Rito romano: differenze tra le versioni

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Nella [[Chiesa cattolica]] il rito romano è il maggiore in termini di diffusione, e per questo si tende a volte a considerarlo erroneamente l'unico cattolico, dimenticando l'esistenza degli altri, sia della [[Chiesa latina]] sia delle [[Chiese cattoliche orientali]].
Nella [[Chiesa cattolica]] il rito romano è il maggiore in termini di diffusione, e per questo si tende a volte a considerarlo erroneamente l'unico cattolico, dimenticando l'esistenza degli altri, sia della [[Chiesa latina]] sia delle [[Chiese cattoliche orientali]].

Fuori dal contesto cristiano, nella [[Via romana agli dei|Via Romana agli Dèi]] il termine "Rito Romano" si riferisce alla pratica rituale di base (o standard), ricostruita in base alle fonti latine disponibili (in particolare Catone, De Agri Cultura), e che prevede il susseguirsi di formule ed offerte alle divinità.


== Origini e storia ==
== Origini e storia ==

Versione delle 16:26, 30 mar 2022

Il rito romano è il rito liturgico tramandato dalla Chiesa di Roma ed è attualmente quello più diffuso del cristianesimo.

Anticamente esistevano tanti altri riti non solo orientali ma anche occidentali. Nella Chiesa latina convivevano accanto al rito romano molti riti locali. Le maggiori chiese locali, infatti, esprimevano tutte un proprio rito particolare. In seguito, data la grandissima importanza attribuita a Roma, luogo del martirio dei santi Pietro e Paolo e sede del papato, il suo rito liturgico è stato adottato altrove, rimpiazzando altri.

Dopo il Concilio di Trento, papa Pio V, con la bolla pontificia Quo primum tempore del 14 luglio 1570, stabilì che rimanessero solo quelli che potessero vantare un'antichità di almeno duecento anni. Alcuni riti non soppressi nel 1570, come per esempio il rito lionese e quelli di certi ordini religiosi, sono stati abbandonati successivamente, soprattutto dopo il Concilio Vaticano II. Sopravvivono il rito ambrosiano, il rito mozarabico, il rito di Braga e quello dell'Ordine certosino. Con queste poche eccezioni, il rito romano oggigiorno è in uso nell'intera Chiesa latina.

Nella Chiesa cattolica il rito romano è il maggiore in termini di diffusione, e per questo si tende a volte a considerarlo erroneamente l'unico cattolico, dimenticando l'esistenza degli altri, sia della Chiesa latina sia delle Chiese cattoliche orientali.

Origini e storia

Lo stesso argomento in dettaglio: Tradizione Apostolica.

Il primo dato concreto ora esistente della celebrazione dell'eucaristia a Roma è la descrizione che ne dà Giustino martire a metà del II secolo: una liturgia in greco e di tipo orientale.[1]

L'origine del rito romano è oscura. Molti storici mettono in dubbio la data, la paternità e l'origine della Tradizione Apostolica tradizionalmente attribuita a Ippolito di Roma e perciò associata alla Chiesa di Roma.[2] È un testo che presenta come apostolici tanti usi propri della liturgia romana e comuni anche ad Antiochia e ad Alessandria.[3]

In relazione all'adozione della lingua latina nella liturgia romana, i più antichi manoscritti esistenti suggeriscono che intorno al 270 (parallelamente alla stessa occorrenza nell'Africa settentrionale) la liturgia del rito romano fu gradualmente tradotta dal greco al latino.[2] Il primo papa che tentò di introdurre il latino nella liturgia era l'africano papa Vittore I (morto nel 203). Ne risultò inizialmente una liturgia bilingue: greca nelle orazioni, latina nelle letture, situazione che perdurò fino al pontificato di papa Damaso I (366-384), che consolidò il graduale passaggio dal greco al latino, non più traducendo, ma componendo nuove epigrafi, che formeranno raccolte di orazioni dette eucologie.[3] La prima testimonanza scritta dell'uso del latino nella preghiera eucaristica è del 360–382. A causa dell'immigrazione di molti ellenofoni, la liturgia romana ridiventò bilingue per relativamente breve tempo nel VII secolo, usando il greco in alcune letture e in alcuni riti.[4]

Mancano notizie sui cambiamenti avvenuti nel corso del III e del IV secolo, ma due documenti dell'inizio del V secolo e i primi sacramentari romani (sec. VI-VII) indicano che la liturgia romana era ormai in latino e essenzialmente quella ancora in uso.[1] Gran parte delle caratteristiche del liturgia che emerge così è dovuto, a giudizio di Fortescue, alla tendenza romana ad accorciare. Le letture delle Scritture sono due o raramente tre. In essa non c'è più l'antica preghiera dei fedeli.[1] Restaurata recentemente per ordine del Concilio Vaticano II,[5] nella messa tridentina ne rimane solo il retaggio dell'Oremus detto dal sacerdote prima dell'Offertorio è un frammento di tale preghiera.[1]

L'influsso dell'anno ecclesiastico sul rito romano lo distingue da tutti gli orientali: la messa romana è profondamente influenzata dal tempo o festa in cui viene recitata. La teoria che attribuiva questa caratteristica a papa Damaso I è ora abbandonata: papa Vigilio (540-555) testimonia che nel VI secolo l'ordinario della messa era ancora poco influenzato dal calendario, influenza che deve essere sorta gradualmente.[1] Nel lungo periodo di tempo che va dal III al IX secolo, furono introdotti formulari che differenziavano la Messa nei diversi giorni dell'anno, sia in relazione al tempo liturgico, con l'organizzazione della Quaresima e dell'Avvento compiuta nel V secolo, sia in relazione al culto liturgico dei martiri, che ha origine nel III secolo, con un numero di messe crescenti nei secoli successivi, ma anche con l'introduzione del Commune Sanctorum a partire dal VI-VII secolo, e la celebrazione di messe votive a partire dal IV secolo.[6]

Anche se elementi quali la riduzione del numero di letture e l'omissione della preghiera dei fedeli prima dell'Offertorio possono essere attribuiti alla caratteristica tendenza romana di abbreviare il rito liturgico e tralasciare ciò che era diventato superfluo, resta la grande questione della disposizione del Canone romano, che differisce moltissimo dalla forma delle altre antiche liturgie.[1] Fra il III e il V secolo a Roma furono inseriti nella liturgia romana nuovi elementi, che conferirono alla Messa un'impronta esteriore più decorativa e solenne.[7] Almeno al IV secolo risale il canone romano.[3] "A Roma la preghiera eucaristica è stata radicalmente modificata e riformulata in un periodo incerto tra il IV e il VI e il VII secolo, lo stesso tempo in cui spariva la preghiera dei fedeli prima dell'Offertorio, il bacio della pace veniva trasferito dopo la Consacrazione e l'Epiclesi veniva omessa o mutilata nella preghiera eucaristica romana. ... Bisogna ammettere che tra gli anni 400 e 500 si ebbe una grande trasformazione nel Canone romano".[1] Diverse parti del canone sono attribuite a diversi papa e si attribuisce l'ultima aggiunta e l'ultimo riordine delle parti che lo compongono a papa Gregorio I.[8] Il secolo V ha visto l'introduzione nel canone romano del Sanctus, elemento proveniente dalla liturgia antiochena, del Communicantes, del Nobis quoque peccatoribus e dell'Hanc igitur, di cui fu probabilmente compilatore papa Leone I.[9]

