Capo della Provincia

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Il capo della Provincia fu la carica attribuita ai prefetti dal governo della Repubblica Sociale Italiana[1].

La figura[modifica | modifica wikitesto]

Vincenzo Serrentino, capo della Provincia di Zara

In epoca fascista i prefetti furono uno degli strumenti di cui si avvalse Mussolini per la politica di centralizzazione e rafforzamento del potere esecutivo. Il ruolo del prefetto fu, quindi, ulteriormente rafforzato e il regime si servì di istituti quali il collocamento a riposo per ragioni di servizio o il collocamento a disposizione allo scopo di allontanare i prefetti sgraditi. A livello provinciale però, non furono infrequenti le tensioni tra i prefetti e i massimi dirigenti locali del PNF, i segretari federali, sebbene una circolare di Mussolini del 1927 avesse ribadito che il prefetto doveva considerarsi la prima autorità locale.

Il dualismo tra segretario federale e prefetto fu risolto dal Duce durante la Repubblica Sociale Italiana, allorquando trasformò la carica prefettizia in quella del capo della Provincia[1] alla quale, sul modello di quella del capo del Governo, ogni altra figura amministrativa o partitica[2] avrebbe dovuto sottoporsi.[3]

La decisione fu presa nel corso del primo consiglio dei ministri della RSI quando Mussolini stesso decise che il Capo della Provincia dovesse rappresentare:"l'unicità del Comando politico e amministrativo, essendo a capo tanto della Prefettura quanto della Federazione Fascista Repubblicana[1]. La nomina sarebbe stata effettuata dal Ministero degli Interni con l'approvazione del Ministro Segretario del Partito[1] e si sarebbe posto in posizione sovraordinata non solo ai gerarchi locali del partito[4], ma anche alle residue cariche amministrative che reggevano le province. Sarebbe poi stato affiancato da un triunvirato federale o, in alcuni particolari casi, da un commissario straordinario.[1].

Tale riforma decadde con la caduta della Repubblica Sociale Italiana. L'accentramento di competenze nel capo della provincia ebbe però nei primi anni del dopoguerra come effetto una certa confusione che portava a sovrastimare il ruolo dei prefetti, nonostante questi con la caduta del fascismo fossero tornati al ruolo di funzionari non soggetti ai partiti che avevano in precedenza.[5]

Capi di Provincia nel 1943[modifica | modifica wikitesto]

Capo della provincia Provincia RSI Note
Paolo Zerbino Torino
Giovanni Battista Alessandri Alessandria
Cesare Carnazzi Aosta
Renato Celio Asti
Paolo Quarantotto Cuneo
Dante Tuninetti Novara
Michele Morsero Vercelli
Oscar Uccelli Milano
Emilio Grazioli Bergamo
Gasparo Barbera Brescia
Franco Scassellati Como
Attilio Romano Cremona
Giovanni Bocchio Mantova
Rodolfo Vecchini Pavia
Rino Parenti Sondrio
Pietro Giacone Varese
Carlo Emanuele Basile Genova
Francesco Bellini Imperia
Francesco Turchi La Spezia
Filippo Mirabelli Savona
Guglielmo Montani Bologna
Enrico Vezzalini Ferrara
Alberto Zaccherini Forlì
Luigi Panzera Modena
Antonio Valli Parma
Davide Fossa Piacenza
Franco Bogazzi Ravenna
Enzo Savorgnan di Brazzà Reggio Emilia
Raffaele Manganiello Firenze
Nicola Benagli Apuania
Bruno Rao Torres Arezzo
Alceo Ercolani Grosseto
Edoardo Facduelle Livorno
Mario Piazzesi Lucca
Mariano Pierotti Pisa
Giuseppe Giovine Pistoia
Giorgio Alberto Chiurco Siena
Armando Rocchi Perugia
Pietro Faustini Terni
Gino Cagetti Venezia
Bruno Fumei Padova
Federico Menna Rovigo
Luigi Gatti Treviso
Piero Cosmin Verona
Neos Dinale Vicenza
Aldo Lusignoli Ancona
Giuseppe Altini Ascoli Piceno
Ferruccio Ferrazzani Macerata
Angelo Rossi Pesaro
Giuseppe Girgenti Chieti
Celso Morisi Pescara
Vincenzo Ippoliti Teramo
Edoardo Salerno Roma
Arturo Rocchi Frosinone
Giovanni Laghi Littoria
Ermanno di Marsciano Rieti
Ubaldo Rottoli Viterbo
Vincenzo Serrentino Zara

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e ALberto Cifelli, I prefetti del Regno nel ventennio fascista, Roma, S.S.A.I., 1999, pp. 16-17. URL consultato il 31 luglio 2017.
  2. ^ Dianella Gagliani, Neofascismo o più semplicemente fascismo? Un'analisi della Repubblica sociale italiana, in Percorsi storici, n. 2, 2014. URL consultato il 31 luglio 2017 (archiviato dall'url originale il 1º agosto 2017).
  3. ^ Teodoro Francesconi, RSI e guerra civile nella bergamasca, Greco & Greco. URL consultato il 31 luglio 2017.
  4. ^ Simonetta Falasca Zamponi, Lo spettacolo del fascismo, Rubbettino, 2003, p. 103. URL consultato il 31 luglio 2017.
  5. ^ Filiberto Agostini, Il governo locale nel Veneto all'indomani della liberazione. Strutture, uomini e programmi: Strutture, uomini e programmi, FrancoAngeli, 2012. URL consultato il 31 luglio 2017.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]