Tiroidite di Hashimoto: differenze tra le versioni

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==== Selenio ====
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Sebbene le linee guida di pratica clinica corrente per l'ipotiroidismo negli adulti non indicano alcuna supplementazione di [[Selenio negli alimenti|selenio]], uno studio di 1 anno su 46 pazienti ha affermato che la supplementazione di 80 [[micro|μg ]]<nowiki/>al giorno di selenio rallenta diversi marcatori della progressione della malattia. Un altro studio che ha confrontato la somministrazione di 100 μg e 200 μg di selenio combinato con levotiroxina in 88 pazienti di sesso femminile per più di 9 mesi ha affermato che 200 μg di selenio sono risultati più efficaci. Nel 2013 una review sistematica ha affermato che non vi sono ancora prove sufficienti per sostenere in via definitiva o smentire l'efficacia del selenio nella tiroidite di Hashimoto, e sono necessari più studi clinici prima che l'efficacia possa essere provata.
Sebbene le linee guida di pratica clinica corrente per l'ipotiroidismo negli adulti non indicano alcuna supplementazione di [[Selenio negli alimenti|selenio]]<ref>{{Cita web|autore = ATA/AACE|url = http://aace.metapress.com/content/611883025v735392/HypothyroidismGuidelines_ESM.pdf|titolo = Guidelines for Hypothyroidism in Adults|accesso = |editore = |data = }}</ref>, uno studio di 1 anno su 46 pazienti ha affermato che la supplementazione di 80 [[micro|μg ]]<nowiki/>al giorno di selenio rallenta diversi marcatori della progressione della malattia<ref>{{Cita web|autore = Nacamulli, D., Mian, C., Petricca, D., Lazzarotto, F., Barollo, S., Pozza, D., Masiero, S., Faggian, D., Plebani, M., Girelli, M. E., Mantero, F. and Betterle.|url = http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/j.1365-2265.2009.03758.x/abstract;jsessionid=337BB98C9873BC2330326922E64A0CAF.f01t04|titolo = Influence of physiological dietary selenium supplementation on the natural course of autoimmune thyroiditis|accesso = |editore = |data = }}</ref>. Un altro studio che ha confrontato la somministrazione di 100 μg e 200 μg di selenio combinato con levotiroxina in 88 pazienti di sesso femminile per più di 9 mesi ha affermato che 200 μg di selenio sono risultati più efficaci<ref>{{Cita web|autore = Omer Turker, Kamil Kumanlioglu, Inanc Karapolat and
Ismail Dogan.|url = http://joe.endocrinology-journals.org/content/190/1/151|titolo = Selenium treatment in autoimmune thyroiditis: 9-month follow-up with variable doses|accesso = |editore = |data = }}</ref>. Nel 2013 una review sistematica ha affermato che non vi sono ancora prove sufficienti per sostenere in via definitiva o smentire l'efficacia del selenio nella tiroidite di Hashimoto, e sono necessari più studi clinici prima che l'efficacia possa essere provata<ref>{{Cita web|autore = Esther J van Zuuren, Amira Y Albusta, Zbys Fedorowicz, Ben Carter4, Hanno Pijl.|url = http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/14651858.CD010223.pub2/abstract|titolo = Selenium supplementation for Hashimoto's thyroiditis.|accesso = |editore = |data = }}</ref>.


Come [[integratore alimentare]], la [[FDA]] raccomanda almeno 55 μg al giorno di selenio per gli adulti con un livello di assunzione tollerabile superiore a 400 μg.
Come [[integratore alimentare]], la [[FDA]] raccomanda almeno 55 μg al giorno di selenio per gli adulti con un livello di assunzione tollerabile superiore a 400 μg<ref>{{Cita web|autore = Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti d'America.|url = http://ods.od.nih.gov/factsheets/Selenium-HealthProfessional/|titolo = Dietary Supplement Fact Sheet|accesso = |editore = |data = }}</ref>.


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Versione delle 02:59, 5 feb 2015

Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.
Tiroidite di Hashimoto
Specialitàendocrinologia
Classificazione e risorse esterne (EN)
ICD-9-CM245.2
ICD-10E06.3
OMIM140300
MeSHD050031
MedlinePlus000371
eMedicine120937
Eponimi
Hakaru Hashimoto
Hakaru Hashimoto

La tiroidite di Hashimoto o tiroidite cronica autoimmune, descritta per la prima volta dallo specialista Hakaru Hashimoto nel 1912, è tra le più comuni e frequenti patologie tiroidee, la prima causa di ipotiroidismo primario, specie nelle aree geografiche a scarso apporto iodico, con una prevalenza del 5-15% nelle donne e del 1-5% negli uomini. Qualora si prendano in considerazione anche le forme asintomatiche, caratterizzate dall’esclusiva positività anticorpale, esse sembrano costituire in assoluto la più frequente tireopatia, soprattutto se si considerano le aree non iodio-carenti.

La patologia è tendenzialmente sottodiagnosticata, e viene rilevata nel corso di visite o esami clinici effettuati per altre ragioni.[1]

Spesse volte viene diagnosticata l'ipofunzione della ghiandola tiroidea senza mai che si indaghi la componente autoimmune. Questa componente risulta fondamentale soprattutto nelle diagnosi in soggetti eutiroidei, nei quali non sono ancora presenti alterazioni dei valori ormonali. La variante Hashimoto è quindi assai sottostimata, e si tende a considerarla comunemente tiroidite. A conferma di ciò, è possibile osservare il trend di ricerca dei termini Hashimoto e Ipotiroidismo su Google, nei quali prevale nettamente la ricerca del termine Ipotiroidismo.

File:Ipotiroidismo vs Hashimoto.png
Trend di ricerca delle parole Hashimoto (in blu) e Ipotiroidismo (in rosso).

Fisiopatologia

I meccanismi del danno d’organo sono complessi e comprendono la partecipazione dell’immunità umorale e di quella cellulo-mediata.

