Ortigia (mitologia)

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Disambiguazione – "Ortigia" rimanda qui. Se stai cercando altri significati, vedi Ortigia (disambigua).

Con il termine Ortigia nell'antichità si indicavano diversi luoghi geografici; attualmente con questo toponimo si fa riferimento all'isola di Ortigia, parte della città di Siracusa, in Sicilia, Italia.

I due poeti epici Omero e Esiodo menzionano l'esistenza di un'Ortigia di imprecisata collocazione; nel poema omerico essa appare per la prima volta collegata al culto della dea Artemide.

Ortigia era il nome originario dell'isola di Delo, nelle Cicladi, Grecia: il geografo Strabone informa che nei tempi più antichi vi era un distinguo tra l'isola di Delo e il suo isolotto deserto Renea; questo luogo, adibito a necropoli, in origine si sarebbe chiamato Ortigia e vi sarebbe nata Artemide (altri nomi dell'isolotto erano Keladusa e per l'appunto Artemide); il suo gemello, Apollo, sarebbe nato invece a Delo e dalla sua luce l'isola avrebbe tratto il nome.[1][2]

Si appellava Ortigia anche il bosco della città di Efeso, in Anatolia, Turchia, i cui abitanti, come ricordato da Tacito, rivendicavano nella loro patria, e non a Delo, la sacra nascita di Artemide e Apollo, che sarebbe avvenuta nei pressi del fiume ortigiano Cencreios, poco distante dal mare.[3]

Secondo il poeta ionico Nicandro, nativo di Claros (città nota per il forte culto apollineo, prossima ad Efeso), pure in Etolia, regione montuosa della Grecia, vi era un'Ortigia ed egli reputava questo toponimo originario della terra etolica.[4]

Nel medioevo anche l'isola del lago Fucino, in Abruzzo, Italia, si chiamava Ortigia: essa in seguitò mutò il suo nome in Ortucchio.

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

Quaglia (Coturnix coturnix)

La maggior parte delle fonti antiche afferma che il nome Ortigia (in greco antico: Ὀρτυγία?) derivi dalle quaglie (in greco antico: ὄρτυξ?, ortyx) o sia legato ad esse, ma il significato di tale accostamento resta incerto.

Il nome di Ortigia potrebbe derivare dal fatto che stormi di quaglie erano soliti posarsi su Delos, come sostenuto dall'antico ateniese Fanodemo, storico del III secolo a.C.;[5] oppure fu così chiamata perché la quaglia, per la prima volta, fu vista sopra il suolo di Delos, come affermava l'autore antico romano Gaio Giulio Solino.[6]

Il primo autore antico ad accostare Ortigia alla quaglia è Pindaro, poeta tebano del V secolo a.C.[7] Egli introduce nelle cronache antiche il mito di Asteria che si tramutò in una quaglia, che a sua volta fu tramutata da Zeus nell'isola di Delos (il cui toponimo, così come il nome di Asteria, era legato alla luce[N 1]). Asteria era la titanide dea delle stelle e sorella di Leto;[9][10] Ortigia divenne uno dei suoi appellativi.[11]

Ortigia era anche l'appellativo della figlia di Leto, Artemide, essendo ad essa stata consacrata ed essendo sua terra natia. Alcuni autori antichi, ad esempio, sostengono che direttamente da Artemide l'Ortigia di Siracusa abbia tratto la propria denominazione.[N 2]

Fonti storiografiche[modifica | modifica wikitesto]

Nelle fonti storiografiche più antiche[modifica | modifica wikitesto]

Omero[modifica | modifica wikitesto]

Il poeta epico Omero, autore dell'Iliade e dell'Odissea, menziona Ortigia in due diverse occasioni. Egli non la conosce con altri nomi: non la chiama mai Delos,[N 3] luogo che tra l'altro gli è già noto, poiché lo cita espressamente come un'antica tappa del viaggio di Ulisse ai tempi della guerra di Troia; qui il re di Itaca vide una giovane palma vicino all'altare del dio del Sole Apollo (Odissea 6.160-169).[14]

Un fattore non trascurabile è inoltre l'omissione, in entrambe le citazioni, di una condizione di insularità riguardante Ortigia: nel poema essa viene accostata a un'isola, che Omero denomina Siria.

In Omero, nel suo racconto de l'Odissea, appare il più antico collegamento tra Ortigia e la dea della Luna Artemide. Le sue citazioni su Ortigia sono le seguenti:

  • durante il dialogo tra la dea Calipso e il dio Hermes (venuto a chiedere alla dea in nome di Zeus il rilascio di Ulisse):
(GRC)

«- ὣς φάτο, ῥίγησεν δὲ Καλυψώ, δῖα θεάων, καί μιν φωνήσασ' ἔπεα πτερόεντα προσηύδα· - "σχέτλιοί ἐστε, θεοί, ζηλήμονες ἔξοχον ἄλλων, οἵ τε θεαῖσ' ἀγάασθε παρ' ἀνδράσιν εὐνάζεσθαι ἀμφαδίην, ἤν τίς τε φίλον ποιήσετ' ἀκοίτην. ὣς μὲν ὅτ' Ὠρίων' ἕλετο ῥοδοδάκτυλος Ἠώς, τόφρα οἱ ἠγάασθε θεοὶ ῥεῖα ζώοντες, ἕως μιν ἐν Ὀρτυγίῃ χρυσόθρονος Ἄρτεμις ἁγνὴ οἷσ' ἀγανοῖσι βέλεσσιν ἐποιχομένη κατέπεφνεν.»

(IT)

«Così disse, e rabbrividì Calipso, divina fra le dèe, e a lui [a Hermes] rivolta disse alate parole: "Crudeli voi siete, o dèi, e invidiosi senza pari, voi che vi indignate con le dèe se giacciono con un caro compagno. Così quando Aurora dalle dita di rosa prese con sé Orione, voi dèi, che a vostro agio vivete, eravate indignati con lei: finché in Ortigia Artemide dall'aureo trono, la casta, con i suoi miti dardi raggiungendolo, lo uccise.»

  • durante il dialogo tra Ulisse e Eumeo (costui servo di Ulisse, guardiano dei suoi maiali, in realtà discendente della famiglia reale dell'isola di Siria):
(GRC)

«νῆσός τις Συρίη κικλήσκεται, εἴ που ἀκούεις, Ὀρτυγίης καθύπερθεν, ὅθι τροπαὶ ἠελίοιο, οὔ τι περιπληθὴς λίην τόσον, ἀλλ’ ἀγαθὴ μέν, εὔβοτος εὔμηλος, οἰνοπληθὴς πολύπυρος. πείνη δ’ οὔ ποτε δῆμον ἐσέρχεται, οὐδέ τις ἄλλη νοῦσος ἐπὶ στυγερὴ πέλεται δειλοῖσι βροτοῖσιν· ἀλλ’ ὅτε γηράσκωσι πόλιν κάτα φῦλ’ ἀνθρώπων, ἐλθὼν ἀργυρότοξος Ἀπόλλων Ἀρτέμιδι ξύν, οἷς ἀγανοῖσι βέλεσσιν ἐποιχόμενος κατέπεφνεν. ἔνθα δύω πόλιες, δίχα δέ σφισι πάντα δέδασται· τῇσιν δ’ ἀμφοτέρῃσι πατὴρ ἐμὸς ἐμβασίλευε, Κτήσιος Ὀρμενίδης, ἐπιείκελος ἀθανάτοισιν.»

(IT)

«C’è un’isola chiamata Siria, se mai ne hai sentito parlare, al di là di Ortigia, dove c’è l’inversione del sole. Non è certo straordinariamente popolosa, ma è terra buona, ricca di pascoli e di greggi, copiosa di vino e di grano. Mai la fame entra nel territorio, e nemmeno alcuna odiosa malattia, quali toccano agli infelici mortali. Ma lì, quando invecchiano le stirpi degli uomini, arriva Apollo dall’arco d’argento con Artemide, e li colpisce e li uccide con i suoi dardi pietosi. Ci sono lì due città, e tutto è diviso fra loro a metà: su entrambe regnava mio padre, Ctesio Ormenide, simile agli immortali.»

Artemide dea della Luna e della caccia. In Omero appare il suo più antico accostamento a Ortigia (dipinto di Anton Raphael Mengs, che la personifica come emblema della notte)

L'isola di Siria viene generalmente presa come punto di riferimento per cercare di cogliere l'esatta identificazione di Ortigia, che viene descritta come molto vicina ad essa. Tra gli studiosi vi è chi ritiene questi luoghi pura immaginazione di Omero; altri invece tentano di scorgervi una reale geografia antica.

Il filologo classico Erwin Rohde, così come Walter Friedrich Otto,[15] è tra coloro che ritiene l'Ortigia omerica - la terra dove venne ucciso il cacciatore gigante Orione e oltre la quale il Sole compieva il proprio giro - un luogo mitico, profondamente legato al culto di Artemide:

«Ortigia è manifestamente in origine un paese puramente mitico, sacro ad Artemide, non meglio determinata della dionisiaca Nisa e ritrovata quindi appunto dappertutto, dove specialmente fioriva il culto di Artemide, in Etolia, a Siracusa, ad Efeso, a Delo

Si è supposto che l'inversione o giro del Sole (ὅθι τροπαὶ ἠελίοιο) che Eumeo dice svolgersi su Siria - alcuni pensano piuttosto si svolga in Ortigia[16] - rappresenti i solstizi[17] o l'avvicendarsi del giorno e della notte, l'aurora e il tramonto;[N 4][18] in ogni caso l'osservazione di un fenomeno astronomico tra Siria e Ortigia.

