Storia di Bologna

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Palazzo Re Enzo
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La nascita di Bologna tra mito e leggenda

Esistono varie leggende sulla nascita di Bologna, alcuni attribuiscono la sua fondazione all'umbro Ocno, messo in fuga dall'Umbria dall'etrusco Auleste, che fondò un villaggio dove ora sorge Bologna, e successivamente ancora scacciato dagli etruschi.

Un'altra storia parla di Felsino, discendente di un altro Ocno (ma etrusco, detto anche Bianore, lo stesso leggendario fondatore di Pianoro, Parma e Mantova, di cui parla anche Virgilio), che diede il nome alla città successivamente cambiato dal figlio Bono in Bononia.

Forse c'è qualcosa di vero in tutte queste leggende ma la più affascinante è sicuramente quella che narra del re etrusco Fero: proveniente da Ravenna e approdato nella pianura tra i torrenti Aposa e Ravone, Fero e gli uomini al seguito cominciarono a costruire capanne in quella terra sconosciuta ma fitta di vegetazione e in un'ottima posizione geografica.

Il villaggio si ampliò attorno a un torrente (l'Aposa che oggi scorre ancora nei sotterranei di Bologna) ed un giorno, per collegare le due sponde all'altezza dell'attuale via Farini nei pressi di Piazza Minghetti, Fero fece costruire un ponte, Ponte di Fero (talvolta erroneamente ricordato come ponte di ferro, situato probabilmente nell'odierna via Farini all'altezza di piazza Calderini). Un giorno però Aposa, amante di Fero, venne travolta da una piena del fiume mentre stava raggiungendo l'abitazione di Fero per vie nascoste e il suo corpo non fu più ritrovato. Da allora il torrente prese il nome della donna, Aposa.

Il villaggio crebbe e Fero decise di proteggerlo con una cinta muraria e, benché anziano, lavorò lui stesso alla costruzione. Durante il lavoro, in una caldissima giornata estiva la figlia di Fero porse al padre un recipiente d'acqua a patto che Fero desse il suo nome alla città. Fero acconsentì e mantenne la promessa; da quel momento la città prese il nome della figlia, Felsina.

I primi insediamenti

Villanoviani ed Etruschi

La zona di Bologna è stata abitata fin dal IX secolo a.C., come risulta dagli scavi effettuati a partire da metà Ottocento nella vicina Villanova, frazione di Castenaso, che insieme a Verucchio (nell'entroterra di Rimini) fu il primo centro abitato dell'attuale Emilia-Romagna.

In questo periodo, e fino al VI secolo a.C., l'insediamento appartiene alla fase indicata appunto come villanoviana ed è sparso in vari nuclei che per evidenti ragioni pratiche sono siti fra il fiume Idice e il fiume Reno: ambiente più protetto, lontano dalle montagne e clima temperato.

L'economia agricola e pastorale costruisce la prima organizzazione civile nella prima età del ferro (1000-750 a.C.).

Nel VII-VI secolo a.C. abbiamo testimonianze di un'apertura ai modelli artistici della vicina Etruria: anche la composizione etnica della popolazione cambia, passando dagli umbri agli Etruschi che la battezzarono Felsina (probabilmente derivato dal toponimo Velzna, che fu attribuito anche ad altre località dell'area etrusca, come Orvieto e Bolsena). Si può affermare che il passaggio non avvenne in forma violenta ma per graduale trasformazione e in questa età Bologna divenne un centro urbano organizzato che assunse un ruolo importante tra gli insediamenti della Pianura Padana. Felsina occupa una superficie leggermente più ristretta di quella dei villaggi villanoviani ma la città si dota comunque di un'area sacra, Villa Cassarini, attuale facoltà di Ingegneria. Nello stesso periodo nacque anche il villaggio di Marzabotto nell'alta valle del Reno.

Bononia colonia romana

Successivamente (V-IV secolo a.C.), con la discesa dei Galli nella penisola italica, gli Etruschi vengono progressivamente messi in minoranza. Il dominio gallico sulla zona durerà fino al 196 a.C., anno in cui i Galli Boi vengono scacciati dai Romani.

L'interesse di Roma per la Pianura Padana è databile a metà del III secolo a.C., la prima colonia fu quella di Rimini, Ariminum, 268 a.C.. Con la sconfitta dei cartaginesi nel 191 a.C., e quindi dei Galli boi loro alleati, la Val Padana venne romanizzata. I galli superstiti furono costretti ad abbandonare i loro terreni e nacquero le colonie latine di Bononia datata 189 a.C. e qualche anno dopo Modena e Parma.

Il nome Bononia venne assunto dai romani ma tratto da una parola celta che probabilmente significava città o luogo fortificato. Alla fondazione di queste colonie seguì una fitta rete stradale tra cui la via Emilia nata nel 187 a.C., voluta dal console Marco Emilio Lepido e Bononia divenne uno dei fulcri della rete viaria romana. Essa fu collegata anche ad Arezzo ed Aquileia tramite la via Flaminia minor (che probabilmente partiva da Claterna, l'odierna Ozzano Emila) e la via Emilia Altinate rispettivamente.

Il centro fu notevolmente ampliato e nell'anno 88 a.C., Bononia cambiò il suo stato giuridico, da colonia divenne municipio e i suoi cittadini acquisirono la cittadinanza romana.

