Hafgufa

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L'hafgufa (dall'antico norvegese haf: "mare" e gufa: "vapore", "odore di mare", "piroscafo") è una creatura leggendaria della mitologia norrena. Si presume abitasse le acque islandesi (Mare di Groenlandia) e si dirigesse a sud verso Helluland. Sebbene si pensasse che fosse un mostro marino, la ricerca suggerisce che le storie abbiano avuto origine da una tecnica di alimentazione specializzata tra le balene nota come alimentazione con trappola.

L'hafgufa è menzionato nel trattato norvegese della metà del XIII secolo chiamato Konungs skuggsjá ("Specchio del re"). Recensioni successive della saga di Örvar-Odds presentano hafgufa e lyngbakr come creature simili ma distinte.

Secondo la didattica norvegese, questa creatura utilizza la propria esca simile al vomito per catturare i pesci preda. Nel Fornaldarsaga, si ritiene che l'hafgufa consumi anche balene, navi e uomini, sebbene la nave di Oddr si limitasse a navigare attraverso le sue mascelle sopra l'acqua, che sembrava non essere altro che rocce.

Nomenclatura[modifica | modifica wikitesto]

Il nome di questa creatura appare come hafgufa nell'antico norvegese nell'opera norvegese del XIII secolo.

Nell'Edda Snorra, l'hafgufa ("piroscafo") compare nell'elenco (þulur) delle balene. In alcune copie l'ortografia è anche hafgúa. Una fonte del XVIII secolo glossa il termine margúa "sirena" come hafgúa.

Questo è stato reso "hafgufa ('[sirena]')" in un recente estratto di quest'opera, ma è stato tradotto "kraken" in passato. Nella saga è stato tradotto come "odore di mare"

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

L'hafgufa viene descritto come un mostro marino che, quando affiora in superficie, è indistinguibile da un'isola o da un paio di scogli. Il suo nome deriva dai termini islandesi haf ("mare") e gufa ("vapore", "nebbia"), quindi si può interpretare come "nebbia marina"[1][2].

Konungs skuggsjá[modifica | modifica wikitesto]

Nel Konungs skuggsjá, un testo norvegese composto intorno al 1250, l'hafgufa (chiamato hafgufu) è descritto come un enorme pesce simile a un'isola, che rutta grandi quantità di cibo per attirare altri pesci e poi divorarli[1][3]:

(NON)

«Einn fiskr er enn útaldr, er mér vex heldr í augu frá at segja fyrir vaxtar hans sakir, þviat þat mun flestum mǫnnum útrúligt þykkja; þar kunnu ok fæstir frá hánum nǫkkut at segja gǫrla. þviat hann er flestum sjaldsénn, þviat hann er sjaldan við land eða í ván við veiðarmenn, ok ætla ek ekki þesskyns fisk margan i hǫfum; vér kǫllum hann optast á vára tungu hafgufu. Eigi kann ek skilvísliga fráa lengð hans at secja með álna tali, þviat þeim sinnum er hann hefir birzk fyrir mǫnnum, þá hefir hann landi sýnzk likari en fiski; hvárk spyr ek, at hann hafi veiddr verit né dauðr fundinn; ok þat þykki mér likt, at þeir sé eigi fleiri en tveir í hǫfum, ok ǫngvan ætla ek þá auka geta sín ámilli, þiat ek ætla þá hina sǫmu jafnan vera, of eigo mundi ǫðrum fiskum hlýða, at þeir væri svá margir sem aðrir hvalir fyrir mikilleika sakir þeirra, ok svá mikillar atvinnu er þeir þurfu. En sú er náttúra sǫgð þeirra fiska, at þegar er hann skal eta, þá gefr hann ropa mikinn upp or hálsi sér, ok fylgir þeim ropa mikil áta, svá at allskyns fiskar, þeir er í nánd verða staddir, þá samnask til, bæði smáir ok stórir, ok hyggjask sér skulu þar matar afla ok góðrar atvinnu; en þessi hinn mikli fiskr lætr standa munn sinn opinn meðan, ok er þat hlið eigi minna en sund mikit eða fjǫrðr, ok kunni fiskar eigi at varask þat at renna þar í með fjǫlda sinum. En þegar er kviðr hans er fullr ok munnr, þá lýkr hann saman munn sinn, ok hefir þá all veidda ok inni byrgða, er áðr girntusk þangat at leita sér til matfanga.»

