Campi nazisti in Polonia durante la seconda guerra mondiale

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Mappa dei campi di sterminio nazisti nella Polonia occupata.
Campo di concentramento di Kraków-Płaszów, costruito nel 1942.
Detenuti di Birkenau che rientrano nelle baracche, 1944.
Lavoro forzato nel Generalplan Ost, per dare vita al Lebensraum.
Campo di concentramento di Majdanek, 1944.
"Porta della Morte" del campo di concentramento di Stutthof.

I campi nazisti nella Polonia occupata durante la seconda guerra mondiale furono costruiti dai nazisti tra il 1939 e il 1945 su tutto il territorio polacco, sia nelle zone annesse nel 1939 che nel Governatorato Generale. Dopo l'attacco tedesco del 1941 all'Unione Sovietica, fu creato un sistema di campi molto più ampio del quale furono parte integrante i campi di sterminio costruiti appositamente per portare a termine la "soluzione finale".

La Polonia occupata contò 457 complessi di campi. Alcuni dei principali campi, sia di concentramento che di lavoro forzato, furono costituiti da dozzine di campi secondari distribuiti su una vasta area:[3]

Il sistema dei campi fu uno degli strumenti chiave del terrore e allo stesso tempo fornì la manodopera necessaria per l'economia di guerra tedesca. Gli storici stimano che li abbiano attraversati circa 5 milioni di cittadini polacchi, compresi gli ebrei polacchi.[8] Una ricerca (più imparziale) sulle statistiche dei prigionieri divenne possibile solo dopo il crollo dell'Unione Sovietica nel 1989: nei decenni precedenti, tutti gli abitanti della zona orientale del paese annesso all'URSS nel 1939 furono indicati, secondo le statistiche comuniste ufficiali, come cittadini dell'Unione Sovietica.[8]

Contesto storico[modifica | modifica wikitesto]

Prima dell'invasione della Polonia del 1939, i campi di concentramento costruiti nella Germania nazista ospitarono principalmente gli ebrei tedeschi e gli oppositori politici del regime nazista,[2] con lo scoppio della seconda guerra mondiale cambiò tutto radicalmente.

I campi di concentramento nazisti (in tedesco: Konzentrationslager, KL o KZ) istituiti in tutta l'Europa occupata furono riprogettati per sfruttare sia il lavoro dei prigionieri stranieri che dei prigionieri di guerra: lavoro che si rivelò ad alto tasso di mortalità e permise di raggiungere il massimo profitto alle industrie, milioni di persone furono ridotte in schiavitù come parte dello sforzo bellico tedesco.[9]

Secondo una ricerca dell'USHMM,[10] la Germania nazista creò circa 42.500 campi e ghetti, in cui furono imprigionati da 15 a 20 milioni di persone: tutti i tipi di reclusione furono utilizzati come fonte di lavoro.[10]

Tra il 1941 e il 1943, lo sforzo per distruggere gli ebrei europei portò alla creazione dei campi di sterminio da parte delle SS al solo scopo di sterminarli nelle camere a gas. Durante l'Olocausto, molti campi di transito e ghetti ebraici di nuova formazione servirono come punti di raccolta per la deportazione con il pretesto del "reinsediamento": le vittime ignare percepirono erroneamente le proprie deportazioni come convocazioni per il lavoro.[11] I tedeschi trasformarono Auschwitz in un grande campo di sterminio ampliandone la capacità, fu solo in seguito che la maggior parte degli ebrei dei ghetti nazisti furono annientati; furono distrutte le camere a gas in cemento e i forni crematori furono fatti saltare in aria nel tentativo sistematico di nascondere le prove del genocidio. Ad Auschwitz, i forni crematori funzionanti 24 ore al giorno fino al 25 novembre 1944 furono fatti saltare in aria per ordine di Heinrich Himmler.[2][12]

Tipologie dei campi[modifica | modifica wikitesto]

Campi di sterminio[modifica | modifica wikitesto]