Le guerre sociali e la crisi politica che smossero la metà del I secolo a.C. segnarono di fatto la fine della repubblica e diedero avvio, con la morte di Cesare, ad una serie di fatti di guerra, alcuni dei quali si svolsero nella città di Bononia. In un'isoletta del fiume Reno nacque nel 43 a.C. il secondo triumvirato formato da Antonio, Lepido ed Ottaviano che promise grosse ricompense ai veterani. Bononia ne dovette accogliere un buon numero ed a costoro vennero assegnati terreni abbandonati in seguito alle guerre sociali.

In età augustea Bononia arricchì l'arredo urbano con oltre 10 kilometri di pavimentazioni stradali stabili. In quel periodo si costruirono anche le fognature e i canali ma l'opera più eclatante fu l'acquedotto che convogliava le migliori acque dal torrente Setta nei pressi di Sasso Marconi e la portava, come avviene tutt'ora, alle porte della città passando per Casalecchio di Reno con una galleria di oltre 22 chilometri.

L'acqua veniva poi distribuita in città grazie ad una fitta rete di tubi di piombo siti sotto i pavimenti stradali. L'opera impiegò più di 6000 uomini e 12 anni di lavori. Sempre in quel periodo si rinnovarono gli edifici pubblici con largo uso di marmi e quelli privati in cui si diffuse l'uso del mosaico; entrarono in funzione le terme, un teatro, l'arena e sorsero le prime fabbriche di tessuti. Bononia era costruita in mattoni, gesso e soprattutto legno e proprio a causa di cìò risultò gravemente danneggiata da un incendio nel 53 DC ma fu subito ricostruita grazie all'interessamento dell'imperatore Nerone. Da allora per tre secoli la vita della città non registrò fatti di particolare rilievo.

Dopo la morte di Alessandro Severo nel 235 DC iniziò un decadimento irreversibile causato dalle crisi economiche e politiche ed è in questo contesto vanno segnalate le prime persecuzioni ai cristiani come quella di Diocleziano nel 304 DC. Nonostante ciò, nel 313 - al momento dell'Editto di Costantino - venne eletto il primo vescovo, San Zama.

La decadenza dell'Impero romano d'occidente

Torresotto di via Castiglione, resto della seconda cerchia di mura

Alla fine del III secolo i barbari dilagarono tra tutte le città attraversate dalla via Emilia che furono terreno di conquista e i bolognesi decisero di chiudersi entro una cerchia muraria che però non racchiudevano tutta l'area urbana ma escludevano i quartieri più poveri al nord. Si pensa che queste furono fatte costruire dal vescovo di Milano, Ambrogio, che fece porre 4 croci davanti a 4 delle 6 porte della città stessa: Porta Ravegnana (verso levante), Porta San Procolo (verso mezzogiorno), Porta Stiera (verso Ponente), Porta San Cassiano poi di San Pietro (verso settentrione). Le croci vennero trasferite nella Basilica di San Petronio solo nel 1780.

Nel 430 DC la Chiesa di Bononia, fino a quel momento alle dipendenze della Chiesa di Milano, passò sotto la giurisdizione della Chiesa di Ravenna. Nello stesso anno, alla morte di Felice venne nominato vescovo Petronio, quinto vescovo di Bologna, direttamente dal Papa Celestino I e molto più tardi fu assunto come patrono della città.

Petronio, nato a Costantinopoli da famiglia patrizia, diede organizzazione alla Chiesa bolognese e alla società civile ed ottenne l'editto che allargava la giurisdizione di Bologna dal fiume Panaro al fiume Senio e il decreto che garantiva alla città il privilegio dello studio del diritto romano. Inoltre mise in opera la costruzione della Santa Gerusalemme vicino alle tombe venerate dei santi Vitale ed Agricola e sorse così il gruppo delle chiese dette del primo martire e cioè il complesso di Santo Stefano. Petronio morì nel 451.

Di li a poco scesero dal nord gli unni di Attila e successivamente Odoacre, capo degli Eruli, che era diretto a Ravenna, allora capitale dell'impero, a deporre l'ultimo imperatore romano, Romolo Augusto. Era l'anno 476 in cui si concluse la lunga agonia dell'Impero Romano d'Occidente.

Dal Medioevo al Rinascimento

Il dominio Longobardo e l'annessione al Regno d'Italia

Casa isolani

Bologna subì, dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente, una serie di violenze prima da Odoacre poi dagli ostrogoti di Teodorico, infine dagli eserciti imperiali. Gran parte delle antiche aree urbane all'esterno delle mura divennero un immenso campo di rovine.

Bologna e tutte le città Emiliano-Romagnole (a parte forse Ravenna) subirono per secoli questo periodo di anarchia. Nel 727 Liutprando, re dei Longobardi, approfittando del collasso del sistema bizantino, infranse il trattato di pace e puntò verso Ravenna travolgendo e occupando Bologna. Non lo fece per ragioni politiche, si ritirò al di qua del fiume Santerno, lasciando Ravenna alle dipendenze dell'Impero Romano d'Oriente, mentre Bologna restò sotto il dominio longobardo. Essi non occuparono la città murata ma si stabilirono all'esterno dove già erano presenti nuclei germanici nel luogo in cui sorgeva la vecchia chiesa dedicata al culto di Santo Stefano. Il tramite tra le due civiltà, interna romana ed esterna germanico-longobarda, di fatto fu Porta Ravegnana.

