Alceo Ercolani

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Alceo Ercolani

Consigliere nazionale della Camera dei fasci e delle corporazioni
Durata mandato28 marzo 1940 –
2 agosto 1943
LegislaturaXXX
Sito istituzionale

Capo della Provincia di Grosseto
Durata mandato25 ottobre 1943 –
14 giugno 1944
PredecessoreGuido Palmardita
SuccessoreAdolfo De Dominicis

Dati generali
Partito politicoPartito Nazionale Fascista (1921-1943)
Partito Fascista Repubblicano (1943-1945)

Alceo Ercolani (Bomarzo, 28 febbraio 1899Bomarzo, 31 luglio 1968) è stato un politico e militare italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nato nel 1899 a Bomarzo in una famiglia di imprenditori agricoli, combatté nella prima guerra mondiale arruolandosi volontario nell'esercito nel luglio 1916. Dopo la guerra venne inviato in Libia e poi in Albania, prima di essere congedato nel 1920.[1] Entrò in seguito nelle truppe coloniali e dal 1928 al 1933 fu in Somalia; prese poi parte alla guerra d'Etiopia, comandando un reparto di nativi. Combatté nella guerra civile spagnola tra il 1938 e il 1939.[1]

Molto attivo a livello politico, aveva aderito al Partito Nazionale Fascista nel 1921 ed era stato fondatore del fascio di Bomarzo e ispettore della Gioventù Italiana del Littorio a Roma.[1] Il 28 marzo 1940 Benito Mussolini lo nominò consigliere nazionale alla Camera dei fasci e delle corporazioni, che era andata a sostituire la Camera dei deputati.[2] Dall'aprile 1940 al maggio 1941 fu segretario federale del partito a Treviso.[1]

Nell'autunno 1941 prese parte alla campagna di Russia in qualità di maggiore del 3º Reggimento Bersaglieri.[3] Rimpatriato l'anno successivo per motivi di salute, venne decorato con la medaglia d'argento al valor militare.[4] Fu poi segretario federale di Rieti (aprile-maggio 1943) e di Cosenza (maggio-luglio 1943).[1][5] Destinato a Busto Arsizio dopo la caduta del fascismo per comandare il 25º Battaglione Bersaglieri, abbandonò la truppa l'8 settembre alla notizia dell'armistizio di Cassibile e raggiunse Roma, dove aderì al Partito Fascista Repubblicano.[1]

Il 26 settembre 1943 divenne commissario federale del fascio repubblicano di Grosseto e il mese successivo fu nominato Capo della Provincia e quindi prefetto di Grosseto.[1][3] Durante la sua permanenza in Maremma si impegnò celermente e metodicamente alla persecuzione degli ebrei della provincia, organizzandone la deportazione e il sequestro dei beni.[6][7] Il 28 novembre 1943 fece entrare in funzione un campo di concentramento a Roccatederighi, all'interno della struttura del seminario vescovile, ceduto in affitto dal vescovo Paolo Galeazzi.[6]

Il 25 ottobre 1943 ordinò un rastrellamento nella zona di Santa Fiora, sul monte Amiata, allo scopo di catturare alcuni prigionieri di guerra britannici evasi, che si concluse con cinque arresti e l'uccisione del colono Pietro Nuti, accusato di nascondere il nemico.[8] Il 29 novembre, a causa dei frequenti bombardamenti alleati su Grosseto, ordinò il trasferimento degli uffici della prefettura presso la tenuta Monteverdi di Paganico.[9]

In seguito al decreto del febbraio 1944, che prevedeva la pena di morte per i renitenti e i disertori, Ercolani iniziò uno zelante opera di repressione contro coloro che non si erano presentati alla chiamata alle armi della Repubblica Sociale Italiana e per le famiglie che prestevano loro assistenza e rifugio.[10] A partire dal 2 marzo intensificò le operazioni di rastrellamento, condotte dalla Guardia Nazionale Repubblicana sotto il comando di Ennio Barberini, concentrandosi in particolare nell'area sud-orientale della provincia.[11] Una delle operazioni più note fu quella di Monte Bottigli, che venne organizzata da Ercolani stesso, in collaborazione con il vice-questore Liberale Scotti e il federale Silio Monti: la notte tra il 21 e il 22 marzo undici giovani furono catturati e condannati a morte con processo sommario presso la scuola rurale di Maiano Lavacchio.[10] L'evento sarà ricordato come eccidio di Maiano Lavacchio e le vittime con il nome di "martiri d'Istia", in quanto provenienti in buona parte da Istia d'Ombrone.[10] Ercolani espresse soddisfazione per la riuscita dell'operazione, ma la notizia dell'eccidio alimentò i malumori in città portando indignazione tra la popolazione e anche tra gli stessi fascisti.[10] Il 26 aprile 1944, all'assemblea del fascio repubblicano di Grosseto, l'operato di Ercolani fu aspramente criticato da alcuni tesserati, che giudicarono la strage come un suicidio politico.[10]