La visione della Soluzione Finale – scrive Christopher Browning – si era cristallizzata nelle menti dei vertici nazisti durante un periodo di cinque settimane, dal 18 settembre al 25 ottobre 1941, coincidendo con le vittorie tedesche sul fronte orientale le quali fruttarono oltre 500.000 nuovi prigionieri di guerra:[13] durante questo periodo, fu ridefinito il concetto del Lebensraum espresso da Hitler e furono sperimentati diversi metodi di omicidio su larga scala oltre a individuare i siti dei campi di sterminio.[14] La nuova politica di sterminio fu enunciata alla Conferenza di Wannsee nel gennaio 1942, portando successivamente al tentativo di "assassinare fino all'ultimo ebreo nelle mani dei tedeschi".[14]

All'inizio del 1942 il governo nazista costruì delle strutture di sterminio nel territorio occupato per attuare l'Operazione Reinhard. I nuovi campi di sterminio (Vernichtungslager) si aggiunsero ai già funzionanti, attraverso i sistemi di sterminio tramite il lavoro, come Auschwitz e Majdanek entrambi operanti in doppia veste fino alla fine della guerra. Le fabbriche della morte (Vernichtungsoder Todeslager) furono progettate per uccidere sistematicamente i treni carichi di persone, gasandoli sotto le sembianze di una doccia.

Campi di sterminio tedeschi in Polonia
Campo Territorio nazista Località polacca Numero di vittime
1 Auschwitz Oberschlesien Oświęcim vicino Cracovia 1.1 milioni, di cui circa il 90% ebrei.[15]
2 Treblinka(*) Governatorato Generale 80 km a nord-est di Varsavia 800.000–900.000 a Treblinka II e 20.000 a Treblinka I.[16]
3 Bełżec(*) Governatorato Generale Bełżec vicino Tomaszów Lubelski

600.000 con 246.922 dal Governatorato Generale.[17]

4 Sobibor(*) Governatorato Generale 85 km a sud di Brėst 200.000, di cui 140.000 dal Lublino e 25.000 dal Leopoli.[18]
5 Chełmno Reichsgau Wartheland 50 km a nord di Łódź 200.000 (in maggior numero dal Ghetto di Łódź.[19]
6 Majdanek Governatorato Generale Lublino 130.000 secondo la ricerca del Museo statale di Majdanek.[20]
* Sedi delle uccisioni segrete dell'Operazione Reinhard, 1942-1943

La funzione principale dei campi di sterminio fu l'assassinio degli ebrei provenienti da tutti i paesi occupati dalla Germania, a eccezione dell'Unione Sovietica dove gli ebrei sovietici furono generalmente assassinati dagli squadroni della morte: in questi campi furono assassinati anche gli altri prigionieri tra cui i polacchi non ebrei; ad Auschwitz-Birkenau furono assassinati circa 75.000 polacchi non ebrei. La maggior parte dei campi di sterminio disponeva di normali campi di concentramento, tra cui Auschwitz-Birkenau, Majdanek e Treblinka I, anche se questi campi rimasero distinti dai campi di sterminio adiacenti.[21]

Campi di concentramento[modifica | modifica wikitesto]

All'inizio della guerra, il nuovo campo di concentramento di Stutthof, vicino a Danzica, servì esclusivamente per l'internamento e lo sterminio dell'élite polacca. In poco tempo si estese fino a comprendere 105 sottocampi per un'area di circa 200 chilometri a sud nel cuore della Polonia dove si contarono più di 60.000 morti prima della fine della guerra, principalmente polacchi non ebrei.[5] Per quanto riguarda il lavoro forzato, ci fu poca differenza tra i campi in Polonia, a eccezione delle azioni punitive: alcuni campi furono costruiti in modo che i prigionieri potessero essere sfruttati fino alla morte fuori dagli occhi del pubblico, questa metodologia fu chiamata sterminio attraverso il lavoro (in tedesco: Vernichtung durch Arbeit). In questi campi furono detenuti un gran numero di polacchi non ebrei, così come vari prigionieri di altri paesi. Tra i principali campi di concentramento gestiti dalle SS allo scopo di uccidere intenzionalmente i lavoratori forzati, gli esempi più notevoli includono il campo di concentramento di Soldau a Działdowo e il campo di concentramento di Kraków-Płaszów, reso famoso dal film Schindler's List e dal documentario Inheritance.[22]

