Teatro in Italia

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Disambiguazione – Se stai cercando il tipo di struttura teatrale caratteristica dell'architettura italiana dal XVIII al XIX secolo, vedi teatro all'italiana .

Il teatro in Italia ha una storia oltre che bimillenaria e risale ai tempi dell'antica Roma, anche se fu preceduto da quello greco delle colonie della Magna Grecia.

Teatro di Marcello a Roma

Storia

Il teatro greco in Italia

Teatro antico di Taormina

È sempre difficile trovare un'origine precisa di un fenomeno come l'arte drammatica. Se intendiamo per Italia tutta la penisola attuale, comprese le isole, dobbiamo sposare la tesi che l'origine del teatro italiano viene dalla Magna Grecia. I coloni greci siciliani, ma anche campani e pugliesi, portarono dalla madre patria anche l'arte teatrale. I teatri di Siracusa, Segesta, quello di Tindari, il Teatro di Hippana, il Teatro di Akrai, il Teatro di Monte Jato, il Teatro di Morgantina e il più famoso Teatro greco di Taormina, lo dimostrano ampiamente.

Non conosciamo i programmi di questi teatri, anche se ci sono rimasti frammenti di opere drammaturgiche originali, non è difficile intuire che non mancassero i classici, le tragedie dei tre grandi giganti Eschilo, Sofocle ed Euripide e le commedie di Aristofane. Il Teatro romano risentì in maniera massiccia dal teatro che arrivava dal sud dell'Italia.

Alcuni celebri drammaturghi in lingua greca provenivano direttamente dalla Magna Grecia. Altri, come Eschilo ed Epicarmo, lavorarono per lungo tempo in Sicilia. Epicarmo si può ritenere siracusano a tutti gli effetti, avendo lavorato per tutta la vita presso i tiranni di Siracusa. La sua commedia precorse quella del più celebre Aristofane mettendo in scena, per la prima volta in commedia gli dei. Mentre Eschilo, dopo un lungo soggiorno nelle colonie sicule morì proprio in Sicilia nella colonia di Gela nel 456 a.C.. Epicarmo e Formide, ambedue del VI secolo a.C., stanno alla base, per Aristotele, dell'invenzione della commedia greca, come dice nel suo libro sulla Poetica.

«Quanto alla composizione dei racconti (Epicarmo e Formide) essa venne in principio dalla Sicilia»

Altri autori drammatici nativi della Magna Grecia, oltre al siracusano Formide che abbiamo citato, sono: Acheo di Siracusa, Apollodoro di Gela, Filemone di Siracusa e il di lui figlio Filemone il giovane. Dalla Calabria, precisamente dalla colonia di Turii, provengono il commediografo Alessi e Eraclide. Mentre Rintone, pur se siciliano di Siracusa, lavorò quasi essenzialmente per la colonia di Taranto.

Il teatro italico

Lo stesso argomento in dettaglio: Atellana.
Teatro Sannita a Pietrabbondante
Teatro romano di ascendenza sannita di Nocera Inferiore

Anche le popolazioni italiche come gli Etruschi sappiamo che avevano già sviluppato forme di letteratura teatrale. La leggenda, riportata anche da Tito Livio, parla di una pestilenza che aveva colpito Roma, ai primordi, e la richiesta di istrioni etruschi. Lo storico romano rifiuta così la filiazione dal teatro greco prima dei contatti con la Magna Grecia e le sue tradizioni teatrali. Purtroppo non sono rimaste testimonianze architettoniche e artistiche del teatro etrusco. Una fonte molto tarda, come lo storico Varrone, cita il nome di un certo Volnio che scriveva tragedie in lingua etrusca. Anche i Sanniti avevano delle forme rappresentative originali che, come vedremo, avranno molta influenza sulla drammaturgia romana come le commedie Atellane, abbiamo anche alcune testimonianze architettoniche come il teatro di Pietrabbondante in Molise, e quello di Nocera Inferiore sopra il quale i romani costruirono il proprio. La costruzione dei teatri sanniti di Pietrabbondante e Nocera ci fanno capire la filiazione architettonica dal teatro greco.

Il teatro romano

Lo stesso argomento in dettaglio: Teatro latino.

