Volpetta (costellazione)

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Volpetta
Mappa della costellazione
Nome latinoVulpecula
GenitivoVulpeculae
AbbreviazioneVul
Coordinate
Ascensione retta20 h
Declinazione+25°
Area totale268 gradi quadrati
Dati osservativi
Visibilità dalla Terra
Latitudine min-55°
Latitudine max+90°
Transito al meridianosettembre
Stella principale
NomeAnser (α Vul)
Magnitudine app.4,44
Altre stelle
Magn. app. < 3Nessuna
Magn. app. < 625
Costellazioni confinanti
Da est, in senso orario:
Immagine della Volpetta

Coordinate: Carta celeste 20h 00m 00s, +25° 00′ 00″

La Volpetta (in latino Vulpecula, abbreviata in Vul) è una delle 88 costellazioni moderne. Si tratta di una debole costellazione settentrionale situata al centro del Triangolo Estivo, un asterismo formato dalle stelle Deneb, Vega e Altair.

Caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

L'ammasso detto Attaccapanni, un famoso asterismo nella costellazione della Volpetta.

La costellazione si estende nella regione in cui la Fenditura del Cigno termina a sud, incrociandosi con la Fenditura dell'Aquila; l'area di cielo in cui si trova è dunque fortemente oscurata dalla polvere interstellare, qui particolarmente densa.

Nel 1967 all'interno della costellazione della Volpetta è stata scoperta, da parte di Antony Hewish e Jocelyn Bell, da Cambridge, la prima pulsar conosciuta. Mentre stavano cercando la scintillazione dei segnali radio delle quasar, Hewish e la Bell individuarono un segnale molto regolare che consisteva di impulsi di radiazione al ritmo di uno ogni qualche secondo. L'origine terrestre dei segnali fu presto esclusa, perché essi riapparivano in sincronia con il tempo siderale, e non con quello civile. L'anomalia fu infine identificata come il segnale radio emesso da una stella di neutroni in rapida rotazione. I segnali arrivavano (e ancora arrivano) al ritmo di uno ogni 1,3373 secondi (le pulsar sono estremamente precise). Il nuovo oggetto fu chiamato inizialmente CP 19191 (che stava per "Cambridge Pulsar ad ascensione retta 19h 19m"), ed è oggi noto come PSR 1919+21 (che sta per "Pulsar ad ascensione retta 19h 19m e declinazione +21°").

Nel 1988, il satellite giapponese Ginga, osservò un'esplosione nella nova GS2000+25, sistema binario dove uno dei componenti del sistema è un probabile buco nero di massa dalle 5 alle 10 volte quella del Sole, mentre la controparte visibile è una stella di classe K.

La costellazione è famosa anche per il gran numero di stelle novae osservate.

Stelle principali[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Stelle principali della costellazione della Volpetta.

La costellazione non presenta stelle più brillanti della quarta magnitudine, infatti solo una stella riporta la lettera greca di Bayer; sono presenti poi alcune stelle di quinta magnitudine che fanno da sfondo nell'osservazione ad occhio nudo.

Stelle doppie[modifica | modifica wikitesto]

Le ridotte dimensioni della costellazione non favoriscono l'abbondanza di stelle doppie, ma grazie alla presenza della Via Lattea le stelle qua osservabili sono relativamente numerose; tuttavia molte delle stelle doppie sono piuttosto deboli.

  • Anser è una coppia molto semplice da ricolvere, perché piuttosto larga (separazione 413.7") e può essere apprezzata usando un binocolo; la sua compagna è abbastanza separata da avere un numero di Flamsteed, 8 Vulpeculae.
Principali stelle doppie[1][2]
Nome Magnitudine
Separazione
(in secondi d'arco)
Colore
A B
Anser 19h 28m 43s +24° 39′ 55″ 4,44 5,82 413,7 r + ar
16 Vulpeculae 20h 02m 02s +24° 56′ 16″ 5,9 6,2 0,8 b + b
HD 201671 21h 10m 32s +22° 27′ 17″ 7,0 8,0 18,0 b + b

Stelle variabili[modifica | modifica wikitesto]

Nella costellazione sono note poche stelle variabili, di cui molte sono fuori dalla portata di piccoli strumenti. La più luminosa e anche la più semplice da osservare come entità di variazione è la T Vulpeculae, che in quasi 4,5 giorni varia fra la quinta e la sesta magnitudine.

Principali stelle variabili[1][2][3]
Nome Magnitudine
Periodo
(giorni)
Tipo
Max. Min.
R Vulpeculae 21h 04m 23s +23° 49′ 18″ 7,0 14,3 136,73 Mireide
T Vulpeculae 20h 51m 28s +28° 15′ 02″ 5,41 6,09 4,4355 Cefeide
BW Vulpeculae 20h 54m 22s +28° 31′ 19″ 6,20 6,43 0,2010 Pulsante
SV Vulpeculae 19h 51m 31s +27° 27′ 37″ 6,62 7,79 45,028 Cefeide

Oggetti del profondo cielo[modifica | modifica wikitesto]

La Nebulosa Manubrio, una delle nebulose planetarie più brillanti del cielo.

