Atum

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Atum
Atum raffigurato in una copia del Libro del respirare. Museo del Louvre, Parigi. Reca in capo la doppia corona dell'Alto e Basso Egitto, in quanto strettamente connesso alla figura del faraone[1].

«Io sono Atum, il creatore dei primi dei.
Io sono Colui che diede alla luce Shu.
Io sono il grande Lui-Lei.
Io sono Colui Che fece ciò che Mi parve buono.
Io presi posto nello spazio del Mio volere: Mio è lo spazio di coloro che si muovono.»

Atum (anche Tem, Temu, Tum e Atem[3] ) è una divinità egizia appartenente alla religione dell'antico Egitto. Era il dio creatore nella teologia eliopolitana, generatosi da sé[4], nonché incarnazione del sole che tramonta (e perciò talvolta venerato come aspetto serale del dio-sole Ra)[5]. Era compreso nell'Enneade[6] e chiamato Toro dell'Enneade, in riferimento al toro Mnevis venerato a Eliopoli, a lui sacro[4]. Il suo culto era molto esteso.

Nome[modifica | modifica wikitesto]

Si ritiene che il suo nome derivi dalla parola tem, che significa completare, finire, portare a termine[7] ma che è anche la forma negativa del verso essere[7]; ciò si potrebbe riferire alla sua natura di dio creatore del mondo ma originatosi spontaneamente da un universo indistinto[7]. In quanto dio creatore, era visto come personificazione della sostanza stessa del mondo, delle cose fisiche così come delle divinità - o, in alternativa, il ka (spirito) di tutte queste cose[8].

Nella scrittura geroglifica, il suo nome ha numerose varianti grafiche:

t
tm
mA40
 
oppure
 
it
tm
mA40
 
oppure
 
it
tm
A40
 
oppure
 
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A40
 
oppure
 
M17tmA40
 
oppure
 
M17t
D38
A40

Origine[modifica | modifica wikitesto]

Rilievo raffigurante il faraone Ramesse IV (1155 a.C. - 1149 a.C.), a sinistra, in atto di venerare Atum, rivestito degli attributi regali. Tempio di Khonsu a Karnak

Atum era, sin dalle prime epoche della storia egizia, una delle divinità più adorate e più frequentemente menzionate, come suggerisce la sua preminenza nei Testi delle piramidi, risalenti alla V e VI dinastia (complessivamente: 2510 a.C. - 2192 a.C.[9]), ove compare sia come creatore che come padre del faraone[8]. Atum conservò sempre uno stretto legame teologico con la regalità, come attesta, per esempio, questa formula proveniente dal corpus dei Testi delle Piramidi[1]:

«O Atum-Ra, Tuo figlio giunge a Te, il re giunge a Te. Fa' sorgere questo re fino a Te, racchiudiLo nel Tuo abbraccio, poiché Egli è Tuo Figlio, (Figlio) del Tuo Corpo, per sempre.»

Storia e caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

Genealogia divina[modifica | modifica wikitesto]

Nel mito cosmogonico incentrato sull'enneade di Eliopoli, Atum era considerato il primo degli dei, essendosi creato da sé, seduto su una collinetta che emergeva dalle acque primordiali, espressione del caos, identificate con Nun[11]. Una versione leggermente differente vuole che abbia creato il dio Shu (l'aria) e la dea Tefnut (l'umido) tramite sputo o masturbazione[1][12]. D'accordo con quest'ultima credenza, la mano di Atum fu venerata come suo principio femminile[13] nella figura della dea Iusaas[14] da una apposita classe di sacerdotesse denominate Mano del Dio e simbolicamente sposate con Atum[1].

Ricostruzione di una rappresentazione Atum, a destra, e Ra-Horakhty, a sinistra, presente sulle pareti della tomba (KV11) di Ramesse III[15]

Altre interpretazioni stabilivano che Atum si fosse unito alla sua stessa ombra, generando sempre Shu e Tefnut[16]. A loro volta, Shu e Tefnut generarono Geb (la terra) e Nut (il cielo). Il mito racconta che questi ultimi se ne stavano sempre uniti e impedivano alla vita di germogliare, così Atum ordinò al loro padre, Shu, di dividerli. Con le mani Shu spinse Nut verso l'alto facendole formare la volta celeste e con i piedi calpestò Geb tenendolo sdraiato. In questo modo l'aria separò il cielo dalla terra. Geb e Nut, a loro volta, generarono quattro figli: Osiride, Iside, Nefti e Seth.


Dall'Antico al Nuovo Regno[modifica | modifica wikitesto]

Durante l'Antico Regno (ca. 2680 a.C. - 2180 a.C.[17]) gli egizi credevano che Atum sollevasse l'anima del faraone dalla sua piramide fino alle stelle. Era inoltre una divinità solare, accostata al dio principale, Ra. Atum era particolarmente identificato con il sole del tramonto, mentre Khepri incarnava il sole mattutino e Ra il sole sfolgorante di mezzogiorno[5][18].