Con la conquista della Magna Grecia i romani vennero in contatto con la cultura greca, quindi anche con il teatro. Probabilmente già in precedenza, dopo le guerre con i Sanniti, i romani avevano già conosciuto l'arte rappresentativa, ma anche le rappresentazioni sannite, a loro volta, erano influenzate da quelle greche. L'apice dell'espressione del teatro romano fu raggiunto, per la commedia da Livio Andronico nativo della Magna Grecia, probabilmente Taranto, che fu il legame fra il Teatro greco e quello latino. Autore meno famoso, ma sempre ponte di collegamento tra i greci e delle colonie italiane e i latini fu il campano Nevio, vissuto al tempo delle guerre puniche. Nevio tentò di creare un teatro politicizzato, sullo stile ateniese di Aristofane, ma gli strali del poeta colpivano troppo spesso gens famose come quella degli Scipioni. Per questo motivo il drammaturgo fu esiliato ad Utica dove morì povero. Al contrario Quinto Ennio, anche lui della Magna Grecia, usò il teatro per incensare le famiglie nobili romane.

I maggiori epigoni della commedia latina, ancora legata alla commedia greca, furono Plauto e Terenzio che romanizzarono i testi delle commedie greche. Plauto è considerato un poeta più popolare, così come Cecilio Stazio, mentre Terenzio viene considerato più un purista così come Afranio considerato il Menandro latino. In ambito tragico Seneca fu il maggiore fra i latini, ma il filosofo non raggiunse mai le vette degli esempi greci. Mentre un tragico d'impronta latina fu Ennio, le cui opere furono molto apprezzate dal patriziato.

Attori dietro le quinte. Mosaico di Pompei

Molti furono i passaggi che portarono dalla primitiva commedia latina ai grandi commediografi citati sopra. Il teatro romano era simile a quello greco, sia dal punto di vista architettonico che dall'abbigliamento degli attori. Questi usavano maschere e coturni come quelli greci. Anche i teatri romani avevano una cavea e una scenografia fissa tripartita. Molte scenografie sono rimaste a testimonianza di questa tipologia, sia nelle colonie come a Leptis Magna, oggi in Libia, che l'ha quasi integra. In Italia è più rara da trovare in condizioni simili. A Roma, probabilmente, la commedia fu più gradita della tragedia, data anche l'originalità dei testi che si svincolava dalla tradizione greca con temi più vicini alla realtà quotidiana.

La vera espressione popolare del teatro romano può essere individuato nella rappresentazioni dette Atellane. Queste erano delle commedie satiriche d'impronta Osco-sannita recitate nel dialetto locale, e poi diffuse anche nel resto dell'Impero, nella stessa Roma in primis.

Teatro medievale

Lo stesso argomento in dettaglio: Sacra rappresentazione e Mistero (teatro).

Con l'affermazione del Cristianesimo, il teatro cambiò aspetto. L'iconoclastia che la nuova religione si portava dall'oriente, fece sparire, o quasi, i testi della cultura classica compresi quelli teatrali. Ma ancora, soprattutto in aree periferiche del decaduto impero, il teatro continuava ad esistere ed era molto frequentato. Nelle sue Confessioni Agostino d'Ippona, scritto nel V secolo racconta di essere stato, in gioventù, un assiduo frequentatore dei teatri della sua regione natìa, cioè i dintorni di Cartagine. L'arrivo delle invasioni barbariche cancellò ogni forma rappresentativa greco-romana. L'arte teatrale non sparì definitivamente, perché sin d'all'inizio, con le tragedie greche, il teatro era parte della vita religiosa del popolo. Come la rappresentazione, per i pagani, derivava dalle feste in onore di Bacco, dai riti cristiani nacque la Sacra rappresentazione e da questa una vera e propria arte teatrale chiamata dei Misteri. Il popolo dell'Italia medievale era per gran parte costituito da analfabeti. Il cristianesimo cercò di diffondere il verbo anche attraverso rappresentazioni durante le feste religiose. Una delle più importanti era la Settimana santa, durante la quale i cittadini dei villaggi e le città s'improvvisavano attori per impersonare i personaggi del Vangelo. La sacra rappresentazione è rimasta, per secoli, un momento importante nella vita sociale.

