Il settimo sigillo
Il settimo sigillo (Det sjunde inseglet) è un film svedese del 1957 diretto da Ingmar Bergman. È la trasposizione cinematografica della pièce teatrale Pittura su legno (Trämålning) che lo stesso Bergman aveva scritto nel 1955 per la sua compagnia di attori teatrali.
Presentato in concorso al 10º Festival di Cannes, il film vinse il Premio Speciale della Giuria, ex aequo con I dannati di Varsavia di Andrzej Wajda.[1]
Trama[modifica | modifica wikitesto]
«Quando l'Agnello aperse il settimo sigillo, nel cielo si fece un silenzio di circa mezz'ora e vidi i sette angeli che stavano dinnanzi a Dio e furono loro date sette trombe» |
(Apocalisse, 8,I[2] frase che apre il film) |
In un Nord Europa dove imperversano peste e disperazione tornano dalle crociate in Terra Santa il nobile cavaliere Antonius Block e il suo scudiero nichilista Jöns. Sulla spiaggia, al suo arrivo, il cavaliere trova ad attenderlo la Morte, che ha scelto quel momento per portarlo via. Block decide di sfidarla a scacchi, per rimandare la sua dipartita, e la Morte acconsente al rinvio.
Durante il rinvio concessogli dalla Morte, Antonius e il suo scudiero Jöns incontrano parecchie persone. Molti, presi dalla paura della morte, si sottopongono a violente pratiche per l'espiazione dei propri peccati, altri inseguono gli ultimi piaceri prima della fine. Jöns salva anche una donna da Raval, un uomo che dieci anni prima aveva convinto il cavaliere a intraprendere la crociata.
I due assistono anche ad uno spettacolo teatrale messo in scena da dei saltimbanchi guidati dall'attore-manager Skat, che durante la rappresentazione, fuggirà con la moglie di un fabbro.
Il cavaliere s'imbatte poi proprio nella famiglia di saltimbanchi abbandonata da Skat: Jof, Mia e il loro piccolino Mikael. La famiglia non sembra accorgersi della tragedia che li circonda, uniti solo dall'amore reciproco e da un sincero rispetto. Questo incontro aiuterà Antonius a mettere da parte la sua angosciosa ricerca di Dio e di conseguenza accetterà il suo destino non prima di un ultimo gesto significativo: salvare dalla Morte la famigliola.
Dopo aver distratto la Morte per permettere a Jof, Mia e Mikael la fuga, il cavaliere raggiunge il suo castello, dove si ricongiunge con la moglie Karin e dove gusta un ultimo banchetto con i suoi compagni di viaggio: il fido scudiero, la donna che questi ha salvato, il fabbro e sua moglie, prima che la Morte venga a prenderli.
Nel finale il saltimbanco Jof ha una visione: su una collina distante vede il cavaliere, lo scudiero, il fabbro e la moglie, Raval e Skat, guidati dalla Morte in una danza macabra.
Produzione[modifica | modifica wikitesto]

«L'idea venne a Bergman contemplando gli affreschi delle chiese medievali: menestrelli ambulanti, appestati, flagellanti, streghe sul rogo, crociati e poi la Morte che gioca a scacchi. Il soggetto deriva peraltro da un atto unico scritto da lui stesso nel 1954 per un saggio di recitazione degli allievi dell'Accademia Drammatica di Malmö. Era una breve rappresentazione scenica di una cinquantina di minuti, intitolata Pittura su legno, e servì molto bene per l'uso cui era destinata. Conteneva parti per tutti gli allievi. Ce n'era anche una per il meno dotato: quella del cavaliere muto perché i saraceni gli avevano mozzato la lingua».[3] Nel film rimane questa idea del mutismo nel personaggio della giovane che segue lo scudiero interpretato da Gunnel Lindblom. In tutto il film non pronuncia parola e la sua battuta finale, «L'ora è venuta», appare come miracolosa.
Un paio d'anni dopo ascoltando i Carmina Burana di Carl Orff, ebbe l'idea di trasformare il dramma Pittura su legno in un film e di scrivere, quindi, Il settimo sigillo. Il produttore, sulle prime, non volle saperne, cambiando idea solo dopo il successo di Sorrisi di una notte d'estate al Festival di Cannes. Accettò, comunque con riserva, raccomandandosi col regista di far durare le riprese non più di un mese. Il film fu girato, in parte a Hovs hallar, nella riserva naturale di Scane, dove in seguito si tennero le riprese, a cura dello stesso regista, del film L'ora del lupo; in parte negli atrii del Castello Reale di Råsunda; in parte nella vecchia Città dei Film (Filmstaden) di Solna.
