Iso Isetta: differenze tra le versioni

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L'Isetta fu proposta anche per il mercato [[Stati Uniti|statunitense]], dove non raccolse che pochi consensi presso il pubblico d'oltreoceano, abituato com'era alle vetture extra-large, sia nelle dimensioni che nei motori. In ogni caso, le Isetta riservate a tale mercato si distinguevano dalle altre per i fari anteriori e posteriori, di dimensioni sensibilmente maggiori.
L'Isetta fu proposta anche per il mercato [[Stati Uniti|statunitense]], dove non raccolse che pochi consensi presso il pubblico d'oltreoceano, abituato com'era alle vetture extra-large, sia nelle dimensioni che nei motori. In ogni caso, le Isetta riservate a tale mercato si distinguevano dalle altre per i fari anteriori e posteriori, di dimensioni sensibilmente maggiori.
Una di esse è stata utilizzata come auto di [[Steve Urkel]], in una serie del telefilm [[Otto sotto un tetto]].


==Galleria==
==Galleria==

Versione delle 13:03, 1 gen 2010

Isetta
Descrizione generale
Costruttore bandiera  Iso Autoveicoli
Tipo principale monovolume
Altre versioni cabriolet
Van
Pick-up
Produzione dal 1953 al 1962
Serie Iso Isetta (1953-1956)
BMW Isetta (1955-1962)
Altre caratteristiche
Progetto Pierluigi Raggi
Stile Ermenegildo Preti

La Isetta è una microvettura che venne prodotta dalla casa automobilistica italiana Iso tra il 1953 ed il 1956 e, su licenza, dalla tedesca BMW tra il 1955 ed il 1962.

Le origini

Per capire le origini della più popolare tra le microvetture del dopoguerra, occorre fare un salto indietro nel tempo, esattamente fino al 1939, anno in cui Renzo Rivolta fondò la Iso, una ditta con sede a Bolzaneto (GE), specializzata in impianti di refrigerazione ad uso industriale o privato. Nel 1943, la Iso si trasferì a Bresso, in provincia di Milano, dove alla precedente attività si aggiunse anche quella di produzione di elettrodomestici. Terminata la Seconda guerra mondiale, però, Renzo Rivolta si accorse che una delle maggiori esigenze e priorità della popolazione italiana era quella di potersi spostare tramite un mezzo di locomozione che fosse economico, molto più di un'automobile a buon mercato come lo era la Topolino di quegli anni. Decise quindi di convertire la produzione di elettrodomestici a quella di motociclette. Fu così che nacquero modelli di un certo successo.

Ma dopo tali piccoli successi, Renzo Rivolta decise che era arrivato il momento di passare alla produzione automobilistica. La ragione sociale della ditta fu perciò mutata in Iso Autoveicoli SpA. Ciò che aveva in mente era un automezzo che stesse a metà tra una motocicletta ed una Topolino. Doveva, cioè, essere semplice come una moto, ma con carrozzeria chiusa come un'auto.

La genesi

Vista laterale di una Iso Isetta

La filosofia costruttiva di Renzo Rivolta nel settore delle automobili era quella di privilegiare prima di tutto la comodità ed il comfort dei passeggeri, nonché un'oculata sistemazione della meccanica all'interno del corpo vettura: la carrozzeria sarebbe stata modellata solo a quel punto, sulla base delle specifiche precedenti. Per realizzare la nuova vetturetta, Renzo Rivolta si affidò a due vulcanici personaggi, giovani ma con un significativo passato alle spalle in campo aeronautico: Ermenegildo Preti e Pierluigi Raggi.

Il primo prototipo fu realizzato nell'estate del 1952 e già prefigurava molte delle soluzioni tecnico-stilistiche presenti sulla vettura definitiva, come il corpo vettura "ad uovo", la meccanica di derivazione motociclistica e la presenza di un unico portellone frontale, che andava a costituire praticamente l'intero muso della vetturetta. Pressoché definitiva era anche l'architettura della vettura, con scocca in lamiera d'acciaio dotata di un'ampia vetratura fissata a un telaio di tubi d'acciaio. Tale prototipo era inoltre provvisto di tre sole ruote: due davanti ed una dietro, soluzione presto abbandonata quando ci si accorse della sua inaffidabilità in caso di foratura durante alcune prove su strada. Si scelse perciò una soluzione intermedia, ossia quattro ruote, delle quali le due posteriori erano molto ravvicinate tra loro per risparmiare sul differenziale.

