Utente:Claudio Gioseffi/Sandbox 3

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Voce principale: Provincia di Vicenza.

Introduzione che sintetizza tutti gli elementi

Precipitazioni, falde e risorgive[modifica | modifica wikitesto]

Il Veneto e il Friuli-Venezia Giulia sono le due regioni d'Italia con maggiore disponibilità d'acqua: le correnti d'aria calda e umida che giungono dall'Adriatico e salgono dalla pianura ma trovano nelle Prealpi vicentine e nelle Alpi Giulie il loro primo ostacolo. Lo sbalzo di temperatura fa raffreddare l'aria umida che si trasforma in pioggia.

Il Vicentino[1] è la seconda provincia in Italia per quantità di pioggia. Le precipitazioni sono concentrate soprattutto nella zona delle Prealpi nell'Alto Vicentino. Ben conosciuto è l'antico proverbio che recita "Recoaro, Valdagno e Schio xè el cadin de Dio" o addirittura "Schio, el orinàl de Dio".

In questi ultimi anni i cambiamenti climatici e i mutamenti del suolo originati dalle opere dell'uomo hanno fatto sentire la loro influenza. L'aumento della temperatura media annuale ha comportato una riduzione delle piogge e della copertura del manto nevoso: la portata media mensile dei fiumi, rispetto agli anni Cinquanta, è calata del 50% nel Brenta e del 10% nel Bacchiglione[2].

In alcuni anni le precipitazioni sono state di forte intensità, concentrate in alcuni momenti e in alcuni bacini imbriferi. Ma mentre le nevi rilasciano lentamente le acque[3], quelle delle piogge torrenziali oppure continue e insistenti - poco assorbite dai territori sempre più cementificati - defluiscono con violenza nei corsi d'acqua, con il rischio di tracimare o di rompere gli argini, com'è stato nel novembre del 2010.

Questa, per modalità e cause, fu diversa dalle alluvioni precedenti; fu definita una "bomba d'acqua" e anche "un avvertimento della natura", quasi una vendetta per le violenze che l'uomo le infligge, il sintomo di una nuova era. Tecnicamente rappresentò una delle conseguenze del cambiamento climatico globale che la Terra sta attraversando, la cui causa va cercata nel riscaldamento del pianeta per l'anidride carbonica rilasciata e il conseguente effetto serra[4].

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Storia dei fiumi di Vicenza.

Formazione della pianura vicentina[modifica | modifica wikitesto]

La pianura vicentina viene creata dalle acque • 30-35 milioni di anni vi è una laguna al di sotto delle Prealpi e chiusa dalla barriera corallina dei Berici • Poi con i periodi glaciali e interglaciali sgretolamento delle rocce che vengono trasportate dai fiumi (valli del Brenta dell’Astico del Leogra dell’Agno) • Ricchezza di ghiaie, che saranno utili per l’edilizia. Spessore di oltre 200 m. nell’Alto Vicentino • Ricchezza di acque che scendono dalle valli prealpine, in parte spariscono ma riemergono dalle risorgive di pianura, scorrono attorno al Centro storico di Vicenza e defluiscono verso il mare • Si crea una modesta altura quando le acque arrivano davanti ai Berici, sulla quale sorgerà la città • I fiumi scorrono attorno al Centro storico di Vicenza e defluiscono verso il mare.

Le acque sono così parte della storia della città e del territorio: sono state problema e risorsa, difesa e motivo di contesa, limite e opportunità di sviluppo.

Da tempi della preistoria il fiume Astico, proveniente dall'omonima valle, dopo aver ricevuto l'apporto delle acque della Val d'Assa e della Valle di Posina e attraversato un tratto di pianura scorrendo in direzione sud-est, giungeva dove oggi sorge l'abitato di Sarcedo.

Rotta della Cucca e spostamento dei fiumi della pianura vicentina[modifica | modifica wikitesto]

Nel 589 d.C. in tutta la pianura veneta vi fu uno sconvolgimento idrografico – raccontato dallo storico Paolo Diacono - che interessò anche i fiumi del territorio vicentino: si spostarono verso est sia l'Astico che il Brenta, il quale cominciò a scorrere a oriente di Padova.

I morti furono innumerevoli, data anche la scarsa capacità di far fronte a simili eventi catastrofici, e i danni incalcolabili: strade, sentieri, campagne e interi villaggi furono distrutti. In seguito all’alluvione, e a causa di essa, a Verona si verificò un disastroso incendio e Roma fu colpita da un’epidemia devastante. Inoltre, secondo la tradizione storiografica veneta, questo evento fu la causa dello sconvolgimento del corso dei fiumi della pianura veneto-friulana e anche della trasformazione della bassa pianura Padana in una palude.

Oggi è chiaro che il cambiamento idrografico del Veneto avvenuto nei secoli, fino ad arrivare all’assetto odierno, non può essere stato causato solo da questo singolo episodio, ma è stato il risultato di una serie di eventi più o meno evidenti che si sono susseguiti nel corso di centinaia di anni.

Le guerre dell’acqua dal XII al XIV secolo[modifica | modifica wikitesto]

Con due atti successivi del 1079 e del 1084, l'imperatore Enrico IV aveva concesso, rispettivamente al vescovo di Padova Olderico e a quello di Vicenza Ezzelino, un eguale diritto di navigazione lungo il fiume - allora Retrone - sino alla foce.

Ma nel 1142 iniziò una guerra regionale che coinvolse tutte le città della Marca veronese e Padova tolse a Vicenza la possibilità di utilizzare le vie di comunicazione sia fluviali che terrestri. Per ritorsione, i Vicentini con una rosta, cioè uno sbarramento presso Longare, deviarono le acque del fiume nel Canale Bisatto - forse un antico ramo del Retrone che scorreva lungo le colline e che si dirigeva verso Este, tanto da essere chiamato fiume della Riviera - lasciando quindi Padova all'asciutto.

Tale privazione era assolutamente insostenibile, essendo l'acqua essenziale per l'azionamento dei mulini, per l'approvvigionamento dell'acqua potabile e per la difesa. Per ritornarne in possesso, Padova occupò militarmente Longare e ripristinò la situazione idrografica naturale. La guerra continuò per cinque anni, anche con l'obiettivo, da parte dei vicentini, di conquistare o consolidare il proprio dominio su zone periferiche strategiche, come Bassano, Marostica e Montegalda.

Nel 1147 i vescovi veneti e il patriarca di Venezia intervennero nel conflitto portando le due città rivali alla pace di Fontaniva. La posta in palio nel 1147 era il controllo del Bacchiglione e soprattutto del Brenta, sul cui corso erano già intervenuti i padovani nel 1142, provocando un tale dissesto sul sistema lagunare da suscitare l'immediata ritorsione militare del ducato veneziano.

Nonostante il trattato, per scongiurare altre ritorsioni dei vicentini ed assicurarsi in maniera definitiva la presenza dell'acqua in città, i padovani intrapresero la costruzione del canale Piovesella da Noventa Padovana al capoluogo, primo tronco del futuro canale Piovego, portando così le acque del Brenta fin sotto le mura.

Nel 1188 Padova tornò a scontrarsi con Vicenza per tentare nuovamente di conquistare Montegalda, provocando la conseguente reazione dei Vicentini, che deviarono per la seconda volta le acque del Retrone/Bacchiglione nel Bisatto. Molto probabilmente l'apporto idrico del Piovesella non era sufficiente ai fabbisogni della città, pertanto i padovani per la seconda volta fecero una sortita su Longare per eliminare la deviazione. Nel 1209 Padova per garantirsi l'acqua scavò il canale Piovego, congiungendo così la città con il Brenta; le scaramucce si susseguirono ancora finché nel 1314 non si decise per la costruzione del canale Brentella con il quale la questione fu risolta definitivamente.

L'ultimo dispetto viene ricordato nel 1311 quando, appena liberati da Enrico VII dalla soggezione a Padova, i vicentini deviarono nuovamente le acque del Bacchiglione, nonostante la disapprovazione dell'imperatore. Questi ingiunse a Vicenza di risarcire Padova per i danni provocati dalla deviazione del fiume, ma il Consiglio vicentino si rifiutò di pagare, dando così il via a numerose liti su varie questioni, in particolare sulla restituzione a Padova di alcuni fondi rurali. Alla fine Enrico impose a Vicenza di riaprire il corso originario del Bacchiglione.

I problemi, e gli interventi di deviazione delle acque, si ripresentarono ancora nel XIV secolo durante le signorie scaligera e viscontea. Cessarono definitivamente dopo che, nel 1404, la Serenissima Repubblica di Venezia estese il proprio dominio fino all'Adda, stabilizzando l'assetto politico territoriale.

Fino alla metà del Trecento, comunque, fiumi e fossati conservarono il loro ruolo complementare alla difesa della città: la Roggia Seriola a ovest e a sud, il Retrone a sud e il Bacchiglione a nord e a est seguivano all'esterno l'andamento delle mura cittadine. Persero d'importanza quando furono costruite le mura scaligere e poi quelle veneziane che allargarono lo spazio urbano.

I ponti del Palladio, degli Alpini sul Brenta, sul Tesina, degli Angeli sul Bacchiglione

Bacini idrografici e idrogeologici[modifica | modifica wikitesto]

Nel Vicentino sono cinque i bacini idrografici - o meglio i sotto bacini, in quanto rappresentano una parte di più ampi bacini che sfociano nel Nord Adriatico - che convogliano le acque in altrettanti corsi d'acqua, originati nella fascia montana e pedemontana. Da est a ovest sono quelli

  • del Brenta
  • dell'Astico-Tesina
  • del Leogra-Timonchio
  • dell'Agno-Guà
  • del Chiampo

Il secondo e il terzo di questi corsi d'acqua confluiscono nel Bacchiglione, che si avvale anche del bacino idrogeologico della pianura vicentina, ricevendo le acque dalle risorgive e da modesti affluenti, come l'Astichello, la Seriola e il Retrone.

Bacino del Brenta[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Canale di Brenta e Brenta.
Il fiume Brenta a Bassano del Grappa

Il Brenta o la Brenta (Medoacus maior, poi Brinta in latino) nasce dai laghi di Caldonazzo e di Levico in Trentino; è uno dei principali fiumi tra quelli che sfociano nell'alto Adriatico, a nord del Po. La sua lunghezza complessiva è di circa 174 km[5] che lo colloca al tredicesimo posto in Italia.

In provincia di Vicenza scorre un tratto della sua "parte montana": dopo aver percorso la Valsugana, a Primolano entra nel Canale di Brenta, transitando per Cismon del Grappa, Valstagna, San Nazario, Campolongo sul Brenta, Solagna, Pove del Grappa e Campese.

In questo tratto sono suoi affluenti:

Dopo aver usufruito di entrambi i bacini, quello idrografico e quello idrogeologico, raggiunta la pianura veneta presso la città di Bassano del Grappa, il fiume Brenta prosegue il suo percorso meandriforme e alimenta le falde freatiche di diversi fiumi di risorgiva, quali il Sile, il Dese e altri minori. Transita in prossimità dei paesi vicentini di Nove, Cartigliano e Tezze sul Brenta, poi il suo corso entra in provincia di Padova.

-> v.anche https://www.magicoveneto.it/natura/fiumi/Brenta.htm

Bacino dell'Astico-Tesina[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Val d'Astico.
La Val d'Astico vista dalle montagne occupate dagli austriaci durante la Strafexpedition del maggio 1916

I primi due bacini, che raccolgono le sorgenti montane e pedemontane, confluiscono nel Bacchiglione, il corso d'acqua di portata maggiore. In questo complessivo arriva poco meno di un miliardo di metri cubi d'acqua l'anno, metà della quale evapora, mentre l'altra metà defluisce nei corsi d'acqua o penetra nelle falde, dove viene utilizzata dai pozzi e, sempre di più nei tempi recenti, dagli acquedotti.

Il torrente Astico[modifica | modifica wikitesto]

Il torrente Astico, il cui nome deriva da àstacus, gambero d'acqua dolce oppure, secondo lo storico Gaetano Maccà, dda laste, le lastre di pietra levigata presenti in fondovalle e lambite dal fiume[7], nasce in Trentino nel territorio di Folgaria. Nel tratto iniziale del suo corso scende impetuosamente fino alla frazione di Buse nei pressi di Lavarone per poi seguire, piegando decisamente verso sud est, la Val d'Astico - cui ha dato nome - che separa l'Altopiano dei Sette Comuni da quelli di Folgaria e Tonezza del Cimone nella parte alta del suo corso, e dalle colline delle Bregonze nella parte centrale.

