M7 (astronomia)

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Ammasso di Tolomeo
Ammasso aperto
M7
Scoperta
ScopritoreTolomeo
Data130
Dati osservativi
(epoca J2000)
CostellazioneScorpione
Ascensione retta17h 53m 51,0s
Declinazione-34° 47′ 36″
Distanza980 a.l.
(300 pc)
Magnitudine apparente (V)3,3
Dimensione apparente (V)80,0'
Caratteristiche fisiche
TipoAmmasso aperto
ClasseI3m
Dimensioni40 a.l.
(12 pc)
Età stimata200 milioni di anni
Altre designazioni
M 7, NGC 6475, Cr 354, Mel 183, OCL 1028, ESO 394-SC9
Mappa di localizzazione
M7
Categoria di ammassi aperti

Coordinate: Carta celeste 17h 53m 51s, -34° 47′ 36″

M 7 (noto talvolta anche col nome Ammasso di Tolomeo o con la sigla NGC 6475) è un brillante ammasso aperto visibile nella costellazione dello Scorpione; era conosciuto anche in epoca antica ed è uno degli ammassi aperti più grandi e luminosi del cielo.

Osservazione[modifica | modifica wikitesto]

Mappa per individuare M7.

M7 è un ammasso estremamente facile da osservare: si trova infatti poco a nord delle stelle che rappresentano la coda dello Scorpione e grazie alla sua luminosità è ben visibile anche ad occhio nudo, anche qualora si presenti molto basso sull'orizzonte; senza l'ausilio di strumenti appare come una macchia chiara di forma ovaleggiante più luminosa al centro, nella quale si possono distinguere sotto buoni cieli fino a 2-3 componenti. Un piccolo binocolo 8x40 o 10x50 è invece sufficiente per risolverlo completamente in decine di astri dalla sesta all'ottava magnitudine, principalmente di colore biancastro; al telescopio, specie a bassi ingrandimenti, la visione diventa eccellente, con centinaia di stelle visibili. Un ingrandimento eccessivo tuttavia è sconsigliabile perché si perde la visione di insieme dell'oggetto, le cui dimensioni sono molto estese.[1]

M7 può essere osservato con facilità anche se è basso sull'orizzonte, ma occorre tener presente che si tratta di un oggetto situato a declinazioni moderatamente australi, dunque in molte aree del Nord Europa e del Canada non è mai osservabile, mentre dalle regioni mediterranee (comprese fra 43°N e 33°N) si presenta basso in direzione sud ed è visibile solo per poche ore; dall'emisfero sud, al contrario, M7 è uno degli ammassi meglio visibili del cielo.[2] Il periodo migliore per la sua osservazione nel cielo serale è quello compreso fra aprile e ottobre per l'emisfero sud, mentre a nord la visibilità è limitata ai mesi estivi.

Storia delle osservazioni[modifica | modifica wikitesto]

M7 era già conosciuto da Tolomeo nel 130, che lo descrisse nel suo catalogo di oggetti del cielo come un ammasso nebuloso successivo alla coda dello Scorpione; venne poi osservato da Giovan Battista Hodierna, Nicolas Louis de Lacaille e da Charles Messier, che lo inserì nel Catalogo di Messier nel 1764 descrivendolo come "un ammasso considerevolmente più grande del precedente (M6). Ad occhio nudo si presenta come una nebulosità; è situato a breve distanza dal precedente, tra l'arco del Sagittario e la coda dello Scorpione. Diametro 30'". John Herschel lo osservò dal Capo di Buona Speranza e ne fornì una descrizione che poi sarebbe stata copiata e inserita nel New General Catalogue. Anche Edmond Halley aveva osservato quest'ammasso.[1]

Caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

M7 è formato da alcune centinaia di stelle, principalmente stelle blu; circa un'ottantina di queste sono più brillanti della decima magnitudine. Il diametro apparente dell'ammasso è di circa 1°,3, che alla distanza di 1000 anni luce equivale ad una dimensione reale di 25 anni luce; secondo studi condotti alla fine degli anni duemila, l'età dell'ammasso è di 200 milioni di anni, mentre il parametri di metallicità sono simili a quelli del Sole.[3] M7 e il sistema solare si allontanano alla velocità di 18 km/s.[1]