Quanto al motore, esso era inizialmente un monocilindrico a due tempi ripreso pari pari dal motociclo Iso 200, della cilindrata di 198 cm³ ed in grado di erogare circa 8 cavalli.

In seguito fu realizzato un nuovo prototipo che montava le due ruote posteriori ravvicinate, ma che ancora era provvista di accensione a strappo come il prototipo precedente.

Ma oramai erano pochi gli aggiornamenti che separavano tale prototipo dal modello finale.

La Iso Isetta (1953-1956)

Iso Isetta
Descrizione generale
Versioni Monovolume - Furgonetta - Pick-Up
Anni di produzione dal 1953 al 1956
Dimensioni e pesi
Lunghezza 2.250 mm
Larghezza 1.340 mm
Altezza 1.320 mm
Passo 1.500 mm
Massa 330 kg
Altro
Esemplari prodotti circa 1.500
Note Prodotta a Bresso, Milano

Il modello definitivo fu presentato in anteprima alla stampa all'inizio del mese di aprile del 1953, mentre la presentazione ufficiale avvenne il 22 aprile dello stesso anno al Salone di Torino. Come già accennato, erano pochi gli aggiornamenti rispetto all'ultimo prototipo. Tra i più significativi vi erano l'accensione a spinterogeno ed il piantone dello sterzo solidale con la portiera anteriore per facilitare l'ingresso e l'uscita degli occupanti. La reazione del pubblico fu di grande stupore, di fronte a questa vettura dalla forma simile ad una cabina di elicottero o di aliante. Pur rimanendo nell'ambito delle microvetture e condividendone la naturale semplicità, la Isetta sembrava quasi futuristica e distava anni luce dalle microvetture dell'epoca, troppo fumettistiche rispetto ad essa. Rispetto alle principali concorrenti, la Isetta vantava anche prestazioni di tutto rispetto, riuscendo ad arrivare ad una velocità massima di 85 km/h.

La commercializzazione cominciò nell'autunno dello stesso anno, ma le cose, fin dall'inizio non andarono bene dal punto di vista commerciale: la piccola vettura non riusciva a vendere, erano ben pochi gli esemplari che trovavano un acquirente. Si pensa che tale scarso esito commerciale in Italia era dovuto al prezzo, di poco inferiore a quello della Topolino. Allo scopo di dimostrare le doti dinamiche dell'Isetta, la vettura fu fatta partecipare ad alcune edizioni della Mille Miglia, dove ottenne anche alcuni risultati di rilievo. Ma nonostante ciò, l'Isetta stentò notevolmente dal punto di vista commerciale: oltre a poco più di un migliaio di vetturette in configurazione base, furono realizzati anche un certo numero di versioni commerciali, con carrozzeria furgonata o pick-up.

A causa di tale insuccesso, Renzo Rivolta cominciò a cercare un'acquirente per tale progetto e dopo alcune ricerche lo trovò nella BMW, un'azienda che in quegli anni stava attraversando una profonda crisi commerciale dovuta ai postumi della guerra e all'insuccesso di praticamente tutti i modelli proposti dopo la fine del conflitto. L'operazione di vendita del progetto alla Casa bavarese fu perfezionata alla fine del 1954, quando i progetti ed il materiale furono trasferiti a Monaco di Baviera.

La BMW Isetta (1955-1962)

BMW Isetta
Una BMW Isetta 250
Una BMW Isetta 250
Descrizione generale
Versioni Monovolume - Cabrio - Pick-Up
Anni di produzione dal 1955 al 1962
Dimensioni e pesi
Lunghezza 2.285 mm
Larghezza 1.380 mm
Altezza 1.340 mm
Passo 1.473 mm
Massa 350 kg
Altro
Stessa famiglia BMW 600
Auto simili Glas Goggomobil
Messerschmitt KR
Zündapp Janus
Esemplari prodotti 161.728
Note Prodotta a Monaco di Baviera
Una BMW 300 Isetta
Una BMW 300 Isetta

La presentazione della nuova Isetta marchiata BMW avvenne il 5 aprile 1955, ma non ufficialmente con il nome Isetta: la denominazione ufficiale della nuova vetturetta BMW fu infatti BMW 250, mentre il nome Isetta continuò ad essere utilizzato molto frequentemente anche in Germania, ma solo come soprannome.