La malattia è organo-specifica, a patogenesi autoimmune, caratterizzata morfologicamente da una cronica infiltrazione linfocitaria e da frequente evoluzione verso l’ipotiroidismo. Le cellule infiammatorie predominanti nel tessuto tiroideo sono linfociti T CD4 helper. Il meccanismo di attivazione dei linfociti non è noto, ma si pensa possa avvenire a seguito di microchimerismo molecolare da parte di agenti esogeni, o per attivazione diretta di molecole presenti sulla superficie cellulare del tireocita. Una volta attivato, il linfocita produce diverse citochine che perpetuano e rendono cronico il processo infiammatorio autoimmune. Questo processo, unitamente all’infiltrazione linfocitaria, comporta una riduzione della sintesi degli ormoni tiroidei causata dalla distruzione apoptotica dei tireociti. Si determinano così, al contempo, una riduzione della capacità di organificare lo iodio intratiroideo e un rilascio di iodioproteine (tireoglobulina) da parte dei tireociti lisati.

La positività degli autoanticorpi circolanti anti-tireoperossidasi (anti-TPO) presenti nel 90-100% dei casi, e anti-tireoglobulina (anti-TG) presenti nell'80-90% dei casi, sottende la patogenesi autoimmune e, al tempo stesso, ha un fondamentale significato diagnostico. Raramente è possibile osservare fasi transitorie di iperfunzione (tireotossicosi), legate a rapida progressione del danno parenchimale con dismissione di ormone preformato, o a fasi di ipersecrezione mediate da anticorpi stimolanti il recettore del TSH (anti-TS) dette hashitossicosi. Possono occasionalmente comparire anche anticorpi bloccanti il recettore del TSH (anti-TB), responsabili della variante relativa al mixedema idiopatico (o morbo di Gull). Anticorpi stimolanti e bloccanti (gruppo anti-TSHR) si riscontrano nel 10-20% dei casi di tiroidite di Hashimoto. In casi rari si è riscontrata un'evoluzione dall'ipotiroidismo all'ipertiroidismo dovuta al cambiamento degli anticorpi verso i recettori del TSH da bloccanti a stimolanti.

Il meccanismo umorale tuttavia sembra avere un ruolo di secondo piano. Infatti, a differenza di quanto accade in vitro, gli anti-TPO sembrano incapaci di produrre un danno al tireocita in vivo. A conferma di ciò, questi attraversano la placenta dalla madre senza provocare alcun danno alla tiroide fetale, a differenza degli anti-TB che riescono a bloccare transitoriamente anche la tiroide fetale, suggerendo l'ipotesi che giochino un ruolo di primaria importanza nella patogenesi delle tiroiditi autoimmuni.

Eziopatogenesi e anatomia patologica

Un ruolo importante nella genesi della patologia è giocato dall'apporto iodico: la prevalenza della patologia è più alta nei paesi con maggiore apporto come gli Stati Uniti ed il Giappone. Nei paesi con iodo-deficienza la supplementazione iodica aumenta del 40% la prevalenza di infiltrazione linfocitica della tiroide e degli autoanticorpi nel giro di 1-5 anni.

È dimostrata una correlazione significativa tra la patologia e alcuni antigeni di istocompatibilità (HLA-DR5 e CTLA-4). L'alta prevalenza di tiroidite autoimmune nei pazienti con sindrome di Down e con malattia di Alzheimer ha focalizzato l'attenzione sul cromosoma 21, ma ancora altri disordini genetici sarebbero alla base della patologia autoimmune tiroidea poiché anche nella sindrome di Turner il 50% delle pazienti è affetto da tiroidite.

Trattamenti con citochine (Interleuchina 2 o interferone) possano precipitare la comparsa della patologia, soprattutto in soggetti predisposti.

Non ci sono invece evidenze dirette che alcune infezioni giochino un ruolo negli esseri umani; tuttavia, negli animali diverse infezioni virali possono precipitare una tiroidite autoimmune. Si è visto inoltre che in pazienti con pregressa tiroidite subclinica si può sviluppare a lungo termine una disfunzione autoimmune tiroidea, come se un insulto di tipo infettivo sia necessario per precipitare l’autoimmunità tiroidea in soggetti predisposti. A tal proposito, ricerche suggeriscono un ruolo potenziale dell'herpesvirus umano 6 (probabilmente la variante A) nello sviluppo o nell'attivazione della patologia.

Fattori ambientali prevenibili, inclusi elevato apporto di iodio, carenza di selenio, alcuni farmaci e il tabagismo sono implicati nello sviluppo della malattia in individui geneticamente predisposti.

Il grado di infiltrazione linfocitaria correla con il livello di anticorpi circolanti. La colloide è spesso sparsa. Si osserva fibrosi, soprattutto nelle tiroiditi di vecchia data, e obliterazione dei follicoli tiroidei. Frequente è la rottura della membrana basale follicolare e la distruzione dei tireociti, mentre le restanti cellule epiteliali, patognomoniche della tiroidite cronica, sono solitamente più grandi della norma, chiare e mostrano la presenza di strutture ossifile nel citoplasma.

Istologicamente possono essere distinte due varianti:

  1. Variante ossifila: si caratterizza per la prevalenza di cellule ossifile, e per una prevalenza dell’infiltrazione linfocitaria con formazione di follicoli;
  2. Variante fibrosa: la fibrosi è prevalente, e per tanto ha una maggior probabilità che si sfoci in ipotiroidismo. Questa forma raggiunge la sua massima espressione nel mixedema idiopatico dell’adulto.

Il meccanismo eziopatogenetico alla base delle due forme sembra essere, però, lo stesso.

Clinica

La definizione generale di tiroidite cronica autoimmune comprende le seguenti varianti morfologiche e cliniche:

  • Tiroidite di Hashimoto propriamente detta, caratterizzata da gozzo diffuso con o senza ipotiroidismo;
  • Tiroidite autoimmune asintomatica ad impronta atrofica, definita dalla positività autoanticorpale, in assenza di gozzo o di franco ipotiroidismo;
  • Mixedema idiopatico, che si manifesta con ipotiroidismo conclamato, in assenza di gozzo, con anticorpi spesso negativi.