I più antichi libri liturgici romani che si sono tramandati sono l'Ordo romanus I, redatto dopo il pontificato di papa Sergio I (687-701), ma che contiene parti di un ipotetico Ordo Missae del tempo di papa Gregorio I (590-604) successivamente rimaneggiate e il Capitulare ecclesiastici ordinis, contemporaneo dell'Ordo romanus I, il cui autore sarebbe Giovanni arcicantore, inviato in Inghilterra da papa Agatone nel 680.[10] Questi libri descrivono la Messa stazionale celebrata solennemente dal papa.[7] La Messa pontificale è essenzialmente l'antica Messa stazionale descritta nell'Ordo Romanus I, al di là di alcune specificità che riguardano strettamente la figura papale.[11]

In questo periodo il rito romano adottò influssi orientali (come la preghiera Agnus Dei inserita da papa Sergio I nella messa romana)[12] e certe feste) e, intorno al 950, una forma gallicanizzata.[2] Anche Keith Pecklers nota l'introduzione nel rito romano di elementi estranei come risultato dei contatti con le liturgie gallicane e franco-germaniche nel VIII secolo, prima dei quali esisteva nello stato puro e classico.[13] Ripetono lo stesso apprezzamento altri autori.[14]

Già negli inizi del rito romano appaiono tre tipi di messa: la solenne messa stazionale papale, la liturgia presbiterale celebrata nei tituli della città di Roma, e la celebrazione più semplice presieduta da un presbitero nelle parti rurali senza coro e forse anche senza diacono.[15] Dalla Messa del vescovo deriva la messa parrocchiale, la cui origine si deve alla diffusione della vita liturgica dalla città episcopale alle chiese rurali, a cui il vescovo inviava dei sacerdoti come suoi delegati. Più tardi furono istituite anche parrocchie urbane. Il popolo della parrocchia nel Medioevo sarà tenuto a partecipare alla Messa parrocchiale, finché papa Leone X nel 1517 con la costituzione Intelleximus stabilì che anche i fedeli che ascoltavano la Messa nelle chiese degli ordini mendicanti, che si erano notevolmente diffusi nei secoli precedenti, soddisfacevano al precetto festivo.[16] La Messa celebrata da un presbitero poteva essere cantata, con la presenza di un diacono e di un lettore, a cui dopo l'XI secolo si aggiunge il suddiacono: da questo tempo in avanti la Messa cantata viene chiamata anche Missa solemnis. La parte musicale ebbe un grande sviluppo in epoca carolingia.[17] Accanto alla messa cantata era celebrata pure la Messa letta o privata, in cui il celebrante recita tutte le parti che competono al diacono, al suddiacono e alla Schola cantorum: sebbene questa prassi fosse già presente nei primi secoli, diviene comune nel VII secolo.[18] Dalla prassi della Messa letta viene l'uso, che è durato dal XII secolo fino al 1962, che il celebrante reciti privatamente le parti affidate ad altri anche nella Messa solenne, come l'introito, il Kyrie, il Gloria, il Credo, il Sanctus, l'Agnus Dei, l'Epistola e il Vangelo.[19]

Lo sviluppo del rito romano nel Medioevo si concentra intorno a tre momenti: l'introito, l'offertorio e la comunione, attraverso l'aggiunta di nuove orazioni, che sono inserite dove terminano o incominciano le parti principali, rispettando l'integrità della Messa antica.[20] Queste orazioni sono l'espressione dei sentimenti personali del sacerdote, pertanto hanno un carattere privato, sono espresse al singolare e recitate a bassa voce, senza intervento dell'assemblea e per il loro contenuto sono collettivamente chiamate apologie.[21] Il Memento dei morti è assente nel Sacramentario gelasiano (VIII secolo) e nelle fonti precedenti, ma Giovanni arcicantore testimonia che fosse recitato nei giorni feriali, solo dall'inizio del IX secolo fu aggiunto anche nelle Messe della domenica.[22]Le apologie si sviluppano a partire dall'VIII secolo fino alla prima metà del XII secolo.[23] Sotto papa Innocenzo III (1198–1216) l'offertorio si faceva in silenzio, però le apologie sono inserite nel messale tridentino.[24]

Le apologie dell'offertorio, che contengono le dichiarazioni di offrire hanc immaculatam hostiam (ancora nient'altro che pane) e calicem salutaris (il cui contenuto è ancora vino) furono introdotte stabilmente nella Messa romana nel XIII secolo. Ancora sotto Innocenzo III, al principio del secolo, l'offertorio si svolgeva in silenzio. L'orazione Suscipe che contiene la frase hanc immaculatam hostiam è di origine gallicana e si trova per la prima volta nel libro di preghiere di Carlo il Calvo del IX secolo. Questa orazione e tutte le orazioni all'offertorio sono chiamate impropriamente Piccolo canone, perché introducono i concetti che verranno espressi compiutamente nel canone eucaristico.[25][26]

Nell'VIII e nel IX secolo si introdusse a Roma dall'Impero franco l'orientamento, per cui il sacerdote sta dalla stessa parte dell'altare dove sta anche il popolo. Fino allora il celebrante stava dall'altra parte dell'altare di fronte al popolo.[27]

Un importante momento per la liturgia romana si ebbe quando Carlo Magno richiese ad Alcuino di copiare i testi liturgici romani, per adottarli in tutto il Sacro Romano Impero. L'estensione della liturgia romana mista con elementi gallicani a buona parte del mondo latino fu favorita dai monaci dell'abbazia di Cluny nell'XI secolo.[28] e anche a Roma.[29] Gli Ordines romani dal III al X, ma anche il XV e il XVII, presentano adattamenti delle liturgia eucaristica romana ad uso di cattedrali e chiese monastiche fuori Roma, integrandovi alcuni tradizioni franche e germaniche: la composizione del clero, l'orientamento delle chiese, la benedizione episcopale prima della comunione e certe vesti liturgiche. Nell'Ordo Romanus V compaiono usanze franche: il canto della sequenza; del Credo; l'inserimento dell'Orate fratres.[30] I libri liturgici di origine romana subirono al di là delle Alpi adattamenti, rimaneggiamenti e completamenti. Infine da tali trasformazioni nacquero libri liturgici nuovi come il Sacramentario gelasiano. Infine nacque il Messale, un libro unico per la celebrazione della Messa, che riuniva l'epistolario, l'evangeliario, l'antifonario e il sacramentario, presentando formulari di Messe completi.[31]

Le preghiere ai piedi dell'altare furono introdotte nel X secolo.[32]

Nell'XI secolo si introduce anche a Roma l'uso di cantare il Credo, già diffuso in molti luoghi anche in Italia.[33]

Nell'alto medioevo si eseguiva la frazione del pane al canto dell'Agnus Dei[34] L'Agnus Dei era stato introdotto da papa Sergio I nel VII secolo per accompagnare il rito della frazione del pane, che era complesso: vescovi, preti e diaconi si affaccendavano a dividere il pane consacrato in bocconi e a inserirlo in sacchetti di lino tenuti aperti dagli accoliti.[35][36]. Subito dopo si faceva la comunione e si metteva nel calice (azione chiamata "commixtio") un frammento del pane spezzato. Nella messa tridentina è invece durante l'embolismo che il sacerdote spezza l'ostia; poi con il frammento in mano fa il segno della croce tre volte sul calice dicendo "Pax Domini sit semper vobiscum"; poi esegue la commixtio e dice tre volte Agnus Dei battendosi ogni volta il petto.