Rispetto alla sorella italiana, la BMW 250 mantenne quasi per intero il corpo vettura, tranne alcuni particolari, come il nuovo disegno della griglia di raffreddamento e della vetratura laterale, quest'ultima non più fissa ma scorrevole. Altre modifiche stavano nella posizione più rialzata dei fari anteriori ed internamente nell'installazione di un piccolo impianto di riscaldamento. Dal punto di vista della meccanica, la modifica più evidente stava nel nuovo motore monocilindrico, non più a due, ma a quattro tempi, e della cilindrata di 245 cm³. Le prestazioni rimasero comunque le stesse della versione italiana.

Contrariamente a quanto avvenne in Italia, però, la Isetta conobbe un buon successo di vendite presso il pubblico tedesco, a tal punto che la BMW, in occasione dell'esemplare venduto numero 50.000, scrisse una lettera di ringraziamenti ed elogi alla Iso per averle venduto il progetto. Fu infatti proprio l'Isetta a salvare la BMW da una situazione economica al limite del disastroso, dovuta in parte al riassetto politico-economico del dopoguerra ed in parte all'insuccesso dei modelli di fascia alta proposti dall'immediato dopoguerra fino a quel momento.

Alla fine del 1956, mentre in Italia la Iso Isetta venne tolta di produzione, la BMW Isetta usufruì di un significativo aggiornamento alla meccanica e ricevette un nuovo motore da 297 cm³, ma mantenne ancora una volta invariata la velocità massima. Per l'occasione, la denominazione mutò in BMW 300

In questa configurazione, la Isetta tedesca continuò ad essere prodotta fino al 1962 e continuando a riscuotere un notevole successo di vendite, fino ad arrivare a quasi 162 mila esemplari.

Struttura d'avanguardia

All'epoca del suo debutto, la Isetta fece scalpore per la conformazione davvero inusuale del suo corpo vettura. In effetti, all'epoca, l'Isetta era da considerarsi veramente all'avanguardia, sia per quanto riguarda il tipo di corpo vettura, ma soprattutto per la razionale ed intelligente scelta nella disposizione di tutto ciò che serviva a rendere questo piccolo mezzo di trasporto una vera e propria automobile a tutti gli effetti, vivibile e maneggevole. In molti oggigiorno l'hanno definita semplicemente geniale.

All'interno del piccolo abitacolo si accedeva mediante il grosso portellone anteriore, che inglobava praticamente l'intera sezione frontale della vettura. Per facilitare ulteriormente l'ingresso, il piantone dello sterzo era solidale con il portellone stesso, vale a dire che aprendo quest'ultimo, il piantone si inclinava in avanti per lasciare ancor più spazio in modo da agevolare ulteriormente l'ingresso. I posti a sedere erano costituiti da una semplice panchetta che offriva spazio solo a due persone. Dietro tale panchetta vi era uno spazio occupato per metà dal piccolo monocilindrico a due tempi e per metà da un piccolo vano atto a sistemare piccoli bagagli.

La particolare apertura dell'unica portiera di un'Isetta

La vetratura era molto ampia, sia nella versione italiana che in quella tedesca, ed offriva una visibilità in grado di reggere addirittura il confronto con una berlina di lusso. Il tetto era in tela, srotolabile, in maniera tale da trasformare la Isetta anche in una piccolissima vettura aperta.

Sulla BMW 250, la Isetta tedesca, ritroviamo tutte le geniali intuizioni della Iso, con in più un piccolo ma efficace impianto di riscaldamento e con i vetri laterali scorrevoli. Il successo ottenuto dalla BMW 250 di duplice natura: da una parte la 250 divenne la vettura ideale per chi poteva già permettersi una seconda auto, mentre dall'altra diveniva il veicolo ideale per le masse in procinto di motorizzarsi.