L'evoluzione in senso ipofunzionale è imprevedibile nel singolo soggetto, poiché può manifestarsi in qualsiasi fase della malattia: talora rappresenta la manifestazione di esordio, ma più frequentemente compare in pazienti con positività anticorpale nota da anni. In molti casi, alla comparsa di segni e sintomi conclamati di ipofunzione segue una fase di ipotiroidismo subclinico definito dall'elevazione isolata dell'ormone tireostimolante (TSH), con normalità degli ormoni tiroidei, in pazienti spesso asintomatici.

La progressione classica consta quindi di tre fasi:

  1. Eutiroidismo;
  2. Ipotiridismo subclinico;
  3. Ipotiroidismo conclamato permanente.

In generale, è stato stimato che i pazienti con anticorpi positivi e/o ipotiroidismo subclinico vadano incontro ad ipotiroidismo conclamato con una frequenza del 2-4% all'anno. La presenza di anticorpi e TSH elevato è fortemente predittiva di un successivo sviluppo di franco ipotiroidismo.

anti-TPO Rischio
1:100 - 1:200 23%
1:490 - 1:800 33%
1:810 33%
anti-TPO TSH Rischio per anno Rischio nei venti anni successivi
Negativi 6 U/mI 2,6% 35%
Positivi 0,5 - 4,2 U/ml 2,1% 27%
Positivi 6 U/mI 4,3% 55%

Sebbene l'incidenza nelle donne sia di 3,5 casi per 1000 abitanti l’anno, contro gli 0,8 casi degli uomini, la progressione verso l'ipotiroidismo conclamato resta più frequente negli uomini, mentre nelle donne la frequenza aumenta in età superiore a 45 anni. La presenza in gravidanza degli autoanticorpi anti-tireoperossidasi aumenta la probabilità di tiroidite post-partum del 10-33%.

Nel paziente da lungo tempo affetto da tiroidite cronica i disturbi clinici avvertiti sono quelli tipici dell’ipotiroidismo, salvo rare manifestazioni di tireotossicosi o hashitossicosi. Del tutto eccezionale (1-5% dei casi) è la presenza di esoftalmo simile ad oftalmopatia di Graves.

Spesso la patologia è associata ad altre malattie autoimmunitarie organo-specifiche quali anemia perniciosa, malattia di Addison, ipoparatiroidismo autoimmune, diabete mellito di tipo 1, gastrite cronica atrofica autoimmune, vitiligine, miastenia grave, cirrosi biliare primitiva, porpora trombocitopenica idiopatica, menopausa precoce, malattia celiaca, ipofisite linfocitaria e sindrome di Sjogren. Questo fenomeno può essere una semplice associazione di patologie autoimmuni o può configurare un quadro più complesso di sindrome polighiandolare autoimmune di primo o secondo tipo.

Il volume tiroideo può essere aumentato nella maggior parte dei casi, altrimenti normale o ridotto nella forma atrofica. Frequente è infatti la comparsa di gozzo, talora con aree pseudo-nodulari, che insorge solitamente in modo graduale, indolente, senza provocare disturbi al paziente, e sebbene lo sviluppo di atrofia tiroidea dovrebbe essere il risultato finale della distruzione autoimmune della ghiandola, la progressione del gozzo verso lo stato atrofico non è di così comune riscontro. La presenza di uno o più noduli, identificabili ecograficamente, può richiedere approfondimento citologico, per escludere una eventuale patologia neoproduttiva concomitante. Atal proposito, le tiroiditi croniche hanno un maggior rischio di sviluppo di neoplasie quali il carcinoma differenziato della tiroide e il linfoma, pertanto va sempre sospettato lo sviluppo di una neoplasia tiroidea in un paziente con tiroidite cronica, in cui in corso di terapia sostitutiva si osserva la comparsa di un nodulo o se il volume ghiandolare aumenta rapidamente. Va ricordato però che la presenza di tiroidite di Hashimoto è un fattore prognostico favorevole in un paziente con carcinoma papillifero.

Segni e sintomi

Considerando le tiroiditi autoimmuni nel loro insieme, si può dire che il quadro obiettivo-sintomatologico è assai variabile nei singoli soggetti, dall’assoluta asintomaticità, alla presenza di gozzo di variabili dimensioni, con o senza ipotiroidismo. Spesso la malattia ha un inizio lento, che causa difficoltà nel percepire i primi sintomi.

Inizialmente è possibile che si verifichi una prevalenza dei sintomi dell'ipertiroidismo. Occasionalmente si assiste a decorsi con valori ormonali fluttuanti, in cui il paziente passa da una iperfunzione a una ipofunzione, e viceversa. I sintomi sono causati dalla variazione dei livelli ormonali e dagli effetti del processo immunitario. Bisogna tener conto che la maggior parte dei pazienti di Hashimoto dopo un'adeguata sostituzione tiroidea non mostrano nessun sintomo del processo autoimmune.

Alterazioni dei valori ematici

Temperatura corporea

  • Ipotermia;
  • Intolleranza al freddo;
  • Ridotta sudorazione;

Capelli

  • Perdita di capelli e di peli sul viso e nelle sopracciglia esterne;
  • Pattern maschili di calvizia;
  • Capelli radi, crespi, secchi e fragili;

Pelle

  • Acne;
  • Pelle ruvida, secca, squamosa, ispessita, pallida e lievemente giallastra;

Occhi

Testa e collo

Fatica e sonno

Muscoli, articolazioni e tendini

Mani e piedi

Modifiche del peso

  • Aumento e molto più raramente perdita di peso;

Digestione

Pressione arteriosa e frequenza cardiaca

Alterazioni ginecologiche

  • Periodi di diminuto o assente ciclo mestruale;

Feritilità, sessualità e gravidanza

  • Infertilità o diminuita fertilità nelle donne;
  • Ridotto desiderio sessuale;
  • Aborto spontaneo ricorrente;

Respiro

  • Sensazione di mancanza di respiro e senso di oppressione al petto;
  • Aumento del russare;

Alterazioni neuropsichiche

Condizione nel bambino

  • Ritardo o difetto della crescita.

