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I Librai Pontremolesi[modifica | modifica wikitesto]

Il termine librai pontremolesi, che viene usato per fare riferimento ai “buchinisti” lunigianesi di Montereggio, di Parana e di Mulazzo, viene introdotto ufficialmente dopo il 1952 quando a Pontremoli viene organizzato il primo convegno dei librai da cui nasce successivamente il famoso Premio Bancarella. Ma già precedentemente, alla fine dell’Ottocento, i librai provenienti dalla Lunigiana nei loro viaggi in Italia e all’estero si definiscono “pontremolesi” per dare una più precisa idea della loro zona di provenienza. Come testimonianza di questo si fa riferimento alla frase “todos naturales de Pontremoli[1]” riportata nel 1897 sul certificato di battesimo di Luis Carlos Emanuel figlio di Emanuele Maucci, grande editore di Barcellona, originario di Parana.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Nascita della figura del libraio[modifica | modifica wikitesto]

Nella prima metà del XIX secolo molti lavoratori agricoli “montereggini” da emigranti per lavori agricoli si trasformano prima in venditori di pietre e poi di libri.

Nel 1812 molti uomini dopo aver chiesto il passaporto per lavori agricoli si recano in autunno in Corsica e nella primavera del 1813 nella zona del bresciano, dove imparano l'arte di affilare le pietre per creare oggetti taglienti, mestiere ancora poco conosciuto nei loro luoghi di origine. Abili in questo nuovo mestiere, i braccianti lunigianesi iniziano a spostarsi prima in Lombardia e in seguito in Piemonte fino alla Francia[2]. Dalla metà dell’Ottocento si hanno documenti[3] che testimoniano come i venditori di pietre si stiano affiliando alla vendita di libri ma, a differenza di come si sarebbe potuto facilmente pronosticare, il cambio di direzione non fu graduale ma brusco ed immediato. Questo fatto è riconducibile alla necessità della maggior parte dei venditori lunigianesi di cambiare le zone di vendita dalla Francia verso il resto dell’Europa dopo che l’italiano Felice Orsini il 14 gennaio 1858 attenta alla vita di Napoleone III scagliando tre bombe contro la carrozza dell'imperatore che però rimane illeso. Nel 1858 i due paesi di Montereggio e Parana contavano circa 850 persone e di queste ben 71, che erano per il mondo a vendere libri, sono a testimonianza di questo cambio di direzione. Infatti mentre 49 si trovano in Piemonte, 10 in Toscana, 5 in Lombardia, 3 in Romagna, solo 4 sono in Francia[4], a differenza degli anni tra il 1851 e il 1854 in cui la maggior parte dei venditori si dirige verso la Francia (141 su 145 venditori lunigianesi sono in Francia nel 1851, 70 su 122 nel 1853 e 71 su 135 nel 1854[5]). Nel registro degli Emigranti del Comune di Mulazzo del 1858 vengono citati insieme a venditori di pietre e di libri di cui non si hanno in seguito altre notizie precise, alcune delle famiglie lunigianesi che daranno il via ad un'attività libraria consolidata e duratura: i Ghelfi, i Maucci, i Galleri, i Tarantola e i Fogola. Un’altra importante figura di grande rilevanza dell’epoca è quella del lunigianese Giammaria Pizzanelli, nato nel 1823, che dopo essersi trasferito a Pisa e aver aperto una libreria-cartoleria in Borgo Stretto, ha stampato guide della città di Pisa e libretti popolari come Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno del 1876, dello stesso anno anche Aristodemo di Vincenzo Monti e, dieci anni dopo, I due sergenti al cordone sanitario di Porto Vandrè di Aubigny e Pia dei Tolomei  di Carlo Marenco.

Risorgimento[modifica | modifica wikitesto]

Grazie alle testimonianze dei conterranei si è venuti a conoscenza del ruolo importante dei librai “montereggini” nella propaganda degli ideali della Patria Unita che, trasportando nelle loro gerle oltre alle opere di Boccaccio, Tasso e Ariosto anche gli scrittori patrioti, hanno contribuito alla diffusione del nuovo sentimento politico. Su Il Campanone del 1940[6] si parla dei librai e del Risorgimento: “Allora il libraio di Montereggio nascondeva, in Lombardia o in Romagna, in Emilia o in Toscana, Le mie prigioni e L’assedio di Firenze tra Guerrino detto il meschino e I reali di Francia; allora nascondeva nel pacco, sotto l’Eneide le Speranze d’Italia di Cesare Balbo, e Il primato italiano del Gioberti”. Nonostante questo nel 1858 solo 5 fra i 71 venditori di libri o di pietre e libri si muovevano nel Regno Lombardo Veneto e questo a riprova del fatto che il commercio in quella zona era diventato difficile e pericoloso. Questo tipo di vita caratterizzato da continui spostamenti diventa sempre più difficile e impegnativo tanto che qualcuno, per l’età o per la convenienza, inizia ad insediarsi nello stesso luogo per periodi sempre più lunghi. A riprova di questo c’è una testimonianza relativa all’anno 1885 che attesta il pagamento di 5 lire all’Esattore Comunale di Sondrio da parte di Giovannacci Gaetano, Giovannacci Gioacchino e Ghelfi Caterina per “negozio temporaneo di libri e stampe”. Alla fine del secolo molti dei venditori ambulanti si trasferiscono definitivamente in un luogo per potersi fermare stabilmente ed aprire negozi: Fogola Giuseppe si trasferisce ad Ancona nel novembre del 1899, Galleri Costanzo a Bologna nel 1906 e Tarantola Carlo a Piacenza nel 1908.

