Elio (divinità)

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Metopa raffigurante Elio che esce dal mare. Rinvenuta all'angolo Nord-Est del tempio di Atena a Troia da Heinrich Schliemann nel 1872, e risalente al IV secolo a.C., è oggi conservata presso il Pergamonmuseum di Berlino. La raffigurazione di Elio che esce dal mare può riprendere quanto riportato in Ateneo (469c e sgg.) dove viene raccontato il modo in cui Elio, dopo aver attraversato il cielo da oriente verso occidente, torni col suo cocchio al suo punto di origine: entro un'enorme coppa attraversa l'oceano
Elio su un antico affresco di Pompei

Elio (in italiano anche Elios; in greco antico: Ἥλιος?, Hḕlios, in latino Hēlĭus,-i o Sol,-is) è una divinità della religione greca, più precisamente il titano dell'astro solare, figlio dei titani Teia e Iperione.

Il mito di Elio[modifica | modifica wikitesto]

Elio era figlio del titano Iperione e di Teia e fratello di Selene, titanide legata alla luna e di Eos, divinità dell'aurora. Ogni mattina egli si solleva ad oriente sulle acque del fiume Oceano che circonda tutta la Terra, per guidare nel cielo il carro splendente del Sole, trainato da quattro cavalli che gettano fuoco dalle narici. Durante il dì percorre il cielo da oriente a occidente fin quando arriva la sera, poi si immerge nuovamente nel fiume Oceano. Per arrivare nuovamente ad oriente, utilizza una barchetta d'oro girando attorno all'emisfero boreale. Una volta giunto a destinazione riposa nel suo magnifico palazzo. Elio possedeva sull'isola di Trinacria sette mandrie di buoi, rappresentanti i sette giorni di una settimana, e sette greggi di pecore, rappresentanti le sette notti di una settimana. Ogni mandria e ogni gregge era composto da cinquanta capi, ovvero il numero, secondo il computo antico, delle settimane dell'anno solare. Elios ebbe diversi figli, fra cui Fetonte, Eete, Perse, Cercafo, Tenage, Acti, Triopa, Candalo, Ochimo, Macareo, Ampelo e Bisalte, e diverse figlie, tra cui Circe, Merope, Fetusa, Pasifae, Elie, Egle, Lampezia, Febe, Eterea, Diossippe ed Elettrione chiamate Eliadi[1].

Figlia di Elio era anche la capra Amaltea che, dopo essere stata consegnata alla ninfa Adrastea da Gea, allattó Zeus infante.

In un mito corinzio del II secolo d.C. si raccontava che Briareo, uno degli Ecatonchiri, fece da arbitro in una disputa tra Poseidone ed Elio (il mare ed il Sole): egli stabilì che l'Istmo sarebbe toccato a Poseidone, mentre l'acropoli di Corinto ad Elio.[2]

«Dicono pertanto i Corinti, che Nettuno venne a contesa col Sole per la loro terra; ma il loro mediatore Briareo decise, che l’istmo, e la terra a quello confinante fosse di Nettuno, e che la rupe, la quale domina la città appartenesse al sole. Da quel tempo dicono, che l’istmo appartenga a Nettuno.»

Elio nell'Iliade[modifica | modifica wikitesto]

La più antica attestazione greca del dio Elio è nel III canto dell'Iliade dove viene indicato come colui che "tutti vede e tutto ascolta"[3]:

(GRC)

«Ζεῦ πάτερ Ἴδηθεν μεδέων κύδιστε μέγιστε,
Ἠέλιός θ', ὃς πάντ' ἐφορᾷς καὶ πάντ' ἐπακούεις,
καὶ ποταμοὶ καὶ γαῖα, καὶ οἳ ὑπένερθε καμόντας
ἀνθρώπους τίνυσθον ὅτις κ' ἐπίορκον ὀμόσσῃ,
ὑμεῖς μάρτυροι ἔστε, φυλάσσετε δ' ὅρκια πιστά»

(IT)

«Zeus padre, signore dell'Ida, grande e glorioso,
Sole che tutti vedi e tutto ascolti,
fiumi e terra, e voi che sotto terra
punite da morti coloro che giurano il falso,
siate testimoni, e custodite i patti.»

La facoltà di onniveggenza lo fa invocare nei giuramenti[4].

Elio nella Teogonia di Esiodo[modifica | modifica wikitesto]

Nella Teogonia di Esiodo (vv.371-374) i titani Teia (Θεία)[5] e Iperione (Ὑπερίων) generano Elio insieme a Selene (Σελήνη, Luna) ed Eós (Ἠώς, Aurora).