La stella più brillante di M7 è una gigante gialla di magnitudine 5,6, dunque visibile già ad occhio nudo sotto buoni cieli, e di classe spettrale G8;[1] a questa si aggiungono tre giganti rosse e alcune decine di stella di classe B e A.[4] All'interno dell'ammasso sono note alcune binarie spettroscopiche con periodi compresi fra i 2 e i 9 giorni, più alcune doppie strette con una separazione molto ridotta; fra le prime spicca HD 162724, una variabile a eclisse azzurra che oscilla fra le magnitudini 5,96 e 6,43 con un periodo di 2,78 giorni.[5] Uno studio condotto ai raggi X ha permesso di scoprire una cinquantina di componenti accertate di classe F-K0 e una settantina di stelle nane di classe K e M. Secondo lo stesso studio è emerso che alcune delle stelle di grande massa di M7 sono associate a sorgenti di raggi X; si ritiene che si tratti di stelle binarie in cui l'emissione a raggi X provenga dalle componenti secondarie, di piccola massa.[4]

Alcune componenti di massa intermedia dell'ammasso presentano delle forti anomalie nella composizione della loro fotosfera; queste stelle possiedono una sovrabbondanza di alcuni elementi come il cromo e il manganese e una relativa scarsità di ossigeno e magnesio, nel caso delle stelle di classe A. Come ciò possa influire sull'evoluzione di queste stelle non è ancora ben chiaro.[6]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d Federico Manzini, Nuovo Orione - Il Catalogo di Messier, 2000.
  2. ^ Una declinazione di 32°S equivale ad una distanza angolare dal polo sud celeste di 58°; il che equivale a dire che a sud del 58°S l'oggetto si presenta circumpolare, mentre a nord del 58°N l'oggetto non sorge mai.
  3. ^ Villanova, S.; Carraro, G.; Saviane, I., A spectroscopic study of the open cluster NGC 6475 (M 7). Chemical abundances from stars in the range Teff = 4500-10 000 K, in Astronomy and Astrophysics, vol. 504, n. 3, settembre 2009, pp. 845-852, DOI:10.1051/0004-6361/200811507. URL consultato il 10 agosto 2011.
  4. ^ a b Prosser, Charles F.; Stauffer, John R.; Caillault, J.-P.; Balachandran, Suchitra; Stern, Robert A.; Randich, Sofia, An X-Ray Survey of the Open Cluster NGC 6475 (M7) With ROSAT, in Astronomical Journal, vol. 110, settembre 1995, p. 1229, DOI:10.1086/117599. URL consultato il 10 agosto 2011.
  5. ^ Leung, Kam-Ching; Schneider, Donald P., Binary Systems in Star Clusters. II HD 162724, in Astrophysical Journal, vol. 201, novembre 1975, pp. 792-798, DOI:10.1086/153945. URL consultato il 10 agosto 2011.
  6. ^ Folsom, C. P.; Wade, G. A.; Bagnulo, S.; Landstreet, J. D., Rotation and chemical abundances of Ap/Bp stars in the open cluster NGC 6475, in Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, vol. 376, n. 1, marzo 2007, pp. 361-370, DOI:10.1111/j.1365-2966.2007.11466.x. URL consultato il 10 agosto 2011.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Libri[modifica | modifica wikitesto]

  • (EN) Stephen James O'Meara, Deep Sky Companions: The Messier Objects, Cambridge University Press, 1998, ISBN 0-521-55332-6.

Carte celesti[modifica | modifica wikitesto]

  • Toshimi Taki, Taki's 8.5 Magnitude Star Atlas, su geocities.jp, 2005. URL consultato il 7 novembre 2010 (archiviato dall'url originale il 5 novembre 2018). - Atlante celeste liberamente scaricabile in formato PDF.
  • Tirion, Rappaport, Lovi, Uranometria 2000.0 - Volume II - The Southern Hemisphere to +6°, Richmond, Virginia, USA, Willmann-Bell, inc., 1987, ISBN 0-943396-15-8.
  • Tirion, Sinnott, Sky Atlas 2000.0 - Second Edition, Cambridge, USA, Cambridge University Press, 1998, ISBN 0-933346-90-5.
  • Tirion, The Cambridge Star Atlas 2000.0, 3ª ed., Cambridge, USA, Cambridge University Press, 2001, ISBN 0-521-80084-6.

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