Bologna rimase longobarda fino all'anno 774, in cui Carlo Magno la restituì a papa Adriano I, ovvero alla Santa Sede insieme all'Esarcato di Ravenna. Dopo la scomparsa della dinastia carolingia, verso la fine del IX secolo, Bologna fu unita al Regno d'Italia, ufficialmente nell'898.

Altro fatto che modificò la vita della città, ridotta ad un'economia di pura sopravvivenza, fu il monachesimo ed il risveglio del fervore religioso. È di quel periodo il trasferimento della sede vescovile nella Cattedrale di San Pietro e lo sviluppo dei monasteri di Ronzano, San Vittore e Santa Maria in Monte (oggi Villa Aldini).

Il comune e l'Università

Le torri Artenisi e Ricadonna, abbattute nel 1917-18

Tra la fine del X secolo e l'inizio dell'XI secolo Bologna si ripopola e si nota anche un grande fervore civile: grande affluenza ebbero le lotte per le investiture: da queste Bologna ne uscì notevolmente trasformata e sorsero al di fuori delle mura numerose nuove costruzioni, nuovi quartieri e di conseguenza nuove mura e nuove porte. L'imperatore Enrico IV riconobbe ai bolognesi il diritto ad alcune esenzioni e privilegi nel 1110 su richiesta di una commissione di 10 persone.

Proprio da questo gruppo di rappresentanti della cittadinanza pare abbia preso forma quell'organismo che verrà chiamato Comune (databile 1123 anche se i consoli sono menzionati già dal 970) e che all'inizio era composto da elementi aristocratici, in particolare giuristi. Questi ultimi, allo stesso tempo, avevano dato origine ad un nuovo polo di aggregazione, lo Studio o Università, Alma mater studiorum, datata in seguito 1088, che costituirà nei secoli la maggior gloria della città e il più efficiente veicolo della sua fama in ambito europeo, da cui l'appellativo Bologna, la Dotta.

Lo studio era guidato da grandi maestri, tra cui emerse Pepone, autonomi rispetto alle autorità locali. Il fondatore dell'Alma Mater Studiorum è considerato universalmente Irnerio, morto nel 1125. L'accorrere di studenti italiani e stranieri accompagnarono il risveglio economico ed una crescita politica e culturale. Alla morte di Matilde di Canossa, nel 1115, Bologna ottenne l'anno successivo una serie di concessioni giurisdizionali ed economiche dall'imperatore Enrico V.

Le lotte contro l'autorità imperiale

Re Enzo viene scortato dalle truppe bolognesi all'interno delle mura cittadine

Il comune partecipò alla lotta contro il Barbarossa disceso in Italia per restaurare l'autorità imperiale. Dopo un periodo di buoni rapporti in cui l'imperatore concesse privilegi agli studenti con l'Editto di Roncaglia, l'insofferenza dei cittadini determinò una serie di urti insanabili che costrinsero il Comune di Bologna a un atto di sottomissione: pagò un'ammenda spianando mura e fossati per evitare una probabile punizione più severa. Non appena il Barbarossa tornò in Germania, però, i bolognesi insorsero uccidendo il podestà imperiale Bezo e aderirono alla Lega Lombarda che nel 1176 inflisse all'imperatore la sconfitta di Legnano.

Successivamente, in seguito al trattato di Costanza del 1183, Bologna ottenne una serie di privilegi tra cui quello di poter coniare moneta. Il Comune iniziò un processo democratico che accentuò la pressione di nuovi ceti emergenti ai danni della vecchia classe aristocratica di origine feudale. Questo processo portò ad esempio ad uno dei primi atti nella storia di abolizione della schiavitù (Liber Paradisus, 1256). Bologna fu la città che si avvantaggiò maggiormente dalle lotte tra i comuni e tese ad espandersi verso Modena, la Romagna e verso Pistoia con la conseguenza di accendere rivalità secolari.

Conobbe una forte espansione, anche edilizia, fu il periodo delle case-torri (la torre Degli Asinelli fu iniziata nel 1109). Diventò uno dei principali centri di scambio commerciale grazie a canali che permettevano il transito di grandi quantità di merci. Basti considerare che alla fine del XIII secolo, con i suoi 60.000 abitanti era la quinta città europea per popolazione (dopo Cordova, Parigi, Venezia e Firenze), al pari con Milano ed era il maggior centro industriale tessile d'Italia. Il complesso sistema di approvvigionamento idrico di cui era dotata la città, mediante una sviluppata rete di canali tra le più avanzate in Europa, si riforniva d'acqua dai torrenti Savena e Aposa e dal fiume Reno (come il Canale Navile ed il Canale di Savena). Questa energia idraulica serviva ad alimentare numerosi mulini per la fiorente industria tessile serica e per il trasporto di merci. Dei canali di Bologna (oggi quasi tutti interrati) rimangono oggi tracce nella toponomastica.

I ceti più produttivi impressero alla politica una svolta decisamente antiaristocratica, e il comune, rafforzato, si riaccese contro l'Imperatore Federico II. Aderì alla seconda Lega Lombarda e il 25 maggio 1249 a Fossalta, (battaglia di Fossalta), i bolognesi sconfissero le forze imperiali catturando Enzo, re di Sardegna e figlio dell'imperatore. Fu tenuto prigioniero fino alla morte nel 1272.