Ma non sparirono del tutto nemmeno gli spettacoli d'impronta profana, il più antico fra quelli pervenutici, e il più interessante è il Quaerulus, scritto in tardo latino. Questa commedia è stata considerata per secoli, come un'opera di Plauto. In realtà l'autore è un anonimo del IV secolo. Contemporaneamente i menestrelli diffondevano storie passando da un villaggio all'altro. Esisteva tutta una serie di poeti, provenienti soprattutto dalla Provenza e la Linguadoca, che avevano importato storie nuove, legate alla cavalleria. Le storie dei Paladini, quella del Ciclo Bretone dei cavalieri di re Artù erano fra i loro testi più diffusi. Queste storie erano molto apprezzate nelle corti e presso i feudatari, tanto da diventare una cultura alternativa a quella ecclesiastica. Poi esistevano anche spettacoli gestiti dai giovani studenti, sempre d'impronta profana e le feste carnevalesche dove venivano anche messe in scena metaforiche Battaglie tra vizi e virtù. Infine i testi dialogici s'imposero anche nella cultura del tempo si pensi alla Scuola siciliana. Cielo d'Alcamo scrisse dialoghi detti Contrasti che molto erano influenzati da una scrittura di tipo teatrale. L'Umanesimo all'inizio del XV secolo riesumò gli antichi testi che si sovrapposero ai cortei sacri e quelli carnevaleschi, non sostituendoli mai completamente.

Il teatro nel Rinascimento

Lo stesso argomento in dettaglio: Teatro rinascimentale e Melodramma.
Intermezzo della Pellegrina di Girolamo Bargagli scenografia di Buontalenti

L'Umanesimo fu un periodo di svolta anche per il teatro italiano. Il recupero degli antichi testi, sia commedie e tragedie, che testi riferentisi all'arte del teatro come la Poetica di Aristotele, dettero una svolta anche all'arte rappresentativa, che mise di nuovo in scena i personaggi plautini e gli eroi delle tragedie di Seneca, ma costruendo anche dei testi nuovi e in lingua volgare. Il teatro umanista si avvalse, nel '400, anche di grandi intellettuali, prestati provvisoriamente al teatro, come gli umanisti Agnolo Poliziano e Donato Giannotti.

Nel periodo Rinascimentale, l'Italia raggiunse nuovamente il vertice dell'arte teatrale in Europa. Mentre negli altri paesi le rappresentazioni sacre erano ancora il fenomeno drammatico più usato, in Italia nacquero importanti autori di commedie come Niccolò Machiavelli, Bernardo Dovizi da Bibbiena e molti altri legati più o meno alle varie corti italiane fra i quali non si possono non citare Ludovico Ariosto, che scrisse, o meglio tradusse e adattò ai suoi tempi, commedie di provenienza latina, Ruzante, che introdusse il dialetto nel teatro veneto, Pietro Aretino che lavorò presso varie corti, quella romana, quella dei Gonzaga a Mantova e quella di Venezia e infine Giordano Bruno che filosofeggiò anche nel suo testo Candelaio prima del rogo di Campo dei Fiori. Questa novità, chiamata poi Commedia erudita si svincolò dai testi classici, creando una nuova drammaturgia più vicina alla società del tempo.

Diversamente le tragedie, nel periodo rinascimentale, non ebbero lo sviluppo delle commedie. Pochi furono i tragediografi quattro-cinquecenteschi in Italia. La tragedia s'ispirava ai modelli greci, ma in particolare quelli di stampo senechiano. Fra questi vanno citati Sperone Speroni, Gian Giorgio Trissino e Torquato Tasso. Lo stesso Tasso si rivolse però, con la sua Aminta ad un genere nuovo: quello della Commedia pastorale. Ma il più importante autore italiano di questo genere fu Giovanni Battista Guarini che compose la pastorale più famosa e rappresentata del teatro italiano: Il pastor fido. Un aspetto non secondario del teatro umanista fu quello architettonico e scenografico. In un primo tempo furono riutilizzati i vecchi teatri romani, in seguito grandi architetti si dedicarono alla costruzione degli spazi scenici e delle scenografie per i nuovi testi. Fra questi vanno citati Sebastiano Serlio, Andrea Palladio, Giovanni Maria Falconetto e Vincenzo Scamozzi. Altri artisti rinascimentali furono prestati al teatro come Andrea Mantegna e Filippo Brunelleschi. Alla fine del rinascimento il teatro ebbe una svolta, soprattutto nelle corti. I testi divennero sempre meno importanti e le scenografie, manieriste come quelle di Bernardo Buontalenti, invece crearono effetti sorprendenti e nuovi. Questo teatro infine portò al teatro barocco.