Il campo di concentramento di Gross-Rosen situato a Rogoźnica, nella Slesia tedesca durante la seconda guerra mondiale,[23] fu circondato da una rete di 97 campi satellite (Aussenlager) popolati da cittadini polacchi espulsi dalla Wartheland nazista nel processo di pulizia etnica. Nell'ottobre 1943, la maggior parte dei detenuti furono gli ebrei polacchi, comprese quasi 26.000 donne.[24] Ci furono dei campi simili, costruiti a Budzyń, Janowska, Poniatowa, Skarżysko-Kamienna (HASAG), Starachowice, Trawniki e Zasław, al servizio delle aziende naziste tedesche che si moltiplicarono durante questo periodo:[4][25] i profittatori di guerra allestirono dei campi nelle vicinanze dei ghetti, come a Siedlce, nel ghetto di Mińsk e in numerose altre città.[26]

Campi di prigionia[modifica | modifica wikitesto]

I tedeschi stabilirono diversi campi per i prigionieri di guerra provenienti dai paesi alleati occidentali nel territorio che prima del 1939 faceva parte della Polonia: ci fu un importante campo di prigionia a Toruń (Stalag XX-A) e un altro a Łódź con centinaia di Arbeitskommando sussidiari, Stalag VIII-B, Stalag XXI-D, più una rete di campi più piccoli compresi i campi distrettuali.

Molti prigionieri di guerra sovietici furono trasportati anche nella Polonia occupata, dove la maggior parte di loro fu assassinata nei campi di lavoro forzato. Il campo di prigionia di Grądy (Stalag 324) mantenne 100.000 prigionieri sovietici di cui 80.000 di loro morirono. I tedeschi non riconobbero i sovietici come prigionieri di guerra e diversi milioni di loro morirono nelle mani dei tedeschi. Vennero nutriti solo una volta al giorno con pane, margarina e zuppa.[27]

Economia di guerra della Germania nazista[modifica | modifica wikitesto]

Vista dall'alto del complesso industriale IG Farben Buna-Werke composto da 11 sottocampi di lavoro forzato di Monowitz, uno dei tre campi principali di Auschwitz.

Dopo il fallimento della strategia Blitzkrieg sul fronte orientale, il 1942 segnò la svolta nell'economia tedesca della "guerra totale". L'uso del lavoro in schiavitù aumentò in modo massiccio: circa 12 milioni di persone, la maggior parte delle quali arrivati dall'Europa orientale, furono internate a scopo di sfruttamento lavorativo all'interno della Germania nazista.[28] Milioni di detenuti del campo furono utilizzati praticamente gratuitamente dalle principali società tedesche come Thyssen, Krupp, IG Farben, Bosch, Blaupunkt, Daimler-Benz, Demag, Henschel, Junkers, Messerschmitt, Philips, Siemens, e persino Volkswagen,[29] per non parlare delle filiali tedesche delle aziende straniere, come Fordwerke (cioè Ford Motor Company) e Adam Opel AG (filiale di General Motors).[30]

Le filiali estere furono sequestrate e nazionalizzate dai nazisti e per questo le condizioni di lavoro peggiorarono rapidamente. Il bisogno tedesco di lavoratori in schiavitù crebbe al punto che anche i bambini stranieri furono rapiti in un'operazione chiamata Heuaktion, in cui da 40.000 a 50.000 bambini polacchi di età compresa tra 10 e 14 anni furono usati come schiavi.[31] Più di 2.500 aziende tedesche trassero profitto dal lavoro degli schiavi durante il periodo nazista,[32] inclusa la Deutsche Bank.[33]

I prigionieri furono deportati nei campi statali tedeschi dell'Organizzazione Schmelt,[24] e delle società naziste profittatrici di guerra controllate da WVHA e Reichsarbeitsdienst incaricate dell'impiego (Arbeitseinsatz), come Deutsche Wirtschaftsbetriebe (DWB), Deutsche Ausrüstungswerke (DAW),[34] e l'Organizzazione Todt:[35] in questo modo furono costrute la linea Sigfrido, le fabbriche per i sottomarini U-Boot e le piattaforme di lancio per la bomba volante V-1 e il razzo V-2,[36] oltre gli altri progetti di lavoro come la SS Ostindustrie GmbH, o le imprese private che realizzarono le uniformi tedesche come la Többens und Schultz & Co.[25]

Categorie dei campi di lavoro[modifica | modifica wikitesto]

Libretto di lavoro per stranieri (Arbeitsbuch Für Ausländer). Documento di identità rilasciato a un lavoratore polacco nel 1942 insieme alla toppa con la lettera "P" che i polacchi dovevano indossare per identificarli dalla popolazione tedesca.

