Utente:Fpittui/Sandbox

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Francesco Moschini (Bogliaco, 1948) è un architetto, critico d'arte e storico dell'architettura italiano.

Cenni biografici[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1969, dopo gli studi liceali a Brescia, si trasferisce a Roma per frequentare il Centro Sperimentale di Cinematografia, nel contempo si iscrive alla Facoltà di Architettura. Frequenta una serie di corsi della Facoltà di Lettere e Filosofia, dove sostiene alcuni esami con Giulio Carlo Argan, Emilio Garroni, Alberto Asor Rosa e con Ferruccio Marotti.[1] Dopo la laurea diviene assistente di Dante Tassotti presso la facoltà di architettura a Valle Giulia. Dal 1974 è membro dell'AICA Associazione internazionale dei critici d'arte. Fa parte del Consiglio Scientifico della rivista "Rassegna di Architettura e Urbanistica", membro del Comitato Scientifico della rivista “Paesaggio Urbano”, della rivista “Industria delle Costruzioni”, della rivista “Il Disegno di Architettura”, della rivista “Anfione e Zeto” e del Centro di Studi per la Storia dell'Architettura. Dal 1982 al 1985 ha collaborato con la rivista Domus.

Nel 1978 ha fondato a Roma la A.A.M. Architettura Arte Moderna un centro di produzione e promozione di iniziative culturali. Dal 1993 ha aperto una nuova sede dell'A.A.M. a Milano.

Nel 2003 a Bari, presso il Dipartimento di Architettura e Urbanistica del Politecnico di Bari, costituisce il Fondo Francesco Moschini costituito dalla donazione di oltre 70 mila volumi, già facenti parte della sua biblioteca privata. Dal 2008, è stato nominato membro dell'Accademico Nazionale di San Luca e dal 2011 è il Segretario Generale.

Pubblicazioni[modifica | modifica wikitesto]

  • Aldo Rossi. Progetti e disegni 1962-1979, Edizioni Centro Di, Firenze settembre 1979
  • Cerreto Sannita, laboratorio di progettazione, Kappa Edizioni, Roma 1988
  • La zona dantesca e Largo Firenze: 60 anni di progetti, Ed. Essegi 1988
  • Toronto / Roma. Architetture per due città / Designs for two cities, Kappa Edizioni / A.A.M. Architettura Arte Moderna, Roma 1991.
  • Mario Bellini. Italian Beauty, Silvana Editoriale, 2017
  • Amnesia, PSE editore, 2020

in collaborazione[modifica | modifica wikitesto]

  • Giuseppe Imbesi, Maurizio Morandi,Riccardo Morandi. Innovazione, tecnologica, progetto., Gangemi Editore, 1997 (Ediz. italiana e inglese)
  • Massimo Ketoff. Percorsi tra architettura, arte e tecnica con Marie Petit, Gangemi, 2020 (Ediz. italiana e francese)

Note[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

  Portale Architettura: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di architettura



Flophouse Phonics
Paese d'origineBandiera della Finlandia Finlandia
GenereRock and roll
Rhythm and blues
Soul
Periodo di attività musicale2006 – in attività
EtichettaLapila Records, FHP Records
Album pubblicati4
Studio4

Flophouse Phonics è un gruppo musicale finlandese, formato nel 2006 a Helsinki.

Hanno esordito con l'album O.D. Showtime. La loro musica è un misto tra il groove dei Black Flag e la musica composita degli Earth, Wind & Fire.

Formazione[modifica | modifica wikitesto]

Discografia[modifica | modifica wikitesto]

Album in studio[modifica | modifica wikitesto]

  • 2006 – O.D. Showtime
  • 2015 – Everlasting Weekend
  • 2018 – The Skoogie Boys
  • 2019 – The Phonics

EP[modifica | modifica wikitesto]

  • 2018 – Split with the Skoogie Boys
  • 2019 – The Phonics


(Nice Dream)
ArtistaRadiohead
Autore/iThom Yorke
GenereRock alternativo
Esecuzioni notevoliChristopher O'Riley, Matthew Herbert feat. Mara Carlyle, The Section, Claudia Brücken e Andrew Poppy[1]
Pubblicazione originale
IncisioneThe Bends
Data1996
EtichettaParlophone
Durata3:53

(Nice Dream) è un brano musicale della band inglese dei Radiohead. La canzone è stata suonata dal vivo almeno 148 volte dai Radiohead, diventando la 37a canzone più suonata di tutti i tempi[2].