Sull'identificazione di Siria vi sono poi molteplici ipotesi, il che, di conseguenza, rende difficoltosa la collocazione dell'Ortigia che l'affianca. Συρίη (Siria) potrebbe riferirsi all'isola delle Cicladi, che affianca Delos e Renea (antica Ortigia), Siro (Σύρος),[N 5] oppure potrebbe riferirsi a Siracusa (Συρακώ), che affianca l'Ortigia di Sicilia.[N 6]

Potrebbe anche riferirsi alla Siria ma, obiettano molti studiosi, Omero avrebbe conosciuto l'antica regione della Mesopotamia quando questa portava ancora il nome di Aram,[N 7] poiché solo in epoca successiva a quella omerica i Greci le avrebbero dato il nome di Siria, facendolo derivare dall'Assiria (così chiamata dalla divinità solare eponima Aššur[25]). Inoltre non vi è un'Ortigia vicino alle coste siriache.[26]

Esiodo[modifica | modifica wikitesto]

Uno dei frammenti del papiro 1358, rinvenuto in Egitto, dove si trova la menzione di Esiodo su Ortigia

Nei papiri di Ossirinco (Hes. Pap. Oxyr. 1358 fr. 2 col. 1 = fr. 150, 26 Merkelbach-West) è contenuta quella che da diversi studiosi è considerata la menzione più antica del termine Ortigia. Il frammento di papiro, attribuito al poeta epico Esiodo, recita:

(GRC)

«Ἄτλαντός τ᾿ ὄρος] α̣ἰπὺ κ̣[αὶ Αἴτν]η̣ν παιπαλόεσσαν, νῆσον ἐπ' Ὀ]ρ̣τ̣υγίην Λαιστ[ρυ̣γον]ίην τε γενέθλην, ὅς τε Ποσει]δάωνος ἐρισθ[ε]νέος γένεθ' υἱός.»

(IT)

«Di Atlante il monte erto e l'Etna scoscesa e l'isola di Ortigia e la stirpe dei Lestrigoni. E colui che di Poseidone possente fu figlio.»

La menzione di Ortigia nell'opera esiodea si inserisce nel contesto del volo dei figli di Borea, il vento del Nord, appellati Boreadi, popolo dai bei cavalli.[28] Costoro, inseguendo le Arpie, prima di sorvolare il monte di Atlante, l'Etna e l'Ortigia, sono detti da Esiodo abitanti del fiume Eridano, dal flusso profondo d'ambra[28][29] (fr. 150, 23 MW); identificato dalla critica, in maniera piuttosto concorde, con il Po (Eridano era il suo antico nome greco); il fiume padano nel quale, in altri miti, narrati dallo stesso Esiodo (Teogania), sarebbe precipitato Fetonte con il carro del Sole di Apollo, incendiando la Terra.[30]

Il monte Etna (sotto un'eruzione etnea del 2011, vista da Reggio Calabria); il vulcano sarebbe menzionato da Esiodo insieme a Ortigia

Sebbene la citazione del monte Etna sembri non lasciare dubbi sull'identificazione siciliana di questa Ortigia, parte della critica non la reputa invece così scontata:

Esiodo, poeta generalmente collocato intorno all'VIII secolo a.C. (periodo nel quale la polis Siracusa doveva ancora nascere o stava in quei frangenti venendo colonizzata dai Corinzi di Archia), nomina il termine Αἴτν]ην, la cui radice - aith - indica il fuoco, o l'ardere,[31] e che fu in epoca successiva attribuito dai Siracusani alla regione geografica del vulcano siciliano: Aitna, da cui derivò il nome Etna.[N 8]

L'uso del termine Etna per tradurre il passo esiodeo è una scelta editoriale postuma.[32] Tuttavia, notano gli studiosi, l'aggettivo di «scosceso» (παιπαλόεσσαν), che ben si adatta a un territorio lavico come quello del vulcano siciliano,[32] e l'autorità del geografo antico Eratostene di Cirene, il quale, riportato da Strabone[33], afferma che l'Ortigia di cui parlava Esiodo fosse l'isola di Siracusa, legano saldamente la Sicilia a questo specifico frammento papiraceo.[32][34]

In alcune traduzioni odierne anche la peculiarità di Ortigia di essere un'«isola» (νῆσον) non viene riportata,[35] poiché l'originale papiraceo esiodeo è ritenuto fin troppo corrotto per poterne ricavare la parola νῆσον; ciò che invece viene comunemente riconosciuta è la comprensibilità, chiara, del termine Ortigia,[36] ma, precisano alcuni studiosi, non è detto che essa debba corrispondere all'Ortigia siciliana, considerando l'esistenza di altre località geografiche che nei tempi più antichi portavano questo medesimo nome.[37]

Ortigia nelle altre fonti storiografiche[modifica | modifica wikitesto]

Biblioteca di Efeso: poco distante, tra la spiaggia e il monte Solmisso, sorgeva il bosco sacro di Ortigia, quella detta Asiatica, poiché sita in Asia Minore

«Dell'Ortigie una parola: Ortigia, oltre Delo, fu quella che si chiama da' Greci Asiatica, poco distante da Efeso. Ecco perciò quello che ne dice Strabone: [...] Ortygia, nobilis Lucus ex omni arborum genere, cupressorum vero maxime [...] Questa è dunque un'Ortigia. Altra dello stesso nome, già isola, poi penisola di Sicilia: Sicano pratenta sinu, dice Virgilio. Ma di questa pure abbiamo in Pindaro Nem. I. [...] illustrium Syracusarum germen Ortygia, Diana cubile. E Diodoro esponendo, con la sua copia, la divisione tra le Dee della Sicilia [...] Diana Insulam, quam ab ipsa et oracula et homines Ortygiam, dixerunt. Sicchè tre luoghi diversi, tre diverse Ortigie; adunate però a Diana, non per altra ragione, secondo il costume antico, che per l'identità d'un solo nome. [...] Dunque per vicendevole conseguenza, il nome avrà in tre luoghi la stessa forza.»

Inno omerico ad Apollo[modifica | modifica wikitesto]

Nell'Inno ad Apollo - parte degli Inni omerici, così chiamati in quanto lo stile ricalca quello di Omero, anche se i reali autori rimangono sconosciuti -, attribuzione al VI secolo a.C., fa la sua comparsa la «Renea rocciosa» (l'isola posta a pochi metri da Delos e che fu adibita a necropoli),[2] e qui viene reso chiaro che era questa a essere detta anticamente Ortigia.

In seguito la distinzione tra Delos e Ortigia si perde in maniera pressocché totale (sarà molto più tardi Strabone a ricordarla[1]). Nell'Egeo il luogo di nascita di Artemide (la Diana dell'antica Roma) e Apollo non viene più scisso, invece l'inno omerico ancora precisava:

«Perché illustri partoristi figli,
Apollo Re, e Diana cacciatrice;
Questa in Ortigia, e quello in l'aspra Delo.»

Pindaro[modifica | modifica wikitesto]

Pindaro, poeta del V secolo a.C., fu il primo autore antico a rendere nota una versione più articolata del mito dell'Ortigia egea, la quale però, ormai, è appellata unicamente Delos: osserva la studiosa Maria Serena Mirto, nella sua indagine etimologica su Delos, che sembra come se Pindaro, dando a Delos anche le caratteristiche dell'Ortigia, abbia in qualche modo voluto «correggere la tradizione ‘omerica’» di tenere separato il luogo di nascita di Artemide da quello di Apollo.[40]

Pindaro introduce la figura di Asteria, dea delle stelle e figlia di titani (citata per la prima volta da Esiodo nel suo racconto sulla genesi degli dei, la Teogania esiodea) e durante il racconto del mito narra di come questa si mutò in quaglia e infine divenne l'isola di Ortigia (che Pindaro identifica come l'antica Delos[41]); quindi ai colonizzatori Greci fu concesso dal dio Apollo di «abitare il corpo di Asteria».[42]

Pindaro è anche il primo a legare esplicitamente l'Ortigia siciliana al culto dell'Artemide di Delos/Ortigia egea, poiché nell'ode scritta per celebrare i vincitori dei panellenici giochi funebri (detti giochi Nemei), egli afferma che essa è «sorella di Delos» (Δάλου κασιγνήτα); nella stessa opera la definisce anzitutto «sacro respiro del fiume Alfeo» (Ἄμπνευμα σεμνὸν Ἀλφεοῦ) e «germe di Siracusa» (κλεινᾶν Συρακοσσᾶν θάλος) e, inoltre, «culla di Artemide» (δέμνιον Ἀρτέμιδος), attribuendole grande antichità.[N 9]

Sopra: la fonte Aretusa dell'isola di Ortigia. Sotto: i pesci che la abitano. Nell'antichità quei pesci erano intoccabili, poiché sacri ad Artemide, la dea delle Ortigie[43]

L'Alfeo peloponnesiaco (Arcadia e Elide erano le antiche terre da esso attraversate), che Pindaro lega all'Ortigia siciliana, è un corso d'acqua carico di significato sacro per l'antica Grecia: lì si narra che il dio Hermes condusse i buoi rubati al dio Apollo e sulle sponde dell'Alfeo accese il primo fuoco dell'umanità[44][45][46] e compì il primo sacrificio agli dei[45] (Inno ad Ermete). Lì vi sarebbe nato pure il dio Dionisio,[45] mentre la personificazione di quel fiume, Alfeo figlio di Oceano, era posto in stretta connessione con la dea Artemide, al punto tale che alcuni epiteti di lei erano «l'Alfea, l'Alfeonia e l'Alfeusa».[47][48]

L'Artemide Alfea aveva un culto a Siracusa (sempre Pindaro dichiara la sua isola, Ortigia, «sede di Artemide fluviale»; lì essa aveva il proprio tempio[49]) e si suppone sia stato importato dagli Iamidi, stirpe di indovini che, come informa Pindaro,[50] giunsero da Olimpia e si dicevano discendenti di Iamo/Jamo (figlio di Apollo, nato sulle sponde dell'Alfeo o sul monte di Hermes, il Cillene); costoro avrebbero colonizzato, ancor prima dei Corinzi, l'isola di Ortigia.[48]