I tedeschi costrinsero un gran numero di polacchi e di ebrei polacchi ai lavori forzati. I lavoratori, imprigionati nei campi e sottocampi tedeschi dell'Arbeitslager furono al servizio di un'ampia gamma di industrie belliche sia per la produzione di armamenti e di elettronica che per le uniformi e gli indumenti dell'esercito.[36] Nella maggior parte dei campi, tra cui Buchenwald, ai polacchi e agli ebrei polacchi deportati dalla Pomerania e dalla Slesia fu negato il riconoscimento come cittadini polacchi,[37] il reale numero non sarà mai preciso: solo 35.000 polacchi ancora vivi nel 1945 tornarono in Polonia e si identificarono come sopravvissuti a Buchenwald, gli altri rimasero in Occidente.[37]

La popolazione di Gross-Rosen rappresentò l'11% del numero totale di detenuti nei campi di concentramento nazisti nel 1944,[38] nel 1945 non ne rimase nulla a causa delle marce della morte.[24] Auschwitz gestì circa 50 sottocampi con 130.000-140.000 polacchi registrati e sfruttati come schiavi: più della metà furono assassinati nel campo, altri furono spediti negli altri complessi.[39]

Ci furono centinaia di campi Arbeitslager in attività, dove almeno 1,5 milioni di polacchi furono ai lavori forzati: molti dei sottocampi furono di natura transitoria, essendo aperti e chiusi in base alle esigenze lavorative. Furono istituiti anche circa 30 Polenlager, formalmente identificati in Slesia,[40] come Gorzyce e Gorzyczki.[41] Anche molti dei 400.000 prigionieri di guerra polacchi catturati dai tedeschi durante l'invasione del 1939 furono imprigionati in questi campi, sebbene molti di loro furono inviati come lavoratori forzati in Germania. Diversi tipi di campi di lavoro in questa categoria furono distinti dalla burocrazia tedesca.[42]

  1. Arbeitslager fu il termine generico per i campi di lavoro.
  2. Gemeinschaftslager identificò il campo di lavoro per i civili.
  3. Gli Arbeitserziehungslager furono i campi di lavoro per la formazione, dove i detenuti venivano tenuti per diverse settimane.
  4. Gli Strafarbeitslager furono i campi di lavoro punitivi, originariamente impostati come tali, oltre che basati sulle prigioni.
  5. Il termine Zwangsarbeitslager è stato tradotto come campo di lavoro forzato.
  6. I Polen Jugenverwahrlag furono istituiti per i bambini polacchi difficili da germanizzare.
  7. I Volksdeutsche Mittelstelle furono i campi per i veri e per i presunti tedeschi etnici.

Le vittime[modifica | modifica wikitesto]

"Lo sterminio di massa degli ebrei nella Polonia occupata dai tedeschi", del governo polacco in esilio rivolto agli alleati in tempo di guerra delle allora Nazioni Unite, 1942.

La nazione polacca perse la maggior parte della popolazione prebellica durante la seconda guerra mondiale: la popolazione prebellica della Polonia contò 34.849.000 di persone, circa 6 milioni (cioè il 17% del totale) morirono durante l'occupazione tedesca, ci furono 240.000 militari morti, 3.000.000 di ebrei polacchi vittime dell'Olocausto e 2.760.000 morti civili.

Il governo polacco emanò una serie di bollettini, periodicamente aggiornati, per fornire il numero delle vittime polacche sopravvissute alla repressione bellica e postbellica, in aggiunta agli elenchi dei vari campi in cui i polacchi (intesi sia come cittadini della Polonia, indipendentemente dall'etnia, che come persone di etnia polacca di altra cittadinanza) furono arrestati dai tedeschi o dai sovietici.