Ancora all'inizio del XIII secolo a Roma all'Orate fratres non seguiva una risposta da parte dei fedeli, secondo quanto ancora si osserva nella Messa dei presantificati. Il Suscipiat fu introdotto con il Messale francescano nel corso del XIII secolo, ma la prima formula della risposta si trova già nel sacramentario d'Amiens del IX secolo.[37]

L'Ordo Missae originariamente elaborato per l'uso della Corte pontificia divenne la prassi ufficiale della Chiesa e finì per prevalere su tutti gli altri soprattutto per l'opera dei francescani, che vollero attenersi non al rito delle Chiese locali, ma, ovunque fossero, al rito della Chiesa romana, secondo quanto stabilito dal ministro generale Aimone di Faversham nel capitolo tenuto a Bologna nel 1243. Anche se l'uso francescano differiva in pochi punti dalla Messa romana, fu importante per l'omologazione delle liturgie locali alla liturgia romana.[38]

Il primo "Missale Romanum" a stampa fu pubblicato nel 1474, basandosi sul Codice ottoboniano[39] della seconda metà del XIII secolo.[40][41]

Dopo il Concilio di Trento è stato pubblicato il Messale romano del 1570 seguito poi da cinque altre tipiche (1604, 1634, 1884, 1920 e 1962), Messale che Mario Righetti nel 1949 descrisse come lo "sbocco finale di una lunga evoluzione".[42] il rito romano continuò ad esistere e a svilupparsi: così dopo il Concilio Vaticano II è stato pubblicato il Messale romano del 1969 seguito da due altre edizioni tipiche (1975 e 2002). Il rito romano odierno è la liturgia celebrata nella maggioranza delle chiese cattolica attualmente, il risultato di un protratto sviluppo storico.[43][44][45][46][47]

La Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti ha dichiarato che un membro di un istituto al quale è stato concesso di celebrare la messa con il Messale del 1962, se, si trova a celebrare per "una comunità che segue il Rito romano odierno", deve impiegare il Messale "postconciliare".[48]

Messa

Ciascuna messa del rito romano contiene una parte fissa (preghiere e riti comuni a tutte le messe) e una parte mobile, detto il proprio, che cambia a seconda della circostanza o della celebrazione specifica: il proprio del tempo (es. in Avvento, in Quaresima), il proprio dei santi (nelle cui celebrazioni alcune parti possono essere comuni a più santi della stessa classe), le messe rituali per certi sacramenti come il matrimonio o l'ordinazione, messe per varie necessità e occasioni, messe votive, messe per i defunti.

Le parti mobili comprendono letture, preghiere e canti che hanno relazioni con la circostanza, mentre le parti fisse (es. presentazione delle offerte, consacrazione, Padre nostro, comunione) sono sempre uguali.

La struttura della messa è suddivisa in due parti: la Liturgia della parola e quella eucaristica.

Il rito romano si distingue anche per l'uso di colori diversi nei paramenti liturgici.

Celebranti

A partire dall'edizione del 1969 del Messale Romano il rito romano ammette espressamente la concelebrazione della messa da parte di più sacerdoti.[49] Nelle edizioni anteriori del Messale, la concelebrazione non è mai prevista. Nel rito romano del I millennio la concelebrazione è presente in forme e circostanze diverse, fino a tramontare nel XII secolo. Fra il 1572 e il 1962, dalla prima all'ultima edizione, il Messale romano tridentino non include né esclude il concetto della concelebrazione, menzionata nelle edizioni tridentine del Pontificale Romanum dalla prima (1594) all'ultima, le quali prevedevano la concelebrazione solo nel rito dell'ordinazione presbiterale[50] e della consacrazione episcopale,[51]. Per esempio, nella consacrazione episcopale il consacrante e il nuovo vescovo celebravano la "messa dei catecumeni" in cappelle distinte ma, compiuta l'ordinazione del nuovo vescovo, il consacrante e il consacrata concelebravano la "messa dei fedeli" allo stesso altare a partire dall'orazione sulle offerte.

A parte il celebrante o i concelebranti, gli altri sacerdoti eventualmente partecipanti agiscono come ministri o sono semplici assistenti. È possibile anche una messa presieduta da un vescovo, ma non da lui celebrata. Se, per una giusta causa, un vescovo presente ad una messa celebrata da un presbitero non celebra l'eucaristia, gli si raccomanda di presiedere la celebrazione, guidando almeno la liturgia della parola e benedicendo alla fine il popolo. Se egli non presiede in questa maniera la liturgia, assiste vestito dell'abito corale (con mozzetta e rocchetto) in un luogo adatto ma non alla cattedra.[52][53] Può portare la cappa magna soltanto in diocesi e nelle feste solennissime.[54]

Nel rito romano, come in tutti gli altri riti liturgici della Chiesa cattolica, possono celebrare la messa solo i presbiteri e i vescovi. Il cardinalato di per sé non abilita alla celebrazione della messa, ma dalla morte di Teodolfo Mertel nel 1899 non esiste più alcun cosiddetto cardinale laico. Il Codice Piano Benedettino del 1917 stabilì che chi è creato cardinale deve essere almeno presbitero,[55] e l'attuale Codice di diritto canonico aggiunge che chi non è già vescovo alla nomina deve poi essere ordinato vescovo.[56]

"I fedeli nella celebrazione della messa formano la gente santa, il popolo che Dio si è acquistato e il sacerdozio regale, per rendere grazie a Dio, per offrire la vittima immacolata non soltanto per le mani del sacerdote ma anche insieme con lui, e per imparare a offrire se stessi".[57] Un diacono partecipante svolge funzioni specifiche. Anche un accolito e un lettore istituiti hanno compiti particolari, che nella loro mancanza sono affidati ad altri ministri laici: portare la croce, i ceri, il turibolo, il pane, il vino, l'acqua e proclamare le letture bibliche. Alcuni possono essere designati ministri straordinari della comunione (non dell'eucaristia).[58] Altri compiti sono quelli del salmista, del cantore, del maestro del coro e del coro stesso, del sacrista, del commentatore, di coloro che raccolgono le offerte dei fedeli e di coloro che accolgono i fedeli alla porta della chiesa, li dispongono ai propri posti e ordinano i loro movimenti processionali.[59]

Incensazione

Con l'incensazione si rende onore a certe persone e cose. Nell'incensare l'ostia e il calice presentati al popolo dopo la consacrazione,[60] si sottolinea che il pane e il vino sono diventati realmente il Corpo e il Sangue del Signore.[61] Minore è l'onore che si fa in altri casi di incensazione di persone e di oggetti.

