Utente:Michele859/Sandbox33

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
I nuovi direttori del festival, Carlo Chatrian e Mariette Rissenbeek.

La 70ª edizione del Festival internazionale del cinema di Berlino si è svolta a Berlino dal 20 febbraio al 1º marzo 2020, con il Theater am Potsdamer Platz come sede principale.[1] Alla guida dal festival sono stati al loro primo anno Carlo Chatrian (direttore artistico) e Mariette Rissenbeek (direttore esecutivo).

L'Orso d'oro è stato assegnato al film Il male non esiste del regista iraniano Mohammad Rasoulof.

L'Orso d'oro alla carriera è stato assegnato all'attrice Helen Mirren, alla quale è stata dedicata la sezione "Homage",[2] mentre la Berlinale Kamera è stata assegnata alla regista e sceneggiatrice Ulrike Ottinger.[3]

A séguito della scoperta del passato di Alfred Bauer, storico del cinema e direttore della Berlinale dal 1951 al 1976, come funzionario di primo piano del Ministero della Propaganda guidato da Joseph Goebbels durante il regime nazista, in questa edizione l'assegnazione del Premio Alfred Bauer è stata sospesa dopo oltre trent'anni.[4][5]

In questa edizione è stata inaugurata la sezione "Encounters", introdotta con l'obiettivo di supportare nuove prospettive nel cinema, dare più spazio a diverse forme narrative e documentarie e promuovere le opere di registi indipendenti e innovativi. Un'apposita giuria ha assegnato alle opere di questa sezione i premi per il miglior film, il miglior regista e un premio speciale.[6]

Il festival è stato aperto dal film Un anno con Salinger di Philippe Falardeau, proiettato nella sezione "Berlinale Special Gala".[7]

La retrospettiva di questa edizione è stata dedicata al cineasta statunitense King Vidor.[8]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

«Con la sua doppia leadership e una maggiore attenzione alla diversità dei contenuti, la Berlinale è in una posizione migliore per mantenere il suo tocco contemporaneo rispetto ai festival di Cannes e Venezia

I numeri della Berlinale 2020[1]
Numero di visitatori: 479.365
Numero di addetti ai lavori: 18.518 da 132 Paesi
Numero di giornalisti presenti: 3.447 da 82 Paesi
Numero di film proiettati: 341
Numero di proiezioni: 1.103

Il 2020 è stato un anno di transizione che ha portato molte novità, ma che ha anche fortemente attinto alle tradizioni del festival. I due nuovi direttori, Mariette Rissenbeek e Carlo Chatrian, hanno implementato senza problemi il cambiamento ai vertici e introdotto innovazioni nel loro primo anno senza compromettere l'identità del festival. «Penso che il desiderio di una rivoluzione o di una riforma radicale», ha spiegato Chatrian in un'intervista alla radio Deutschlandfunk Kultur «fosse soprattutto il desiderio della stampa tedesca. Quando siamo stati nominati come nuovi direttori del festival, abbiamo subito e fermamente chiarito che la Berlinale è un festival ben posizionato e non richiede cambiamenti drastici». E come il loro predecessore Dieter Kosslick (entrato in carica nel 2001 alla vigilia dell'11 settembre), nel loro primo anno si sono trovati di fronte ad un mondo che non sarebbe mai più stato lo stesso. La recente diffusione del COVID-19 avrebbe modellato gli eventi globali come nessun altro fenomeno.[1]

Dal momento della loro nomina nel 2018, Rissenbeek e Chatrian avevano una chiara missione: la doppia leadership aveva lo scopo di creare chiare aree di responsabilità con le operazioni aziendali principalmente di competenza dell'amministratore delegato Mariette Rissenbeek e il programma di dominio del direttore artistico Carlo Chatrian. La richiesta di lunga data di una divisione delle competenze era stata soddisfatta.[1]