Il poeta tebano non conosce - o evita di menzionare - il mito della ninfa Aretusa (non gli è però estranea la fonte Aretusa[N 10]): era costei per i Siracusani l'amata dall'Alfeo, il quale la inseguì dal Peloponneso fino a Ortigia e con essa, tramite l'intercessione di Artemide, mescolò le proprie acque, in perpetuo, nella fonte ortigiana.[52]

Diana (Artemide) cacciatrice e dea della Luna (opera di Pietro Rotari, XVIII secolo)

Per i nativi di Grecia, tuttavia, era Artemide quella che era stata desiderata da Alfeo: i due avevano un altare condiviso nel bosco di Olimpia.[53] In alcuni scoli a Pindaro si può leggere anche che si credeva fosse stata Artemide stessa a giungere in Ortigia, poiché inseguita da Alfeo.[N 11]

Sembra però che in epoca classica non si conoscesse già più il reale significato dell'Artemide venerata sul fiume Alfeo e che la storia d'amore e fuga, in Elide come in Ortigia, sia nata come giustificazione per un culto più arcaico.[54]

Oltre ciò, sebbene non vi sia un fiume Alfeo nell'Ortigia di Efeso, pare che esso fosse presente a Tenedo, nella Troade (da dove sarebbero giunti, secondo alcune antiche fonti, gran parte dei coloni che fondarono Siracusa[N 12]), separata dalla Ionia di Efeso dalla terra dell'Eolide. Lo storico filosofo Zoilo riteneva che Tenedo fosse l'originale sorgente del fiume Alfeo (egli disse che, in maniera carsica, l'Alfeo da Tenedo risorgeva in Arcadia, nel Peloponneso,[56] così come altri autori sostennero facesse lo stesso Alfeo per giungere in Sicilia, inabissandosi nel mar Ionio).

L'isola della Troade (terra comunque connessa al culto solare: famoso era l'Apollo Sminteo di Tenedo, definito da Omero imperatore dei tenedi[57]) nell'antichità era stata nota sia con il nome di Asteria[58][59] - che sarebbe divenuto il medesimo appellativo dell'isola di Delos (Renea/Ortigia) - sia con il nome di Leukophrys: questo appartenne anche alla città di Magnesia al Meandro; conquistata da Efeso in età arcaica, essa sorgeva poco distante dal bosco efesino di Ortigia ed era nota per le sue feste panelleniche in onore della dea della Luna e per il suo tempio di Artemide Leucofriene.

I Magnesi (o Magneti), invitando i Siracusani a partecipare alle Leukophryeneia, sostennero di avere con essi una «syngheneia» (συγγένεια), ovvero un legame di parentela. Quel che accomuna le terre su menzionate, oltre al legame derivato da un forte culto per Artemide, potrebbe essere una comune origine eolica (Tenedo e Magnesia furono fondazioni eoliche).[58][60]

Nicandro di Colofone[modifica | modifica wikitesto]

Nicandro di Colofone, vissuto tra il III e il II secolo a.C., fu un erudito, medico e sacerdote del tempio di Apollo Clario; per via del ruolo religioso ricoperto per tradizione dalla sua famiglia, Nicandro frequentò una zona molto legata all'ambiente ortigiano asiatico, trovandosi il suo santuario apollineo tra le città di Smirne ed Efeso. Ciononostante, egli è indicato come colui che avrebbe tramandato per le Ortigie un'origine più occidentale, ponendola esattamente in Etolia: Nicandro, in età giovanile, avrebbe scritto un poema intitolato Aitolika (egli passò parte della sua vita in Etolia ed alcuni lo dicono nativo di questa terra[61]). L'informazione giunge tramite uno scoliasta di Apollonio Rodio: il poeta alessandrino, contemporaneo di Nicandro e autore de Le Argonautiche, cita nella sua opera principale più volte il nome di Ortigia, riferendosi ad Apollo e quindi al culto solare di Delos.[N 13]

Lo scolio ad Apollonio (Sch. Apollo. Rhod. I, v. 419[62] = fr. 5 Schneider = FGrHist IIIA 271-272) afferma che Nicandro dava una comune origine etolica alle Ortigie: Efeso, Delos e Siracusa avrebbero ereditato questo toponimo da un'Ortigia che sorgeva in Etolia; essa nello scolio è detta «Ὀρτυγίης Τιτηνίδος», ovvero Ortigia Titanide.

Con «Titanide» Nicandro avrebbe potuto voler fare riferimento o all'intera Etolia (intesa come terra epica di giganti o di imprese titaniche[63]) o all'Artemide sinonimo di titani: Nicandro altrove adopera il termine «Τιτηνίς» associandolo ad Artemide, poiché appartenente alla stirpe dei titani,[N 14][64] inoltre negli Inni orfici (VI secolo a.C.) il termine «Artemidi», al plurale, è intercambiabile con quello di «Titanidi».[N 15]

Cicladi: isola di Delo: la terrazza dei leoni, dedicati ad Apollo (VI sec. a.C.)
(GRC)

«"οἱ δ᾽ἐξ Ὀρτυγίης Τιτηνίδος ὁρμηθέντες, οἱ μὲν τὴν Ἔφεσον, οἱ δὲ τὴν πρότερον Δῆλον καλουμένην, ἄλλοι δὲ τὴν ὁμοτέρμονα Σικελίᾳ νῆσον, <...> ὅθεν Ὀρτυγίαι πᾶσαι βοῶνται."
καί ή Δήλος οὖν οὐχ ὡς μεμύϑευται απὸ τῆς ᾿Αστερίας μεταμορφώσεως. τῆς Λητοῦς ἀδελφῆς. ἀλλὰ καϑὸ πᾶσαι Ὀρτυγίαι κατοικίαι εἰσὶ τῆς κατ᾿ Αἰτωλίαν Ὀρτυγίας.»

(IT)

«"Quelli partiti dall'Ortigia Titanide, gli uni Efeso, gli altri la prima Delo nominata, e altri verso l'isola adiacente alla Sicilia, <...> pertanto tutte sono celebrate col nome di Ortigia."
Delo, allora, non è, come si ricorda, la metamorfosi di Asteria, la sorella di Leto, ma come tutte le Ortigie è un insediamento [colonia] dell'Ortigia d'Etolia.»

Etolia: il fiume Eveno (antico Licorma) visto dall'acropoli di Calidone

Un'Ortigia etolica sarebbe stata nota anche agli scoliasti omerici dell'Iliade[66]: viene difatti tramandata l'esistenza di un'«Ortigia nella Calcide» (nel contesto mitologico della contesa tra il dio Apollo e Ida, futuro argonauta, per Marpessa, figlia di Eveno, rapita da Ida in Ortigia) situata non lontana dal fiume etolo Licorma (Eveno, potamoi, ne fece mutare in seguito l'idronimo).

Questa Ortigia, sostengono diversi studiosi,[67] potrebbe essere legata alla città etole di Calidone, la quale si trovava nei pressi della foce del Licorma, all'imboccatura del golfo di Corinto, ed era nota per il culto dell'Artemide Lafria (il Laphrion calidonio comprendeva un tempio di Artemide e uno di Apollo). In tal caso la Calcide ortigiana citata nello scolio omerico sarebbe la Calcide etolica (poco distante sia dal fiume Licorma che dalla città di Calidone):[67]

La Calcide etolica fu fondata, secondo la tradizione, dai Cureti:[68] costoro ne sarebbero stati i primi abitatori, scacciati poi dagli Eoli di Etolo, che conquistarono l'intera regione.[69] I Cureti appaiano dunque connessi al culto di più Ortigie: non solo nell'Ortigia di questa Calcide, ma anche in quella di Efeso si ha loro memoria (i Cureti nell'Ortigia asiatica, secondo gli Efesini, protessero la sacra nascita di Artemide e Apollo, danzando e facendo molto baccano, affinché la gelosa Era non si accorgesse dell'evento).[70]

A prescindere da quanto affermato dallo scolio ad Apollonio Rodio e dalla probabile collocazione dell'Ortigia degli scoli omerici, la maggior parte degli studiosi odierni non reputa comunque veritiera la presunta origine etolica di tutte le Ortigie, leggendo piuttosto nelle parole di Nicandro un intento propagandistico a favore degli Etoli del III secolo a.C.[71][N 16][N 17]

Nelle fonti storiografiche d'epoca romana[modifica | modifica wikitesto]

Ortigia e Orione[modifica | modifica wikitesto]

Delos nel tempo consolida il suo connubio con Ortigia: dopo Pindaro, identificarla con l'isola delle quaglie diventa una consuetudine. Già nella Biblioteca dello pseudo-Apollodoro, risalente al I secolo a.C., in epoca romana, si colloca a Delos,[72] in quanto Ortigia, la morte del gigante Orione, dando nuovo seguito alle parole di Omero, il quale, nell'VIII secolo a.C. circa, associava Orione all'Ortigia appartenente all'Artemide dall'aureo trono, tuttavia egli non l'ha mai chiamata Delos.[73] L'ambientazione nelle Cicladi dell'Ortigia di Orione, proposta fin dagli albori dell'epoca romana, non trova unanimi consensi tra gli studiosi.[74]

La costellazione di Orione: il gigante mitologico che la rappresenta fu ucciso in Ortigia (da alcuni identificata con Delo; per altri la sua identificazione resta incerta)