Nel rito romano (qui molto diverso dall'ambrosiano) si fanno oscillare il turibolo in avanti e indietro con tre tiri doppi per il Santissimo Sacramento, per la croce d'altare, per l'Evangelario alla proclamazione del Vangelo, per la reliquia e le immagini di Gesù esposte alla pubblica venerazione, per il sacerdote e per il popolo; con due tiri doppi si incensano le reliquie e le immagini dei santi esposte alla pubblica venerazione; con singoli tiri si incensa l'altare girandogli attorno o, se esso è addossato alla parete, passandone prima la parte destra, poi la sinistra.[62]

Prima e dopo l'incensazione si fa un profondo inchino alla persona o alla cosa che viene incensata. Due sono le eccezioni: all'altare e alle offerte per la Messa non si fa inchino.[63]

L'incensazione del sacerdote e del popolo e quella all'ostensione dell'ostia e del calice vengono effettuate dal diacono o da un ministrante, le altre dal sacerdote stesso.

Candele

Nella messa di rito romano l'altare è ornato da almeno due candelabri posti sopra o vicino all'altare con i ceri accesi. Il numero può essere aumentato a quattro o a sei, specialmente nelle messe domenicali e festive di precetto. I candelabri devono essere sette quando celebra il vescovo della diocesi.[64]

Nel presbiterio della chiesa durante i cinquanta giorni del tempo pasquale si trova inoltre il cero pasquale, che viene acceso obbligatoriamente per le messe più solenni (delle domeniche, delle solennità e di tutti i giorni dell'ottava di Pasqua) e facoltativamente in altre celebrazioni liturgiche dello stesso periodo. Dopo Pentecoste è messo nel battistero ed è usato nel rito del battesimo. Nelle esequie può essere messo accanto alla bara.[65]

Nella veglia pasquale il cero pasquale, ornato con cinque grani d'incenso e acceso dal nuovo fuoco benedetto è usato per la benedizione dell'acqua. I cinque grani d'incenso, che ricordano le cinque piaghe di Cristo, sono attaccati a degli spilloni che vengono conficcati nel cero a forma di croce. Sopra e sotto vi sono incise rispettivamente la prima e l'ultima lettera dell'alfabeto greco, l'alfa e l'omega, e attorno alla croce le quattro cifre dell'anno in corso.

L'origine del rito intorno al cero pasquale in tale veglia è da ricercare probabilmente nel rito della luce (il lucernario) con il quale i cristiani primitivi iniziavano la veglia di ogni domenica e di cui una variante, il rito del lucernario, persiste nelle celebrazioni vespertine del rito ambrosiano.[65]

Inoltre vi sono i ceri nella festa della Presentazione del Signore al tempio, chiamata "Candelora", benedetti e distribuiti ai fedeli in questa festa; le candele di san Biagio, due candele incrociate (di solito legate tra di loro da un nastro) che vengono usate per benedire la gola e preservare dai malanni; ceri usati per la prima comunione o portati dai comunicandi in cerimonie solenni (cero della comunione); il cero che viene consegnato al padre del bambino o al padrino nella celebrazione del battesimo (cero battesimale).

Di un certo rilievo i ceri portati durante le processioni (cero processionale) da incaricati o appartenenti a certe confraternite, e i ceri per le cerimonie funebri, che per tradizione non dovrebbero essere bianchi come quelli per l'altare, ma di cera grezza e quindi giallo-marroni.

Liturgia delle ore

Nel rito romano la liturgia delle ore ha come cardini le Lodi mattutine e i Vespri, che rivestono il carattere di preghiere del mattino e della sera. L'Ufficio delle letture conta la caratteristica propria di preghiera notturna per coloro che celebrano le vigilie, si può adattare a qualunque ora del giorno. I sacerdoti e i diaconi aspiranti al presbiterato, che in quanto tali sono obbligati a recitare ogni giorno la liturgia delle[66] possono scegliere una sola delle ore di Terza, Sesta e Nona invece di recitarle tutte.[67] La Compieta è l'ora che si recita prima del riposo notturno.

Anche quei fedeli che non sono vincolati all'obbligo di recitare la liturgia delle ore "sono caldamente invitati a partecipare alla liturgia delle ore, in quanto è azione della Chiesa".[68]

Con il motu proprio Summorum Pontificum, papa Benedetto XVI concesse ai "chierici costituiti in sacris" (sacerdoti e diaconi) il permesso di usare, invece del testo della Liturgia delle ore, quello del Breviario Romano promulgato nel 1962.[69] Tale permesso non fu concesso ai membri degli istituti di vita consacrata e delle società di vita apostolica che sono vincolati alla celebrazione della liturgia delle ore a norma delle proprie costituzioni,[70] né riguarda edizioni del Breviario Romano anteriori a quella del 1962, per esempio quella di Pio V del 1568.

L'edizione del Breviario Romano del 1962 ancora contiene l'ora di Prima. Nell'anno successivo, il Concilio Vaticano II decretò: "L'ora di Prima sia soppressa".[71] L'Ufficio delle letture è denominato "Mattutino", essendo spesso unito all'ora chiamata Lodi.

Sacramenti

Battesimo

La celebrazione del battesimo nel rito romano è abbastanza semplice. Quanto segue fa per lo più riferimento al battesimo dei bambini.[72] Il battesimo degli adulti viene celebrato secondo un analogo canovaccio, ma le varie parti del rito sono suddivise in celebrazioni distinte nel corso del catecumenato, e inoltre il candidato - essendo in età di ragione - ha una parte maggiore nell'interagire direttamente con il celebrante.

Si inizia con i riti di accoglienza, che possono venire celebrati fuori dalla chiesa o del battistero (più spesso tra le porte, nella bussola, per offrire ai neonati un riparo rispetto al clima esterno). Il celebrante (vescovo, sacerdote o diacono) fa il segno della croce sul candidato e invita i genitori e eventualmente i padrini a fare lo stesso.[73]

Avviene poi la liturgia della Parola con la lettura di uno o due brani della Scrittura, una breve omelia e la preghiera dei fedeli. Seguono una invocazione dei santi, una orazione di esorcismo (perché il bambino sia liberato dal peccato originale e consacrato a Dio) e l'unzione sul petto con l'olio dei catecumeni.[74]

Poi al fonte battesimale, di cui si benedice l'acqua, si celebra la liturgia del sacramento: i genitori e i padrini professano la fede della Chiesa nella quale il bambino sarà battezzato e il celebrante fa la triplice infusione o immersione del bambino mentre pronuncia la formula trinitaria battesimale:[75]

«(Nome), io ti battezzo nel nome del Padre, e del Figlio, e dello Spirito Santo.»

