Daphnis nerii

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Sfinge dell'oleandro
Daphnis nerii
Stato di conservazione
Specie non valutata[1]
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Sottoregno Eumetazoa
Superphylum Protostomia
Phylum Arthropoda
Subphylum Tracheata
Superclasse Hexapoda
Classe Insecta
Sottoclasse Pterygota
Coorte Endopterygota
Superordine Oligoneoptera
Sezione Panorpoidea
Ordine Lepidoptera
Sottordine Glossata
Infraordine Heteroneura
Divisione Ditrysia
Superfamiglia Bombycoidea
Famiglia Sphingidae
Sottofamiglia Macroglossinae
Tribù Macroglossini
Sottotribù Macroglossina
Genere Daphnis
Specie D. nerii
Nomenclatura binomiale
Daphnis nerii
(Linnaeus, 1758)
Sinonimi

Chaerocampa (!) nerii
(Linnaeus, 1758)
Choerocampa nerii
Curtis, 1837
Daphnis nerii confluens
Closs, 1912
Daphnis nerii infernelutea
Saalmuller, 1884
Daphnis nerii nigra
Schmidt, 1914
Deilephila nerii
(Linnaeus, 1758)
Deilephila nerii bipartita
Gehlen, 1934
Elpenor nerii
(Linnaeus, 1758)
Metopsilus nerii
(Linnaeus, 1758)
Sphinx nerii
Linnaeus, 1758
Sphynx (!) nerii
(Linnaeus, 1758)

Areale

     Stanziale

     Areale estivo

La sfinge dell'oleandro (Daphnis nerii (Linnaeus, 1758))[2] è un lepidottero appartenente alla famiglia Sphingidae, diffuso in Eurasia, Africa e Oceania.[3][4][5][6][7]

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

L'epiteto specifico nerii rappresenta il genitivo del sostantivo latino "nērǐum", a sua volta mutuato dal greco "νήριoν" (nérion), (= dell'oleandro), con riferimento alla pianta nutrice primaria della larva.[8]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Adulto[modifica | modifica wikitesto]

L'aspetto generale risulta molto simile a quello di Daphnis hypothous, da cui però può essere distinta grazie alla differente colorazione delle geometrie alari.[5]

La colorazione di fondo della pagina superiore dell'ala anteriore è un verde più o meno intenso, attraversato da disegni trasversali più chiari, tendenti al marroncino e al rosa, oppure più scuri, tendenti al nero, a creare una geometria alquanto complicata; va aggiunto tuttavia che negli esemplari preparati, le tonalità verdastre tendono a sbiadirsi e possono essere sostituite da corrispondenti variazioni di marroncino; inoltre nella generazione primaverile si è notata una colorazione generale più scura. Nella zona apicale si osserva una macchia più scura a forma di mezza luna, affiancata ad un'area molto chiara, quasi biancastra. Altre due fasce chiare, costituite da più linee biancastre, attraversano diagonalmente l'ala: la più esterna corre da C ad M, restringendosi posteriormente, quasi a formare un triangolo, mentre la più interna attraversa l'intera ala dal margine costale fino a quello interno, qui decisamente sinuoso, andandolo ad intercettare all'altezza del terzo basale. L'area basale e post-basale sono tinte di un verde intenso, tranne per la parte più posteriore, che varia dal bianco al rosato, ma è nettamente distinguibile una sorta di macchia ocellata chiara, posta in prossimità delle tegulae, visibile anche quando il lepidottero mantiene le ali raccolte a riposo. La parte posteriore dell'ala rivela una vistosa macchia nerastra a livello del tornus, oltre ad una seconda fascia, anch'essa nerastra, posizionata grosso modo a metà del margine interno, affiancata esternamente da una banda bianca. È pure presente un'area triangolare scura, che si estende dalla zona discale fino al margine esterno, ove si stempera in due piccole mezzelune verdi. La macchia discale non risulta distinguibile, mentre il termen non è dentellato, se non in prossimità dell'apice; quest'ultimo è appuntito ma non falcato. Il tornus ha un'angolazione lievemente ottusa.[3][4][5][7]