Novecento[modifica | modifica wikitesto]

Nei primi anni del Novecento continua la vendita di libri soprattutto in mercati dove i venditori stendono la merce sopra a bancarelle. All’epoca infatti i mercati erano di due tipi: quelli fissi, una volta alla settimana e quelli riferiti a grandi occasioni, come fiere e sagre.

Vigevano era all’epoca un famoso mercato settimanale in cui i venditori di libri si trovavano a dover lottare per accaparrarsi il posto migliore per esporre la propria merce. Grazie alle testimonianze di Carmen Tarantola si è venuti a conoscenza delle dinamiche che entravano in gioco tra i diversi venditori: «si faceva anche a pugni, per il posto», ha dichiarato parlando della sua esperienza con la famiglia.

Proprio in queste circostanze, grazie anche al fatto che la fiera poteva durare anche più giorni, alcuni mercanti decisero di fermarsi ed aprire le librerie, mentre altri preferirono proseguire gli itinerari con le bancarelle spostandosi con il carro, chiamato “baladose”, che aveva funzione di vera e propria dimora. Gli itinerari erano tra i più disparati soprattutto nel centro nord d’Italia, si spostavano anche in località turistiche come ad esempio il Lago Maggiore, Novara e Santa Maria Maggiore. L’itinerario aveva inizio in primavera quando, partendo dal paese di origine, si fermavano a Parma attraversando il Passo della Cisa e facevano la spesa di libri dall’editore Bertoni, originario di Montereggio. Lo stesso Bertoni afferma che i librai si spostavano in zone molto ampie ma che, nonostante questo, rimanevano sempre circoscritti nel centro d’Italia senza quasi mai scendere sotto Roma. Questo fatto era dovuto all'idea che avevano del sud Italia non ancora alfabetizzato: «andavano a girare fino a Roma. Dopo Roma non sapevano, non sanno mica leggere[7]». Nonostante questi preconcetti, alcuni, avendo più fiducia, si spingevano fino alla Sicilia, soprattutto durante le feste patronali.

Gli abitanti di Parana preferivano gli itinerari che toccavano la Francia anche se vendere i libri non era così facile a causa della lingua e a causa della mancanza di contatti con editori francesi disposti a stampare per loro, per questi motivi la vendita era allargata a “chincaglierie” di ogni genere. Ultima problematica, ma per questo non meno importante, era quella che in quanto italiani emigrati in terra foresta, molti librai subivano la diffidenza e in alcuni casi anche la violenza dei cittadini francesi che, a causa dell'uccisione del Presidente della Repubblica francese[8] per mano dell'anarchico italiano Sante Caserio il 24 giugno 1894, ritengono responsabili tutti i cittadini italiani di questo misfatto.

Anche se caratterizzati da diversi itinerari dovuti a molteplici fattori, tutti i librai lunigianesi erano accumunati da un forte sentimento che li legava profondamente alla loro terra natia, tanto che ogni anno si riunivano da lontano per festeggiare insieme la Madonna della Neve, protettrice di Parana. Questo avviene dal momento che i venditori di libri decisero di prolungare i loro viaggi e di insediarsi definitivamente con le mogli e i figli nei luoghi più consoni alla vendita.

Come è noto il Novecento è stato un secolo caratterizzato da eventi storici devastanti e indelebili che hanno, inevitabilmente, influenzato anche l’attività dei librai “montereggini”. Molti scelsero di abbandonare definitivamente la loro attività come testimonia Jean Maucci facendo riferimento a Giovanni di Gaspare Maucci che durante la Prima guerra mondiale interrompe la vendita di libri per arruolarsi tra le fila dell'esercito italiano, lasciando alla scuola di Parana l'incarico di aprire una biblioteca con i volumi lasciati in consegna[9]. Nonostante le imparagonabili modalità di scontro e le diverse ripercussioni sociali e culturali che hanno avuto le due guerre nel territorio italiano, europeo e mondiale, si hanno notizie certe di librai che anche con lo scoppio della Seconda guerra mondiale hanno preso la decisione di abbandonare il loro lavoro, come ha testimoniato Alfredo Fogola: «Io sono l’ultimo della famiglia, eravamo in sette, mio babbo era partito con mio zio, due fratelli, giravano a fare le fiere nelle città. Mio babbo poi si fermò a Pesaro, mise fuori il banco fisso, sotto l’arco di Sant’Antonio e lì ci stette diversi anni. Invece mio zio Giuseppe, lui si fermò ad Ancona, dove aprì una libreria. C’è anche adesso. Poi purtroppo mio papà per motivi di salute ha dovuto smettere, è tornato in paese poi purtroppo è deceduto. E di lì è finita tutta la questione. Poi scoppiò la guerra, i figli uno da una parte e uno dall’altra, e di libri non se ne parlò più. L’attività di libraio è finita nel ’45, con la guerra[10]». La famiglia dei Tarantola a causa della chiamata al fronte e dello scompiglio creato dai tumulti chiuse una dopo l’altra tutte le attività che negli anni avevano aperto e allargato in maniera esemplare. Infatti Tarantola Costantino a Vicenza lasciò la gestione del negozio alla moglie e, l’8 settembre, fu costretto a chiudere il secondo negozio nel modenese a causa della richiamata al fronte; anche il padre di Tarantola di Catizzola chiuse la sua libreria a Bergamo e andò a gestire quella del fratello chiamato come soldato.È inevitabile sottolineare che anche durante il periodo del fascismo i librai non ebbero vita facile perché la produzione, la stampa e la vendita dei libri, considerati oggetti propagandistici, era totalmente controllata dal regime tanto che Vilma Bertoni ha ricordato che il marito aveva dovuto nascondere i libri degli autori che erano stati sequestrati a causa della loro origine o della loro idea politica e la cui vendita veniva fatta solo a persone fidate in maniera “clandestina”. Nonostante la paura del fascismo fosse tanta, molte delle librerie venivano usate dai socialisti come luogo di incontro: «Io in libreria avevo il covo degli artisti modenesi, pittori, scultori, avevano una sede che era stata chiusa e si radunavano nella mia libreria, ed io ho molti quadri che mi hanno regalato[11]».