Seguono l'unzione col sacro crisma sul capo del bambino, con la quale egli viene consacrato come membro di Cristo sacerdote, re e profeta, e la consegna di una veste bianca e un cero acceso. La veste bianca rappresenta la veste che nell'antichità i neo-battezzati indossavano dopo il battesimo per una settimana: avvenendo il battesimo durante la veglia pasquale, ciò voleva dire fino alla domenica successiva, che non a caso si chiamava - e si chiama tuttora - Domenica "in albis (depositis)". Si ha ancora un ultimo rito esplicativo ("Effetà"), in cui il celebrante tocca orecchie e bocca del battezzato invocandone l'apertura all'ascolto della Parola di Dio e alla professione della fede.[76] Si conclude con la recita del Padre nostro e la benedizione della madre del papà e di tutti i presenti e il congedo.[77]

Nel rito romano del battesimo che era in uso prima del Concilio Vaticano II e che con licenza del parroco può essere ancora adoperato, "se questo consiglia il bene delle anime",[78] il celebrante all'inizio soffia tre volte nel volto del bambino dicendo: "Exi ab eo immunde spiritus, et da locum Spiritui Sancto Paraclito"; gli fa il segno della croce non solo nella fronte ma anche nel petto, benedice (con nove segni della croce) un po' di sale, che poi mette nella bocca del bambino, e pronuncia un esorcismo contro il diavolo ("Exorcizo te, immunde spiritus ... Ergo, maledicte diabole ..."). Poi mette l'estremità sinistra della stola sul bambino e lo introduce nella chiesa, recitando con i padrini il Credo degli apostoli e il Padre nostro mentre si procede verso il fonte battesimale, dove pronuncia un ulteriore esorcismo, compie il rito "Effetà", domanda al bambino se rinuncia a Satana (il padrino risponde: "abrenuntio" o "rinuncio"), lo unge con l'oleo dei catecumeni sul petto e sul dorso, domanda al bambino se crede nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo e se vuole essere battezzato (il padrino risponde sempre) e poi lo battezza. Poi si fa l'unzione con il crisma sul capo del bambino, gli si impone sulla testa un panno bianco al posto di una veste bianca ("loco vestis albae") e si dà al bambino o al padrino una candela accesa. Poi si pronuncia la formula di congedo senza benedizione.[79]

Matrimonio

Nel rito romano, come nella Chiesa latina in generale, i ministri del matrimonio sono gli sposi, che si conferiscono mutuamente il sacramento esprimendo davanti alla Chiesa il loro consenso, mentre nelle tradizioni delle Chiese cattoliche orientali il sacerdote (vescovo o presbitero), oltre ad essere testimone dello scambio di consenso tra gli sposi, dà una benedizione considerata necessaria per la validità del sacramento.[80]

Nel rituale romano in uso prima del Concilio Vaticano II il sacerdote testimone qualificato poteva, secondo gli usi locali, dire "Ego coniungo vos in matrimonium in nomine Patris, Filii et Spiritus Sancti", frase che però non significava che egli fosse il ministro.[81]

All'espressione, davanti al testimone qualificato (sacerdote o diacono avente la necessaria giurisdizione ordinaria o delegata) e altri due testimoni, del consenso degli sposi, il rito romano prevede l'aggiunta di altre cerimonie in conformità con gli usi locali: la benedizione e l'imposizione della fede nuziale, l'incoronazione degli sposi,[82] preghiere pronunciate dagli stessi sposi,[83] la consegna simbolica di una caparra,[84][85] l'accensione congiunta di una candela per mezzo di due lucignoli che poi si spengono.[86]

Ordine sacro

Alcuni sacramenti possono essere amministrati anche dai laici (battesimo), altri dai presbiteri o vescovi (l'eucaristia - la messa -, la riconciliazione o penitenza - confessione - e l'unzione dei malati), ma due sacramenti possono essere amministrati solo da vescovi: l'ordine e la cresima (che però ammette delegati dal vescovo). L'ordine è il sacramento con cui si consacra un diacono, un sacerdote o un vescovo. È bene notare che la pienezza dell'Ordine spetta al vescovo, e che non vi sono consacrazioni di ordine superiore. Infatti i cardinali o il papa non ricevono un'ulteriore ordinazione. Questo deriva dal fatto che i primi in principio erano semplicemente i presbiteri e i diaconi incaricati della cura delle chiese della città di Roma ed i vescovi delle diocesi intorno all'urbe (suburbicarie) e che il papa originariamente era semplicemente il vescovo della diocesi di Roma (tuttora lo è) e solo nel corso del tempo questa carica ha assunto il valore di guida della cristianità.

Ordinazione diaconale e sacerdotale

Lo stesso argomento in dettaglio: Rito dell'ordinazione sacerdotale.

Una cerimonia solenne e complessa, celebrata durante una messa pontificale, consente al vescovo di ordinare i sacerdoti (o presbiteri) e i diaconi che lo coadiuvano. I due riti presentano la medesima struttura, pur variando ovviamente nei particolari testuali e rituali. La celebrazione prevede, dopo la liturgia della Parola e la verifica della volontà dei candidati attraverso una serie di domande, una parte penitenziale (gli ordinandi, con il camice, si prostrano a terra e vengono invocati tutti i santi con le litanie), una parte essenziale con l'imposizione delle mani da parte del vescovo e la preghiera di ordinazione, una parte esplicativa con la vestizione dei paramenti diaconali (stola e dalmatica) e sacerdotali (pianeta), la consegna degli oggetti liturgici connessi al grado dell'ordine (l'evangeliario per i diaconi, il pane e il vino da consacrare per i presbiteri). I presbiteri ricevono anche un'unzione sulle mani con il crisma, che consacra per sempre il sacerdote; dopo l'unzione, delle bende (il crismale) possono essere poste sul capo e a unire le mani del consacrato. L'ordinazione avviene alla cattedra oppure, davanti all'altare, al faldistorio, ovvero uno scranno mobile che serve al vescovo sia per pregare (come un inginocchiatoio) sia (se ci si siede sopra) per svolgere le funzioni sacerdotali maggiori, e indossando la mitria preziosa (uno dei tipi di mitria in dotazione ai vescovi).

Ordinazione episcopale

Mons. Maurizio Malvestiti benedice l'assemblea al canto del Te Deum, durante l'ordinazione episcopale nella basilica di San Pietro in Vaticano; davanti a lui i vescovi coconsacranti Francesco Beschi e Giuseppe Merisi.
Lo stesso argomento in dettaglio: Ordinazione episcopale nel rito romano.

Anche l'ordinazione episcopale, o vescovile, è una cerimonia solenne e complessa, svolta durante una messa pontificale (prima dell'introduzione della concelebrazione ciascun vescovo celebrava contemporaneamente una messa diversa su un altare diverso), in cui di solito tre vescovi ordinano un nuovo vescovo. Dal punto di vista della validità basta un vescovo, ma la cerimonia (e la tradizione) richiedono la presenza di tre vescovi[87].