Si dirige verso Lastebasse e Casotto, ricevendo gli affluenti Rio Torto, Val Longa, Val Roa e Torra. Prosegue quindi verso Pedescala, dove riceve le acque del torrente Val d'Assa, e Seghe di Velo, dove confluisce il torrente Posina, entrambi con ampi bacini imbriferi. Dirigendosi verso est passa per Meda, Piovene Rocchette, Caltrano, Calvene, Lugo e Fara Vicentino, ricevendo gli apporti di torrenti minori, come il Narotti, il Val Campiello e il Val Chiavona.

La vallata dell'alto Astico, molto stretta fino a Meda, si allarga verso Rocchette e sbocca in pianura nell'ampio bacino compreso tra le pendici dei monti Sunio e Summano, dove il torrente ha inciso uno spesso strato alluvionale che assorbe gran parte delle sue acque di magra. Poco a valle di Lugo l'intera residua portata viene deviata nel canale Mordini e l'alveo rimane completamente asciutto, per gran parte dell'anno, fino a Lupia di Sandrigo, dove confluisce nel Tesina e assume questo nome.

Ha carattere torrentizio, con portata fortemente variabile nel corso delle stagioni. Ciononostante, soprattutto in passato, sono sorte lungo il suo corso numerose attività che sfruttavano la forza motrice dell'acqua.

Storia

Fin dai tempi della preistoria[8] il fiume Astico giungeva dove oggi sorge l'abitato di Sarcedo. Qui, in epoca romana, fu costruito un imponente muro, lungo circa 800 m., che impediva al fiume di dilagare subito in pianura – devastando Vicenza con le sue piene, con il rischio di distruggere l'acquedotto romano della città e gli insediamenti sorti con la centuriazione di Thiene - e lo deviava fino alla collina di Montecchio Precalcino[9].

Verso il VI secolo d.C. però, probabilmente in seguito a una piena eccezionale, il fiume deviò verso sud est in direzione dell'attuale Povolaro, occupando quello che oggi è il letto del fiume Astichello e prima di allora era l'antico letto del torrente Brenta[10].

In questo alveo l'Astico si allargava, per una larghezza media di 700–800 m. ed una lunghezza di alcuni chilometri; questa striscia acquitrinosa era chiamata Lacus Pusterlae ed arrivava fino alla città dove trovava un dosso, formato dai detriti del fiume stesso, il Motton Pusterla che in epoca medievale sarebbe stato chiamato Castello o Santa Corona o San Pietro[11]. Dopo alcune centinaia di metri il fiume, passato sotto l'antico ponte romano, in seguito chiamato Ponte di San Pietro, confluiva nel Retrone alle Barche.

L'assetto idrografico restò immutato fino a tutto l'XI secolo, quando probabilmente gli stessi vicentini, per ridurre il pericolo delle ricorrenti piene dell'Astico[12] ne deviarono il corso a nord di Montecchio Precalcino e ne convogliarono il corso verso il Tesina, lasciando che a Vicenza giungessero solo una parte delle acque, cioè l'Astichello che continuò a scorrere nel vecchio alveo.

Il fiume Tesina[modifica | modifica wikitesto]

Il ponte palladiano sul fiume Tesina

Nasce da risorgive in località Cibalde, nei pressi di Sandrigo. Lambisce l'abitato a est e subito dopo accoglie da sinistra le acque del Laverda; poco oltre, a Poianella di Bressanvido, gli confluisce il torrente Astico.

Procede verso sud sfiorando gli abitati di Crosara, Bolzano Vicentino, Lisiera, Quinto Vicentino, Marola e Torri di Quartesolo; confluisce infine nel Bacchiglione nei pressi di San Pietro Intrigogna.

Il ponte di pietra che attraversa il Tesina in corrispondenza dell'abitato di Torri di Quartesolo è molto probabilmente frutto di un'idea palladiana risalente al 1569, ma messa in esecuzione undici anni più tardi, nel 1580.

I suoi affluenti sono, da sinistra il rio Ghebisolo, il torrente Laverda, i fossati Palmirona, fosso e Longhella, il rio Regazzo; da destra il fiume Astichello, il torrente Astico, le rogge Tesinella, Tribolo e Caveggiara, il rio Tergola.

Bacino del Leogra-Timonchio-Orolo[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Val Leogra.

Il torrente Leogra[modifica | modifica wikitesto]

Origina dal Pian delle Fugazze, nel versante vicentino del massiccio del Pasubio, alla quota altimetrica di 1162 metri, formando la valle omonima scendendo verso la pianura. Attraversa i comuni di Valli del Pasubio e Torrebelvicino dove viene alimentato da numerosi affluenti derivanti da vallate laterali: la val Canale, la val Maso, la val Malunga, la val Sterpa, la val di Sagno; nel territorio di Torrebelvicino una derivazione del Leogra forma il canale artificiale Roggia Maestra. Giunto in pianura nel territorio comunale di Schio riceve l'acqua dell'affluente Gogna; in località San Pietro di Marano Vicentino confluisce con il torrente Timonchio; da questo punto in avanti il corso d'acqua assume il nome di Timonchio.

Corso d'acqua a carattere torrentizio, la sua portata può variare naturalmente in funzione della stagionalità e delle precipitazioni. A causa delle captazioni effettuate a scopo industriale o per alimentare il funzionamento di numerose centrali idroelettriche, la portata del Leogra ma anche di alcuni dei suoi affluenti è notevolmente compromessa già nei tratti montani; in pianura l'alveo del torrente è quasi sempre in secca, anche a causa della conformazione del terreno. La qualità dell'acqua, dove perennemente presente, è buona.

Il torrente Timonchio[modifica | modifica wikitesto]

Il Timonchio (Timóncio in nella parlata locale[13]) è un torrente che attraversa la provincia di Vicenza, scorrendo tra i comuni di Schio, Santorso, Isola Vicentina, Marano Vicentino, Malo, Villaverla e Caldogno.

Idrografia -> rivedere per violazione copyright

Nasce tra il monte Summano e il monte Novegno sull'altopiano del Tretto e percorre la pianura tra Santorso e Marano Vicentino, dove si incontra con il torrente Leogra, molto più grosso di portata e con notevoli quantità di detrito che riempi l'alveo ad ogni alluvione. A nord di Caldogno si aggiunge l'Igna, che proviene dalle colline delle Bregonze, alcune rogge che drenano i campi e alcune risorgive della zona soprastante, comprese alcune di Novoledo, molte usate una volta per il grande e ottocentesco acquedotto Vicenza-Padova, oggi pescante più in profondità. Poi si l'aggiunge il Bacchiglioncello, che non è altro che l'unione di molte risorgive ulteriori, della zona a sud di Dueville. Cambia nome in Bacchiglione solo dopo questo punto, a Vivaro, nell'ansa a gomito. A Cresole quindi è già Bacchiglione, scendendo a nord della città di Vicenza. Il Leogra è il torrente che ha la stessa zona per quantità altissima di precipitazioni del Veneto, con il torrente Agno, scendendo le loro acque piovane dalle stesse montagne, sono in direzioni e pareti di scorrimento diverse.

È un torrente alluvionale e generalmente a secco nella sua parte alta, ma le sue piene possono essere disastrose, come nel novembre 1966 quando allagò molti campi e abitazioni nei comuni di Caldogno e in altri nei quali passa e il 1º novembre 2010 quando ha rotto gli argini nel comune di Caldogno, provocando gravi danni. Il punto di rottura è lo stesso. Questo è provocato perché il letto del torrente non è pulito. Attualmente (2013) nel suo corso medio, cioè da dove si unisce il Leogra, c'è mezzo milione di metri cubi di ghiaione, ghiaia, ghiaino e sabbie grossolane. L'attuale livello del letto del torrente è pensile, con una media di circa 2,5 metri, rispetto al livello di 100 anni fa. Il punto della rotta del 2010 è una curva, dove il Genio Civile aveva costruito 3 pennelli di deviazione delle acque, per non fare alzare troppo l'acqua a sud, solo che sono stati costruiti troppo alti e con un'inclinazione eccessiva, facendo così che la corrente venisse frenata con ulteriore deposito del materiale trasportato, con conseguente esondazione arginale di superficie, qualche decina di metri prima, cioè sulla cotica erbosa superficiale, che dopo alcuni minuti è stata erosa, aprendo la falla di alcune decine di metri, deviando la maggior parte del flusso, verso Cresole, con direzione chiesa, quella che doveva essere la zona golenale, già disegnata dopo il 1966.

Un convegno ha riportato che 5 su 6 rotture d'argine nel Veneto, del 2010-2013, sono state provocate dalle opere del Genio. Dopo il campo sportivo, sommerso per bem 2 metri esatti (rimanevano fuori solo le traverse delle porte a 217), l'acqua finiva a riconvogliarsi davanti al ponte a contro la nuova lottizzazione, dove rimaneva annegato Giuseppe Spigolon, andato a mettere al sicuro le cose più preziose del suo garage. La velocità d'innalzamento dell'acqua in quella zona è stata molto veloce e quindi ha sorpreso "Bepi" all'interno, chiudendogli il basculante alle spalle. La protezione civile, mal organizzata per questo evento, per "scarsità di materiale cerebrale umano", non ha potuto far niente in merito. Colpevole è la cementificazione che in provincia di Vicenza è arrivata ad oltre il 40%, facendo sì che il picco di piena, al posto di essere diluito in 20 ore, sia stato di meno della metà. Quindi sono colpevoli, tutti i politicanti che hanno messo le firme per le cementificazioni. Colpevoli anche le direzioni dei consorzi di bonifica e la regione con i suoi addetti, in quanto non hanno fatto niente di niente per limitare un possibile disastro, da soli 2 giorni scarsi di pioggia. L'attuale alveo è la sistemazione nuova, trovata costruendo argini nuovi in una zona bassa più ad est, rispetto al vecchio alveo, venduto nel 1827, perché ormai troppo pieno di ghiaione e troppo pensile, quando in quell'anno ruppe verso Villaverla, inondandola. La ghiaia drenante che vi era sopra, era una bella occasione per farla diventare strada inallagabile e fuori dal fango, come invece erano tutte le strade di quei tempi, in periodi di pioggia. Ecco che ancor oggi, nella sua parte sommitale, è strada comunale. A parte alcune zone che sono state asportate dai cavatori, la strada inizia da Case Ronzani, poi Grassure, poi Pomaroli, il centro di Capovilla, via Bozzi, via Spini, via Cà Alta, via Summano e poi per Vicenza con via S. Antonino.

Una sua rotta ottocentesca è ancora visibile da satellite nella sua curva più ad est e più bassa, dopo Ponte Marchese, con un ventaglio di conoide di ghiaia sul campo e 4 anse che si dirigono verso l'Astichello. Dopo quel punto dove fu la rotta si nota nei campi dopo altri 200 m una grande doppia ansa, con diverse altimetrie, più corrispondenti al paleo Brenta che al paleo Astico, che lì vi passavano. Anche se il secondo potrebbe essere passato sopra al primo, riempiendolo. Il primo probabilmente attorno al periodo alluvionale del 1000 a.C., mentre il secondo dopo il 589, anno della grande alluvione, che deviò il corso di tutti i fiumi veneti, e descritta sommariamente da Paolo Diacono, nel suo Historia Langobardorum, scritto attorno ai primi anni del IX secolo, forse ad Aquisgrana, alla corte dell'imperatore Carlo Magno, ma traendo le informazioni dagli scritti del papa di quel tempo triste, sia economicamente, che politicamente, culminato con la più grande alluvione che la storia ricordi.

Il torrente Orolo[modifica | modifica wikitesto]

Il torrente Orolo in un periodo di secca

Le sorgenti sono al Passo Zovo, tra i monti Scandolaro e Magrè; nel suo primo tratto il torrente prende il nome di Livergon. Passa per San Vito di Leguzzano dove riceve le acque del torrente Refosco e, all'uscita del comune, cambia il suo nome in quello di Giara; prosegue per Malo, riceve il contributo dei torrenti Prova, Solarone e Leogretta, passa ancora per i comuni di Isola Vicentina e di Costabissara dove diventa l'Orolo. All'altezza del ponte del Bo il torrente confluisce nel Bacchiglione, il fiume che attraversa la città di Vicenza.

Il torrente ha la caratteristica di essere, per la maggior parte del suo percorso, in secca per quasi tutto il periodo dell'anno. Non è raro, infatti, trovare persone che camminano nel ciottoloso letto del corso d'acqua. Soltanto nelle vicinanze di Motta di Costabissara l'acqua riaffiora in superficie fino alla confluenza nel Bacchiglione in località Lobbia in comune di Vicenza.