Campi dopo la liberazione[modifica | modifica wikitesto]

I campi tedeschi furono liberati dall'Armata Rossa e dall'Armata Polacca nel 1944 o nel 1945. Un certo numero di campi fu successivamente utilizzato dai sovietici o dal regime comunista polacco per i prigionieri di guerra o come campi di lavoro per tedeschi, polacchi, ucraini, come nel caso del campo di lavoro di Zgoda, del campo di lavoro principale di Potulice e del campo di Łambinowice.[43]

Decreti del parlamento polacco[modifica | modifica wikitesto]

Il 20 settembre 2001, il Sejm della Repubblica di Polonia approvò un disegno di legge speciale dedicato alla commemorazione dei cittadini polacchi sottoposti ai lavori forzati sotto il dominio tedesco durante la seconda guerra mondiale. Il disegno di legge confermò le varie categorie di vittime come definite durante la fondazione dell'Istituto della Memoria Nazionale (Dz.U.97.141.943),[44] ma soprattutto, nominò ogni campo di concentramento, e sottocampo, nazista con cittadini polacchi detenuti al loro interno, furono inoltre compresi anche i luoghi di detenzione sovietici e stalinisti. L'elenco fu compilato ai fini legali, come riferimento per i sopravvissuti che chiedono un riconoscimento internazionale e/o un risarcimento.

Tra i campi nazisti tedeschi ci furono 23 campi principali con prigionieri polacchi, inclusi:

  • 47 sottocampi di Auschwitz;
  • 140 sottocampi di Buchenwald;
  • 94 sottocampi di KZ Dachau;
  • 83 sottocampi di KZ Flossenbürg;
  • 97 sottocampi di Gross-Rosen;
  • 54 sottocampi di KZ Mauthausen;
  • 55 sottocampi di Natzweiler;
  • 67 sottocampi di KZ Neuengamme;
  • 26 sottocampi di Ravensbrück;
  • 55 sottocampi di KZ Sachsenhausen;
  • 28 sottocampi di Stutthof;
  • 24 sottocampi di Mittelbau e altri.