È in questo periodo però che nasce l’interesse dei librai lunigianesi per i libri antichi. Riuscivano infatti a trovare intere librerie di famiglie decadute e li compravano per poterli rivendere ed arricchire l’offerta dei loro precedenti volumi. Facilmente trovavano famiglie che emigravano in America lasciando i loro “tesori” all’asta o professori universitari che, a causa della loro morte, lasciavano il loro patrimonio culturale alle donne di servizio che si interessavano alla vendita, come testimonia la famiglia Fogola di Pisa che, entrata in contatto con l’università, otteneva i libri antichi che, rilegati e ripuliti, venivano rimessi in vendita e, in quanto libri rarissimi, venduti a prezzi molto alti. Tra le storie degli abitanti di Montereggio, la più famosa è quella che vede come protagonista Giosuè Carducci che in seguito alla ricerca fallimentare di un raro libro nella biblioteca di Francia si è recato a Mulazzo per chiedere ad un libraio del posto di procurargli l’esemplare di difficile ricezione.

I librai lunigianesi parteciparono attivamente alle feste del libro indette dal regime fascista per promuovere la loro attività e aggiornare l’arte di vendere libri. È infatti in quel periodo che i librai cambiano le modalità di vendita, che passa da quella di bancarella a vero e proprio negozio, questa modifica porta con sé la diffidenza del compratore che si ferma davanti alla vetrina ma stenta ad entrare abituato alla consultazione diretta dell'oggetto d'interesse senza bisogno di entrare in contatto necessariamente con il venditore. A questo punto i librai affiggono sulla vetrina il cartello "Entrata libera", anticipando di cinquant'anni i restanti settori basati ancora oggi su questa tecnica di vendita[12], per garantire al cliente in cerca di libri la privacy di cui godeva quando davanti alla bancarella scorreva indisturbato i titoli dei libri e sfogliava le pagine senza bisogno di chiedere consulto al venditore.

Libri[modifica | modifica wikitesto]

Grazie allo scrittore pontremolese Luigi Campolonghi che nel suo libro parla dei librai pontremolesi si è venuti a conoscenza dei libri più venduti nel XIX secolo: dapprima testi più popolari come I Reali di Francia, Bertoldo e Bertoldino, Le avventure di Guerrino detto il meschino e poi, con il tempo, libri più seri come I Promessi Sposi e la Divina Commedia. Notizie più precise sui libri che maggiormente vengono venduti dai librai della zona in quest'epoca si hanno grazie a ritrovamenti scritti che mettono a nota un elenco dettagliato delle opere:

  • Angelo pittore
  • Beatrice Cenci
  • Bertoldo e Bertoldino
  • Brighella
  • Geografia dei Balbi
  • Gerusalemme liberata
  • Giardin d’amore
  • Giorgetta
  • Giulietta e Romeo
  • I tre moschettieri
  • Il buco del muro
  • Il Conte di Montecristo
  • Il Decamerone
  • Il gobbo di Parigi
  • Il visconte di bragellone
  • L’asino
  • L’assedio di Firenze
  • L’Ortis del Foscolo
  • La chiave della scienza del Brever
  • La contessa di Charny
  • La traviata
  • Lettere familiari del Baretti
  • Libri di devozione assortiti
  • Libro del lotto
  • Marco Visconti del Grossi
  • Margherita Pusterla del Cantù
  • Medicina delle passioni de Descuret
  • Opere complete del Pellico
  • Opere complete del Prati
  • Orlando furioso
  • Paolo e Virginia
  • Paradiso d’amore
  • Poesia di Guadagnoli
  • Poesie del Fusinato
  • Poesie del Giusti
  • Poesie e prose del Leopardi
  • Poesie e prose del Monti
  • Questi animali parlanti
  • Robinson Crusoe
  • Roma sotterranea di Didier
  • Segretario galante
  • Sommario del Balbo
  • Storia d’Italia del Cantù
  • Storia di Napoli del Coletta
  • Susanna
  • Una donna in tre persone
  • Venti anni dopo
  • Vocabolario italiano
  • Zizin[13].

Famiglie[modifica | modifica wikitesto]

La cultura libraria che caratterizza i personaggi sopracitati viene esportata in tutto il mondo da loro e dai loro discendenti con la fondazione di nuove case editrici. Molte infatti sono le famiglie lunigianesi che, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, aprono le loro attività in questo settore nelle più disparate zone del mondo.