Ciononostante, poiché durante quasi tutto suo corso si mantiene alla base delle colline e quindi riceve buona parte delle acque che scendono dal versante orientale dei Lessini[14], in caso di piogge abbondanti e protratte può convogliare grandi masse d'acqua con effetti rovinosi.

Storia

Il ponte sull'Orolo a Motta, che permette il passaggio da Vicenza a Schio e Thiene, è stato teatro della battaglia di Motta il 7 ottobre 1513. La battaglia è da inquadrare nella guerra fra la Lega di Cambrai e la Repubblica di Venezia negli inizi del '500.[15].

Bacino dell'Agno-Guà[modifica | modifica wikitesto]

Il torrente Agno[modifica | modifica wikitesto]

Si forma ai piedi del gruppo del Carega, in comune di Recoaro Terme, dall'unione di numerosi ruscelli (Rotolon, Agno di Lora ecc.). Attraversa la valle omonima bagnando i centri di Recoaro, Valdagno, Cornedo Vicentino, Brogliano, Trissino. Presso Tezze di Arzignano si unisce al torrente Restena per formare il Guà.

La zona della sorgente dell'Agno invece è particolarmente franosa a causa della falda sotterranea e assume per questo il nome di Rotolon. Nel suo corso da Recoaro a Trissino, circa 25 chilometri, è racchiusa fra argini piuttosto stretti. Solo dopo Trissino il suo letto si allarga in una zona che è anche area faunistica del WWF.

Pur nascendo in una delle zone più piovose del veneto, come la conca di Recoaro Terme, lungo il suo corso l'Agno-Guà assume spesso un regime torrentizio, con secche estive dovute all'utilizzo agricolo e industriale delle sue acque nella Valle omonima, in particolare nei centri di Valdagno e Cornedo Vicentino.[senza fonte]

Il fiume Guà[modifica | modifica wikitesto]

Il toponimo deriva da guado in quanto un tempo in località Molinetto di Montecchio Maggiore, nei pressi dell'attuale ponte sul Guà, il fiume si prestava ad essere guadato; altra ipotesi del nome deriva da le Gue ovvero diramazioni del fiumi che si verificavano nelle esondazioni. [2]

Nasce dalla confluenza dei torrenti Agno e Restena presso Tezze di Arzignano. Scorre nelle campagne a ovest dei Colli Berici, bagnando, tra l'altro, Montecchio Maggiore, Montorso Vicentino, Zermeghedo, Montebello Vicentino, Sarego e Lonigo. Dopo Bagnolo di Lonigo entra nella provincia di Verona e lambisce Zimella, Cologna Veneta, Pressana e Roveredo di Guà. Passa quindi per la provincia di Padova e, in corrispondenza di Borgo Frassine di Montagnana, le sue acque vengono incanalate nel fiume Frassine, di origine artificiale. Riceve le acque del torrente Poscola in territorio di Montecchio Maggiore.

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Chiampo (torrente) § Storia. Fino al XVI secolo le acque del Chiampo confluivano nel Guà [3]

Dalla sorgente alla foce[modifica | modifica wikitesto] Il Guà nasce dall'Agno, ma prima di sfociare nel canale Gorzone, cambia nome parecchie volte: [4]

Bacino del Chiampo[modifica | modifica wikitesto]

Il torrente Chiampo[modifica | modifica wikitesto]

Nasce nel monte Gramolon a Crespadoro, attraversa i paesi di Crespadoro, San Pietro Mussolino, Chiampo e Arzignano; nei pressi di Montebello Vicentino riceve l'apporto del Rio Rodegotto e prosegue per il territorio di Gambellara. A monte dell'abitato di San Bonifacio riceve l'apporto del torrente Aldegà. Il corso del Chiampo termina presso San Bonifacio con l'immissione delle sue acque nel torrente Alpone.

Fino al XVI secolo le acque del Chiampo confluivano nel Guà[16] in prossimità dell'attuale roggia Fiume vecchio ad Arzignano. Quando le acque rompevano gli argini, queste confluivano nel torrente Aldegà e conseguentemente in parte sul fiume Alpone.

Nel 1525 Verona chiese alla repubblica di Venezia di obbligare Vicenza a ripristinare gli argini in modo che le acque del Chiampo continuassero a defluire nel Guà. Padova si oppose per timore che il ripristino potesse causare dei danni al padovano. [17]

Infine nel 1536 ci fu una sentenza che decise che le acque del Chiampo e dell'Aldegà dovevano confluire nell'Alpone e quindi nell'Adige[18].

Bacino del Bacchiglione[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Bacchiglione.

Il fiume Bacchiglione[modifica | modifica wikitesto]

(Latino Medoacus minor) è un fiume del Veneto lungo 118 km e con un un bacino di raccolta che si estende per 1400 km², che scorre nelle province di Vicenza e di Padova.

Se ne ha notizia a partire dal 11º secolo, il 1070, anno in cui un documento parla di un terreno situato vicino al fiume chiamato Baccalone, riferendosi a un vescovo di Firenze che fu trasferito nel 1295 Vicenza.

Accenna a questo fiume anche Dante Alighieri che dice “saltar da Arno in Bacchiglione”.

Storia
Lo stesso argomento in dettaglio: Storia dei fiumi di Vicenza.
La deviazione dell'Astico e la nascita del Bacchiglione

In epoca antica e durante tutto l'Alto Medioevo il Bacchiglione non esisteva, a parte i piccoli corsi d'acqua che, nati dalle risorgive a nord di Vicenza, si gettavano nell'Astico, ed era questo il fiume che arrivava in città. Nell'XI secolo i vicentini, per ridurre il pericolo delle sue ricorrenti piene[19] ne deviarono il corso a nord di Montecchio Precalcino e ne convogliarono il corso verso il Tesina, lasciando che a Vicenza giungessero solo una parte delle acque, cioè l'Astichello che continuò a scorrere nel vecchio alveo.

A quel punto nel letto rimasto asciutto dell'Astico presso Dueville cominciarono a confluire le acque di risorgiva che, ingrossandosi con l'apporto dei torrenti Igna, Timonchio e Orolo divennero un fiume vero e proprio, il Bacchiglione - molto meno impetuoso e meno soggetto a esondazioni rispetto all'Astico - che scendeva da nord verso la città. Alla fine del XII secolo i fiumi di Vicenza avevano ormai l'assetto e la denominazione attuali: un documento del 1166 parla di un terreno inter flumen Astici vel Bakillonis e alla metà del XIII il nome del Bacchiglione identificava il fiume più importante di Vicenza che, dopo aver ricevuto le acque del Retrone, continuava con questo nome fino al mare[20].

Le guerre per il controllo delle vie d'acqua

Con due atti successivi del 1079 e del 1084, l'imperatore Enrico IV aveva concesso, rispettivamente al vescovo di Padova Olderico e a quello di Vicenza Ezzelino, un eguale diritto di navigazione lungo il fiume sino alla foce[21]. Ma nel 1142 iniziò una guerra regionale che coinvolse tutte le città della Marca veronese e Padova tolse a Vicenza la possibilità di utilizzare le vie di comunicazione sia fluviali che terrestri. Per ritorsione, i Vicentini con una rosta, cioè uno sbarramento presso Longare, deviarono le acque del fiume nel Canale Bisatto - forse un antico ramo del Retrone che scorreva lungo le colline e che si dirigeva verso Este, tanto da essere chiamato fiume della Riviera[22] - lasciando quindi Padova all'asciutto.

Tale privazione era assolutamente insostenibile, essendo l'acqua essenziale per l'azionamento dei mulini, per l'approvvigionamento dell'acqua potabile e per la difesa. Per ritornarne in possesso, Padova occupò militarmente Longare e ripristinò la situazione idrografica naturale. La guerra continuò per cinque anni.

Nel 1147 i vescovi veneti e il patriarca di Venezia intervennero nel conflitto portando le due città rivali alla pace di Fontaniva[23]. Nonostante il trattato, per scongiurare altre ritorsioni dei vicentini ed assicurarsi in maniera definitiva la presenza dell'acqua in città, i padovani intrapresero la costruzione del canale Piovesella da Noventa Padovana al capoluogo, primo tronco del futuro canale Piovego, portando così le acque del Brenta fin sotto le mura.

Nel 1188 i vicentini deviarono per la seconda volta le acque del Bacchiglione nel Bisatto e di nuovo i padovani fecero una sortita su Longare per eliminare la deviazione. Le scaramucce si susseguirono ancora finché nel 1314 non si decise per la costruzione del canale Brentella con il quale la questione fu risolta definitivamente.

L'ultimo dispetto viene ricordato nel 1311 quando, appena liberati da Enrico VII dalla soggezione a Padova, i vicentini deviarono nuovamente le acque del Bacchiglione, nonostante la disapprovazione dell'imperatore[24]. Questi ingiunse a Vicenza di risarcire Padova per i danni provocati dalla deviazione del fiume, ma il Consiglio vicentino si rifiutò di pagare, dando così il via a numerose liti su varie questioni, in particolare sulla restituzione a Padova di alcuni fondi rurali. Alla fine Enrico impose a Vicenza di riaprire il corso originario del Bacchiglione.

I problemi, e gli interventi di deviazione delle acque, si ripresentarono ancora nel XIV secolo durante le signorie scaligera e viscontea. Cessarono definitivamente dopo che, nel 1404, la Serenissima Repubblica di Venezia estese il proprio dominio fino all'Adda, stabilizzando l'assetto politico territoriale.

Età moderna e contemporanea
Il corso del fiume Bacchiglione e del Brenta in una mappa del 1789

Sotto il dominio della Serenissima le vie d'acqua aumentarono la loro importanza anche per il traffico commerciale. In questo periodo di stabilità, quando era più veloce, meno costoso e rischioso trasportare merci e persone per via d'acqua che per strada, il Bacchiglione svolse un ruolo decisivo per l'economia della città di Vicenza. La maggior parte delle merci venivano caricate e scaricate sulle piarde e nel "porto" della città, posto sull'Isola[25].

Tra il 1870 e il 1880, per ridurre il pericolo delle esondazioni nella città di Vicenza, l'acqua del Bacchiglione fu fatta scorrere in un canale artificiale (parallelo al corso del Retrone lungo viale Giuriolo) e la confluenza dei due fiumi fu spostata più a sud, all'inizio della Riviera Berica, di fronte alla chiesa di Santa Caterina in Porto[26].

Origine

Il Bacchiglione è il collettore di un sistema idrografico costituito da corsi d'acqua a carattere torrentizio e da rivi perenni originati da risorgive. Il suo bacino imbrifero può essere suddiviso in due sottobacini principali, ciascuno con diverse caratteristiche morfologiche e geotettoniche:

Sotto l'aspetto toponomastico il fiume nasce dalla confluenza del Timonchio (che ha appena ricevuto il torrente Igna poco a nord di Caldogno) con un ampio sistema di risorgive che scaturiscono in località Bosco di Dueville, in provincia di Vicenza, prendendo inizialmente il nome di "Bacchiglioncello".

Tratto vicentino

Da qui, prendendo il nome di "Bacchiglione" nell'ansa a gomito di Vivaro, prosegue verso sud ovest, in località Ponte del Bò presso Lobbia riceve le acque del torrente Orolo e giunge alla città di Vicenza. Qui, all'altezza di viale Pasubio riceve le acque della roggia Seriola, presso parco Querini quelle del fiume Astichello e, passato Borgo Berga, quelle del fiume Retrone.

Riceve infine le acque del fiume Astico - Tesina in località San Pietro Intrigogna.

Nel tratto vicentino presenta un andamento ricco di meandri e anse mentre nel tratto padovano presenta una fisionomia differente con un corso rettilineo, in seguito ai numerosi interventi dell'uomo.

Canale Bisatto
I canali tra Brenta e Bacchiglione

A Longare, dal Bacchiglione si stacca il Canale Bisatto (o "Canale Bisato"), costruito nel XII secolo dai vicentini per privare Padova delle acque del fiume durante le numerose contese dell'epoca, come racconta Dante nel IX canto del "Paradiso". Il canale si dirige verso Lozzo Atestino ed Este; prosegue verso Monselice ("Canale Este-Montelice") e oltre verso Battaglia Terme ("Canale Battaglia" o "Canale di Monselice"), dove si riunisce al Canale Battaglia, proveniente da Padova. Attraverso il Canale Vigenzone ("Canale Cagnola") le acque si ricongiungono quindi con il fiume Bacchiglione ("Canale di Pontelongo"), permettendo ai vicentini di arrivare a Chioggia senza passare da Padova.

