Illegalismo

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«Si dice che la punizione è il diritto del delinquente. Ma anche l'impunità è suo diritto. Se l’impresa non gli riesce, è giusto che gli vada così e, se gli riesce, è giusto lo stesso. Ognuno ha quel che si merita. Se uno si getta a capofitto nei pericoli e ne resta vittima, noi diremo di certo che è giusto che sia finito così, che se l’è voluto. Ma se supera i pericoli, cioè se la sua potenza è vittoriosa, allora ha ragione, è nel suo diritto.»

Il termine illegalismo indica un comportamento o una condotta politica che contrasta le leggi dello Stato[1] praticando l'illegalità. Solitamente, il termine è usato in riferimento a una tendenza dell'anarchismo che si sviluppò principalmente in Francia, Italia, Belgio e Svizzera nei primi anni del 1900, spesso legata all'anarchismo individualista[2][3].

L'illegalismo si fonda sull'anarchismo egoista e sulla filosofia di Max Stirner come giustificazione del comportamento criminale (di solito rapine, furti, taccheggio, sabotaggio, truffa) a fini ribellistici e individualisti, e anticapitalisti.

Come gli anarchici classici, essi sono anche forti avversari dell'idea di lavoro subordinato e di mercato. Non tutti gli illegalisti sono sostenitori di Stirner e della sua filosofia. Jules Bonnot e la banda Bonnot furono noti illegalisti, e, in Italia, Renzo Novatore e Sante Pollastri.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

L'illegalismo salì alla ribalta per la prima volta tra una generazione di europei ispirata dai disordini degli anni 1890, durante i quali figure come Ravachol, Émile Henry, Auguste Vaillant e Caserio commisero audaci crimini in nome dell'anarchismo, nella logica di quella che è conosciuta come propaganda del fatto. Alcuni vengono considerati precursori del terrorismo politico tramite attentati.

Influenzati dall'egoismo stirneriano[2], gli illegalisti, in Francia, si staccarono da anarchici come Clément Duval e Marius Jacob, i quali giustificarono il furto con la teoria della ripresa individuale (la reprise individuelle) o reclamazione individuale, e spesso sono considerati all'origine del movimento illegalistica. A differenza di quanto sostenuto da essi e poi dai fautori dell'esproprio proletario, gli illegalisti veri e propri sostenevano però che le loro azioni non richiedevano alcuna base morale e che gli atti illegali non venivano intrapresi in nome di un ideale superiore, ma per la semplice ricerca dei propri desideri, sebbene distinte dal semplice crimine attuato per arricchimento o impulso diverso, per il fatto che gli illegalisti erano spesso dichiarati anarchici, e agivano anche per autofinanziamento. A Parigi, questo ambiente era incentrato sui giornali settimanali L'Anarchie e le Causeries Populaires (gruppi di discussione regolari che si riunivano ogni settimana in diverse località della capitale e dintorni), entrambi fondati da Albert Libertad e dai suoi collaboratori[2].

Quando Petr Kropotkin e altri decisero di entrare nei sindacati dopo le loro iniziali riserve[4], restarono gli anarco-comunisti anti-sindacalisti, che in Francia si raggrupparono attorno a Le Libertaire di Sébastien Faure. Dal 1905 in poi, le controparti russe di questi comunisti anarchici anti-sindacalisti diventano partigiane del terrorismo economico e degli espropri illegali[4]. L'illegalismo emerse come pratica effettivamente effettuata[3] anche da anarco-comunisti, e spesso il termine "illegalismo" venne usato per definire tutti i modi utili ai "compagni" di guadagnare[5].

Tali atti di ribellione alle leggi, come i furti, sono stati spesso visti anche ideologicamente come gesti di protesta individuale contro il capitalismo e lo Stato, che avrebbero potuto alla lunga innescare un'insurrezione di massa, portando alla rivoluzione anarchica secondo la teoria del Verwirrung ("disordine, confusione") enunciata da Bakunin[3]. Tra i sostenitori e gli attivisti di questa tattica vi furono Johann Most, Luigi Galleani, Victor Serge e Severino Di Giovanni. In Argentina, queste tendenze fiorirono alla fine degli anni Venti e durante gli anni Trenta del Novecento[6].

La banda Bonnot fu il gruppo più famoso ad abbracciare l'illegalismo. La banda di Bonnot (La Bande à Bonnot) fu un gruppo anarchico criminale francese che operò in Francia e Belgio durante la Belle Époque, dal 1911 al 1912. Composta da individui che si identificavano con l'emergente ambiente illegalista, i più famosi Jules Bonnot e Raymond Callemin, la banda utilizzava tecnologie all'avanguardia (tra cui automobili e fucili a ripetizione) non ancora disponibili per la polizia francese, principalmente per effettuare rapine a banche o ricchi borghesi.

Critiche[modifica | modifica wikitesto]

In seguito al suo arresto per aver ospitato membri della banda Bonnot, Victor Serge, che un tempo era un forte difensore dell'illegalità, divenne un critico acuto. In Memoirs of a Revolutionary, descrive l'illegalismo come "un suicidio collettivo"[7], inutile al fine della rivoluzione. Allo stesso modo, Marius Jacob rifletté nel 1948: "Non credo che l'illegalità possa liberare l'individuo nella società odierna... Fondamentalmente, l'illegalità, considerata come un atto di rivolta, è più una questione di temperamento che di dottrina"[3].

Influenza[modifica | modifica wikitesto]

L'illegalismo è stato ripreso da correnti come l'anarchismo insurrezionale (ad esempio in Alfredo Maria Bonanno) e l'anarchia post-sinistra. In Spagna e in America Latina è apparso una sorta di movimento chiamato Yomango (da "yo mango" cioè io rubo), che sostiene il taccheggio e quindi aggiorna l'idea di reclamazione individuale.

Horst Fantazzini è stato un anarchico individualista italo-tedesco che ha perseguito uno stile di vita illegalista fino alla sua morte nel 2001. Ha acquisito notorietà mediatica principalmente a causa delle sue numerose rapine in banca in Italia e in altri paesi[8]. Nel 1999 è stato rilasciato un film basato sulla sua vita Ormai è fatta!, dalla sua omonima autobiografia scritta negli anni '70.[9]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ illegalismo in Vocabolario - Treccani, su treccani.it. URL consultato il 27 dicembre 2021 (archiviato dall'url originale il 27 dicembre 2021).
  2. ^ a b c Richard Parry, The Bonnot Gang: the history of the French illegalists], 1987.
  3. ^ a b c d "The "Illegalists"" di Doug Imrie (da Anarchy: A Journal of Desire Armed, Fall-Winter, 1994–95)
  4. ^ a b (EN) Zabalaza.Net, su web.archive.org, 12 marzo 2009. URL consultato il 5 maggio 2020 (archiviato dall'url originale il 12 marzo 2009).
  5. ^ (EN) Articles from “Canenero”. URL consultato il 5 maggio 2020.
  6. ^ Notes on the article “Anarchism, Insurrections and Insurrectionalism” - Infoshop News, su web.archive.org, 21 settembre 2012. URL consultato il 5 maggio 2020 (archiviato dall'url originale il 21 settembre 2012).
  7. ^ Memoirs of a Revolutionary by Victor Serge, su marxists.org. URL consultato il 5 maggio 2020.
  8. ^ Horst Biography - Horst Fantazzini.net, su horstfantazzini.net. URL consultato il 5 maggio 2020 (archiviato dall'url originale il 1º marzo 2012).
  9. ^ Ormai è fatta!. URL consultato il 5 maggio 2020.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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