Famiglia Maucci[modifica | modifica wikitesto]

Emanuele Maucci nasce nel 1850, le prime notizie che si hanno di lui lo vedono, alla sola età di 5 anni, orfano di padre. Questa catastrofe lo porta in giro per la Francia come venditore ambulante di libri. A 18 anni compie un viaggio fino a Ciudad de La Plata, in Argentina, per continuare la sua attività di venditore ambulante. Trasferitosi nel 1872 a Buenos Aires apre la prima libreria della città a Plaza La Valle. Dopo un matrimonio fallimentare e infelice con una Pagni di Milano, prende contatti con il fratello Luigi per vendergli la libreria in cambio di un’ingente somma di denaro da usare per tornare nel suo luogo di origine, Parana. Dopo la morte della prima moglie, Emanuele, sposatosi una seconda volta con Antonietta Maucci, si reca per aprire un deposito di libri a Barcellona, dove tornerà definitivamente nel 1891 per fondare, un anno dopo, l’Editorial Maucci, casa editrice di enorme successo che gli permetterà di aprire una succursale a Madrid e sedi di distribuzione a Buenos Aires e Città del Messico. Città del Messico che lo vede aprire, già nel 1872, un negozio di libri in Primera del Relè al numero 1 in cui lavora come libraio ed editore[14].

A capo dell’Editorial Maucci, Emanuele inizialmente deve fare i conti con due grandi case editrici che dominano a quell’epoca il mercato spagnolo: La Editorial Espana, fondata nel 1860, che nel 1905 aumenta la sua fama con la pubblicazione dell’Enciclopedia Universal Ilustrada Europeo-Americana, conosciuta più semplicemente come l’Espasa e La Editorial Domenech che stampa, dal 1881 al 1890, la collana Arte y Letras. Nonostante le prime difficoltà, l’Editorial Maucci diventa un’azienda solida che dispone di un magazzino, di un laboratorio di stampa, di una legatoria innovativa che introduce, prima tra tutte, l’uso della linotype[15] nel 1908. Ulteriore prova della sua fama è data dal fatto che incorpora, forse dopo il 1925[16], la Henrich y Cia e, precedentemente, alla fine dell’Ottocento la casa editrice M. Domenech e i diritti sulla collana Arte y Letras. Testimonianza di ciò sono gli esemplari del 1900 della nuova collana prodotta dalla Editorial Maucci:

  • Bocetos Californianos, Brett Harte, Casa Ed. Maucci, Barcelona 1900;
  • Miscelànea Literaria, Cuentos, Artìculos, Relaciones y Versos, Gaspar Nùñez de Arce, Casa ed. Maucci, Barcelona 1900;
  • Sainetes, Ramon De La Cruz, 1900 Maucci.

E alcune ristampe di libri compresi negli ottanta della collezione originaria:

  • Odas, Q. Horacio Flaco, Maucci, Barcelona 1908 (prima edizione 1882);
  • Dramas. Guillermo Tell. Marìa Estuardo. La Doncella de Orleans, C. F. Schiller. Casa Ed. Maucci, Barcelona, 1909 (prima edizione 1881).

È interessante notare che già nel 1908 la Maucci pubblica circa 25 collezioni dei più disparati ambiti letterari e amplia il suo successo con le traduzioni che contribuiscono alla divulgazione mondiale dei grandi nomi della letteratura.

Nel Catalogo Generale del 1927, precisamente dieci anni prima della morte di Emanuele, la produzione editoriale dell’Editorial Maucci conta più di 27.000 libri alla settimana, tra quest’innumerevole elenco di opere le più importanti sono quelle riferite ad autori illustri come:

  • Carolina Invernizio dal 1900 al 1907;
  • Gabriele d’Annunzio dal 1900 al 1907;
  • Fëdor Dostoevskij dal 1910 al 1930;
  • Émile Zola dal 1896 al 1920;
  • Victor Hugo dal 1904 al 1915;
  • Lev Tolstoj dal 1900 al 1910;
  • Guy de Maupassant dal 1905 al 1915;
  • Maksim Gorky dal 1901 al 1929;
  • Henryk Sienkiewicz dal 1900 al 1901;
  • Gustave Flaubert dal 1900 al 1910.

Tra le altre, Emanuele stampa tre opere di Rubén Darìo: Los Raros, Casa Editorial Maucci y Mundo Latino, 1905; Cantos De Vida Y Esperanza, 1910. Maucci, Barcellona; La vida de Rubén Darìo, escrita por él mismo, Maucci, Barcellona 1915. Oltre alla pubblicazione di autori di fama mondiale, nel 1908 edita l’opera, tradotta in spagnolo, La zattera di Luigi Campolonghi, scrittore pontremolese nato nel 1876.

Ad affiancare la figura di grande spicco di Emanuele, la famiglia Maucci vanta di altri componenti degni di nota per la produzione e la diffusione di libri in tutto il mondo. Vanno infatti ricordati i quattro cugini di Emanuele: Carlo, Luigi e i gemelli Battista e Giacomo. Quest’ultimi, trasferitisi a Buenos Aires, fondano nel 1892 in Calle Cujo 1070, la sede Maucci Hermanos di cui però non si hanno notizie certe e sicure a causa del poco materiale ritrovato in cui viene, espressamente, segnalata la casa di stampa.

Anche i fratelli Carlo e Alessandro, cognati di Emanuele, fondano nel 1890 in Messico la società Maucci Hermanos Mexico[17].