La più tipica manifestazione anatomoclinica dell'ipotiroidismo conclamato è rappresentata da un'estesa infiltrazione dei tessuti di mucopolisaccaridi, di acido ialuronico e di condroitinsolfato B, per ridotta velocità di degradazione di questi composti. L'infiltrazione a livello cutaneo causa il sintomo più tipico dell'ipotiroidismo, denominato mixedema, un edema evidente soprattutto al volto (facies mixedematosa), alle mani e ai piedi. L'infiltrazione mixedematosa interessa anche le sierose fino al versamento conclamato, più evidente a livello pericardico, delle corde vocali (da cui la voce rauca e profonda) e della parete intestinale (da cui la stipsi). La condizione di stipsi è causata anche da un rallentato assorbimento intestinale del glucosio.

Oltre alla stipsi, altre manifestazioni possono essere rilevate a carico dell'apparato digerente; l'appetito è scarso, ma il peso tende ad aumentare; frequente è l'ipocloridria fino all'acloridria gastrica, spesso associata a difettoso assorbimento di vitamina B12. L'assorbimento intestinale di tutte le sostanze è ritardato. È spesso presente anemia normocromica (da ridotta secrezione di eritropoietina), microcitica iposideremica (da ridotto assorbimento di ferro o da metrorragie) o megaloblastica macrocitica (per lo più da ridotto assorbimento della vitamina B12).

Sono presenti marcate anomalie cardiovascolari rappresentate da bradicardia, cardiomegalia (dovuta a dilatazione e a versamento pericardico), e caratteristiche alterazioni elettrocardiografiche (bassi voltaggi, onde T diffudsamente appiattite e invertite, intervallo P-R prolungato). Questi fenomeni sono in parte attribuibili all'infiltrazione mixedematosa del miocardio e in parte alla riduzione degli effetti diretti degli ormoni tiroidei a livello cardiaco e alla riduzione di quelli dovuti a una minore sensibilità miocardica alle catecolammine, per diminuzione del numero di recettori adrenergici. Si rietiene inoltre che nell'ipotiroidismo vi sia un'aumentata incidenza di aterosclerosi coronarica, favorita dall'ipercolesterolemia. Il deficit di tiroxina si traduce in un effetto inotropo e cronotropo negativi, con conseguente riduzione della portata e della frequenza cardiaca, aumento delle resistenze vascolari periferiche, con riduzione della pressione differenziale e della perfusione tissutale. La bradicardia non è più il sintomo cardinale dell’ipotiroidismo, molti ipotiroidei hanno frequenza normale, anche se negli ultimi anni sono state documentate aritmie sopraventricolari non pericolose, e paradossalmente si osservano extrasistoli e tachicardia ventricolare che scompaiono quando si somministra la terapia con tiroxina: la correlazione è ancora ignota.

Anche l'apparato riproduttivo è interessato; nelle donne sono molto comuni i disturbi mestruali (menorragie, metrorragie, amenorrea e oligomenorrea), causati da alterazioni del TSH che incidono dulla secrezione di TRH, il quale a sua volta esercitaun'azione di stimolo sulla secrezione di prolattina che, unitamente alla ridotta clearance metabolica della prolattina stessa tipica del soggetto ipotiroideo, può determinare iperprolattinemia e galattorrea, che regrediscono rapidamente con l'inizio della terapia sostitutiva con ormone tiroideo. Si riscontra inoltre riduzione della fertitlità e tendenza all'aborto. Nell'uomo si osserva una riduzione della libido, con impotenza e talora oligospermia.

A carico dell'apparato muscolare è da segnalare l'atteggiamento miotonico, con allungamento della fase di contrazione e soprattutto della fase di rilasciamento muscolare che è possibile notare nel rallentamento della fase di contrazione e di decontrazione del riflesso achilleo.

La cute è secca per ridotta secrezione sudoripara e sebacea, pallida per vasocostrizione periferica e spesso per concomitante anemia, griogio-giallastra per accumulo di carotene.

Si osserva un rallentamento globale di tutti i processi metabolici, con riduzione marcata del consumo di ossigeno e della produzione di calore. Questo si traduce clinicamente con una riduzione del metabolismo basale, estrema sensibilità al freddo, ipotermia e aumento del peso, nonostante si assuma una quantità di cibo normale o ridotto. In alcuni soggetti, nonostante l'ipofunzione e un adeguato o aumentato apporto nutrizionale, si sono verificate perdite di peso. A volte può essere riscontrata ipoglicemia reattiva (un calo della glicemia dopo un pasto ricco di carboidrati, con sintomi come sonnolenza e ansietà).

Alterazioni metaboliche sono rappresentate da una ridotta velocità di sintesi e, ancor più, di degradazione delle proteine con bilancio positivo dell'azoto. Questo meccanismo è in parte responsabile delle elevate concentrazioni plasmatiche di molti enzimi (creatinfosfochinasi, latticodeidrogenasi e transaminasi). Nel diabetico ipotiroideo si osserva aumentata sensibilità all'insulina per il rallentato catabolismo dell'insulina esogena. L'ipotiroidismo è caratterizzato da ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia, e aumento delle betalipoproteine, prevalentemente per ridotta degradazione di queste sostanze.

A livello neurospichico è presente un rallentamento di tutte le funzioni intellettive, con apatia, turbe della memoria e torpore (che può arrivare alla letargia). Non rare sono le vere e proprie psicosi a sfondo maniacale. L'encefalopatia di Hashimoto è molto rara e può manifestarsi anche con nessuna alterazione del livello di ormoni tiroidei. Rientrano nella condizione attacchi epilettici, tremore, allucinazioni e altri sintomi psichiatrici. Spesso sono rilevabili elevati livelli di anti-TPO.