L'uccisione del cacciatore celeste ha molte versioni, ma nella loro quasi totalità Artemide è contemplata come la sua artefice,[75] volontaria o involontaria: nella versione riferita da Istro il Callimacheo la dea dell'Ortigia viene tratta con l'inganno dal geloso gemello Apollo a trafiggere con le sue frecce il gigante figlio di Poseidone.[76]

Proprio la figura di Orione consentirebbe di identificare, in maniera più solida, l'Ortigia di Esiodo con l'Ortigia siciliana: difatti «colui che di Poseidone possente fu figlio» (cit. Esiodo fr. 150, v. 27[77]), che il poeta beotico menziona subito dopo aver citato l'Ortigia che segue il vulcano scosceso, potrebbe riferirsi a Orione (noto figlio del dio dei mari); egli, si apprende sempre da un frammento di Esiodo,[78] formò il promontorio che nello Stretto di Messina avvicina la Sicilia all'Italia, chiamato Capo Peloro, e vi edificò il tempio di Poseidone, molto venerato dalle popolazioni del luogo, dopodiché passò in Eubea (terra confinante con la Beozia, della quale sarebbe nativa la figura di Orione).[78]

Peloro designa l'area siciliana dell'antica città dalle origini calcidesi euboiche Zancle,[79] poi Messana, detta peloritana; in Omero il termine Peloro è epiteto di Orione, detto πελώριος (pelorios), ad indicarne la forza e la statura straordinarie.[80][N 18]

Il frammento di Esiodo su Orione al Peloro viene tramandato dalla Bibliotheca historica di Diodoro Siculo, storico del I secolo a.C.[84], che ricorda come Orione venne reso immortale, poiché giunto tra le stelle (ovvero il mito tramanda la sua trasformazione nella costellazione di Orione ad opera degli dei; per alcune fonti ciò avvenne su richiesta di Artemide[85] o ad opera di Artemide[86]).

Diodoro, inoltre, introduce la leggenda degli Iperborei posta in relazione con l'isola di Delos: lo storico d'epoca romana, nel descrivere la mitica Iperborea, afferma che in essa vi sarebbe nata Leto, la titanide madre di Artemide e Apollo, e che questo antico popolo frequentasse i Delii. Gli Iperborei veneravano il dio del Sole Apollo, poiché nell'Iperborea il figlio di Leto si recò subito dopo la nascita, giungendovi su un carro trainato da cigni.[87]

Già Erodoto (storico di V secolo a.C., contemporaneo di Pindaro ) aveva descritto nel dettaglio questo legame tra i Delii e gli Iperborei (così come Callimaco, che segue la tradizione erodotea[88]): per il contesto ortigiano risulta di particolare interesse la sua narrazione riguardo la venuta a Delos di due vergini iperboree, di nome Arge e Opis, accompagnate dagli dei dell'Ortigia, Apollo e Artemide.[89] Su quest'isola le tombe delle iperboree vennero posizionate vicino al tempio di Artemide, divenendo motivo di culto.[89]

La figura di Opi, secondo pseudo-Apollodoro, si riallaccia al mito dell'uccisione di Orione: il cacciatore celeste sarebbe stato ucciso a Delos da Artemide perché avrebbe tentato di fare violenza all'iperborea Opi.[72] In altre versioni, tuttavia, è Artemide a essere aggredita da Orione; si è quindi supposto che Opi fosse in realtà un epiteto della dea della Luna: a Efeso Artemide era detta Opi.[90][91]

Il contesto iperboreo non sarebbe stato estraneo alla dea di Ortigia, in quanto figlia dell'iperborea Leto e gemella del nume venerato dagli Iperborei, Apollo. Secondo Pindaro anche Artemide soggiornò nell'Iperborea.[92]

Ovidio, Igino e Solino[modifica | modifica wikitesto]

Durante l'età augustea il poeta antico romano Publio Ovidio Nasone pubblica l'opera Le metamorfosi: Ovidio accenna appena al fatto che la dea delle stelle, la titanide Asteria, per sfuggire alle brame di Giove (Zeus) si mutò in una quaglia[93] (il mito di Asteria/Ortigia, introdotto inizialmente da Pindaro, viene approfondito da altri autori antichi,[94] tra i quali risulta di particolare interesse il romano Servio Mario Onorato, che nella sua esegesi a un passo virgiliano spiega come la quaglia Asteria venne trasformata in pietra e precipitata sul fondo del mare da Giove e che solo dopo molte preghiere da parte di Latona, sorella di Asteria, l'isola poté riemergere dalle acque[95]). Il testo di Ovidio (libro I, vv. 435-450) si sofferma piuttosto sull'origine del drago-serpente Pitone, sorto dal fango della terra a seguito del diluvio di Deucalione e Pirra, e lo dice ucciso dalle frecce dell'Apollo appena nato.[96]

I gemelli Apollo e Diana, dio del Sole e dea della Luna, nati in Ortigia (affresco di Giovanni Battista Tiepolo, XVIII secolo)

Deucalione e Pirra, superstiti del diluvio, secondo Ovidio toccarono terra con una barca sulle cime del Parnaso,[97] ed è su quel monte, che domina la città di Delfi, che Apollo uccise Pitone.[97]

Il legame tra Pitone e Apollo, il Parnaso e Ortigia lo si rinviene anche nelle Fabulae:[98] questa raccolta, in lingua latina, si riferisce alla mitologia greca e la sua attribuzione viene definita incerta: il suo autore potrebbe forse essere Gaio Giulio Igino - in tal caso l'opera sarebbe quanto meno contemporanea de Le metamorfosi di Ovidio - oppure potrebbe trattarsi del più tardo Igino detto Astronomo; autore romano del II secolo d.C. In ogni caso l'Igino delle Fabulae parla della lotta tra Pitone e Apollo, ma prima egli descrive di come la gelosa moglie di Giove, Giunone (Era), ordinò al drago-serpente di uccidere Latona (Leto), ancora incinta dei gemelli (inoltre Giunone, afferma la tradizione, aveva vietato a tutte le terre di accogliere la partoriente Latona, ma l'isola di Ortigia disattese questo ordine;[99] Igino invece dice che l'Ortigia di Latona era una terra non toccata dal sole, per tale motivo la titanide vi poté partorire[98]).

L'oracolo di Delfi (considerato l'ombelico del mondo) aveva predetto a Pitone, secondo Igino, la morte per mano di un figlio di Latona, egli voleva quindi impedire la sacra nascita, ma il vento nordico Aquilone (Borea), su ordine di Giove, prese Latona e la condusse da Nettuno (Poseidone), il quale le diede riparo in Ortigia e sommerse l'isola sotto le onde per occultarla. Pitone allora se ne tornò sul Parnaso. Dopo la sua nascita, passati quattro giorni, Apollo con le sue frecce vendicò le pene patite dalla madre, uccidendo Pitone. Apollo a seguitò di ciò istituì i giochi pitici e si disse Pizio.[98]

Gaio Giulio Solino, scrittore romano del III secolo, nella sua raccolta di cose memorabili (Collectanea rerum memorabilium o De rebus mirabilibus) rammenta origini diluviane per Ortigia (11, 18[100]): il testo di Solino, che come molti altri del suo tempo identifica Delos con Ortigia, afferma che durante i giorni di Ogige (un arcaico personaggio sovrano della Beozia o dell'Attica) si verificò un diluvio che oscurò i cieli della Terra per più di nove mesi.[101]

Delle quaglie (Coturnix coturnix) fotografate in India: la quaglia è il simbolo di Ortigia

I primi raggi del Sole furono rivisti nell'Ortigia egea, dice Solino,[102] e per questo l'isola cambiò il proprio nome in Delo, la «manifesta».[103] Lo storico tardo-romano specifica nel suo testo che quello di Ogige fu il primo diluvio, poiché egli lo distingue da quello dei tempi di Deucalione, che sarebbe avvenuto solo in seguito.[101]

Solino fornisce inoltre la seguente spiegazione sul toponimo dell'Ortigia delle Cicladi: poiché la quaglia, che in lingua greca è detta «Oρτυξ» (Ortyx), fu vista per la prima volta su quest'isola, essa prese il nome del volatile e fu chiamata Ortigia[101][104] (la medesima spiegazione era già stata fornita da Servio Mario Onorato[105] il quale afferma che «Ortigia» fu il toponimo più vecchio di Delo[105]).

Solino attribuisce un altro primato all'isola egea: lì si sarebbe trovato, o scoperto, per la prima volta il fuoco, per questo essa, oltre che Ortigia, Asteria e altri diversi toponimi, era detta Pirpile:[101] stessa notizia era già stata data tempo prima da Plinio il Vecchio (I secolo), che parlando di Delo, enumerando tra le sue denominazioni quella di Ortigia (Plin. Nat. hist. IV, 67), informa poco prima che il suo toponimo Pyrpylen (che deriverebbe dalle parole «Pyr», fuoco, e «pylè», porta; dunque «porta del fuoco»[103][106]) stava a significare la scoperta del fuoco («Pyrpylen igni ibi primum reperto»: Plin. Nat. hist. IV, 66);[103] secondo alcuni studiosi odierni ciò era dovuto al fatto che gli antichi ponevano a Delo la nascita di Apollo, associato alla luce, al Sole, quindi al calore e al fuoco.[106]

Artemide, la dea di Ortigia[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Artemide.

«[...] il mito nomina ancora altre contrade lontane e favolose, precisamente Ortigia, che viene designata come suo [di Artemide] paese natale (Inno omerico ad Apollo Delio, 16), e a diversi luoghi, tra i quali uno presso Efeso, ella diede pure il nome (cfr. O. Kern., Die Religion der Griechen, Berlin, 1926, I, p. 103). Ortigia prende il nome dalle quaglie, uccelli sacri ad Artemide, che tornano a stormi ogni primavera sulle coste e isole greche. L'uccello migratore è un simbolo della dea delle lontananze. Suo regno è la selva sconfinata. Fa parte della sua ritrosia la sua verginità. [...] In Omero le viene conferito [ad Artemide] il titolo onorifico di ἁγυή (cfr. Odissea, 5, 123; 18, 202; 20, 71), parola nella quale confluiscono i significati di sacro e puro e che è specificatamente adoperata per gli elementi immacolati della natura. In Omero, oltre ad Artemide, viene designata così solo la nobile regina dei morti, Persefone.»