Famiglia Tarantola[modifica | modifica wikitesto]

I componenti della stirpe dei Tarantola sono numerosi e, molto spesso, vengono identificati grazie a nomignoli di paese che fanno riferimento alla posizione della loro dimora nel piccolo paesino di origine: i “della Porta”, che abitavano alla porta di Montereggio e i “della Piazza”, che abitavano al centro del paese. Tutti i membri si spostano e collaborano in gran parte dell’Italia, Gian Matteo Tarantola, capostipite dei “della Piazza”, è venditori di libri e di pietre e alla sua morte lascia ai quattro figli Battista, Luigi, Fernando e Carlo la vendita di libri e stampe. Fernando si trasferisce a Milano come venditore ambulante fino a quando il figlio Romeo non aprirà una bancarella a Porta Venezia. Carlo Tarantola, invece, esercita il mestiere prima di libraio e poi di editore a Piacenza, dove si traferisce con le figlie e la moglie nel 1904. Già dal 1906 si hanno testimonianze del suo lavoro perché stampa PlatoneDialoghi volgarizzati da Francesco Acri. Nel febbraio del 1908 fonda, in collaborazione con Tarantola Carlo di Battista, Ghelfi Costantino e Bertoni Giulio, la “Società libraria editrice pontremolese”, rivolta a tutelare e promuovere il commercio librario di ogni genere. La "Società libraria editrice pontremolese" ha come intento quello di pubblicare una Biblioteca del Pensiero Religioso Moderno, tanto che, dal 1909 al 1914, edita opere che hanno come tema principale la scienza e la coscienza contemporanea. Ad esempio Cattolicismo e indipendenza. Studi di libertà spirituale di M. D Petre, Filosofia della religione di Harald Hoeffding, I problemi biblici e la loro nuova soluzione di Thomas Kelly Cheyne. Nel 1914, rimasti soli, Tarantola Carlo e Tarantola Carlo di Battista cambiano il nome della società in “C. C. Tarantola” che solo pochi anni dopo, precisamente nel 1919, in seguito all’abbandono dell’altro socio, diventa “Tarantola Carlo libraio editore”. Sotto questo nome vengono editi diversi volumi di Edoardo Bassi che trattano di agricoltura e, come testimonia il suo discendente Renato Tarantola, le seguenti opere: L’elogio della pazzia di Erasmo da Rotterdam, Il ferro battuto e il fabbro, Il villino italiano e Come si computa l’interesse. Dopo la morte di Carlo, il figlio Alfredo, con il nipote Amedeo, abbandona l’attività editoriale per dare più spazio a quella della vendita dei libri all’ingrosso.

Antonio Tarantola, dei Tarantola della Porta, lavora a Milano sotto l’editore Sansoni per aprire in seguito l’attività in proprio. La prima testimonianza del suo lavoro da editore va fatta risalire al 1943 con Johnny Tremain di E. Forbes e in seguito pubblica, tra il 1945 e il 1947, Qui non riposo di Indro Montanelli, opera dedicata a tutti i decaduti durante la Seconda guerra mondiale. Dopo gli anni ‘50 del Novecento, Antonio apre una libreria a Modena dove già lavorano il fratello Luigi e il nipote Costantino. Lo stesso Costantino che, con la fondazione della sua casa editrice GITAMO, pubblica manuali di lingua tedesca parlata, lingua francese e inglese, volumetti di poesie per bambini e piccole schede di favole riposte all’interno di bustine che le maestre forniscono agli alunni.

Famiglia Ghelfi[modifica | modifica wikitesto]

La discendenza dei Ghelfi entra in contatto con il mondo dell’editoria con il capostipite Costantino che è socio della "Società libraria editrice pontremolese" nel 1908. Dopo il recesso nel 1914 rimane nel campo dell’editoria vendendo libri e, nel 1921, edita a Piacenza il dramma L’utopia di E. A. Butti e Il fornaretto di F. Dell’Ongaro e alcune importanti commedie che appartengono alla collana La biblioteca del teatro italiano:

Pubblica nello stesso anno le poesie di Giacomo Leopardi, Giuseppe Giusti e Arnaldo Fusitano e, ancora a Piacenza, nel 1922 stampa l’opera di Friedrich Nietzsche Così parlò Zarathustra. Il periodo successivo viene impiegato per aprire librerie a Verona, Brescia, Padova, Vicenza, Venezia, Bologna, Recanati, Orvieto e Milano che lascia in eredità ai suoi figli. Dei sedici eredi quelli degni di nota sono: Sante, libraio a Verona; Lorenzo, titolare di un banco di libri a Vicenza e Mario che è libraio a Ferrara. Grazie alle testimonianze ricavate dalla collana Edizioni d’arte, stampata dai Ghelfi dal 1967, si è venuti a conoscenza del fatto che l’attività editoriale continua dal 1956 al 1960 a Milano[18], dal 1967 a Milano e a Verona[19] ed infine, dal 1971, solo a Verona[20].  

Famiglia Fogola[modifica | modifica wikitesto]

Quando si fa riferimento a questa famiglia bisogna tenere presente, visto il gran numero di componenti, i capostipiti Lazzaro e Giuseppe, entrambi figli di Giovanni Fogola, che danno origine ad una discendenza a due rami. Il primo è quello dei Fogola librai e editori a Torino mentre il secondo fa riferimento ai Fogola che hanno aperto librerie ad Ancona, Pisa, L'Aquila, La Spezia e Udine.

I Fogola di Lazzaro[modifica | modifica wikitesto]

Lazzaro Fogola ha tre figlie: Luigia, Clelia e Angiolina che sposano rispettivamente gli editori e librai Ghelfi, Giovannacci e Barion; e due figli: Luigi e Carlo che nel 1858 vendono pietre in Francia. Nel 1911 Gian Battista, figlio di Luigi, apre a Torino un negozio che lascia in eredità ai figli Luigi, destinato alla cura del settore estero; Amilcare, destinato all’amministrazione del settore dei libri scolastici; Carlo e infine Mario che fonda la casa editrice nel 1963. La casa editrice pubblica i classici con “La Grande Collana” e la nuova collana “I gialli di Fogola”, ambientati a Torino.