Mentre ai versi 956-957 Elio e l'oceanina Persei (Περσηΐς, anche Perseide) generano Circe (Κίρκη) e Aiete (Αἰήτης, anche Eeta).

Elio nelle altre tradizioni[modifica | modifica wikitesto]

  • Negli Inni omerici, la possibilità di vedere e ascoltare ovunque (così come testimoniato nell'Iliade) consentì a Elio di assistere al rapimento di Persefone (Περσεφόνη) da parte di Ade (Ἅιδης)[6].
  • In Pindaro, Elio è lo sposo della ninfa Rodo (Ῥόδη, anche Rodi)[7] e sull'isola di Rodi ebbe sette figli[8]. Sempre in Pindaro, Zeus assegna a Elio l'isola di Rodi in quanto, assente al momento della spartizione del mondo tra gli dèi, ottiene Rodi appena emersa dal mare[9].
  • Platone, nel suo Simposio (220 D) cita la lirica di Socrate dedicata a Elio che sorge[10].
  • In Ateneo (469c e sgg.) viene raccontato il modo in cui Elio dopo aver attraversato il cielo da oriente verso occidente, tornasse al suo punto di origine: entro un'enorme coppa attraversava l'oceano.
  • In Diodoro Siculo[11] Elio risulta particolarmente venerato a Rodi che è l'isola a lui sacra, in quanto inizialmente non era che una palude divenendo fiorente grazie ai raggi del sole che la prosciugarono.
  • In Pausania Elio è genitore di Pasifae (Πασιφάη)[12] da intendersi questa come un appellativo di Selene[13].
  • Il mitografo romano Igino[14] narra la vicenda di Fetonte (Φαέθων) il quale figlio di Climeno (Κλύμενος)[15], a sua volta figlio di Elio e della ninfa Merope (Μερόπη), venne a sapere dal padre che suo nonno era Elio, ma adoperò in modo errato il cocchio solare in quanto si avvicinò troppo alla terra incendiando dove passava finché un fulmine lo colpì facendolo precipitare nel fiume Po che i Greci chiamano Eridano (Ferecide fu il primo a indicarlo in questo modo). Le sorelle di Fetonte piansero in tal modo il fratello che furono trasformate in pioppi. Queste loro lacrime (narra Esiodo[16]) rapprendendosi si trasformarono in ambra, e per questa ragione sono chiamate Eliadi (Ἡλιάδες): Merope, Elie, Egle, Lampezia, Febe, Eteria e Diossipe.
  • Il dio viene normalmente rappresentato alla guida del carro del sole che conduce da oriente verso occidente[4]. Il poeta romano Ovidio[17], riprendendo Pindaro[18], indica questo carro in una quadriga tirata da quattro cavalli che soffiano fuoco dalle narici: (Eòo, Etone, Flegone e Piroide).

Culto[modifica | modifica wikitesto]

Il culto di Elio non era regolare in Grecia[19] in quanto questo dio non risiedeva né nelle città, né nelle campagne, ed essendo un astro era considerato lontano dagli uomini che comunque gli prestavano debito onore. Il suo culto risulta invece particolare nell'isola di Rodi dove gli era consacrata una colossale statua rappresentante un giovane con una folta chioma cinta da una corona a raggiera conosciuta con il nome di Colosso di Rodi[20], a dimostrazione dei tratti propriamente non greci della sua civiltà[4].

A Elio erano dedicate, sempre a Rodi, le Hēliaîa (Ἡλιαῖα), festività comprendenti gare atletiche[4] e un sacrificio di quadrighe gettate in mare[4].

Teologia[modifica | modifica wikitesto]

In età successive il culto di Elio assunse un'importanza centrale, dapprima fu identificato con altri dèi, ad esempio l'identificazione con il dio Apollo risulta già attestata nel V secolo a.C.[4], successivamente, in epoca tardo-imperiale, a partire da Aureliano, il suo culto divenne il principale culto dell'impero romano[4]; in Macrobio[21] sono riassunte le motivazioni teologiche:

(LA)