Analisi[modifica | modifica wikitesto]
La neutralità di questa voce o sezione sull'argomento film è stata messa in dubbio.
|
«In queste tenebre dove tu affermi di essere, dove noi presumibilmente siamo... in queste tenebre non troverai nessuno che ascolti le tue grida o si commuova della tua sofferenza. Asciuga le tue lacrime e specchiati nella tua stessa indifferenza...» |
(Jöns ad Antonius[4]) |
Molto interessante per penetrare nell'ambientazione livida del medioevo, e anche per la esatta comprensione delle tematiche del film, è quanto lo stesso Ingmar Bergman racconta intorno alla ispirazione del suo lavoro, avuta fin da bambino e coltivata fino alla realizzazione, avvenuta circa trentacinque anni dopo.

Più che il tema del trapasso, questo film ci pone di fronte a un interrogativo più grande, e cioè il rapporto tra l'uomo e l'onnipotente, di fronte alla caducità della vita, attraverso un percorso che porta il protagonista a confrontarsi con la paura e la disperazione degli uomini di fronte alla morte, un timore che è anche sinonimo della mancanza di fede.
Secondo un'interpretazione il messaggio del film è che la fede vince anche la morte, che è anche il messaggio originario dell'Apocalisse[5].
Tutta la problematica esistenziale del cinema di Bergman viene espressa in questo film che inaugura la tematica religiosa, anticipando il tema dello specchio, quella dell'uomo che non comprende il valore del suo essere uomo e quello della paura.
I personaggi centrali del film sono il cavaliere che possiede la fede ma è assalito dal dubbio e lo scudiero materialista e indifferente. Il cavaliere, che ritorna deluso dalla crociata, attraversa un periodo di crisi e confidandosi con il monaco, che in realtà è la Morte travestita, dice che il suo cuore è vuoto come uno specchio, pieno di paura e indifferenza verso i suoi irriconoscibili simili e alla domanda della Morte: "Non credi che sarebbe meglio morire?" il cavaliere risponde che l'ignoto lo atterrisce e che vorrebbe avere la certezza dell'esistenza di Dio, perché se Dio non esistesse, l'intera esistenza sarebbe un vuoto senza fine.
Per chiarire il ruolo dei personaggi che ruotano attorno al protagonista, si deve senz'altro notare la figura della Morte, che da altero giudice si dimostra un meschino messo del Fato, pronto a tutto pur di intessere una fallace "pedagogia della paura", mirata ad atterrire gli abitanti del villaggio, che inermi aspettano l'ultima ora; il saggio scudiero Jöns simboleggia invece la ragione tomistica, pronta a dispensare suggerimenti e giudizi su tutto e tutti, ma che in effetti cela nel suo sguardo il terrore dell'avvenire; enigmatica risulta la presenza della donna muta, che quasi prepara tutti con il suo eloquente silenzio a qualcosa di troppo grande per essere pensato o temuto: solo la fervida attesa e la cosciente preghiera consola l'animo umano ed è questo il messaggio morale che la donna lascia nella sua unica e ultima frase "l'ora è venuta". Infine è necessario sottolineare come la famiglia costituita da Jof, Mia e Mikael è senz'altro l'allegoria della Sacra famiglia, che offre un timbro solenne a questo cinematografico inno alla vita.
Come scrive Nino Ghelli[6], «L'autentico significato del film consiste nella rinuncia da parte dell'autore a fornire una risposta univoca all'angoscioso problema del crociato: egli ne ha invece adombrata una soluzione nella salvezza della Grazia che assiste i semplici. Una speranza, quindi, e al tempo stesso un monito». L'ambientazione trecentesca aiuta a contestualizzare la concezione religiosa suggellata dal capolavoro di Bergman: la crisi del '300 e specialmente la diffusione della peste permisero il crollo della "religione delle certezze" tipicamente medievale e dantesca, dove non esisteva il dubbio ma solo la piena e spesso passiva fede cristiana, accompagnata dalla ragione, che aiutava l'uomo a comprendere buona parte delle tematiche bibliche. Ma se questi erano i dettami della Chiesa e del tomismo, la confessione di Antonius sancisce la nascita di un credo più dilemmatico, che induce a riflettere sull'oscuro ignoto metafisico, ma allo stesso tempo più consapevole. Non c'è più l'individuo che si perde nel guazzabuglio delle sue angosce e delle sue inquietudini, ma questo invece, confortato dalla collettività, dall'amore, dalla famiglia e da sensazioni fortemente laiche, si appressa al Giudizio Finale, credendo in un Dio, sensibilmente lontano, ma umanamente misericordioso, che ricompensa la carità. La carità che Antonius ha con la famiglia di saltimbanchi, che lo aveva salvato dalla sua fede angosciante; lui stesso dice infatti che "la fede è una pena così dolorosa: è come amare qualcuno che è lì fuori e che non si mostra mai per quanto lo si invochi".