Fino al 2014 le tre librerie Fogola erano gestite dai nipoti Nanni e Mimmo.

I Fogola di Giuseppe[modifica | modifica wikitesto]

Giuseppe inizia la sua produzione di opere di origine locale ad Ancona dove apre anche una libreria. I suoi quattro figli sono tutti librai:

  • Costantino ad Ascoli;
  • Carlo, insieme al figlio Luigi, a Pisa;
  • Luigia, insieme al marito Luigi Tarantola, ad Udine;
  • Luigi, prima a Cuneo e poi ad Ancora.

Famiglia Bertoni[modifica | modifica wikitesto]

Il capostipite[21] della famiglia è Giovanni che tramanda ai tre figli Casimiro, Lazzaro e Giovanni il mestiere di venditori di pietre che svolgono a partire dal 1851 in Francia. Suo nipote Giulio, dopo aver fondato la "Società libraria editrice pontremolese", diventa editore a Parma, sede che lascerà nelle mani del figlio Lorenzo Adamo alla sua morte. Dalle notizie ricavate degli abitanti di Parana, Lorenzo Adamo, convolato a nozze con Giulia Galleri, anch’essa di origini paranine, è considerato il primogenito della stirpe dei Bertoni di Venezia. La sua attività lo vede inizialmente, nel 1909, ad Arezzo come venditore ambulante di libri e in seguito, fino al 1925, in un negozio a Venezia, dopo aver venduto la sua casa di Montereggio. Il figlio Alberto e suo nipote Mario continuano l’attività spostandosi tra Vicenza e Venezia con la bancarella che, nel 1952, diventa un vero e proprio negozio in Calle della Mandola. Sempre vicino a piazza San Marco, nel 1999, aprono una libreria tutt’ora aperta e gestita dagli eredi Bertoni.

Altre famiglie[modifica | modifica wikitesto]

Sono numerose le famiglie luniganesi che devono essere ricordate per aver contribuito alla vendita di libri e alla diffusione della tecnica di stampa. Non si devono dimenticare i Vannini con Natalino che nel 1880 faceva già il venditore in Francia.

Suo nipote, Giulio, è addirittura menzionato nel Dizionarietto rompitascabile degli editori italiani [22]: «Giulio Vannini, nato nel 1880, è più che altro un libraio, ma ha anche prodotto molti libri scolastici, tecnologici e giuridici». Infatti lo si trova come editore a Brescia a stampare manuali di formazione scolastica[23], di scienze minori[24] documenti inediti di storia [25]e letteratura per ragazzi[26].

Non meno importante è la famiglia Galleri che vanta la direzione, da parte di Guido Galleri, della casa editrice Sansoni nel 1912 e, nell’anno successivo, dell’apertura di una libreria a Bologna. A seguito della Prima guerra mondiale il figlio Costantino si impegna nella pubblicazioni di opere dal 1922 al 1936. Grazie a testimonianze rilasciate dal sopracitato Costantino Tarantola di Modena si è a conoscenza del fatto che la loro attività editoriale verte su libri di tecnica, macchine utensili e libri religiosi.

Gli editori dei librai "montereggini"[modifica | modifica wikitesto]

«Gli editori venivano a Montereggio a fare gli ordini dei libri che poi spedivano direttamente dove avevano il banco o la libreria». Da questa affermazione rilasciata da Costantino Tarantola da Modena si capisce che il rapporto tra librai ed editori, mai come allora, è unico e indispensabile. Il libraio infatti ha necessità di sopravvivere e l’editore deve promuovere la sua disciplina per farla rinascere. I rapporti quindi diventano sempre più stretti e i librai “montereggini” creano collaborazioni di fiducia con alcuni tra i più importanti editori dell’epoca: Bietti, Rizzoli, Mondadori, Garzanti, Hoepli, Lucchi e Salani. Raffaele Bertoni, Iride Giambasi e Vilma Bertoni riguardo a questo argomento affermano: «Rizzoli a volte mi mandava i libri senza soldi. Anche Mondadori, anche Garzanti e anche Hoepli […]», «Poi c’era la casa editrice Bietti, per quello…la Bietti più di tutti», e ancora «Poi avevano fiducia di questi librai, perché lavoravano, perché erano onesti, sapevano fare il loro mestiere, lavorare, e poi pagavano».

Fondata nel 1870 la Bietti è una tra le più influenti case editrici dell’epoca, inizia la sua attività stampando le opere degli scienziati fondatori del Museo di Storia Naturale di Milano, con edizioni economiche, alte tirature e pubblicità. Già nei prima anni del Novecento pubblica un cospicuo numero di opere biografiche dei più grandi artisti del passato. Apre una succursale in Argentina che è menzionata anche da Emanuele Maucci con il quale evidentemente ha stretto rapporti di lavoro. Nel 1922 pubblica la prima edizione del primo grande dizionario di lingua italiana: lo Zingarelli.

I componenti della famiglia Bertoni si riforniscono quasi totalmente dall’editore Lucchi che, di origini molto antiche, ha un enorme scelta di opere classiche di autori italiani e stranieri.