Da non sottovalutare è la nascita, alla fine del XVI secolo, del melodramma. Un grande librettista come Ottavio Rinuccini scrisse i libretti per le opere più importanti di questo periodo. Aprendo di fatto la stagione del teatro musicale o recitar cantando come si diceva in un primo tempo tra i musicisti e librettisti della Camerata de' Bardi, la prima istituzione che inventò, di fatto, il melodramma. I libretti di Rinuccini furono usati dal primo autore di melodrammi Claudio Monteverdi che traghettò il genere nel teatro barocco.

Il teatro barocco e la Commedia dell'arte

Lo stesso argomento in dettaglio: Commedia dell'arte.
Commedia dell'arte, Compagnia dei Gelosi

Il teatro barocco fece la sua comparsa all'inizio del XVII secolo. Nasceva per filiazione dalla tragedia del rinascimento. I testi drammatici cominciarono a perdere il primato nei teatri cortigiani dove gli si preferiva l'effetto scenico e rappresentazioni come il balletto, appena giunto dalla Francia. In questo periodo l'Italia aveva perso il primato teatrale, nonostante i fasti delle rappresentazioni cortigiane. Dalla Francia venivano le tragedie di Jean Racine e Pierre Corneille, dalla Spagna le commedie degli autori del Siglo de Oro. Gli autori italiani presero spunto da questi nuovi testi adattandoli alla nostra lingua e cambiando i nomi e i luoghi. Fra questi si annoverano il raciniano Federico Della Valle e il traduttore dei testi spagnoli Giacinto Andrea Cicognini.

Contemporaneamente nacque la Commedia dell'Arte e i personaggi della stessa furono diffusi in tutta Europa. La contingenza della nascita dei teatri pubblici a pagamento, prima a Venezia e a Genova (Teatro del Falcone) e poi in tutto il resto d'Italia, imposero questo tipo di teatro, che nasceva dagli attori di strada, i buffoni e i saltimbanchi che si esibivano nelle fiere di paese. Questi, riunitosi in compagnie comiche, perseguirono una nuova drammaturgia popolare che proveniva dagli antichi Contrasti comici diffusi sin dal primo medioevo. In seguito le compagnie organizzate furono chiamate presso le corti principesche italiane. Una delle caratteristiche della Commedia dell'arte, al confronto con quella erudita del secolo precedente, fu la presenza di attori professionisti e l'introduzione delle attrici, in precedenza impersonate da attori maschi.

Nacquero nuove commedie adattate alla recitazione a braccio, ovvero improvvisata, dei comici: il Canovaccio, ovvero un'indicazione di massima della trama. Il tema dell'improvvisazione è stato a lungo oggetto di dispute, anche recenti. In realtà vi sono molti testi dei comici dell'arte pubblicate sotto forma di canovaccio e altrettanti repertori comici legati a ciascuna maschera. La commedia dell'arte fu, in un primo tempo, un fenomeno esclusivamente italiano. Il recupero delle maschere aveva probabilmente come ispirazione il teatro romano, anche se è una delle tante ipotesi. Certi personaggi di stampo plautino hanno non poco influenzato quelli della commedia dell'arte. Il parallelo più evidente è quello del Capitan Spavento e il Miles gloriosus di Plauto.

Al di là di ciò, la commedia dei professionisti fu un fenomeno originale, che poi si diffuse in tutta Europa col nome di Commedia italiana. Fra le compagnie comiche più rappresentative citiamo la Compagnia dei Gelosi, la più famosa in assoluto. Anche altri attori si distinsero per la loro recitazione e i loro lazzi, fra i quali Tristano Martinelli, uno dei primi arlecchini della storia del teatro. Silvio Fiorillo fu invece quello che impose, anche nei teatri dell'Italia del nord, il personaggio di Pulcinella e molti altri attori legati alle varie maschere.

L'unica forma nuova di teatro che poteva competere con la commedia dell'arte era il melodramma, altrettanto diffuso in Europa, ed altrettanto apprezzato dagli stranieri. La diffusione di questi due generi, ma in particolare il melodramma, imposero l'italiano come la lingua principale del teatro, tanto che ancora nel '700, musicisti stranieri continuavano ad usare librettisti italiani. Il sodalizio Wolfgang Amadeus Mozart e Lorenzo da Ponte è forse l'esempio più noto di questa preponderanza dei libretti in italiano in tutte le corti europee.