Atum mentre tiene a bada il gigantesco serpente Apopi, incarnazione del caos e del male. Dipinto sulle pareti della tomba di Ramesse I (KV16), Valle dei Re[19]

Nel Libro dei morti, formatosi durante il Nuovo Regno (1550 a.C. - 1069 a.C.[20]) ed estremamente diffuso fino alla dominazione romana dell'Egitto, Atum è descritto sotto forma di serpente mentre ascende dalle acque del caos primordiale e si rinnova ogni mattina[21][22]. Inoltre, Atum era dio della preesistenza (l'esistenza dell'anima, dello spirito o della vita stessa prima della nascita o creazione[23]) e della vita dopo la morte. Nel viaggio dell'astro solare attraverso il cielo diurno e, credevano gli egizi, di notte attraverso l'oltretomba, Atum era contrapposto al giovane dio-scarabeo Khepri, dio del mattino, il cui nome deriva dal termine egizio hpr, che significa cominciare a esistere[24]. Atum-Khepri, invece, racchiudeva sia la simbologia mattutina che quella serale[25]. Secondo un'interpretazione leggermente differente, Khepri incarnava la rinascita quotidiana del sole, mentre Atum personificava il sole come fonte della creazione[6].

L'Inno a Ra nella tomba di Kheruef[modifica | modifica wikitesto]

Nella tomba (TT192) del funzionario Kheruef, "sovrintendente del palazzo" della regina Tiy, Grande sposa reale di Amenofi III (1386 a.C. - 1348 a.C.[26]), scavata nella necropoli tebana, si può leggere un lungo inno a Ra, nel quale i contorni del dio-sole si fondono con quelli di Atum:

«Salve, capo supremo (del tempo infinito), Atum, (grande dalla durata immutabile!). Ti sei unito alla terra della luce del cielo, sei apparso sul lato occidentale come Atum Che è nel rosso del tramonto; sei venuto con la tua potenza senza un antagonista, hai dominato il cielo come Ra; raggiungi i tuoi due cieli con giubilo, hai scacciato nubi e tempesta. Scendi dal ventre di Tua madre Nunet; Tuo padre Nun porge il saluto njnj

Iconografia[modifica | modifica wikitesto]

Atum era generalmente raffigurato come un uomo recante in capo l'usuale copricapo dei faraoni, il nemes, oppure la doppia corona dell'Alto e Basso Egitto, per rafforzare il legame tra questo dio e il sovrano. assiso sul trono o a volte in piedi, con la doppia corona simbolo dell'Alto Egitto e del Basso Egitto[1]. Talvolta era rappresentato sotto forma di serpente (forma che assume al termine della creazione) e, occasionalmente, di mangusta, leone, toro, lucertola o scimmia[28]. Rispetto all'enorme importanza che Atum aveva nel pantheon egizio, le sue rappresentazioni in pittura o scultura sono particolarmente scarse; alcune statue regali, anziché meri ritratti del faraone in questione, potrebbero essere immagini simboliche di Atum con le fattezze del sovrano raffigurato[1].

La statua J 837 di Tebe[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Horemheb al cospetto di Atum (J 837).

La più notevole raffigurazione pervenutaci di Atum è la Statua J837 del regno di Horemheb, rinvenuta nel 1989: Atum è qui rappresentato assiso in trono, con tutti gli attributi regali (all'infuori dell'ureo) e l'ankh in una mano, mentre il faraone Horemheb (1319 a.C. - 1292 a.C.; dibattuto[29]) gli presenta offerte, in ginocchio ai suoi piedi[30]. Su un lato del trono è raffigurata l'unione simbolica dell'Egitto (Sema-tauy), con una duplice immagine del dio del Nilo, Hapy, mentre intreccia il loto e il papiro, simboli dell'Alto e del Basso Egitto. Questa imponente scultura in diorite, alta quasi due metri, profonda più di un metro e mezzo e larga 83,5 centimetri[31], fu rinvenuta nel 1989 in un nascondiglio di statue al di sotto del tempio meridionale di Tebe ed è conservata al Luxor Museum of Ancient Egyptian Art[31].