«Tum Vettius: Cave aestimes, mi Aviene, poetarum gregem, cum de dis fabulantur, non ab adytis plerumque philosophiae semina mutuari. Nam quod omnes paene deos, dumtaxat qui sub caelo sunt, ad solem referunt, non vana superstitio sed ratio divina commendat. 3 Si enim sol, ut veteribus placuit, dux et moderator est luminum reliquorum, et solus stellis errantibus praestat, ipsarum vero stellarum cursus ordinem rerum humanarum, ut quibusdam videtur, pro potestate disponunt, ut Plotino constat placuisse, significant: necesse est ut solem, qui moderatur nostra moderantes, omnium quae circa nos geruntur fateamur auctorem. 4 Et sicut Maro, cum de una Iunone diceret: Quo numine laeso, ostendit unius dei effectus varios pro variis censendos esse numinibus, ita diversae virtutes solis nomina dis dederunt: unde ἓν τὸ πᾶν sapientum principes prodiderunt. 5 Virtutem igitur solis quae divinationi curationique praeest Apollinem vocaverunt: quae sermonis auctor est Mercurii nomen accepit. Nam quia sermo interpretatur cogitationes latentes, Ἑρμῆς ἀπὸ τοῦ ἑρμηνεύειν propria appellatione vocitatus est.»

(IT)

«Allora Vettio: 2 Non credere, caro Avieno, che la schiera dei poeti, quando parla degli dèi, non tragga per lo più ispirazione dai recessi della filosofia. Infatti non è vana superstizione quella che fa loro ricondurre al Sole tutti gli dèi, o per lo meno quelli celesti, ma divina saggezza. 3 Se il Sole, secondo l'opinione degli antichi, regge e governa tutti gli altri astri[22] e presiede esso solo al movimento dei pianeti, e se è vero che le stelle con le loro orbite regolano, come taluni ritengono, l'ordine degli eventi umani, o, secondo la teoria di Plotino, lo preannunciano, dobbiamo necessariamente considerare il Sole, in quanto governa i governatori del nostro destino, come origine di tutto ciò che accade intorno a noi. 4 E come Virgilio Marone dicendo a proposito della sola Giunone "per quale suo nome offeso", intese significare che le varie manifestazioni di un solo dio si devono considerare come altrettante divinità, così le diverse proprietà del Sole diedero origine a nomi degli dèi. Di qui i primi sapienti proclamarono il principio hèn tò pan (il tutto è unico). 5 Dunque chiamarono Apollo la proprietà divinatrice e curatrice del Sole, mentre quella che presiede al linguaggio ricevette il nome di Mercurio. In effetti, poiché il linguaggio interpreta i pensieri nascosti, con denominazione appropriata fu chiamato in greco Hermes da hermenèuein (interpretare).»

Così già l'imperatore Flavio Claudio Giuliano nel suo Inno a Elio re:

«Questo universo divino e assolutamente splendido, che si estende dalla sommità della volta celeste fino all’infimo della terra, tenuto insieme dalla continua provvidenza del dio, esiste increato dall’eternità e in eterno esisterà nel futuro, conservato da nient’altro se non direttamente dal quinto elemento[23] il cui vertice è il raggio del Sole; a un secondo livello, per dir così, è sostenuto dal mondo intelligibile e quindi, in forma ancora più nobile, dal re del cosmo, centro di tutto quel che esiste. Quest’ultimo, comunque lo si voglia designare, come ciò che sta oltre l’intelletto o come l’idea dell’essere, oppure come l’intero mondo intelligibile, o ancora come l’Uno, poiché l’Uno sembra preesistente a tutte le cose, o come il Bene, per usare l’espressione favorita di Platone; questo principio unitario del tutto che è fonte primaria, per ogni essere esistente, di bellezza, di perfezione, di unità e di potenza irresistibile, in virtù della sua sostanza creatrice e permanente, ha originato da sé, quale mediatore, al centro delle cause mediatrici, intelligenti e demiurgiche, Elio, dio potentissimo, in tutto simile a sé. Così pensa anche il divino Platone, quando dice: "Questo è appunto quello che chiamo figlio del Bene, che il Bene generò simile a sé: ciò che nel mondo intelligibile è il Bene rispetto all’intelletto pensante e all’oggetto pensato, questo è Elio nel mondo visibile rispetto alla vista e alle cose vedute". Mi sembra, dunque, che tra la sua luce e il mondo visibile ci sia un rapporto identico a quello che esiste tra la verità e il mondo intelligibile. Ma lo stesso Elio nella sua totalità, dal momento che è figlio dell’idea, che è il primo e massimo Bene, esiste dall’eternità nell’ambito della sua sostanza permanente, avendo ricevuto il dominio fra gli dei intelligenti e avendo elargito agli dei intelligenti quanto il Bene produce per gli dei intelligibili. Il Bene, credo, è per gli dei intelligibili fonte di bellezza, sostanza, perfezione e unità, riunendo e irradiando questi benefici con la potenza che è espressione della sua natura. Questi, dunque, sono i doni dispensati agli dei intelligenti da Elio, preposto dal Bene a comandare e regnare su di loro, benché siano apparsi e abbiano avuto origine insieme a lui, allo scopo, io penso, che anche per gli dei intelligenti ci fosse una causa, dotata della natura del Bene e promotrice di benefici, che regolasse ogni cosa per tutti in conformità con l’intelletto.»