Storia[modifica | modifica wikitesto]

Ed O'Brien ricorda che, verso la fine del 1992, nella sua macchina Thom Yorke gli aveva fatto ascoltare una demo del brano su nastro, eseguita da lui solo con la chitarra acustica. L'11 febbraio 1993 Thom insieme a Jonny Greenwood avevano presentato la canzone in anteprima acustica allo Studio Café, Disley, Regno Unito per Signal Radio. Verso la fine del tour per Pablo Honey, il testo era notevolmente progredito quando la canzone fece alcune apparizioni nei set della band. La prima versione con l'intera band probabilmente ebbe luogo il 3 settembre 1993. Il brano esibito il 21 febbraio 1994 aveva ancora gli stessi testi ed arrangiamenti già pubblicati, così che le versioni live di fine 1993/inizio 1994 danno un'idea di come suonava (Nice Dream) durante le prove nell'inverno 1993/1994 quando la band iniziò a lavorare su quello che sarebbe poi diventato The Bends.


Quando le sessioni iniziarono nel marzo 1994 presso i RAK Studios di Londra, (Nice Dream) era una delle quattro canzoni che dovevano essere registrate per prime e che erano tutte possibili candidate per il singolo successivo (le altre erano Sulk, The Bends e Killer Cars) Un mix approssimativo di (Nice Dream) fu incluso in una compilation di nastri work-in-progress dell'agosto 1994. Il commento non finito accanto a (Nice Dream) probabilmente era riferito agli strumenti ad arco mancanti, che sarebbero stati registrati nel novembre 1994 negli Abbey Road Studios[3].

Il brano fu pubblicato nell'album The bends nel marzo del 1995.


Testo e significato[modifica | modifica wikitesto]

(EN)

«I call up my friend, the good angel
But she’s out with her answerphone
She says that she’d love to come out but
The sea would electrocute us all»

(IT)

«Chiamo la mia amica, l'angelo buono
Ma lei è fuori con la sua segreteria telefonica
Lei dice che le piacerebbe uscire ma
Il mare ci folgorerebbe tutti»

L'atmosfera vorticosa di (Nice Dream) apre la strada alle canzoni dei Radiohead dell'era Kid A e Amnesiac. Nel brano il mondo immaginario si trasforma in un "bel sogno", mentre gli ascoltatori aprono gli occhi. Fa pensare al mondo attuale online, che si costruisce una facciata con storie su TikTok o Instagram, quando la realtà non è così rosea[4].

Yorke aveva dichiarato che il testo, venuto fuori da un sogno mezzo ubriaco che aveva fatto, riguarda i nostri rapporti con le persone in generale[5].


La canzone racconta la storia di una fantasia in cui vive il protagonista, dove si è amati e accuditi dalle persone che ci circondano. Il narratore non vuole uscire da questa fantasia: preferisce il "bel sogno" che lo culla in un senso di pace e sicurezza. Ma il bel sogno è solo una fantasia che hanno sognato, una fantasia in cui si vorebbe vivere. In realtà ci vivono, ma stanno iniziando a riconoscere che è un sogno, come suggerito nel testo con la frase "bel sogno",[6] cantata ripetutamente come una ninna nanna[7].

Yorke per il testo, in parte era stato ispirato dal romanzo di Kurt Vonnegut Ghiaccio-nove dove si parla di un invenzione: una microparticella in grado di cristallizzare e congelare istantaneamente l'acqua e potenzialmente in grado, con una reazione a catena, di propagare questa proprietà a tutta l'acqua del pianeta, con conseguenze catastrofiche (Il mare ci folgorerebbe tutti) [8].


Colonna sonora[modifica | modifica wikitesto]

Il brano fa parte della colonna sonora in un episodio della serie televisiva How I Met Your Mother[9].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (Nice Dream), Music Brainz
  2. ^ (EN) Radiohead - Nice dream (avee player), su youtube.com. URL consultato il 29 dicembre 2022.
  3. ^ (EN) (Nice Dream), su citizeninsane.eu. URL consultato il 28 dicembre 2022.
  4. ^ (EN) Kyle Lemmon, You Do It To Yourself: Radiohead's "The Bends" at 25 Years, su floodmagazine.com, 12 marzo 2020. URL consultato il 28 dicembre 2022.
  5. ^ (EN) (Nice Dream), su citizeninsane.eu. URL consultato il 30 dicembre 2022.
  6. ^ (EN) Alyssa Sweeney, Dream #18: (Nice Dream) by Radiohead, su sites.psu.edu, 1º aprile 2021. URL consultato il 28 dicembre 2022.
  7. ^ Patrizio Ruviglioni, Radiohead: cosa dobbiamo pensare di “The Bends”?, su rollingstone.it, 13 marzo 2019. URL consultato il 28 dicembre 2022.
  8. ^ (EN) Peter Paphides, Into The Light, su citizeninsane.eu, agosto 2003. URL consultato il 30 dicembre 2022.
  9. ^ Patrizio Ruviglioni, Radiohead: cosa dobbiamo pensare di “The Bends”?, su rollingstone.it, 13 marzo 2019. URL consultato il 28 dicembre 2022.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

L'altro[modifica | modifica wikitesto]

L'Altro è un individuo che è percepito dal gruppo come non appartenente, come diverso ed estraneo. Il gruppo vede se stesso come la norma e come l'Altro, quelli che non soddisfano tale norma (cioè, che sono diversi in qualche modo).