Il XVIII secolo

Lo stesso argomento in dettaglio: Riforma del teatro e Commedia ridicolosa.
Giovanni Paolo Pannini, Teatro Argentina di Roma nel 1747

Questo secolo è stato un periodo difficile per il Teatro Italiano. Diffusasi in tutta Europa la commedia dell'arte, questa subì un evidente declino in quanto si evidenziò il calo di drammaturgia e una poca attenzione ai testi che essa offriva, rispetto alle altre opere provenienti dal resto d'Europa. Così, in questi anni bui, mentre la commedia dell'arte rimase comunque un'importante scuola durata più di cento anni, la tragedia, fece sentire ancor di più la sua mancanza, anche perché, importanti autori del periodo rinascimentale, non riuscirono ad offrire un ampio ventaglio di opere potendo così costruire le basi per una scuola futura. Un importante ruolo rispetto all'Europa, l'Italia lo ottenne solo grazie alla commedia del Goldoni ed al melodramma del Metastasio. Ma qualche decennio prima della svolta riformatrice della commedia di Goldoni, già alcuni autori avevano fatto il tentativo di traghettare la commedia dell'arte verso una drammaturgia più legata alla realtà, usando come modello Molière. Fra questi i più importanti sono Giovan Battista Fagiuoli, Iacopo Angelo Nelli e Girolamo Gigli definiti pregoldoniani e precursori della commedia riformata, anche se il personaggio di Don Pilone del Gigli è così simile al Tartuffo di Molière da rischiarne il plagio.

Goldoni non irruppe nella scena del teatro come un rivoluzionario bensì come un riformatore. In un primo tempo assecondò il gusto del pubblico, ancora legato alle vecchie maschere. Nelle sue prime commedie è costante la presenza di Pantalone, Brighella e con un grande Arlecchino, forse l'ultimo di grosso calibro in Italia, come Antonio Sacco che recitava con la maschera di Truffaldino. Per questa compagnia Goldoni scrisse importanti commedie come Il servitore di due padroni e La putta onorata. Nel 1750 l'avvocato veneto scrisse il testo-manifesto della sua riforma della commedia: Il teatro comico. In questa commedia si mettono a confronto l'antica Commedia dell'Arte, e la sua Commedia riformata. Carlo Goldoni usò nuove compagnie dalle quali sparirono le maschere, ormai troppo inverosimili in un teatro realista, così come sparirono i loro frizzi e lazzi, spesso estranei al soggetto. Nelle sue commedie riformate la trama ritorna ad essere il punto centrale della commedia e i personaggi più realistici. Su questa linea proseguì Francesco Albergati Capacelli, grande amico di Goldoni e suo primo seguace.

Il goldonismo fu fieramente contrastato da Pietro Chiari, che preferiva commedie più romanzesche e ancora di stampo barocco. In seguito s'accodò, nella critica alla riforma goldoniana, anche Carlo Gozzi che ostacolò la riforma, dedicandosi alla riesumazione dell'antica commedia dell'arte seicentesca ormai moribonda, ma ancora vitale nella sua variante accademica: la Commedia ridicolosa che, fino alla fine del secolo continuò ad usare le maschere e i personaggi di quella dell'arte. La tragedia, in Italia, non ebbe lo sviluppo che aveva avuto, sin dal secolo precedente, nelle altre nazioni europee. L'Italia, in questo caso, pativa il successo della Commedia dell'arte. La strada della tragedia di stampo illuminista fu percorsa da Antonio Conti, con discreto successo. Rivolta al teatro francese è l'opera di Pier Jacopo Martello che adattò alla lingua italiana il verso alessandrino dei francesi, che si chiamò verso martelliano. Ma il teorico maggiore che perseguì la strada di una tragedia italiana di stampo greco-aristotelico fu Gian Vincenzo Gravina. Le sue tragedie non ebbero però il successo sperato perché considerate poco adatte alla rappresentazione. Mentre il suo pupillo Pietro Metastasio adattò gli insegnamenti di Gravina applicandoli ai testi del melodramma. Altri librettisti come Apostolo Zeno e Ranieri de' Calzabigi lo seguirono su questa strada. Il maggior tragediografo del primo Settecento, fu Scipione Maffei che riuscì a comporre finalmente una tragedia italiana degna di questo nome: la Merope. Nella seconda metà del secolo dominò la figura di Vittorio Alfieri, il più grande tragediografo italiano di tutti i tempi. Le sue tragedie hanno una forza drammatica mai espressa in precedenza e supera gli stessi modelli rinascimentali.