La pagina inferiore dell'ala anteriore presenta una colorazione generale bruno-rossiccia, più intensa in prossimità del termen. È chiaramente distinguibile una linea biancastra post-marginale, che decorre a partire dall'apice e raggiunge il margine interno, grosso modo all'altezza dell'ultimo quarto. Le nervature si stagliano, più chiare contro il colore di fondo, solo nel tratto distale, fino al raggiungimento del termen. È appena distinguibile una lieve macchia più chiara nella zona discale.[4]

Il medico, botanico e naturalista svedese Carl von Linné (1707-1778), che descrisse la specie nel 1758[2]

Il recto dell'ala posteriore è colorato di un marroncino alquanto intenso, che si stempera in un color oliva nella zona marginale; nella fascia sub-marginale si osserva una linea più chiara, bordata di scuro esternamente, che parte dal quarto distale della costa e raggiunge l'angolo anale. Una macchia più scura è chiaramente visibile nella parte posteriore della zona basale, grosso modo all'altezza di 1A+2A. Si osserva inoltre una lieve macchia più scura, posta tra la parte posteriore della cellula discale e CuA. Il termen non presenta dentellatura.[4]

Nel verso dell'ala posteriore, la colorazione di fondo è un rosso-brunastro analogo a quello dell'ala anteriore, più acceso nell'area discale. La linea biancastra sub-marginale, osservabile nel recto, è visibile anche qui, con decorso analogo. Le nervature risaltano in quanto più chiare, soprattutto nella zona cubitale e in quella anale. Si osserva una piccola macchia chiara ellittica tra l'esterno della cellula e la base di M.[3][4]

Le antenne sono moniliformi nel maschio e lievemente clavate nella femmina, marroncine e appena uncinate all'estremità distale; la loro lunghezza è pari a circa un terzo della costa dell'ala anteriore. Gli occhi sono grandi e la spirotromba è rossastra. I palpi labiali sono ampi e ottusi, ricoperti di piccolissime scaglie.[4][5]

Il torace è dorsalmente verde chiaro, più scuro a livello delle tegulae; la superficie ventrale è invece grigio-brunastra.[4]

Nelle zampe posteriori, il primo segmento tarsale appare molto più lungo della tibia, come pure della somma degli altri tarsomeri. I tarsi mediani sono dotati di una sorta di "pettine" sul primo segmento. Le tibiae sono prive di spinae; sulle tibiae posteriori sono presenti due speroni, il più interno dei quali è molto più lungo dell'altro.[4][5][6]

L'addome è verdastro sulla superficie dorsale, appena più chiaro sui fianchi, e bruno-arancione su quella ventrale; una linea ventrale bianca corre fino all'ultimo segmento; non si osservano bande laterali. Nel maschio, il decimo tergite appare allungato, ricurvo e con apice tronco; il corrispondente sternite, al contrario, risulta molto più corto, largo e arrotondato ai lati.[4][6]

Nel genitale maschile, le valvae si presentano dorsalmente abbastanza allargate prima dell'apice, con meno di dieci forti scaglie erette sulla superficie esterna; il sacculus ha due processi dorsali: uno prossimale e l'altro distale; l'uncus è allungato e ricurvo; lo gnathos è al contrario molto più corto, tozzo alla base ed appuntito all'apice; l'harpe mostra un processo basale ricurvo, oltre ad un altro processo apicale più arrotondato, quest'ultimo riccamente dentellato sulla superficie dorsale; l'edeago rivela invece un processo smussato, con un lobo sinistro triangolare e appuntito, ed un breve lobo destro orizzontale.[4][5][6]

Nel genitale femminile, i margini del gonoporo sono sollevati e alquanto raggrinziti; si nota inoltre la presenza di un lembo antevaginale abbastanza pronunciato.[6]

L'apertura alare è pari a 80–120 mm nel maschio e 90–120 mm nella femmina.[5][7][9]

Uovo[modifica | modifica wikitesto]

L'uovo è di forma pressoché sferica, liscio e di un colore verde brillante; il diametro è di circa 1,25-1,5 mm.[5]

Larva[modifica | modifica wikitesto]