Tutti i campi furono istituiti dai tedeschi, senza eccezioni, per l'abuso e lo sfruttamento dei cittadini stranieri.[23]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (PL) List of Subcamps of KL Auschwitz (Podobozy KL Auschwitz), su pl.auschwitz.org.pl (archiviato dall'url originale il 12 ottobre 2011).
  2. ^ a b c Stuart D. Stein (a cura di), German Crimes in Poland, Central Commission for Investigation of German Crimes in Poland. Volume I, Warsaw 1946, su ess.uwe.ac.uk, 2000 (archiviato dall'url originale il 22 giugno 2011).
  3. ^ le descrizioni più dettagliate sono fornite dal Museo statale di Auschwitz-Birkenau[1][2]
  4. ^ a b Filie obozu Gross-Rosen (Subcamps of Gross-Rosen, interactive), su gross-rosen.eu, Gross-Rosen Museum (Muzeum Gross Rosen w Rogoźnicy).
  5. ^ a b Holocaust Encyclopedia, Stutthof, su ushmm.org, United States Holocaust Memorial Museum, 20 giugno 2014. URL consultato il 17 maggio 2015.
  6. ^ Forgotten Camps: Stutthof, su jewishgen.org, JewishGen.
  7. ^ Stutthof (Sztutowo): Full Listing of Camps, Poland, in Jewish Virtual Library.
  8. ^ a b Waldemar Grabowski, Straty ludności cywilnej (Polish civilian losses), su bibula.com, Bibula – pismo niezalezne, 31 agosto 2009. URL consultato il 9 febbraio 2016.
  9. ^ Ulrich Herbert, The Army of Millions of the Modern Slave State: Deported, used, forgotten: Who were the forced workers of the Third Reich, and what fate awaited them?, in Frankfurter Allgemeine Zeitung, 16 marzo 1999. URL consultato il 6 gennaio 2013 (archiviato dall'url originale il 4 giugno 2011).
  10. ^ a b Geoffrey P. Megargee, The United States Holocaust Memorial Museum Encyclopedia of Camps and Ghettos, in Anat Helman, Exploring the Universe of Camps and Ghettos, Jews and Their Foodways, Oxford University Press, 2015, pp. 251–252, ISBN 978-0-19-026542-7.
  11. ^ Getta tranzytowe w dystrykcie lubelskim (Transit ghettos in the Lublin district, su tnn.pl. URL consultato il 20 maggio 2015 (archiviato dall'url originale il 12 febbraio 2012).
  12. ^ Auschwitz-Birkenau State Museum in Oświęcim, Poland, su auschwitz.org.pl, 13 settembre 2005. URL consultato l'8 dicembre 2022 (archiviato dall'url originale il 30 settembre 2006).
  13. ^ David Glantz e Jonathan House, When Titans Clashed: How the Red Army Stopped Hitler, University Press of Kansas, 1995, p. 343, ISBN 978-1906033729.
  14. ^ a b Browning, p. 424.
  15. ^ Data sources: Rees, Laurence (2005). Auschwitz: A New History. New York: Public Affairs. ISBN 1-58648-303-X, p. 298. Snyder, Timothy (2010). Bloodlands: Europe Between Hitler and Stalin. New York: Basic Books. ISBN 978-0-465-00239-9, p. 383.
  16. ^ Holocaust Encyclopedia, Treblinka, su ushmm.org, United States Holocaust Memorial Museum. URL consultato il 3 maggio 2012 (archiviato dall'url originale il 3 maggio 2012).
  17. ^ Jacek Małczyński, Drzewa "żywe pomniki" w Muzeum – Miejscu Pamięci w Bełżcu (Trees as living monuments at Bełżec), in Współczesna przeszłość, 125-140, Poznań 2009, University of Wrocław, 19 gennaio 2009, pp. 39–46. URL consultato il 19 maggio 2015.
  18. ^ Raul Hilberg (1985), The Destruction of the European Jews by Yale University Press, p. 1219. ISBN 978-0-300-09557-9.
  19. ^ MOZKC, Historia obozu (Camp history), su chelmno-muzeum.eu, Muzeum Kulmhof w Chełmnie nad Nerem, 28 dicembre 2013. URL consultato il 19 maggio 2015.
  20. ^ Paweł Reszka, Majdanek Victims Enumerated. Changes in the history textbooks?, su en.auschwitz.org.pl, Auschwitz-Birkenau State Museum, 23 dicembre 2005. URL consultato il 29 aprile 2013 (archiviato dall'url originale il 6 novembre 2011).
  21. ^ Moshe Lifshitz, Zionism, in Cecylia Ziobro Thibault, Trapped in a Nightmare, p. 304, ISBN 1938908430.
  22. ^ 30th Annual News & Documentary Emmy Awards Winners Announced at New York City Gala (PDF), su emmyonline.org, National Academy of Television Arts & Sciences. URL consultato il 20 maggio 2015 (archiviato dall'url originale il 22 novembre 2010).
  23. ^ a b Rozporządzenie Prezesa Rady Ministrów, W sprawie określenia miejsc odosobnienia, w których były osadzone osoby narodowości polskiej lub obywatele polscy innych narodowości, su abc.com.pl, Dziennik Ustaw, 2001. Nr 106, poz. 1154, 29 settembre 2001. URL consultato il 19 maggio 2015 (archiviato dall'url originale il 13 febbraio 2006).
  24. ^ a b c Dr Tomasz Andrzejewski, Dyrektor Muzeum Miejskiego w Nowej Soli (8 January 2010), 'Organizacja Schmelt.' Marsz śmierci z Neusalz (Internet Archive). Skradziona pamięć! Tygodnik Krąg. Retrieved 22 May 2015.