Alterati livelli di cortisolo a seguito di stress possono incidere sulla trasformazione della T4 in T3.

In età evolutiva, accanto ai segni periferici della carenza tiroxinica, compaiono anche i segni di un deficit staturale ed intellettivo che sono tanto maggiori quanto più precocemente è comparsa la patologia.

Diagnosi

Dati i sintomi non specifici dell'ipotiroidismo iniziale, tiroidite di Hashimoto è spesso confusa con depressione, ciclotimia, sindrome da stanchezza cronica, fibromialgia e, meno frequentemente, con un disturbo d'ansia.

La diagnosi è spesso ottenuta rilevando livelli elevati di anticorpi anti-perossidasi (anti-TPO) e anti-tireoglobulina (anti-TG) nel siero, tuttavia l'assenza di anticorpi circolanti contro la tiroidite è anche possibile nel 10% dei casi. La rilevazione dell'ormone stimolante la tiroide (TSH), del T4 libero e del T3 libero possono aiutare ad ottenere una diagnosi più accurata. Indagini del siero di secondo livello prevedono la rilevazione di anticorpi verso il recettore del TSH (anti-TSHR), anticorpi anti-cellule parietali gastriche e anticorpi anti-isola pancreatica. La gastroscopia del duodeno o del digiuno è utile ad escludere la malattia celiaca.

All'esame vi è spesso la presenza di gozzo non doloroso al tatto; altri sintomi, come il mixedema periorbitale, dipendono dallo stato di progressione della patologia. All'inizio della valutazione il paziente può presentare fasi di iperfunzione causate da tireotossicosi; tali fasi possono riscontrarsi anche nel caso di patologie concomitanti o durante un ricovero ospedaliero. Persino durante il trattamento, con un'incidenza del 10-20%, è possibile assistere a fasi di ipersecrezioni causate invece da hashitossicosi (mediate da anticorpi anti-TS).

Vi sono una serie di scale di valutazione dei sintomi di ipotiroidismo che forniscono un certo grado di obiettività, ma tuttavia sono uno strumento limitato per la diagnosi.

Range del TSH

L'American Thyroid Association considera il range di normalità del TSH compreso tra 0,5 e 2,5 mU/L, tuttavia molti laboratori di analisi in Italia esibiscono range molto più ampi (tra 0,5 e 4,5 mU/L). Bisogna considerare che la distribuzione dei valori del TSH nell'ambito della popolazione può variare molto. La maggior parte degli individui tende ad avere valori compresi in un intervallo medio (verosimilmente tra 1,5 e 2,5 mU/L), mentre sempre meno individui avranno valori più distanti, sia verso il basso (tra 0,5 e 1,5 mU/L) che verso l'alto (tra 2,5 mU/L e 4,5 mU/L). Pochi individui, addirittura, potrebbero avere valori inferiori a 0,5 mU/L o superiori a 4,5 mU/L pur avendo una funzione tiroidea perfettamente normale. I valori del TSH si distribuiscono infatti con una classica modalità a campana (curva gaussiana) per un ampio intervallo di valori. Per questo motivo, il valore del TSH va correttamente interpretato anche alla luce degli altri parametri ormonali, anticorpali, ecografici e clinici, così da giungere alla più corretta definizione diagnostica.

TSH T4 Interpretazione
Normale Normale Funzione tiroidea normale
Elevato Basso Ipotiroidismo conclamato
Elevato Normale Ipotiroidismo subclinico

Ipotiroidismo subclinico

Tra gli individui con ipotiroidismo subclinico, una percentuale svilupperà ipotiroidismo manifesto ogni anno. In coloro con anticorpi anti-perossidasi rilevabili ciò avviene nel 4,3% dei casi, mentre in coloro senza anticorpi rilevabili si verifica nel 2,6% dei casi. Quelli con ipotiroidismo subclinico e anticorpi anti-perossidasi rilevabili che non richiedono un trattamento dovrebbero eseguire un test di funzionalità tiroidea ripetuto più frequentemente (ad esempio annualmente) rispetto a coloro che non hanno anticorpi.

Esenzione 056

In Italia, la tiroidite di Hashimoto dà diritto ad esenzione di alcune prestazioni con il codice 056. Nelle prestazioni a titolo gratuito rientrano 'ecografia,'emocromo, TSH, T4 libero, T3 libero, GOT, GPT e anamnesi della malattia.

Ecografia

Una diagnosi di ipotiroidismo privo, alla palpazione, di noduli o masse rilevabili all'interno della ghiandola tiroidea, non necessita di imaging tiroideo. La presenza di anticorpi anti ioduro perossidasi rende più probabile che i noduli tiroidei siano causati da tiroidite autoimmune.

L'ecografia tiroidea conferma la diagnosi già fatta con le indagini di laboratorio. Gli aspetti ecografici comunemente ritrovati nelle tiroiditi sono quelli di un'aspecifica ipoecogenicità e disomogeneità del parenchima ghiandolare, un ingrandimento diffuso in caso di gozzo e una riduzione del volume tiroideo nelle forme atrofiche.

Scintigrafia tiroidea

L'esame scintigrafico e la captazione possono indurre in errore poiché possono aversi dei quadri simili a quelli ritrovati nel morbo di Graves, nel gozzo multinodulare e nel nodulo autonomo. La captazione del radionuclide è caratteristicamente normale o elevata nei pazienti con tiroidite autoimmune con gozzo, persino in presenza di ipotiroidismo, mentre nelle tiroiditi subacute o silenti la captazione è bassa.

