Berlusconismo

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Silvio Berlusconi

Berlusconismo è un neologismo della lingua italiana, che interviene solitamente nel linguaggio del giornalismo e della sociologia politica per indicare le linee guida e i valori che ispirano l'azione politica di Silvio Berlusconi, il suo modo di porsi nei confronti dell'opinione pubblica e le caratteristiche dei suoi successi politici.

Origini e significato del termine[modifica | modifica wikitesto]

Il termine "berlusconismo" nasce negli anni ottanta, caratterizzato da una valenza fortemente positiva, come sinonimo di "ottimismo imprenditoriale", ovvero come definizione di uno spirito imprenditoriale che non si fa turbare dalle difficoltà, confidando nel riuscire a risolvere i problemi.[1] A partire dal XXI secolo, in seguito all'identificazione primariamente politica della figura di Silvio Berlusconi, il significato attribuito al termine ha subito una decisa modificazione nell'ambito del linguaggio giornalistico-politico.

Secondo la definizione datane dal Vocabolario Treccani on line dell'Istituto dell'Enciclopedia Italiana, il berlusconismo indica sia il movimento di pensiero e il fenomeno sociale e di costume avente origine dalla figura di Silvio Berlusconi e dal movimento politico da lui fondato (Forza Italia) che la visione liberistica da lui propugnata, non solo in ambito economico e finanziario ma anche politico.[2]

L'affermarsi del berlusconismo come fenomeno sociale e politico viene spesso messo in relazione con la cosiddetta "anomalia italiana", ovvero con la concomitanza di fattori strutturali di criticità che affliggono molti campi della vita italiana, dai mali della società a quelli della politica e dell'economia (come ad esempio il patronato politico, il clientelismo, il nepotismo e la doppia morale)[3]. Tale rapporto, secondo uno studioso della storia recente d'Italia, va inteso nel senso di considerare il berlusconismo come espressione e conseguenza di quell'anomalia, piuttosto che come causa[4].

In senso ugualmente critico ma più estensivo, il termine è stato usato dal politologo e storico Marco Revelli, già cofondatore di Lotta Continua, per denotare un modo di fare politica e la sottostante cultura della ricchezza autolegittimatasi che investirebbe larghi strati della nazione, compresa buona parte della classe politica di centro-sinistra. Vi è un esplicito parallelismo con la descrizione del fascismo come "autobiografia della nazione" fatta da Piero Gobetti, in quanto tanto il movimento di Benito Mussolini quanto lo stesso Berlusconi sarebbero l'incarnazione più visibile di tendenze deteriori radicate a fondo nella società italiana, e, in quanto tali, difficilmente estirpabili. Lo scrittore e giornalista francese Jacques Martin scrisse, in un articolo pubblicato su The Guardian nel 2006: "Il Berlusconismo è il più grave attacco alla democrazia occidentale dal 1945; un fenomeno che non può essere trascurato".

Nel gennaio 2007, il berlusconismo è stato oggetto di un convegno organizzato dalla Fondazione Liberal (vicina a Forza Italia), svolto con lo scopo di riprendere il termine in luce positiva. In una lettera inviata il 27 settembre 2008 da Sandro Bondi (Ministro dei Beni e delle Attività Culturali nel Governo Berlusconi IV) al quotidiano la Repubblica egli dice: «Il cosiddetto "berlusconismo" è stato innanzitutto la risposta alla crisi del sistema politico italiano, che ha coinciso con la caduta del muro di Berlino e con Tangentopoli, e la presa d'atto dell'incapacità/impossibilità del Partito Comunista Italiano di trasformarsi in un'autentica forza politica riformista di stampo europeo. In secondo luogo, il "berlusconismo" ha rappresentato e continua a rappresentare il tentativo più alto di modernizzazione delle strutture economiche e istituzionali del nostro Paese, sulla base non di una ideologia, ma di un sistema di valori autenticamente liberali e riformatori, che hanno influenzato oltretutto l'intera politica europea»[5].