Ma prima, i nuovi direttori hanno dovuto dimostrare di essere abili nella gestione delle crisi, un compito che hanno affrontato con disinvoltura. La sala Cinestar nel Sony Center di Potsdamer Platz era stato vittima dell'aumento degli affitti a Berlino ed era stata costretta a cessare l'attività all'inizio dell'anno, facendo perdere al festival una delle sue sedi centrali. E i problemi logistici non erano finiti qui. La Potsdamer Platz Arkaden, un punto di riferimento centrale per la ristorazione per gli ospiti del festival, si stava apprestando ad una completa ristrutturazione e la sua chiusura diffuse un'atmosfera spettrale. Inoltre, la Haus der Kulturen der Welt, sede della sezione Generation, risultava inutilizzabile per lavori di ristrutturazione. Un compito organizzativo erculeo quindi, risolto ampliando la fruizione del cinema CUBIX in Alexanderplatz e riattivando il cinema Urania. Anche la vecchia sede dell'Akademie der Künste nel quartiere Hansa è stata di nuovo utilizzata. Il festival è diventato più decentrato, le distanze tra le sedi maggiori, anche se sono state trovate le migliori soluzioni possibili. Nonostante queste sfide, la direzione non ha mai perso l'entusiasmo, come ha affermato Mariette Rissenbeek sulla rivista Variety il 17 febbraio 2020: «Ho sempre immaginato che il compito di gestire la Berlinale fosse molto complesso e di ampio respiro, una grande responsabilità, e alla fine è stato proprio così... Allo stesso tempo è incredibilmente eccitante e stimolante immergersi in così tanti nuovi argomenti e conoscere persone con una grande esperienza che ti fanno sentire a tuo agio».[1]

L'invito di Jeremy Irons a presiedere la giuria internazionale si è rivelato il successivo pomo della discordia. In passato l'attore britannico aveva suscitato aspre critiche per le controverse dichiarazioni fatte sul matrimonio tra persone dello stesso sesso e sull'aborto. Anche se si era già scusato in precedenza, le accuse hanno alzato di nuovo la testa. Irons ha reagito leggendo un comunicato all'inizio della conferenza stampa della Giuria internazionale in cui ha sostenuto inequivocabilmente il diritto alla determinazione sul proprio corpo, concludendo: «Spero che questo abbia messo a tacere i miei commenti passati. Vi ringrazio per essere venuti stamattina e ora andiamo avanti con dieci giorni di domande e celebrazioni».[1]

Il festival ha reso pubblico il modo in cui stava affrontando questi risultati e le relative responsabilità in un comunicato stampa del 30 settembre 2020 e una dichiarazione dettagliata nell'estate del 2021.[1]

Il desiderio di Irons è rimasto insoddisfatto: la serata di inaugurazione è stata oscurata da un incidente avvenuto lontano dagli eventi che circondavano il festival. Tutto era pronto: piuttosto che il solito film d'apertura del concorso, la Berlinale si è aperta con Un anno con Salinger di Philippe Falardeau, proiettato nella sezione Berlinale Special. Le protagoniste Margaret Qualley e Sigourney Weaver sono scese sul tappeto rosso gremito, i cacciatori di autografi e selfie erano presenti. Ma, il giorno prima, un uomo tedesco aveva ucciso dieci persone ad Hanau per motivi razzisti. Un incidente che ha alimentato discussioni su una tendenza estremista di destra sempre più violenta in Germania. E così, con un minuto di silenzio per le vittime, è iniziata la cerimonia di apertura. E già un'altra ombra incombeva: si avvicinava sempre di più la minaccia del COVID-19 che, nelle settimane successive, avrebbe portato a un arresto quasi totale della vita economica e sociale in tutto il mondo. Alcuni addetti ai lavori provenienti dalla Cina, dove aveva avuto origine il virus, hanno annullato la loro partecipazione ma il pericolo era ancora troppo indefinito, il che fortunatamente significava che il festival poteva andare avanti come previsto.[1]

E così la 70ª Berlinale ha fatto il suo corso nel 2020 per il momento e la gente ha iniziato a concentrarsi su ciò che era effettivamente il festival: i film in programma. Carlo Chatrian era partito con una chiara visione curatoriale: per lui era solo la qualità artistica dei singoli film a contare, ponendo l'accento sulle loro caratteristiche formali più che sui contenuti, il loro soggetto. Di conseguenza, l'identificazione di un tema centrale per il programma era di secondaria importanza, anche se il Direttore artistico si è avvicinato a un'atmosfera generale: «È abbastanza difficile ridurre la diversità di un programma come questo a un denominatore comune e identificare un tema specifico. Ma è un dato di fatto che i film sono sismografi della realtà. E la nostra realtà al momento non è proprio illuminante».[1]