Hermes, in qualità di psicopompo, riconduce Persefone dalla madre Demetra, ciò sancisce il ritorno della primavera. Artemide appare, soprattutto nell'Ortigia siracusana, connessa anche lei a questo evento (dipinto di Frederic Leighton, XIX sec.)

Artemide è la divinità di Ortigia, indubbiamente venerata in ciascuna delle antiche Ortigia o Ortigie conosciute. Il suo culto ha molte sfaccettature e definire la sua natura risulta alquanto complesso.

Artemide è potnia theròn (signora degli animali), signora dei montiche le montagne siano mie» dichiara la dea nell'inno di Callicamo a lei dedicato[107]), dei fiumi, di lagune e paludi, della vegetazione. È anche dea dei passaggi rituali e dei confini culturali.[108] Alle volte le viene attribuito il titolo di «guida» o «colei che indica il cammino»; in questi suoi aspetti Artemide si accosta a Hermes.[109] Altre volte ella appare molto vicina alla dea Persefone/Kore, figlia di Demetra (la dea dei cereali, dell'agricoltura) e regina dell'Ade.[N 19]

L'aspetto mortifero le deriverebbe dalla sua associazione con la Luna: difatti la divinità lunare è legata alla morte e all'aldilà. Al contempo, sarebbe sempre la Luna a conferirle gli aspetti di protettrice e signora della vita vegetale, animale e umana (da qui il suo essere anche dea delle partorienti).[113]

Queste caratteristiche peculiari accostano Artemide ad altre deità lunari di altri luoghi geografici, con la particolarità però che in diversi casi si tratta di divinità lunari maschili: è il caso del mesopotamico Sin o Nanna (signore della Luna, dei mesi e padre dei destini degli uomini) o dell'egizio Thot (signore della Luna, della misurazione del tempo e della sapienza[N 20]) o dell'anatolico Men (signore della Luna, dei mesi, del cielo, della vegetazione, del bestiame e associato all'oltretomba[114]).

Scultura di Artemide/Diana collocata all'interno delle serre reali di Laeken (opera di Gabriel de Grupello, XVII sec.); la dea di Ortigia è inoltre signora della vegetazione

In quanto dea della Luna Artemide è strettamente legata al Sole, quindi è gemella di Apollo, ed è connessa alla luce degli astri: essa governa l'astro notturno.

La dea di Ortigia veniva festeggiata dagli antichi in occasione dell'equinozio di primavera: le era sacro il nono mese del calendario attico, elafebolione, detto dagli Ioni e dai Dori mese di artemiṡióne, o artemisio (tra marzo e aprile)[115]. In questo mese a Siracusa si festeggiava l'«Artemide messaggera», detta in greco antico Αγγελου (angelo): essa si suppone fosse connessa al ritorno di Persefone in superficie dall'Ade; l'Artemide Αγγελου ne annunciava la venuta e quindi il risveglio della terra e l'avvento della primavera.[116]

A Efeso, nella Ionia, Artemide aveva invece più l'aspetto di una Grande Madre: il culto dell'Artemide Efesia era differente da quello occidentale, mentre nell'Ortigia siciliana la dea era una figura virginale, nell'Ortigia asiatica essa assumeva sembianza matronale; una dea della fertilità per la terra, animali e uomini.[113] Artemide diventava anche guerriera tra gli Spartani: tra essi era nota come Ortia (ricollegabile forse al nome di Ortigia); le si offrivano sacrifici cruenti ed era considerata la dea della società spartana.[117] Il termine «Ortia» potrebbe voler significare «diritto, erto» (poiché un'arcaica statua di Artemide in legno era stata rivenuta dagli Spartani dritta poiché avvolta da viticci).[118] In forma maschile, Ortio o Orto, sarebbe stato anche un epiteto del dio Dionisio (o Bacco), chiamato così nel suo tempio ad Atene, e avrebbe avuto il medesimo significato etimologico di Ortia (poiché il dio insegnò a mescolare l'acqua con il vino e chi ne beveva camminava dritto).[119]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Note esplicative
  1. ^ Delos significherebbe la luminosa o la manifesta; nome che le sarebbe stato dato per il culto del dio Sole Apollo, che qui, secondo la tradizione greca, sarebbe nato. Parte della storiografia moderna sostiene che «Asteria» e «Delos» abbiano per l'isola egea il medesimo significato, ovvero il risplendere: Asteria era il suo nome celeste, per gli dei, mentre Delos era il suo nome per gli uomini.[8]
  2. ^ Diodoro Siculo e Publio Ovidio Nasone danno all'accostamento tra Artemide e Ortigia grande rilevanza, al punto tale che essi, parlando della denominazione dell'isola di Siracusa, ne fanno derivare il nome da Artemide/Ortigia: Diodoro Siculo dice che l'Ortigia siciliana si chiamò così perché lo decisero gli oracoli e gli uomini dopo che seppero che essa era stata consacrata ad Artemide;[12] Ovidio invece fa dire alla ninfa Aretusa che la sua nuova patria, Ortigia, aveva tratto il nome dalla sua dea (Aretusa era una ninfa al seguito di Artemide in terra d'Elide), ovvero da Diana (Artemide)/Ortigia.[13]
  3. ^ Ai tempi di Omero doveva ancora verificarsi l'accostamento che posteriormente i Greci avrebbero fatto tra Delos e Ortigia; esse erano ancora due realtà distinte e separate e non va quindi dato per scontato che i versi di Omero parlassero delle isole delle Cicladi. ll filologo classico Erwin Rohde, nella sua opera Psiche, chiarisce:

    «...Delo è nettamente distinta da Ortigia, h. Apoll., 16; soltanto più tardi viene identificata con Ortigia.»

    Citando Otto Schneider (Nicandr., p. 22 nota), Rohde sostiene inoltre che, nel contesto delio, il termine Delos sia più antico del termine Ortigia e che quindi l'isola delle Cicladi abbia accostato a sé questo nome solo in seguito.
  4. ^ Se il giro del Sole di Omero sia da riferirsi però all'alba o al tramonto resta incerto: Eustazio di Tessalonica, come in seguito diversi altri studiosi, sosteneva si trattasse del tramonto. Cfr. in Francesco Soave, L'Odissea di Omero, tomo 1, 1805, p. 242 e in Carlo Castone della Torre di Rezzonico (a cura di Francesco Mocchetti), Opere, vol. 6, 1818, pp. 225-226.
  5. ^ L'isola di Siros, nelle Clicladi, è l'ipotesi più gradita agli storici d'ogni tempo: essa sorge molto vicino a Delo, l'isola sacra ad Apollo. Lì si sostiene che nacque Ferecide di Siro, (maestro di Pitagora), che su quell'isola costruì una meridiana proprio per osservare il movimento del Sole.[19]
  6. ^ Siracusa e Ortigia restano - essenzialmente per il binomio che compongono - il contraltare principale a Siros e Delos/Renea (Ortigia). Esse sono prese in considerazione da chi propende per un'ambientazione occidentale dell'Odissea. Diversi gli argomenti spesi a favore di questa ipotesi, tra i quali l'accostamento al culto degli astri praticato nell'antica polis (durante l'età dionigiana i Siracusani presero a effigiare la stella Sirio, circondata dal simbolo solare dei delfini, sulle proprie monete, accostandola al loro primitivo nome di Syra),[20] oltre alla sua posizione naturale rispetto al calare del Sole.[21]
  7. ^ Una deduzione che è comunque contestata[22] e che trae origine dagli omerici Arimi (Omero li cita nell'Iliade), spesso identificati con gli Aramei, gli antichi abitatori della Siria.[23] Già Strabone (13.4.6) si domandava se Omero si stesse riferendo agli Arimi di Siria o a quelli di Cilicia. Gli Arimi di Omero sono un popolo citato anche da Esiodo; entrambi i poeti epici lo mettono in correlazione con il mito di Tifone/Tifeo. Ma altri studiosi odierni sostengono che gli Arimi siano un popolo immaginario e che vada collocato in Occidente (lo stesso mito di Tifone/Tifeo avrebbe il suo finale in Sicilia, tramite l'Etna, che sarebbe citata nella Teogonia di Esiodo).[24]
  8. ^ In un contesto che vedeva una sorta di lotta di stirpe tra Dori e Ioni, i Siracusani rifondarono Catania dandole il nome di Aitna e in seguito, quando i Catanesi si ripresero la loro città, i Dori assegnarono questo nome a Inessa; incerta località nei pressi del vulcano.
  9. ^ I versi della Nemea I pindarica sono stati interpretati in svariati modi. Ciò che appare evidente è comunque l'intenzione del poeta tebano di unire il culto delle Ortigie. Di seguito una traduzione di Pindaro ad opera di Antonio Bianchi (conservata presso la biblioteca nazionale austriaca):

    «Sacro d'Alfeo respiro, o de la bella
    Siracusa, Ortigia, primo ornamento,
    Sede augusta di Artemide,
    Di Delo alma sorella!
    Il mellito inno mio prende argomento
    Da te, per celebrar l'inclito onore
    Dei destrier procellipedi,
    A' quai di Giove Etneo rise il favore.
    Chè a tesser (premio di vittoria) i cantici
    Oggi Nemèa m'istiga [...]»