Per gli avversari il berlusconismo è invece una forma di populismo di destra. Molti, anche tra i suoi sostenitori, vedono un equivalente italiano del gollismo francese o del peronismo argentino[6]. Gianfranco Pasquino, già senatore per l'Alleanza dei Progressisti e nella Sinistra indipendente ed eminente politologo, vede nella scoperta del valore dell'antipolitica, come collante contro una classe dirigente vissuta come distante dalle esigenze reali della gente, la componente essenziale del suo fascino[7].

Gestione e politica di base[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Politiche di Silvio Berlusconi.
Berlusconi arringa la platea durante una "convention" elettorale

Berlusconi si propone come moderato[8], liberale e liberista, "l'alternativa alla vecchia politica", un imprenditore al servizio della politica[9]. Il suo stile comunicativo si basa su un dialogo diretto con il popolo, condotto per mezzo di slogan semplici e incisivi (un presidente operaio, un milione di posti di lavoro, meno tasse per tutti, il partito dell'amore, l'amore vince sempre sull'invidia e sull'odio); rimane nella memoria collettiva il Contratto con gli italiani, siglato in diretta televisiva alla trasmissione Porta a porta prima delle elezioni politiche del 2001.

La forma di governo auspicata da Berlusconi si basa sullo Stato azienda: uno Stato governato con le modalità e tecniche tipiche della gestione manageriale delle aziende. Da ciò deriva l'insofferenza, spesso criticata dagli oppositori, per i limiti che il sistema istituzionale pone al potere del Presidente del Consiglio (i lacci e lacciuoli) e per una politica fondata su lunghe trattative e mediazioni, alla quale Berlusconi ha sempre mostrato di preferire un'azione incisiva e un marcato decisionismo del leader.

La riforma costituzionale approvata nel corso del suo secondo governo (mai entrata in vigore perché respinta dal referendum costituzionale del 2006) aumentava, infatti, in modo considerevole i poteri di quello che nel testo modificato veniva denominato Primo Ministro e non più Presidente del Consiglio dei ministri (a sottolineare proprio l'aumentato potere della figura che, nell'ordinamento italiano è, invece, un primus inter pares tra i Ministri con poteri di indirizzo e coordinamento, la cui reale autorità dipende molto dagli equilibri politici). Spesso, nelle funzioni politiche, Berlusconi ha cercato di far collimare la collaborazione politica con l'amicizia personale, soprattutto in politica estera, ambito politico nel quale ha agito spesso in prima persona anche scavalcando gli organi ufficiali della Farnesina e della diplomazia italiana.

Interrelazioni e strategia comunicativa[modifica | modifica wikitesto]

Rapporto diretto con le masse[modifica | modifica wikitesto]

«Una parte d'Italia è diventata berlusconiana perché lui le ha dato grandi calciatori, grandi attori, e perfino tette e culi. Il calcio e la TV. Le sue campagne politiche sono state all’insegna del "panem et circenses" e le sue vittorie ottenute al grido di "Quante Coppe dei Campioni hai vinto tu?" [...] E che, a un tipo del genere non gli affidi il governo dell'Italia?»

(Fabrizio Bocca, 2015[10])

Le narrazioni dei suoi trascorsi di gioventù, a volte contraddittorie, mirano inoltre, nei limiti del possibile, a instaurare un rapporto diretto con i cittadini italiani, che va oltre la politica, con lo scopo non solo di cercare e fornire conferme, ma anche di acquisire nuovo consenso politico[11]. Berlusconi, ad esempio, indulge spesso a rievocazioni dei suoi trascorsi di gioventù come cantante e intrattenitore di piano bar sulle navi da crociera (nel 2000, in vista delle elezioni regionali di quell'anno, nel corso della campagna elettorale ha utilizzato anche una nave da crociera, ribattezzata, per l'occasione, Nave della Libertà[12], mentre nel 2004 ha anche inciso un disco di canzoni napoletane composte insieme al cantautore Mariano Apicella), ma anche come venditore porta a porta[13]. La strategia di comunicazione diretta e verticale con i cittadini, priva di mediazioni, è tipica, peraltro, dei rapporti carismatici che, con finalità di volta in volta diverse, si instaurano nei sistemi populisti tra il leader politico e il proprio popolo, in modo diretto[11].