L'attenzione centrale non dovrebbe essere sugli organizzatori del festival e sulle loro realizzazioni, ma sulle opere e sui loro creatori. Chatrian lo ha sottolineato in tono modesto su Sight & Sound il 2 marzo 2020: «Non sono particolarmente interessato a imporre la mia visione. Sono più interessato ad espandere la mia visione e la mia selezione dei film. Da questo punto di vista, i film sono essenziali e ancor di più lo sono le mie conversazioni con i programmatori. Questi scambi aprono nuove prospettive e mi permettono di plasmare meglio il multiforme festival che mi è stato chiesto di organizzare»”. Il Direttore artistico come primus inter pares quindi, una parte di una squadra governata dalla curiosità e dall'intenzione di imparare da ogni film.[1]

La massima attenzione è stata naturalmente riservata alla prima edizione del concorso organizzata da Chatrian e dal suo nuovo comitato di selezione. Anche qui il festival ha optato per la continuità invitando molti registi degli anni precedenti, tra cui Christian Petzold, Hong Sang-soo, Sally Potter, Benoît Delépine e Gustave Kervern.[1]

Le valutazioni del concorso 2020 variavano da pura euforia, come quella di Erik Kohn del sito IndieWire(«Dopo anni di contraccolpi il Festival Internazionale del Cinema di Berlino ha una nuova leadership, e un caso di studio unico nel recupero curatoriale») a note più caute come quelle rilevate da Christiane Peitz su Der Tagesspiegel alla luce della risposta della stampa internazionale. E sotto la nuova guida sono rimasti problemi strutturali, come la data degli Oscar che, anticipata nel 2020, ha costretto la direzione a spostare il festival che si è concluso a marzo. Inoltre, c'era una diffusa preoccupazione tra i giornalisti per quanto riguarda la produzione cinematografica globale nel suo insieme: "«Nell'era dello streaming e di un'industria cinematografica in decadenza», hanno dichiarato il 1º marzo 2020 i critici Andreas Borcholte e Hannah Pilarczyk su Der Spiegel, «i film di cui i festival come la Berlinale si nutriranno si ridurrà piuttosto che crescere... il volume di film interessanti di una qualità a cui sono abituati da decenni sembra semplicemente non esistere più».[1]

La sera della cerimonia di premiazione, tutti erano uniti sulla decisione sull'Orso d'Oro. Il film iraniano Sheytān vojud nadārad di Mohammad Rasoulof aveva ricevuto una standing ovation alla sua première la sera precedente e il giorno successivo era già chiaro quale film avrebbe vinto il premio principale della Berlinale. Dopo Una separazione nel 2011 e Taxi Teheran nel 2015, il film di Rasoulof ha segnato la terza volta in un decennio in cui Berlino ha premiato un film iraniano con l'Orso d'oro. La consegna del premio ricordava anche la serata in cui vinse Taxi Teheran: come a Jafar Panahi, a Rasoulof era stato vietato dal regime iraniano di lasciare il suo Paese e così sua figlia Baran, interprete del film, ha ritirato il premio a suo nome insieme ai produttori, anche se lo stesso regista è apparso più tardi quando, durante la conferenza stampa dei vincitori del premio, sua figlia lo ha subito chiamato in video chat. La Berlinale ha protestato con grande preoccupazione quando, una settimana dopo il festival, è stato emesso un ordine di arresto contro Rasoulof. Il regista era stato condannato da tempo ma, fino ad allora, era stato risparmiato dal carcere.[1]