Questa pellicola si unisce insomma alle voci di Iacopone da Todi, Francesco Petrarca, Ugo Foscolo: tante domande e poche risposte sull'onnipresente senso della morte. Il regista svedese riesce tuttavia a superare la concezione letteraria, sbarazzandosi nettamente del foscoliano "nulla eterno": solo apprezzando ciò che si ha, "senza pensare al traguardo" direbbe Orazio, l'uomo riesce a vivere in piena armonia con la sua coscienza.
Tutto il film è di grande suggestione e Bergman usa in modo magistrale luci e ombre, come nella scena in cui il cavaliere gioca con la Morte agli scacchi. Il bianco e il nero della scacchiera vengono presentati con un forte contrasto di chiari e scuri nelle sequenze che illustrano simbolicamente i sigilli dell'Apocalisse.
Alla buona riuscita del film contribuì il cast, composto da Max von Sydow, uscito dalla scuola d'arte di Stoccolma, nelle vesti del protagonista, da una brillante Bibi Andersson alla sua prima esperienza e da Nils Poppe, attore comico, alle prese per la prima volta con un ruolo drammatico.
Distribuzione[modifica | modifica wikitesto]
Date di uscita e titoli internazionali[modifica | modifica wikitesto]
- Svezia: 16 febbraio 1957
- Germania Ovest: 24 agosto 1957 (Das siebente Siegel)
- Francia: 11 dicembre 1957 (Le septième sceau)
- Italia: 6 agosto 1958
- Finlandia: 26 settembre 1958 (Seitsemäs sinetti)
- Stati Uniti d'America: 13 ottobre 1958 (The Seventh Seal)
- Belgio: 24 ottobre 1958 (Het zevende zegel) / Le septième sceau)
- Brasile: 27 luglio 1959 (O Sétimo Selo)
- Grecia: 2 gennaio 1960 (I evdomi sfragida)
- Danimarca: 29 gennaio 1960 (Det syvende segl)
- Hong Kong: 30 marzo 1961 (第七印)
- Australia: 14 maggio 1962 (The Seventh Seal)
- Portogallo: 23 ottobre 1963 (O Sétimo Selo)
- Giappone: 9 novembre 1963 (第七の封印)
- Germania Est: 10 agosto 1971 (Das siebente Siegel)
- Messico: 30 giugno 2002 (El séptimo sello)
- Repubblica Ceca: 1º maggio 2004 (Sedmá pečeť)
- Polonia: 5 gennaio 2007 (Siódma pieczęć)
- Regno Unito: 20 luglio 2007 (The Seventh Seal)
Edizione italiana[modifica | modifica wikitesto]
Il doppiaggio italiano del film è stato eseguito presso la Fono Roma con la partecipazione della C.D.C. su dialoghi di Franco Dal Cer.
Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]
- 1957 - Festival di Cannes
- Premio speciale della giuria (ex aequo con I dannati di Varsavia di Andrzej Wajda)
- 1960 - Semana Internacional de Cine de Valladolid
- Lábaro de oro
- 1961 - Nastro d'argento
- Regista del miglior film straniero
- 1962 - Cinema Writers Circle Awards
- Migliore film straniero
- 1962 - Fotogramas de Plata
- Migliore attore straniero (Max von Sydow)
Influenza culturale[modifica | modifica wikitesto]
Questa voce o sezione sull'argomento film è ritenuta da controllare.
|
- Risale al 1969 l'omonima canzone del cantautore americano Scott Walker, incentrata su questo film e inclusa nel disco Scott 4.
- Nel 1975 il film di Woody Allen Amore e guerra cita il finale nel film, infatti il protagonista alla fine del film balla assieme alla Morte.