Tali strategie di ricerca del rapporto diretto, scavalcando mediazioni e corpi intermedi, sono rese ancor più facili dall'immediatezza delle nuove tecnologie di comunicazione di massa: nel caso di Berlusconi, poi, alla possibilità teorica di avvalersene si aggiunge anche la circostanza di avere un potere di controllo su un possente apparato mediatico, che si esprime in modo reale e diretto sulle reti di proprietà, in modo indiretto, durante i suoi governi, sui canali pubblici della Rai[14][15]. Infatti, da un lato i mezzi di comunicazione di massa permettono la "comunicazione verticale" e diretta, con cui il messaggio impatta sui destinatari senza subire mediazione e interpretazioni, dall'altro, il potere di controllo sui mass media permette a Berlusconi di attutire e contrastare il flusso informativo di quelle comunicazioni che contraddicono o offuscano il messaggio da lui desiderato[14]. Tale obiettivo viene raggiunto non solo con l'utilizzo di programmi strettamente informativi, come i telegiornali, ma anche con l'uso accorto di nuovi format televisivi, come il cosiddetto infotainment[14].

Simbologia religiosa e connotazione vittimistica[modifica | modifica wikitesto]

Secondo Giuliana Parotto, docente di filosofia della politica all'Università degli Studi di Trieste, Berlusconi usa una simbolica religiosa nel suo modo di presentarsi: «aspetti dell'immagine che vengono sempre sottolineati e che sono adatti altresì ad esaltare quelle funzioni salvifiche attribuite al leader. In questo quadro trova posto uno dei ricorrenti, sconcertanti, paralleli tra la figura vittimaria del premier e Gesù Cristo stesso: il periodo trascorso all'opposizione durante il primo governo Prodi è stato infatti descritto come la "traversata del deserto", le competizioni elettorali si sono trasformate in "prove elettorali", in esplicita analogia con le tentazioni messe in opera dal demonio. Non è mancato neppure il paragone al Sole, come simbolo salvifico e di rinascita».[16]

La connotazione vittimistica della comunicazione pubblica di Silvio Berlusconi rappresenterebbe una vera e propria strategia politica, secondo il giudizio di Indro Montanelli[17][18] e Umberto Eco[19]. Quest'ultimo la riconduce all'atteggiamento psicologico stigmatizzato dall'espressione partenopea «chiagni e fotti»[19]. Secondo Umberto Eco, peraltro, si tratterebbe di una strategia comunicativa non nuova alla politica italiana, di cui, in passato, avrebbero già dato prova Palmiro Togliatti e Marco Pannella.

Ulteriore caratteristica della strategia comunicativa di Berlusconi è l'apposizione, ai suoi critici, di etichette destinate a delegittimare l'interlocutore, quale in particolare quella di comunista, che egli non ha risparmiato neanche al giornale inglese The Economist, prontamente ribattezzato The Ecomunist quando questo ha iniziato una lunga campagna di articoli fortemente critici verso la sua azione di governo.