L'ordinazione episcopale viene sempre effettuata direttamente dal papa o dietro il suo permesso esplicito, ma può essere valida (anche se non legittima) anche in contrasto a questa disposizione, purché il consacrante sia un vescovo. Il vescovo che ordini un altro vescovo senza mandato pontificio incorre nella scomunica latae sententiae prevista dal Codice di diritto canonico (can. 1382). L'ordinazione episcopale, se conferita da un vescovo validamente ordinato, è a sua volta valida a tutti gli effetti anche se l'ordinando non è sacerdote: un vescovo non sacerdote, al momento della consacrazione episcopale, riceve infatti tutti gli ordini sacri. Questa regola è adottata da moltissime Chiese Cristiane Cattoliche indipendenti, ma in contrasto con la Chiesa Cattolica Romana in cui attualmente, a norma del Codice di Diritto Canonico (can. 378), il candidato all'episcopato dev'essere presbitero da almeno cinque anni.

Lo svolgimento del rito avviene in questo modo: terminata la proclamazione del Vangelo, inizia la presentazione dell'ordinando con lettura del Mandato Apostolico e il canto del Veni Creator. Dopo le domande che si pongono all'ordinando, questi si prostra a terra mentre si invoca la protezione dei santi con il canto delle litanie. Uno alla volta, nel silenzio, i vescovi concelebranti impongono le mani sul capo dell'ordinando. Terminato il rito dell'imposizione delle mani, due diaconi aprono l'Evangeliario sul capo dell'ordinato, mentre il vescovo presidente pronuncia la preghiera di ordinazione. Il vescovo presidente procede poi con l'unzione con il crisma sul capo dell'eletto e impone la mitria, dona il pastorale e l'anello episcopale. Terminati questi riti, se durante la cerimonia il neo vescovo prende possesso della diocesi dove si celebra l'ordinazione, siede alla cattedra e procede la messa da presidente, altrimenti siede accanto al vescovo che presiede. Dopo la comunione l'ordinato scende nell'assemblea per benedirla, preceduto dai due coconsacranti, mentre si canta l'inno Te Deum.

Riti della settimana santa

La Settimana Santa prevede riti particolari. Iniziano con la domenica delle Palme, che nel Novus Ordo è la sesta domenica di Quaresima e nel Vetus Ordo la seconda domenica di Passione (tempo liturgico che comincia quattordici giorni prima di Pasqua).

Ma i riti più importanti si svolgono durante il Triduo Pasquale, ovvero il giovedì, venerdì e sabato santo.

Il Giovedì Santo ha luogo la "Missa in Cena Domini" (messa nella cena del Signore), solo vespertina. Al mattino viene celebrata, solo nelle cattedrali, la Messa Crismale, una messa stazionale presieduta dal Vescovo, in cui vengono benedetti gli olii sacri che nel corso dell'anno serviranno per le somministrazioni dei Sacramenti del Battesimo, della Cresima, dell'Unzione degli infermi e dell'Ordine, oltreché per la dedicazione delle chiese e degli altari. La Messa in Cena Domini si chiude con la reposizione delle ostie consacrate in un altare a ciò predisposto. Dopo la messa si spoglia l'altare e, se è possibile, si rimuovono le croci dalla chiesa. È bene che si velino le croci che rimangono in chiesa.[88] Da questo momento e fino al Sabato Santo non suonano più le campane, che anticamente venivano legate.

Nelle edizioni tridentine del Messale Romano non si prevede la rimozione dalla chiese delle croci, velate dalla V Domenica di Quaresima, che nell'edizione 1962 è chiamata "Domenica I di Passione" e nelle edizioni anteriori "Domenica di Passione".

Il Venerdì Santo è giorno aliturgico: non viene celebrata la messa. Nel pomeriggio si celebra la liturgia della Parola (compresa la lettura della Passione), una grande preghiera universale e lo svelamento della croce (le croci che erano state velate il giorno precedente rimangono velate) che verrà utilizzata per l'adorazione delle croce (vedi Venerdì santo), invece della liturgia eucaristica avviene la Comunione sotto la specie del pane consacrato nei giorni precedenti.

Anche il Sabato Santo la Chiesa da antica tradizione non celebra la messa, ma si dedica alla contemplazione del silenzio con la preghiera della Liturgia delle Ore.

Poi nella notte seguente si inizia il tempo pasquale (tra le 22 e le 4), con la liturgia della Veglia pasquale, forse il rito più complesso del rito romano, che comprende la benedizione del fuoco, l'accensione del cero pasquale, il canto dell'Exsultet, una lunga e articolata liturgia della Parola (con un minimo di cinque e un massimo di nove letture tra Antico e Nuovo Testamento, e i rispettivi Salmi responsoriali), la benedizione dell'acqua battesimale e lustrale e la celebrazione della messa solenne di Resurrezione.

Benedizioni

Il rito romano prevede molti tipi e forme di benedizioni, alcune delle quali sono molto semplici (es. quelle degli oggetti e delle altre realtà di uso quotidiano - dal cibo agli aeroporti -, delle immagini dei santi), altre accompagnate da speciali processioni (es. le rogazioni, che prevedono la benedizione dei campi, e che si rifanno a una filiera di riti antichi precristiani), e infine quelle impartite durante le celebrazioni solenni (es. la benedizione eucaristica nella festa del Corpus Domini). È da notare che quando si fanno altre processioni, come in onore del santo patrono, la benedizione viene data di norma dopo la conclusione della processione, mentre qui si parla di processioni finalizzate esplicitamente alla benedizione.

Vi sono benedizioni che possono essere fatte anche da laici (come quelle impartite dal capofamiglia), altre riservate ai diaconi, sacerdoti e vescovi, e una (la benedizione Urbi et Orbi) riservata al papa. Le benedizioni possono comportare o accompagnare un'indulgenza.

Le benedizioni possono essere fatte con le mani, con l'eucaristia, con reliquie o con altri oggetti sacri.

Benedizioni con le mani

Anticamente e in certi frangenti ancor oggi la benedizione viene praticata ponendo le mani sulla testa della persona che si benedice, ma quest'azione viene riferita ormai più alla celebrazione di alcuni sacramenti (cresima, ordine, unzione dei malati) che alla benedizione. Oggi di norma la benedizione consiste nel tracciare un segno di croce verticale nell'aria recitando la formula (di norma "Benedictio Dei Omnipotentis, Patris, et Filii, et Spiritus Sancti descendat super vos et maneat semper" - "La benedizione di Dio onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo discenda su di voi e con voi rimanga sempre", o "Benedicat vos Omnipotens Deus, Pater..." - "Vi benedica Dio onnipotente, Padre...").

I vescovi non tracciano una croce ma tre, una pronunciando il nome del Padre, una il nome del Figlio e una lo Spirito Santo. Se benedicono più persone la prima croce viene tracciata al centro, la seconda a sinistra e la terza a destra.