L'alterità assume diverse forme, l'Altro può essere qualcuno che è di:

  • una nazionalità diversa (inglese - italiano),
  • una religione diversa (cristiano - buddista),
  • una diversa classe sociale (aristocratico - plebeo),
  • una diversa ideologia politica (capitalismo - comunismo),
  • un diverso orientamento sessuale (eterosessuale - omosessuale),
  • un'origine diversa (nativo - immigrato)

L'Altro generalizzato[modifica | modifica wikitesto]

Definito dal sociologo statunitense George Herbert Mead, l’altro generalizzato è il ruolo che l’individuo assume attuando gli atteggiamenti del gruppo sociale organizzato al quale appartiene, nei confronti dell’attività sociale organizzata. Nel complesso di quelle attività, nelle quali quel gruppo in quanto tale è impegnato, l’individuo riesce a sviluppare un completo. «L’Altro generalizzato è il maggiore strumento di controllo sociale, è quel meccanismo attraverso cui la comunità ottiene il controllo sulla condotta dei singoli individui. All’interno del Sé poi l’autore distingue tra “Io” e “Me”. Per “Io” si definisce la risposta dell’organismo agli atteggiamenti degli altri, mentre il “Me” è l’insieme organizzato degli atteggiamenti degli altri che un individuo assume (ovvero riflette le leggi, i costumi, i codici organizzati e le aspettative della società)»[1].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Elena Salvini, George Herbert Mead: il padre della psicologia sociale, su sociologicamente.it. URL consultato il 19 aprile 2023.
Monte Sant'Antonio
StatoBandiera dell'Italia Italia
Regione  Sardegna
Provincia  Sassari
ComuneSiligo
Ultima eruzionePleistocene
Codice VNUM211815

Il monte Sant'Antonio è l'appendice ad ovest del tavolato basaltico Monte Pelau, nel territorio del comune di Siligo. Il rilievo raggiunge la quota massima di 599,00 metri slm. Il monte è un vulcano estinto, formato da scorie basaltiche sciolte, di cui non è più riconoscibile la struttura craterica[1]. Nella sommità insistono numerose rovine, resti archeologici in un arco temporale che vanno dalla fine del bronzo medio all'età del ferro e al medioevo[2].

Descrizione del complesso archeologico[modifica | modifica wikitesto]

Cherchizza A ubicato all'estremità occidentale del vasto santuario, lungo i margini dell'altopiano e, a 250 m. a SE il Cherchizza B[3].

Castello di Capula[modifica | modifica wikitesto]

Il Castello di Capula sorge nel promontorio del Monte Pelau chiamato Monte Sant’Antonio, sul quale si trovano i resti dell'omonima chiesa dedicata a quel santo, citata nei documenti quale Sancti Antonii de Montecaptili o Sant’Antonio di Monte Castillo. Per quanto riguarda invece la localizzazione dell’antico borgo, è probabile che esso sorgesse un po’ più a valle lungo le pendici del lato est di Monte Sant’Antonio. L’importanza della cosiddetta rocca di Capula era data dal fatto che da essa si poteva agevolmente controllare un buon tratto della cosiddetta “via Turresa”, la principale arteria che collegava le città di Cagliari e Sassari. Delle tante battaglie che si combatterono tra i Doria e gli Aragonesi per il controllo del castello di Capula, ci è rimasta notizia di quella che si svolse nel 1348 in località Aidu ‘e Turture Battaglia di Aidu de Turdu ... Nel 1355, a seguito della pace di Sanluri, il castello e il borgo di Capula passarono, insieme a una buona parte del Mejlogu, alla corona di Aragona, anche se nei fatti rimasero in possesso degli Arborensi.

Dell’esistenza della villa di Capula si hanno notizia fino al 1442 circa. Nel 1445, quando il feudo fu assorbito dalla baronia di Ploaghe, il villaggio era probabilmente già abbandonato.

Indagini recenti[modifica | modifica wikitesto]

Si sono concluse, dopo quasi un mese di lavoro sul campo, le indagini archeologiche non invasive che hanno interessato Monte Sant’Antonio, Sant’Ortolu e il castello di Capula, a Siligo.[4]

Resti di espoca medioevale[modifica | modifica wikitesto]

  • Castello di Capula
  • Chiesa di sant'Antonio (rovine)

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ AA.VV. (a cura di Raffaello Cioni), Gli edifici vulcanici cenozoici della Sardegna, 2015, p.24
  2. ^ Siligo, Complesso di Monte Sant'Antonio, su Sardegna cultura, leggi on line
  3. ^ E. Alba, Siligo in età preistorica e protostorica, in Siligo. Storia e società. (a cura di Attilio Mastino), Edizioni EDES, Sassaei, 2003 pp. 48-49
  4. ^ Antonio Caria, Siligo, concluse le indagini archeologiche non invasive, su unionesarda.it, 30 luglio 2023. URL consultato il 1º agosto 2023.


Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]


Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

monte sant'Antonio Categoria:Siligo Categoria:Meilogu monte sant'Antonio

L'Acquabbelle
Autore/iCesare De Titta e Guido Albanese
GenereFolk
Esecuzioni notevoliGina Carano, Coro della SAT, Coro CAI UGET,
Data1927

L'Acquabbelle è una canzone popolare dialettale abruzzese composta da Cesare De Titta e Guido Albanese. La canzone è presente, con varie versioni corali, in numerose edizioni di raccolte di canti popolari italiani.[1]

Edizioni[modifica | modifica wikitesto]

  • 1927 in «Nuovi Canti Popolari D’Abruzzo»
  • 1964 Edizioni De Santis, Roma (con Vóla, Vóla, Vóla).

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Istituto Nazionale Tostiano, Archivio Guido Albanese 1897-1982 (PDF), su www.istitutonazionaletostiano.it, 1982. URL consultato il 30 settembre 2023.
Compagno sì, compagno no, compagno un cazz
ArtistaRicky Gianco
Autore/iRicky Gianco, Gianfranco Manfredi
Genereballata
Rock
Data1978
EtichettaRCA
Durata3:40

Compagno sì, compagno no, compagno un cazz è una canzone composta e scritta da Ricky Gianco, con l'apporto di Gianfranco Manfredi, incisa nel 1978 e pubblicata nell'album Arcimboldo[1].

Testo e significato[modifica | modifica wikitesto]

Il brano era stato pubblicato nell'estate del 1978, a quel tempo il Movimento del '77 aveva esaurito la spinta propulsiva, e il riflusso aveva già mostrato i primi sintomi. Nel brano Gianco presagisce il tramonto delle ideologie, e intravede le vie dell’età del riflusso. Il testo, ironico e sferzante, in particolare si riferisce a certe persone che erano alternativi di facciata e che confondevano il “personale” con il “politico” [2].

Musicisti[modifica | modifica wikitesto]


Le Métèque
ArtistaGeorges Moustaki
Autore/iGeorges Moustaki
GenereChanson
Musica d'autore
Esecuzioni notevoliPia Colombo, Nicola Di Bari, Alpha Blondy, Renaud
Pubblicazione originale
IncisioneLe métèque/Voyage
Data1969
EtichettaPolydor
NoteIl disco fu prodotto da Henri Belolo e Jacques Bedos, gli arrangiamenti di Alain Goraguer

Le Métèque è un brano musicale del cantautore franco-greco Georges Moustaki, pubblicato nel 1969 nell'album Georges Moustaki.

Testo e significato[modifica | modifica wikitesto]

La canzone, scritta dallo stesso Moustaki, è in parte autobiografica, l'autore di origine greca, vi si descrive come un meteco. La canzone, nel testo originale, inizia con tre versi: Avec ma gueule de métèque. De juif errant. De pâtre grec (Con la mia faccia da meteco, da ebreo errante, da pastore greco) che fissano immediatamente l'identità al personaggio. Nell'antica Grecia, “meteco” designava uno stato civile, quello dello straniero che si spostava spesso e ovunque si stabilisse non aveva i diritti dei cittadini che lì erano nati. A partire dal XIX secolo, in lingua francese, la parola metique era diventata un insulto, sotto l'influenza delle correnti nazionaliste che la usavano per designare lo straniero in un senso dispregiativo. Nel XX secolo, la parola definiva gli immigrati che arrivavano dal Mediterraneo e dai paesi del Nord Africa.[3] Nel testo l'artista parla dal suo cuore, che ha sofferto tanto ma rimane sensibile all'amore, e della sua anima che ha perso ogni speranza di salvezza ma anela ancora alla trascendenza. Questi versi rivelano un profondo senso di angoscia esistenziale e di desiderio spirituale. I versi finali manifestano il desiderio dell'artista di trovare l'amore e la felicità con l'oggetto del suo affetto. Manifesta il desiderio di ripristinare la sua passione giovanile attraverso di lei, abbracciando qualunque ruolo lei scelga per lui.[4]

Pubblicaziomi[modifica | modifica wikitesto]

Il brano viene pubblicato in singolo su 7" a 45 giri nel 1969 dalla Polydor, in diverse edizioni con differenti lati B, che comprendono, tra gli altri, i brani: Voyage, Il est trop tard, Ma Liberte, Les enfants d'Hier, Ma solitude.