Conclusione del percorso

Il fiume Bacchiglione confluisce presso la località "Ca' Pasqua" nel fiume Brenta, che si getta, a pochi chilometri di distanza, nel mare Adriatico, con foce ad estuario.

Il fiume Astichello[modifica | modifica wikitesto]

Il fiume Astichello nel Parco Querini di Vicenza

L'Astichello scorre principalmente nei paesi di Dueville e di Cavazzale, per confluire nel Bacchiglione presso ponte Pusterla in città di Vicenza.

Nei secoli scorsi molti aspetti della vita economica, artistica e culturale vicentina hanno trovato in questo ambiente fluviale la loro espressione e la loro sintesi. Oltre che essere utilizzato come importante via d'acqua, lungo le rive del fiume sorsero diversi opifici per fruire della forza motrice dell'acqua e furono costruite molte ville patrizie.

Storia
L'Astichello e la depressione omonima (zona compresa tra i fiumi Bacchiglione e Astichello)

Fino a tutto l'XI secolo nell'attuale letto dell'Astichello scorreva il torrente Astico quando i vicentini, per ridurre il pericolo delle ricorrenti piene[28] ne deviarono il corso a nord di Montecchio Precalcino e ne convogliarono il corso verso il Tesina, lasciando che a Vicenza giungessero solo una parte delle acque, cioè l'Astichello che continuò a scorrere nel vecchio alveo.

Nel XIX e nel XX secolo le sue acque rifornivano il canapificio Roi.

La poesia di Giacomo Zanella

Nel 1878 il poeta Giacomo Zanella, spinto dal desiderio della solitudine e della pace campestre per poter dimenticare, a contatto con la natura tanto amata, i travagli del "secol faccendiere", si fece costruire una villetta a Cavazzale, sulle rive dell'Astichello, e lì trascorse i suoi ultimi anni, recandosi ogni tanto in città a trovare gli amici.

In questi anni egli seppe dare il meglio del suo spirito e della sua arte, perché seppe trascrivere con semplicità le sensazioni che le cose minute della natura gli risvegliavano e i sonetti, raccolti sotto il nome dell'Astichello, sono senza dubbio tra le sue cose migliori.

Percorso

È un fiume di risorgiva che nasce fisicamente dall'unione di numerose canalette risorgive a Dueville, in località Pilastroni. Il suo corso comincia a nord di Passo di Riva e Montecchio Precalcino per proseguire costeggiando l'omonima via, il casello autostradale e raggiungendo la località Pilastroni. Le roggette che qui si uniscono, molte delle quali nate da risorgive, provengono tutte dal territorio duevillese, principalmente da Vivaro.

Il fiume scorrendo poi per Cavazzale giunge a Vicenza; qui attraversa dapprima il parco dell'Astichello a fianco dell'ospedale San Bortolo per poi scorrere attraverso il Parco Querini e riversare poco dopo le sue acque nel fiume Bacchiglione.

La sua lunghezza è di circa 16 km.


La roggia Seriola[modifica | modifica wikitesto]

Il nome Seriola è comune in Lombardia e deriva da serio, termine che in passato designava un canale artificialmente creato per azionare le ruote di mulini, magli o gualchiere, le macchine usate per rassodare i panni[29].

Sorgenti della Roggia Seriola a Maddalene, Vicenza
La Loggia Valmarana si affaccia su quello che era il letto della roggia Seriola ai Giardini Salvi nel centro storico di Vicenza.

Nel Seicento Francesco Barbarano de' Mironi[30] ricordava che la Seriola nasce "al Monticello di S. Maria Maddalena, scorre per Vicenza, fa girare molti molini, produce preziosissimi gamberi e nell'uscire dalla città, finisce nel Bacchiglione, appresso l'Isola"[29]. L'utilizzo dell'acqua per la pesca, per lavare i panni e per la forza motrice, seppur limitato quest'ultimo dopo l'invenzione della macchina a vapore, è continuato fino al Novecento, quando l'acqua alimentava ancora un mulino vicino a Porta Santa Croce, uno in Campo Marzo e le macchine di una filanda in contrà SS. Apostoli[29].

La roggia nasce a pochi chilometri a nord della città in località Maddalene Vecchie. L'acqua affiora dal sottosuolo da polle (boi o bojette per l'aspetto dell'acqua che sembra ribollire) in comunicazione tra loro e con il laghetto detto La Boja delle Maddalene e fa parte del sistema di risorgive che alimentano gli acquedotti cittadini. Durante tutto l'anno sgorga alla temperatura di 12 - 13 gradi[29]. Il boschetto che ricopre le risorgive della Seriola è formato da olmi, salici, ontani e sovrasta un sottobosco abbastanza folto[31].

Uscita da Maddalene, la roggia scorre lungo le pendici di Monte Crocetta, riceve ulteriore acqua da alcuni fossati, passa vicino a Cà Beregane - nel Settecento forniva l'acqua ai giardini della Villa Beregan - Pertile, e punta in direzione sud-est verso Vicenza.

Un tempo l'acqua proseguiva lungo viale Pasubio, viale Trento e viale Mazzini, entrava in città e scorreva sotto le antiche mura nella contrà dal significativo nome di Cantarane per riaffiorare nei Giardini Salvi, lambire il lato nord di Campo Marzo e confluire nel fiume Retrone pochi metri a sud del Ponte Furo in viale Eretenio. Intorno al 1365, infatti, la roggia era stata deviata per costituire il fossato che affiancava le mura scaligere sul lato ovest della città, continuare poi nel lato sud dove già costeggiava Mure Pallamaio, ed essere così parte del sistema difensivo di Vicenza.

A partire dagli anni sessanta del Novecento, invece, la roggia è stata nuovamente deviata per cui, all'altezza di viale Pasubio, ora confluisce nel Bacchiglione[29]. Sarebbe perciò tecnicamente inesatto chiamare ancora Seriola - così come i vicentini comunemente fanno - quella che oggi scorre nei Giardini Salvi, attualmente un bacino chiuso di acqua che viene pescata da falde sotterranee, filtrata, ossigenata e posta forzatamente in circolo da pompe idrauliche[32].

Il fiume Retrone[modifica | modifica wikitesto]

Vicenza - Visione notturna di Ponte S. Michele sul Retrone.

La sua sorgente si trova a Sovizzo alla confluenza dei torrenti Valdiezza, Onte e Mezzarolo; prosegue attraversando Creazzo, poi il territorio di Altavilla Vicentina e dopo 12 km sbocca nel Bacchiglione, presso l'area dell'ex cotonificio Rossi.

Veduta del Retrone da Viale Giuriolo con l'antico ponte delle barche sullo sfondo.

Alla sorgente il fiume è largo circa 4 m con una profondità di 50 cm, poi man mano che prosegue nel suo corso aumenta la larghezza e la profondità grazie ai diversi affluenti, fino a raggiungere la larghezza di 12 metri con una profondità di 2 all'ingresso nella città di Vicenza. Negli anni sessanta alcuni interventi di rettificazione del corso del fiume hanno portato una significativa modificazione al sistema idrogeologico del corso d'acqua. Nei periodi di intense piogge il Retrone esonda soprattutto nella zona di S. Agostino. La causa di questo problema è stata individuata nel fatto che il punto di affluenza nel Bacchiglione è più alto del corso del Retrone, caratteristica alquanto bizzarra.

La portata aumenta nel punto in cui confluisce con il fosso Cordano. Il fondale è più o meno costante nel tempo, composto per lo più da ghiaia, sabbia e verso la foce fango. Presenta ovunque una elevata copertura vegetale. Le acque del Retrone risultano assai inquinate dagli scarichi di varia natura, ma nonostante questo inquinamento le sue acque sono popolate da numerose specie ittiche, in particolare trote, carpe, cavedani, lucci, oltre che rane. Tra l'avifauna sono numerosi i germani reali, le gallinelle d'acqua, gli aironi cinerini e le garzette. Negli ultimi anni sono diventate abbondanti le nutrie.

Storia

Nasce a Sovizzo, le sue acque scorrono lente, quando arriva a borgo Berga che si trova in posizione più elevata la massa d’acqua può tornare indietro .

Nell’antica Roma era chiamato Edronis ed era il fiume principale, citato da Plinio, passava per Padova earrivava fino al mare in una località chiamata portus Edronis, identificata con Chioggia. Il Retrone scorreva attraverso la città di Padova, in quello che sarebbe poi divenuto il corso del Bacchiglione. Nell'antichità il Retrone si trova nominato anche nelle sue varianti Eretenos, Eretenus, Erethenus, Ereteno, Reteno mentre nelle carte medioevali è indicato come Rerone.

In tempi antichi era chiamato Retrone il fiume principale di Vicenza e Padova, e non Bacchiglione. Il fiume Edronis era citato già da Plinio, e scorreva in un proprio alveo per gettarsi in mare, nella località costiera di Portus Edronis, generalmente identificata con Chioggia. Il Retrone scorreva attraverso la città di Padova, in quello che sarebbe poi divenuto il corso del Bacchiglione. Nell'antichità il Retrone si trova nominato anche nelle sue varianti Eretenos, Eretenus, Erethenus, Ereteno, Reteno mentre nelle carte medioevali è indicato come Rerone.

Estesi sconvolgimenti nell'idrografia della provincia, avvenuti in epoca longobarda, modificarono la situazione, facendo diventare il Retrone un semplice tributario del Bacchiglione (del cui nome si hanno notizie a partire dagli inizi dell'XI secolo).

La confluenza dei due fiumi a Vicenza avveniva presso la zona detta dell'Isola, attualmente Piazza Matteotti, ma dava luogo a frequenti alluvioni dovute al regime irregolare dei fiumi. Per questo la confluenza fu spostata di circa un chilometro, appena oltre l'abitato di Vicenza.

Lago di Fimon[modifica | modifica wikitesto]

La sponda est del Lago di Fimon

Il Lacus Pusterlae era, in tempi antichi, un corridoio fluviale che, in tempi di abbondanti alluvioni, si trasformava in un bacino di allagamento temporaneo, cioè in una bassura più o meno paludosa. Bassura che svolgeva una funzione moderatrice sulle allivioni di Vicenza.

In questo alveo l'Astico si allargava, per una larghezza media di 700–800 m. ed una lunghezza di alcuni chilometri; questa striscia acquitrinosa era chiamata Lacus Pusterlae ed arrivava fino alla città dove trovava un dosso, formato dai detriti del fiume stesso, il Motton Pusterla. Dopo alcune centinaia di metri il fiume, passato sotto l'antico ponte romano, in seguito chiamato Ponte di San Pietro, confluiva nel Retrone alle Barche.

Quanto al Lacus Pusterlae mancano fonti alto medioevali che ne documentino l'esistenza. È probabile che esso occupasse la zona tra la strada Marosticana e la strada che oggi porta a Cavazzale ed arrivasse a lambire la Piarda, detta dei Tecchio.

Dopo che il fiume Astico verso la metà del XII secolo fu deviato verso il Tesina, ciò che ne rimaneva - cioè il fiume Astichello - non aveva più una portata sufficiente ad alimentare il lago. Così quando nel XIV secolo veniva citato da alcuni documenti, esso era in parte prosciugato e limitato all'area che, ancor oggi, conserva il toponimo di Laghetto.

Attualmente il lago è uno specchio d'acqua di modeste dimensioni (0,60 km2) e poco profondo (in media 2 m) che si trova in comune di Arcugnano tra le frazioni di Pianezze e Lapio. È l'unico lago di dimensioni significative dell'intera provincia.

I dintorni del lago sono anche un sito archeologico, la cui importanza fu riconosciuta già nel XIX secolo dal naturalista vicentino Paolo Lioy.

Utilizzo delle acque[modifica | modifica wikitesto]

Pozzi e acquedotti[modifica | modifica wikitesto]

L'acquedotto romano in località Lobia

La storia di un razionale utilizzo dell'acqua nel Vicentino è antica di due millenni.

L'acquedotto costruito in età romana risale al I secolo a.C. partiva da località Villaraspa (Motta di Costabissara), poi passando per località Lobia, posta 3 km a nord del centro storico, dove sussistono tuttora resti degli archi di sostegno, e transitando per gli attuali viale Ferrarin, via Brotton e corso Fogazzaro, portava in città l'acqua delle risorgive[33] per terminare nel castellum aquae, cioè nel serbatoio presso Mure San Lorenzo[34]. In contrà Pescherie vecchie resta qualche lacerto delle terme.