Il XIX secolo

Lo stesso argomento in dettaglio: Dramma borghese.
Francesco Hayez, Primo atto dei Vespri siciliani

Durante l'Ottocento, nacque il Dramma romantico. Ci furono importanti autori promotori del genere, come Alessandro Manzoni e Silvio Pellico. Nella seconda metà del secolo, la tragedia romantica cedette il posto al Teatro verista, che vide fra i massimi esponenti Giovanni Verga ed Emilio Praga, ambedue provenienti dal movimento artistico degli scapigliati milanesi.

Il Dramma romantico fu preceduto da un periodo vicino al Neoclassicismo, rappresentato dall'opera drammatica di Ugo Foscolo e Ippolito Pindemonte rivolte alla tragedia greca. Lo stesso Vittorio Alfieri, che cavalca i due secoli, può essere definito, insieme a Vincenzo Monti, precursore e simbolo della tragedia neoclassica.

La lezione goldoniana si sviluppò nel corso di questo secolo. Si deve però scontrare con l'invasione di certi esiti francesi del Teatro dell'arte, già francesizzato sin dal secolo precedente, come la Comédie larmoyante che aprirono allo sviluppo del vero e proprio Dramma borghese italiano. Mentre tra gli eredi ottocenteschi della commedia goldoniana dobbiamo citare, fra gli altri, Giacinto Gallina, Giovanni Gherardo De Rossi e Francesco Augusto Bon.

Un'evoluzione simile al dramma teatrale avviene nel campo del teatro per musica. Il Melodramma romantico sostituisce, all'inizio di questo secolo, l'Opera buffa di stampo napoletano e poi veneziano. Nasceva un'opera vicina ai grandi temi medievaleggianti del periodo risorgimentale. Vari sono i librettisti che affiancano i musicisti costruendo dei nuovi tipi di narrazione epica per musica. Da Felice Romani, librettista del primo ottocento per le opere di Bellini, fino ad Arrigo Boito e Francesco Maria Piave, che con i libretti per Giuseppe Verdi aprirono il periodo risorgimentale del teatro musicale italiano. Boito fu anche uno dei pochi che mise insieme il talento drammaturgico con quello musicale. La sua opera Mefistofele, con musica e libretto dell'autore, rappresenta forse un unicum nel panorama del melodramma italiano.

Rimase comunque anche in questo secolo l'eredità, ormai pluricentenaria, della Commedia dell'arte nel teatro dialettale che continuò a mettere in scena le maschere. Il teatro dialettale scavalcò tranquillamente il '700 e continuò nella messinscena delle sue commedie. Fra i più importanti autori di questo genere popolare ci furono Luigi Del Buono, che a Firenze, continuò anche nell'Ottocento a mettere in scena il personaggio di Stenterello. Altro autore Ottocentesco di teatro dialettale fu il Pulcinella Antonio Petito. Semianalfabeta Petito era colui che aveva preso in mano il monopolio del teatro napoletano. I suoi canovacci erano stati modernizzati e Pulcinella era diventato anche un simbolo politico. Avversario dell'Assolutismo di fine '700, il pulcinella dell'800 si presentò fino alla metà del secolo filoborbonico. D'altronde il personaggio napoletano aveva avuto il suo massimo splendore proprio sotto il regno dei Borboni. In un'Italia piemontese, il ruolo centrale di Napoli finì e la sua maschera rimase in ombra, ormai limitata a pochi teatri pulcinelleschi come il Teatro San Carlino. Sempre nell'ambito del teatro dialettale napoletano, fu il commediografo Eduardo Scarpetta a imporsi come erede del Petito nei decenni post-unitari. Egli fu anche l'iniziatore di una dinastia che dominò la scena teatrale napoletana per decenni e artefice della maschera di Felice Sciosciammocca; l'opera che più spicca nella sua prolifica produzione è Miseria e nobiltà, la cui fama presso le ultime generazioni è dovuta anche alla trasposizione filmica del 1954 con Totò nel ruolo di protagonista.

Il XX secolo

La prima metà del secolo

Lo stesso argomento in dettaglio: Teatro futurista.
Thais di Anton Giulio Bragaglia con scenografie futuriste di Enrico Prampolini

Durante il XX secolo nascono importanti autori drammaturghi che pongono le basi per il Teatro italiano moderno. Su tutti spicca il genio di Luigi Pirandello, considerato "padre del teatro moderno". Con l'autore siciliano, nacque il Dramma psicologico, caratterizzato essenzialmente dall'aspetto introspettivo. Un altro grande esponente del teatro drammaturgico del novecento fu Eduardo De Filippo. Egli, figlio del già citato Eduardo Scarpetta, riuscì a ripristinare il dialetto all'interno dell'opera teatrale, eliminando la diffusa concezione dei tempi addietro che definivano l'opera dialettale come opera di secondo livello. Con Eduardo, nacque il Teatro popolare.