Pubblico e critica allo stesso modo sono stati convinti anche dalle decisioni per gli altri premi. L'acclamato Mai raramente a volte sempre di Eliza Hittman ha vinto il Premio speciale della giuria mentre Hong Sang-soo è stato premiato come miglior regista per Domangchin yeoja. Il premio come migliore attrice è andato a Paula Beer per il suo ruolo in Undine - Un amore per sempre di Christian Petzold, mentre Elio Germano ha vinto il premio come miglior attore per la sua interpretazione di Antonio Ligabue in Volevo nascondermi di Giorgio Diritti. Un secondo Orso d'argento è andato all'Italia per un film in cui recitava anche Elio Germano, con i fratelli Damiano e Fabio D'Innocenzo che hanno vinto il premio per la migliore sceneggiatura per Favolacce.[1]

L'unica decisione controversa è stata il premio per il miglior contributo artistico, anche se non si è trattato della qualità del lavoro del direttore della fotografia tedesco Jürgen Jürges, ma delle condizioni sul set del film DAU. Natasha per il quale ha vinto il premio. «Nel 2011, un giornalista della rivista GQ si reca nella città ucraina di Charkiv», ha scritto Viktoria Morasch su Die Tageszeitung il 22 febbraio 2020, «e lì visita un set cinematografico, o qualcosa che era diventato un set cinematografico: un mondo parallelo in cui le persone vivevano e lavoravano da anni». Il mastodontico progetto triennale dei registi Il'ja Chržanovskij e Jekaterina Oertel è stato in parte finanziato con i soldi del Medienboard Berlin-Brandenburg ma anche con il sostegno di un oligarca russo.[1]

La consegna dell'Orso d'oro alla carriera all'attrice britannica Helen Mirren non è stata invece affatto controversa. Nel loro discorso elogiativo, Chatrian e Rissenbeek l'hanno riconosciuta non solo come una delle più grandi attrici della sua generazione, ma anche come una pioniera del cambiamento nel mondo del cinema: «Sa come trasformare ruoli femminili decorativi in ​​personaggi femminili complessi. Combina straordinarie capacità di recitazione con l'understatement britannico. Rompe le barriere sia nel suo lavoro che nella sua vita personale. Ha discusso dell'abuso di potere nel mondo del cinema venticinque anni prima di #MeToo». È stato quindi giusto che il discorso di accettazione dell'attrice davanti al pubblico del Berlinale Palast si sia rivelato in gran parte politico: «Quando ho iniziato a lavorare nel cinema, su un centinaio di persone sul set c'erano, ad essere fortunati, tre donne al massimo. Questo sta cambiando, ma non ancora abbastanza. Quando ho iniziato a lavorare nel cinema, tutte le facce sul set erano bianche. Questo sta cambiando, ma non ancora abbastanza. Quando ho iniziato a lavorare nel cinema, il linguaggio e il comportamento razzisti o sessisti erano normali, era una realtà accettata della vita. Questo sta cambiando, ma non ancora abbastanza. L'unico motivo per cui voglio continuare in questo brillante settore è assistere di più a quel cambiamento che trovo così liberatorio ed eccitante».[1]

Nel complesso, la critica ha riconosciuto in molte cose la mano di Chatrian. Marius Nobach del sito Filmdienst, ad esempio, il 1º marzo 2020 ha parlato di «un concorso con film che richiedevano una grande disponibilità a confrontarsi con forme narrative idiosincratiche, nonché concentrazione e pazienza. Inoltre, la sorprendente quantità di materiale duro, presentato senza compromessi... Al loro primo anno, il concorso ha comunque offerto un concentrato di film memorabili e non facili nemmeno per il pubblico».[1]

Questo vale anche per il vincitore del Berlinale Documentary Award che, per la prima volta è stato presentato in collaborazione con l'emittente pubblica RBB e che è andato a Irradiated di Rithy Panh, proiettato in concorso. Un tour de force cinematografico che trasforma lo schermo del cinema in un trittico e rende tangibili le distorsioni e i genocidi del XX secolo con tutta la forza che le immagini possono raccogliere.[1]