Guelfi e ghibellini

Nel XIII secolo ci fu un periodo di intenso sviluppo demografico, di cui sono testimonianza due successive cerchie murarie: la prima dotata di ben diciassette porte, detta dei torresotti e la seconda detta cresta, realizzata nei primi decenni del Duecento, segnata ancora dagli odierni viali di circonvallazione, fecero di Bologna una delle più grandi città d'Europa del tempo. Il centro si rinnovò col sorgere dei palazzi comunali attorno alla Piazza Maggiore e con la costruzione della torre dell'Arengo in cui si trovava la campana che serviva a radunare le assemblee popolari. Vennero inoltre costruite le grandi chiese di San Francesco e San Domenico.

Bologna impose dure condizioni a Modena e obbligò altre città della Romagna a riconoscere la propria supremazia. La spinta però si esaurì presto perché fu coinvolta nelle lotte tra guelfi e ghibellini, ovvero delle rivalità sorte fra le due fazioni Lambertazzi (ghibellini) e Geremei (guelfi). Questi ultimi prevalsero nel governo comunale ma le lotte ebbero alterne fortune: a parte la cattura di re Enzo figlio dell'Imperatore nel 1275, ci fu un tentativo, fallito, della guelfa Bologna di attaccare la ghibellina Forlì e le truppe ghibelline di Guido da Montefeltro, di Maghinardo Pagani e di Teodorico degli Ordelaffi, misero in fuga i bolognesi presso il fiume Senio, al ponte di San Procolo. La rotta fu tanto grave che il carroccio dei bolognesi venne portato in trionfo a Forlì.

Il governo guelfo prestò giuramento e fedeltà al Papa Niccolò III, che da quel momento divenne sovrano di Bologna ma nel Trecento le continue lotte tra guelfi e ghibellini determinarono un calo della popolazione e una serie di rivolte contro lo Stato Pontificio posero anche per Bologna, nella seconda metà del secolo, le condizioni per una ripresa politica del governo comunale: nel 1337 ha inizio la signoria dei Pepoli, definita da alcuni studiosi una cripto-signoria perché la famiglia cerca di governare ponendosi come primi tra pari piuttosto che come veri e propri signori della città. La signoria presenta forti elementi di continuità col passato, e resisterà fino al 28 marzo 1401.

La borghesia riuscì ad estromettere i capi delle grandi famiglie aristocratiche al potere e affidò a Giovanni da Legnano la carica di rappresentante pontificio in città. L'instaurazione del regime che fu detto del popolo e delle arti portò buoni effetti per Bologna e sorsero in quel tempo il Palazzo della Mercanzia e quello dei Notai.

Nel 1390 si diede inizio alla costruzione della Basilica di San Petronio.

I Bentivoglio

Nel 1401 emerse la famiglia destinata a dominare la vita politica di Bologna per tutto il XV secolo, i Bentivoglio. Bologna era soggetta alla sovranità papale ma nello stesso tempo il possesso della città era un obbiettivo primario della famiglia Visconti di Milano; quando si instaurò un equilibro tra i vari stati italiani, si crearono le condizioni per favorire l'affermazione stabile e duratura dei Bentivoglio. Nel 1461, quando l'eredità politica della famiglia passò al giovanissimo Giovanni II Bentivoglio, essi riuscirono a creare di fatto una signoria semi-indipendente sulla città anche se il sovrano di diritto era sempre il Papa.

La signoria di Giovanni II durò 46 anni che furono anni di generale equilibrio tra gli stati italiani e stabilì buone relazioni con gli Sforza di Milano che erano subentrati ai Visconti. La città, ancora legata ad una tradizione gotica si aprì al Rinascimento non solo nell'arte ma anche sotto ogni altro aspetto culturale e sociale. Vennero aperte, in quel periodo, piazza Calderini, le Volte dei Pollaioli, gli slarghi antistanti San Salvatore e San Martino. Inoltre vennero restaurati e abbelliti il Palazzo del Podestà, il Palazzo Pubblico (oggi sede della Biblioteca Sala Borsa) e il carrobbio di Porta Ravegnana e venne costruita la residenza di Sante Bentivoglio a partire dal 1460. La sua devastazione nel 1507 lasciò, nei pressi dell'attuale via Zamboni, un cumulo di macerie che venne denominato il guasto dei Bentivoglio (Giardini del Guasto nei pressi del Teatro Comunale).

L'annessione allo Stato pontificio e il Rinascimento

All'inizio del XVI secolo, quando un accordo stipulato dal Papa Giulio II con Luigi XII re di Francia provocò l'allontanamento dalla città e il successivo esilio di Giovanni II Bentivoglio, si aprì per Bologna una lunga fase di stasi politica in cui la Chiesa rimase per tre secoli padrona incontrastata della città reggendo un sistema congiunto di monarchia e di oligarchia aristocratica con un senato di 40 membri.

Gli unici avvenimenti di portata storica rilevante di quel tempo accaddero il 24 febbraio 1530 nella Basilica di San Petronio dove Carlo V venne incoronato imperatore per mano del papa Clemente VII e nell 1547 in cui ci fu la traslazione a Bologna del Concilio di Trento per la durata di qualche mese. Internamente invece si videro ripetuti scontri tra Senato e potere papale e nel 1585 Papa Sisto V fece giustiziare il senatore Giovanni Pepoli dando una lezione alla riottosa nobiltà bolognese e allargando il senato a cinquanta membri.