  10. ^ Egli la cita nella Pitica, III, scritta in onore di Ierone I di Siracusa, vincitore nei giochi panellenici:

    «Andrei pel flutto Ionio
    Là dove scorre d'Aretusa il fonte.
    L'amico etnèo qui modera
    I siculi destini;»

  11. ^ Schol. Pind. Nem. 1, 3; schol. Pind. Pyth. 2, 12a:
    (GRC)

    «ποταμίας ἕδος: τῆς Ἀλφειώας. φασὶ γάρ τινες Ἀλφειὸν ἐρασθέντα τῆς θεοῦ καὶ διώξαντα ἄχρι τῆς Ὀρτυγίας παύσασθαι. ὅθεν Ἀλφειώας Ἀρτέμιδος ἐκεῖ φασιν εἶναι ἱερὸν, ἥν νῦν ποταμίαν εἶπεν»

    (IT)

    «Sede [sc. di Artemide] fuviale: dell'Alfeioa. Alcuni dicono infatti che Alfeo, innamoratosi della dea e inseguitala fino a Ortigia, là si fermò. Per questo dicono che in quel luogo c'è un tempio di Artemide Alfeioa, che qui definisce ‘fluviale’»

  12. ^ Questa notizia la si ritrova in Aristotele (fr. 594 Rose), in Pausania il Periegeta (II 5, 4) e in Strabone (8, 6, 22). Vi sono però tra le versioni alcune differenze: Aristotele e Pausania affermano che questi coloni avevano origini troiane, poiché da Tenedo fondarono Tenea, dopo che Agamennone, conquistata la città di Troia, diede ai superstiti il permesso di trasferirsi nella Corinzia. Strabone, invece, evita di menzionare un'origine troiana dei teneati e piuttosto, ponendoli ugualmente in connessione con la fondazione di Siracusa (afferma che costoro seguirono l'ecista Archia), ne sottolinea il culto per il dio del Sole Apollo.[55]
  13. ^ Gli Argonauti in Apollonio Rodio parlano di Ortigia quando Giasone, distogliendo gli occhi dalla sua patria, dalla nave sente i garzoni invocare cori e suonare la cetra in onore di Febo (Apollo) Delfo, Ortigiano e Ismeno (Argonautiche, I, vv. 670-675) e poi ancora quando, naufragati in mare, per avere salva la vita, Giasone invoca l'aiuto di Apollo, promettendo grandi doni ai santuari di Delfi, di Amicle e di Ortigia (Argonautiche, IV, vv. 2240-2245). A differenza del più antico Esiodo, Apollonio si limita ad «abbozzare» l'inseguimento dei Boreadi alle Arpie (Debiasi, Esiodo e l'occidente, 2008, p. 116, n. 56.); egli quindi non menziona l'Ortigia - luogo fisico esiodeo - posta nell'area del monte di Atlante e del vulcano scosceso.
  14. ^ Ciò viene indicato anzitutto da uno scoliasta di Nicandro: Sch. Nic. Ther. 13b. Lo scoliasta, tuttavia, probabilmente erra nella genealogia di Artemide, in quanto scambia Ceo, titano dell'intelletto, per lo sposo di Leto, mentre una consolidata tradizione lo dice padre di Leto e marito della titana della saggezza profetica, Febe. Cfr. C. Biagetti, Fra Eveno e Tafiasso: leggende, territorio e storia ai confini dell'Etolia in Ethne, identità e tradizioni: la "terza" Grecia e l'Occidente (a cura di), 2011, p. 528, n. 39.
  15. ^ L'inno orfico (H. Orph. 36, 2; cf. Euseb. Praep. Ev. 1, 10, 23) fa delle Artemidi, o Titanidi, le sette figlie di Crono e Astarte. Cfr. C. Biagetti, Fra Eveno e Tafiasso..., 2011, p. 528, n. 39.
  16. ^ Vd. al riguardo anche Ignazio Cazzaniga, il quale, tuttavia, non ritiene così improbabile la veridicità di una passata colonizzazione etole delle Ortigie (1973, pp. 361-362 e 374-376):

    «[...] la notizia (da intendersi, βοῶνται in quanto colonie d'Ortygia etola: cf. lo scholion!) è di rarità tale da non essere affatto accettata dai nostri studiosi di protostoria italiota (per quanto concerne la colonizzazione etola almeno di Siracusa).»