Il bruco può avere una colorazione verde oppure marroncina; alla schiusa misura 3–4 mm, per poi raggiungere i 100–130 mm a completa maturazione. Il capo è molto piccolo rispetto al resto del corpo. Al primo stadio la larva appare di un giallo-verdognolo molto tenue e traslucido, con un cornetto caudale nero e tubercolato, alquanto sproporzionato, che può raggiungere anche la metà della lunghezza del corpo. Le zampe assumono una colorazione variabile tra il rosa-arancio ed il marroncino, mentre le pseudozampe sono verdi, ma grigio-brunastre nella zona terminale. Man mano che la larva si alimenta, la tonalità generale vira verso il verde più intenso, e già al secondo stadio, il bruco appare decisamente verde. Sempre al secondo stadio compare una linea bianca dorso-laterale per lato, che va dal primo segmento addominale fino al cornetto caudale. Si osserva inoltre un paio di macchie ocellate sul terzo segmento toracico: tali macchie sono bianche e ovoidali, bordate di azzurro e nero quando la maturazione è completa (oppure bordate di rosso e nero nella variante marroncina della larva). Le macchie spiracolari sono nerastre e allungate dorso-ventralmente, contornate di bianco e nettamente in risalto rispetto alla colorazione di fondo. Via via che la larva si accresce, il cornetto caudale assume alla base una colorazione più chiara, e sviluppa una sorta di "cuffia" apicale che mantiene fino alla penultima età, per poi perderla e diventare arancione, molto corto e ripiegato nettamente all'indietro, con la superficie riccamente tubercolata. In taluni esemplari la superficie dorsale può presentare tonalità tendenti al rosa. Nell'ultimo stadio, le linee bianche dorso-laterali si arricchiscono di un bordo nero-bluastro e sono interrotte da piccole macchie bianche tondeggianti. Poco prima dell'impupamento la maggior parte degli individui vira verso una colorazione brunastra, più chiara sui segmenti toracici e con bande diagonali scure lungo i fianchi, ma in ogni caso i cromatismi ormai acquisiti rimangono evidenti.[3][5][6][9]

Pupa[modifica | modifica wikitesto]

La pupa è lunga 60–75 mm, lucida e colorata di marroncino chiaro, con piccole screziature nerastre, soprattutto sull'addome. È chiaramente visibile una linea nera che corre in corrispondenza della spirotromba. Gli spiracoli sono evidenti e bordati di nero. Il cremaster è corto e conico, ruvido in superficie, e con un paio di spine apicali. Una macchia scura falciforme è osservabile all'altezza di ciascun occhio. Si rinviene all'interno di un bozzolo giallastro intessuto con fibre lasse, tra gli strati di lettiera o subito sotto la superficie del terreno. Rappresenta lo stadio svernante all'interno dell'areale primario, ma molto raramente sopravvive ai rigidi inverni europei.[5][6][7][10]

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

Comportamento[modifica | modifica wikitesto]

Immediatamente dopo la schiusa, la larva divora le vestigia dell'uovo. Nelle prime fasi di sviluppo, il bruco può essere scorto mentre si alimenta sulle foglie e sui fiori più alti, ma in seguito, via via che si accresce, tende a nascondersi tra i rami più bassi o addirittura, mentre non si alimenta durante le ore più calde del giorno, può essere rinvenuto sul terreno, tra gli strati di lettiera o sotto piccoli sassi. Al contrario, gli individui che nelle ore diurne scelgono di rimanere sulla pianta nutrice, si ritirano all'ombra sotto la pagina inferiore delle foglie, con i primi quattro segmenti sollevati ed il capo contro le zampe. Qualora disturbata, la larva inizialmente tende ad allungarsi in modo da assomigliare ad una foglia di oleandro; se ulteriormente infastidita, inizierà ad inarcare i segmenti toracici, così da mettere in risalto le macchie a forma di occhio, e tentare di dissuadere l'aggressore; in questa fase può anche rigurgitare sostanze repellenti.[5][11]

Queste larve possono arrecare seri danni alle foglie dell'oleandro, delle pervinche, e talvolta anche a quelle della vite.[12]

La pupa è di regola rinvenibile negli strati superficiali del terreno.[5]