La Volpetta è attraversata dalla Via Lattea e presenta alcuni oggetti di particolare interesse; primo fra tutti la Nebulosa Manubrio (M27), che è certamente uno degli oggetti del profondo cielo più osservati. Si tratta una grande nebulosa planetaria, che può essere osservata anche con un binocolo, dove appare come un disco debolmente luminoso con un diametro di circa 6 minuti d'arco (includendo il debole alone, il suo diametro apparente cresce fino a circa la metà di quello della Luna piena). Un telescopio rivela la sua forma a due lobi, simile a quella di una clessidra. M27 fu scoperta dall'astronomo francese Charles Messier nel 1764, e fu la prima nebulosa planetaria ad essere scoperta.

Verso sud è visibile un particolare oggetto, chiamato l'Attaccapanni o Appendiabito (in inglese, Coat Hanger), o pure Ammasso di Brocchi; si tratta di un asterismo, ossia di un gruppo di stelle non fisicamente legate fra loro. È visibile facilmente anche ad occhio nudo.

Fra gli altri oggetti minori spicca NGC 6885, un ammasso aperto composto da poche stelle ma ben osservabile con un semplice binocolo. Fra gli oggetti lontani più interessanti vi è la regione di Vulpecula OB1, un'associazione OB composta da una trentina di stelle giovani e calde con associate alcune nebulose. Un secondo ammasso aperto è visibile verso nordest ed è NGC 6940; è abbastanza luminoso ed esteso, ma le sue componenti sono relativamente deboli.

Principali oggetti non stellari[2][4][5]
Nome Tipo Magnitudine
Dimensioni apparenti
(in primi d'arco)
Nome proprio
Cr 399 19h 25m : +20° 11′ : Asterismo 3,6 60 L'Attaccapanni
M27 19h 59m 36s +22° 43′ 16″ Nebulosa planetaria 7,5 8,0 x 5,6 Nebulosa Manubrio
NGC 6885 20h 12m : +26° 29′ : Ammasso aperto 8,1 18
NGC 6940 20h 34m : +28° 17′ : Ammasso aperto 6,3 31

Sistemi planetari[modifica | modifica wikitesto]

I sistemi planetari noti nella Volpetta sono tutti composti da un solo pianeta confermato; nel caso di HD 188015 si sospetta l'esistenza di un secondo corpo di massa leggentente inferiore a quella di Giove, mentre il pianeta confermato, HD 188015 b, è grande una volta e mezzo Giove. HD 189733 possiede un pianeta gioviano caldo, mentre HD 190228 ha un pianeta grande oltre quattro volte Giove situato a 2 UA di distanza dalla stella madre.

Sistemi planetari[1]
Nome del sistema
Tipo di stella
Numero di pianeti
confermati
HD 188015 19h 52m 05s +28° 06′ 01″ 8,22 Subgigante gialla 1 (b)
HD 189733 20h 00m 44s +22° 42′ 39″ 7,68 Nana arancione 1 (b)
HD 190228 20h 03m 01s +28° 18′ 25″ 7,31 Subgigante gialla 1 (b)

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La Volpetta e l'Anatra tratte dall'Uranographia di Johann Elert Bode, 1801.

Questa costellazione fu definita nel tardo XVII secolo dall'astronomo polacco Johannes Hevelius. Era originariamente conosciuta come Volpecula cum Ansere (la volpetta e l'oca; l'oca veniva spesso rappresentata tra le fauci della volpe).

Successivamente le due figure vennero considerate due costellazioni indipendenti. La costellazione dell'Oca venne poi riassorbita dalla Volpetta e l'Unione Astronomica Internazionale non la riconosce più. Il nome dell'oca rimane ad indicare la stella alfa, Anser.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Result for various objects, su simbad.u-strasbg.fr, SIMBAD. URL consultato il 4 giugno 2009.
  2. ^ a b c Alan Hirshfeld, Roger W. Sinnott, Sky Catalogue 2000.0: Volume 2: Double Stars, Variable Stars and NonstellarObjects, Cambridge University Press, aprile 1985, ISBN 0-521-27721-3.
  3. ^ The International Variable Stars Index - AAVSO, su Results for various stars. URL consultato il 20 giugno 2009.
  4. ^ The NGC/IC Project Public Database, su Results for various objects. URL consultato il 20 giugno 2009 (archiviato dall'url originale il 28 maggio 2009).
  5. ^ NASA/IPAC Extragalactic Database, su Results for various stars. URL consultato il 20 ottobre 2006.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]