Tracce (parziale)[modifica | modifica wikitesto]

7" Belgio, Francia, Germania, Grecia, Italia, 1969
  1. Le Métèque – 2:30 (Georges Moustaki)
  2. Voyage – 2:15 (Georges Moustaki)

Durata totale: 4:45

7" Belgio, Spagna, 1969
  1. Le Métèque – 2:32 (Georges Moustaki)
  2. El est trop tarde – 2:40 (Georges Moustaki)

Durata totale: 5:12

7" Spagna, 1969
  1. Le Métèque – 2:30 (Georges Moustaki)
  2. Ma solitude – 2:59 (Georges Moustaki)

Durata totale: 5:29

7" Paesi Bassi, 1973
  1. Le Métèque (Georges Moustaki)
  2. Les enfants d'Hier (Georges Moustaki)
7" Germania
  1. Le Métèque – 2:28 (Georges Moustaki)
  2. Ma Liberté – 2:35 (Georges Moustaki)

Durata totale: 5:03

Cover (parziale)[modifica | modifica wikitesto]

Della canzone ne sono state incise numerose cover, non solo in francese, ma in varie altre lingue, comprese: inglese, italiano, olandese, spagnolo e tedesco.[5]

  • La canzone Le Métèque è stata pubblicata con il testo in italiano tradotto da Bruno Lauzi dallo stesso Moustaki, con il titolo Lo straniero, nel singolo Lo straniero/Giuseppe. Il brano ebbe un notevole successo in Italia raggiungendo la prima posizione nella classifica delle vendite.[6] Questa versione vince, nel 1969, la Gondola d'oro a Venezia.[7]
  • Lo stesso Moustaki ne ha poi inciso anche una versione in spagnolo, con testo tradotto da Alfonso Alpin, per il mercato argentino, su 7" a 33 giri, sempre per l'etichetta Polydor, intitolato El Extranjero.[8]
  • Nel 1969 Gionchetta incide la cover del brano (Junior, JR 0060).
  • Nel 1970 Nicola Di Bari incide la versione in castigliano su 45 giri intitolata El extranjero (RCA Victor, 3AE - 3699) uscita in Argentina e inserita nella raccolta Los grandes éxitos de Nicola di Bari pubblicata in Cile (RCA Records, CML 2806).
  • Nel 2013 Alpha Blondy aveva realizzato una cover nel album Mystic Power.
  • Nel 2022 Renaud incise il brano nel suo disco Métèque.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ ARCIMBOLDO, su Discografia Nazionale della Canzone Italiana. URL consultato il 6 ottobre 2023.
  2. ^ Ricky Gianco Arcimboldo, su www.debaser.it, 26 settembre 2006. URL consultato il 6 ottobre 2023.
  3. ^ (FR) Sébastien Ministru, "Le métèque" de Georges Moustaki, une chanson-performance devenue tube à partir d'une insulte..., su www.rtbf.be, 9 settembre 2022. URL consultato il 12 ottobre 2023.
  4. ^ (FR) Signification de Le Métèque par Georges Moustaki, su www.songtell.com, 3 giugno 2023. URL consultato il 12 ottobre 2023.
  5. ^ (EN) Le métèque, su SecondHandSongs, secondhandsongs.com. URL consultato il 22 agosto 2023.
  6. ^ Fpittui/Sandbox, in Billboard, 27 dicembre 1969, p. 41.
  7. ^ Fpittui/Sandbox, in Billboard, 10 ottobre 1970, p. 81.
  8. ^ Note di copertina di El extranjero (Le Meteque), Georges Moustaki, Polydor, 1025292, 7" (x1), . URL consultato in data 21 agosto 2023.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

  Portale Musica: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di musica

Categoria:Brani musicali al numero uno in Italia

Cara
ArtistaLucio Dalla
Autore/iLucio Dalla
GenereMusica d'autore
Data1980

Cara è un brano di Lucio Dalla scritto nel 1980 e pubblicato nell'album Dalla[1].

Storia e significato[modifica | modifica wikitesto]

Cara, in origine si chiamava Dialettica dell'immaginario, perché all'inizio era nata come meccanismo progressivo d'invenzione del desiderio;[2] pensando a questo titolo risulta più facile comprenderne il significato.[3]

Il testo è una riflessione di un innamorato che pensa a una ipotetica sua amata che tuttavia sente ormai lontana.[4]