L'uso del Messale Romano del 1962

L'uso dell'edizione 1962 del Messale Romano è concesso con l'autorizzazione del vescovo della diocesi, che definisce il luogo e i giorni in cui è consentita la celebrazione eucaristica secondo tale Messale.[89]

Dal 2007 al 2021, nelle chiese dove esisteva un gruppo di fedeli aderenti alla tradizione liturgica di prima del 1970 bastava l'autorizzazione del parroco o rettore della chiesa.[90]

Non sono autorizzate le anteriori edizioni del Messale tridentino: quella originale di papa Pio V (1570) e quelle di papa Clemente VIII (1604), di papa Urbano VIII (1634), di papa Leone XIII (1884) e quella contenente le riforme di papa Pio X e pubblicata nel 1920 da papa Benedetto XV.

Altri riti

Particolari riti sono stati resi facoltativi o sono caduti in disuso.

Un rito dimensionato ma non in disuso è quello che riguarda l'offertorio, in cui i fedeli deponevano di fronte all'altare doni, oltre al pane e il vino usati per l'eucaristia.

Un rito pontificio con aspetti caduti in disuso è la constatazione della morte del papa.

Dopo l'accertamento medico del decesso del pontefice, il cardinale camerlengo assistito dall'Arcivescovo Vice-Camerlengo, dai Chierici e dal Notaio della Camera Apostolica, dal Maestro delle celebrazioni liturgiche e dai Cerimonieri Pontifici, firma l'atto ufficiale della constatazione ed eleva alcune preghiere in suffragio dell'anima del pontefice defunto. Successivamente si procede al sigillo degli appartamenti papali con la ceralacca e alla rottura dell'anello piscatorio una volta usato come sigillo per i brevi e la corrispondenza privata.

Tuttavia, anticamente il camerlengo batteva leggermente per tre volte con un piccolo martello sulla fronte del papa, chiamandolo con il suo nome di battesimo, e infine pronunziava la frase "Vere Papa N. mortuus est"-"Papa n. è morto veramente". Questa parte del rito ha luogo per l'ultima volta con papa Benedetto XV nel 1922, poiché alla morte di papa Pio XI il camerlengo Card. Eugenio Pacelli non ritenne opportuno l'uso del martelletto, che da allora cadde in disuso. Il rito tuttavia continua ad avere luogo.[91]

Altri riti riguardano lo svolgimento dei pontificali. Il pane e il vino per la messa venivano portati solennemente dal dispensiere vescovile, ovvero dal funzionario che aveva le chiavi della dispensa. Portava un piccolo scrigno contenente due ostie. Il cerimoniere mescolava tra di loro le due ostie, in modo che il dispensiere non sapesse quale era la prescelta per la consacrazione. Alla fine una veniva consacrata e l'altra mangiata sull'istante dal dispensiere.

Le cerimonie più vistosamente cadute in disuso sono le più fastose cerimonie pontificie, che negli ultimi decenni sono state drasticamente semplificate.

È caduta in disuso a partire da papa Giovanni Paolo I la cerimonia dell'incoronazione. Come detto nel paragrafo dedicato all'ordinazione, il papa non viene "consacrato papa", perché la sua ordinazione è quella vescovile. Ma veniva incoronato con una cerimonia che nell'arco dei secoli era divenuta qualcosa che riecheggiava i trionfi romani[senza fonte], mediati attraverso le processioni imperiali bizantine, sia nella gloria sia nel contrappasso. Gli imperatori bizantini (che pare però procedessero a piedi) portavano in mano un sacchetto di seta contenente polvere di sepolcro, e durante la processione solenne lo baciavano più volte per ricordare la caducità della vita. Coloro cui era destinato il trionfo (imperatore o generale vittorioso) procedevano invece su un carro, e accanto avevano chi ricordava loro periodicamente di essere solo un essere umano. Il pontefice che entrava in San Pietro solennemente, in sedia gestatoria, con baldacchino e flabelli ornati di piume di struzzo bianche, prevedeva qualcosa di simile. Il cerimoniere lungo il tragitto fermava la solenne processione e diceva: "Beatissime pater, sic transit gloria mundi" (Beatissimo padre, così passa la gloria del mondo) e spegneva uno stoppino acceso in cima a un'asta portata da un apposito ministro. Al che il papa scendeva dalla sedia gestatoria, e si inginocchiava qualche istante a meditare sulla caducità delle cose terrene. Poi il papa risaliva sulla sedia gestatoria, il corteo riprendeva, e così per tre volte dall'ingresso nella basilica fino ai gradini dell'altare della confessione. L'incoronazione avveniva sul sagrato, o ai piedi di questo altare, e il papa assumeva la tiara o triregno.

Molti altri aspetti delle cerimonie pontificie sono caduti in disuso. Tra questi l'uso di particolari strumenti (i già citati flabelli). In disuso anche la sedia gestatoria, ovvero una sedia che aveva quattro prolungamenti o aste, due davanti e due dietro, e il papa seduto veniva portato a spalla da appositi dignitari denominati per l'appunto Sediari Pontifici. Sono in disuso anche certi paramenti: oltre alla citata tiara o triregno, da ricordare il fanone papale di solito solo rosso o bianco senza seguire gli altri colori liturgici) e altre cerimonie e strumenti, dal martello d'argento per abbattere la Porta Santa al succintorio.

Sono stati aboliti anche vari corpi militari che accompagnavano i pontificali pontifici. Tra questi la Guardia nobile (i cui militari erano scelti tra la nobiltà romana), la Guardia Palatina e altre figure legate all'antica Corte Pontificia. In origine (quando il percorso non era delimitato da transenne) essi avevano il compito di far largo al corteo pontificio menando colpi di mazza sulla folla, ma ben presto la mazza divenne una semplice insegna d'onore. I mazzieri e gli altri corpi sono stati presenti l'ultima volta per l'incoronazione di papa Giovanni XXIII.