L'adulto resta a riposo durante le ore di luce, su una superficie solida o tra il fogliame con cui si mimetizza, per poi diventare attivo non prima del crepuscolo. A questo punto inizia ad alimentarsi prevalentemente del nettare di Solanaceae, Orchidaceae, Caprifoliaceae, Caryophyllaceae e Nyctaginaceae; tuttavia, se la temperatura circostante sale particolarmente, questa falena diventa alquanto diffidente e, non appena viene sfiorata, tende a volare via anche in condizioni di sole pieno. La fase migratoria porta la specie a colonizzare il Nordafrica, l'Europa meridionale e, più raramente, quella centrale e settentrionale.[5][7][13]

Periodo di volo[modifica | modifica wikitesto]

Nell'areale in cui risulta stanziale, la specie è multivoltina, potendo effettuare fino a cinque generazioni l'anno, con adulti rinvenibili in ogni stagione. Nell'Europa meridionale, ove giunge per migrazione, si osservano soltanto due generazioni l'anno, tra maggio e luglio, e tra agosto e ottobre; la seconda delle due generazioni produce adulti che possono spingersi anche fino all'Europa centrale e settentrionale (Scandinavia e Finlandia meridionali).[5][7][14]

In Estremo Oriente sono stati osservati gli adulti tra la primavera e l'autunno (Hunan, Yunnan), ma anche tra ottobre e febbraio (Hong Kong e arcipelago delle Ryūkyū).[15][16]

Alimentazione[modifica | modifica wikitesto]

Larva[modifica | modifica wikitesto]

Sono stati riportati casi di danni alle colture di vite. Pur preferendo i fiori e le foglie dell'oleandro, questi bruchi sono decisamente polifagi, potendo accrescersi a spese di un gran numero di piante nutrici, tra cui:[5][6][7][9][11][12][17][18][19][20][21][22][23]

Adulto[modifica | modifica wikitesto]

Come avviene di regola negli Sphingidae, gli adulti sono ottimi volatori e visitano i fiori alla ricerca di nettare, svolgendo il compito di insetti pronubi per diverse piante (fenomeno definito impollinazione entomofila). Nel caso specifico dell'adulto di D. nerii, studi condotti in Kenya e Madagascar, hanno permesso di stabilire che questo svolge la funzione di insetto pronubo per Aerangis confusa J.Stewart, 1979, un'orchidea appartenente alla sottotribù delle Angraecinae.[13]

Quanto descritto sopra avviene perché il fiore stellato di questa specie possiede uno sperone di conformazione e lunghezza adatte ad essere "visitato" con profitto dalla spirotromba di questo lepidottero.[13]

Oltre alla suddetta orchidea, gli adulti possono visitare anche i fiori di:[5]

Riproduzione[modifica | modifica wikitesto]

La fase di accoppiamento è solitamente di breve durata, potendo raggiungere al massimo le quattro ore; sono stati tuttavia osservati casi in cui la copula si è protratta fino all'alba.[5]

Si è notato che di solito la femmina compie parecchi voli attorno alla pianta prescelta per la deposizione, prima di avvicinarvisi con un volo "a pendolo". Le uova vengono deposte singolarmente su entrambe le pagine della foglia della pianta ospite, preferibilmente su cespugli più riparati, ed in prossimità di pietraie o case, oppure nelle radure tra gli alberi d'alto fusto.[5]

Nella maggior parte dei casi le uova si schiudono dopo circa dodici giorni, ma nel caso di stagioni particolarmente calde, possono essere sufficienti anche solo cinque giorni.[5]

Parassitoidismo[modifica | modifica wikitesto]

Le larve di questo lepidottero possono essere oggetto di parassitoidismo da parte di insetti appartenenti a diversi ordini e famiglie:[5][15][24]

Compsilura concinnata

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

L'areale della specie si estende su ben quattro diversi continenti:[20]

L'habitat è rappresentato da foreste, boschi e giardini, dal livello del mare fino ad altitudini non troppo elevate.[3][6][15][31]

Tassonomia[modifica | modifica wikitesto]

Sinonimi[modifica | modifica wikitesto]

Sono stati riportati i seguenti sinonimi:[4][5][6][28]