Il protagonista esprime confusamente diversi pensieri; dapprima con una ragazza molto più giovane aveva avuto intenzioni non troppo edificanti (..."volevo prenderti per mano e cascare dentro a un letto"), poi pensa al rischio di rimanere coinvolto (debbo stare attento a non cadere nel vino o finir dentro ai tuoi occhi, se mi vieni più vicino) e infine sta morendo, mentre la ragazza spensierata, mangia il gelato. Per cui inizia a rinunciare e, con uno slancio d'orgoglio, si assolve per non aver approfittato del proprio ascendente quando avrebbe potuto ("ricorda che a quel muro t'avrei potuta inchiodare se non fossi uscito fuori per provare anch'io a volare"), infine si "racconta" di aver avuto da subito intenzioni serie ("per uno come me, poveretto, che voleva prenderti per mano...e volare sopra un tetto", mentre nella strofa precedente voleva solo cascare dentro a un letto).[5] Il protagonista tuttavia esprime il desiderio di capire le preferenze del partner, evidenziando forse il desiderio di una connessione più profonda e il desiderio di intimità emotiva.[6]. Ma infine rinuncia definitivamente (Buonanotte, anima mia, adesso spengo la luce e così sia).

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ L DALLA, su Discografia Nazionale della Canzone Italiana. URL consultato il 30 ottobre 2023.
  2. ^ Gino Castaldo, Lucio Dalla, l'intervista di Gino Castaldo: "Il futuro non mi ha mai fatto paura", su repubblica.it, 1º Luglio 2023. URL consultato il 30 ottobre 2023.
  3. ^ Cara, significato, su significatocanzone.it, 23 ottobre 2013. URL consultato il 30 ottobre 2023.
  4. ^ Cara, su parliamoitaliano.altervista.org. URL consultato il 30 ottobre 2023.
  5. ^ Cara, significato, su significatocanzone.it, 23 Ottobre 2013. URL consultato il 30 ottobre 2023.
  6. ^ Significato di Cara di Lucio Dalla, su songtell.com, 1º Luglio 2023. URL consultato il 30 ottobre 2023.

Ma come fanno i marinai è una canzone composta e interpretata da Lucio Dalla e Francesco De Gregori, incisa nel 1978, pubblicata sul 45 giri Ma come fanno i marinai/Cosa sarà.[1]. Nell'anno successivo il brano musicale fu pubblicato nell'album dal vivo Banana Republic.[2].

Storia e significato[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1976, al Palalido di Milano, alcuni ragazzi, appartenenti ai collettivi studenteschi, avevano accusto Francesco De Gregori per la mancanza di un vero attivismo sociale e lo avevano sottoposto ad una sorte di processo.[3] Nel 1978 sempre a Milano, durante una contestazione, a un concerto di Lucio Dalla, era stata lanciata una bomba molotov.[4]

A seguito di questi fatti, De Gregori si era allontanato dalle scene per un po'. A un certo punto, riprese la voglia e la gioia di far musica grazie a Ma come fanno i marinai, un brano che nasce durante un pranzo con Lucio Dalla e Ron. Nel 1978, De Gregori e Dalla suonano insieme allo stadio Flaminio di Roma, in un concerto organizzato da Walter Veltroni, riscuotendo un grande successo di pubblico, con ben 40.000 spettatori. Nel 1979, grazie al successo straordinario della canzone, nacque il tour negli stadi di Banana Republic. Il tour Dalla-De Gregori sarà un grande successo, sarà infatti la prima volta che il cantautorato sbarca nei grandi stadi, registrando il cosiddetto tutto esaurito, con 600.000 spettatori in totale.[5] Dai concerti prenderà corpo l'album live Banana Republic.

In occasione di uno dei tanti pranzi a casa del cantautore romano, in cui i commensali erano Dalla e Ron, si crearono delle circostanze che diedero il via a questa storica collaborazione. De Gregori si fece trovare intento a scrivere la canzone e nell'occasione la fece ascoltare a Dalla il quale se ne innamorò, ci mise subito il riff iniziale del clarinetto, aggiunse, cambiò, migliorò, la adattò alle loro due vocalità. [6] Il brano è un duetto che non è solo somma di voci, ma la condivisione di una atmosfera, che fa trasparire una forte unione e una tensione comune fra i due artisti.[7] == Lontano dagli occhi

Lontano dagli occhi
ArtistaMary Hopkin
Sergio Endrigo
Autore/iS. Bardotti, Sergio Endrigo, L. Bacalov
GenereMusica leggera
Musica d'autore
Esecuzioni notevoliDemis Roussos, Petula Clark, Paul Mauriat, Andrea Mirò, I Panda, Gianna Nannini, Morgan
Data1969

Lontano dagli occhi è un brano musicale scritto dal cantautore Sergio Endrigo, la canzone fu presentata dall'autore e da Mary Hopkin al Festival di Sanremo 1969, classificandosi al secondo posto dietro a Zingara interpretata da Bobby Solo e Iva Zanicchi. Fu pubblicato da Sergio Endrigo nel 45 giri Lontano dagli occhi/San Firmino con arrangiamento di Luis Enriquez Bacalov.[8]. Mentre Mary Hopkin lanciò il 45 giri Lontano dagli occhi/The Game.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

In origine, al festival di Sanremo, ad accompagnare Endrigo dovevano essere gli Aphrodite's Child ma, i componenti del trio greco, all'ultimo momento, per ragioni mai chiarite, decisero di non partecipare. A seguito alle molteplici versioni il brano fu tradotto ed esportato sui mercati del mondo intero: dal Brasile al Giappone, Spagna, Francia, Gran Bretagnia, Grecia, Russia, Portogallo, Romania, Norvegia, Danimarca, ex Jugoslavia, Argentina, USA, Canada, Singapore, Hong Kong e Taiwan.[9].