(IT)

«C'è un pesce che non ho ancora menzionato, di cui è bene evitare di parlare in proposito delle sue dimensioni, poiché alla maggioranza delle persone sembrerebbe incredibile. Ci sono molto pochi che possono parlarne chiaramente, poiché raramente si avvicina alla terra o appare dove potrebbe esser visto dai pescatori, e io suppongo che non vi siano tanti pesci di questa specie nel mare. Spesso nella nostra lingua noi lo chiamiamo hafgufa. Né io posso parlare con certezza delle sue dimensioni in aune, perché le volte che si è mostrato agli uomini è apparso più come terra che come pesce. Né ho sentito che ne sia mai stato catturato uno, o trovato morto; e io credo che non debbano essercene più di due negli oceani, e che ognuno sia incapace di riprodursi, perché credo che siano sempre gli stessi. Infatti, non sarebbe bene per gli altri pesci se gli hafgufa fossero in numero quanti le balene, per la loro vastità, e per quanta sussistenza necessitano. Si dice che sia la natura di questo pesce che quando vuole mangiare, allora estende il suo collo con un grande ruttare, e con questo ruttare butta fuori tanto cibo che tutti i generi di pesci che sono nei pressi accorrono nel luogo, e si riuniscono assieme, sia grandi che piccoli, poiché credono che otterranno cibo e buon mangiare; ma questo grande pesce lascia la sua bocca aperta nel frattempo, e l'apertura non è meno ampia di quella di un grande sound o fiordo, e i pesci non possono evitare di accorrere lì in grande numero. Ma come il suo stomaco e la sua bocca sono pieni, allora esso richiude assieme la fauci e cattura e imprigiona tutti quei pesci, che tanto avidamente erano giunti lì in cerca di cibo.»

Saga di Oddr l'arciere[modifica | modifica wikitesto]

Nella saga islandese di Oddr l'arciere, l'hafgufa viene incontrato nel mare di Groenlandia, è definito il più grande dei mostri marini, e si ciba di balene, navi, uomini e qualsiasi altra cosa riesca a catturare; vive sott'acqua, ma di notte, durante la bassa marea, la sua testa sporge dall'acqua, e viene scambiata per un grande scoglio[4]:

(IS)

«Vignir sagði: "Rétt þykkir mér þér fara vit eptir vexti. Nú mun ek segja þér, at þetta eru sjóskrímsl tvau. Heitir annat hafgufa, en annat lyngbakr. Er hann mestr allra hvala í heiminum, en hafgufa er mest skrímsl skapat í sjónum. Er þat hennar náttúra, at hún gleypir bæði menn ok skip ok hvali ok allt þat hún náir. Hún er í kafi, svá at dægrum skiptir, ok þá hún skýtr upp höfði sínu ok nösum, þá er þat aldri skemmr en sjávarfall, at hún er uppi. Nú var þat leiðar sundit, er vér fórum á millum kjapta hennar, en nasir hennar ok inn neðri kjaptrinn váru klettar þeir, er yðr sýndist í hafinu, en lyngbakr var ey sjá, er niðr sökk. En Ögmundr flóki hefir sent þessi kvikvendi í móti þér með fjölkynngi sinni til þess at bana þér ok öllum mönnum þínum. Hugði hann, at svá skyldi hafa farit fleiri sem þeir, at nú drukknuðu, en hann ætlaði, at hafgufan skyldi hafa gleypt oss alla. Nú siglda ek því í gin hennar, at ek vissa, at hún var nýkomin upp".»

(IT)

«Vignir disse: "Tu parli fin dove la tua conoscenza arriva. Ora ti dirò questo, che vi sono due mostri marini. Uno chiamato hafgufa, e l'altro lyngbakr. Esso [il lyngbakr] è la più grande delle balene nel mondo, ma l'hafgufa è il mostro più grande del mare. È la natura di questo mostro ingoiare uomini e navi, e perfino balene ed ogni cosa raggiunge. Esso sta sommerso per giorni e giorni, e infine sporge la sua testa e il suo naso e così rimane fino al cambio di marea. Il canale che abbiamo attraversato era tra la sua bocca, e il suo naso e la sua mandibola erano quelle rocce che sono apparse nel mare, e il lyngbakr era quell'isola che abbiamo visto inabissarsi. Ogmund ha mandato queste bestie contro di te con la sua magia per ucciderti con tutti i tuoi uomini. Pensava che molti sarebbero annegati [sulla schiena del lyngbakr], e che l'hafgufa avrebbe divorato i superstiti. Oggi sono passato nella sua bocca perché sapevo che era appena riemersa.»

Altri riferimenti[modifica | modifica wikitesto]

L'hafgufa viene citato in una leggenda popolare groenlandese pubblicata sul The Rambler, Anningait e Ajut, dove Anningait, in una poesia composta per la sua amata Ajut, proclama che la "strapperebbe dalle fauci di Amarok" e la "salverebbe dai burroni di Hafgufa"[5].

Nel foclore più tardo e da autori successivi (come Bartolino, Blackwood e Crantz), inoltre, questa creatura viene frequentemente associata al kraken[5][6].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Waggoner, p. 212.
  2. ^ Foreign Quarterly Review, p. 49.
  3. ^ Konungs-Skuggsjá, p. 32.
  4. ^ (IS) Örvar-Odds saga, su snerpa.is. URL consultato il 2 settembre 2014.
  5. ^ a b Robbins, p. 107.
  6. ^ Blackwood, p. 649.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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