Coordinate: 37°29′22.38″N 14°03′50.08″E

Cattedrale di Caltanissetta

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Cattedrale di Santa Maria la Nova
Primo piano della Cattedrale con la fontana del tritone
StatoItalia (bandiera) Italia
RegioneSicilia
LocalitàCaltanissetta
Coordinate37°29′22.38″N 14°03′50.08″E
Religionecattolica
TitolareMaria
Diocesi Caltanissetta
Consacrazione1622
Stile architettonicobarocco
Inizio costruzione1560
Completamento1620
Sito webSito della parrocchia

La chiesa di Santa Maria la Nova è la cattedrale della diocesi di Caltanissetta.

La prima chiesa madre di cui si ha notizia storica è la chiesa di Santa Maria, poi detta degli Angeli (dalla presenza di un quadro della Madonna attorniata da angeli) o la Vetere.[1] per distinguerla dalla nuova chiesa madre, costruita intorno all'anno 1000 come Cappella palatina del Castello di Pietrarossa e divenuta sede parrocchiale con un decreto di Federico II nel 1239. Prima di essa la cura delle anime era affidata all'abbazia di Santo Spirito (sin dal 1095).

Nel 1400 la parrocchia fu trasferita nella chiesa di Santa Domenica, all'interno dell'abitato cittadino, e, nel 1518, nella più ampia chiesa di San Domenico.

Nel XVI secolo la città si espanse a Nord del Castello e della chiesa madre, che rimasero periferici, e il popolo manifestò la volontà di avere una Chiesa Madre più grande e più centrale. L'arciprete Francesco Diforti nel 1545 costituì una deputazione per la costruenda nuova chiesa madre, che ottenne la cessione della chiesetta dell'Immacolata e di un ampio appezzamento di terra nel cosiddetto Chianu di l'olivi, prospiciente la chiesa e il convento del Carmine.

La cattedrale intorno al 1940
La cattedrale danneggiata a seguito del bombardamento Alleato del 1943

Nel 1570, con la solenne posa della prima pietra, si iniziò la costruzione del Tempio, che venne portato a termine nel 1622, originariamente era a tre navate, terminanti in tre cappelloni, quello centrale dedicato all'Immacolata, quello di sinistra al Santissimo Sacramento e quello di destra a san Michele Arcangelo. Le navate terminavano prima dell'attuale transetto.

Dal 1718 al 1720, a spese dell'arciprete Raffaele Riccobene, fu chiamato il pittore fiammingo Guglielmo Borremans (1670-1744), che, insieme al figlio Luigi, affrescò la volta e la navata centrale, e dipinse la pala dell'altare maggiore, raffigurante l'Immacolata Concezione.

Il 26 luglio 1733 la chiesa madre fu consacrata dal vescovo di Agrigento Lorenzo Gioeni, sotto il titolo di Santa Maria la Nova e San Michele Arcangelo.

Don Raffaele Riccobene, per testamento, lasciò anche un'ingente somma per completare le decorazioni interne e, se fossero rimasti soldi, per il prospetto esterno. I lavori per il prospetto e l'innalzamento del campanile sinistro iniziarono nel 1782 e si conclusero con la costruzione del campanile destro nel 1856. Nel 1848, con 400 onze donate dalla baronessa Agata Barile Giordano, fu costruita una cancellata in ferro per chiudere il sagrato, poi ridotta nel 1892 e tolta negli anni '50, fu ripristinata, sebbene assai più piccola, nel 2010, con il lavoro gratuito della categoria fabbri, della Real Maestranza.

Nel frattempo, essendo stata istituita la diocesi di Caltanissetta nel 1844, la chiesa madre fu eretta a cattedrale, come ricorda la lapide posta sul portone centrale.

Nel 1922 iniziarono i lavori di ampliamento (costruzione del transetto e del presbiterio), che, bloccati durante la seconda guerra mondiale, ripresero subito dopo, a causa del violento bombardamento del 9 luglio 1943, che distrusse parte della volta affrescata. I lavori, compreso il rifacimento della volta, furono completati nel 1946.

Campanile e cupola

Presenta un'ampia facciata spartita da lesene affiancate da due campanili e domina l'intera piazza Garibaldi. L'interno, a croce latina, è diviso in tre navate e sostenute da quattordici arcate, ciascuna dedicata ad un personaggio dell'Antico Testamento, e prima del bombardamento del 1943, sostenenti le figure dei dodici apostoli. Nel punto di intersezione fra i due bracci della croce, al di sopra dell'altare, si trova la cupola.