Ma il rapporto più stretto dei librai è quello con la casa editrice Salani tanto da esporre nelle proprie bancarelle il cartello con il suo nome. Nel Dizionarietto rompitascabile degli editori italiani, Formaggini si esprime così: «Il fenomeno Salani è unico al mondo: è basato su questi principi: perfezione grafica, prezzi minimi, irrisori, sì da poter contare su tirature sesquipedali. Non un soldo di debito, non un soldo di credito […]». Il suo successo è dovuto al fatto che non aveva pretese intellettuali tanto da mettersi in contatto con un pubblico semianalfabeta e aveva un ottimo rapporto qualità prezzo. È da notare che la fama di Salani in Sudamerica è dovuto alla collaborazione con la casa editrice Maucci, prima grande distributrice delle sue ristampe, che promuove la vendita delle opere di Carolina Invernizio in spagnolo.

Gli editori creano un rapporto di fiducia con i librai non solo per quanto riguarda la compra-vendita di libri ma anche per la consulenza, infatti Arnoldo Mondadori affida il ruolo di consulenti ai Tarantola di Milano che avevano il compito di informarlo sulle vendite giornalieri e sul gradimento dei clienti per i libri che la mattina gli portava al negozio.

San Francesco Fogolla, protettore dei librai pontremolesi[modifica | modifica wikitesto]

Francesco Fogolla nasce il 4 ottobre 1839 a Montereggio da Gioacchino ed Elisabetta Ferrari. Dopo essersi trasferito a Parma, all’età di vent’anni dichiara la sua vocazione religiosa e si ordina sacerdote nel 1863. Il 13 dicembre del 1866 si imbarca per la Cina dove viene destinato a Taiyuan, nello Shanxi. Nominato Vicario Generale dedica la sua vita a visitare comunità cristiane e non, ad amministrare i sacramenti e ad approfondire la cultura del luogo. Grazie alle sue ottime conoscenze della lingua cinese viene investito come predicatore ufficiale nei due sinodi cinesi e, tornato in Occidente in occasione dell’Esposizione nazionale di Torino, nel 1898 viene consacrato vescovo a Parigi. Francesco rientra in Cina l’anno seguente ma ad aspettarlo c’è un clima di terrore dovuto alle rivolte dei Boxers e agli editti contro i cristiani che hanno alla base la reazione contro l'occupazione di alcuni porti cinesi da parte delle nazioni europee e l'influenza della cultura straniera in alcune zone all'interno del paese. Nonostante la richiesta di Pio IX di rientrare in Italia, Fogolla non demorde e rifiuta deciso la proposta. Nel 1900 la lotta contro gli stranieri e gli evangelizzatori si complica a tal punto da venire imprigionati e, il 9 luglio, vengono uccisi padri, seminaristi, suore e il vescovo Fogolla che, come testimoniano le fonti, viene trucidato: «Le sciabole dei carnefici stramazzavano a terra Monsignor Fogolla tagliuzzandolo orrendamente e la testa, recisa dal busto, viene esposta[27]». Il 21 ottobre del 2000, in piazza San Pietro a Roma, viene canonizzato e proclamato Santo.

Su Il Campanone 1961/1962 Don Luigi Fugaccia indica Mons. Francesco Fogolla come protettore dei librai pontremolesi e di lui dice: «ancora ragazzo si portò a Parma a vendere libri con i suoi compaesani».