Agoaspirato citologico

L'agoaspirato è indicato nei casi in cui all'esame clinico e all'ecografia ci sia il sospetto di carcinoma, poiché alcuni reperti citologici come la presenza di strutture papillari potrebbero essere falsamente interpretati come carcinoma papiIlifero e venire inviati quindi alla chirurgia. Alcune difficoltà possono insorgere nel porre la diagnosi differenziale fra tiroidite e linfoma ad alto grado. La presenza di linfociti monomorfi può infatti far pensare ad un linfoma, ma appropriati studi di immunoistochimica per valutare la natura clonale dell'infiltrato, biopsie con aghi meno sottili e addirittura biopsie a cielo aperto possono poi dirimere ogni dubbio.

Trattamento

Terapia ormonale sostitutiva

Formula chimica della levotiroxina.

La terapia dell'ipotiroidismo si basa sulla somministrazione di ormone tiroideo, con lo scopo di ristabilire e mantenere una condizione di eutiroidismo, normalizzando le concentrazioni sieriche di TSH e T4 libero. Il trattamento avviene mediante somministrazione di tiroxina sintetica a lunga durata d'azione, nota come levotiroxina (L-tiroxina). Nei giovani e nelle persone con ipotiroidismo manifesto, una dose completa può essere assunta immediatamente. Negli anziani e in coloro che soffrono di malattie cardiache, si raccomanda una dose iniziale più bassa per evitare una sovraintegrazione e il rischio di complicanze.

I livelli ematici di tiroxina e di TSH libero vengono monitorati per determinare se la dose sia sufficiente. Questo viene fatto da 4 a 8 settimane dopo l'inizio del trattamento o quando vi è un cambiamento del dosaggio della levotiroxina. Una volta che il dosaggio adeguato è stato stabilito, i test possono essere ripetuti dopo 6 e poi 12 mesi, salvo se si presenta un cambiamento dei sintomi. È consigliato assumere la levotiroxina da 30 a 60 minuti prima della colazione o quattro ore dopo i pasti poiché alcune sostanze, come il calcio, possono inibirne l'assorbimento.

Nel paziente adulto le dosi di T4 con cui iniziare un trattamento sostitutivo, oscillano tra 1 µg/kg/giorno, nel caso dell’ipotiroidismo sub-clinico, e 1,6 µg/kg/giorno, nel caso dell’ipotiroidismo conclamato, soprattutto se il paziente è tireoprivo. Tuttavia la posologia va adattata sulla base dei valori di TSH raggiunti, con l’obiettivo terapeutico di riportarli nei limiti della norma. L’obiettivo terapeutico, una volta iniziata la terapia sostitutiva, dovrebbe essere quello di mantenere il TSH nel range di 0,5-2 μU/ml.

Dissoluzione della compressa

-

Ipotiroidismo subclinico

Vi sono poche prove se vi sia un beneficio dal trattamento dell'ipotiroidismo subclinico (definito come TSH tra i 2,5 e i 10 mIU/l) e se questo compensa i rischi correlati. Un ipotiroidismo subclinico non trattato può essere associato ad un modesto aumento del rischio di malattia coronarica. Una review sistematica del 2007 non ha trovato alcun beneficio dalla sostituzione dell'ormone tiroideo ad eccezione di "alcuni parametri dei profili lipidici e della funzionalità ventricolare sinistra".

Noduli

L’utilizzo della terapia soppressiva con tiroxina si fonda sull’assunto che il TSH sia un fattore trofico tiroideo e che pertanto la sua soppressione possa rallentare o bloccare la crescita del tessuto tiroideo. L’efficacia della terapia dipende dall’entità della soppressione del TSH e tende a scomparire dopo la sua sospensione, con ritorno del gozzo al volume originario. Non esiste unanimità di vedute sull’efficacia di tale terapia in quanto una serie di lavori ha dimostrato la tendenza alla stabilità nel tempo (con follow-up prolungati fino a 15 anni) dei noduli tiroidei. Anche la riduzione spontanea dei noduli è stata dimostrata in una cospicua percentuale di casi. Studi controllati randomizzati (non tutti contro placebo) non hanno dimostrato una significativa differenza nel grado di riduzione volumetrica dei noduli tra i gruppi in trattamento e i gruppi di controllo. Fa riflettere sull’effettiva utilità della terapia il fatto che la riduzione volumetrica dei noduli nei gruppi in trattamento fosse significativa rispetto al volume basale, ma non significativa quando paragonata alle modificazioni insorte spontaneamente nei gruppi di controllo. In alcuni studi la risposta alla terapia risulta diversa in base alle caratteristiche dei noduli, con maggiore riduzione nei noduli colloidocistici rispetto a quelli iperplastici o fibrotici. Esistono studi controllati randomizzati (alcuni in doppio cieco contro placebo) più recenti e diverse meta-analisi in cui si dimostra l’efficacia della tiroxina nel ridurre il volume dei noduli e nel prevenire la formazione di nuove lesioni. Nella maggior parte di questi studi la misurazione della riduzione volumetrica viene effettuata ecograficamente e non più palpatoriamente come nei primi studi pubblicati. Nel complesso i risultati positivi con la terapia soppressiva riguardano solo una percentuale di pazienti trattati.

Gozzo

Durante la terapia, nel 50-90% dei casi, vi è una riduzione del volume e della consistenza del gozzo, sia per la normalizzazione dl TSH, sia per la riduzione dell’infiltrazione linfocitaria. Si assiste, solitamente, anche ad una riduzione del titolo anticorpale. Il trattamento con levotiroxina è consigliato, quindi, nel caso di gozzo che comprime la strutture adiacenti. Questo trattamento è efficace se il gozzo è di recente riscontro, mentre potrebbe dare scarsi risultati in un gozzo di vecchia data in cui si è già instaurato un certo grado di fibrosi irreversibile. Sebbene si tratti di una patologia autoimmune, il trattamento steroideo è sconsigliato per via degli effetti collaterali e in quanto non associato ad un reale vantaggio terapeutico. Il trattamento chirurgico, invece, va intrapreso quando i sintomi compressivi permangono nonostante la terapia sostitutiva con LT4 o quando vi è il sospetto di neoplasia.