L'apprezzabile serie di affreschi che orna la navata centrale è opera del pittore fiammingo Guglielmo Borremans (1670-1744) che lavorò nel capoluogo nisseno nel 1720. Le tre scene centrali costituite dalle scene dell'Immacolata Concezione, dell'Incoronazione della Vergine e del trionfo di san Michele, si presentano al visitatore insieme a raffigurazioni di angioletti, nuvolette e stucchi dorati a tema floreale. Il sontuoso apparato decorativo in stucco costituito da fregi, volute, medaglioni, conchiglie, finti pilastri e colonne, secondo lo stile rocaille, fu realizzato da Francesco Ferrigno. Opera autografa con l'iscrizione "Franciscus Ferrigno, Architectus Panormitanus" documentata sulla finta edicola dell'altare maggiore.[2]

Nella seconda cappella di destra è notevole, invece, la presenza della statua lignea dell'Immacolata, realizzata nel 1760, la quale è decorata da preziosi panneggi in lamina d'argento.[3] Nella cappella situata a fianco di quella maggiore trovano posto le rappresentazioni dell'arcangelo Michele (patrono dal Seicento della città), simulacro in legno nato dall'abilità dell'autore Stefano Li Volsi, e degli arcangeli Gabriele e Raffaele, sculture marmoree realizzate dall'artista Vincenzo Vitaliano. Sull'altare maggiore si può ammirare l'Immacolata e Santi, una grande pala del Borremans. Meritevoli di attenzione, infine, un prezioso organo intagliato e decorato, una tela raffigurante la Madonna del Carmelo di Filippo Paladini (1544-1614) e un crocifisso un tempo attribuito a fra' Umile da Petralia (1580-1639).[4]

Nella navata destra, presso la cappella del SS. Sacramento, un tempo cappella del coro, si ammira una grande vetrata compiuta in due tempi, nel 1958 e nel 1965, da Amalia Panigati, con le Storie della vita di sant'Orsola e di san Francesco Saverio.[5]

L'esterno del duomo è valorizzato dal vasto ed animato piazzale, dedicato a Giuseppe Garibaldi: di fronte si erge la cinquecentesca chiesa di san Sebastiano, al centro la scenografica fontana del Tritone, di Gaetano Averna (sistemata in loco il 15 dicembre 1956), con il gruppo in bronzo del 1890 dello scultore Michele Tripisciano (1860-1913).[6]

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  • Cappella di San Felice:

La prima cappella della navata sinistra è dedicata a San Felice. Al suo interno troviamo due monumenti sepolcrali, entrambi dedicati a due Barile, Giuseppe e Giovanni. Al centro troviamo una tela del pittore nisseno Vincenzo Roggeri, il dipinto descrive il martirio di San Felice e mostra al centro in primo piano la figura del Santo inginocchiato che, con le mani giunte, attende il supplizio; alle sue spalle un uomo con la spada levata. In alto a destra un uomo seduto su un alto piedistallo sta per impartire l'ordine di esecuzione. Sotto di essa è posto un altare con un reliquiario. Nel 1883 la famiglia Barile chiamò il palermitano Giuseppe Patania per far restaurare la tela del Roggeri. Essi acquistarono ad Acireale l'altare (ancora oggi presente), pavimentarono la cappella con marmi e la chiusero con cancelli. Fecero inoltre eseguire un'urna a scultura e intagli dorati, su disegno del barone Starrabba, per conservare le reliquie del santo. Tali reliquie furono poste al suo interno la seconda domenica di luglio 1883, a seguito di una solenne funzione celebrata dal vescovo monsignor Giovanni Guttadauro.[7]

  • Cappella del Crocifisso:

La cappella del crocifisso è la seconda cappella della navata sinistra. Al centro è posto un crocifisso attribuito a fra Umile da Petralia, ai lati invece sono collocate, in due nicchie, due sculture del napoletano Francesco Biangardi: San Giovanni e l'Addolorata. La cappella è inoltre decorata in stucchi e al centro vi è un altare marmoreo. La balaustra è un'opera devozionale di Enrico Meschino, costruita nel 1927.

  • Cappella della Madonna del Rosario:

All'interno di questa cappella sono collocate tre statue in tre nicchie diverse: al centro la Madonna del Rosario, nella parete sinistra un Santo e nella parete destra sant'Isidoro agricoltore.

