Cucina romana
La cucina romana tradizionale è fondata su ingredienti di derivazione rurale e contadina, di origine vegetale ed animale, preparati secondo ricette spesso tramandate di generazione in generazione in ambito familiare.
Poiché si è sempre trattato di pietanze lavorate da materie prime ricavate dalla Campagna Romana, terra molto fertile e produttiva, esse erano prevalentemente atte a soddisfare le esigenze energetiche dell'uomo impegnato nel lavoro nei campi e spesso consumate nell'ambito di una o al massimo due sedute alimentari quotidiane. Le preparazioni della cucina romana sono quindi idealmente associate a piatti particolarmente nutritivi, saporiti e somministrati in porzioni abbondanti[1].

Filosofia e storia[modifica | modifica wikitesto]
I capisaldi di questa cucina sono i primi piatti, sia asciutti sia in brodo. Questi ultimi sono preparati con della pasta con verdure o legumi (ceci, patate, broccoli, fagioli), e il cosiddetto "quinto quarto". Nei giorni di festa erano molto comuni l'abbacchio e la carne di capretto, forniti direttamente dai pastori locali.
Roma è stata da sempre più un importante mercato di consumo che non di produzione, tuttavia la cucina romana popolare ha avuto a disposizione in abbondanza le produzioni tipiche della regione, dall'olio, al vino, dalla verdure ai maiali e gli ovini della Campagna romana o dell'Umbria (i macellai che vendevano maiale si chiamavano, infatti, norcini, e fino agli anni cinquanta non ne vendevano da dopo Pasqua a novembre)[2].
Il burro nella vera cucina romana è praticamente uno sconosciuto: per ingrassare e anche per friggere si usava casomai lo strutto di maiale. Il condimento d'elezione era ed è tuttora l'olio extravergine d'oliva, ancora presente tra le produzioni tipiche del Lazio[2].
Nell'antica Roma la cucina era molto semplice, a base di cereali, formaggi, legumi e frutta[3]. Le spezie più usate erano il piper cubeba, cumino e il ligustico. I "piatti forti", consumati dai ricchi, erano a base di carne, soprattutto di maiale[3].
Roma vanta anche una lunga tradizione nella preparazione delle pizze.[4]
La cucina povera[modifica | modifica wikitesto]
Il quinto quarto è quel che rimane della bestia vaccina o ovina dopo che sono state vendute ai benestanti le parti pregiate: i due quarti anteriori e i due quarti posteriori.
Si tratta, quindi, di tutto quanto è commestibile delle interiora: trippa (la parte più pregiata è il reticolo, a Roma detta anche cuffia; l'omaso è il lampredotto), rognoni (i reni della bestia: vanno tenuti a bagno in acqua acidulata con limone, prima di cucinarli), cuore, fegato, milza, animelle (pancreas, timo e ghiandole salivari) e schienali, cervello e lingua. Dalla carne ovina si prende anche la coratella, l'insieme delle interiora (fegato, polmoni, cuore). Del bue si usa la coda, preparata nel tipico piatto alla vaccinara.
Per il maiale e la vitella, a questa lista vanno aggiunti gli zampetti.
Fin dalla Roma antica, la cucina delle classi meno abbienti è stata quella dei prodotti del vicino Agro, delle farinate e dei legumi[2]. Non a caso la celebre "puls" dei romani (che per questo erano detti "pultiferi" cioè mangiatori di polenta) era una pappa di cereali e legumi che nei diversi accostamenti prendeva altri nomi e sapori[2].
Tra i legumi erano i ceci a farla da padrona, anche sulla tavola dei ricchi. Bagnati di olio e presentati caldi in ciotoline di coccio aprivano il pasto della sera. Poi, con i secoli, la cucina del volgo prese l'abitudine di fare della zuppa di legumi il suo piatto della vigilia, come pasta, ceci e baccalà.