Tecnica della ripetizione[modifica | modifica wikitesto]

Uno dei leitmotiv della comunicazione di Berlusconi è costituito dalla tecnica retorica della ripetizione, che egli padroneggia con notevole abilità. Essa consiste nello scegliere alcuni concetti, slogan, "parole chiave" e topoi comunicativi di base (pochi e semplificati al massimo, in modo da essere facilmente comprensibili) e di ripeterli in maniera convinta e costante nel tempo[20], a volte in modo quasi ossessivo[21]. Si tratta, peraltro, di una strategia comunicativa già nota e consolidata, il cui obiettivo è duplice: da un lato, la ripetizione costante aiuta il processo di memorizzazione a lungo termine, anche negli spettatori più distratti[20] (secondo il ben noto principio della ripetizione dilazionata (o spaziata); dall'altro, vuole sortire un altro effetto importante, che riguarda la persuasione, in base alla ben nota teoria secondo cui la ripetizione e la riproposizione continua di uno stesso concetto tendono a modificare l'atteggiamento degli uditori, anche dei più attenti, aumentandone la predisposizione ad accettarne la plausibilità[20].

Tra le parole chiave più note, tra quelle riproposte a più riprese da Berlusconi, e di maggior successo, vi sono quella dello spauracchio di un'incombente minaccia comunista, agitata a più riprese; e quella della persecuzione giudiziaria che sarebbe stata perpetrata ai suoi danni da coloro i quali, con altro fortunato epiteto, egli stesso ha definito le "toghe rosse"[22]. Altro ritornello, dimostratosi accattivante e di grande impatto in termini di consenso, è stato quello dell'abolizione dell'ICI (Imposta comunale sugli immobili), frutto di un annuncio improvviso in piena campagna elettorale per le elezioni politiche del 2006[23].

Tecnica del disco rotto[modifica | modifica wikitesto]

Una variazione di questa strategia è costituita dalla tecnica del "disco rotto", utilizzabile in contesti nei quali bisogna misurarsi con forme più o meno autentiche di interlocuzione e contraddittorio[22]. Si tratta di una strategia adottata coerentemente, e in maniera perfettamente consapevole, da molti esponenti politici che consiste nel "ribadire continuamente una frase elementare, non argomentata, senza tener alcun conto delle risposte dell'interlocutore"[22]. Di fronte all'insistenza su slogan e concetti semplici accattivanti, perde di ogni forza persuasiva, nei confronti del pubblico dei talk-show, la possibilità di replicare in forme argomentate[22]. L'effetto complessivo si misura il giorno successivo, quando a rimanere impressi nella mente degli spettatori sono i concetti-chiave insistentemente e coscientemente ripetuti piuttosto che le eventuali obiezioni articolate dagli oppositori[22].

Linguaggio[modifica | modifica wikitesto]

Graffito con fumetto a Torino

Nella comunicazione politica assume un rilievo particolare l'uso che Silvio Berlusconi fa del linguaggio e dello stile comunicativo, i cui risvolti pragmatici sono oggetto di attenzione da parte della ricerca linguistica e psicologica. È proprio il tentativo di stabilire un rapporto di comunicazione di tipo verticale tra leader politico e cittadini, che evita o scavalca le mediazioni, secondo modalità tipiche dei sistemi populisti, a condizionare le scelte linguistiche e comunicative di Silvio Berlusconi: tali scelte, come avviene spesso in coloro che si propongono come political outsider, sono profondamente innovative e si esprimono, soprattutto, nella programmatica rinuncia alla tradizionale cripticità del linguaggio tecnico della politica[11].

Un linguaggio semplice e non specialistico che annulli la distanza e la diversità con i destinatari della comunicazione e agevoli l'identificazione del pubblico con il leader politico[24]. A questo scopo risultano funzionali i frequenti riferimenti agli ambiti simbolici che sono congeniali ai "portatori" della cosiddetta cultura di massa: da qui l'abbondante ricorso a familiari metafore linguistiche attinte, ad esempio, dall'universo televisivo e, soprattutto, dal mondo del calcio, per definire gli eventi, i fenomeni, e le dialettiche politiche, a cominciare dall'originario ingresso in politica, annunciato, non a caso, come una "discesa in campo"[24].

