Aero Espresso Italiana

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Aero Espresso Italiana
StatoBandiera dell'Italia Italia
Forma societariaSocietà anonima
Fondazione12 dicembre 1923 a Roma
Chiusura31 agosto 1935
Sede principaleRoma
SettoreTrasporto
Prodotticompagnia aerea
Compagnia aerea di bandiera
Primo volo1926
Ultimo volo1935
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La Società Anonima Aero Espresso Italiana[1] (anche Aeroespresso del Levante) fu la prima aerolinea italiana, per gestire la linea Brindisi-Atene-Costantinopoli.

Francobollo greco dedicato all'Aero Espresso Italiana.

La società, nata nel 1923 ma operativa dal 1926, aveva sede a Roma che operò, come era consuetudine nel periodo, servizi di trasporto passeggeri e di posta aerea internazionali tra gli anni venti e gli anni trenta. Rimase attiva fino al suo assorbimento, nel 1935 della compagnia di bandiera statale Ala Littoria.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Fondata a Roma il 12 dicembre 1923. Successivamente, in data 7 maggio 1924, fu stipulata una convenzione tra il vice commissario per l'aeronautica (in rappresentanza dello Stato Italiano) ed i legali rappresentanti della società A.E.I. (con sede in Roma) per l'impianto e l'esercizio di una linea commerciale tra l'Italia, la Grecia e la Turchia. Detta convenzione fu approvata con il Regio Decreto Legge n° 1815 del 27 luglio 1924[2].

Nonostante un periodo di attività estremamente breve (1926-1935), l'importanza di tale compagnia aerea è dovuta al fatto che fu la prima a stipulare una convenzione postale tra l'Italia e l'Estero, la prima a collegarsi alle rotte aeree internazionali operate dalla compagnia francese Compagnie internationale de navigation aérienne (C.I.D.N.A.), della tedesca Deutsche Luft Hansa (DLH) e della britannica Imperial Airways.

Il 1º agosto 1926, con la partenza dalla città di Brindisi, festosa ed acclamante, dell'idrovolante guidato da Umberto Maddalena ebbe inizio il periodo sperimentale dell'attività dell'A.E.I. sulla rotta Brindisi-Atene-Istanbul, durato fino al 31 dicembre 1926.[3] Dopo una sospensione di circa quattro mesi, dal 1º maggio 1927 la società svolse la sua attività a pieno regime, per poi estendersi, dal 1930, sino a Rodi e ad altre isole dell'Egeo, svolgendo così un'intensa attività commerciale, civile e postale.

L'A.E.I. si avvaleva principalmente, per l'assistenza, il decollo e l'ammaraggio dei suoi idrovolanti, di quattro idroscali situati a Brindisi (idroscalo civile), ad Atene (idroscalo del Falero), ad Istanbul (idroscalo di Buyuk-Derè, Büyükdere, Distretto di Sarıyer), a Rodi (Idroscalo di Rodi-Mandracchio).

Il 31 agosto 1935 venne ufficialmente assorbita, come tutte le altre società aeree nazionali dell'epoca, dalla compagnia di regime Ala Littoria.

Flotta[modifica | modifica wikitesto]

(lista parziale)

operò con due esemplari.[5]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Disegni e proposte di legge e incarti delle commissioni (1848-1943), su archivio.camera.it. URL consultato il 21 ottobre 2016 (archiviato dall'url originale il 26 ottobre 2016).
  2. ^ L. 21 marzo 1926, n. 597. Conversione in legge, con approvazione complessiva, decreti luogotenenziali e regi aventi per oggetto argomenti diversi. (PDF). URL consultato il 26 ottobre 2021 (archiviato dall'url originale il 2 giugno 2016).
    «MINISTERO DELL'AERONAUTICA. 27 luglio 1924, n. 1815. Approvazione della convenzione in data 7 maggio 1924 per l'impianto e l'esercizio di una linea aerea commerciale tra l'Italia, la Grecia e la Turchia.»
  3. ^ Paolo Ferrari, L'aeronautica italiana. Una storia del Novecento, FrancoAngeli Storia, 2005, p. 74 e p. 472, ISBN 88-464-5109-0.
  4. ^ (EN) ASN Wikibase Occurrence # 15002, su Aviation Safety Network, https://aviation-safety.net/index.php. URL consultato il 28 settembre 2014.
  5. ^ A.E.C.L - Aéromodélisme Club Lutry, SIAI S.16ter - 1923.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Paolo Ferrari (a cura di), L'aeronautica italiana. Una storia del Novecento, Milano, Franco Angeli Storia, 2005, p. 74, ISBN 88-464-5109-0.
  • Guido Mannone, Le Ali del Littorio - Piccola Storia dell'Aviazione Civile Italiana, Milano, Grafica Bierre, 2004.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]