L'Università mantenne la sua fama per tutto il Cinquecento, legata alla presenza di illustri professori di legge, medicina, filosofia, matematica e scienze naturali; nel 1563 fu costruito l'Archiginnasio come sede unica dell'insegnamento Universitario.

Sempre sul piano culturale si ricorda l'istituzione dell'Accademia Filarmonica (1666). Nel 1564 si inaugurò la piazza del Nettuno e fra il 1565 e il 1568 il Vignola sistemò il lato orientale di piazza Maggiore con la facciata del Palazzo dei Banchi.

Le cinquanta famiglie senatorie elevarono, a loro volta, il loro palazzi che costituivano immagine visibile del rango della potenza del casato. Fra i lavori pubblici vanno ricordati l'apertura dell'attuale piazza Galvani (1563), il nuovo porto sul canale Navile (1581) e l'apertura di via Urbana (1630).

L'andamento demografico crescente dalle 50000 alle 72000 unità in un secolo, attesta un andamento soddisfacente delle tradizionali industrie bolognesi. Ma verso la fine del XVI secolo queste ultime cominciarono ad entrare in crisi per la concorrenza estera e nel 1595 Bologna si ridusse a meno di 60000 abitanti. La ripresa economica successiva venne stroncata da calamità naturali ed epidemie che ridussero la popolazione a 46000 abitanti nel 1630.

La città si trasformò lentamente mentre lo Studio cominciò il suo declino che però non toccò il campo dell'arte, in cui Bologna raggiunse una posizione di rilievo assoluto nella pittura coi Carracci, Guido Reni, il Guercino e le loro fiorenti scuole. Nacque anche una scuola di architetti e pittori scenografi che acquistò, col Ferdinando Bibiena ed il figlio Antonio, una fama di livello europeo.

Illuminismo ed età napoleonica

Dopo la metà del XVII secolo ci fu un rinnovato interesse per le scienze fisiche e l'influenza del razionalismo matematico e filosofico. Il glorioso Studio era tagliato fuori dai più moderni indirizzi scientifici e verso la fine del secolo, il Conte Luigi Ferdinando Marsigli, convinto che l'istituzione universitaria non risultava riformabile, fondò, contro la volontà del Senato ma con l'appoggio del cardinale Casoni e del papa Clemente XI, l'Istituto delle Scienze.

Un uomo di grande cultura, il bolognese Lambertini (poi papa Benedetto XIV) rilanciò gli studi di storia ed erudizione, favorì l'Istituto di Scienze con doni di materiale scientifico della propria biblioteca e incoraggiò arte e scienza in diversi modi.

La scossa culturale lambertiniana aggiunse alla cattedra di matematica superiore quelle di meccanica, fisica, algebra, ottica, chimica e idrometria.

In seguito la maggior diffusione delle idee illuministiche contagiò anche la corte papale. L'azione del papa Pio VI ebbe effetto per Bologna quando nel 1780 il cardinale Boncompagni pubblicò una serie di riforme economiche rivolte al riequilibrio della finanza pubblica. Purtroppo però nel 1785 Boncompagni lasciò la legazione di Bologna e le riforme si arenarono quando nel 1796 la città venne occupata dai francesi. Il 19 giugno Napoleone giunse a Bologna e dichiarò decaduto il governo pontificio restituendo a Bologna la sostanza del suo antico governo.

I poteri venivano così provvisoriamente concentrati al Senato che però avrebbe dovuto giurare fedeltà alla Repubblica Cisalpina. Con questa mossa politica, Napoleone si guadagnò la benevolenza dell'aristocrazia bolognese e Bologna si orientò nella direzione (opposta a quella romana) del rinnovamento sociale e culturale dell'Europa laica e borghese.

Dopo l'Ottocento

La prima metà del XIX secolo

La notissima Piazza Maggiore

La politica napoleonica fece prevedere un clima di aspettative nei confronti delle nuove trasformazioni della società, e per questo venne innalzato in Piazza Maggiore l'albero delle libertà mentre un gruppo di illustri giuristi bolognesi iniziava a preparare il testo di una nuova costituzione che venne approvata definitivamente il 4 novembre 1796, la prima costituzione democratica di quella che sarà l'Italia.

Negli anni seguenti, in seguito al provvedimento che prevedeva la soppressione degli ordini religiosi e la confisca dei loro beni, i settanta conventi presenti furono trasformati in uffici, scuole, caserme o venduti a privati.

Tra le trasformazioni importanti vi fu quella del convento dei monaci Certosini destinato a diventare il cimitero di Bologna (il Cimitero Monumentale della Certosa di Bologna) e l'acquisto di Antonio Aldini del convento dei frati dell'Osservanza, sull'omonimo colle di Bologna, il quale costruì una villa radendo al suo il complesso e lasciando solo la Rotonda della Madonna del Monte inglobata nella sala da pranzo. Nello stesso periodo l'architetto Giovan Battista Martinetti diede al Parco della Montagnola l'attuale sistemazione a piccola collina di macerie dell'ultima mura di Galliera.