La cucina di festa[modifica | modifica wikitesto]
- i fritti in pastella (verdure, carne o pesce)
- l'abbacchio a "scottadito" e la coratella con i carciofi
- le fettuccine
- i saltimbocca
- la polenta con sugo di spuntature di maiale
- gli gnocchi con sugo di maiale
- la colazione pasquale con uova sode e salumi
- il piccione
Gli aromi[modifica | modifica wikitesto]
- Nella cucina laziale e romana in particolare, si fa largo uso di spezie, condimenti e salse. Tra i più usati troviamo la mentuccia detta anche Nepetella, la menta romana detta anche Poleggio, il lauro, il rosmarino, la salvia, il ginepro e il peperoncino. In alcune ricette tipiche per accompagnare ad esempio carni rosse stufate si usano salse di verdure dell'orto lesse, salsa tartufate e pinzimonio
Le verdure[modifica | modifica wikitesto]
- il broccolo romanesco, coltivato nella campagna romana
- i carciofi
- asparagi
- patate
- fave
- zucca
- zucchina romanesca
- lattuga romana
- cima di rapa
- la cicoria, la misticanza e le puntarelle
Il pesce[modifica | modifica wikitesto]
- le alici
- il baccalà
- le telline
- la trota
- le seppie
- il polpo
- la frittura di paranza
La cucina degli ebrei romani[modifica | modifica wikitesto]

- i carciofi alla giudia (puliti, fritti interi e insaporiti con sale e pepe)
- il tortino di alici e indivia
- "nocchiata" (torta di frutta secca)
- frattaglie (interiora, ossia il "quinto quarto")
Formaggi e dolci[modifica | modifica wikitesto]
- la ricotta romana e il Pecorino romano, insieme ad altri formaggi stagionati e caciotte delle campagne del Reatino e del Frusinate
- le castagnole e le frappe, tipici dolci carnevaleschi diffusi in tutto il centro Italia
- il maritozzo, panino dolce soffice (talvolta con uvetta), spaccato a metà e abbondantemente farcito con panna montata freschissima
- Il pangiallo e panpepato tipico dolce natalizio diffuso in tutto il centro Italia
- la pizza cresciuta, dolce prenestino e tiburtino del periodo pasquale
- la pizza a solchi (o pizza a soleca), dolce sabino si accompagna con i salumi la mattina di Pasqua
- gelati, granite e grattachecca romana
- i mostaccioli ed altri dolciumi secchi a base di anice, vino o altri liquori, miele o strutto.
Piatti tipici[modifica | modifica wikitesto]
- I rigatoni con la pajata, ossia con l'intestino tenue di vitello da latte (il più gustoso) oppure di agnello e di capretto, contenente ancora il chimo, sostanza ricca e cremosa.
- Gli spaghetti alla carbonara con uova di gallina, guanciale, pepe e pecorino. L'origine del piatto è tuttora incerta; alcuni sostengono l'origine appenninica della pietanza, che sarebbe stata inventata dai carbonai (carbonari in dialetto romanesco). Altri protendono per l'origine alleata della carbonara, portato dai soldati statunitensi, i quali usavano il bacon e che abbiano dato l'idea ai cuochi romani per la ricetta vera e propria.
- La pasta alla gricia con guanciale, pepe e pecorino.
- Gli spaghetti o bucatini all'amatriciana, con guanciale, pecorino e salsa di pomodoro. Il piatto è originario di Amatrice ma importato dagli stessi amatriciani nella Capitale. Una sua variante è la Gricia, detta anche Amatriciana bianca.
- I vermicelli cacio e pepe, il cui condimento risulta essere una semplice salsa di acqua di cottura, pepe e pecorino amalgamate ad arte.
- Le fettuccine alla papalina.
- Le penne all'arrabbiata.
- La coratella d'abbacchio con i carciofi.
- La trippa alla romana, aromatizzata con la menta romana e condita da abbondante pecorino romano.
- L'abbacchio alla romana
- La coda alla vaccinara
- Il saltimbocca alla romana (fettina di vitello con prosciutto crudo e salvia, cotta nel burro e vino bianco)
- Le coppiette di suino (strisce di carne condite con sale e spezie naturali e stagionate per circa due mesi)
- I carciofi alla romana, carciofi alla giudia e i carciofi fritti
- I supplì, con forma allungata cilindrica preparata con riso al sugo di carne.
- La pizza bianca alla pala
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ Storia della cucina romanesca, in Icinque's Blog, 10 ottobre 2010. URL consultato il 19 maggio 2018.
- ^ a b c d Lana Fiore Falardi, La cucina romana, su EZ Rome. URL consultato il 19 maggio 2018.
- ^ a b La Cucina nell'antica Roma, in Colosseo - Roma, 23 giugno 2014. URL consultato il 19 maggio 2018.
- ^ Stella Donati, Il Grande Manuale della Cucina Regionale, Euroclub, 1979, p. 306.
Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]
- Giuliano Malizia, La cucina romana e ebraico-romanesca, in Tradizioni italiane, 3ª ed., Roma, Newton Compton Editori, 2001, ISBN 978-88-828-9585-3.
- Indro Neri, Troppa Trippa, Collana Centopelli n. 25, Neri Editore, Firenze 1998.
- Indro Neri, Troppa Trippa: Ricette regionali di trippa, Collana I Quaderni di TroppaTrippa.com n. 1, ISBN 0-9842169-0-1, ISBN 978-0-9842169-0-1, Aerostato, Seattle 2009.
Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]
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