Brigate Fiamme Verdi

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Brigate Fiamme Verdi
Fiamme Verdi Brigata Tarzan Emblema[1]
Attiva1943 - 1945
NazioneBandiera dell'Italia Italia
ContestoResistenza italiana
IdeologiaCristianesimo liberale
Cristianesimo democratico
AlleanzeAlleati
Affinità politicheDemocrazia Cristiana
Componenti
FondatoriPartigiani
Componenti principaliEnrico Mattei
Attività
Azioni principaliBattaglie del Mortirolo

Le Brigate Fiamme Verdi furono delle formazioni partigiane a prevalente orientamento cattolico, attive durante la seconda guerra mondiale, nella Resistenza italiana. Nate dagli intellettuali cattolici, si trasformarono in formazioni prevalentemente militari, operarono soprattutto in Lombardia, in Emilia furono direttamente guidate dalla Democrazia Cristiana. Il loro nome derivava dal 3º Reparto d'Assalto "Fiamme Verdi", parte del 3º Corpo d'Armata Italiano durante la prima guerra mondiale, operante sul fronte del gruppo dell'Adamello.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Si configurarono, nella Resistenza italiana, organizzate come gli alpini, dai quali avevano mutuato le mostrine: operavano prevalentemente in montagna a livello locale, con radici popolari, con nessuna ideologia:

«Il volontario, di qualunque fede politica esso sia, rinuncerà ad ogni propaganda che non sia contro tedeschi e fascisti ...»

Iniziarono ad operare nelle valli bresciane, nel novembre 1943, raggiungendo circa le 2.800 unità suddivise in tre battaglioni; fondatore fu il trentino Gastone Franchetti, nome di battaglia "Fieramosca", tenente degli Alpini partito da Riva del Garda con una piccola brigata di giovani. Già il 19 novembre per la città di Brescia veniva distribuito il giornale "Brescia Libera", che diventerà nel marzo successivo Il Ribelle.

Il comando generale delle brigate venne assegnato al generale degli Alpini Luigi Masini. Il 28 giugno 1944 "Fieramosca" venne catturato per l'ennesima volta per una delazione da parte dell'amico Fiore Lutterotti, e fucilato. Era prigioniero nel carcere di massima sicurezza di Bolzano assieme a Gino Lubich, fratello di Chiara Lubich, che era stato condannato a sei anni di carcere, torturato più volte e più volte minacciato di essere fucilato perché parlasse. Ma Gino Lubich non si piegò mai; fu deportato in un campo di concentramento dove riuscì a sopravvivere.

Nei primi giorni di novembre del 1943 era giunto nel frattempo a Brescia, fuggito dal lager di Markt Pongau Teresio Olivelli che, attraverso un amico, prese i primi contatti con gli esponenti del movimento ribellistico. Quindi trasferitosi a Milano si mise a disposizione del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) che gli affidò l'incarico di mantenere i contatti tra il Comando generale delle Fiamme Verdi e le formazioni dipendenti delle province di Cremona e Brescia. Dopo la fucilazione di Astolfo Lunardi e di Ermanno Margheriti fondò il giornale clandestino "il Ribelle".

Furono spesso tacciati come "clericali", perché dimostrarono che si poteva imbracciare le armi pur non essendo comunisti;[2] tuttavia Giorgio Bocca, nella sua "Storia dell'Italia", non mancherà di riconoscere che:

«... senza l'aiuto del clero tre quarti della pianura padana - Piemonte, Lombardia, Veneto - sarebbero rimasti chiusi e difficilmente accessibili alla ribellione...»

Le componenti[modifica | modifica wikitesto]

Brigata Fiamme Verdi (RE)[modifica | modifica wikitesto]

La Brigata Fiamme Verdi (RE) fu una formazione partigiana di ispirazione cattolica, attiva nelle province di Reggio Emilia e Modena.

Venne fondata da Don Domenico Orlandini, noto con il nome di battaglia "Carlo", a causa dei dissidi con la componente comunista della Resistenza in quelle aree. Nelle parole del fondatore, la formazione era nata per queste ragioni:

«“… Dal marasma che aveva preceduto il rastrellamento e dalla assoluta inettitudine al comando dimostrata da molti comandanti... avevo tratto le mie conclusioni pienamente condivise dai partigiani della mia zona e da tutti coloro che mi erano rimasti al fianco: o si riorganizzava il movimento su basi di disciplina, si vietavano i saccheggi e i prelevamenti indiscriminati, si bandiva la politica di parte in seno alle formazioni e si creava un comando con persone dotate di coraggio e di capacità, oppure avrei dato vita ad una brigata indipendente, sotto il mio diretto comando …»

La brigata operò in accordo con il CLN provinciale. Fra i maggiori esponenti sono da annoverare Giuseppe Dossetti, in seguito esponente di spicco della Democrazia Cristiana e poi divenuto sacerdote; il comandante Azor, (Mario Simonazzi), popolare partigiano ucciso nel 1945 da altri partigiani di orientamento comunista, e Giorgio Morelli, partigiano e giornalista anch'egli ucciso per le sue denunce degli omicidi politici nel clima violento e omertoso del dopoguerra in Emilia.

