NGC 6811

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NGC 6811
Ammasso aperto
NGC 6811
Scoperta
ScopritoreJohn Herschel
Data1829
Dati osservativi
(epoca J2000)
CostellazioneCigno
Ascensione retta19h 37m 17s[1]
Declinazione+46° 23′ 18″[1]
Distanza3960 a.l.
(1215 pc)
Magnitudine apparente (V)6,8[1]
Dimensione apparente (V)13'[1]
Caratteristiche fisiche
TipoAmmasso aperto
ClasseIII 1 p
Età stimata700 milioni di anni
Altre designazioni
Cr 402; Mel 222[1]
Mappa di localizzazione
NGC 6811
Categoria di ammassi aperti

Coordinate: Carta celeste 19h 37m 17s, +46° 23′ 18″

NGC 6811 è un ammasso aperto visibile nella costellazione del Cigno; possiede dimensioni apparenti pari alla metà della Luna piena ed è relativamente brillante.

Osservazione[modifica | modifica wikitesto]

Mappa per individuare NGC 6811.

Si tratta di un ammasso aperto abbastanza appariscente, visibile quasi due gradi a nordest della stella δ Cygni, in un campo stellare piuttosto ricco di stelle di fondo sul bordo della Via Lattea. Può essere individuato anche attraverso un binocolo 10x50, in cui appare come una chiazza chiara e nebulosa, impossibile da risolvere in stelle; le sue componenti più luminose infatti, essendo di decima e undicesima magnitudine, diventano visibili solo con un telescopio da almeno 120mm di apertura. Già a 80x l'ammasso è completamente risolto in diverse decine di stelle.

NGC 6811 può essere osservato da entrambi gli emisferi terrestri, sebbene la sua declinazione molto settentrionale favorisca notevolmente gli osservatori dell'emisfero nord; dalle regioni boreali si presenta estremamente alto nel cielo nelle notti d'estate, mentre dall'emisfero australe resta sempre molto basso, ad eccezione delle aree prossime all'equatore. È comunque visibile da quasi tutte le aree abitate della Terra.[2] Il periodo migliore per la sua osservazione nel cielo serale è quello compreso fra giugno e novembre.

Storia delle osservazioni[modifica | modifica wikitesto]

NGC 6811 venne osservato per la prima volta da John Herschel nel 1829, che lo vide attraverso gli strumenti appartenuti al padre William Herschel; in seguito lo inserì nel suo General Catalogue of Nebulae and Clusters, pubblicato nel 1864.[3]

Caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

Si tratta di un ammasso non particolarmente ricco, ma ben in risalto sui campi stellari circostanti; possiede un'età di almeno 700 milioni di anni ed è pertanto piuttosto evoluto. In esso le popolazioni stellari di debole luminosità scarseggiano, anche a causa della sua evoluzione dinamica. Un'altra caratteristica che condivide con altri ammassi di grande età è la sua posizione alle alte latitudini galattiche.[4]

Studi condotti sull'analisi dei dati della Missione Kepler hanno permesso di identificare 71 stelle di piccola massa fisicamente legate all'ammasso, come emerso dalla loro velocità radiale; lo studio ha preso in esame i parametri rotazionali di queste stelle, allo scopo di definire maggiormente la relazione fra periodo di rotazione, età e massa.[5] La sua distanza si aggira sui 1200 parsec (circa 4000 anni luce), in una zona del Braccio di Orione particolarmente ricca di nubi molecolari e di gas ionizzato per via della presenza del grande complesso di Cygnus X.

Pianeti[modifica | modifica wikitesto]

Il 26 giugno 2013 con un articolo su Nature è stata data la notizia che due pianeti sono stati scoperti orbitare attorno ad una stella appartenente all'ammasso analizzando i dati di Kepler[6]. Si tratta dei primi esopianeti scoperti all'interno di un ammasso stellare mediante il metodo del transito. L'interno degli ammassi stellari è sempre stato giudicato come luogo non adatto alla formazione planetaria, in quanto le forze gravitazionali dovute alla vicinanza tra le stelle e l'intensa luce ultravioletta che proviene da giovani stelle, potrebbero disgregare in tempi brevi l'eventuale disco protoplanetario; su più di 800 pianeti conosciuti infatti, solo quattro fanno parte di ammassi stellari. I pianeti scoperti hanno una raggio 2,8 e 2,9 volte quello terrestre[7].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e SIMBAD Astronomical Database, in Results for NGC 6811. URL consultato l'11 maggio 2013.
  2. ^ Una declinazione di 46°N equivale ad una distanza angolare dal polo nord celeste di 44°; il che equivale a dire che a nord del 44°N l'oggetto si presenta circumpolare, mentre a sud del 44°S l'oggetto non sorge mai.
  3. ^ The NGC/IC Project, in Results for NGC 6811. URL consultato l'11 maggio 2013 (archiviato dall'url originale il 28 maggio 2009).
  4. ^ Barkhatova, K. A.; Zakharova, P. E.; Shashkina, L. P., The open star cluster NGC 6811, in Soviet Astronomy, vol. 22, febbraio 1978, pp. 31-34. URL consultato l'11 maggio 2013.
  5. ^ Meibom, Søren; Barnes, Sydney A.; Latham, David W.; Natalie Batalha; Borucki, William J.; Koch, David G.; Basri, Gibor; Walkowicz, Lucianne M.; Janes, Kenneth A.; Jenkins, Jon; Van Cleve, Jeffrey; Haas, Michael R.; Bryson, Stephen T.; Dupree, Andrea K.; Furesz, Gabor; Szentgyorgyi, Andrew H.; Buchhave, Lars A.; Clarke, Bruce D.; Twicken, Joseph D.; Quintana, Elisa V., The Kepler Cluster Study: Stellar Rotation in NGC 6811, in The Astrophysical Journal Letters, vol. 733, n. 1, maggio 2011, pp. L9, 5 pp., DOI:10.1088/2041-8205/733/1/L9. URL consultato l'11 maggio 2013.
  6. ^ Søren Meibom, Guillermo Torres, Francois Fressin, David W. Latham, Jason F. Rowe, David R. Ciardi, Steven T. Bryson, Leslie A. Rogers, Christopher E. Henze, Kenneth Janes, Sydney A. Barnes, Geoffrey W. Marcy, Howard Isaacson, Debra A. Fischer, Steve B. Howell, Elliott P. Horch, Jon M. Jenkins, Simon C. Schuler, Justin Crepp, The same frequency of planets inside and outside open clusters of stars, in Nature, vol. 499, 2013, DOI:10.1038/nature12279.
  7. ^ Nicola Nosengo, Pianeti dall’infanzia difficile, su media.inaf.it, Istituto Nazionale di Astrofisica, 26 giugno 2013. URL consultato l'8 luglio 2013.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Catalogo NGC/IC online, su ngcicproject.org. URL consultato l'11 maggio 2013 (archiviato dall'url originale il 28 maggio 2009).
  • Tirion, Rappaport, Lovi, Uranometria 2000.0, William-Bell inc. ISBN 0-943396-14-X
  • (EN) Stephen James O'Meara, Deep Sky Companions: Hidden Treasures, Cambridge University Press, 2007, ISBN 0521837049.

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