  • Chaerocampa (!) nerii (Linnaeus, 1758) - Syst. Nat. (Edn 10) 1: 490 - Locus typicus: non indicato ("Habitat in Nerio")[2] (sinonimo omotipico)
  • Choerocampa nerii (Linnaeus, 1758) - Syst. Nat. (Edn 10) 1: 490 - Locus typicus: non indicato ("Habitat in Nerio")[2] (sinonimo omotipico)
  • Daphnis nerii ab. nigra Schmidt, 1914 - Ent. Zeitschr. 28: 16 - Locus typicus: non indicato[32] (sinonimo eterotipico)
  • Daphnis nerii infernelutea Saalmuller, 1884 - Lep. Mad., 123 n° 294 - Locus typicus: Madagascar[33] (sinonimo eterotipico)
  • Daphnis nerii nigra Schmidt, 1914 - Ent. Zeitschr. 28: 16 - Locus typicus: non indicato[32] (sinonimo eterotipico)
  • Daphnis nigra Schmidt, 1914 - Ent. Zeitschr. 28: 16 - Locus typicus: non indicato[32] (sinonimo eterotipico)
  • Deilephila nerii (Linnaeus, 1758) - Syst. Nat. (Edn 10) 1: 490 - Locus typicus: non indicato ("Habitat in Nerio")[2] (sinonimo omotipico)
  • Deilephila nerii bipartita Gehlen, 1934 - Bull. Mus. r. Hist. nat. Belg. 10: 22 - Locus typicus: Filippine (Manila)[34]
  • Deilephila nerii confluens Closs, 1912 - Int. ent. Z. 6: 153 - Locus typicus: Cheikhlè, Siria[35] (sinonimo eterotipico)
  • Elpenor nerii (Linnaeus, 1758) - Syst. Nat. (Edn 10) 1: 490 - Locus typicus: non indicato ("Habitat in Nerio")[2] (sinonimo omotipico)
  • Metopsilus nerii (Linnaeus, 1758) - Syst. Nat. (Edn 10) 1: 490 - Locus typicus: non indicato ("Habitat in Nerio")[2] (sinonimo omotipico)
  • Sphinx nerii Linnaeus, 1758 - Syst. Nat. (Edn 10) 1: 490 - Locus typicus: non indicato ("Habitat in Nerio")[2] (sinonimo omotipico e basionimo)
  • Sphynx (!) nerii (Linnaeus, 1758) - Syst. Nat. (Edn 10) 1: 490 - Locus typicus: non indicato ("Habitat in Nerio")[2] (sinonimo omotipico)

Sottospecie[modifica | modifica wikitesto]

Non sono state individuate sottospecie.[3][4][20]

Specie affini[modifica | modifica wikitesto]

Non esistono specie rispetto alle quali si possa trovare un'affinità filogenetica[7], benché il fenotipo di D. nerii possa essere talvolta confuso con quello di:[5]

Galleria d'immagini[modifica | modifica wikitesto]

Adulto[modifica | modifica wikitesto]

Larva[modifica | modifica wikitesto]

Pupa[modifica | modifica wikitesto]

Anatomia[modifica | modifica wikitesto]

Conservazione[modifica | modifica wikitesto]