L'analisi del saggista Alessandro Amadori vi riconosce una strategia di comunicazione connotata dall'uso di un codice linguistico puerile, al quale sono riconducibili anche le occorrenze di particolari espressioni comuni[25]. Si tratta di una sorta di baby talk, rivelatore di un infantilismo comunicativo di base, i cui esiti, peraltro, risultano premianti sia in termini di efficacia comunicativa e persuasiva, sia di acquisizione del consenso[25]. Analoghe conclusioni, seppur partendo da un'analisi più aderente all'orizzonte linguistico, sono raggiunte da Raffaele Simone[26], che riconosce a Berlusconi doti da «comunicatore di professione»[27], che si realizzano proprio attraverso l'utilizzo di un linguaggio teso alla semplificazione: l'invenzione di «metafore semplificatorie»[27], il «linguaggio intenzionalmente basso»[27], sono elementi che corrispondono alla sua «retorica semplificatoria»[27], che si avvale di un lessico e di un fraseggio basso[27].

Mi consenta![modifica | modifica wikitesto]

Nel «linguaggio intenzionalmente basso» di Berlusconi, particolarmente connotante del suo stile comunicativo, è l'espressione «mi consenta»[25][27], divenuta presto facilmente associata alla figura di Berlusconi, in virtù del fatto che egli se ne è avvalso frequentemente nella comunicazione politica, accompagnando l'espressione con una singolarissima pronuncia non standard, caratterizzata, secondo il linguista Raffaele Simone, «da una s particolarmente sibilante, una e tonica e particolarmente chiusa»[27], un modo di pronunciare «che ancora adesso si usa per evocare il personaggio»[27][28]. Secondo Augusta Forconi, l'espressione «mi consenta», pur non essendo il luogo comune da lui più frequentato, era diventata, all'epoca (1997), così connotante del personaggio politico da non poterla più «pronunciare in modo "neutro"»[29]. L'occorrenza frequente di questo tic linguistico ha trasformato il "mi consenta" nel "più noto" di tutto il repertorio di intercalari e tormentoni del panorama della comunicazione politica tra gli anni novanta e i primi anni duemila[30].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Floriano De Angeli, L'Europeo, n. 49, 1993.
  2. ^ Berlusconismo, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 28 dicembre 2022.
  3. ^ L'anomalia italiana - Marsilio Editori, su www.marsilioeditori.it. URL consultato il 2 giugno 2022.
  4. ^ (EN) Paul Corner, Italy Today. The Sick Man of Europe, a cura di Andrea Mammone e Giuseppe Veltri, prefazione di Andrea Mammone e Giuseppe Veltri, Londra, Routledge, 2010, ISBN 978-0-415-56160-0.
  5. ^ Sandro Bondi, Il governo? Attua la politica del fare, su governoberlusconi.it, 27 settembre 2008. URL consultato il 2 ottobre 2008 (archiviato dall'url originale il 5 ottobre 2010).
  6. ^ Il Berlusconismo è come Gollismo: durerà a lungo, non è passeggero, su claudioscajola.it, 25 gennaio 2007. URL consultato il 2 ottobre 2008.
  7. ^ Gianfranco Pasquino, "The Five Faces of Silvio Berlusconi: The Knight of Anti-politics", in Modern Italy, 12, no. 1 (February 2007): 39-54.
  8. ^ Berlusconi: "Dialogo? Io sono il più moderato di tutti!", Affaritaliani, 11 febbraio 2009
  9. ^ M. Calise, Dopo la partitocrazia, Torino, Einaudi, 1994.
