico e destinato all'estinzione.[148]

Lo stemma di Mauritius è sostenuto da un dodo.
Dodo su una moneta da 10 rupie del 1971.

Il dodo viene usato come mascotte per molti tipi di prodotti, soprattutto a Mauritius.[149] Compare come sostegno sullo stemma di Mauritius, sulle monete e nella filigrana di tutte le banconote della valuta dell'isola, la rupia mauriziana, e sullo sfondo del modulo di immigrazione di Mauritius.[93][150][151] Un dodo sorridente è simbolo anche della Brasseries de Bourbon, una famosa azienda produttrice di birra di Réunion, e rappresenta la presunta specie bianca che un tempo si pensava vivesse sull'isola.[152]

La figura del dodo viene usata per promuovere la protezione delle specie in pericolo da parte di varie organizzazioni ambientaliste, come il Durrell Wildlife Conservation Trust e il Durrell Wildlife Park.[153] Il Center for Biological Diversity assegna un Rubber Dodo Award annuale a «coloro che si sono maggiormente impegnati a distruggere luoghi selvaggi, specie e diversità biologica».[154] Nel 2011, una nuova specie di ragno della sottofamiglia Nephilinae presente nelle stesse aree boschive dove un tempo prosperava il dodo è stata battezzata Nephilengys dodo per sensibilizzare l'urgente necessità di proteggere il bioma di Mauritius.[155] Anche due specie di formiche di Mauritius hanno preso nome dal dodo: Pseudolasius dodo, descritta nel 1946, e Pheidole dodo, descritta nel 2013.[156][157] Una specie di isopode di una barriera corallina al largo di Réunion venne battezzata Hansenium dodo nel 1991.[158]

Il nome del dodo è stato usato dagli scienziati per denominare alcuni elementi genetici, in onore dell'incapacità di volare propria di questo animale. Un gene del moscerino della frutta all'interno di una regione di un cromosoma richiesto per l'abilità di volo è stato chiamato «dodo».[159] Inoltre, una famiglia di trasposoni difettosi di Phytophthora infestans è stata denominata DodoPi poiché presenta mutazioni che le impediscono di saltare verso nuove posizioni in un cromosoma.[160]

Il disegno inedito di un dodo del XVII secolo venduto nel 2009.

Nel 2009, il disegno olandese di un dodo risalente al XVII secolo, ancora inedito, venne messo in vendita da Christie's, prevedendo che sarebbe stato venduto per 6000 sterline.[161] Non è noto se il disegno si basasse su un esemplare in carne e ossa o su un'immagine precedente, né sappiamo chi fosse l'artista. Malgrado le peggiori aspettative, venne venduto per 44450 sterline.[162][47]

Il poeta Hilaire Belloc incluse la seguente poesia sul dodo nel suo Bad Child's Book of Beasts del 1896:[163][146]

(EN)

«The Dodo used to walk around,
And take the sun and air.
The sun yet warms his native ground –
The Dodo is not there!

The voice which used to squawk and squeak
Is now for ever dumb –
Yet may you see his bones and beak
All in the Mu-se-um.»

(IT)

«Il Dodo era solito andare in giro,
E prendere il sole e l'aria.
Il sole brilla ancora sul suo terreno natio -
Il Dodo non c'è più!

La voce che era solita starnazzare e squittire,
È ora per sempre muta -
Ma puoi vedere ancora il suo scheletro ed il suo becco,
Tutti nel mu-se-o.»

Note

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