Vennero inoltre fondati il Liceo musicale, l'Accademia delle Belle Arti, il Teatro del Corso e il Teatro Contavalli (oggi entrambi scomparsi, il primo a causa degli eventi bellici, il secondo per incuria), l'Arena del Sole e fu terminato il portico che porta al Santuario della Madonna di San Luca.

Sfortunatamente la Restaurazione influenzò negativamente l'attività intellettuale e alimentando solo le azioni cospirative delle sette, in particolare quella del gruppo carbonaro dei Guelfi. Essi sostenevano già l'idea di un'Italia unita ma fu solo con i moti risorgimentali spontanei di ribellione del 1831 (che dilagò in tutte le Province unite italiane di cui Bologna era capitale) e soprattutto dell'8 agosto 1848 contro gli austriaci, che ottennero una vasta adesione della cittadinanza.

Quest'ultima battaglia sembra che fu scatenata da un incidente (in una trattoria un ufficiale austriaco era stato malmenato) e Welden ne profittò per ordinare l'ingresso in città. Alla rivolta parteciparono moltissimi popolani, fra cui i facchini di via del Borgo di San Pietro, e cittadini armati in maniera approssimativa; questa ebbe come centro la Montagnola e la piazza antistante, che verrà poi chiamata Piazza VIII Agosto. Gli austriaci persero oltre quattrocento uomini ed i bolognesi una sessantina [senza fonte]. Questo valse a Bologna la Medaglia alle Città Benemerite del Risorgimento Nazionale.

Nella vita politica prevalsero comunque le correnti moderate e quando la proclamazione della Repubblica Romana dichiarò decaduto il potere temporale della Chiesa la cittadinanza partecipò marginalmente dimostrando di non voler sollevare un atteggiamento ribelle contro di essa.

Bologna sarà restituita definitivamente alla Santa Sede nell'estate 1849 e il primo legato pontificio fu il Cardinale Gaetano Bedini che resterà in quest'incarico fino al 1852. In questo periodo avvenne il tragico episodio del sacerdote barnabita Ugo Bassi. Catturato a Comacchio, insieme all'amico Giovanni Livraghi, e trasferito a Bologna la sera del 7 agosto venne fucilato con grande fretta l'8 agosto 1849 dagli austriaci.

Molti patrioti rimproverarono al Bedini e a Pio IX che non avessero voluto fare qualcosa per salvarlo, anche se è ormai storicamente accertato che data la rapidità con la quale gli austriaci catturarono e fucilarono Bassi, questo avvenne all'insaputa del Cardinal Bedini e di Pio IX.

Anni dopo, infatti, il ministro del regno di Sardegna Marco Minghetti scrisse al conte Giuseppe Pasolini dall'onda che a nulla sarebbe valso l'intervento del Bedini presso il generale Gorzkowski poiché il legato pontificio contava "come uno stivale". Il Bedini infatti si stancò presto dell'invadenza austriaca e, all'inizio timidamente e poi con maggior foga, manifestò la sua disapprovazione per l'operato delle forze d'occupazione, preferendo però la Santa Sede sollevarlo dall'incarico nel 1852.

L'unità d'Italia e l'ampliamento della città

Raggiunta l'unificazione dell'Italia con l'azione rivoluzionaria del 1859 in cui prevalsero alla fine i moderati che inserirono Bologna nella monarchia costituzionale del regno di Sardegna e con il referendum del 1860 si aprì un nuovo processo politico ed economico. Nel 1861 fu terminata la Bologna-Ancona e nel 1864 il collegamento con Pistoia. La città divenne un importantissimo nodo ferroviario italiano e di conseguenza un notevole centro di importazioni ed esportazioni commerciali.

Nel tessuto urbanistico, si realizzò via Indipendenza, completata nel 1890, furono avviate le opere delle attuali via Farini e via Garibaldi. Venne iniziata la sistemazione dei Giardini Margherita, fu costruita l'attuale sede del Teatro Duse, della Banca d'Italia e completata quella della Cassa di Risparmio.

Nel 1881 il comune redasse il piano di ampliamento della città che condizionò lo sviluppo di Bologna fin dopo la seconda guerra mondiale. L'ampliamento mutò notevolmente l'immagine della città e l'estensione oltre la cinta muraria contemplava l'abbattimento della stessa. Solo il protrarsi dei lavori fino al 1920 permisero di salvare quasi tutte le porte, fatta eccezione per Porta Sant'Isaia e Porta San Mamolo che purtroppo furono demolite. Alfonso Rubbiani e Giosuè Carducci contribuirono a salvare l'attuale immagine del centro storico e le antiche porte della città.

Successivamente vennero restaurati il Palazzo del Comune, Palazzo Re Enzo, Palazzo dei Notai e Palazzo del Podestà oltre alla chiesa di Santa Maria dei Servi e alla Basilica di San Francesco. La serie di interventi che Alfonso Rubbiani ed altri eseguirono nel tentativo del recupero delle originali caratteristiche medievali avvennero però, nella maggior parte dei casi, su base documentaria o addirittura sulla libera invenzione.