L'8 giugno 1944 abbandonò Grosseto, ormai prossima alla liberazione da parte degli Alleati, e riparò a Bardolino, in Veneto, dove fu raggiunto pochi giorni dopo da quello che restava della milizia repubblicana grossetana.[12] Nei primi di luglio fu nominato presidente dell'Ente nazionale per l'assistenza ai profughi e la tutela degli interessi delle province invase (ENAP) della RSI, con sede a Milano, incarico che resse fino alla fine della guerra.[12]

Arrestato, Ercolani fu condannato a trent'anni di reclusione dalla Corte d'assise di Grosseto.[13] Dopo il ricorso alla Corte suprema di cassazione, una nuova sentenza della Corte d'assise di Perugia, pronunciata nel febbraio 1949, ridusse la pena a 21 anni.[13] Fu scarcerato il 19 maggio 1950, beneficiando della condizionale.[13]

Rientrato nella natia Bomarzo, vi morì il 31 luglio 1968.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g Campagna, Turbanti 2022, pp. 136–137.
  2. ^ Alceo Ercolani, su storia.camera.it, Camera dei deputati. URL consultato il 25 febbraio 2017.
  3. ^ a b Luciana Rocchi, La persecuzione degli ebrei nella provincia di Grosseto nel 1943-44, Grosseto, ISGREC, 2002.
  4. ^ Franco La Guidara, Ritorniamo sul Don, Roma, Edizioni internazionali, 1965.
  5. ^ Michele Chiodo, L'Accademia cosentina e la sua biblioteca. Società e cultura in Calabria 1870-1998, Cosenza, Luigi Pellegrini Editore, 2002, p. 257.
  6. ^ a b Simon Levis Sullam, I carnefici italiani. Scene dal genocidio degli ebrei, 1943-1945, Milano, Feltrinelli, 2015.
  7. ^ Enzo Collotti, Razza e fascismo. La persecuzione contro gli Ebrei in Toscana (1938-1943), Roma, Carocci, 1999.
  8. ^ Episodio di Lorentano - Santa Fiora - 25.10.1943 (PDF), su straginazifasciste.it. URL consultato l'8 marzo 2023.
  9. ^ Campagna, Turbanti 2022, pp. 49–51.
  10. ^ a b c d e "I martiri d'Istia". La strage, su grossetocontemporanea.it. URL consultato il 25 febbraio 2017.
  11. ^ Campagna, Turbanti 2022, pp. 162–163.
  12. ^ a b Campagna, Turbanti 2022, pp. 169–170.
  13. ^ a b c Marco Grilli, Episodio di Maiano Lavacchio - Magliano in Toscana - 22.03.1944 (PDF), su straginazifasciste.it. URL consultato il 6 marzo 2023.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Stefano Campagna e Adolfo Turbanti (a cura di), Antifascismo, guerra e resistenze in Maremma, Arcidosso, Effigi, 2022.
  • Enzo Collotti, Razza e fascismo. La persecuzione contro gli Ebrei in Toscana (1938-1943), Roma, Carocci, 1999.
  • Marco Grilli, Per noi il tempo s'è fermato all'alba. Storia dei martiri d'Istia, Arcidosso, Effigi, 2014.
  • Simon Levis Sullam, I carnefici italiani. Scene dal genocidio degli ebrei, 1943-1945, Milano, Feltrinelli, 2015.
  • Luciana Rocchi, La persecuzione degli ebrei nella provincia di Grosseto nel 1943-44, Grosseto, ISGREC, 2002.
  • Andrea Rossi, Tra fanatismo e compromessi. I senesi e i grossetani sfollati al Nord, in Fascisti toscani nella Repubblica di Salò 1943-1945, Pisa, BFS Edizioni, 2006, pp. 57-69.

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Predecessore Prefetto e Capo della Provincia di Grosseto Successore
Guido Palmardita 25 ottobre 1943 - 14 giugno 1944 Adolfo De Dominicis