Pizza dolce di Beridde

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Pizza dolce di Beridde
Una Pizza dolce di Beridde appena sfornata
Origini
Luogo d'origineBandiera dell'Italia Italia
RegioneLazio
Zona di produzioneRoma
Dettagli
Categoriadolce
Settorepaste fresche e prodotti della panetteria, della biscotteria, della pasticceria e della confetteria

La Pizza dolce di Beridde, chiamata anche Pizza ebraica[1] o Diamanti Romani,[2] è un dolce non lievitato tipico della comunità ebraica della città di Roma, preparato tradizionalmente in occasione della festa della circoncisione.

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

La denominazione "pizza" è qui da intendersi non nell'accezione recente diffusasi in Italiano tramite la lingua napoletana, ma in quella originale latina medievale di focaccia,[3] e lascia quindi supporre, come nel caso della Pizza di Pasqua, un'origine antica del piatto. Il termine piza nel latino medievale è attestato per la prima volta nel 966 a Napoli e nel 997 a Gaeta, e veniva usato anche per designare cibi cerimoniali cucinati per la Pasqua come le pizze pasquali.[4] Preparazioni analoghe ("Pizza alla rustica", "Pizza di Ricotta") sono riportate in manuali di cucina del primo '800 come quello di Vincenzo Agnoletti.[5]

L'appellativo del dolce deriva dalla forma ebraico-romanesca della parola Brit Milah ("patto del taglio" in lingua ebraica)[6] cioè la circoncisione rituale dei neonati maschi nella comunità.[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Le sue origini sono oscure, ma è possibile che sia un dolce portato a Roma dagli ebrei cacciati dalla Spagna nel 1492 o dalla Sicilia nel 1493.[1] Ciò spiegherebbe la presenza fra gli ingredienti di frutta a guscio, uva sultanina e canditi, tipica della cucina dei paesi musulmani.[1]

La Pizza Ebraica era il dolce preferito di Papa Benedetto XVI.[7]

Ingredienti[modifica | modifica wikitesto]

Gli ingredienti principali del dolce, che non contiene né uova né lievito, sono farina, mandorle (sia intere che triturate), zucchero, uva passa, canditi (di solito cedro candito), olio d'oliva o di semi, vino bianco, pinoli.[2][6]

Preparazione[modifica | modifica wikitesto]

Gli ingredienti vengono mescolati insieme all'olio tiepido e al vino, lavorandoli fino a formare una specie di pasta frolla morbida che non si deve attaccare alle mani.[6] Questa viene stesa con il matterello sino a raggiungere un'altezza di circa due cm, tagliata in losanghe[2] o rettangoli, e cotta in forno molto caldo, sino a formare una crosta sulla superficie, mentre l'interno deve rimanere morbido.[6]

Tradizione religiosa e produzione[modifica | modifica wikitesto]

Forno in Via del Portico d'Ottavia nel Ghetto di Roma

Un quadrato della pizza viene donato alla fine della cerimonia ai partecipanti della festa della circoncisione.[1] Essa è contenuta in un sacchetto di dolci chiamato “kavodde”, che significa "onore" in ebraico e simboleggia il comandamento di onorare il padre e la madre.[1]

Oltre che preparata in famiglia per la festa della circoncisione, la Pizza di Beridde viene venduta dalle pasticcerie kasher del Ghetto di Roma,[6] insieme ad altri dolci ebraici tradizionali, come la crostata di ricotta e visciole e i mostaccioli.[7]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f Giustino Catalano, Storia in cucina – La pizza di Beridde o Pizza Ebraica, su ditestaedigola.com, 26 febbraio 2023. URL consultato il 16 marzo 2023.
  2. ^ a b c Malizia, 1995,  p. 59.
  3. ^ Pizza, in Vocabolario Treccani. URL consultato il 5 aprile 2021.
    «...consistente, per es., in Umbria e in Toscana in una focaccia di farina, uova, formaggio, pepe e ciccioli, lievitata e ben cresciuta.»
  4. ^ Pizza, in Enciclopedia online, Treccani. URL consultato il 18 febbraio 2022.
  5. ^ Faccioli, 1987,  pp. 783-784.
  6. ^ a b c d e Pizza dolce di Beridde, su blog.giallozafferano.it. URL consultato il 16 marzo 2023.
  7. ^ a b (EN) Pizza Like No Other, su Saveur, 18 marzo 2019. URL consultato l'11 dicembre 2019.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Emilio Faccioli, L'Arte della cucina in Italia, Milano, Einaudi, 1987.
  • Giuliano Malizia, La Cucina Ebraico-Romanesca, Roma, Newton Compton Editori, 1995.

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