Lo status di conservazione della specie non è stato ancora valutato ufficialmente dalla Lista rossa IUCN.[1]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b (EN) The IUCN Red List of Threatened Species, su iucnredlist.org. URL consultato il 20 agosto 2014.
  2. ^ a b c d e f g h i (LA) Linnaeus, Systema Naturae per Regna Tria Naturae, Secundum Classes, Ordines, Genera, Species, cum Characteribus, Differentiis, Symonymis, Locis, Tomis I, 10ª edizione, Holmiæ (Stoccolma), Laurentii Salvii, 1758, pp. 490, ISBN non esistente. URL consultato il 20 agosto 2014.
  3. ^ a b c d e f g h (EN) D'Abrera, B., Sphingidae mundi: hawk moths of the world : based on a checklist by Alan Hayes and the collection he curated in the British Museum (Natural History), 1ª ed., Faringdon, Oxon., E.W. Classey Ltd., 1987 [1986], pp. 126-127, ISBN 0-86096-022-6, OCLC 911518811. URL consultato il 27 agosto 2017.
  4. ^ a b c d e f g h i j k l m (EN) Daphnis nerii, su CATE Creating a Taxonomic eScience. URL consultato il 20 agosto 2014 (archiviato dall'url originale il 23 settembre 2015).
  5. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v (EN) A. R. Pittaway, Daphnis nerii, su Sphingidae of the Western Palaearctic. URL consultato il 20 agosto 2014.
  6. ^ a b c d e f g h i j k * (EN) Rothschild, W. & Jordan, H. E. K., A revision of the Lepidopterous family Sphingidae (PDF), in Novitate zoologicae, 9 (Supplemento), Londra, Hazell, Watson and Viney, 1903, pp. v-813, ISSN 0950-7655 (WC · ACNP), LCCN 44016969, OCLC 833893262. URL consultato il 20 agosto 2014.
  7. ^ a b c d e f g h (EN) Patrice Leraut, Moths of Europe, Gaëtan du Chatenet (prefazione); Nicholas Flay (traduzione in inglese); Gilbert Hodebert (disegni), I (Saturnids, Lasiocampids, Hawkmoths, Tiger Moths...), 1ª edizione, Verrières-le-Buisson, N.A.P., novembre 2006, p. 310, tav. 49, fig. 13, ISBN 2-913688-07-1. URL consultato il 20 agosto 2014 (archiviato dall'url originale il 13 dicembre 2012).
  8. ^ Castiglioni, L. & Mariotti, S., IL - Vocabolario della lingua latina, Brambilla, A. & Campagna, G., 30ª ristampa, Torino, Loescher, 1983 [1966], p. 2493, ISBN 978-88-201-6657-1, LCCN 76485030, OCLC 848632390.
  9. ^ a b c d (EN) Daphnis nerii, su African Moths. URL consultato il 20 agosto 2014 (archiviato dall'url originale il 12 luglio 2017).
  10. ^ (EN) Bell, T. R. D. & Scott, F. B., The Fauna of British India, including Ceylon and Burma, Moths. 5 Sphingidae, London, UK, Taylor and Francis Ltd., 1937, pp. xviii + 537, 15 pls, 1 map, ISBN non esistente. URL consultato il 20 agosto 2014.
  11. ^ a b (DE) Koch, J. & Heinig, S.,  Daphnis nerii - ein Labortier? (Lep., Sphingidae), in Entomologische Zeitschrift, vol. 87, n. 6, Frankfurt am Mein, 1976, pp. 57-62, ISSN 0013-8843 (WC · ACNP).
  12. ^ a b Ermenegildo Tremblay, Entomologia applicata, volume II - Parte II, 3ª ed., Napoli, Liguori, 1999 [1993], pp. 437 (p. 362-363, fig. 323), ISBN 88-207-1405-1.
  13. ^ a b c (EN) Martins, D. J. and Johnson, S. D., Hawkmoth pollination of aerangoid orchids in Kenya, with special reference to nectar sugar concentration gradients in the floral spurs, in American Journal of Botany, vol. 94, n. 4, aprile 2007, pp. 650-659, DOI:10.3732/ajb.94.4.650, ISSN 1537-2197 (WC · ACNP). URL consultato il 20 agosto 2014 (archiviato dall'url originale il 22 febbraio 2014).
  14. ^ (DE) Lederer, G., Das Auftreten des Wanderschwärmers Deilephila nerii L. in der Mainebene sowie Freilandbeobachtungen über die Lebensweise dieser Art (PDF), in Zeitschrift der Wiener Entomologischen Gesellschaft, vol. 29, 1944, pp. 293-299. URL consultato il 20 agosto 2014.
  15. ^ a b c d (EN) Daphnis nerii, su Sphingidae of the Eastern Palaearctic. URL consultato il 20 agosto 2014.
  16. ^ (EN) Kendrick, R. C., Moths (Insecta: Lepidoptera) of Hong Kong. Ph.D. Dissertation (PDF), The University of Hong Kong, 2002, pp. xvi + 660, DOI:10.5353/th_b3027883. URL consultato il 20 agosto 2014.