L'assegnazione dei premi ha dimostrato chiaramente che il pensiero politico è rimasto una caratteristica della Berlinale anche sotto la nuova guida. Ciò che era cambiato era la tonalità di questo pensiero e un approccio più sfumato. Ciò è diventato evidente in una serie di testi che Chatrian ha scritto sui film delle precedenti edizioni intitolati ...raccontando gli anni, in cui si è impegnato con la tradizione del festival. Piuttosto che elaborare una politica generale del cinema, i testi hanno analizzato la politica individuale dei film, mostrando come, nei loro modi unici, le immagini cambiano il rapporto dello spettatore con il visibile, e quindi con il mondo sociale. Una tale forma di politica non è scontata, è in uno stato di mutamento. «Penso che i modi in cui i film sono politici oggi siano molto diversi da quelli degli anni settanta e ottanta», ha spiegato Chatrian sulla Berliner Zeitung, «il ruolo della politica è cambiato, così come i confini tra vita privata e politica. Per me i film più politici ... sono quelli che vogliono cambiare le opinioni dello spettatore. E più sottile è il loro effetto, meglio è».[1]

La nuova sezione "Encounters" avviata da Rissenbeek e Chatrian è stata ben accolta, anche se alcuni commentatori erano preoccupati che la nuova serie non fosse abbastanza facile da distinguere dal Forum. I pilastri del Forum, come Heinz Emigholz, quest'anno hanno presentato i loro nuovi lavori in "Encounters". Ma oltre alle voci critiche, ci sono stati anche molti che attendevano con impazienza le nuove demarcazioni e trasgressioni dei confini, come Bert Rebhandl del Frankfurter Allgemeine Zeitung: «Forse l'interazione tra "Encounters" e il Forum rappresenta effettivamente una sfida produttiva da cui l'intero festival può trarre vantaggio. I primi giorni puntano sicuramente in questa direzione». Le risposte positive e persino euforiche hanno dominato: la sezione è stata definita «un viaggio selvaggio di scoperta» da Andreas Borcholte e Hannah Pilarczyk di Der Spiegel e «un grande vantaggio» da Tim Caspar Boehme del quotidiano Die Tageszeitung. Film come Gunda di Viktor Kossakovsky e The Trouble with Being Born di Sandra Wollner sono stati celebrati con entusiasmo. Chatrian potrebbe anche sentirsi giustificato nella sua selezione dal fatto che, oltre ai premi della sezione, il Premio GWFF come miglior opera prima è andato anche a un film di questa sezione: Los conductos di Camilo Restrepo. Su tutta la linea, i film sono stati facilmente in grado di soddisfare l'obiettivo della sezione di proiettare opere idiosincratiche ed esteticamente coraggiose che potrebbero essere considerate l'avanguardia del cinema.[1]

Chatrian ha anche curato una serie speciale in occasione della 70ª edizione del festival, invitando sette registi che avevano già mostrato un film alla Berlinale a invitare a loro volta un altro ospite a partecipare a una conversazione all'Akademie der Künste. Un film di uno dei realizzatori è stato proiettato prima del discorso, uno dopo l'altro. "On Transmission" ha presentato Ang Lee, Olivier Assayas, Claire Denis e molti altri. Inoltre, l'edizione dell'anniversario è stata annunciata da uno speciale conto alla rovescia in vista del festival. In collaborazione con varie istituzioni partner, è stato possibile assistere a una mostra, un concerto e altri eventi in tutta Berlino. La nuova gestione del festival ha voluto stabilire una stretta collaborazione con la città.[1]

Non è stata solo la direzione del festival ad essere nuova, c'è stato molto movimento anche all'interno delle sezioni. E anche qui la continuità è stata favorita rispetto a una dura rottura. Nella sezione Panorama, Michael Stütz ha assunto la guida esclusiva quando il suo collega, Páz Lazaro, è entrato a far parte del comitato di selezione di Chatrian. Il programma della sezione non è stato meno potente e combattivo rispetto agli anni precedenti: «In tempi come questi non possiamo dormire sugli allori», ha affermato Stütz su Der Tagesspiegel. Tradizionalmente, e ora più che mai, l'obiettivo principale è stato il cinema LGBTQI, la cui affascinante diversità Stütz era abile nel mettere in mostra. La riduzione del numero di film richiesta al Panorama dalla nuova gestione è stata accolta favorevolmente: «Il Panorama ha beneficiato soprattutto della razionalizzazione, presentando una selezione rivitalizzata», ha scritto Jessica Kiang su Sight & Sound il 4 marzo 2020.[1]