Gravidanza

Alle donne con ipotiroidismo noto che affrontano una gravidanza, si raccomanda che i livelli sierici di TSH siano strettamente monitorati. La levotiroxina deve essere utilizzata per mantenere i livelli di TSH entro il range normale per il primo trimestre. Il range normale per il primo trimestre è inferiore a 2,5 mIU/L e per il secondo e per il terzo trimestre è inferiore a 3,0 mIU/L. Il trattamento deve essere guidato dai livelli di totali di tiroxina e non da quelli di tiroxina libera. I risultati dovrebbero essere interpretati secondo il range di riferimento appropriato per quella fase della gravidanza. La dose di levotiroxina abituale solitamente deve essere aumentata dopo che la gravidanza è confermata.

Le donne con anticorpi anti-TPO che cercano di rimanere incinta (naturalmente o tramite procreazione assistita) possono richiedere la supplementazione di ormone tiroideo, anche se il livello di TSH è normale. Ciò è particolarmente vero se hanno avuto aborti precedenti o hanno avuto ipotiroidismo in passato. L'assunzione di levotiroxina integrativa può ridurre il rischio di parto pretermine e la possibilità di incorrere in aborto spontaneo. Tale raccomandazione è più forte nelle donne in gravidanza con ipotiroidismo subclinico che sono anti-TPO positive, in considerazione del rischio di ipotiroidismo manifesto. Se viene presa la decisione di non procedere al trattamento, si raccomanda un attento monitoraggio della funzionalità tiroidea (ogni 4 settimane nelle prime 20 settimane di gravidanza). Se non si è anti-TPO positiva, il trattamento per l'ipotiroidismo subclinico non è attualmente raccomandato.

Liotironina (T3 sintetico)

Formula chimica della liotironina.

L'aggiunta della liotironina alla levotiroxina è una strategia suggerita come misura per controllare meglio i sintomi, ma non c'è stata nessuna conferma da studi al riguardo. Nel 2007, la British Thyroid Association ha dichiarato che la terapia combinata con T4 e T3 ha portato ad un più alto tasso di effetti collaterali e a nessun vantaggio rispetto alla sommministrazione di solo T4. Allo stesso modo, le linee guida statunitensi scoraggiano la terapia combinata proprio per mancanza di prove certe, anche se riconoscono che alcuni casi abbiano tratto beneficio da questo approccio. A causa della sua breve emivita, la liotironina deve essere assunta più frequentemente.

Estratto di tiroide animale

La somministrazione di estratto animale, più comunemente da suini, di tiroide essiccata è una terapia di combinazione, contenente forme di T4 e T3. Contiene inoltre calcitonina, T1 e T2. Questi elementi non sono presenti nei farmaci sintetici. Questo approccio una volta rappresentava il trattamento fondamentale, ma ad oggi esso non è supportato da sufficienti prove al riguardo. La British Thyroid Association e le linee guida professionali statunitensi ne scoraggiano l'uso.

Elementi e vitamine

A causa di condizioni concomitanti alla patologia quali ipocloridia o acloridia, malattia celiaca, gastrite cronica atrofica autoimmune, infiammazioni della mucosa gastrica o intolleranze alimentari, l'assorbimento intestinale potrebbe risultare notevolmente alterato soprattutto a causa dell'instaurarsi di un alto pH gastrico. La diminuita acidità gastrica può essere causa di infezioni gastriche (H.pylori) e sindrome da malassorbimento. Si potrebbe quindi considerare, anche alla luce di questo, l'ipotesi di dosare alcuni elementi e vitamine strettamente correlate alla funzionalità tiroidea al fine di accertarne l'eventuale carenza.

Selenio

Sebbene le linee guida di pratica clinica corrente per l'ipotiroidismo negli adulti non indicano alcuna supplementazione di selenio[2], uno studio di 1 anno su 46 pazienti ha affermato che la supplementazione di 80 μg al giorno di selenio rallenta diversi marcatori della progressione della malattia[3]. Un altro studio che ha confrontato la somministrazione di 100 μg e 200 μg di selenio combinato con levotiroxina in 88 pazienti di sesso femminile per più di 9 mesi ha affermato che 200 μg di selenio sono risultati più efficaci[4]. Nel 2013 una review sistematica ha affermato che non vi sono ancora prove sufficienti per sostenere in via definitiva o smentire l'efficacia del selenio nella tiroidite di Hashimoto, e sono necessari più studi clinici prima che l'efficacia possa essere provata[5].

Come integratore alimentare, la FDA raccomanda almeno 55 μg al giorno di selenio per gli adulti con un livello di assunzione tollerabile superiore a 400 μg[6].

Vitamina D

Uno studio del 2013 pubblicato da Endocrine Pratice condotto in un ospedale di formazione e di ricerca in Ankara ha affermato che i livelli sierici di vitamina D in pazienti di sesso femminile con tiroidite di Hashimoto erano significativamente più bassi rispetto ai soggetti sani. Inoltre, è stata scoperta una correlazione diretta tra i livelli sierici di vitamina D e il volume tiroideo, nonché una correlazione inversa agli anticorpi coinvolti nella tiroidite di Hashimoto. Gli autori hanno concluso: "Infine, i nostri risultati suggeriscono che ci potrebbe essere una relazione causale tra carenza di vitamina D e di sviluppo della tiroidite di Hashimoto. D'altra parte, ci potrebbe essere una possibile relazione tra gravità della carenza di vitamina D e progressione del danno alla tiroide. Tuttavia, ulteriori studi sono necessari soprattutto per valutare gli effetti della supplementazione di vitamina D per la prevenzione e/o la progressione delle malattie autoimmuni della tiroide."

Altri ricercatori dell'Università Medeniyet di Goztepe hanno pure appreso che il 92% dei loro 161 casi di tiroidite di Hashimoto aveva livelli sierici di vitamina D inferiori a 30 ng/mL (12 nmol/L), un valore caratterizzato come insufficiente. Lo studio riporta una possibile associazione tra insufficienza di vitamina D e tiroidite di Hashimoto.