Dal punto di vista linguistico è interessante notare che il Santo viene identificato con il cognome "Fogolla" e non "Fogola", tipico cognome del suo luogo di origine. Gli unici attestati su cui è riportata questa versione lunigianese è il certificato di battesimo e la lapide marmorea, collocata sulla facciata della sua casa natale, che riporta la frase: « Monsignor Francesco Fogola – n. a Montereggio 4 ott. 1839 – m. nel San-si 9 luglio 1900 / Vescovo e missionario in Cina – Ebbe con sé l’indomita forza di questa terra apuana – I fervidi slanci di un apostolo – e impavido cadde sotto la scure del carnefice – legando il suo nome ai martiri delle fede e della civiltà / Il popolo di Montereggio – nell’orgoglio di tanta gloria – qui, dove nacque – ne volle ricordato – il nome», mentre in tutte le altre testimonianze si trova la versione con la doppia elle. Il cambiamento è da far risalire, come testimonia lo storico lunigianese Fra Ginepro, al periodo in cui Francesco si trova a Parma dove evidentemente gli abitanti storpiano il cognome che rimane con questa modifica linguistica per il resto della sua vita. Questa spiegazione è avvalorata dall'iscrizione sulla lapide che, essendo nel territorio lunigianese, riporta il giusto cognome e non quello con le modifiche apportate dopo il suo spostamento dal luogo di nascita.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ «En Barcellona, à doce de Septiembre de mil ochocientos noventa y siete Io Francisco de P. Codina Pho Domen de Esta Santa Iglesia Catedral Basilica bauticè solennemente a un nino que naciò el quarto de agosto ultimo, hijo legittimo de D. Manuel Maucci editor, y de D.a Maria Antonia Maucci. Se le pusieron por nombres, Luis, Carlos, Emanuel. Abuelos paternos: D. Domingo defunto y D.a Brigida Battistini. Abuelos maternos: D. Luis, librero y D.a Elisabet Giovannacci. Padrinos: D. Carlos Maucci, librero, y D.a Julia Maucci, todos naturales de Pontremoli, Italia».
  2. ^ Giuseppe Maucci e Carlo Giovannacci, originari di Montereggio, si recano in Francia rispettivamente nel 1839 e nel 1840.
  3. ^ Carta di Sicurezza del 23 novembre 1854; lettera del Regio Commissario della Polizia Generale in Pontremoli al Podestà di Mulazzo del 22 novembre 1855.
  4. ^ Registro degli Emigranti del 1858 del Comune di Mulazzo.
  5. ^ Censimenti di Mulazzo del 1851, 1853 e 1854.
  6. ^ Il Campanone, Almanacco pontremolese, Tipografia Artigianelli Pontremoli, 1940.
  7. ^ Citazione di Raffaele Bertoni, 1940.
  8. ^ Il 14 luglio del 1894 Giuseppe Maucci fu ucciso a Issuar.
  9. ^ Citazione ripresa da G. B. Martinelli.
  10. ^ Citazione ripresa da G. B. Martinelli.
  11. ^ Dichiarazione rilasciata da Costantino Tarantola da Modena.
  12. ^ I librai pontremolesi, G. B. Martinelli, 2018 Tarka edizione srl.
  13. ^ Elenco ripreso da una "Nota dei libri che ha dichiaro di vendere Bardotti Carlo del fu Andrea di Parana" del 21 dicembre 1864.
  14. ^ «El 1872 emigra a Buenos Aires i viatja també a Mèxic, on fa de llibreter i editor».
  15. ^ linotype, su treccani.it.
  16. ^ La data viene dedotta dalle vicissitudini che vedono mancare, tra il 1920 e il 1925, Henrich che cede la casa editrice ai successori, quindi dopo il 1925 si pensa sia passata nelle mani di Emanuele Maucci.
  17. ^ Amor Sublime di Pablo Zayas Guarneros, 1899; la collana Biblioteca del niño mexicano di Heriberto Frias, Mexico, Maucci Hermanos.
  18. ^ Così parlò Zarathustra, 1956; Li ho veduti a Parigi, 1960; Le menzogne convenzionali, 1956.
  19. ^ Fiori, 1967; America ’57, 1968; Changez la dame, 1968; Paris-Metro, 1969; Le stagioni e le Langhe di Guido Botta, 1970.
  20. ^ Scuola di figura, 1971; La gente di Ghizzardi, 1973; Ugo Nespolo, 1999.
  21. ^ capostipite, su treccani.it.
  22. ^ Opera edita da A. F. Formiggini di Roma, 1928.
  23. ^ Manuale teorico pratico di ragioneria e commercio ad uso dei commercianti e ragionieri professionisti, degli impiegati di commercio e funzionari di ragioneria e delle scuole medie di studi applicati al commercio di W. Poli, 1920.
  24. ^ Opere sulla radiestesia: Le meraviglie di una scienza nuova, 1940; Elementi di radiestesia teoria e pratica, 1941.
  25. ^ Cospirazioni e cospiratori lombardi (1821-1831), 1934; Voci di oppressi e di esuli negli anni 1848-49, 1939.
  26. ^ Gli occhiali dello zio Tobia, 1932; La divina commedia spiegata ai fanciulli, 1940; La fata nel bosco, 1950.
  27. ^ Fra Ginepro, I librai pontremolesi in cerca del patrono celeste, in Il Campanone, Almanacco pontremolese, 1961-1962.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

La bibliografia si deve ricondurre inizialmente all'archivio di Mulazzo, all'archivio di Pontremoli, all'archivio del Corriere Apuano e alle testimonianze documentali della Fondazione del Libro di Pontremoli. Le testimonianze rilasciate dai compaesani e dai successori dei primi librai sono fonti di enorme importanza per la formattazione di queste informazioni. Lo strumento di ricerca successivo, consultato online, è l'Instituto dell'Enciclopedia italiana Treccani. La bibliografia utilizzata è segnalata di seguito:

  • Loris Jacopo Bonini, Libri & destini. La cultura del libro in Lunigiana nel secondo millennio. Lucca. Maria Pacini Fazzi Editore. 2000.
  • Salvador Contijoch, El ramo editorial y la casa Maucci, Revista Gráfica, 1901- 1902, pp. 85-88.
  • Martin Leona, Entre La antología de poetas hispanoamericanos de Marcelino Menéndez Pelayo y Los parnasos de la Editorial Maucci: reflejos del ocaso de la hegemonía colonial. [Online: http://www.lehman.cuny.edu/ciberletras/v15/martin.html].
  • Manuel Llanas, Notes sobre l’editorial Maucci i les seves traduccions, Quaderns. Revista de traducció, núm. 8 (2002), p. 11-16.
  • Oriana Fallaci, Hanno nella valigia i cavalieri antichi, Epoca del 6 settembre 1952.
  • A. F. Formaggini, Dizionarietto rompitascabili degli editori italiani , Roma, 1928.
  • G. Battista Martinelli, I librai pontremolesi. Storia esemplare di un mestiere meraviglioso, 2014.
  • Giuseppe Benelli, La SS. Annunziata di Pontremoli, I quaderni della Fondazione “Città del Libro”, n. 3, Pontremoli 1978.
  • Giuseppe Benelli, Riflessioni su certezza e verità, Compagnia dei Librai, Genova 1988.
  • Giuseppe Benelli, San Francesco Fogolla, protettore dei librai pontremolesi, «La Casana», XLIII (2001).
  • Giuseppe Benelli, Montereggio. Il paese dei librai, Luna Editore, La Spezia 2002.
  • Adriana G. Hollett, Memorie di Lunigiana.
  • Manuel Llanas, Semblanza del la Casa Editorial Maucci, 2016.
  • Fra Ginepro, Il Campanone, Almanacco pontremolese.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]