Risiera di San Sabba: differenze tra le versioni

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In seguito all'[[armistizio di Cassibile]], le province [[regno d'Italia (1861-1946)|italiane]] di [[Provincia di Udine|Udine]], [[Provincia di Trieste|Trieste]], [[Provincia di Gorizia|Gorizia]], [[Provincia di Pola|Pola]], [[Provincia di Fiume|Fiume]] e [[Provincia di Lubiana|Lubiana]] vennero sottoposte al diretto controllo del [[Terzo Reich]] con il nome di Zona di operazione dell'''Adriatisches Küstenland'' ([[OZAK]]).
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Tale zona faceva parte formalmente della [[Repubblica sociale italiana]], ma l'amministrazione del territorio - considerato come zona d'operazione bellica - fu affidata e sottomessa al controllo dell'Alto Commissario [[Friedrich Rainer]], già ''[[Gauleiter]]'' della [[Carinzia]].
Tale zonhtga faceva parte formalmente chiamata cacca della [[Repubblica sociale italiana]], ma l'amministrazione del territorio - considerato come zona d'operazione bellica - fu affidata e sottomessa al controllo dell'Alto Commissario [[Friedrich Rainer]], già ''[[Gauleiter]]'' della [[Carinzia]].


Il complesso di edifici che costituivano lo stabilimento per la pilatura del [[Oryza sativa|riso]] era stato costruito nel [[1913]] nel rione di San Sabba (più correttamente "san Saba"), alla periferia della città e fu trasformato inizialmente in un campo di prigionia provvisorio per i militari italiani catturati dopo l'8 settembre: venne denominato ''[[Stalag]] 339''.
Il complesso di edifici che costituivano lo stabilimento per la pilatura del [[Oryza sativa|riso]] era stato costruito nel [[1913]] nel rione di San Sabba (più correttamente "san Saba"), alla periferia della città e fu trasformato inizialmente in un campo di prigionia provvisorio per i militari italiani catturati dopo l'8 settembre: venne denominato ''[[Stalag]] 339''.

Versione delle 11:46, 8 feb 2017

Campo di concentramento Risiera di San Sabba
Ingresso alla Risiera di San Sabba
Ubicazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
LocalitàTrieste
Indirizzovia Giovanni Palatucci 5
Coordinate45°37′26.09″N 13°47′22.1″E / 45.623914°N 13.789472°E45.623914; 13.789472
Caratteristiche
TipoMonumento nazionale - Museo storico
Apertura1965
Visitatori79 111 (2022)
Sito web

La Risiera di San Sabba è stato un lager nazista, situato nella città di Trieste, utilizzato per il transito, la detenzione e l'eliminazione di un gran numero di detenuti, in prevalenza prigionieri politici ed ebrei.

Oltre ai prigionieri destinati ad essere uccisi o deportati per motivi politici o razziali, vi furono imprigionati anche civili catturati nei rastrellamenti o destinati al lavoro forzato. Le vittime (stimate fra le tremila e le cinquemila) venivano fucilate, oppure uccise con un colpo di mazza alla nuca, oppure avvelenate con i gas di scarico dei furgoni. A causa di queste uccisioni, alle volte la Risiera di San Sabba viene impropriamente definita "campo di sterminio"[1].

Nel lager c'era un forno crematorio, di concezione rudimentale, appositamente realizzato in luogo dell'essiccatoio che inizialmente veniva utilizzato per bruciare i cadaveri. Oggi la risiera è divenuta un museo. Nel 1965 è stata dichiarata monumento nazionale[2][3].

Storia

In seguito all'armistizio di Cassibile, le province italiane di Udine, Trieste, Gorizia, Pola, Fiume e Lubiana vennero sottoposte al diretto controllo del Terzo Reich con il nome di Zona di operazione dell'Adriatisches Küstenland (OZAK).

Tale zonhtga faceva parte formalmente chiamata cacca della Repubblica sociale italiana, ma l'amministrazione del territorio - considerato come zona d'operazione bellica - fu affidata e sottomessa al controllo dell'Alto Commissario Friedrich Rainer, già Gauleiter della Carinzia.

