Giovanni Fincato

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Giovanni Fincato
NascitaEnego, 3 ottobre 1891
MorteVerona, 6 ottobre 1944
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegio Esercito
CorpoFanteria
SpecialitàAlpini
Reparto6º Reggimento alpini
GradoTenente colonnello
GuerrePrima guerra mondiale
Seconda guerra mondiale
Comandante di167º Battaglione costiero
Decorazionivedi qui
dati tratti da I quaderni dell'Associazione Nazionale Alpini. Il Medagliere[1]
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Giovanni Fincato (Enego, 3 ottobre 1891Verona, 6 ottobre 1944) è stato un militare e partigiano italiano. Pluridecorato ufficiale del Regio Esercito durante la prima guerra mondiale, partecipò anche alla seconda. Dopo la proclamazione dell'armistizio dell'8 settembre 1943 entrò nella Resistenza veneta, e fu ucciso dai fascisti dopo due giorni di torture. Fu decorato con la medaglia d'oro al valor militare alla memoria

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nato a Enego (Vicenza) nel 1891,[1] figlio di Bartolomeo e Bernarda Guzzo, svolse il servizio militare tra il 1911 e il 1912, congedandosi con il grado di sergente. All'entrata in guerra dell'Italia, il 24 maggio 1915, viene richiamato in servizio partecipando al corso Allievi Ufficiali, al termine del quale, nel dicembre dello stesso anno, divenne sottotenente di complemento. Assume il comando di un plotone della 145ª Compagnia del Battaglione alpino "Sette Comuni", operante in seno al 6º Reggimento alpini, che operava nella zona del Monte Ortigara.[1] Si distingue subito per il suo valore, nel giugno 1916 a Crepaggio viene decorato con la prima Medaglia d'argento al valor militare, è promosso Tenente in servizio permanente effettivo per meriti di guerra nel 1917, decorato con una seconda Medaglia d'argento nel giugno dello stesso anno.[1] Promosso capitano nel 1918 diviene comandante di compagnia del Battaglione "Feltre" del 7º Reggimento alpini, e nell'ottobre dello stesso anno ottiene la terza Medaglia d'argento[2] al valor militare in località Fellette, sul massiccio del Monte Grappa.[1] Dopo la fine della guerra segue il suo battaglione in Albania da cui ritornò in Patria nel 1920 per frequentare il corso presso la Scuola di guerra e quello di giurisprudenza per divenire avvocato militare.[1] Lasciato temporaneamente il Corpo degli Alpini dietro sua domanda, tra il 1934 e il 1938 svolge le funzioni di giudice presso il tribunale militare di Bologna. Promosso maggiore viene trasferito come giudice supplente presso il tribunale militare di Verona..[1]

Richiamato in servizio attivo il 1º gennaio 1942, con il grado di tenente colonnello[3] prestò servizio presso il deposito del 6º Reggimento Alpini e, dal 1º agosto 1943, assunse il comando del 167º Battaglione costiero,[1] schierato lungo le coste della Provenza, operante in seno alla 4ª Armata del generale Mario Vercellino. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 l'ufficiale dapprima riparò sulle montagne del Piemonte e poi, raggiunto il Veronese, vi organizzò gruppi di partigiani.[1]

Nominato dal Comitato di Liberazione Nazionale comandante della piazza di Verona, si distinse durante numerose azioni di guerra, sino a che non fu catturato con il suo collega Alberto Andreani. Torturato a morte per due giorni consecutivi, il suo cadavere, gettato dai tedeschi nel fiume Adige, non fu mai ritrovato.[4] Alla memoria gli venne concessa la Medaglia d'oro al valor militare, massima decorazione italiana.[3]

Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

Verona, Vicenza e Padova gli hanno dedicato una via e, in occasione del 20º Anniversario della Liberazione, in piazza Martiri della libertà a Verona è stata collocata una lapide in memoria. Anche Enego, paese natale di Fincato, lo ricorda con una via vicino alla piazza principale. Gli è stata inoltre dedicata la polisportiva "Libertas" di Montorio Veronese. Nella città di Bassano del Grappa nel 1950 venne edificata una caserma e intitolata alla sua memoria, che ospitò un Gruppo Missilistico Intercettori e poi un Battaglione di Guerra Elettronica. Nel 2017 la caserma viene riconvertita ad uso della Protezione Civile.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Prode ufficiale, già tre volte decorato della medaglia d’argento al valor militare, durante l’occupazione tedesca del Paese organizzò tra i primi la resistenza armata nella Zona di Verona. Affrontando per sé e per i famigliari gravi privazioni e seri pericoli, animò la lotta con la fede e con l’esempio. Comandante clandestino della piazza di Verona, dopo un anno di indifesa e coraggiosa attività, cadde nelle mani del nemico durante uno scontro nelle vicinanze della città. Ripetutamente interrogato e barbaramente seviziato per circa un mese, mantenne contegno fiero ed esemplare nulla rivelando sino a che il 6 ottobre 1944, dopo sedici ore di torture stoicamente affrontate, il suo nobile cuore cessò di battere. Il suo corpo, gettato nell’Adige, più non venne trovato, ma il suo spirito Continuò a levarsi, animatore della lotta, per la Patria e per la Libertà. Zona di Verona, settembre 1943 - ottobre 1944[5]
— Decreto Presidenziale 27 ottobre 1950[6]
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Con brillante spirito di iniziativa, nonostante le difficoltà che si frapponevano al suo compito, riuscì, con rapida marcia, a mantenete il contatto col nemico. Con magnifico slancio, ardimento e perizia non comune, seppe impedire al nemico stesso di valersi di forti posizioni per contrastare la nostra avanzata, e in tal modo poté catturare avversari, mitragliatrici e uomini. Casanet-Feltre, 31 ottobre 1918»
— [7]
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Alla testa del suo plotone si lanciava a ripetuti assalti di successive posizioni nemiche , conquistandole e togliendo all'avversario due mitragliatrici e facendo parecchi prigionieri. Crepaccio, 17 giugno 1916.»
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h i Bianchi 2012, p.103.
  2. ^ Oltre ad essere decorato con tre Medaglie d'argento, durante il corso della prima guerra mondiale rimase ferito per due volte.
  3. ^ a b Bianchi 2012, p.102.
  4. ^ Secondo la testimonianza del generale Lucio Alberto Fincato, figlio del colonnello Giovanni Fincato: Mio padre venne torturato per sette giorni nelle cantine della caserma adiacente al Teatro Romano da parte di tre poliziotti fascisti, Bittarelli, Lembo e Righetti. In seguito a quelle torture mio padre Giovanni morì. Il suo corpo venne avvolto in un telone, portato con un camion fino a Pescantina e da lì gettato in Adige. Ma che fosse morto venimmo a saperlo molto più tardi. Elena Cardinali, Una festa per riflettere sul senso della storia, l'Arena. Il Giornale di Verona, sabato 26 aprile 2008, pag.14.
  5. ^ Quirinale - scheda - visto 21 dicembre 2008
  6. ^ Registrato alla Corte dei Conti l'8 marzo 1951, registro 46, foglio 150.
  7. ^ In commutazione della Croce di guerra al valor militare concessagli con Regio Decreto del 2 giugno 1921.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Andrea Bianchi, I quaderni dell'Associazione Nazionale Alpini. Il Medagliere, Associazione Nazionale Alpini, 2012, ISBN 978-88-902153-2-2.
  • Alberto Cavaciocchi, Andrea Ungari, Gli italiani in guerra, Milano, Ugo Mursia Editore s.r.l., 2014.

Periodici[modifica | modifica wikitesto]

  • Roberto Chiavacci, Fortunato Colella, Le Medaglie d'oro al valor militare conferite agli elbani dal Risorgimento alla Seconda Guerra Mondiale, 1991, pp. 31-33.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]