Ennio Barberini

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Ennio Barberini

Consigliere nazionale dei fasci e delle corporazioni
Durata mandato1942 –
1943
LegislaturaXXX
Sito istituzionale

Vice-segretario del Partito Nazionale Fascista
Durata mandato1942 –
1943

Dati generali
Partito politicoPartito Nazionale Fascista (1921-1943)
Partito Fascista Repubblicano (1943-1945)

Ennio Barberini (Scarlino, 19 giugno 18971979) è stato un politico e militare italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nato a Scarlino nel 1897 dal pedagogista Pietro Barberini (1846–1913), fondatore della locale biblioteca della Fratellanza artigiana nel 1877,[1] si arruolò volontario durante la prima guerra mondiale, dove venne nominato ufficiale d'artiglieria. Fatto prigioniero nel 1917, venne rilasciato a guerra finita.[2]

Fascista "della prima ora", aderì entusiasticamente al Partito Nazionale Fascista, fu attivo squadrista e dal 1923 iniziò la propria carriera nella Milizia volontaria per la sicurezza nazionale.[2] Prese parte a tutte le maggiori spedizioni della MVSN, in Spagna, ma anche in Libia, dove comandò la II Legione, e nell'Africa orientale, dove nel 1937 si distinse tra gli ufficiali nella repressione dei guerriglieri etiopi.[2]

Il 9 febbraio 1942[3] entrò a fare parte della Camera dei fasci e delle corporazioni, che aveva sostituito la Camera dei deputati, e venne nominato da Benito Mussolini vice-segretario nazionale del partito.[2][4] Fece inoltre parte del consiglio nazionale e del direttorio nazionale che Mussolini aveva affiancato al segretario Aldo Vidussoni, comprendente Ferdinando Mezzasoma, Augusto Venturi, Mario Farnesi e Carlo Ravasio.[4][5]

L'8 settembre 1943, giorno in cui venne reso noto l'armistizio di Cassibile, Barberini si trovava a Tolone in qualità di ufficiale del gruppo battaglioni da sbarco della milizia fascista. Trattenuto inizialmente dai tedeschi, venne poi rilasciato e gli fu permesso di tornare in Italia per combattere per la Repubblica Sociale Italiana.[2] Barberini aderì quindi al Partito Fascista Repubblicano e venne nominato comandante della 98ª Legione della Guardia Nazionale Repubblicana, che operava nella provincia di Grosseto e il cui comandante precedente, Giuseppe Salgarella, era rimasto vittima di un bombardamento alleato il 21 gennaio 1944.[2]

Fu tra i principali organizzatori della lotta anti-partigiana in Maremma e sotto la sua guida la legione fascista repubblicana quadruplicò le sue schiere: complice anche una zelante opera di reclutamento, soprattutto tra i più giovani, il numero dei miliziani maremmani aumentò dai 290 uomini del novembre 1943 ai 1 270 del marzo 1944.[2] A partire dal 2 marzo coordinò la vasta operazione di rastrellamento nei territori meridionali della provincia, alla guida di nove compagnie da Grosseto, Siena, Orvieto e Viterbo, allo scopo di intimorire la popolazione e favorire l'arruolamento nella RSI.[6] Il 10 marzo ordinò i rastrellamenti che condussero all'eccidio di Scalvaia.[7] La notte tra il 9 e il 10 giugno, abbandonò Grosseto, ormai prossima alla liberazione da parte degli Alleati, in testa a un'autocolonna blindata insieme ai maggiori gerarchi grossetani e circa 200 militi; durante il tragitto si contò una vittima, il colono Erminio Lelli, ucciso da un milite in località Casetta Citerni a Scarlino.[8][9] Barberini riparò a Bardolino, in provincia di Verona, venne poi nominato comandante della milizia repubblicana di Vicenza nel mese di luglio[10] e in seguito di quella di Cremona.[1]

Arrestato al termine della guerra, Barberini venne processato nel 1946 e la Corte d'assise di Grosseto gli imputò i capi d'accusa di omicidio, collaborazionismo con i nazisti, furto e peculato, soprattutto in relazione al tragico evento noto come eccidio di Maiano Lavacchio, dove undici ragazzi renitenti erano stati trucidati dalla 98ª Legione.[11][12] Il comandante Barberini venne ritenuto estraneo alla strage, in quanto in quei giorni era assente da Grosseto, e le responsabilità in merito alla partecipazione della milizia all'eccidio vennero riconosciute al vice-comandante Angelo Maestrini.[11] Il 18 dicembre 1946 la Corte di Grosseto assolse Barberini dai reati di omicidio e collaborazionismo, ma lo condannò a sei anni di reclusione e 4 000 lire di multa per furto e peculato: ne scontò solo uno, beneficiando della condizionale.[11]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Barberini Pietro, su siusa.archivi.beniculturali.it. URL consultato il 30 marzo 2023.
  2. ^ a b c d e f g Campagna, Turbanti 2022, pp. 145–147.
  3. ^ Decreto del Duce del Fascismo capo del governo, 9 febbraio 1942-XX, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale, 3 marzo 1942-XX, n. 51, p. 856.
  4. ^ a b Ministero delle Corporazioni (a cura di), Sindacato e corporazione. Bollettino del lavoro e della previdenza sociale, Roma, Istituto poligrafico dello Stato, marzo 1942, p. 272.
  5. ^ Ragionieri 2009, p. 162.
  6. ^ Campagna, Turbanti 2022, pp. 162–163.
  7. ^ Giulietto Betti e Marco Conti, Episodio di Scalvaia - Monticiano - 11.03.1944 (PDF), su straginazifasciste.it. URL consultato il 7 marzo 2023.
  8. ^ Campagna, Turbanti 2022, pp. 168–169.
  9. ^ Marco Grilli, Episodio di Casetta Citerni - Scarlino - 10.06.1944 (PDF), su straginazifasciste.it. URL consultato il 7 marzo 2023.
  10. ^ Campagna, Turbanti 2022, p. 170.
  11. ^ a b c Marco Grilli, Episodio di Maiano Lavacchio - Magliano in Toscana - 22.03.1944 (PDF), su straginazifasciste.it. URL consultato il 6 marzo 2023.
  12. ^ ISGREC, Giustizia per le vittime?, su martiridistia.weebly.com. URL consultato il 7 marzo 2023.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Stefano Campagna e Adolfo Turbanti (a cura di), Antifascismo, guerra e resistenze in Maremma, Arcidosso, Effigi, 2022.
  • Marco Grilli, Per noi il tempo s'è fermato all'alba. Storia dei martiri d'Istia, Arcidosso, Effigi, 2014.
  • Mario Ragionieri, 25 luglio 1943: il suicidio inconsapevole di un regime, Empoli, Ibiskos Risolo, 2009.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]