- Nel 1983 il Michael Schenker Group gira il video di Rock Will Never Die. Tra i protagonisti del video c'è anche la famosa Morte bergmaniana.
- Nel 1993 il film Last Action Hero di John McTiernan cita il film di Bergman nel finale.
- Nel 1997 il film Strade perdute di David Lynch presenta un personaggio che ricorda molto la Morte di Bergman: un uomo misterioso, truccato in modo molto simile (cerone bianco, sopracciglia rasate, pettinatura che ricorda il cappuccio nero e iconico sorriso sornione), chiaramente non appartenente al mondo materiale, che perseguita il protagonista.
- Il fumetto di Tiziano Sclavi Dylan Dog numero 66: Partita con la morte è una lunga citazione del film.
- Alcune scene della partita a scacchi tra la Morte e il cavaliere appaiono nel film Giovanni Falcone (1993) di Giuseppe Ferrara.
- Nell'album Balance dei Van Halen, pubblicato nel 1995, la prima canzone si intitola The Seventh Seal.
- Il singolo Special K del gruppo musicale britannico Placebo, uscito nel 2000, contiene un esplicito riferimento all'opera di Bergman ("Can this saviour be for real, or are you just my seventh seal?").
- Il terzo album del rapper statunitense Rakim si intitola The Seventh Seal.
- A questo film è ispirato il videoclip per il brano Atlantic (Keane) contenuto dell'album "Under The Iron Sea"
- In Rifkin's Festival (2020), Woody Allen riprende nuovamente il personaggio della Morte (interpretata da Christoph Waltz), questa volta per parodiare la scena della partita a scacchi.
- In Come un gatto in tangenziale - Ritorno a Coccia di Morto (2021), in un sogno, suor Maria Forchetta (Angela Pagano) appare a Monica (Paola Cortellesi) nei panni della Morte. Nella scena finale viene citata la celebre partita a scacchi con le due che giocano invece a scopa sulla spiaggia.
- (2006) I Death SS, storica band heavy metal Italiana, per il settimo album si ispireranno allo stesso film traendo fuori l'album dal titolo omonimo The Seventh Seal contenente la title track con lo stesso titolo.
- (2023) Il video di Ghosts Again dei Depeche Mode
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ (EN) Awards 1957, su festival-cannes.fr. URL consultato il 4 giugno 2011 (archiviato dall'url originale il 25 dicembre 2013).
- ^ Apocalisse 8,I, su laparola.net.
- ^ Sergio Trasatti, Ingmar Bergman, L'Unità / Il Castoro, 1995, p. 33.
- ^ Il settimo sigillo (1994), sceneggiatura del film, Iperborea, p. 83
- ^ Avvenire, 10 maggio 2009.
- ^ Nino Ghelli, Il settimo sigillo, "Rivista del cinematografo", n. 3, 1960, pag. 96
Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]
- Fabrizio Marini, Ingmar Bergman. Il settimo sigillo, Lindau, 2002, ISBN 88-7180-410-4.
- Ingmar Bergman, Il settimo sigillo, sceneggiatura del film, Iperborea, 1994, ISBN 88-7091-041-5.
- Ingmar Bergman, Pittura su legno, Einaudi, 1995, ISBN 88-06-16036-2.
- Sergio Trasatti, Ingmar Bergman, Il Castoro, 2011, ISBN 978-88-8033-592-4.
Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]
Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]
Wikiquote contiene citazioni di o su Il settimo sigillo
Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Il settimo sigillo
Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]
- (EN) Il settimo sigillo, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
- Il settimo sigillo, su CineDataBase, Rivista del cinematografo.
- Il settimo sigillo, su MYmovies.it, Mo-Net Srl.
- Il settimo sigillo, su Il mondo dei doppiatori, AntonioGenna.net.
- (EN) Il settimo sigillo, su Internet Movie Database, IMDb.com.
- (EN) Il settimo sigillo, su AllMovie, All Media Network.
- (EN) Il settimo sigillo, su Rotten Tomatoes, Flixster Inc.
- (EN, ES) Il settimo sigillo, su FilmAffinity.
- (EN) Il settimo sigillo, su Metacritic, Red Ventures.
- (EN) Il settimo sigillo, su Box Office Mojo, IMDb.com.
- (EN) Il settimo sigillo, su TV.com, Red Ventures (archiviato dall'url originale il 1º gennaio 2012).
Controllo di autorità | VIAF (EN) 214004599 · LCCN (EN) n2003046688 · GND (DE) 4710750-9 |
---|