Fenice (costellazione)

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Fenice
Mappa della costellazione
Nome latinoPhoenix
GenitivoPhoenicis
AbbreviazionePhe
Coordinate
Ascensione retta0 h
Declinazione-49°
Area totale469,32 gradi quadrati
Dati osservativi
Visibilità dalla Terra
Latitudine min-90°
Latitudine max+32°
Transito al meridianonovembre
Stella principale
NomeAnkaa (α Phoenicis)
Magnitudine app.2,39
Altre stelle
Magn. app. < 31
Magn. app. < 638
Sciami meteorici
Phoenicidi
Costellazioni confinanti
Da est, in senso orario:

Coordinate: Carta celeste 00h 00m 00s, -49° 00′ 00″

La Fenice (in latino Phoenix) è una costellazione meridionale minore, introdotta dai navigatori danesi Pieter Dirkszoon Keyser e Frederick de Houtman, e ripresa da Johann Bayer nella sua opera Uranometria del 1603.

Osservazione[modifica | modifica wikitesto]

L'Uranometria di Bayer; la Fenice è rappresentata a sinistra.

La Fenice è una costellazione di medie dimensioni caratteristica dei cieli del sud; la sua stella più brillante, Ankaa, è di magnitudine 2,3 ed è dunque facilmente individuabile anche sotto cieli non completamente bui. Ankaa costituisce il vertice meridionale di un triangolo i cui restati due vertici sono Fomalhaut (nel Pesce Australe) e Deneb Kaitos (nella Balena). Il resto della costellazione si estende in particolare a sud e ad est di questa stella.

La Fenice si estende da -40° a -57° di declinazione, e da 23,5h a 2h di Ascensione Retta. Questo significa che è completamente invisibile per chi vive sopra il 50º parallelo dell'emisfero nord, e rimane comunque bassa nel cielo dell'autunno per chi vive a nord dei tropici. È invece facilmente visibile da luoghi come l'Australia e il Sudafrica, in cui è una figura caratteristica dei cieli primaverili e dell'inizio dell'estate australe.

La Fenice è associata con lo sciame meteorico minore delle Fenicidi di dicembre, che incontra la Terra il 5 dicembre.

Stelle principali[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Stelle principali della costellazione della Fenice.

Stelle doppie[modifica | modifica wikitesto]

la Fenice contiene alcune stelle doppie osservabili con un telescopio amatoriale.

  • β Phoenicis è un sistema multiplo costituito da una coppia stretta di astri di quarta e settima grandezza, separati da soli 6,6", più una stella di undicesima a quasi un primo d'arco; per la sua osservazione occorre un telescopio di medie dimensioni.
  • θ Phoenicis è formata da due stelle di sesta e settima grandezza, con una separazione molto ridotta, al punto che occorrono dei forti ingrandimenti per poterla risolvere.
Principali stelle doppie[1][2]
Nome Magnitudine
Separazione
(in secondi d'arco)
Colore
A B
θ Phoenicis 23h 39m 28s -46° 38′ 16″ 6,55 7,25 2,4 g + g
ξ Phoenicis 00h 41m 47s -56° 30′ 05″ 5,72 10,1 13,2 b + b
β Phoenicis AB 01h 06m 05s -46° 43′ 07″ 4,0 4,2 1,0 g + g
β Phoenicis AB-C 01h 06m 05s -46° 43′ 07″ 3,31 11,5 57,0 g + g
ζ Phoenicis AB-C 01h 08m 23s -55° 14′ 45″ 3,92 7,0 6,6 azz + g

Stelle variabili[modifica | modifica wikitesto]

Alcune delle stelle variabili della costellazione sono osservabili anche con piccoli strumenti, o in certi casi pure ad occhio nudo.

Fra le variabili a eclisse, la più brillante è la ζ Phoenicis, che è pure una delle variabili più brillanti della costellazione; le sue oscillazioni fra la terza e la quarta magnitudine sono apprezzabili nell'arco di meno di due giorni anche senza l'ausilio di strumenti, prendendo come riferimento la luminosità delle stelle vicine.

Le Mireidi sono in generale piuttosto deboli; la più brillante in fase di massima è la R Phoenicis, che arriva alla magnitudine 7,5.

Una variabile facile da osservare al binocolo è la SX Phoenicis, una variabile pulsante che oscilla fra la sesta e la settima grandezza in poche decine di minuti; durante una sessione osservativa è possibile apprezzare diversi cicli completi di pulsazione.

Principali stelle variabili[1][2][3]
Nome Magnitudine
Periodo
(giorni)
Tipo
Max. Min.
R Phoenicis 23h 56m 28s -49° 47′ 12″ 7,5 14,4 269,26 Mireide
S Phoenicis 23h 59m 05s -56° 34′ 32″ 7,2 9,0 141 Semiregolare pulsante
SX Phoenicis 23h 46m 33s -41° 34′ 55″ 6,76 7,53 0,0550 Pulsante
AE Phoenicis 01h 32m 33s -49° 31′ 41″ 7,56 8,25 0,3624 Eclisse
AF Phoenicis 00h 16m 08s -48° 33′ 21″ 7,57 7,82 - Irregolare
AK Phoenicis 01h 19m 34s -47° 17′ 32″ 7,40 7,64 - Irregolare
AY Phoenicis 23h 37m 50s -45° 34′ 08″ 7,76 8,04 - Irregolare
γ Phoenicis 01h 28m 22s -43° 19′ 04″ 3,39 3,49 - Irregolare
ζ Phoenicis 01h 08m 23s -55° 14′ 45″ 3,91 4,42 1,6698 Eclisse
ρ Phoenicis 00h 50m 41s -50° 59′ 13″ 5,17 5,27 0,110 Pulsante (δ Sct)
ψ Phoenicis 01h 53m 39s -46° 18′ 09″ 4,3 4,5 3,0 Semiregolare

Oggetti del profondo cielo[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Oggetti non stellari nella costellazione della Fenice.