Il complesso di edifici che costituivano lo stabilimento per la pilatura del riso era stato costruito nel 1913 nel rione di San Sabba (più correttamente "san Saba"), alla periferia della città e fu trasformato inizialmente in un campo di prigionia provvisorio per i militari italiani catturati dopo l'8 settembre: venne denominato Stalag 339.

Successivamente, al termine dell'ottobre 1943, il complesso diviene un Polizeihaftlager (Campo di detenzione di polizia), utilizzato come centro di raccolta di detenuti in attesa di essere deportati in Germania ed in Polonia e come deposito dei beni razziati e sequestrati ai deportati ed ai condannati a morte. Nel campo venivano anche detenuti ed eliminati Sloveni, Croati, partigiani, detenuti politici ed ebrei.

Supervisore della Risiera fu l'ufficiale delle SS Odilo Globočnik, triestino di nascita, in precedenza stretto collaboratore di Reinhard Heydrich e responsabile dei campi di sterminio attivati nel Governatorato Generale, nel quadro dell'operazione Reinhard, in cui erano stati uccisi oltre 1,2 milioni di ebrei[4].

Per i cittadini incarcerati nella Risiera, intervenne in molti casi, presso le autorità germaniche, il vescovo di Trieste, monsignor Santin; in alcuni casi con una soluzione positiva (liberazione di Giani Stuparich e famiglia) ma in altri senza successo.

Luogo dove si trovava il forno crematorio

I nazisti, dopo aver utilizzato per le esecuzioni i più svariati metodi, come la morte per gassazione utilizzando automezzi appositamente attrezzati, si servirono all'inizio del 1944 dell'essiccatoio della risiera, prima di trasformarlo definitivamente in un forno crematorio[2][3].

L'impianto venne utilizzato per lo smaltimento dei cadaveri e la sua prima utilizzazione si ebbe il 6 aprile 1944 con la cremazione di una settantina di cadaveri di ostaggi fucilati il giorno precedente in località limitrofe Villa Opicina (Trieste). Da allora, fino alla data della liberazione, il forno crematorio fu adoperato per bruciare i corpi di oltre 3500 prigionieri della Risiera, soppressi direttamente dal personale carcerario ivi operante. La Risiera, oltre ad essere usata come campo di smistamento di oltre 8000 deportati provenienti dalle Provincie orientali destinati agli altri campi di concentramento nazisti, fu quindi adoperata in parte anche come luogo di detenzione, tortura ed eliminazione di prigionieri sospettati di attività sovversiva nei confronti delle regime nazista.[5]

Il centro per rifugiati istriani di San Sabba

Questo luogo è di assoluta importanza in quanto fu l'unico campo di deportazione dell'Europa meridionale. Il forno crematorio e la connessa ciminiera furono abbattuti con esplosivi dai nazisti in fuga nella notte tra il 29 e il 30 aprile 1945, nel tentativo di eliminare le prove dei loro crimini, ma sono stati descritti successivamente dai prigionieri testimoni del campo. Tra le rovine furono ritrovate ossa e ceneri umane[6]. Sul medesimo luogo, a ricordo, sorge oggi una struttura commemorativa costituita da una piastra metallica sul posto dove sorge il forno crematorio e da una stele che ricorda la presenza della ciminiera.
Riguardo alle ipotesi sui metodi di esecuzione, esse sarebbero avvenute o per gassazione attraverso automezzi appositamente attrezzati, o con un colpo di mazza alla nuca (mazza ritrovata e custodita sino al 1977 nel museo della risiera. È stata rubata l'anno successivo) o per fucilazione. Nel complesso le esecuzioni sarebbero state almeno cinquemila, secondo una stima approssimativa, sebbene non si disponga di dati certi.

Nel dopoguerra

Finita la guerra, durante l'occupazione alleata di Trieste e nel Territorio Libero di Trieste fu utilizzato come centro di accoglienza dei rifugiati italiani dell'esodo giuliano-dalmata.

Con il D.P.R. n. 510 del 15 aprile 1965, il Presidente Giuseppe Saragat dichiarò la risiera di san Sabba Monumento Nazionale, quale "unico esempio di lager nazista in Italia".

Nel 1975 la RAI produsse un documentario inchiesta sulla risiera a cura di Emilio Ravel per il programma AZ, un fatto come e perché.