  17. ^ (EN) Daphnis nerii, su HOSTS - a Database of the World's Lepidopteran Hostplants. URL consultato il 20 agosto 2014.
  18. ^ (EN) Daphnis nerii [collegamento interrotto], su Butterfly House. URL consultato il 20 agosto 2014.
  19. ^ (EN) Daphnis nerii [collegamento interrotto], su Catalogue of the Lepidoptera of Belgium. URL consultato il 20 agosto 2014.
  20. ^ a b c (EN) Daphnis nerii, su Funet. URL consultato il 20 agosto 2014.
  21. ^ (BGDE) Iltchev, D., Vrkhu biologiyata na Daphnis nerii L. - Ueber die Biologie von Daphnis nerii L. (Sphingidae, Lepidoptera), in Spis. blg. Akad. Nauk, vol. 17, 1919, pp. 135-174, 2 pls.
  22. ^ (DE) Heinig, S., Nachzucht von Daphnis nerii (Lep., Sphingidae), in Entomologische Zeitschrift, vol. 86, Frankfurt am Mein, 1976, pp. 25-30.
  23. ^ (DE) Eitschberger, U. & Ihle, T., Raupen von Schwärmern aus Laos und Thailand - 1. Beitrag (Lepidoptera, Sphingidae), in Neue Entomologische Nachrichten, vol. 61, 2008, pp. 101-114.
  24. ^ (EN) Daphnis nerii, su Home of Ichneumonoidea. URL consultato il 20 agosto 2014 (archiviato dall'url originale il 21 agosto 2014).
  25. ^ a b (EN) Daphnis nerii, su Fauna Europaea. URL consultato il 20 agosto 2014 (archiviato dall'url originale il 21 agosto 2014).
  26. ^ (EN) Daphnis nerii, su Fauna Italia. URL consultato il 20 agosto 2014.
  27. ^ (SVEN) Daphnis nerii, su Naturhistoriska riksmuseet. URL consultato il 20 agosto 2014.
  28. ^ a b c (EN) Daphnis nerii, su AfroMoths. URL consultato il 20 agosto 2014.
  29. ^ a b c (EN) Daphnis nerii, su The Sphingidae of Southeast-Asia. URL consultato il 20 agosto 2014 (archiviato dall'url originale l'8 gennaio 2014).
  30. ^ (EN) Daphnis nerii, su Butterflies and Moths of North America. URL consultato il 20 agosto 2014.
  31. ^ a b Carter, David, Farfalle e falene - Guida fotografica a oltre 500 specie di farfalle e falene di tutto il mondo (Eyewitness Handbook of Butterflies and Moths), Fabbri Editori, 1993, pp. 304 (p. 244), ISBN 88-450-4452-1.
  32. ^ a b c (DE) Schmidt, A. M., Neue interessante Aberrationen, in Entomologische Zeitschrift, vol. 28, Francoforte sul Meno, Internationaler Entomologischer Verein, 1914, p. 16. URL consultato il 20 agosto 2014.
  33. ^ (DE) Saalmüller, M., Lepidopteren von Madagascar : Neue und wenig bekannte Arten, zumeist aus der Sammlung der Senckenberg'schen naturforschenden Gesellschaft zu Frankfurt am Main, unter Berücksichtigung der gesammten Lepidopteren-Fauna Madagascars, Francoforte sul Meno, Im Selbstverlag der Gesellschaft, 1892 [1884], p. 123, ISBN non esistente. URL consultato il 20 agosto 2014.
  34. ^ (DE) Gehlen, B., Liste der von S K H dean Prinzen Leopold von Belgien im Jahre 1932 gesammelten Sphingidae, in Bulletin du Musée royal d'histoire naturelle de Belgique: Medeelingen van het Koninklijk Natuurhistorisch Museeun van België, vol. 10, Le Musée, Imprimeur du Roi, 1934, p. 22. URL consultato il 20 agosto 2014.
  35. ^ (DE) Closs, A. G., Zwei neue Aberrationen aus meiner Sphingidensammlung, in Internationale entomologische Zeitschrift, vol. 6, Guben, Internationaler Entomologischer Verein E.V., 31 agosto 1912, pp. 384 (153). URL consultato il 20 agosto 2014.
  36. ^ (NLFR) Pieter Cramer, De uitlandsche kapellen, voorkomende in de drie waereld-deelen Asia, Africa en America by een verzameld en beschreeven door den Heer Pieter Cramer / Papillons exotiques des trois parties du monde l'Asie, l'Afrique et l'Amerique / rassemblés et décrits par Mr. Pierre Cramer, vol. 3, Amsteldam / Utrecht, S.J. Baalde / Barthelmy Wild, 1782 [1780], pp. 400 (165), ISBN non esistente. URL consultato il 20 agosto 2014.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Pubblicazioni[modifica | modifica wikitesto]

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