Anche la sezione Perspektive Deutsches Kino ha subito una riduzione nel 2020, da dodici a otto film. Anche qui l'attenzione più forte è stata accolta positivamente: "«Un'arma di qualità di cui la serie sta chiaramente beneficiando»", ha scritto Gunda Bartels su Der Tagesspiegel il 20 febbraio 2020. E con il suo trasferimento al Kino International, la sezione ha potuto celebrare le sue prime in un ambiente degno.[1]

Julia Fidel, socia di lunga data di Generation e Panorama, è diventata capo della sezione Berlinale Series. In occasione della sua inaugurazione ha ringraziato particolarmente il suo predecessore Solmaz Azizi che aveva fondato la sezione nel 2015 e poi l'ha sistematicamente ampliata. La Fidel si è mostrata ambiziosa nel programma del suo primo anno: «Volevo assicurarmi di mostrare un'immagine molto versatile di ciò che sta accadendo nel mondo televisivo», ha dichiarato su Screendaily.com, «non volevo attenermi ai generi a cui siamo abituati. Abbiamo cercato di far passare il messaggio che volevamo andare oltre le serie poliziesche e i drammi in costume»". Con la miniserie Sex è stata proiettata per la prima volta una produzione i cui episodi non erano conformi all'ormai convenzionale durata di 50-60 minuti, ma invece duravano poco meno di 15 minuti ciascuno. La Fidel ha programmato la serie di Amalie Næsby Fick nella sua interezza, proiettando ogni episodio. La nuova direttrice ha potuto attingere a vaste risorse perché negli ultimi anni si è assistito a una sempre maggiore diversificazione e a un crescente coraggio nel riempire nicchie specifiche nel panorama delle serie internazionali, come ha sottolineato in un'intervista a Blickpunkt Film il 21 febbraio 2020.[1]

La continuità è stata presente anche nella sezione Berlinale Shorts. La nuova caposezione Anna Henckel-Donnersmarck, da molti anni membro del comitato di selezione, è stata piena di lodi per il suo predecessore Maike Mia Höhne che si era trasferita al Kurzfilm Festival di Amburgo dopo la Berlinale 2019. «Otteniamo i grandi cinema, partecipiamo alla cerimonia di premiazione», ha dichiarato sulla rivista online Cineuropa, «e sabato i nostri registi attraversano il tappeto rosso. Quindi i cortometraggi hanno già un'ottima posizione nel festival, e questo è molto grazie a Maike. È stato molto facile per me partire dal suo lavoro».[1]

C'erano ancora altri cambiamenti. Dopo che Milena Gregor, Birgit Kohler e Stefanie Schulte Strathaus avevano assunto la guida del Forum ad interim per la 69ª Berlinale, in seguito all'uscita a sorpresa di Christoph Terhechte dalla sezione, nel maggio 2019 era stato annunciato il loro successore: la giornalista, scrittrice e programmatrice Cristina Nord. Come editore del quotidiano Die Tageszeitung, da anni seguiva e sosteneva il festival e, in un'intervista sulla Berliner Morgenpost del 20 febbraio 2020 ha rivelato di sentirsi già molto a casa. Per il suo primo programma ha identificato una pletora di film su come il passato possa essere attualizzato. Questo ha rappresentato un collegamento perfetto con l'anniversario del Forum che nel 2020 ha celebrato il suo 50º anno e ha riportato sul grande schermo le opere della sua prima edizione. È stato sorprendente vedere che i temi sono rimasti pressoché invariati e, nonostante siano stati compiuti progressi, i problemi e le disuguaglianze non sono ancora stati risolti a livello strutturale. Il razzismo e il femminismo sono stati e sono tuttora gli argomenti centrali di innumerevoli discussioni e molti film sia nel 1971 che nel 2020, proprio perché, proprio come in Hanau, nelle società di tutto il mondo si poteva osservare una tendenza all'indietro basata sulle differenze piuttosto che sull'uguaglianza. «C'è un contraccolpo, ed è palpabile in molti luoghi in tutto il mondo», ha detto la Nord su Sight & Sound, «quindi con il programma dell'anniversario arriva un'ipotesi: guardando questi film, potremmo essere in grado di riscoprire strategie che funzionavano allora e adattarle di conseguenza per aiutarci ad affrontare nuove sfide».[1]