Altri riti occidentali

Note

  1. ^ a b c d e f g Adrian Fortescue, "Liturgy of the Mass" in Catholic Encyclopedia (New York, 1910)
  2. ^ a b c Francis A. Brunner, "Roman Rite in New Catholic Encyclopedia
  3. ^ a b c Nicola Bux, Come andare a Messa e non perdere la fede, Piemme, 2010, p. 88
  4. ^ Keith Pecklers, The Genius of the Roman Rite: On the Reception and Implementation of the New Missal (Liturgical Press, 2009), p. 9]
  5. ^ Sacrosanctum Concilium, 53,
  6. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 99-106
  7. ^ a b Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 123
  8. ^ Adrian Fortescue, "Canon of the Mass" in Catholic Encyclopedia (New York, 1908)
  9. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 389-390
  10. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 123-124
  11. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 108-109, 142
  12. ^ C. Kelly, "Agnus Dei" in New Catholic Encyclopedia
  13. ^ Keith Pecklers, The Genius of The Roman Rite (Bloomsbury, 2009), pp. 9–10
  14. ^ Autori vari, A Commentary on the Order of Mass of the Roman Missal: A New English Translation Developed Under the Auspices of the Catholic Academy of Liturgy (Liturgical Press, 2011)
  15. ^ Keith Pecklers, The Genius of The Roman Rite (Liturgical Press, 2009), p. 10
  16. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 110-112
  17. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 112-113
  18. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 113-114, 145
  19. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 115
  20. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 144
  21. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 144-145
  22. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 339-340, 390
  23. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 147-152
  24. ^ E. J. Gratsch, "Apologies, Liturgical" in New Catholic Encyclopedia
  25. ^ Lucien Deiss, The Mass, Liturgical Press, 1992, p. 50
  26. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 268-271
  27. ^ The Oxford Dictionary of the Christian Church a cura di Frank Leslie Cross e Elizabeth A. Livingstone, Oxford University Press, 2005, p. 525, s.v. "eastward position"
  28. ^ Nicola Bux, Come andare a Messa e non perdere la fede, Piemme, 2010, pp. 88-89
  29. ^ Keith F. Pecklers, The Genius of the Roman Rite: On the Reception and Implementation of the New Missal, Liturgical Press, 2009, p. 15
  30. ^ Marcel Metzger, "Storia della celebrazione eucaristica in Occidente", in Scientia liturgica, vol. III, Casale Monferrato, Piemme, III ed., 2003, p. 139
  31. ^ Marcel Metzger, "Storia della celebrazione eucaristica in Occidente", in Scientia liturgica, vol. III, Casale Monferrato, Piemme, III ed., 2003, p. 141
  32. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 158
  33. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 238-240
  34. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 404
  35. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 404-411
  36. ^ Marcel Metzger, "Storia della celebrazione eucaristica in Occidente", in Scientia liturgica, vol. III, Casale Monferrato, Piemme, III ed., 2003, p. 136
  37. ^ Sit Dominus in corde tuo et in labiis tuis et recipiat sacrificium sibi acceptum de ore tuo et de manibus tuis pro nostrorum omnium salute. Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 286-287
  38. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 152-153
  39. ^ Archivio apostolico vaticano, Codex Ottobonianus latinus, 356
  40. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 150, 153
  41. ^ Manlio Sodi, "Il Missale Romanum tra l'edizione del 1474 e quella del 1962", in Celebrare con il Messale di San Pio V, Padova, Messaggero, 2008, pp. 57-62
  42. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 154
  43. ^ Peter McGrail, Martin Foster, SCM Studyguide: Catholic Liturgy (SCM Press, 2018), p. 10
  44. ^ Christopher Carstens, Principles of Sacred Liturgy: Forming a Sacramental Vision (Liturgy Training Publications, 2020)
  45. ^ Peter J. Elliott, Ceremonies of the Liturgical Year According to the Modern Roman Rite (Ignatius Press, 2002)
  46. ^ James F. White, Nathan D. Mitchell, Roman Catholic Worship: Trent to Today (Liturgical Press, 2016]
  47. ^ Jason McFarland, the Feast: The Entrance Song in the Mass of the Roman Rite (Liturgical Press, 2012)
  48. ^ "essendo l'uso del Messale preconciliare una concessione ex indulto, essa non toglie il diritto liturgico comune per il Rito romano, secondo il quale il Messale Romano in vigore è quello promulgato dopo il Concilio Vaticano II. Anzi il sopramenzionato sacerdote deve celebrare col Messale postconciliare se la celebrazione ha luogo in una comunità che segue il Rito romano odierno" (Notitiae, 396-397 (luglio-agosto 1999), p. 311).
  49. ^ Cfr. Codice di Diritto Canonico, canone 902
  50. ^ Pontificale Romanum, Malines, 1845, pp. 57–79 (De Ordinatione Presbyteri)
  51. ^ Pontificale Romanum, Malines, 1845, pp. 79–123 (De Consecratione Electi in Episcopatum)
  52. ^ Cerimoniale dei Vescovi, pp. 36–37
  53. ^ Ordinamento generale del Messale Romano (OGMR), 92
  54. ^ Cerimoniale dei Vescovi, p. 18
  55. ^ Canone 232 §1
  56. ^ Codice di diritto canonico, canone 351 §1
  57. ^ OGMR, 95
  58. ^ Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, Istruzione Redemptionis Mysterium su alcune cose che si devono osservare ed evitare circa la Santissima Eucaristia, 154–156
  59. ^ OGMR, 95–106
  60. ^ Ordinamento generale del Messale romano (OGMR), 150
  61. ^ Il turiferario
  62. ^ OGMR, 277
  63. ^ OGMR 277
  64. ^ Ordinamento generale del Messale Romano (OGMR), 117
  65. ^ a b Origine e uso del cero pasquale (in inglese)
  66. ^ Codice di diritto canonico, canone 276
  67. ^ Costituzione apostolica Laudis canticum di Paolo VI, Ordinamento della Liturgia delle Ore, 2
  68. ^ Codice di diritto canonico, canone 1174 §2
  69. ^ Motu proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI, Art. 9 §3
  70. ^ Codice di diritto canonico, canone 1174 §1
  71. ^ Concilio Vaticano II, Costituzione sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, 89 d
  72. ^ Rito del Battesimo dei bambini
  73. ^ Riti di accoglienza
  74. ^ Liturgia della Parola
  75. ^ Nel rito bizantino la formula usata è "Il servo di Dio (nome), è battezzato nel nome del Padre, e del Figlio, e dello Spirito Santo", ma altri riti liturgici, quale l'alessandrino usano una formula identica a quella del rito romano (v. Coptic Church Sacrament of Baptism.
  76. ^ Liturgia del sacramento
  77. ^ Riti di conclusione
  78. ^ Motu proprio Summorum Pontificum, art. 9 §1
  79. ^ Baptismale
  80. ^ Catechismo della Chiesa cattolica, 1623
  81. ^ Rituale Romanum: Ritus celebrandi matrimonii sacramentum
  82. ^ Liturgia del matrimonio
  83. ^ Rituel romain de la célébration du mariage Archiviato il 28 agosto 2017 in Internet Archive.
  84. ^ La entrega de arras, una tradición de la cerimonia católica, su bodabook.com. URL consultato il 3 giugno 2017 (archiviato dall'url originale il 25 novembre 2016).
  85. ^ The celebration of matrimony
  86. ^ Wedding [Unity] Candle, su together.ie. URL consultato il 3 giugno 2017 (archiviato dall'url originale il 16 febbraio 2012).
  87. ^ Per i vescovi coconsacranti vedi la costituzione apostolica Episcopalis Consecrationis di papa Pio XII, AAS 37 (1945), p. 131
  88. ^ Messale Romano, Giovedì Santo «Cena del Signore», n. 40 (p. 149 dell'edizione 2020)
  89. ^ Motu proprio Traditionis custodes
  90. ^ Motu proprio Summorum Pontificum
  91. ^ Avvenire, 4 aprile 2005, p. 6: "Ieri mattina - alle 9,30 - sempre nell'appartamento del Papa si è svolto il rito della constatazione della morte. Come previsto dalla Costituzione Apostolica emanata nel 1996, erano presenti il camerlengo Martinez Somalo e il suo vice, monsignor Sardi, il maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie, monsignor Piero Marini, e i prelati chierici della Camera Apostolica, oltre al medico personale."

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