Brigata mantovana Fiamme Verdi[modifica | modifica wikitesto]

Venne fondata clandestinamente nel gennaio 1944 da don Primo Mazzolari, al tempo parroco di Bozzolo, con lo scopo di propaganda a favore della Resistenza e sostentamento alle famiglie di partigiani; ebbe i suoi capi nei giovani Sergio Arini, Pompeo Accorsi e Amedeo Rossi, affiancati dal curato don Carlo Scaglioni.[3] Le Fiamme Verdi operarono anche nei paesi di Asola, Commessaggio, Castel Goffredo (con il parroco prevosto Carlo Calciolari (1899-1996)[4] e Acquanegra sul Chiese.[5]

Divisione Fiamme Verdi Tito Speri[modifica | modifica wikitesto]

La Divisione Fiamme Verdi Tito Speri operò nella zona di Brescia.
Ebbe nel suo organico molti ufficiali ex-militari, tra i suoi comandanti è annoverato anche Luigi Ercoli[7] Fu comandata dal capitano degli alpini Romolo Ragnoli. Ebbe inoltre tra i suoi ufficiali il generale degli alpini Luigi Masini, Giulio Mazzon anche lui alpino[8] e Lionello Levi Sandri.
Essa si scontrò con la Legione Tagliamento della Repubblica Sociale Italiana.

Divisione Fiamme Verdi Lunardi[modifica | modifica wikitesto]

La Divisione Fiamme Verdi Lunardi operò nella zona di Brescia. Questa Divisione prese il nome da Astolfo Lunardi[9], partigiano, nato il 1º dicembre 1891 a Livorno, fucilato il 6 febbraio 1944 a Mompiano (Brescia).

Divisione Fiamme Verdi (BG)[modifica | modifica wikitesto]

La Divisione Fiamme Verdi (BG) operò nella zona di Bergamo, in Val Brembana.

Tra queste Brigate si può annoverare la Divisione Valtoce[10] fondata dal capitano Alfredo Di Dio[11], nella quale troviamo anche Elsa Oliva[12], Aristide Marchetti ed Eugenio Cefis.

Brigata “Ferruccio Lorenzini” della Divisione Fiamme Verdi[modifica | modifica wikitesto]

Operante in Val Camonica.[13]

Il tenente colonnello Ferruccio Lorenzini, dopo l'8 settembre 1943 si stabilì nei pressi di Polaveno e iniziò l'attività resistenziale. L'8 dicembre 1943 il suo gruppo di 25 uomini si trovò in bassa Val di Scalve nella zona di Terzano, vicino alle cascine di Pratolungo, dove venne accerchiato da 150 militi delle Brigate Nere guidati da alcune spie locali; dopo due ore di combattimento si contarono tra i partigiani 5 morti e quattordici catturati, ed altri 5 partigiani vennero catturati nei giorni successivi a Darfo. Lorenzini a Darfo venne picchiato e trascinato nudo dietro una camionetta in pubblico, e quindi trasferito assieme agli altri prigionieri nel carcere di Brescia, dove a seguito del processo venne fucilato il 31 dicembre 1943, assieme a Giuseppe Marino Bonassoli, Renè Renault, Costantinos Jourgiu. Ferruccio Lorenzini è stato insignito della medaglia d'argento al valor militare.[14]

Divisione Alpina Monte Ortigara[modifica | modifica wikitesto]

In Veneto, nel vicentino, era attiva la Divisione Alpina Monte Ortigara, comandata da Giacomo Chilesotti, medaglia d'oro al valor militare assieme a Luigi Cappello, Giovanni Carli e altri.

Fiamme Verdi Brigata Tarzan[modifica | modifica wikitesto]

(Patria e Libertà)

Nata a Pontoglio,tra le province di Brescia e Bergamo, nella metà ovest del lago di Iseo e la bassa valle dell'Oglio; Rovato, Castelcovati e Pumenengo a sud, fino ad Adrara e Lovere a nord. Capitanate da Bertoli Tomaso, classe 1922, detto "Tarzan". È forse stato uno dei gruppi completamente autonomi, per quanto riguarda la sussistenza, anche se in continuo collegamento con la brigata 10 Giornate del ten. V. Tenchini di Chiari e le altre FF VV e distaccamenti garibaldini. Numerose sono le imprese dei 35 Patrioti pontogliesi nel vasto territorio sopra citato, e dozzine sono i collegamenti che avevano con gli insurrezionali dei paesi limitrofi. Sette di questi giovani Pontogliesi e altri 4 partigiani (2 di Coccaglio e 2 di Erbusco) trovarono la morte durante uno scontro con la famigerata colonna "Farinacci" in ritirata, a Coccaglio, il 26 aprile 1945. In totale, nelle diverse azioni contro i nazifascisti, questo gruppo perse 15 partigiani, compreso un capitano russo che si era unito a loro.