All'inizio del secolo si fecero sentire forti le influenze delle Avanguardie storiche: Futurismo, Dadaismo e Surrealismo. Soprattutto il futurismo cercò di cambiare l'idea di teatro moderno adattandola alle nuove idee. Filippo Tommaso Marinetti s'interessò di scrivere i vari Manifesti futuristi sulla sua nuova idea di teatro. Insieme a Bruno Corra e Francesco Cangiullo creò quello che fu chiamato Teatro sintetico. In seguito i futuristi costituirono una compagnia, diretta da Rodolfo De Angelis, che fu chiamata Teatro della sorpresa. La presenza di uno scenografo come Enrico Prampolini spostò l'attenzione più sulle scenografie modernissime che sulla recitazione, spesso deludente. Un altro personaggio che frequentò il teatro in questo periodo, senza notevole successo al confronto di altre produzioni letteraria e poetica, fu Gabriele D'Annunzio. Di lui sono rimaste delle tragedie d'ambito classico, vicine al gusto Liberty caratteristico di tutta la produzione del poeta-guerriero.

Nel contempo nacque, e fu un fenomeno tutto italiano o quasi, il Teatro grottesco. Fra gli altri frequentatori di questo genere si possono annoverare Massimo Bontempelli, Luigi Antonelli, Enrico Cavacchioli, Luigi Chiarelli, Rosso di San Secondo e lo stesso Pirandello nelle sue prime commedie.

Nel periodo del Fascismo il teatro fu tenuto in grande considerazione. Nonostante questo il teatro durante il regime non fu un mezzo di propaganda politica, questo era più che altro demandato al cinema, lo spettacolo popolare per eccellenza. Giovanni Gentile stilò un manifesto d'appoggio al regime degli intellettuali italiani. Tra i firmatari alcune figure importanti del teatro del periodo: Luigi Pirandello, Salvatore di Giacomo, Filippo Tommaso Marinetti e Gabriele D'Annunzio. Nel 1925 il filosofo Benedetto Croce contrappose il suo Manifesto degli intellettuali antifascisti, sottoscritto, fra gli altri, dai drammaturghi Roberto Bracco e Sem Benelli. Durante questo periodo furono importanti i due registi della famiglia Bragaglia: Carlo Ludovico e Anton Giulio che si affiancarono alle produzioni più sperimentali del periodo, in seguito passarono al cinema.

Il secondo dopoguerra fu caratterizzato dal Teatro di rivista. Questo era già presente in precedenza con grandi attori-autori come Ettore Petrolini. Dalla rivista s'imposero attori come Erminio Macario e Totò. Poi furono importanti anche le grandi compagnie come quella di Dario Niccodemi e attori del livello di Eleonora Duse, Ruggero Ruggeri, Memo Benassi e Sergio Tofano. Altrettanto importante fu l'apporto dei grandi registi, nel teatro italiano del dopoguerra come Giorgio Strehler, Luchino Visconti e Luca Ronconi. Un esperimento interessante fu quello di Dario Fo, che fu molto influenzato dal Teatro epico e politico di Bertolt Brecht, ma contemporaneamente restituì al teatro italiano la centralità dell'attore puro in termini ruzanteschi con la sua opera Mistero buffo che con il grammelot ci consegnava il teatro dei buffoni e cantastorie del medioevo.

La seconda metà del secolo

Lo stesso argomento in dettaglio: Avanguardie teatrali in Italia negli anni '60 e '70.

Più legato allo sperimentalismo è stato il teatro di Carmelo Bene. Anche l'attore-drammaturgo pugliese cercò di riportare al centro dell'attenzione la recitazione, rimaneggiando i testi del passato, da Shakespeare a Alfred De Musset, ma anche Manzoni e Majakovskij. Merita inoltre di essere ricordata l'esperienza del drammaturgo lombardo Giovanni Testori, per l'ampiezza del suo impegno - fu scrittore, regista, impresario -, la multiformità dei generi praticati, lo sperimentalismo linguistico[1]: egli lavorò lungamente con l'attore Franco Branciaroli ed insieme hanno influenzato profondamente il teatro milanese del dopoguerra.