Dopo la caduta dell'impero romano e fino agli inizi del Novecento non vi furono più acquedotti. L'acqua veniva prelevata direttamente dalle sorgenti o dalle risorgive, oppure da pozzi, o incanalata attraverso rogge a cielo aperto; sostanzialmente non vi era l’acqua corrente in casa e per lavare i panni le lavandaie andavano sulla riva del fiume o presso il lavatoi pubblici.

Attualmente, agli inizi del terzo millennio, nel Vicentino il territorio del bacino Astico-Leogra-Bacchiglione assorbe una media di circa 400 milioni di metri cubi l'anno; il resto finisce nelle falde, particolarmente diffuse nel territorio vicentino.

Ogni anno cento milioni di metri cubi di quest'acqua - considerata tra l'altro di alta qualità - vengono utilizzati dagli acquedotti: 23 milioni di essi dall'Azienda "Acque vicentine", che serve una trentina comuni della Provincia, a partire da Vicenza; altri 4o milioni di metri cubi sono incanalati verso gli acquedotti di Padova[35] e Abano Terme; un ulteriore acquedotto serve la parte orientale della Provincia (Grumolo delle Abbadesse, Torri di Quartesolo, Camisano, Grisignano, Montegalda e Montegaldella) più altri 16 comuni padovani, utilizzando 12 milioni di metri cubi; 10 milioni d'acqua infine, tratti dalla falda di Almisano, servono comuni del Basso Vicentino e del Veronese.

A queste dati andrebbero aggiunti quelli dei prelievi effettuati mediante migliaia di pozzi privati, per un consumo ipotizzato di 30 milioni di metri cubi d'acqua l'anno[36].

Nelle zone della Provincia, in fascia pedemontana, la distribuzione dell'acqua è assai più articolata: a Valli del Pasubio, ad esempio, esiste una rete di ventuno acquedotti, praticamente uno per contrada[37].

Non è possibile stabilire, per carenza di documentazione, se durante il primo millennio i fiumi che attualmente scendono dai rilievi a nord della città, e cioè il Leogra, il Timonchio e l'Orolo, confluissero tra di loro e, raccogliendo anche le acque di risorgiva, lambissero la parte settentrionale della città, gettandosi infine nell'Astico.

Alimentazione dell'acquedotto dell'Altopiano di Asiago[modifica | modifica wikitesto]

Durante la notte le acque che sgorgano dalle sorgenti dentro alle grotte di Oliero sono pompate in alto fino alla stazione di raccolta dell'Altipiano di Asiago situata sul Col d'Astiago in comune di Valstagna, a 1.241 metri di altitudine. La centrale di pompaggio è costituita da pompe da 2.500 hp (1.86 Megawatt); tale potenza, che deve permettere di superare il dislivello di circa millecento metri, fa della centrale di pompaggio di Oliero una tra le più potenti d'Europa.

Venne costruita nel 1971 e completata nel 1975. Il progetto di costruzione del '71 seguiva il percorso di una precedente stazione di pompaggio realizzata durante la prima guerra mondiale per servire le truppe italiane schierate a difesa della pianura. In quel tempo erano ben sette i salti intermedi realizzati per far arrivare l'acqua sull'Altopiano[38].

L’acqua come forza motrice[modifica | modifica wikitesto]

Muoveva le pale dei mutini, che nel Cinquecento davano forza a segherie, tintorie, lanifici, setifici, ai magli .... A Vicenza tra la fine del XV e l'inizio det XVI secolo l'economia conosceva un "boom" di attività durato tutto il secolo. Erano centinaia i mulini e le pale idrauliche a Vicenza, forse quattrocento; ne sono stimati ottocento in tutta [a provincia'. Tanti? Solo per [a lavorazione della seta ne sono stati contati cento alla fine del Sedicesimo secolo.

poco più di duecento anni dopo, Gaetano Maccà, nel 1815, con l'elettricità ancora di là da venire, aveva contato quattordici mulini nei 400 metri della roggia Venata a Santors 02 . L'identica funzione di dare potenza al lavoro, secoli dopo, l'avrà – per esempio – la roggia Maestra a Schio, che alimenterà tutti gli opifici, dal Lanificio Rossi a quello dei Boniver Conte. A Thiene un'altra acqua di roggia diventerà l'anima del lanificio Ferrarin. Insomma, l'era industriale nel Vicentino è nata con la potenza dell'acqua. Ancora oggi l'Astico conta trenta prese che danno vita ad altrettanti usi industriali, tra piccole centrali idroelettriche e aziende.

Nota: Cfr. GAETANO MACcA, Storia del territorio vicentino, Cal-dogno, Menegatti, 1815, V. 12, p. 122. Per una bibliografia generale di riferimento cfr. Francesco Molon, / nostri fiu-miAstico-Bacchiglione- Retrone-Brenta: idrografia antica e moderna, Padova, Draghi, 1883; GIULIO ARRINGHI, 1 fiumi di Vicenza, Vicenza, Adpress, 1995; Luciano Gregoris, Idrografia vicentina: storia e attualità, Vicenza, Editrice Veneta, 2006; Il Bacchiglione, a cura di FRANCESCO SELMiN e CLAUDIO GRANDIS, Sommacampagna, Cierre, 2008. Proprio quest'ultimo volume contiene il saggio di Edoardo Demo e Francesco Vianello Il Bacchiglione a Vicenza – Regola¬zione delle acque, igiene pubblica e attività commerciale, che ricorda a P. 176 i cento mulini dedicati alfa lavorazio¬ne della seta a Vicenza nel 1596. E aggiunge: «Oltre ai numerosi impianti per la molitura, concentrati prevalen¬temente nell'area suburbana posta nei pressi del borgo di Pusteria, la città berica pullula di ruote idrauliche che danno movimento a mulini a martello per la concia dei pellami, a fucine per la lavorazione dei metalli, a magli per battere il rame e il ferro, a seghe, a cartiere, a mole per affilare e per la macinazione di pietre tintorie (come il guado e la vallonea) e per la frantumazione di lapides a vitro». Sugli aspetti dello sviluppo economico, più in profondità, si veda anche il volume a cura di GIOVANNI LUIGI FONTANA, L'industria vicentina dal Medioevo a oggi, Pado¬va, Cleup, 2004, in particolare il saggio di Edoardo Demo, Le manifatture tra medioevo ed età moderna, p. 21 e seguenti e quello di Francesco Vianello, Mercanti, imprese e commerci nel Cinque e Seicento, p. 187 e seguenti. il volume è pubblicato sotto l'egida della Camera di Com-mercio, Industria, Agricoltura e Artigianato di Vicenza e del Centro Studi sull'Impresa e il Patrimo,_) Industriale, sua emanazione.

(Di Lorenzo p. 9'10).

E poco più di duecento anni dopo, Gaetano Maccà' ne[ 1815' con l,elettricità ancora di tà da Venire, aveva contato quattordici mulini nei 4oo metri detta roggia Verlata a Santorso

Nel 1596 a Vicenza c’erano oltre 100 mulini attivi per la lavorazione della seta, concentrati prevalentemente nell’area suburbana nei pressi di borgo Pusterla.

La città pullulava di ruote idrauliche che davano movimento a mulini a martello per la concia dei pellami, a fucine per la lavorazione dei metalli, magli per battere il rame e il ferro, a seghe, a cartiere, a mole per affilare e per la macinazione di pietre e per la frantumazione di pietra e di vetro.

Centinaia di altri mulini si trovavano nei paesi e nelle città dell’Alto vicentino e segnarono l’inizio dello sviluppo industriale.

Anche in seguito, l’acqua servì per far funzionare molte piccole centrali Idro elettriche e aziende, una trentina ancor oggi.

Risorsa per lo sviluppo preindustriale Poi uso energia diversa e sparizione dei mulini

Difesa della città[modifica | modifica wikitesto]

Fiumi e fossati attorno alle mura

Seriola. Da “ceriola” (scavo, canale). Vicino a Porta Santa Croce si divide in due rami principali: il primo corre attorno alle mura scaligere, gira intorno alla Rocchetta e finisce al giardino Salvi, il secondo entra nel quartiere dei conventi attorno a San Rocco in Porta Nova, scorre per contrà Cantarane e al ponte delle Bele si immette nel giardino Salvi. Da lì proseguea per Campo Marzo e passava intubata su ponte Furo e si infossava nel quartiere di Santa Caterina per gettarsi nel Bacchiglione prima dell’Isola.

Rio Merdarolo e Roggia Riello

Fossato costruito a est canalizzava l’acqua che proveniva da Monticello Conte Otto.

Trasporti e usi commerciali[modifica | modifica wikitesto]

Porto di Vicenza (trasporti da nord e da sud) e piazza dell’Isola.

Nel 1406 i vicentini chiesero al doge, dopo la dedizione a Venezia, di poter costruire il porto vicino al distrutto castello.

Il porto di Vicenza era situato vicino alla confluenza dei due fiumi vicino al ponte delle Barche - o meglio da Santa Caterina in Porto - da lì si estendeva fino alla piazza dell’Isola (che nel 1867 fu dedicata a Vittorio Emanuele II, nel 1944 ai Balilla, dopo la liberazione a Matteotti).

In questa zona avevano grande importanza i burchi o burci, imbarcazioni tipiche diverse da quelle veneziane, perché quelle vicentine erano chiatte, quasi zattere. Percorrendo il fiume controcorrente non procedevano a remi ma erano tirate da cavalli. Il loro compito era quello di portare a terra i carichi delle navi che arrivavano da Venezia a cominciare dal pesce e terminare con tessuti, spezie e qualunque altra merce.

Per fare questo c’era bisogno di un sistema di scarico. Esso avveniva nelle piarde, un rialzo esteso tra le mura e il fiume per accumulare il materiale portato dall’acqua. Le barche accostavano e grazie a un argano, i colli superavano il dislivello dalla riva :e era una specie di magazzino all’aria aperta.

Contrà Burci era il luogo dove si fabbricavano queste imbarcazioni.

La florida attività del porto fluviale di Vicenza è testimoniata tra l’altro dall’esistenza di una confraternita di “padroni di barca”, la cui matricola è conservata alla biblioteca Bertoliana.

La pesca[modifica | modifica wikitesto]

I fiumi della città[modifica | modifica wikitesto]

La pesca nel Retrone era già nota nei tempi dell’antica Roma, quando lo scrittore latino Eliano, vissuto tra il 170 e 230 d.C., diceva che: “nelle acque dell’Ereteno si trovano anguille grossissime e di gran lunga più grasse di quelle degli altri fiumi” e poi spiegava come si catturano.

Anche nei secoli successivi nelle acque dei due fiumi di Vicenza si pescava ottimo pesce; ne parla lo storico Francesco Barbarano de' Mironi nel XVII secolo: “Produce una grande quantità di preziosissimi pesci, massime da gamberi e anguille, le più stimate the tutta l’Italia, come diversi autori scrivono”. Alla fine dell’Ottocento il naturalista Paolo Lioy contava 23 specie di pesci presenti nelle acque del Basso vicentino.

La pesca durò fino agli anni settanta del Novecento; vi sono fotografie che ritraggono i pescatori con la lenza affacciati a ponte Pusterla e sul ponte degli Angeli ancora in questi anni.

Il lago di Fimon[modifica | modifica wikitesto]

Il luccio (Esox lucius), una delle specie ittiche presenti nel lago.

Il lago di Fimon presenta fondo melmoso e vegetazione abbondante, caratteristiche che, unite alla scarsa profondità, lo rendono un habitat adatto ai ciprinidi.

In particolare le specie ittiche presenti da lungo tempo (almeno dal 1887, anno cui risale lo studio del Tarassi) sono: la carpa (Cyprinus carpio), la tinca (Tinca tinca), il luccio (Esox lucius), la scardola (Scardinius erythrophthalmus), l'anguilla (Anguilla anguilla), la savetta (Chondrostoma soetta) e la lasca (Chondrostoma genei).

La popolazione ittica attuale è differente, dal momento che sono apparse nuove specie e ne sono scomparse altre: tra queste la lasca e la savetta, tra le prime il persico trota (Micropterus salmoides), il persico sole (Lepomis gibbosus), il persico reale (Perca fluviatilis) e il pesce gatto (Ictalurus melas). Dall'inizio degli anni ottanta è presente anche l'abramide (Abramis brama), specie originaria del centro-est europeo.

Oltre all’inquinamento alcune specie sono state distrutte dall’importazione del vorace gambero della Louisiana o dai voracissimi e immangiabili siluri.