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Fernando Palazzi, I MITI DEGLI DEI E DEGLI EROI,Torino, Loescher. p.66
  2. ^ Pausania, Periegesi dell'Ellade, 2.1.6., 2.4.7
  3. ^ Ἠέλιός θ', ὃς πάντ' ἐφορᾷς καὶ πάντ' ἐπακούεις
  4. ^ a b c d e f g Herbert Jennings Rose Elio in Oxford Classical Dictionary 1970; trad. it. Dizionario di antichità classiche. Cinisello Balsamo (Milano), San Paolo, 1995, p. 1084-5.
  5. ^ Pindaro Istmica V la canta; da intendere come divinità della luce (cfr. Colonna p.83)
  6. ^ Inni omerici A Demetra.
  7. ^ Pindaro, VII, 14.
  8. ^ Pindaro, VII, 73 e sgg.
  9. ^ Pindaro, VII, 54 e sgg.
  10. ^ Lirica ripresa in epoca moderna da Friedrich Hölderlin nel suo Al dio del Sole.
  11. ^ Diodoro Siculo, V, 56,4.
  12. ^ Pausania, V,25,9: "Elio, padre di Pasifae"
  13. ^ Pausania, III,26,1: "Pasifae è un appellativo di Selene"
  14. ^ I miti, 154
  15. ^ Giulio Guidorizzi (in nota n.749 a Igino Miti, Milano, Adelphi, 2005, p.432) nota come sia probabile che qui Igino, o il suo epitomatore, inverta i nomi: Climene doveva essere la madre, mentre il padre putativo di Fetonte fu Merope. La versione meglio conosciuta della vicenda di Fetonte rimane quella di Ovidio (Metamorfosi I, 750-779 e II, 1-400) ma Igino dipende probabilmente da altre fonti (cfr. ad es. Eschilo Eliadi frr. 68-73 a Radt). Nella tragedia perduta di Euripide Fetonte, questi era ritenuto figlio di Climene e del suo sposo Merope essendo il vero padre Elio.
  16. ^ Fr. 150, 23-24; ma anche Euripide Ippolito 737-741.
  17. ^ Le metamorfosi II, 150 e sgg.
  18. ^ "Guida cavalli che spirano fuoco" Pindaro, VII.
  19. ^ Herbert Jennings Rose Elio in Oxford Classical Dictionary 1970; trad. it. Dizionario di antichità classiche. Cinisello Balsamo (Milano), San Paolo, 1995, p. 1084-5; cfr. anche Franco Ferrari, Marco Fantuzzi, Maria Chiara Martinelli, Maria Serena Mirto, Dizionario della civiltà classica vol.II, Milano, Rizzoli, 2001, p.1115 e sgg.
  20. ^ Franco Ferrari, Marco Fantuzzi, Maria Chiara Martinelli, Maria Serena Mirto, Dizionario della civiltà classica vol.I, Milano, Rizzoli, 2001, p.851.
  21. ^ Saturnali I, 17, 2 e sgg.
  22. ^ Plotino, Enneadi II,3.
  23. ^ Consiste nell'"etere" (αἰθήρ aithḗr) il quale segue in questo modo Giamblico (De Mysteriis Aegyptiorum, I,7), che a sua volta segue Aristotele, considerandolo relazionato alla sostanza immateriale di cui si compongono gli dèi.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Herbert Jennings Rose, Elio in Oxford Classical Dictionary 1970; trad. it. Dizionario di antichità classiche. Cinisello Balsamo (Milano), San Paolo, 1995, p. 1084-5.
  • Franco Ferrari, Marco Fantuzzi, Maria Chiara Martinelli, Maria Serena Mirto, Dizionario della civiltà classica vol.II, Milano, Rizzoli, 2001, p. 1115 e sgg.
  • Pierre Grimal, Enciclopedia della Mitologia, edizione italiana a cura di Carlo Cordié, prefazione di Charles Picard, traduzione di Pier Antonio Borgheggiani, Milano, Garzanti, ISBN 88-11-50482-1.

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