Testo e significato[modifica | modifica wikitesto]

«Ora so
Che cos'è questo amaro sapore
Che resta di te
Quando tu
Sei lontano e non so dove sei
Cosa fai, dove vai»

Lontano dagli occhi lontano dal cuore è un proverbio che indica che un grande sentimento, se non vissuto direttamente, rischia di affievolirsi sotto l’effetto della lontananza. La lontananza smorza i sentimenti.[10]. Il brano parla della sofferenza dell'avere persone care lontante rischiando, in molti casi, di essere del tutto dimenticati. La canzone parla della solitudine e della tristezza che si prova quando la persona amata è lontana. Il protagonista parla della presenza di freddo nell'aria, a significare il vuoto che si crea quando si è lontani dalla persona amata. Nella seconda strofa sottolinea la malinconia che si prova nel sapere cosa si sta vivendo, pur essendo lontani e non sapendo dove sia l'amato o cosa stia facendo.[11].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ MA COME FANNO I MARINAI/COSA SARÀ, su Discografia Nazionale della Canzone Italiana. URL consultato il 2 novembrebre 2023.
  2. ^ BANANA REPUBLIC, su Discografia Nazionale della Canzone Italiana. URL consultato il 2 novembrebre 2023.
  3. ^ Luca Valtorta, Chi è davvero Francesco De Gregori?, su repubblica.it, 26 Luglio 2020. URL consultato il 2 novembre 2023.
  4. ^ Patrizio Ruviglioni, Quarant’anni di Banana Republic, su iltascabile.com, 26 Luglio 2012. URL consultato il 2 novembre 2023.
  5. ^ Luca Valtorta, Chi è davvero Francesco De Gregori?, su repubblica.it, 26 Luglio 2020. URL consultato il 2 novembre 2023.
  6. ^ A.M., Gli anni romani di Lucio Dalla, la storia della Sera dei Miracoli e di Banana Republic, su ansa.it, 1º marzo 2021. URL consultato il 2 novembre 2023.
  7. ^ Mario Luzzatto Fegiz, Banana Republic spiegato da De Gregori, su forum.corriere.it, 26 Luglio 2012. URL consultato il 2 novembre 2023.
  8. ^ LONTANO DAGLI OCCHI/SAN FIRMINO, in Discografia Nazionale della Canzone Italiana, ICBSA. URL consultato il 12 novembre 2023.
  9. ^ Marco Liberti, "Lontano dagli occhi": Un evergreen firmato Sergio Endrigo, su www.marcoliberti.it. URL consultato il 17 novembre 2023.
  10. ^ Lontano dagli occhi, lontano dal cuore, su sapere.virgilio.it. URL consultato il 17 novembre 2023.
  11. ^ Significato di Lontano aagli occhi di Sergio Endrigo, su www.songtell.com, 5 febbraio 2023. URL consultato il 17 novembre 2023.


Con un mismo corazón
ArtistaAna Gabriel
Vicente Fernández
Autore/iAna Gabriel
GenereRanchera
Data1997
Durata3:37 min

Con un mismo corazón, (in italiano:Con lo stesso cuore) nota anche come Que nos sucediò, è una canzone composta da Ana Gabriel nel 1997 ed è la title track dell'omonimo album. Il brano compare come prima traccia, nella versione a solo dell'autrice e come ultima traccia nella fantastica versione in duo con Vicente Fernández[1].

Testo e significato[modifica | modifica wikitesto]

Il testo della canzone cerca di esplorare i temi profondi dell’amore. Il titolo Con lo stesso cuore simboleggia la profonda unione tra due individui, sottolineando che i loro cuori battono all'unisono. Nella sua essenza il brano parla del legame indissolubile tra due persone, che l'amore non conosce confini e che anche di fronte alle avversità, i cuori di due persone possono battere all'unisono. Il linguaggio metaforico utilizzato nella canzone consente agli ascoltatori la possibilità di interpretarla nel loro modo personale.[2]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ on line su AllMusic, su allmusic.com.
  2. ^ (EN) Barb Sutton, The Meaning Behind The Song: Con un Mismo Corazón by Ana Gabriel, su oldtimemusic.com, 6 novembre 2023. URL consultato il 21 novembre 2023.
  Portale Musica: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di musica