Laghetti artificiali per la pesca[modifica | modifica wikitesto]

Le piscine[modifica | modifica wikitesto]

Nella pagina occonto, bombini vicentini che nuotano in una rud i m e ntale p i sci n o ri cav ata nel Bocchiglione. La foto è di Vajenti, scattata negli anni Trenta. A Port1 S1nta Croce, nel t9o9, vicino al torrione scaligero, fu inaugurata la prima piscina di VÌcenza. Come ricorda Wolter Stefani, si voleva evit1re l0 sconvenÌente visione di numerosi nuotatori che si dilettavano a fare Ìl bagno lungo i corsi d'acqul cittldini, Asti ch e I lo, Bocch ig li o n e e Retrone, ilpiu delle volte completamente nudi, <offendendo in tal guisa il comune senso del pudore>. La grande vasca per Ìl nuoto era lunga zB metri, largo S,za e profonda, nel punto massimo, 2 metri e mezzo. La piscina richiamva anche z.8oo persone al giorno. Molti si lomentovono nor l'nrnttn rho nrrivnvn direttamente da[ fiume, che era troppo fredda anche con lo calura estiva. La piscina di porta Sant0 Croce lu distrulto dai bombardamenti alleati nel 1944. Di Lorenzo p. 9.

Le acque termali[modifica | modifica wikitesto]

Recoaro

Valorizzazione dell'ambiente[modifica | modifica wikitesto]

Ville patrizie[modifica | modifica wikitesto]

Villa Capra La Rotonda, di fronte al Bacchiglione

Ville lungo l'Astichello

Parco Querini[modifica | modifica wikitesto]

Grotte di Oliero[modifica | modifica wikitesto]

Contrà Pria ad Arsiero[modifica | modifica wikitesto]

Contrà Pria è una contrada di poche casette persa tra i monti dell'alto vicentino, il luogo è molto suggestivo per la serie di canyon scolpite dal torrente astico nel corso dei secoli.Un posto ideale per trascorrere una domenica di sole tra acque cristalline e natura incontaminata. Potrebbe interessarti: http://www.vicenzatoday.it/cronaca/un-oasi-di-fresco-in-contra-pria-ad-arsiero-come-arrivare.html

Nei pressi del paese di Arsiero, cittadina in provincia di Vicenza, si trova la zona di Contrà Pria, piccolo borgo di poche case, che rappresenta senza dubbio una delle località più affascinanti e caratteristiche della Valle dell'Astico: qui infatti l’acqua ha formato lungo il greto del torrente, nel corso dei millenni, una stretta gola rocciosa, con suggestivi paesaggi e viste mozzafiato in una natura quasi incontaminata. Durante la maggior parte dell'anno la zona è deserta e quasi disabitata, ma nel periodo estivo la vallata si anima e le spiaggette si popolano degli abitanti dei paesini vicini, attirati dalla possibilità di fare il bagno e prendere il sole... e non solo: nonostante i numerosi incidenti e l'ordinanza comunale che vieta i tuffi dal ponte e dalle rocce a picco, sono sempre numerosi coloro che vogliono provare l'ebbrezza di un volo da 10 metri nelle fredde acque del torrente[39].

Parco dell'amicizia a Tezze sul Brenta[modifica | modifica wikitesto]

Ciclopista del Brenta[modifica | modifica wikitesto]

Pista ciclabile, di 70 km che attraversa la Valsugana ed il canale di Brenta seguendo il corso del fiume; l'itinerario ricalca parte dell'antica via Claudia Augusta.

Parco Civiltà delle Rogge[modifica | modifica wikitesto]

Il laghetta Lumera di Asiago[modifica | modifica wikitesto]

Dal centro di Asiago una strada pedonale sterrata, fiancheggiata da "laste" in marmo di Asiago (antiche recinzioni risalenti all’epoca dei Cimbri) e da un filare di pioppi che la ombreggiano, conduce, attraversando un’ampia valletta, al laghetto naturale.

Lungo il percorso, per i più attenti è facile riconoscere un gran numero d’erbe officinali e, per i più fortunati, è possibile imbattersi in incontri con qualche animale selvatico.

Il laghetto, circondato da una corona di pini, è attrezzato con numerose panchine in legno, un parco giochi per bambini e un bar; nel laghetto si può praticare la pesca sportiva[40].

Parco delle Sorgenti di Dueville[modifica | modifica wikitesto]

E' un'area di circa 26 ettari all'interno dei territori dei Comuni di Villaverla e di Dueville, riconosciuta come uno degli ambienti naturalistici di maggior pregio della Provincia, che deve la sua importanza alla presenza, al suo interno, di un fitto reticolo di canali e risorgive che generano e alimentano il Bacchiglione. Tale area, fatta di ambienti tipici delle zone umide, di siepi e alberi ripariali, nonché di bosco planiziale, rientra, proprio per la sue peculiarità, all'interno della Rete ecologica comunitaria denominata "Natura 2000", giacché in tale zona ricadono il sito "Bosco di Dueville" e il sito "Bosco di Dueville e risorgive limitrofe"[41].

Negli anni sessanta l’area era colonizzata da cicogne, che man mano sono andate a scomparire prima di farsi rivedere nel territorio solo negli ultimi anni, grazie ad alcuni progetti specifici. Ogni anno nelle campagne vicentine transitano e si fermano quindi diversi esemplari di cicogna bianca, ma l’ultimo caso accertato di nidificazione spontanea risale a una decina di anni fa in zona Schiavon. Proprio nel periodo della migrazione, che va da maggio a giugno, 4 coppie di animali si sono fermate nei paraggi per circa una settimana, secondo gli esperti per cercare un sito idoneo per nidificare. Per questo si è deciso di installare un nido di diametro di circa 120 cm in metallo, rivestito con fronde di salice, posizionato sul piedistallo sopra alla cabina dell’ENEL dismessa. Non solo, sono state posizionate due sagome a grandezza naturale al fine di richiamare eventuali esemplari di passaggio, nella speranza che qualcuno di loro lo trovi idoneo per la deposizione delle uova. [42]

Il "Laghetto" di Altavilla Vicentina[modifica | modifica wikitesto]

Oasi naturale di 70 mila metri quadrati di cui 25 mila occupati da un laghetto artificiale. Si tratta di uno splendido esempio di recupero di un’ex cava di basalto abbandonata da anni lungo via Tovo.

Il progetto ha previsto la tutela di una zona paesaggistica immersa nel verde e dominata dal laghetto in cui prolifera la vegetazione creando un habitat ideale per la nidificazione della fauna volatile (cigni bianchi e neri, oche, anitre). Attorno al parco corre un percorso panoramico arricchito da nuove piante e da alcune panchine[43].

Risorgive della Seriola e Boja delle Maddalene[modifica | modifica wikitesto]

L’area delle Risorgive della Seriola è costituita da un sistema di polle anastomizzate coperte da un boschetto igrofilo, collegata alla Boja delle Maddalene, bacino in parte di origine artificiale originatosi a seguito della realizzazione di uno sbarramento, con una formazione di Ontano comune di buon grado di naturalità, inframezzate da una roggia con acqua corrente[44].

V. "L'acqua di Vicenza" https://maddalenenotizie.files.wordpress.com/2011/10/lacqua-di-vicenza.pdf

Oasi di Casale[modifica | modifica wikitesto]

L'Oasi degli stagni di Casale “Alberto Carta”[45] è stata istituita dal Comune di Vicenza nel 1998 su iniziativa del WWF che, da allora, gestisce l’area.

L’insieme di stagni e di aree umide che compongono l’Oasi è il risultato della passata attività di escavazione dell’argilla che con il suo termine, alla fine degli anni settanta, ha creato i presupposti per una progressiva colonizzazione da parte della vegetazione caratteristica delle zone umide di pianura e dell’avifauna, ardeidi in particolare.

Negli anni, gli interventi promossi dal WWF, oltre a realizzare strutture per la ricezione dei visitatori, hanno ulteriormente contribuito ad esaltare la diversificazione ambientale dell’Oasi creando una riva idonea agli uccelli limicoli, rinaturalizzando alcune sponde verticali, realizzando un’area rimboschita con specie caratteristiche del bosco planiziale della pianura padana, ricavando nuovi stagni per gli anfibi e controllando l’evoluzione di un’area prativa.

Oggi i 24 ettari dell’Oasi rappresentano una delle poche zone umide della pianura padana, non solo vicentina, e rivestono, pertanto, una notevole importanza sia per la tipica vegetazione palustre, che per la fauna, riccamente rappresentata da invertebrati e anfibi, ma anche da uccelli e mammiferi, alcuni dei quali a rischio di estinzione e protetti dalle norme europee in merito.

L’Oasi è infatti sito di importanza comunitaria e zona di protezione speciale (ai sensi delle direttive 92/43/CEE "Habitat" e 79/409/CEE "Uccelli") costituendo, pertanto, uno dei nodi della Rete Natura 2000, il principale strumento della politica dell'Unione Europea per la conservazione della biodiversità.

L’Oasi è anche sede di un Centro di educazione ambientale WWF che organizza laboratori didattici per le scuole e per i visitatori. Durante l’estate nell’Oasi vengono organizzati i centri estivi.

Periodicamente, inoltre, presso il centro visite sono organizzati corsi a tema ambientale, conferenze e mostre[46].

Parco Retrone[modifica | modifica wikitesto]

Parco Retrone
Ubicazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
LocalitàVicenza
Indirizzozona sant'Agostino-Ferrovieri
Caratteristiche
Tipoparco pubblico
Superficie40.000 km²
Inaugurazione1999
Aperturasempre aperto
Ingressivia Caregaro Negrin, via Meldolesi, via Malvezzi, via Carta
Realizzazione
ProprietarioComune di Vicenza
Inverno al Parco del Retrone - Foto del Maestro Giorgio Vezzaro.

Nel quartiere di S. Agostino/Ferrovieri di Vicenza lungo la sponda sinistra del Retrone è stato ricavato un grande parco fluviale di 40 000 m², chiamato appunto "parco Retrone". In quest'area verde attrezzata vengono annualmente organizzate varie manifestazioni, tra le quali Ferrock e Festambiente Vicenza.

Il parco sul fiume Retrone è radicato da tempo nella storia del quartiere dei Ferrovieri. È nato e si è costituito in modo diverso dal solito: nella città di Vicenza rappresenta la prima esperienza di costruzione e gestione partecipata di un parco pubblico attrezzato.

Nel 1997 l'Amministrazione Comunale ha istituito e parzialmente finanziato la realizzazione del Parco; in seguito quasi tutto il lavoro di realizzazione è stato a carico di gruppi volontari organizzati del quartiere, delle scuole, dei gruppi scout e sportivi, rappresentati da Legambiente che tuttora ha la custodia del parco.

Il Parco è sede di progetti didattici sia della vicina scuola Dino Carta (Istituto Comprensivo n.8), che di alcune scuole superiori della città.

Legambiente, con il sostegno del Centro Servizi per il Volontariato di Vicenza, ha sviluppato nel corso del primo decennio degli anni 2000 alcuni progetti di riqualificazione ambientale del parco, tra cui 4 lampioni fotovoltaici dislocati lungo il parco, panche e tavoli per il picnic progettati anche per persone disabili.

Il parco si estende lungo il fiume Retrone ed occupa un'area di 40 mila m², ponendolo al secondo posto per ordine di estensione tra le aree verdi della città. Il maestro Giorgio Vezzaro, abitante del quartiere dei Ferrovieri, ha dedicato a Festambiente una mostra fotografica sul fiume Retrone.[47]

Il parco è ricco di alberi, cespugli fioriti, ma ciò che lo caratterizza è il corso del fiume Retrone che costeggia il parco per tutta la sua lunghezza. All'interno si possono compiere passeggiate a piedi e in bicicletta godendo della vista degli aironi e delle colline al di là del fiume. Nel parco vi sono anche alcuni spazi attrezzati per la pallavolo, il calcetto e un punto di rimessa e di attracco per le canoe, predisposto dai Maestri del Canoa Club di Vicenza che durante Festambiente propongono corsi gratuiti di canoa fin dalla prima edizione del 2002.

I progetti in corso prevedono che il Parco del Retrone sia collegato con il parco attiguo di Villa Bedin Aldighieri tramite una passerella sul fiume stesso le cui fondamenta sono state poste nell'inverno 2011-2012. La passerella ciclo-pedonale è agibile dal 2013.

Problemi causati dalle acque[modifica | modifica wikitesto]

Sono almeno due: da sempre quello delle disastrose alluvioni e, negli ultimi decenni, anche quello dell'inquinamento ambientale, palese o, anche più spesso, subdolo-

Le alluvioni[modifica | modifica wikitesto]

Quando nel 1882 il Bacchiglione inondò Vicenza con la più disastrosa alluvione che si ricordi, l'acqua arrivò a 1,80 m. di altezza nel quartiere di Trastevere, al di là di ponte degli Angeli.