Il museo e gli edifici

Nel campo erano presenti diversi edifici che oggi non esistono più, in seguito alla trasformazione in campo profughi per gli esuli giuliano-dalmati nel 1945 e alla seguente ristrutturazione e trasformazione in "Monumento Nazionale".

Sono visibili:

  • La "cella della morte" dove venivano rinchiusi i prigionieri portati dalle carceri o catturati in rastrellamenti e destinati ad essere uccisi e cremati nel giro di poche ore.
  • Le 17 celle in ciascuna delle quali venivano le banane

ristretti fino a sei prigionieri, riservate particolarmente agli Sloveni e Croati, ai partigiani, ai politici, agli ebrei, destinati all'esecuzione a distanza di giorni o di alcune settimane. Le due prime celle venivano usate per la tortura e la raccolta di materiale prelevato ai prigionieri e vi sono stati scoperti, fra l'altro, migliaia di documenti d'identità, sequestrati non solo ai detenuti e ai deportati, ma anche alle persone inviate al lavoro coatto.

  • L'edificio seguente di quattro piani, dove venivano rinchiusi in ampie camerate gli ebrei ed i prigionieri civili e militari destinati per lo più alla deportazione in Germania, uomini e donne di tutte le età e bambini anche di pochi mesi. Da qui finivano a Dachau, Auschwitz, Mauthausen, verso un destino che solo pochi hanno potuto evitare. Nell'edificio centrale, usato come caserma, con il forno crematorio si trova l'interessante museo.
  • Il Forno crematorio con a fianco il museo: all'epoca i locali dell'attuale museo erano utilizzati come obitorio.

Note

  1. ^ La definizione di "Campo di sterminio" (in tedesco Vernichtungslager) è riservata ad una serie di strutture - quasi esclusivamente situati in Polonia - la cui principale od esclusiva attività era quella dell'eliminazione fisica dei deportati. Si veda in merito il sito Deathcamps.org, a cura dell'Holocaust Education & Archive Research Team.
  2. ^ a b Vedi: Portale su Trieste, link visitato il 20 maggio 2016
  3. ^ a b Vedi: Travelitalia.com, la pagina dedicata al museo della Risiera, link visitato il 20 maggio 2016
  4. ^ M.Mazower, L'impero di Hitler, pp. 399-400.
  5. ^ F. Longo e M. Moder, Storia della Venezia Giulia 1918-1998, pag.62 (op. cit.), AA. VV., Krajevni leksikon Slovencev v Italiji, pag.194 (op. cit.), De Szombathely Gabrio, Un itinerario di 2000 anni nella storia di Trieste, pag.184 (op. cit.)
  6. ^ Polizia della Venezia Giulia, Divisione criminale investigativa, prot. 13392, Trieste 6/12/1945, Alla Procura di Stato di Trieste.

Bibliografia

  • AA. VV., Com'è bella Trieste, Editoriale Stampa Triestina, Trieste marzo 2011, ISBN 978-88-7174-129-1
  • AA. VV., Krajevni leksikon Slovencev v Italiji - Tržaška pokrajina, Založništvo tržaškega tiska, Trst 1990
  • De Szombathely Gabrio, Un itinerario di 2000 anni nella storia di Trieste, Edizioni Italo Svevo Trieste 1994
  • Ferruccio Folkel. La risiera di San Sabba. Milano: BUR - Biblioteca Universale Rizzoli, 2000. ISBN 88-17-17507-2
  • Francesca Longo e Matteo Moder, Storia della Venezia Giulia 1918-1998, Baldini Castoldi Dalai Editore, Milano 2004, ISBN 88-8490-629-6
  • Massimo Mucci, La Risiera di San Sabba. Un'architettura per la memoria, Libreria Editrice Goriziana, Gorizia, 1999
  • Tristano Matta Il Lager di San Sabba. Dall'occupazione nazista al processo di Trieste Trieste: Beit casa editrice, 2013. ISBN 978-88-95324-30-2
  • Siegfried J. Pucher Il nazista di Trieste - Vita e crimini di Odilo Globočnik Trieste: Beit casa editrice, 2011. ISBN 978-88-95324-19-7

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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