Meccanica

Vista posteriore di una BMW 300

La semplicità progettuale dell'Isetta la si ritrova anche nella meccanica: la versione italiana, la prima ad essere commercializzata, proponeva soluzioni semplici ma anche inconsuete, come per esempio il piccolo motore a due tempi mutuato dalla Iso 200, una delle motociclette di maggior successo per la Iso, subito prima dell'arrivo dell'Isetta. Tale motore, inizialmente aveva una cilindrata di 198 cm³ ed erogava circa 9 cavalli. Questa piccola unità motrice fu utilizzata solo fino alla presentazione al pubblico, dopodiché, prima di lanciarla ufficialmente sul mercato il piccolo monocilindrico fu rialesato e portato a 236 cm³, con potenza massima di 9,5 cavalli a 4.750 giri/min. Questo motore aveva una particolare struttura sdoppiata, come se avesse due pistoni all'interno di un unico cilindro, mossi da due bielle, una principale ed una secondaria, ma con accensione affidata ad una sola candela. La lubrificazione era separata ed era affidata ad una pompa meccanica, mentre il raffreddamento era ad aria. L'alimentazione era invece affidata ad un carburatore Dell'Orto. La trasmissione prevedeva una frizione a dischi multipli in bagno d'olio ed un cambio a 4 marce. La trazione era posteriore, ma non vi era bisogno del differenziale, reso superfluo dalla ridottissima carreggiata posteriore. Il telaio dell'Isetta era di tipo tubolare e comprendeva sospensioni anteriori a ruote indipendenti con tamponi di gomma al posto delle normali molle ed ammortizzatori a frizione. Il retrotreno comprendeva invece molle a balestra ed ammortizzatori idraulici.

L'impianto frenante era di tipo idraulico ed agiva sulle ruote anteriori e sulla ruota posteriore destra. Su entrambe le ruote posteriori agiva invece il freno a mano.

Quanto detto valeva per la Iso Isetta. La BMW 250, invece, ovvero la Isetta con marchio BMW, montava il motore da 245 cm³ derivato da una delle sue moto, la R25. Tale motore, sempre un monocilindrico, era invece a quattro tempi, ed arrivava ad erogare una potenza massima di 12 cavalli a 5.800 giri/min. Tra le altre differenze vi erano l'alimentazione a carburatore Bing, mentre per quanto riguardava la trasmissione, era prevista una frizione monodisco a secco. Dalla fine del 1956, la Isetta tedesca divenne BMW 300, poiché beneficiò di un nuovo motore da 298 cm³ in grado di erogare 13 cavalli. Le sospensioni della BMW 250 differivano da quelle della Iso Isetta nell'avantreno: nella tedesca trovava posto infatti uno schema a ruote indipendenti, ma con molle elicoidali al posto dei tamponi in gomma.

In entrambe le versioni, le ridotte dimensioni e la conseguente massa ridotta influenzavano positivamente le prestazioni: la Isetta raggiungeva una velocità massima di 85 km/h, praticamente come una Fiat 500 nata durante il periodo di produzione della Isetta. L'unica situazione in cui la Isetta, per forza di cose, tendeva a peccare era la marcia in salita.

Le altre Isetta

Una Romi Isetta ritratta a Cuba

La Isetta come la si conosce abitualmente è una piccolissima monovolume con caratteristiche da auto trasformabile. È però esistita anche sotto altre forme e con altri marchi. La Isetta italiana, per esempio, fu prodotta anche sotto forma di piccolo furgoncino o come piccolo pick-up. In queste versioni, la parte posteriore veniva tagliata e vi veniva saldato un cassone posteriore: il retrotreno, in questo caso, era di tipo convenzionale, con le due ruote distanziate tra loro come in un normale autoveicolo e non più assai ravvicinate tra loro come nell'Isetta standard.

Oltre a ciò si aggiunga anche che l'Isetta fu prodotta anche su licenza in altri Paesi. Tralasciando il caso della BMW, già trattato, l'Isetta fu prodotta anche in Sudamerica con il marchio Romi ed in Francia con il marchio VELAM.

Nel primo caso, quello della Romi, l'Isetta era simile a quella originale, ma con il retrotreno a ruote non ravvicinate; nel caso della VELAM, invece la vetturetta era simile alla Iso, ma la gamma comprendeva anche una vera e propria cabriolet, nonché addirittura delle vetturette fuoriserie con carrozzeria ultraprofilata, impiegate in campo agonistico.

L'Isetta fu proposta anche per il mercato statunitense, dove non raccolse che pochi consensi presso il pubblico d'oltreoceano, abituato com'era alle vetture extra-large, sia nelle dimensioni che nei motori. In ogni caso, le Isetta riservate a tale mercato si distinguevano dalle altre per i fari anteriori e posteriori, di dimensioni sensibilmente maggiori. Una di esse è stata utilizzata come auto di Steve Urkel, in una serie del telefilm Otto sotto un tetto.

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