-> foto

A Vicenza, in contrà San Pietro, su di un muro sono incise quattro tacche, che indicano i livelli raggiunti dalle esondazioni del Bacchiglione dal 1882 al 2010. La più alta si riferisce al 1882, quando l'altezza dell'acqua raggiunse in quel punto 1,80 m. e anche il ponte degli Angeli fu distrutto, mentre quella di Ognissanti del 2010 arrivò a 1,30 m.; l'inondazione del 1966 fu di 1,08, praticamente uguale a quella del 1905, la prima a essere testimoniata da fotografie che sono rimaste nella memoria della città.

Paludi e boscaglie[modifica | modifica wikitesto]

Negli ultimi secoli del primo millennio e all'inizio del secondo la gran parte del territorio vicentino era incolto e intervallato da zone paludose, particolarmente estese nella depressione che dall'Abbazia di Sant'Agostino, Creazzo e Valmarana, andava a Monteviale e al Biron, e in quella che da Settecà arrivava fino a Grumolo delle Abbadesse.

L'acqua stagnante favoriva la crescita dei boschi, allora molto estesi, come la Selva Mugla intorno al Lacus Pusterlae, la Selva Arimanna dal monastero di San Pietro fino ai Colli Berici intorno al Lago di Longara, e il Bosco maggiore da Lerino a Grantorto e Rasega.

Buona parte del territorio fu bonificato, durante il Medioevo, dai benedettini, in particolare i terreni paludosi dell'alveo del Retrone furono prosciugati dai monaci di San Felice e quelli dell'Astico e del Tesina dalle monache di San Pietro.

Nella zona di Sarcedo i Romani costruirono un imponente muro, lungo circa 800 m., che impediva al fiume di dilagare subito in pianura – devastando Vicenza con le sue piene, con il rischio di distruggere l'acquedotto romano della città e gli insediamenti sorti con la centuriazione di Thiene - e lo deviava fino alla collina di Montecchio Precalcino.


L'assetto idrografico restò immutato fino a tutto l'XI secolo, quando probabilmente gli stessi vicentini, per ridurre il pericolo delle ricorrenti piene dell'Astico ne deviarono il corso a nord di Montecchio Precalcino e ne convogliarono il corso verso il Tesina, lasciando che a Vicenza giungessero solo una parte delle acque, cioè l'Astichello che continuò a scorrere nel vecchio alveo.

A quel punto nel letto rimasto asciutto dell'Astico presso Dueville cominciarono a scaturire acque di risorgiva che, ingrossandosi con l'apporto dei torrenti Igna, Timonchio e Orolo divennero un fiume vero e proprio, il Bacchiglione, rispetto all'Astico molto meno impetuoso e meno soggetto a esondazioni, che scendeva da nord verso la città. Alla fine del XII secolo i fiumi di Vicenza avevano ormai l'assetto e la denominazione attuali: un documento del 1166 parla di un terreno inter flumen Astici vel Bakillonis e alla metà del XIII il nome del Bacchiglione identificava il fiume più importante di Vicenza che, dopo aver ricevuto le acque del Retrone, continuava con questo nome fino al mare

Molto più chiara è invece l'etimologia del nome Bacchiglione. Deriva dal tedesco bach, che significa torrente, che con la parte finale in italiano arcaico o agreste antico, ione, è aggettivo ingrandente, diventa torrentone, quello che in realtà è in caso di alluvioni. Compare come nome in un documento del 1067, non prima, in quanto l'idrografia, dopo il 589, era completamente diversa.

Gli autori latini, da Tito Livio di epoca imperiale, a Claudio Eliano del V secolo, parlano solo del Retrone, proprio perché gli affluenti di questo, soprattutto l'Orolo, vi finivano direttamente da nord, da Costabissara, attraversando i territori oggi del Dioma e non è detto che anche l'Astico vi finisse più ad ovest, di quello che oggi è il suo paleo alveo, cioè l'Astichello.

Solo dopo la grande alluvione questi corsi si spostarono ad est, avendo riempito le fosse lasciate libere dal Brenta che vi arrivava da nord della città, fino al 1000 a.C., spostandosi anch'esso più ad est, in quello che fu poi il ramo di Friola, poi Ceresone, occlusosi definitivamente nel 589. Il cambio dei nomi-fiumi coincide con l'arrivo dei Longobardi che parlavano in tedesco antico e dai vescovi tedeschi che cominciarono ad arrivare nell'alta Italia, in special modo nel veronese e nel vicentino, dal cambio del millennio, mandati anche dagli imperatori tedeschi del sacro romano impero, e che parlavano anch'essi tedesco, oltre che latino.

In particolare gli studi di Giovanni Cattelan mettono in risalto che da atti notarili antichi e da carteggi religiosi, che in tutta l'area c'erano aree depresse, che puntualmente, ad ogni alluvione, si allagavano e rimanevano paludose per settimane o anche per alcuni mesi, se il periodo piovoso si protraeva nel tempo. Una zona si chiamava Aqua Lata e altre zone oggi si chiamano Bosco-Boschi, proprio perché erano boschi paludosi, facilmente allagabili e quindi impossibili da mettere a cultura. Solo dopo il 1700-1800, con le nuove regimentazioni delle acque da parte dei grandi latifondisti della zona, i terreni vennero roncati, svegrati e poi arati. Erano comunque utili per i proprietari, come fonte di cacciagione sia alata che a 4 zampe, oltre che di legname da foco o da tavole per li marangoni.

La Serenissima affronta il problema delle alluvioni[modifica | modifica wikitesto]

Costruzione del Murazzo a Montecchio Precalcino nel 1507, nel vecchio alveo resta Astichello per il trasporto delle legne, fino ad un certo punto poi abolito.

La deviazione del Bacchiglione[modifica | modifica wikitesto]

Nel corso dell'Ottocento, praticamente ogni anno i fiumi della città di Vicenza raggiungevano il livello di guardia; frequenti erano le esondazioni, parzialmente risolte dalle casse di espansione naturale, come le piarde e nord e a sud del ponte degli Angeli.

La confluenza ad angolo retto del Bacchiglione e del Retrone vicino a piazza dell'Isola aumentava questi problemi, costringendo le autorità a intervenire con provvedimenti che però erano di scarsa efficacia. Dopo ben 14 studi, iniziati a partire dal 1651, nel 1876 per risolvere il nodo delle piene in centro città venne realizzato il progetto Beroaldi[48]per la separazione dei due fiumi.

L'alluvione del 1882[modifica | modifica wikitesto]

Neanche la separazione dei due fiumi nel 1876 era servita a mettere al sicuro la città. Il ponte degli Angeli, che prima del Cinquecento era a tre arcate e dopo il progetto del Palladio a quattro arcate fu totalmente danneggiato con la piena del 1882 e ricostruito nel 1889 in ferro con colonne di ghisa poggianti sulle fondamenta delle vecchie basi. Fu nuovamente rifatto nel 1957 sul progetto dell’ingegnere Chemello con una campata unica di 31 m. in cemento armato.

L'alluvione del 16 maggio 1905[modifica | modifica wikitesto]

In quell'anno, oltre al Bacchiglione, anche il Guà ruppe gli argini nel Basso Vicentino: la linea ferroviaria Venezia-Milano fu interrotta tra Montebello e San Bonifacio. Il centro di Vicenza finì sott'acqua da ponte degli Angeli a Santa Croce.

Interramento e cementificazione del territorio[modifica | modifica wikitesto]

Nel corso del Novecento a poco a poco,ma nel secondo dopoguerra molto rapidamente, furono interrati fossati e canali prossimi alla città.

Ad esempio fu interrata la roggia Seriola[49]: contra Cantarane, contrada della Fossetta, poi viale Mazzini quando fu fatta la circonvallazione diventarono dei “rio terrà”.

L'alluvione del 4 novembre 1966[modifica | modifica wikitesto]

Anche nel 1966 l'esercito dovette intervenire per soccorrere Vicenza, allagata come tutta la provincia nella notte del 4 novembre. La sciagura ebbe dimensioni nazionali: mentre il fango dell'Arno a Firenze rovinava le opere del Rinascimento, a Vicenza il fiume sommergeva gran parte del borgo San Pietro.

Il Brenta ruppe l'argine nella vallata a nord di Bassano del Grappa e la pressione dell'acqua deve addirittura incurvare il ponte degli Alpini ; l'Astico distrusse la cartiera Rossi ad Arsiero come il ponte stradale a Sandrigo; il Bacchiglione assediò Vicenza e mandò sott'acqua interi quartieri, primo fra tutti - come sempre - quello di San Pietro.

I danni nel Vicentino furono valutati in svariati miliardi di lire, tutte le strade provinciali furono interrotte, molti i ponti crollati, le fabbriche chiuse, gli allevamenti distrutti. Vicenza fu sommersa dal fango. Il bilancio dell'alluvione nel Vicentino fece registrare tre morti e alcuni feriti gravi; ci volle una settimana perché i vicentini superino la paralisi e la paura provocate dall'alluvione[50].

L'alluvione dell'11 agosto 2002[modifica | modifica wikitesto]

Nei primi giorni di agosto del 2002 la provincia di Vicenza - come la gran parte dei paesi europei - fu colpita da maltempo che mise all'erta la protezione civile, in previsione del pericolo che il Bacchiglione e il Retrone potessero straripare a causa delle forti piogge. Nella mattinata dell'11 agosto a straripare fu invece il torrente Orolo, conosciuto per essere quasi sempre in secca, che distrusse 60 metri di argine e sommerse una buona metà del territorio di Costabissara, dalla località dei Motterle (detti dell'acqua) al Municipio e a tutta la zona verso Vicenza. Molte famiglie si ritrovarono con le case allagate, senza più poter usare elettricità ed acqua a causa dell'alluvione[51].

A Vicenza invece non vi furono gravi danni, solo alcune strade allagate e blocchi del traffico.

L'alluvione del 1° novembre 2010[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Alluvione del Veneto del 2010.

Dopo due giorni continui di piogge incessanti ed ingrossato dallo scioglimento delle nevi in montagna, nella mattinata del 1° novembre 2010 il Bacchiglione ruppe gli argini nel territorio comunale di Caldogno, poco a nord di Vicenza, allagando completamente i centri abitati di Cresole e Rettorgole.

Nella stessa mattinata il fiume esondò nell'attraversamento di Vicenza allagando una grossa fetta del centro storico, la zona dello Stadio Menti, il quartiere sportivo di San Paolo, il quartiere di Santa Bertilla, la zona della Riviera Berica e di Casale e bloccando sia la circonvallazione esterna - con l'allagamento di viale Diaz - sia la tangenziale Sud nonché la linea ferroviaria Milano-Venezia. Il 20% del capoluogo berico finì sott'acqua.

Durante la notte proseguì nel suo corso verso Padova, creando notevoli danni anche in questa città e nel territorio circostante[52].

L'"alluvione di Ognissanti" fu per Vicenza la peggiore degli ultimi 150 anni. La stima degli uffici comunali valutò in 76 milioni di euro i danni a 2.128 abitazioni, oltre a 4.500 autorimesse e 150 auto distrutte; oltre 61 milioni furono i danni subiti da negozi, botteghe artigiane, magazzini, studi professionali, aziende; i beni pubblici subirono danni per 21 milioni. A un anno di distanza, dal commissario governativo per l'alluvione furono destinati a Vicenza 19 milioni di risarcimenti: un terzo a strutture pubbliche, un terzo a imprese, un terzo a famiglie[53].

Il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, il pomeriggio dell'11 novembre fu accolto dai vicentini in piazza Matteotti, dov'era allestito il centro di raccolta. Dal palco sotto palazzo Chiericati gli rivolsero il saluto due volontari, un immigrato del Burkina Faso di 28 anni e una studentessa di 19, come rappresentanti degli oltre 2.500 vicentini che avevano risposto all'appello del Comune.

Solo per il capoluogo, il sindaco Achille Variati presentò un conto dei danni che sfiorava i 160 milioni, oltre la metà dello stanziamento straordinario che il governo avrebbe approvato per tutto il Veneto. Ma i giornali nazionali e i mass media trascurarono nei primi giorni il disastro veneto. Divampò la polemica e si arrivò a minacciare lo sciopero fiscale per il disinteresse delle autorità centrali[54].

I bacini di laminazione[modifica | modifica wikitesto]

Dopo la disastrosa alluvione del 2010 si è ritenuto che l'unico modo di risolvere il problema sia quello di dotare il territorio di adeguati invasi di laminazione, ossia di bacini realizzati lungo i corsi d’acqua naturali o all’interno di sistemi di drenaggio urbano allo scopo di ridurre le portate di piena entro limiti prefissati, dipendenti dalle capacità di convogliamento delle portate da parte del sistema idraulico a valle[55].