  17. ^ Il passo nicandreo fu nel XV secolo oggetto degli studi dell'erudito Tommaso Fazello: costui vide nel termine «omothermon» (ὁμοτέρμονα), rivolto effettivamente all'isola di Siracusa, un riferimento all'acqua calda: da «thermon», terme, che egli tradusse come «bagni» dell'isola e lo disse primo nome di quell'Ortigia (detta quindi Homothermon o Omotermona). La sua teoria ha avuto ampio seguito fino alla soglie dell'epoca contemporanea (vd. le varie opinioni al riguardo in Antonio Mongitore, Della Sicilia ricercata nelle cose più memorabili, cap. Bagni di Siracusa, 1743, pp. 275-276): odiernamente si sostiene invece che il termine ὁμοτέρμονα sia una parola più che altro tecnica, il cui significato esprime la vicinanza di un luogo ad un altro (ciò lo si deduce dall'uso che ne fa Platone nel suo dialogo delle Leggi: 842 e. Vd. Ignazio Cazzaniga, 1973, p. 361).
  18. ^ Secondo gli studi di Emanuele Ciaceri la lepre che compare sulle monete di Zancle e di Reghion durante l'età di Anassila (che dominò le città dello Stretto nel V secolo a.C.), sarebbe un ulteriore e discreto rimando all'arcaico mito di Orione al Peloro: la lepre difatti è associata al cacciatore celeste.[81] L'astronomo antico Eratostene di Cirene afferma che fu il dio Hermes a creare la costellazione della lepre,[82] essa fu posta sotto quella di Orione, e insieme alla stella Sirio, detta Stella del Cane (il fedele compagno di Orione, mandato anch'esso tra le stelle), forma un'unica zona celeste che nell'antichità era nota come Kynegia (ή κυνηγία) «la caccia».[83]
  19. ^ Per diverse fonti antiche[110] Artemide era sorella di Persefone (e qualche scoliasta la dice essere la stessa Persefone[110]). Diodoro Siculo sostiene che l'Ortigia siciliana fu donata ad Artemide su volere di Persefone e Atena (Bib. hist. V, 3, 4). Diodoro inoltre informa che secondo alcuni poeti - tra i quali Pindaro, ma pure secondo lo storico Plutarco[111] - l'intera Sicilia apparteneva a Persefone, poiché le fu donata da Zeus per le nozze con Ade.[112]
  20. ^ La figura di Thot è stata in seguito dai Greci e dai Latini accostata a Hermes e Mercurio (che per i Latini rappresentava lo stesso Hermes), dio del logos, il quale tuttavia non annovera tra i suoi domini la Luna; questa appartenente ad Artemide/Diana. La figura lunare di Thot è confluita invece nella dea egizia Iside, madre di Oro (Horus), il falco del cielo, e moglie di Osiride, dio del Sole.
Riferimenti
  1. ^ a b Strabone, Geografia, X 5, 5.
  2. ^ a b Renea, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  3. ^ Tacito, Annali, III 61; Strabone, Geografia, XIV 1, 20.
  4. ^ Nicandro (schol. Apollo. I 419) = Archivio storico siciliano, vo. 14, 1889, p. 353.
  5. ^ Fanodemo FGrHist 325 F 2. Cfr. Callimachea I: atti della prima Giornata di studi su Callimaco: Roma, 14 maggio 2003, 2006, p. 204; Tra Oriente e Occidente: studi in onore di Elena Di Filippo Balestrazzi, 2006, p. 231, n. 16.
  6. ^ Gaio Giulio Solino, De rebus mirabilibus (LA) XI, 18 in Memorie della Reale Accademia delle scienze di Torino, 1906, p. 73.
  7. ^ Margherita Guarducci, Latona, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Maria Serena Mirto, La storia sacra dell'isola stella: Delo e i suoi nomi, p. 418, in il Nome nel testo. Rivista internazionale di onomastica letteraria (a cura di), n. XIX, Pisa ottobre 2017.
  8. ^ Cfr. varie fonti al riguardo in Maria Serena Mirto, La storia sacra dell'isola stella: Delo e i suoi nomi, pp. 413-429, in il Nome nel testo. Rivista internazionale di onomastica letteraria (a cura di), n. XIX, Pisa ottobre 2017.
  9. ^ Pindaro, fr. 52e, 38-42 (Peana V) in Maria Serena Mirto, La storia sacra dell'isola stella: Delo e i suoi nomi, pp. 413-429, in il Nome nel testo. Rivista internazionale di onomastica letteraria (a cura di), n. XIX, Pisa ottobre 2017.
  10. ^ Callimachea I: atti della prima Giornata di studi su Callimaco: Roma, 14 maggio 2003, 2006, p. 198.
  11. ^ Giulio Giannelli, Ortigia, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  12. ^ Diodoro Siculo, Bib. Hist. V 3,3-4. Cfr. Anna Maria Corradini, Enna: storia e mitologia attraverso le fonti classiche, 1991, p. 20. Vd. anche Vito Teti, Storia dell'acqua, 2013, p. 48.
  13. ^ Ovidio, Le metamorfosi, libro V, vv. 495-499. Cfr. Vittorio Sermonti, Le Metamorfosi di Ovidio, 2014; Letteratura, lingua e società in Sicilia: studi offerti a Carmelo Musumarra, 1989, pp. 16-19.
  14. ^ Analisi del testo e annotazioni in Vincenzo Di Benedetto, Omero, Odissea, 2013, p. 402.
  15. ^ Walter Friedrich Otto, Gli dèi della Grecia, 2016, Artemide.
  16. ^ G. S. Kirk , J. E. Raven , M. Schofield, The Presocratic Philosophers - A Critical History with a Selection of Texts (EN) , 1983, p. 55, n. 3.
  17. ^ Maria Grazia Ciani, Omero - Odissea, 2010; Morena Deriu, Nēsoi. L’immaginario insulare nell’Odissea in Lexis Supplementi - Studi di Letteratura Greca e Latina, p. 57.
  18. ^ Vincenzo Di Benedetto in Omero - Odissea, 2010, p. 822.
  19. ^ Fonti a confronto in Mario Zambarbieri, L'Odissea com'è: lettura critica, vol. 2, 2004, pp. 193-194.
  20. ^ Approfondimento in La Sicilia dei due Dionisî - atti della Settimana di studio, Agrigento, 24-28 febbraio 1999 (a cura di), 2002, pp. 33-45.
  21. ^ Vincenzo Di Benedetto in Omero - Odissea, 2010, pp. 822-823.
  22. ^ Giorgio Levi Della Vida in Aramei, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  23. ^ Cesare Cantù, Documenti alla storia universale, 1854, p. 60; Nuova enciclopedia italiana, 1886, p. 976.
  24. ^ Andrea Debiasi, Esiodo e l'occidente, 2008, pp. 94-97; Anna Ferrari, Dizionario dei luoghi del mito, 2012, Etna.
  25. ^ Aššur (Ashshur), in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  26. ^ Cfr. Omero , Odissea, vol . IV , libri XIII - XVI, a cura di Arie Hoekstra, trad. ita. di G. Aurelio Privitera, Fondazione Lorenzo Valla, Verona, 1993 (1984), p. 264 = Giuseppe Zanotto p. 17 in Lingue culture mediazioni (LCM Journal) (2021). 8/1: La Grecia degli altri: percorsi letterari, geografici e culturali nella Grecia contemporanea; Mario Zambarbieri, L'Odissea com'è: lettura critica, vol. 2, 2004, p. 193.
  27. ^ Cfr. anche in Atti - Classe di scienze morali, lettere ed arti, vol. 57, n. 2, 1999, p. 168 e in Antonio Aloni, Massimiliano Ornaghi, Tra panellenismo e tradizioni locali: nuovi contributi, 2011, p. 375.
  28. ^ a b Esiodo, testo greco e italiano in Antonio Aloni, Massimiliano Ornaghi, Tra panellenismo e tradizioni locali: nuovi contributi, 2011, p. 375.
  29. ^ Cit. Cesare Cassanmagnago, Esiodo - Tutte le opere e i frammenti, 2009, p. 347.
  30. ^ Lorenzo Braccesi, Terra di confine: archeologia e storia tra Marche, Romagna e San Marino, 2007, p. 124; Aurelio Peretti, Dall'Eridano di Esiodo al retrone Vicentino, 1994, p. 36; Attilio Mastrocinque, L'ambra e l'Eridano, 1991.
  31. ^ Società Geografica Italiana, Bollettino, 2005, p. 574.
  32. ^ a b c Antichistica 31 - Filologia e letteratura 4 - ΦΑΙΔΙΜΟΣ ΕΚΤΩΡ (a cura di Enrico Emanuele Prodi e Stefano Vecchiato), Bruno Currie, Typhoeus and Etna in Hesiod, Pindar, and (Pseudo-)Aeschylus (EN) , 2021, p. 80.
  33. ^ Geografia I 2, 14 = Eratostene I B 3 Berger.
  34. ^ Andrea Debiasi, Esiodo e l'occidente, Hesperìa 24, 2008, cap. III, Aitnh παιπαλόεσσαν - Esiodo e la Sicilia, p. 77.
  35. ^ Cfr. es. Atti - Classe di scienze morali, lettere ed arti, vol. 57, n. 2, 1999, p. 168; Antonio Aloni, Massimiliano Ornaghi, Tra panellenismo e tradizioni locali: nuovi contributi, 2011, p. 375.
  36. ^ Andrea Debiasi, Esiodo e l'occidente, Hesperìa 24, 2008, cap. III, Aitnh παιπαλόεσσαν - Esiodo e la Sicilia, p. 78.
  37. ^ Atti - Classe di scienze morali, lettere ed arti, vol. 57, n. 2, 1999, p. 168.
  38. ^ In Saggi di dissertazioni accademiche pubblicamente lette nella nobile Accademia Etrusca dell'antichissima Città di Cortona, Tomo IV, Roma, pp. 149-234.
  39. ^ Trd. ita in Omero, col supplimento di Quinto Calabro, Virgilio (Homerus, Publius Vergilius Maro, Quintus: Smyrnaeus), 1833, p. 287.
  40. ^ Cit. e cfr. in Maria Serena Mirto, La storia sacra dell'isola stella: Delo e i suoi nomi in il Nome nel testo. Rivista internazionale di onomastica letteraria (a cura di), n. XIX, Pisa ottobre 2017, p. 418.
  41. ^ Pindaro, fr. 52h, 47-48 in Maria Serena Mirto, La storia sacra dell'isola stella: Delo e i suoi nomi, pp. 413-429, in il Nome nel testo. Rivista internazionale di onomastica letteraria (a cura di), n. XIX, Pisa ottobre 2017.
  42. ^ Pindaro, fr. 52e, 38-42 (Peana V) in Maria Serena Mirto, La storia sacra dell'isola stella: Delo e i suoi nomi, pp. 413-429, in il Nome nel testo. Rivista internazionale di onomastica letteraria (a cura di), n. XIX, Pisa ottobre 2017.
  43. ^ Diodoro Siculo, V, 3. Cfr. Georg Friedrich Schömann (trad. di Rodolfo Pichler), Antichità greche, vol. III, 1877, p. 98.
  44. ^ Sabrina Colabella, La terra e l'εὕρησις del fuoco nella Grecia Antica in Humanitas (a cura di), 2016.
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  48. ^ a b Karl Otfried Müller, Prolegomeni allo studio scientifico della mitologia., 1991, p. 97.
  49. ^ Pindaro, Pitica, II, 7. Karl Otfried Müller, Prolegomeni allo studio scientifico della mitologia., 1991, p. 97.
  50. ^ Pindaro, Olimpica VI. Vd. Giuseppe Fraccaroli, Le odi di Pindaro, 1894, pp. 234-236; Istituto italiano per gli studi storici, Annali, vol. 12, 1991, p. 95.
  51. ^ Trad. ita di Giuseppe Borghi, Le odi di Pindaro, 1831, p. 128.
  52. ^ Cfr. le varie versioni della nota leggenda in Federica Bessone, L’illusione del lettore. Aretusa e i suoi racconti in Ovidio, Metamorfosi 5 in Dictynna - Revue de poétique latine, 2020.
  53. ^ Pausania, V, 14, 5, Scol. Pindaro, Nem. 1, 3; Olymp. 5, 10. Cfr. argomento in Karl Otfried Müller, Prolegomeni Mitologie Scientifica, 1991, p. 97.