I tumulti popolari di fine Ottocento

Fin dai primi anni dall'unità d'Italia, la classe dirigente dovette affrontare il problema dell'emancipazione delle classi popolari e il malcontento operaio, indirizzate dai mazziniani ed escluse fino ad allora dalla rappresentanza politica. Sull'onda dei primi scioperi e dei tumulti che scoppiarono nelle primavera del 1870 contro il carovita e che ebbero come epicentro la Romagna, venne elaborato un piano di rivoluzione sociale: la cospirazione contadina e operaia prevedeva l'occupazione di Bologna con tremila rivoluzionari romagnoli, che si dovevano unire ai bolognesi in due punti esterni alla città.

La polizia, avvertita da una spiata, il 2 agosto arrestò Andrea Costa, organizzatore del moto, allievo dell'agitatore russo Michele Bakunin. L'insurrezione continuò lo stesso nella notte fra il 7 e l'8 agosto in cui gli anarchici bolognesi si raccolsero ai Prati di Caprara per attendere i compagni romagnoli ma l'attesa fu vana perché questi ultimi furono sorpresi e dispersi lungo la strada da Imola a Bologna dai carabinieri.

Gli anarchici furono processati il 15 marzo 1876 ma il processo terminò il 16 giugno con l'assoluzione (o con miti sentenze) di tutti gli imputati grazie alle testimonianze di Giosuè Carducci e Aurelio Saffi.

Età giolittiana ed era fascista

Verso la fine del secolo i cattolici cominciarono la collaborazione coi liberali nella gestione della cosa pubblica che continuò per tutta l'età giolittiana. Il 28 giugno 1914 i socialisti vinsero le elezioni amministrative ed il 15 luglio entrò a Palazzo d'Accursio la prima amministrazione socialista, il sindaco fu Franceso Zanardi.

L'amministrazione Zanardi si distinse nell'opera di difesa dei ceti popolari negli anni della prima guerra mondiale con una politica atta a calmierare i prezzi dei prodotti alimentari, soprattutto del pane. Zanardi fu definito per questo il sindaco del pane.

A Bologna nel 1919 si contavano 40000 disoccupati a causa del conflitto. I fascisti di Leandro Arpinati ne approfittarono per fare la loro prima comparsa in squadre armate il 29 settembre 1920. Al termine della manifestazione per l'anniversario dell'unità d'Italia aggredirono un gruppo di socialisti e ne ferirono uno a morte. Si instaurò un clima di forte tensione che culminò nei tragici fatti di Palazzo d'Accursio del 21 novembre 1920: mentre i cittadini festeggiavano il nuovo sindaco, il comunista Enio Gnudi, i fascisti entrarono nella piazza.

Vennero sparati alcuni colpi di arma da fuoco e la folla si ritrovò fra fascisti e carabinieri che sparavano contro Palazzo d'Accursio e i socialisti che rispondevano al fuoco. Una bomba fece una strage nel cortile del municipio, in tutto ci furono 10 morti e 58 feriti e il tragico avvenimento ebbe risonanza a livello nazionale. Il 3 aprile 1923 alcuni militanti comunisti furono condannati dal governo fascista ma riuscirono a fuggire in Russia.

La repressione del regime ebbe un inasprimento dopo la visita ufficiale di Benito Mussolini in cui fu attentato alla sua vita: il 31 ottobre 1926 il duce pronunciava all'Archiginnasio il discorso di apertura del Congresso scientifico e al ritorno, mentre l'auto svoltava in via dell'Indipendenza all'altezza di Canton de' Fiori, partirono alcuni colpi di pistola che sfiorarono Mussolini lasciandolo però illeso. Un gruppo di fascisti si avventò sul sedicenne Anteo Zamboni massacrandolo a colpi di pugnale. In seguito a questo attentato finì in Italia la libertà di stampa e vennero sciolti i partiti antifascisti.

Nel ventennio fascista avvennero cambiamenti nel tessuto sociale ed urbanistico: il Littoriale (oggi Stadio "Renato Dall'Ara" di Bologna), l'ampliamento del policlinico Sant'Orsola, gli Istituti Universitari di via Belmeloro ed Irnerio, la Facoltà di Ingegneria, il Liceo Scientifico A.Righi, la sistemazione dell'attuale via Marconi, il villaggio della Rivoluzione Fascista, attuale via Bandiera. Nuove vie di comunicazione vennero aperte e si raggiunsero i 300000 abitanti.

La seconda guerra mondiale e il dopoguerra

Ancora oggi sono visibili su alcuni muri indicazioni per i rifugi antiaerei

Durante la seconda guerra mondiale si fecero sentire gli effetti del conflitto: il 16 luglio 1943 cominciarono ripetuti bombardamenti aerei ai quali si aggiunsero, dall'autunno 1944 alla primavera del 1945 cannoneggiamenti che causarono distruzione ed oltre tremila morti, anche se resistettero i rifugi antiaerei.

All'alba del 21 aprile 1945, con l'ingresso a Bologna delle truppe alleate, molte industrie erano gravemente danneggiate, e così le reti stradali, idrica, elettrica, fognaria e la rete del gas. Ma soprattutto molti dei suoi edifici più celebri (il 44 per cento del suo patrimonio edilizio storico) apparivano distrutti o danneggiati: la Basilica di San Francesco, l'Archiginnasio, la Loggia dei Mercanti, il monumento sepolcrale Rolandino de' Passeggeri, il Teatro del Corso, la chiesa di San Giovanni in Monte, l'Oratorio di San Filippo Neri e la casa di Guglielmo Marconi.