A sei anni di distanza da questa alluvione e dopo due anni e mezzo di lavori, il 9 novembre 2016 è stato inaugurato quello più importante per difendere la città di Vicenza, cioè il bacino di laminazione di Caldogno, una delle maggiori opere cantierate dalla Regione per la mitigazione del rischio idrogeologico nel territorio veneto, con un investimento di 40 milioni di euro.

il bacino è stato realizzato su una superficie di 110 ettari ed ha un volume massimo invasabile di 3,8 milioni di metri cubi d’acqua, di cui 2,3 milioni di metri cubi nella cassa di monte e 1,8 milioni nella cassa di valle.

Ancora da realizzare sono il bacino di laminazione sul torrente Agno-Guà nel comune di Trissino, quello di Viale Diaz in Comune di Vicenza, il primo stralcio dei lavori sull’Astico, tra Sandrigo e Breganze, oltre ad altri regionali[56].

Inquinamento[modifica | modifica wikitesto]

PFAS[modifica | modifica wikitesto]

L’inquinamento riguarda parte delle province di Vicenza, Verona e Padova. I PFAS sono stati riscontrati nelle acque superficiali, nelle acque sotterranee e anche in alcuni campioni di acque destinate al consumo umano.

Il Centro Nazionale Ricerche - Istituto di Ricerca sulle Acque (CNR - IRSA), in accordo con il Ministero dell'Ambiente, ha effettuato, tra il 2011 e il 2013, una campagna di misura di sostanze chimiche contaminanti rare sui principali bacini fluviali italiani. In quest'ambito, sono stati monitorati i corpi idrici superficiali e i reflui industriali e di depurazione del reticolo idrografico della provincia di Vicenza e, in particolare, del distretto industriale di Valdagno e Valle del Chiampo.

Oltre alle acque superficiali, sono stati prelevati campioni di acqua destinata al consumo umano in più di 30 comuni nella provincia di Vicenza e nelle zone limitrofe delle province di Padova e Verona. Le indagini hanno evidenziato un inquinamento diffuso di sostanze perfluoro-alchiliche (PFAS), a concentrazione variabile in alcune aree delle province sopracitate[57].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Secondo le statistiche riferite dal Centro idrico di Novoledo, società di servizi che si occupa del rilevamento dei parametri idrogeologici, idraulici, biologici, chimici e chimico-fisici che caratterizzano il sistema idrologico "Astico-Bacchiglione", utilizzato per l'approvvigionamento idrico e di acqua potabile dagli acquedotti di Vicenza e Padova
  2. ^ Di Lorenzo, 2011, p. 92
  3. ^ Importante ad esempio la copertura del manto nevoso nel gruppo delle Pale di San Martino, dove nasce il torrente Cismon, importante affluente del fiume Brenta
  4. ^ Dario Zampieri, docente all'università di Padova: "Prepariamoci ad altre tempeste, perché le "bombe di calore" (siccità e incendi) così come gli uragani più frequenti e le inondazioni sono due facce della stessa medaglia", in La rivoluzione globale del clima porterà altre bombe d'acqua, in il Giornale di Vicenza, 31 gennaio 2011, p. 24, citato da Di Lorenzo, 2011, p. 107
  5. ^ Copia archiviata, su pedemontanobrenta.it. URL consultato il 28 aprile 2007 (archiviato dall'url originale l'8 ottobre 2007).
  6. ^ comunevalstagna.it.
  7. ^ Tratto da Centro studi La runa
  8. ^ F. Molon, I nostri fiumi, Astico, Bacchiglione, Retrone, Brenta. Idrografia antica e moderna, Vicenza 1882-83,
  9. ^ Sottani, 2012,  pp. 55-56
  10. ^ Nel 589 d.C. in tutta la pianura veneta vi fu uno sconvolgimento idrografico (detto Rotta della Cucca) che interessò anche i fiumi del territorio vicentino: si spostarono verso est sia l'Astico che il Brenta, il quale cominciò a scorrere a oriente di Padova. Alessandro Baldan, Storia della Riviera del Brenta, 1978, Moro editore, Cassol.
  11. ^ Che fino all'XI secolo il fiume fosse chiamato Astico è documentato da privilegi vescovili attorno all'anno 1000. Sottani, 2012,  pp. 22-23, 58-59
  12. ^ Secondo il Sottani, 2012,  pp. 142-143 questo intervento fu reso necessario da eventi idrologici naturali verificatisi nella prima metà del secolo, quando i torrenti Leogra, Timonchio e Orolo sarebbero usciti dai loro alvei ingrossando l'Astico, con effetti rovinosi per la città
  13. ^ Civiltà rurale di una valle veneta: la Val Leogra pg. 444, Terenzio Sartore e altri autori, Vicenza, Accademia Olimpica, 1976
  14. ^ Sottani, 2012,  p. 102
  15. ^ Da Il Foglio di Costabissara e Motta; anno III, numero 13 link
  16. ^ Fabris 2002, Brentane - pag. 87
  17. ^ Fabris 2002, Brentane - pag. 90
  18. ^ Fabris 2002, Brentane pag. 92
  19. ^ Secondo il Sottani, 2012,  pp. 142-143 questo intervento fu reso necessario da eventi idrologici naturali verificatisi nella prima metà del secolo, quando Leogra, Timonchio e Orolo sarebbero usciti dai loro alvei ingrossando l'Astico, con effetti rovinosi per la città
  20. ^ Gian Paolo Marchini, Vicenza dal romano al romanico, in Vicenza - Aspetti di una città attraverso i secoli, Vicenza, pp. 10-11, 1983.
  21. ^ Sottani, 2012,  pp. 31-33
  22. ^ Sottani, 2012,  pp. 148-56
  23. ^ Andrea Castagnetti, Vicenza nell'età del particolarismo: da Comitato a Comune, in Storia di Vicenza, II., p. 52
  24. ^ Gian Maria Varanini, Vicenza nel Trecento: Istituzioni, classe dirigente, economia, in Storia del Veneto, II., p. 140
  25. ^ L'attuale piazza Matteotti
  26. ^ F. Barbieri e R. Cevese, Vicenza, ritratto di una città., p. 28
  27. ^ Domenico Romito, in Si scrive Astico si legge Tesina, p. 11
  28. ^ Secondo il Sottani, 2012, pp. 142-143, questo intervento fu reso necessario da eventi idrologici naturali verificatisi nella prima metà del secolo, quando Leogra, Timonchio e Orolo sarebbero usciti dai loro alvei ingrossando l'Astico, con effetti rovinosi per la città
  29. ^ a b c d e Gianlorenzo Ferrarotto: Quando la Seriola cingeva le mura e transitava attraverso i Giardini Salvi
  30. ^ Francesco Barbarano de' Mironi, Historia ecclesiastica della città, territorio e diocese di Vicenza, Libro IV, p. 19
  31. ^ Per gli aspetti di flora e fauna vedi il sito dell'ARPA: Risorgive della Seriola e Boja delle Maddalene, su arpa.veneto.it. URL consultato il 20 settembre 2012.
  32. ^ Roggia Seriola, finiti i lavori ai Giardini Salvi per tenere limpida l’acqua attraverso un sistema di pompe e rocce vulcaniche, su comune.vicenza.it. URL consultato il 20 settembre 2012.
  33. ^ Il percorso e i recenti ritrovamenti sono descritti in: In corso Fogazzaro spunta anche l'acquedotto romano, su ilgiornaledivicenza.it. URL consultato il 25 ottobre 2012.
  34. ^ Per una descrizione dei ritrovamenti e gallerie fotografiche: Regione del Veneto - Musei archeologici, su archeoveneto.it. URL consultato il 25 ottobre 2012.
  35. ^ L'acquedotto di Padova è stato inaugurato nel 1888, prima ancora dell'impianto di Vicenza in località Moracchino
  36. ^ Un censimento fa stimare in tremila i pozzi artesiani, da cui sgorgano 0,1-0,2 litri al secondo. Il consumo è stimato in 250 litri al giorno per abitante
  37. ^ Di Lorenzo, 2011, p. 91
  38. ^ La magica scalata dell'acqua: da Oliero ad Asiago, su comunevalstagna.it. URL consultato il 26 aprile 2011.
  39. ^ [1]
  40. ^ [2]
  41. ^ Fondazione per la cultura rurale
  42. ^ Acque Vicentine
  43. ^ [3]
  44. ^ ARPA Veneto
  45. ^ Giovane vicentino (1962-1992) fisico ed alpinista che, insieme ad altri attivisti del WWF, si era fortemente impegnato alla progettazione ed alla realizzazione dell'Oasi
  46. ^ Sito del Comune di Vicenza
  47. ^ La mostra è in visione permanente presso la Cooperativa sociale Insieme, via della Scola 255 a Vicenza.
  48. ^ Ingegnere Carlo Cav. Beroaldi, Le allagazioni in Vicenza e modo di ripararvi : relazione e proposte, Vicenza, Gaetano Longo, 1872
  49. ^ Ancora nel Seicento Francesco Barbarano ricorda che la Ceriola faceva girare le ruote di molti mulini e produceva preziosissimi gamberi
  50. ^ Di Lorenzo, 2011, pp. 103
  51. ^

    «La campagna dei Motterle è diventata una gigantesca, irreale tazza di cioccolata, il torrente Orolo ha sbriciolato gli argini, aprendo una falla di una sessantina di metri, e vomitando su Costabissara tutta l’acqua che la notte di San Lorenzo aveva fatto cadere al posto delle stelle. Acqua sporca, acqua color marroncino, acqua che si è trascinata dietro quanto ha trovato lungo il tormentato cammino.

  52. ^ Fuoriuscita di cloro
  53. ^ Una sintesi ma anche un commento alle polemiche di quei giorni è contenuto nell'articolo di Ferdinando Camon, Perché il resto dell'Italia ci ha ignorati, in 1° novembre 2010-2011 …, pp. 44 e segg.
  54. ^ Di Lorenzo, 2011, pp. 106-07
  55. ^ [4]
  56. ^ Vicenza Today, 9 novembre 2016
  57. ^ Ulss 9

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Fonti utilizzate
  • Antonio Di Lorenzo, La memoria delle acque vicentine: storie, personaggi, misteri e curiosità nei secoli, Crocetta del Montello, Terra Ferma, 2011.
  • Luciano Gregoris, Idrografia vicentina: storia e attualita, Vicenza, Editrice veneta, 2006.
  • Natalino Sottani, Antica idrografia vicentina. Storia, evidenze, ipotesi, Vicenza, Accademia Olimpica, 1955.
  • Adolfo Trevisan, Vicenza: i suoi fiumi, le alluvioni e i suoi porti, Vicenza, 2016
Per approfondire
  • Giulio Ardinghi, Si scrive Astico si legge Tesina, Firenze, Servizi editoriali, 2000
  • Giulio Ardinghi, I fiumi di vicenza, Vicenza, Adpress & Servizi Editoriali, 1995
  • Biblioteca civica Bertoliana [a cura di], Acque vicentine: energia rinnovabile e produttiva, Vicenza, Biblioteca civica Bertoliana, 2012
  • Umberto Cera, Memorie storiche di Laghetto e del grande lago Pusterla, Vicenza, Tip. Rumor, 1986
  • G.C. Corò, G. Professione, F. Taberni, Colli prealpi fiumi vicentini in mountain bike: 31 itinerari tra Vicenza, Bassano del Grappa e il Pasubio, Portogruaro, Ediciclo, 1993
  • Doriano Fabrinetti, Il torrente Agno e l'oasi delle "rotte del Guà": natura nella Valle dell'Agno. Storia, ambiente, gestione, Vicenza, Provincia, Assessorato all'ambiente, 1997
  • Antonio Fabris, Brentane: cinquecento anni di alluvioni del torrente Agno-Gua nella Valle dell'Agno e nella pianura sottostante, Valdagno, Litovald, 2002
  • Alberto Girardi, Francesco Mezzalira, Il lago e le valli di Fimon, Altavilla Vicentina, Publigrafica, 1991
  • Luigi Sarolo (fotografie), Astichello. Viaggio lungo il fiume e il suo paesaggio, Vicenza, Editrice Veneta, 2011
  • Sandra Vantini e Lucia Masotti, Acque di terraferma: il Vicentino: ricerca e progettazione territoriale per la mitigazione del rischio idraulico, Venezia, Marsilio, 2015

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Categoria:Fiumi della provincia di Vicenza