  10. ^ Fabrizio Bocca, L'addio di Berlusconi al Milan, il calcio e la tv per costruirsi il consenso. Ma il suo fu davvero un grande Milan, su bocca.blogautore.repubblica.it, 28 aprile 2015.
  11. ^ a b c Enrico Caniglia, Berlusconi, Perot e Collor come political outsider. Media, marketing e sondaggi nella costruzione del consenso politico, 2000 (p. 33)
  12. ^ La Repubblica, Salpa la nave elettorale di Forza Italia
  13. ^ Nel film "Sua maestà Silvio Berlusconi", prodotto da CAPA PRESS T.V. di Parigi, per la regia di Stephane Bentura, Guido Possa, ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca nel primo governo Berlusconi, direttore per molti anni della sua segreteria personale, amico fin dai tempi del liceo Sant'Ambrogio dei padri Salesiani di Milano, ricorda come il suo primo lavoro sia stato di venditore porta a porta di spazzole elettriche.
  14. ^ a b c Enrico Caniglia, Berlusconi, Perot e Collor come political outsider. Media, marketing e sondaggi nella costruzione del consenso politico, 2000 (p. 37)
  15. ^ Vittorio Prada, Videocrazia e teatralizzazione della politica nell’era berlusconiana: Potere dell’immagine e nuove strategie comunicative (1994–2012), Frank & Timme GmbH, 4 marzo 2014, ISBN 978-3-7329-0046-6. URL consultato il 17 maggio 2020.
  16. ^ I simboli religiosi del Cavaliere - Libri - Magazine - Libero News Archiviato il 21 febbraio 2008 in Internet Archive.
  17. ^ Indro Montanelli, Io e il cavaliere qualche anno fa, in Corriere della Sera, RCS MediaGroup, 25 marzo 2011.
  18. ^ Indro Montanelli, Ve lo avevo detto: Berlusconi visto da chi lo conosceva bene, Segrate, BUR-Biblioteca Universale Rizzoli, 2012, p. 133, ISBN 978-88-586-2924-6.
  19. ^ a b Umberto Eco, Consiglio al Pd: vola bassissimo, l'Espresso, 14 marzo 2013.
  20. ^ a b c Renata Borgato, Le dita dell'Aurora; in: Renata Borgato, Ferruccio Capelli, Mauro Ferraresi, L'arte di far credere, 2010 (p. 62)
  21. ^ Enrico Caniglia, Berlusconi, Perot e Collor come political outsider. Media, marketing e sondaggi nella costruzione del consenso politico, 2000 (p. 43)
  22. ^ a b c d e Renata Borgato, Le dita dell'Aurora; in: Renata Borgato, Ferruccio Capelli, Mauro Ferraresi, L'arte di far credere, 2010 (p. 63)
  23. ^ Renata Borgato, Le dita dell'Aurora; in: Renata Borgato, Ferruccio Capelli, Mauro Ferraresi, L'arte di far credere, 2010 (p. 58)
  24. ^ a b Enrico Caniglia, Berlusconi, Perot e Collor come political outsider. Media, marketing e sondaggi nella costruzione del consenso politico, 2000 (p. 156)
  25. ^ a b c Alessandro Amadori, Mi consenta. Metafore, messaggi, simboli. Come Silvio Berlusconi ha conquistato il consenso degli italiani, pag. 110 e segg.
  26. ^ Raffaele Simone, Se l'avessero preso da piccolo, in "Italiano e oltre", n. xvi, 2001, pag. 132 e segg.
  27. ^ a b c d e f g h Raffaele Simone, prefazione a Parola da Cavaliere, 1997 (pp. IX-XIV)
  28. ^ Felice Froio, Il cavaliere incantatore: chi è veramente Berlusconi, Bari, Edizioni Dedalo, 2003, p. 112, ISBN 978-88-220-6266-6.
  29. ^ Augusta Forconi, Parola da Cavaliere, Roma, Editori Riuniti, 1997, p. 30, ISBN 88-359-4271-3.
  30. ^ Riccardo Gualdo e Maria Vittoria Dell'Anna, La faconda Repubblica: la lingua della politica in Italia (1992-2004), San Cesario di Lecce, Manni editori, 2004, p. 20, ISBN 88-8176-168-8.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]