Gli oggetti del profondo cielo contenuti nella Fenice sono tutti molto deboli per essere alla portata di piccoli strumenti amatoriali; essendo lontana dalla scia della Via Lattea, è possibile osservare solo oggetti extragalattici, fra i quali nessuno supera la magnitudine 11.

Principali oggetti non stellari[2][4][5]
Nome Tipo Magnitudine
Dimensioni apparenti
(in primi d'arco)
Nome proprio
NGC 7689 23h 33m 16s -54° 05′ 43″ Galassia 11,7 2,9 x 1,9
IC 5328 23h 33m 18s -45° 01′ 00″ Galassia 11,4 2,5 x 1,6
NGC 7796 23h 59m 00s -55° 27′ 31″ Galassia 11,5 2,2 x 1,9
NGC 625 01h 35m 05s -41° 26′ 11″ Galassia 11,4 5,8 x 1,9

Sistemi planetari[modifica | modifica wikitesto]

Nella Fenice sono noti alcuni sistemi planetari, in cui è noto, in tutti i casi, solo un pianeta. WASP 4 e WASP 5 sono due stelle simili al Sole che ospitano entrambe un pianeta gioviano caldo dalla massa di poco superiore a quella di Giove; altre stelle della costellazione ospitano un sistema con altri pianeti gioviani.

Sistemi planetari[1]
Nome del sistema
Tipo di stella
Numero di pianeti
confermati
HD 142 00h 06m 19s -49° 04′ 30″ 5,70 Subgigante gialla 1 (b)
HD 2039 00h 24m 20s -56° 39′ 00″ 9,01 Nana gialla 1 (b)
HD 5388 00h 55m 12s -47° 24′ 22″ 6,8 Nana bianco-gialla 1 (b)
HD 6434 01h 04m 40s +39° 29′ 18″ 7,72 Nana gialla 1 (b)
HD 8535 01h 23m 37s -41° 16′ 11″ 7,72 Nana gialla 1 (b)
WASP-18 01h 37m 25s -25° 40′ 40″ 9,30 Nana bianco-gialla 1 (b)
WASP-4 23h 34m 15s -42° 03′ 41″ 12,6 Nana gialla 1 (b)
WASP-5 23h 57m 24s -41° 16′ 38″ 12,26 Nana gialla 1 (b)

Ammassi di galassie[modifica | modifica wikitesto]

Nella costellazione è stato osservato anche il protoammasso di galassie SPT-CL J2349-5638, la cui luce ha percorso oltre 12 miliardi di anni luce per giungere sino alla terra. Questo ammasso si è formato approssimativamente quando l'Universo aveva circa un decimo dell'età attuale e pone nuovi interrogativi sui meccanismi di formazione degli ammassi di galassie che si riteneva potesse avvenire non prima di tre miliardi di anni dopo il Big Bang.[6][7][8].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Result for various objects, su simbad.u-strasbg.fr, SIMBAD. URL consultato il 4 giugno 2009.
  2. ^ a b c Alan Hirshfeld, Roger W. Sinnott, Sky Catalogue 2000.0: Volume 2: Double Stars, Variable Stars and NonstellarObjects, Cambridge University Press, aprile 1985, ISBN 0-521-27721-3.
  3. ^ The International Variable Stars Index - AAVSO, su Results for various stars. URL consultato il 20 giugno 2009.
  4. ^ The NGC/IC Project Public Database, su Results for various objects. URL consultato il 20 giugno 2009 (archiviato dall'url originale il 28 maggio 2009).
  5. ^ NASA/IPAC Extragalactic Database, su Results for various stars. URL consultato il 20 ottobre 2006.
  6. ^ (EN) T. B. Miller, S. C. Chapman e M. Aravena, A massive core for a cluster of galaxies at a redshift of 4.3, in Nature, vol. 556, n. 7702, 2018-04, pp. 469-472, DOI:10.1038/s41586-018-0025-2. URL consultato il 19 ottobre 2018.
  7. ^ I. Oteo, R. J. Ivison e L. Dunne, An Extreme Protocluster of Luminous Dusty Starbursts in the Early Universe, in The Astrophysical Journal, vol. 856, n. 1, 26 marzo 2018, p. 72, DOI:10.3847/1538-4357/aaa1f1. URL consultato il 19 ottobre 2018.
  8. ^ (EN) information@eso.org, Ancient Galaxy Megamergers - ALMA and APEX discover massive conglomerations of forming galaxies in early Universe, su eso.org. URL consultato il 19 ottobre 2018.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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