Lo straniero
ArtistaGeorges Moustaki
Autore/iGeorges Moustaki, Bruno Lauzi (testo in italiano)
GenereChanson
Musica d'autore
Esecuzioni notevoliPia Colombo, Nicola Di Bari, Alpha Blondy, Renaud
Pubblicazione originale
IncisioneLo straniero/Giuseppe
Data1969
EtichettaPolydor
Durata2:27
NoteIl disco fu prodotto da Henri Belolo e Jacques Bedos, gli arrangiamenti di Alain Goraguer

Lo straniero Lo straniero (titolo originale Le Métèque) è una canzone scritta da Georges Moustaki e pubblicata con il testo in italiano con traduzione di Bruno Lauzi. Il brano ebbe un notevole successo in Italia raggiungendo la prima posizione nella classifica delle vendite.[1]


Nel 1969 aveva vinto la Gondola d'oro a Venezia.[2]

Fu pubblicata come singolo, la prima volta nel 1969, come lato A, nel 45 giri Lo straniero/Giuseppe, con l'arrangiamento di Alain Goraguer[3].


Testo e significato[modifica | modifica wikitesto]

La canzone, scritta dallo stesso Moustaki, è in parte autobiografica, l'autore di origine greca, vi si descrive come un meteco.

La canzone, nel testo originale, inizia con tre versi: Avec ma gueule de métèque. De juif errant. De pâtre grec (Con la mia faccia da meteco, da ebreo errante, da pastore greco) che fissano immediatamente l'identità al personaggio.

Nell'antica Grecia, “meteco” designava uno stato civile, quello dello straniero che si spostava spesso e ovunque si stabilisse non aveva i diritti dei cittadini che lì erano nati. A partire dal XIX secolo, in lingua francese, la parola metique era diventata un insulto, sotto l'influenza delle correnti nazionaliste che la usavano per designare lo straniero in un senso dispregiativo. Nel XX secolo, la parola definiva gli immigrati che arrivavano dal Mediterraneo e dai paesi del Nord Africa.[4]


Le mains de maraudeur (le mani da ladro) e la bouche qui a bu (la bocca del beone) dell'artista suggeriscono un passato di furti e di ricerca del piacere, ma nel contempo trasmettono anche un senso di libertà e di ribellione contro le norme sociali.

Nel testo l'artista parla dal suo cuore, che ha sofferto tanto ma rimane sensibile all'amore, e della sua anima che ha perso ogni speranza di salvezza ma anela ancora alla trascendenza. Questi versi rivelano un profondo senso di angoscia esistenziale e di desiderio spirituale.

I versi finali manifestano il desiderio dell'artista di trovare l'amore e la felicità con l'oggetto del suo affetto. Manifesta il desiderio di ripristinare la sua passione giovanile attraverso la sua lei, abbracciando qualunque ruolo lei scelga per lui.[5]


La versione in italiano[modifica | modifica wikitesto]

«Con questa faccia da straniero

sono soltanto un uomo vero
anche se a voi non sembrerà
Metà pirata metà artista
un vagabondo un musicista
che ruba quasi quanto dà»

L'efficace traduzione di Bruno Lauzi fece diventare «Le météque» «Lo straniero». Per diversi mesi in Italia non si ascoltò che quella ballata carica di pathos malinconico. «Le météque» era soltanto uno dei mille episodi che hanno segnato la sua vita di cantautore, poeta, scrittore, attore, pittore e chitarrista. Nella sua musica riecheggiano la tradizione folk greca, i sirtaki e lontani mondi orientali. Moustaki aveva un fascino malandrino, molti sapevano che lui era stato un amore di Edith Piaf, e che aveva composto il testo di una delle sue canzoni più celebri, Milord. Moustaki non era solo l'uomo de «Le Météque».[6]


Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Billboard, 27 dicembre 1969, p.41
  2. ^ Billboard 10 ottobre 1970, p. 81
  3. ^ LO STRANIERO/GIUSEPPE, in Discografia Nazionale della Canzone Italiana, ICBSA. URL consultato il 20 novembre 2023.
  4. ^ (FR) Sébastien Ministru, "Le métèque" de Georges Moustaki, une chanson-performance devenue tube à partir d'une insulte..., su www.rtbf.be, 9 settembre 2022. URL consultato il 12 ottobre 2023.
  5. ^ (FR) Signification de Le Métèque par Georges Moustaki, su www.songtell.com, 3 giugno 2023. URL consultato il 20 ottobre 2023.
  6. ^ Marinella Venegoni, E' un'epidemia. Addio a Georges Moustaki, su www.lastampa.it, 23 Maggio 2013. URL consultato il 20 ottobre 2023.


Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]


Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]


  Portale Musica: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di musica