Ocno
Ocno | |
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Saga | Eneide |
Caratteristiche immaginarie | |
Sesso | maschio |
Nella mitologia greca e romana, Ocno (in greco Ὄκνος, in latino Ocnus), noto anche con il nome di Bianore, era il figlio del dio Tiberino e dell'indovina Manto.
Citazioni[modifica | modifica wikitesto]
Secondo Virgilio fu il fondatore e primo re di Mantova: egli compare tra gli alleati etruschi di Enea nella guerra contro i Rutuli:
(LA)
«Ille etiam patriis agmen ciet Ocnus ab oris, |
(IT)
«Ocno poscia venia, del tosco fiume |
(Virgilio, Eneide, X 196-198; traduzione di Annibal Caro) |
Mitologia[modifica | modifica wikitesto]
Fu condannato a trascorrere l'eternità nel Tartaro, intrecciando una corda di paglia. Come raffigurato nell'immagine di Polignoto, dietro di lui c'è il suo asino che mangia la corda con la stessa velocità con cui viene realizzata.
A differenza di altri detenuti del Tartaro, non viene menzionato alcun crimine che spieghi la condizione di Ocno. Il filologo classico ed epigrafista Reinhold Merkelbach suggerisce che ciò sia dovuto al fatto che Ocno era stato "ritardatario" nel chiedere l'iniziazione ai Misteri Eleusini, ma non ci sono prove dirette di ciò nelle risorse letterarie superstiti. Il filologo classico Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff considera la condizione di Ocno come una punizione per la debolezza morale, la mancanza di coraggio e la timidezza nei confronti di ciò che egli concepisce come obbligo di decisione. Secondo Wilamowitz, questo potrebbe avere effetti positivi se tiene lontano dalle azioni malvagie, ma è egoistico perché l'evitare gli ostacoli che richiedono una decisione di agire fondamentalmente non aiuta nessuno.[1] Il filosofo Norbert Wokart rifiuta tuttavia questa nozione e ritiene che Ocno sia solo un'immagine o un mero simbolo, che mostra allegoricamente il creativo e il distruttivo, e astrattamente il fragile equilibrio tra il positivo e il negativo, perché il positivo diventerebbe positivo solo attraverso il contrasto del negativo.[2]
Julius Evola, un esoterista italiano, ritiene che la storia sia una rappresentazione simbolica della nascita e della morte dell'uomo come forma di immortalità accidentale, che elude l'individuo. In questo caso, Evola vede Ocno come l'eterna madre, che tesse la corda infinita dell'umanità fino alla bocca dell'asino, che simboleggia la morte.[3]
Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff: Der Glaube der Hellenen, vol. 2, Darmstadt 1976, p. 181.
- ^ Norbert Wokart: Ent-Täuschungen. Philosophische Signaturen des 20. Jahrhunderts, Bibliothek Metzler vol. 5, Stuttgart 1991, p. 103-116.
- ^ Evola, Julius (1983). The metaphysics of sex (1st U.S. ed.). New York: Inner Traditions International. p. 51. ISBN 0-89281-025-4. OCLC 8627007