Archivio Storico[modifica | modifica wikitesto]

L'Archivio delle Divisioni Fiamme Verdi fu costituito a partire dall'estate del 1945 a Cividate Camuno, da don Carlo Comensoli. Da esso nacque, nel 1967, l'"Istituto storico della Resistenza bresciana". Esso fu arricchito dalle ricerche del prof. Dario Morelli, noto nella resistenza col nome di "Daniele". Il fondo si è progressivamente arricchito di documentazioni offerte da privati. Attualmente vi sono catalogati 13.711 documenti, oltre 4.000 riguardanti la RSI.

L'Istituto è stato acquisito nel 2002 dall'Università Cattolica del Sacro Cuore, allo scopo di garantirne la catalogazione e la conservazione.

Vi è inoltre un Archivio storico delle Brigate Fiamme Verdi in completamento dell'ISTREVI di Vicenza.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
  • Federico Zappa (G.U. Repubblica Italiana N.105 del 19/4/1963) detto "Frico", militare, nato a Brescia il 16 settembre 1924, partigiano combattente, vice comandante di distaccamento sulle montagne del Mortirolo (Valcamonica) tra i fondatori de "il Ribelle" foglio clandestino delle Fiamme Verdi, formazione partigiane combattenti in Lombardia dall'8 settembre 1943 al 1º maggio 1945; amico fraterno di Alvero Valetti.[senza fonte]

Persone legate alle brigate[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Il film "Fu poi chiamato Serafino" sul partigiano Serafino (Tahir Isayev) dall'Azerbaigian.
  2. ^ Il mascellaro - scheda Archiviato il 1º maggio 2009 in Internet Archive. - visitato 14 febbraio 2009
  3. ^ Bruno Bignami, Don Primo Mazzolari, parroco d'Italia, Bologna, 2014.
  4. ^ L’esperienza delle Fiamme Verdi, partigiani cattolici.
  5. ^ Cavazzoli, p. 204.
  6. ^ Fiamme Verdi Valcamonica - visto 16 febbraio 2009
  7. ^ ANPI - Luigi Ercoli Archiviato il 26 aprile 2009 in Internet Archive. - visto 15 febbraio 2009
  8. ^ Anpi Scheda Mazzon Archiviato il 5 febbraio 2007 in Internet Archive. visto 3 gennaio 2009
  9. ^ INSMLI - Astolfo Lunardi Archiviato il 28 aprile 2009 in Internet Archive. - visto 15 febbraio 2009
  10. ^ Biografie resistenti
  11. ^ Itinerari senza frontiere Archiviato il 2 maggio 2009 in Internet Archive. - visto 15 febbraio 2009
  12. ^ ANPI - Elsa Oliva - visto 15 febbraio 2009
  13. ^ Giacomo Cappellini
  14. ^ ANPI Archiviato il 21 aprile 2009 in Internet Archive. - visto 12 febbraio 2009
  15. ^ ANPI - Scheda Angelo Archiviato il 27 aprile 2009 in Internet Archive. Gotti - visto 3 gennaio 2009
  16. ^ Anpi Archiviato il 26 aprile 2009 in Internet Archive. - visto 3 gennaio 2009
  17. ^ ANPI - Zefferino Ballardini Archiviato il 26 aprile 2009 in Internet Archive. - visto 15 febbraio 2009
  18. ^ ANPI - Emiliano Rinaldini Archiviato il 26 aprile 2009 in Internet Archive. - visto 15 febbraio 2009

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Memoriale di Carlo, edito a cura dell'Associazione Liberi Partigiani d'Italia, febbraio 1983
  • Girolamo Oneto, Fiamme verdi, onore e gloria, Ed Indomita, Gerenzano 1985
  • Ermes Gatti, Difendo le Fiamme Verdi, 2002
  • La Resistenza (tra cronaca e storia), editrice GAM (Rudiano Bs) col patrocinio dell editrice "Aperion".
  • Sandro Spreafico, L'orgoglio delle Fiamme Verdi, in Cristianesimo e intelligenza della storia, edizioni San Lorenzo, gennaio 2018, pp. 188-195.
  • Luigi Cavazzoli, Guerra e Resistenza. Mantova 1940-1945, Mantova, 1995, SBN IT\ICCU\LO1\0373892.
  • Bruno Bignami, Don Primo Mazzolari, parroco d'Italia, Bologna, 2014, ISBN 978-88-10-96574-0.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]