Fermo fu il totale rifiuto dei bolognesi alla repubblica fascista ed all'invasore tedesco e altrettanto tenace fu la resistenza dei partigiani che contribuì alla cacciata di fascisti e tedeschi con un tributo di sangue non indifferente: celebre fu la battaglia di Porta Lame combattuta dalle forze partigiane il 7 novembre 1944. Il 21 aprile 1945 Giuseppe Dozza venne nominato sindaco dal Comitato di Liberazione Nazionale e riconfermato per vent'anni dai cittadini bolognesi.

La nuova amministrazione si impegnò a fondo in ambito edilizio - soprattutto nella ricostruzione dei numerosi edifici monumentali danneggiati e nella realizzazione di piani urbanistici per l'edilizia popolare. Nel 1955 approvò il nuovo piano regolatore e si avviò verso il boom economico; nei primi anni Sessanta fu costruita a Bologna la prima tangenziale d'Italia. Nel 1968 prese avvio il piano Tange, nacque il quartiere fieristico e la città degli affari, rappresentati dalle nuove torri fuori Porta Mascarella. Si ampliò l'aeroporto che nel 2004 divenne uno scalo intercontinentale.

Gli anni di piombo e la strage di Bologna

Blindato fermo in una via di Bologna durante i Fatti di Bologna dell'11 marzo 1977
La Stazione di Bologna dopo l'esplosione

Dal dopoguerra la città è stata sempre un baluardo e fiore all'occhiello delle amministrazioni di sinistra, da cui l'appellativo Bologna la Rossa - soprannome che, secondo altri, deriva principalmente dal colore dei particolari mattoni dei palazzi del centro storico). Gli anni settanta, in Italia, furono gli anni di piombo dei terroristi, dell'esplosivo delle stragi, di una realtà sociale schiacciata da un'inflazione del 20 per cento.

Anche a Bologna il clima si surriscalda: studenti universitari manifestano contro il governo e la polizia e l'11 marzo 1977 Francesco Lorusso viene ucciso dai carabinieri. La morte del giovane provoca numerose iniziative di protesta, alcune delle quali degenerano in tumulti e violenze; il ministro degli interni Francesco Cossiga dispone l'invio di mezzi corazzati nella zona universitaria.[1] L'impatto psicologico fu notevole - i mezzi militari che percorsero via Zamboni vennero generalmente percepiti e descritti come carri armati.

Ma gli anni del terrore culmineranno a Bologna il 2 agosto 1980 durante l'amministrazione di Renato Zangheri, quando una bomba di eccezionale potenza scoppia nella sala d'attesa di seconda classe della stazione dei treni. L'esplosione, che investe anche alcuni vagoni fermi sotto la pensilina, provoca una strage: 87 morti e 177 feriti (la strage di Bologna).

Si tratta del più grave attentato mai compiuto in Italia: esso si inserisce in un momento molto difficile nella storia italiana degli ultimi cinquanta anni. Siamo nei cosiddetti anni di piombo, quando il paese è attraversato da una crisi economica e da gravi contrasti sociali: in questi anni nasce e si sviluppa in Italia il terrorismo politico, l'azione politica violenta di gruppi estremisti di destra e di sinistra, che hanno l'obiettivo di provocare la crisi delle strutture democratiche dello Stato.

Per la strage di Bologna vengono condannati all'ergastolo, dopo numerosi lunghi processi, due esponenti dell'estremismo di destra: Francesca Mambro e Valerio Fioravanti. I due terroristi, che ancora oggi stanno scontando la pena e che hanno ammesso il loro coinvolgimento diretto in altri fatti di sangue, per quanto riguarda Bologna si sono sempre proclamati innocenti. Altre piste portano anche al terrorismo internazionale.

Storia recente

Il 6 dicembre 1990 un aereo militare in avaria è abbandonato dal pilota e precipita sull'Istituto Salvemini di Casalecchio, provocando la morte di 12 ragazzi e, in seguito alla sua esplosione, altri 72 tra ragazzi e insegnanti riporteranno invalidità permanenti. Il processo finirà senza condanne nel 1998.

Il 4 gennaio 1991, nell'area del quartiere San Donato nota come Pilastro, la banda della Uno bianca uccide 3 carabinieri. La strage è rivendicata dalla Falange Armata. In seguito ad altre rapine in quegli anni la stessa banda uccise diverse persone finché nel Novembre 1994 vennero catturati i fratelli Savi e altre persone dell'organizzazione, tutti poliziotti, eccetto Fabio Savi.

Nel 1999, dopo 50 anni di giunte rosse, arriva un brusco cambiamento politico. Bologna si sveglia con una maggioranza di centro-destra, con un sindaco dal nome che è la sintesi della bolognesità: Giorgio Guazzaloca sarà sindaco di Bologna per 5 anni finché il potere non tornerà in mano al centro-sinistra nel 2004 con Sergio Cofferati sostenuto da tutti i "poteri forti" tipici della rossa Emilia.

Durante il mandato di Guazzaloca, il 19 marzo 2002 viene ucciso a Bologna il professor Marco Biagi, consulente di diversi ministri del lavoro negli anni precedenti. L'arma fu la stessa dell'omicidio D'Antona di qualche anno prima a Roma. Le Brigate Rosse rivendicheranno l'omicidio con un farneticante documento.

Note