Vitamia B1 (tiamina)

Uno studio del 2014 pubblicato da The Journal of Alternative and Complementary Medicine ha ipotizzato che la fatica cronica che accompagna le malattie infiammatorie e autoimmuni è la manifestazione clinica di una carenza di tiamina probabilmente dovuta ad una disfunzione del trasporto intracellulare o ad anomalie enzimatiche. Esiste un numero significativo di pazienti trattati con terapia ormonale sostitutiva che non stanno bene pur avendo i test di funzionalità tiroidea all'interno della gamma sana. Sulla base di questa ipotesi, si è iniziato a trattare con dosi di tiamina la fatica nei pazienti affetti da tiroidite di Hashimoto che assumevano l'ormone tiroideo. La fatica è stata misurata utilizzando la Fatigue Severity Scale. La tiamina libera nel siero e la tiamina pirofosfato nei globuli rossi sono state testate prima e dopo la terapia. Tutti e tre i pazienti hanno ricevuto dosi di tiamina per via orale (600 mg/giorno) o parenterale (100 mg/ml ogni quattro giorni). Lo studio ha affermato che il trattamento con tiamina portato alla regressione parziale o completa della fatica entro alcune ore o giorni. Poiché la somministrazione di tiamina ha portato ad una regressione parziale o completa della fatica e dei disturbi correlati, è ragionevole dedurre che la somministrazione di grandi quantità di tiamina ripristina i processi tiamina-dipendenti. La carenza di tiamina ha suggerito che la stanchezza e disturbi correlati possono essere dovuti ad una disfunzione del trasporto intracellulare di tiamina o ad anomalie enzimatiche molto probabilmente legate al processo autoimmune della malattia.[7]

Un altro studio ha indagato la carenza di tiamina sulle secrezioni di acido cloridrico nella rana, affermando che la sua carenza provocava una diminuzione della secrezione degli ioni idrogeno.[8]

Intolleranze

Dieta priva di glutine

Studi preliminari hanno suggerito una correlazione tra tiroidite e di Hashimoto celiachia. Anche se non è stato rigorosamente esplorato, ci sono rapporti aneddotici nei quali una dieta priva di glutine può ridurre la risposta autoimmune responsabile della degenerazione della tiroide. Uno studio pubblicato nel gennaio 2012 ha comparato un gruppo di pazienti celiaci confermati con un gruppo di controllo di soggetti sani, dopo aver iniziato una dieta priva di glutine durata un anno. È stata riscontrata una maggiore presenza di tiroidite nel gruppo di celiachia, nessuna riduzione del loro livello di anticorpi anti-TPO, nessun miglioramento della funzionalità della tiroide, o riduzione di volume della tiroide. Lo studio afferma che i suoi risultati non sono in accordo con altri studi, come ad esempio uno studio prospettico pubblicato nel mese di agosto 2000 con 90 pazienti celiaci, che ha scoperto che gli anticorpi sierici contro la tiroide tendevano a ridursi nel corso di una dieta priva di glutine.

Dieta priva di lattosio

Uno studio pubblicato dal Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism ha affermato che una persona media affetta da Hashimoto necessitava di una dose media di levotiroxina pari a 1.31 μg/kg/giorno per arrivare a un TSH entro i limiti ottimali. Una persona con intolleranza al lattosio, e che continuava a consumare lattosio, aveva invece bisogno di una dose media pari a 1,81 μg/kg/giorno per raggiungere lo stesso obiettivo. Inoltre, i pazienti con un altro disturbo intestinale associato all'intolleranza al lattosio necessitavano di una dose media ancora più elevata, pari a 2.04 μg/kg/giorno per raggiungere il loro obiettivo.

Un altro studio ha affermato che i pazienti di Hashimoto intolleranti al lattosio hanno mostrato una diminuzione del TSH dopo la restrizione del lattosio.[9]

Note

  1. ^ Tiroidite di Hashimoto - Dr. Leveke Brakebusch, Prof. Dott. Armin E. Heufelder
  2. ^ ATA/AACE, Guidelines for Hypothyroidism in Adults (PDF), su aace.metapress.com.
  3. ^ Nacamulli, D., Mian, C., Petricca, D., Lazzarotto, F., Barollo, S., Pozza, D., Masiero, S., Faggian, D., Plebani, M., Girelli, M. E., Mantero, F. and Betterle., Influence of physiological dietary selenium supplementation on the natural course of autoimmune thyroiditis, su onlinelibrary.wiley.com.
  4. ^ Omer Turker, Kamil Kumanlioglu, Inanc Karapolat and Ismail Dogan., Selenium treatment in autoimmune thyroiditis: 9-month follow-up with variable doses, su joe.endocrinology-journals.org.
  5. ^ Esther J van Zuuren, Amira Y Albusta, Zbys Fedorowicz, Ben Carter4, Hanno Pijl., Selenium supplementation for Hashimoto's thyroiditis., su onlinelibrary.wiley.com.
  6. ^ Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti d'America., Dietary Supplement Fact Sheet, su ods.od.nih.gov.
  7. ^ Costantini A1, Pala MI., Thiamine and Hashimoto's thyroiditis: a report of three cases., su ncbi.nlm.nih.gov.
  8. ^ Levin LG , Mal'tsev Giù , Gapparov MM ., Effect of thiamine deficiency in hydrochloric acid secretion in the stomach., su ncbi.nlm.nih.gov.
  9. ^ Asik M, Gunes F, Binnetoglu E, Eroglu M, Bozkurt N, Sen H, Akbal E, Bakar C, Beyazit Y, Ukinc K., Decrease in TSH levels after lactose restriction in Hashimoto's thyroiditis patients with lactose intolerance., su ncbi.nlm.nih.gov.

Collegamenti esterni

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