Statua raffigurante il dio Atum adorato dal faraone Horemheb, in diorite. Luxor Museum of Ancient Egyptian Art

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f Egypt: Atum, Lord of the Two Lands, Lord of Heliopolis, su touregypt.net.
  2. ^ R. T. Rundle Clark, Myth and Symbol in Ancient Egypt, Thames & Hudson (1978). ISBN 0-500-27112-7. p.43.
  3. ^ Atum, su ancientegyptonline.co.uk.
  4. ^ a b Veronica Ions, Egyptian Mythology, Paul Hamlyn ed. (1973). p.40.
  5. ^ a b Wilkinson, Richard H. (2003). The Complete Gods and Goddesses of Ancient Egypt. Thames & Hudson. p. 205.
  6. ^ a b Rosalie David, Religion and Magic in Ancient Egypt, Penguin Books, 2002. ISBN 978-0-14-026252-0. p.91.
  7. ^ a b c Claude Traunecker, The Gods of Egypt, Cornell University Press, 2001. ISBN 978-0801438349. p.74.
  8. ^ a b Wilkinson (2003), pp. 99–101.
  9. ^ Franco Cimmino, Dizionario delle dinastie faraoniche, Milano, Bompiani, 2003 ISBN 88-452-5531-X. pp.468-9.
  10. ^ William H. Stiebing Jr., Ancient Near Eastern History and Culture, p.139.
  11. ^ Picture List. The British Museum (PDF), su saylor.org.
  12. ^ Françoise Dunand, Christiane Zivie-Coche, Dei e uomini nell'Egitto antico, Parte 3, L'erma di Bretschneider, 2003, ISBN 88-8265-225-4. p.71.
  13. ^ Wilkinson (2003), pp.18, 99.
  14. ^ Mario Tosi, Dizionario enciclopedico delle divinità dell'antico Egitto, vol.I, Ananke, Torino, 2004. ISBN 9788873250647. p.62.
  15. ^ Ra-Harakhty e Atum, su araldodeluca.photoshelter.com. URL consultato l'8 novembre 2016 (archiviato dall'url originale il 9 novembre 2016).
  16. ^ Shu, su egyptianmyths.net.
  17. ^ Malek, Jaromir. 2003. "The Old Kingdom (c. 2686–2160 BCE)". In The Oxford History of Ancient Egypt, ed. Ian Shaw. Oxford-New York: Oxford University Press. ISBN 978-0192804587, p.83.
  18. ^ Rosalie David, Religion and Magic in Ancient Egypt, Penguin Books, 2002. ISBN 978-0-14-026252-0. p.58.
  19. ^ Ramesses I: KV16, su osirisnet.net.
  20. ^ Shaw, Ian, ed. (2000). The Oxford History of Ancient Egypt. Oxford University Press. ISBN 0-19-815034-2. p.481.
  21. ^ Toorn, Karel van der; Becking, Bob; Horst, Pieter Willem van der (1999). Dictionary of Deities and Demons in the Bible. Wm. B. Eerdmans Publishing. ISBN 9780802824912. p.121.
  22. ^ Bernal, Martin. Black Athena: The linguistic evidence. Rutgers University Press. [ISBN 9780813536552. p.468.
  23. ^ preesistenza, su treccani.it.
  24. ^ Wilkinson (2003), pp.230-3.
  25. ^ Toorn, Karel van der; Becking, Bob; Horst, Pieter Willem van der (1999). Dictionary of Deities and Demons in the Bible. Wm. B. Eerdmans Publishing. ISBN 9780802824912. p.123.
  26. ^ Beckerath, Jürgen von, Chronologie des Pharaonischen Ägypten. Philipp von Zabern, Mainz, (1997) p.190.
  27. ^ Sigrid Hodel-Hoenes, Vita e morte nell'Antico Egitto. Le tombe private tebane nel Nuovo Regno, Società San Paolo, Roma (1997). ISBN 88-215-3291-7. p.151.
  28. ^ Wilkinson (2003), p.101.
  29. ^ Jacobus Van Dijk, New Evidence on the Length of the Reign of Horemheb, Journal of the American Research Centre in Egypt (JARCE) 44, 2008, p.195.
  30. ^ Horemheb facing Atum, su araldodeluca.photoshelter.com. URL consultato il 18 giugno 2017 (archiviato dall'url originale il 10 gennaio 2018).
  31. ^ a b cur. Regine Schulz & Matthias Seidel, Egitto: la terra dei faraoni, Gribaudo/Könemann (2004) p.434.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Myśliwiec, Karol, Studien zum Gott Atum, in I - Die heiligen Tiere des Atum, Gerstenberg, 1978, ISBN 3806780331.
  • Myśliwiec, Karol (1979). Studien zum Gott Atum. Band II, Name, Epitheta, Ikonographie. Gerstenberg. ISBN 3806780404.
  • Mario Tosi, Dizionario enciclopedico delle divinità dell'antico Egitto, vol.I, Ananke, ISBN 88-7325-064-5.
  • Edda Bresciani, Grande enciclopedia illustrata dell'antico Egitto, De Agostini, ISBN 88-418-2005-5.

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