  54. ^ Federica Bessone, L’illusione del lettore. Aretusa e i suoi racconti in Ovidio, Metamorfosi 5 in Dictynna - Revue de poétique latine, 2020, n. 12.
  55. ^ Cfr. in Roberto Sammartano, Magnesia sul Meandro e la “diplomazia della parentela” (PDF), su unipa.it. URL consultato il 18 gennaio 2023. e in Dal mito alla storia. La Sicilia nell’Archaiologhia di Tucidide. Atti del VIII Convegno di studi (Triskeles - Collana di studi archeologici) (PDF), su antoniorandazzo.it. URL consultato il 18 gennaio 2023.
  56. ^ Zoilo, Encomio dei Tenedi in Strabone VI 2, 4 = FGrHist 71, F 1. Cfr. in Roberto Sammartano, Magnesia sul Meandro e la “diplomazia della parentela” (PDF), su unipa.it. URL consultato il 17 gennaio 2023.
  57. ^ Omero, Iliade, I, vv. 46-49, trad. di Vincenzo Monti. Strabone, 13, p. 604. Cfr. Bulletin de l'Institut de correspondance archeologique, 1848, p. 176.
  58. ^ a b Giovanni Checozi, Dissertazione V: Sopra l'antica idolatria de'Boschi in Saggi di dissertazioni accademiche pubblicamente lette nella nobile Accademia Etrusca [...], Roma 1743, pp. 209-212.
  59. ^ Cesare Antonio de Cara, Gli Hethei-Pelasgi, 1902, p. 83.
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  63. ^ Sul termine Titanide associato all'Etolia vd. Ignazio Cazzaniga Gli "Aetolika" di Nicandro: esegesi dei frammenti in Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa. Classe di Lettere e Filosofia Serie III, su jstor.org. URL consultato il 30 gennaio 2023. Vol. 3, No. 2 (1973), pp. 357-380
  64. ^ Giuseppe Spatafora, Nicandro. Theriaká e Alexiphármaka, 2007, p. 98.
  65. ^ Studi sulla traduzione del testo nicandreo in Ignazio Cazzaniga Gli "Aetolika" di Nicandro: esegesi dei frammenti in Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa. Classe di Lettere e Filosofia Serie III, su jstor.org. URL consultato il 30 gennaio 2023. Vol. 3, No. 2 (1973), pp. 357-380, in Otto Schneider (Leipzig 1856) Theriaca et Alexipharmaca (PDF), su ia800909.us.archive.org. URL consultato il 30 gennaio 2023. e in Giorgio Pasquali, Selected offprints, vol. 1, 1909, p. 76 = Studi italiani di filologia classica, vol. 20, 1913, p. 110.
  66. ^ Sch. Hom. Il. 9, 557-558; Sch. D Hom. Il. 9, 557 van Thiel; Apollod. Bibl. 1, 7, 8-9 (= 1 § 60-61). Probabile attribuzione a Simonide, ma rifiutata da Snell 1952, 156-157; Cavallini 1998, 17 n. 3; Poltera 2008, 587-588. Cfr. in Claudio Biagetti, Fra Eveno e Tafiasso... in Ethne, identità e tradizioni: la "terza" Grecia e l'Occidente (a cura di), vol. 1, Pisa 2011, p. 527.
  67. ^ a b Cfr. Claudio Biagetti, Fra Eveno e Tafiasso... in Ethne, identità e tradizioni: la "terza" Grecia e l'Occidente (a cura di), vol. 1, Pisa 2011, p. 527; Francesca D'Alfonso, Sulle rive del Licorma : i miti di Marpessa e Deianira in Studi italiani di filologia classica, 2010, pp. 133-178.
  68. ^ Calcide di Etolia (Χαλκίς, Chalcis), in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
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  70. ^ Károly Kerényi, Gli dèi e gli eroi della Grecia, 2015; Artemide e i Cureti in La parola del passato, 1984, pp. 206-207; Giulia Sfameni Gasparro , I culti dell'Asia Minore in I culti orientali in Sicilia, 1973, p. 133 = Cfr. Picard, Ephèse et Claros, pp. 277-287; pp. 423-430.
  71. ^ Emanuele Ciaceri, Società di storia patria per la Sicilia orientale, La leggenda della colonizzazione etolica di Siracusa in Archivio storico per la Sicilia orientale, vol. 11, 1914, p. 372.
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  75. ^ Giulio Giannelli Orione, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  76. ^ FGrh 334 = Hyg. astr. 2, 34, 3 = Fabio Caruso, 2001 Apollo, Orione e la crisi beotica, su persee.fr. URL consultato il 7 febbraio 2023.
  77. ^ Il costrutto originario di questa traduzione risale a MerkelbachWest, Fragmenta Hesiodea, 74 = cfr. Andrea Debiasi, Orione al Peloro (Diodoro Siculo IV 85, 5 = Esiodo fr. 149 M.-W.) in Hesperìa 26 (a cura di), 2010, p. 20.
  78. ^ a b Hes. fr. 183 Rzach. Cfr. Fabio Caruso, 2001 Apollo, Orione e la crisi beotica, su persee.fr. URL consultato il 7 febbraio 2023., p. 138; Andrea Debiasi, Orione al Peloro (Diodoro Siculo IV 85, 5 = Esiodo fr. 149 M.-W.) in Hesperìa 26 (a cura di), 2010, pp. 9-10.
  79. ^ Valerio Massimo Manfredi, I Greci d'occidente, 2018, Zancle; Storia del Mediterraneo nell'antichità (a cura di), 2004, p. 80; Società siciliana per la storia patria, Atti e memorie, 1861, p. 74.
  80. ^ Omero, Od. XI 572. Cfr. Fabio Caruso, 2001 Apollo, Orione e la crisi beotica, su persee.fr. URL consultato il 7 febbraio 2023., p. 139; Andrea Debiasi, Orione al Peloro (Diodoro Siculo IV 85, 5 = Esiodo fr. 149 M.-W.) in Hesperìa 26 (a cura di), 2010, p. 21.
  81. ^ Cfr. Fabio Caruso, 2001 Apollo, Orione e la crisi beotica, su persee.fr. URL consultato il 16 febbraio 2023., p. 139; Andrea Debiasi, Orione al Peloro (Diodoro Siculo IV 85, 5 = Esiodo fr. 149 M.-W.) in Hesperìa 26 (a cura di), 2010, p. 25.
  82. ^ Cfr. Eratostene in Raffaella Bonaudo,La culla di Hermes: iconografia e immaginario delle hydriai ceretane, 2004, p. 63.
  83. ^ Riferimenti bibliografici in Andrea Debiasi, Orione al Peloro (Diodoro Siculo IV 85, 5 = Esiodo fr. 149 M.-W.) in Hesperìa 26 (a cura di), 2010, p. 24.
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  89. ^ a b Erodoto, Storie, IV, 35, 1-4 (cfr. Pseudo-Platone, Axiochus 371 a; Pausania il Periegeta, I 43, 4; V 7, 8-9). Cit. Paolo Scarpi in Letizia Lanza, Per la mirabile piana del cielo, 2017, cap. La leggenda di Orione, da oggi a ieri.
  90. ^ Sull'argomento vd. Guerrino Francesco Brussich, L'inno ad Artemide di Timoteo, su jstor.org. URL consultato il 16 febbraio 2023. in Quaderni Urbinati di Cultura Classica, New Series, Vol. 34, No. 1 (1990), pp. 25-38.
  91. ^ Vd. anche l'analisi di Luisa Moscai Castelnuovo, Iperborei ed Eubei in Studi italiani di filologia classica, 2005, pp. 133-149.
  92. ^ Giulio Guidorizzi, Il racconto degli Dèi, 2020; Guido Bonelli, Il mondo poetico di Pindaro, 1987, p. 73.
  93. ^ Publio Ovidio Nasone, Le metamorfosi, libro VI, v. 108 nel mito di Aracne e Minerva (vv. 1-145). Cfr. Luisa Vertova, Metamorphoses: spigolature da Ovidio (Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz), su www.jstor.org. URL consultato il 26 febbraio 2023. 2005, p. 224.
  94. ^ Asteria e la quaglia in: Pindaro, fr. 33, 52 e-h Snell-Maehler; Callimaco, Hymn. in Del., 37-54; Giovanni Tzetzes, scolio a Licofrone, 401; Lattanzio Placido, Comm. ad Theb., 4, 795; Apollodoro di Atene, I, 4, 1 ecc... Cfr. in Miti (Igino), Adelphi 2022, n. 322.
  95. ^ Servio Mario Onorato, In Verg. Aen., 3, 73. Cfr. in Miti (Igino), Adelphi 2022, n. 324; Federico Borca, Terra mari cincta: insularità e cultura romana, 2000, pp. 126-127.
  96. ^ Cfr. trad. ita di Vittorio Sermonti in Le metamorfosi di Ovidio, 2014.
  97. ^ a b Publio Ovidio Nasone, Le metamorfosi, libro I, vv. 315-450. Cfr. trad. ita di Vittorio Sermonti in Le metamorfosi di Ovidio, 2014.
  98. ^ a b c Cfr. Miti (Igino), Adelphi 2022, Fabulae 140: Pitone.
  99. ^ Latona, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  100. ^ Cfr. Solino in Memorie della Reale Accademia delle scienze di Torino, 1906, p. 73.
  101. ^ a b c d Gaio Giulio Solino, De rebus mirabilibus, XI, 17-23.
  102. ^ Gaio Giulio Solino, 11, 18 in Memorie della Reale Accademia delle scienze di Torino, 1906, p. 73 e Prosatori del secolo XVI (a cura di), 1831, p. 141.
  103. ^ a b c Fonti antiche a confronto in Anna Ferrari, Dizionario dei luoghi del mito, 2012, cap. Delo - Il toponimo.
  104. ^ Gaio Giulio Solino, 11, 18 in Memorie della Reale Accademia delle scienze di Torino, 1906, p. 73.
  105. ^ a b Servio, Aen. 3, 73. Cfr. in Federico Borca, Terra mari cincta: insularità e cultura romana, 2000, p. 136.
  106. ^ a b Marco Aurelio Marchi, Dizionario tecnico-etimologico-filologico, vol. 2, 1829, p. 70; Carlo Antonio Vanzon, Dizionario universale della lingua, Italiana, vol. 5, 1858, p. 601.
  107. ^ Cfr. Callimaco in Jean-Pierre Vernant, Artemide, in Mircea Eliade, Dizionario delle religioni mediterranee, 2020.
  108. ^ Jean-Pierre Vernant, Artemide, in Mircea Eliade, Dizionario delle religioni mediterranee, 2020; Ida Basile, Sulla soglia, 2019; Atti del convegno internazionale Rinnovamento del codice narrativo in Italia dal 1945 al 1992: Gli spazi della diversità, 1995, p. 634.
  109. ^ Cfr. Walter Friedrich Otto in Gli dèi della Grecia, 2016 e in Teofania: lo spirito della religione greca antica, 2021.
  110. ^ a b Cfr. fonti antiche in Angela Bellia, Figurines grecques en contexte. Présence muette dans le sanctuaire, la tombe et la maison, 2020, p. 112, n. 47.
  111. ^ Vd. fonti antiche in Tra Orfeo e Pitagora (a cura di), 2000, p. 189.
  112. ^ Vd. Diodoro in Anna Ferrari, Dizionario dei luoghi del mito, 2012.
  113. ^ a b Giulio Giannelli, Paola Zancani Montuoro Artemide, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  114. ^ Men, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  115. ^ artemisio, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  116. ^ Sull'Artemide Αγγελου vd. Benedetta Rossignoli, L'Adriatico greco: culti e miti minori, 2004, pp. 367-368; Angela Bellia in Figurines grecques en contexte. Présence muette dans le sanctuaire, la tombe et la maison, 2020, pp. 113-114.
  117. ^ Sulle possibili sfaccettature dell'Artemide Ortia a Sparta vd. Emma Luppino Manes, Un progetto di riforma per Sparta: la "Politeia" di Senofonte, 1998, pp. 55-56.
  118. ^ Così Felice Cavallotti in Opere, vol. 5-6, 1884 p. 191; già in Carlo Antonio Vanzon, Dizionario universale della lingua italiana..., 1836, p. 1063.
  119. ^ Vd. Pierre Chompre, Dizionario portatile delle favole ... accresciuto da A. L. Millin (etc.), vol. 2, 1824, p. 502; Francesco Saverio Villarosa, Dizionario mitologico storico poetico tratto da vari dizionari..., 1845, p. 151.

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