Mario Ricci-Lungo viaggio di Ulisse. Teatro Abaco-1972-Foto Agnese De Donato

È il 1959 l’anno dell’esordio a Roma di tre figure centrali della nuova scena italiana. Oltre a Carmelo Bene (attore con Alberto Ruggiero), Claudio Remondi e Carlo Quartucci (con lui esordisce Leo De Berardinis): si ha una vera rivoluzione, dove il testo non è più da servire, da mettere in scena, ma l’occasione, il pretesto per un'operazione che trova la sua ragione direttamente sulla scena, (La Scrittura scenica[2]). Sul finire degli anni ’60, il Nuovo Teatro[3] risente fortemente del clima di rinnovamento culturale della società occidentale, si contamina con le altre arti e le ipotesi delle Avanguardie di Inizio secolo. Con Mario Ricci, poi con Giancarlo Nanni, entrambi provenienti dalla pittura, una seconda stagione prenderà il nome di Teatro Immagine[4], proseguita da Giuliano Vasilicò, Memè Perlini, il Patagruppo, Pippo di Marca, Silvio Benedetto e Alida Giardina con il loro Teatro Autonomo di Roma. [5] Un teatro aveva spesso sede in ‘cantine’, spazi alternativi, fra tutti il teatro Beat ’72 di Roma, di Ulisse Benedetti e Simone Carella.Nella seconda parte degli anni ’70 è la terza avanguardia, battezzata dal decano dei critici specializzati Giuseppe Bartolucci, Postavanguardia[6] , un teatro caratterizzato da un copioso uso della tecnologia (amplificazioni, immagini, filmati), e la marginalità del testo, con gruppi come Il Carrozzone (poi Magazzini Criminali), La Gaia Scienza, Falso Movimento, Teatro Studio di Caserta, Dal Bosco-Varesco.

Lo sperimentalismo di fine secolo ci porta verso nuove frontiere dell'arte teatrale, consegnata in Italia a nuove compagnie come i Magazzini Criminali, i Krypton e Socìetas Raffaello Sanzio, ma anche compagnie frequentatrici di un teatro più classico come la compagnia del Teatro dell'Elfo di Gabriele Salvatores. Il teatro italiano di fine secolo si è avvalso anche dell'opera dell'autore-attore Paolo Poli. Fra i grandi attori di parola del '900 sono da ricordare Vittorio Gassman, Giorgio Albertazzi, Enrico Maria Salerno. Di recente si sono affermati, in campo teatrale, dei monologhisti importanti come Marco Paolini e Ascanio Celestini, autori di un teatro di narrazione basato su un approfondito lavoro di ricerca.

Note

  1. ^ Copia archiviata, su railibro.rai.it. URL consultato il 6 aprile 2013 (archiviato dall'url originale il 7 maggio 2007).
  2. ^ Micle Contorno, Cento storie sul filo della memoria, su Titivillus, 19 luglio 2019. URL consultato il 9 marzo 2020.
  3. ^ Salvatore MARGIOTTA,, Il Nuovo Teatro in Italia 1968-1975., su Titivillus, 19 luglio 2019. URL consultato il 9 marzo 2020.
  4. ^ Giuseppe Bartolucci, Teatro corpo – Teatro immagine, Marsilio Editori, 1970.
  5. ^ Cento storie sul filo della memoria -Il nuovo Teatro in Italia negli anni '70- a cura di Enzo Gualtiero Bargiacchi e Rodolfo Sacchettini. Ed. Titivillus, pagg 66, 67
  6. ^ Giuseppe Bartolucci, Testi critici 1964-1987, Bulzoni Editore], 2007.

Bibliografia

  • Teatro Italiano, Londra, 1800
  • P. Emiliani Giudici, Storia del teatro in Italia: Introduzione, Le Monnier, 1869
  • D'Ancona Alessandro, Origini del teatro italiano, Loescher, 1891
  • Sanesi Irineo, Commedie del Cinquecento, Laterza, 1912
  • Antonini Giacomo, Il teatro contemporaneo in Italia, Corbaccio, 1927
  • La crisi del teatro, 1931
  • D'Amico, Silvio Il teatro italiano, Cosmopoli, 1932
  • Storia del teatro italiano, Bomi, 1936
  • Toschi Paolo, Le origini del teatro italiano, Boringhieri, 1955
  • Pandolfi Vito, Teatro italiano contemporaneo 1945-1959, Schwarz, 1959
  • M.T. Herrick, Italian comedy in the Renaissance, Illinois Press, 1960
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