L'unica Berlinale Kamera del 2020 è stata presentata ad una “istituzione” del Forum: Ulrike Ottinger, che dal 1984 aveva presentato molti suoi film nella sezione oltre che in concorso e nel Panorama. Alla domanda sulla nuova leadership del festival, probabilmente ha parlato per la stragrande maggioranza dei partecipanti al festival quando ha detto a Filmdienst: «Sono entrambi grandi intenditori di film e cineasti appassionati... Quello che mi piace dei nuovi direttori è che entrambi si vedono consapevolmente come ospiti ed evitano la pubblicità. Questo stile volutamente sottotono si adatta bene alla Berlinale perché in questo modo i film tornano chiaramente al centro dell'attenzione e nient'altro».[1]

Così, nonostante tutta una serie di avversità, la Berlinale 2020 ha rappresentato un inizio estremamente positivo per il nuovo duo dirigente, un fatto a cui hanno anche attestato la vendita di oltre 330.000 biglietti, più di 18.000 ospiti del settore accreditati e 3.500 rappresentanti della stampa. Un grande interesse, entusiasmo e attesa era palpabile per la prossima edizione. «La 70ª Berlinale sotto una nuova guida», ha scritto Jessica Kiang su Sight & Sound il 4 marzo 2020, «ha raccolto abbastanza scoperte e nuove idee da sembrare aperta al futuro... Il festival ha cambiato forma quest'anno: non una rivoluzione all'ingrosso ma un'evoluzione, in direzioni molto gradite».[1]

Giurie[modifica | modifica wikitesto]

Giuria internazionale[modifica | modifica wikitesto]

Giuria "Encounters"[modifica | modifica wikitesto]

Giuria "Opera prima"[modifica | modifica wikitesto]

Giuria "Documentari"[modifica | modifica wikitesto]

Giuria "Cortometraggi"[modifica | modifica wikitesto]

Giurie "Generation"[modifica | modifica wikitesto]

Kinderjury/Jugendjury[modifica | modifica wikitesto]

Gli Orsi di cristallo sono stati assegnati da due giurie nazionali, la Kinderjury per la sezione "Kplus" e la Jugendjury per la sezione "14plus", composte rispettivamente da undici membri di 11-14 anni e sette membri di 14-18 anni selezionati dalla direzione del festival attraverso questionari inviati l'anno precedente.[9]

Giurie internazionali[modifica | modifica wikitesto]

Nelle sezioni "Kplus" e "14plus", il Grand Prix e lo Special Prize sono stati assegnati da due giurie internazionali composte, rispettivamente, dalla direttrice della fotografia Marine Atlan (Francia), la filmmaker e sociologa María Novaro (Messico) e il regista e sceneggiatore Erik Schmitt (Germania), e dal regista, sceneggiatore e produttore Abbas Amini (Iran), la regista, sceneggiatrice e scrittrice Jenna Bass (Repubblica Sudafricana) e la regista, sceneggiatrice e produttrice Rima Das (India).[9]

Selezione ufficiale[modifica | modifica wikitesto]

In concorso[modifica | modifica wikitesto]

Berlinale Special[modifica | modifica wikitesto]

Berlinale Special Gala[modifica | modifica wikitesto]

Berlinale Series[modifica | modifica wikitesto]

Encounters[modifica | modifica wikitesto]

Cortometraggi[modifica | modifica wikitesto]

Fuori concorso[modifica | modifica wikitesto]

Panorama[modifica | modifica wikitesto]

Panorama Dokumente[modifica | modifica wikitesto]

Forum[modifica | modifica wikitesto]

Programma principale[modifica | modifica wikitesto]

Forum 50[modifica | modifica wikitesto]

Forum Expanded[modifica | modifica wikitesto]

Generation[modifica | modifica wikitesto]

Generation Kplus[modifica | modifica wikitesto]

Cortometraggi[modifica | modifica wikitesto]