  25. ^ a b Forced labor-camps in District Lublin: Budzyn, Trawniki, Poniatowa, Krasnik, Pulawy, Airstrip and Lipowa camps, in Holocaust Encyclopedia: Lublin/Majdanek Concentration Camp, United States Holocaust Memorial Museum. URL consultato il 10 aprile 2013.
  26. ^ Edward Kopówka (translated from the Polish by Dobrochna Fire), The Jews in Siedlce 1850–1945. Chapter 2: The Extermination of Siedlce Jews. The Holocaust, pp. 137–167. Yizkor Book Project. Note: the testimonials from young children beyond their level of competence, such as G. Niewiadomski's (age 13) and similar others, quoted by the author from H. Grynberg (OCLC 805264789), are intentionally omitted for the sake of reliability. Retrieved via Internet Archive on 30 October 2015.
  27. ^ Krzysztof Bielawski, Obóz jeniecki w Grądach k. Ostrowi Mazowieckiej (Prisoner-of-war camp in Grądy), su sztetl.org.pl, Ostrów Mazowiecka, Wirtualny Sztetl (Virtual Shtetl, POLIN Museo della storia degli ebrei polacchi), 11 gennaio 2011.
  28. ^ Michael Marek, Final Compensation Pending for Former Nazi Forced Labourers, su dw-world.de, Deutsche Welle, 27 ottobre 2005. URL consultato il 20 maggio 2008. See also: Forced Labour at Ford Werke AG during the Second World War, su summeroftruth.org, The Summer of Truth Website. URL consultato il 20 maggio 2008 (archiviato dall'url originale il 7 luglio 2006). Ospitato su Internet Archive.
  29. ^ Marc Buggeln, Slave Labor in Nazi Concentration Camps, OUP Oxford, 2014, p. 335, ISBN 978-0-19-101764-3.
  30. ^ Sohn-Rethel, Alfred Economy and Class Structure of German Fascism, CSE Books, 1978 ISBN 0-906336-01-5
  31. ^ Roman Hrabar, Hitlerowski rabunek dzieci polskich : uprowadzanie i germanizowanie dzieci polskich w latach 1939–1945, Katowice, Śląsk, 1960, pp. 99, 146, OCLC 7154135. Ospitato su Google Books.
  32. ^ (DE) Jürgen Reents, 2,500 Firmen – Sklavenhalter im NS-Lagersystem, su ta7.de, Die Zeitung "Neues Deutschland", 16 novembre 1999 (archiviato dall'url originale il 19 luglio 2011). Ospitato su Internet Archive.
  33. ^ Comprehensive List Of German Companies That Used Slave Or Forced Labour During World War II Released, su charitywire.com, American Jewish Committee, 7 dicembre 1999. URL consultato il 20 maggio 2008 (archiviato dall'url originale l'8 aprile 2008).
  34. ^ Erik Lørdahl, German Concentration Camps 1933–1945. History, War and Philabooks, 2000, p. 59, ISBN 9788299558815, OCLC 47755822.
  35. ^ John Christopher, Organisation Todt, Amberley Publishing, 2014, pp. 37, 150, ISBN 978-1-4456-3873-7.
  36. ^ a b Holocaust Encyclopedia (2014), The Gross-Rosen concentration camp (Internet Archive). United States Holocaust Memorial Museum. Retrieved 22 May 2015.
  37. ^ a b Bohdan Urbankowski, W cieniu Buchenwaldu (In the deep shadow of Buchenwald), su tradycja.info.pl, Magazine Tradycja, pismo społeczno-kulturalne, 2010, ISSN 1428-5363 (WC · ACNP). URL consultato il 20 maggio 2015.
  38. ^ (PL) Historia KL Gross-Rosen, su gross-rosen.eu, Muzeum Gross Rosen w Rogoźnicy. URL consultato il 20 maggio 2015 (archiviato dall'url originale il 23 aprile 2014). Ospitato su Internet Archive.
  39. ^ Auschwitz Museum, Różne grupy więźniów. Polacy, su auschwitz.org, Państwowe Muzeum Auschwitz-Birkenau, 2015. URL consultato il 22 maggio 2015.
  40. ^ FPNP database, Lista Polenlagrów (PDF) [collegamento interrotto], su demart.home.pl, Demart, p. 6. URL consultato il 14 maggio 2012.
  41. ^ Das Bundesarchiv, Directory of Places of Detention, su bundesarchiv.de, Federal Archives. URL consultato l'11 maggio 2012.
  42. ^ War relics, List of some of the more common terms and abbreviations, su warrelics.eu, Internet Archive, 2013. URL consultato il 29 maggio 2015 (archiviato dall'url originale il 2 aprile 2015).
  43. ^ One place, different memories, su geschichtswerkstatt-europa.org, Geschichtswerkstatt Europa, 2010. URL consultato il 12 agosto 2015 (archiviato dall'url originale il 16 luglio 2011).
  44. ^ Sejm Rzeczypospolitej Polskiej, Ustawa z dnia 24 stycznia 1991 r. o kombatantach oraz niektórych osobach będących ofiarami represji wojennych i okresu powojennego, su abc.com.pl, Dziennik Ustaw, 1997. Nr 142, poz. 950, 24 gennaio 1991. URL consultato il 19 maggio 2015 (archiviato dall'url originale il 4 ottobre 2006).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]