Generation 14plus[modifica | modifica wikitesto]

Cortometraggi[modifica | modifica wikitesto]

Perspektive Deutsches Kino[modifica | modifica wikitesto]

Proiezioni speciali[modifica | modifica wikitesto]

Retrospettiva[modifica | modifica wikitesto]

Berlinale Classics[modifica | modifica wikitesto]

Homage[modifica | modifica wikitesto]

On Transmission[modifica | modifica wikitesto]

Premi[modifica | modifica wikitesto]

[[File:MJK 74704 Mohammad and Baran Rasoulof (Golden Bear, Berlinale 2020).jpg|upright=1.1|thumb|right|Baran Rasoulof con l'Orso d'oro vinto dal padre Mohammad, collegato in video, per Sheytān vojud nadārad. [[File:Eliza Hittman-0549.jpg|upright=1.1|thumb|La regista Eliza Hittman, gran premio della giuria per Mai raramente a volte sempre. [[File:MJK 74201 Paula Beer mit dem Silbernen Bären der Berlinale 2020 (cropped).jpg|upright=1.1|thumb|Paula Beer, migliore attrice per Undine - Un amore per sempre. [[File:Damiano and Fabio D'Innozenzo-0330.jpg|upright=1.1|thumb|Damiano e Fabio D'Innocenzo, Orso d'argento per la sceneggiatura di Favolacce. [[File:Sandra Wollner-0878.jpg|upright=1.1|thumb|Sandra Wollner, premio speciale della giuria nella sezione "Encounters" per The Trouble with Being Born. [[File:Helen Mirren-2616.jpg|upright=1.1|thumb|Helen Mirren, vincitrice dell'Orso d'oro alla carriera.

Premi della giuria internazionale[modifica | modifica wikitesto]

Premi della giuria "Encounters"[modifica | modifica wikitesto]

Premi della giuria "Opera prima"[modifica | modifica wikitesto]

Premi della giuria "Documentari"[modifica | modifica wikitesto]

Premi della giuria "Cortometraggi"[modifica | modifica wikitesto]

Premi onorari[modifica | modifica wikitesto]

Premi delle giurie "Generation"[modifica | modifica wikitesto]

Kinderjury Generation Kplus[modifica | modifica wikitesto]

Generation Kplus International Jury[modifica | modifica wikitesto]

Jugendjury Generation 14plus[modifica | modifica wikitesto]

Generation 14plus International Jury[modifica | modifica wikitesto]

Premi delle giurie indipendenti[modifica | modifica wikitesto]

Premi del pubblico e dei lettori[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z aa ab ac 70th Berlin International Film Festival - February 20-March 1, 2020, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 15 maggio 2023.
  2. ^ Dec 04, 2019 - Berlinale 2020 – Homage and Honorary Golden Bear for Helen Mirren, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 5 gennaio 2020.
  3. ^ Awards 2020, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 16 marzo 2017.
  4. ^ The Alfred Bauer Case, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 5 gennaio 2020.
  5. ^ Nell'estate del 2021, dopo che uno studio dell'Institut für Zeitgeschichte di Monaco ha confermato il ruolo sostanziale di Alfred Bauer nel Reichsfilmintendant, la direzione del festival ha pubblicato una dichiarazione con la quale ha definitivamente cancellato il riconoscimento.
  6. ^ May 07, 2019 - Berlinale 2020: New Directors Create Additional Competition Encounters, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 5 gennaio 2020.
  7. ^ Jan 24, 2020 - The 70th Berlinale Opens With Philippe Falardeau’s My Salinger Year, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 5 gennaio 2020.
  8. ^ Nov 21, 2017: Retrospective 2018 – "Weimar Cinema Revisited", su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 5 gennaio 2020.
  9. ^ a b c d e f g Juries - 2020, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 23 giugno 2022.
  10. ^ a b c d Sono stati proiettati i primi due episodi.
  11. ^ Sono stati proiettati i primi tre episodi.
  12. ^ Sono stati proiettati i primi due episodi della seconda stagione.
  13. ^ Sono stati proiettati tutti i sei episodi.
  14. ^ Sono stati proiettati i primi cinque episodi.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]