  • Iscrizione commemorativa di Arcangelo Vignuzzi:

Nel pilastro che separa la cappella del Rosario da quella del Redentore è collocata una lapide in memoria del cittadino Arcangelo Vignuzzi, recita così:

(LA)

«FORTVNÆ VICES BONO TUO DISCE. ILLvstris ET SPEcTabilis Dominus ARCHANGELVS VIGNVZZI REGIS E CONSILIO HIC JACET. QVID IN EO FVIT POTIVS BONÆ ARTES, AMENIORA STVDIA, SVBLIMIORA JVRA OMNIA SIC, VT NIL, PRaETER JVSTITIA, MAGIS QVADRAGinta ANnos PANORMI JVRIDICVNDO EXEGIT PRÆTURÆ ET CONSilil BONORum PLAVSV JUDEX FVIT DVM MAIORA VIRVm OPTIMVm MANEBANT, CÆCITATE PRESSVS, CALATANIXectæ VBI NATVS EST, OBIJT, EXIMIE SPEI Vir Clarissimus KALendae JUNii MDCCLXXVI: MŒSTISSIMA MATER, FRATRES, ET SORES, VT SVO, VT CIVIVM MŒRORI PARCANT OPTIME DE FAMILIA PATRIAQue MERITO HOC AMORIS PERENNE MONIMENTVm Datum Decreto Decuriorum»

(IT)

«Per il tuo bene impara le vicende della fortuna. L'illustre e spettabile Don Arcangelo Vignuzzi per deliberazione del Re qui giace. Cosa in lui fu più preferibile, le buone arti gli studi più piacevoli, tutti i diritti più elevati così, come niente, senza considerare la giustizia, a Palermo trascorse giureconsulto più di quarant'anni fu giudice di Pretura e del Concistoro con l'approvazione dei benpensanti mentre cose maggiori attendevano l'ottimo uomo, oppresso dalla cecità, eccellentemente di speranza a Caltanissetta dove nacque, morì il primo giugno 1776. L'afflittissima madre, i fratelli e le sorelle, abbiano riguardo come al proprio così al dolore dei cittadini, ottimamente dalla famiglia e dalla patria a merito questo perenne monumento di amore. Concesso per decreto dei Decurioni.»

L'iscrizione originale è ricca di abbreviazioni, sopra è scritta in modo esteso. Tale iscrizione risale al 1776, originariamente doveva essere collocata nel pavimento, ma a seguito del rifacimento ha trovato l'attuale ubicazione. La lapide è circondata da una bordatura marmorea ed è divisa in due parti: in alto è raffigurato lo stemma, presumibilmente della famiglia, sormontato da un fregio a corona; in basso è scolpita l'iscrizione commemorativa in onore del Vignuzzi. Grazie al Mulè Bertòlo, che prende informazioni da Luciano Aurelio Barrile e don Camillo Genovese e il cav. Biagio Punturo, possiamo apprendere della vita di Arcangelo Vignuzzi: nacque il 28 febbraio 1715 a Caltanissetta. Compì gli studi letterari e filosofici presso i padri Gesuiti, poi si impegnò nello studio della giurisprudenza ed eccelse in questa a Palermo, dove stabilì la sua dimora. Ricoprì importanti incarichi come giudice pretoriano nel 1760 e 1761; nel 1763, anno di spaventosa carestia, in veste di ministro delegato visitò parte delle università siciliane per accertarsi della quantità di risorse disponibili; nel 1769 e nel 1770 viene elevato all'ufficio del giudice del Concistoro. Divenuto cieco rientrò a Caltanissetta dove morì il 1º giugno 1776, all'età di sessantuno anni e gli fu dedicato questo monumento.[8][9]

Iscrizione commemorativa ad Arcangelo Vignuzzi
  • Cappella di Gesù Redentore:

In questa cappella troviamo la statua del Redentore posta sopra un altare marmoreo al centro, l'opera è datata 1914 e fu eseguita dal leccese Giuseppe Malecore. Tale statua viene portata ancora oggi in processione. Nella parete sinistra è collocato un quadro che raffigura il quarto vescovo della diocesi di Caltanissetta monsignor Antonio Augusto Intreccialagli, opera del pittore sancataldese Carmelo Giunta, realizzata nel 1927. Nella parete destra vi è invece il monumento sepolcrale del vescovo monsignor Giovanni Iacono, dal 28 settembre 2019 è presente anche il sarcofago contenente le sua spoglie mortali, traslato dalla cattedrale di Ragusa per volere del vescovo monsignor Mario Russotto. La balaustra è stato un dono di un arcidiacono nel 1931.[10]

  • Cappella di Santo Stefano:

Nella cappella dedicata a Santo Stefano è collocata al centro una grande tela di Vincenzo Roggeri, il dipinto raffigura il momento della lapidazione in cui il Santo vede aprirsi i cieli e la Trinità che si prepara a coronarlo. Attorno a lui personaggi vari che raccolgono e lanciano pietre. A destra si trova il monumento sepolcrale di monsignor Giovanni Rizzo, vescovo di Rossano.[11]

  • Cappella di Sant'Anna:

L'ultima cappella della navata sinistra, prima del transetto, è dedicata a Sant'Anna. Troviamo una tela di Vincenzo Roggeri, in cui la Vergine regge sulle ginocchia il bambino Gesù, al quale Sant'Anna porge una ciliegia da un cesto portato da un putto. Lateralmente sono raffigurati san Giuseppe e san Gioacchino. Nella parete destra è posto il monumento sepolcrale del vescovo monsignor Francesco Monaco, in alto è posto un quadro di un frate. Nella parete destra invece è collocato un quadro, di autore ignoto del XVIII secolo, che raffigura il padre Antonio Bellavia nel momento del suo martirio.[12]

  • Cappella del Sacro Cuore di Gesù:

Dopo il transetto troviamo l'ultima cappella della navata sinistra. Tale cappella è dedicata al Sacro Cuore di Gesù, fino al 2002 custodiva il Santissimo Sacramento. Il 10 maggio 1993, in occasione della visita pastorale da parte di Papa Giovanni Paolo II alla diocesi, il pontefice si raccolse in preghiera in questa cappella. Per commemorare l'avvenimento, nel 2019 è stata collocata una statua del Santo, donata dall'artista Martin Emschermann. Sulla parete destra è posta una targa ricordo. Le decorazioni della cappella risalgono agli anni Sessanta, durante gli anni del parrocato di monsignor Giovanni Magrì. Questa cappella è chiamata anche "Cappella della Divina Misericordia" per omaggiare la festa istituita proprio dal pontefice che visitò la città anni prima.[13]

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  • Cappella del Battistero:

La navata destra inizia con la cappella che ospita il fonte battesimale, in alto sulla parete centrale è esposta un'opera di Jusepe de Ribera. Il fonte battesimale venne realizzato nel 1740 a spese del parroco Agostino Riva.[14]

Battesimo di Gesù
  • Cappella dell'Immacolata:

Questa cappella ospita la statua dell'Immacolata di Antonio Lacerda (vedi nel dettaglio qui), datata 1760, al centro sopra un altare marmoreo. Nella parete destra troviamo il monumento sepolcrale al protovescovo della diocesi di Caltanissetta,monsignor Antonino Maria Stromillo, opera del palermitano Biagio Marino. A sinistra invece sono conservate le spoglie del vescovo monsignor Baldassare Leone, morto a Caltanissetta durante una visita pastorale.[15][16]

  • Cappella della Sacra Urna:

Al suo interno è custodita una delle sedici "vare" che sfilano la notte del giovedì Santo per le vie di Caltanissetta. Opera del 1892 dello scultore napoletano Francesco Biangardi. Per molti l'angelo che sovrasta il simulacro è tra i più belli in Sicilia.[17]

Sacra Urna
  • Cappella di San Lorenzo:

La cappella presenta al centro una tela dedicata a San Lorenzo: il Santo è disteso sulla graticola, mentre uno dei carnefici a destra è inchinato per accendere il fuoco. In alto a destra un personaggio seduto nell'atto di impartire l'ordine di esecuzione. A sinistra una statua pagana su piedistallo. Tra i due un angelo porta la palma del martirio. L'opera è di Vincenzo Roggeri. Nella parete destra troviamo il monumento sepolcrale del vescovo monsignor Giovanni Guttadauro, opera del nisseno Giacomo Scarantino. La parete sinistra invece ospita la sepoltura a lapide piana del vescovo monsignor Ignazio Zuccaro.[18]

  • Cappella di San Rocco:

Per quanto sia dedicata a San Rocco, al suo interno è collocata una statua di San Francesco d'Assisi, opera del 1926 di Michele Caltagirone. Il culto di San Rocco era esercitato maggiormente nel XVII secolo, in questa cappella era infatti posto un simulacro del Santo francese (di cui oggi rimane soltanto la testa che viene conservata all'interno della chiesa di Santo Spirito). Nella parete destra è posizionato un quadro che raffigura il venerabile Angelico Lipani, mentre in quella sinistra vi è una lapide in memoria del settimo centenario della nascita di San Francesco d'Assisi.[19]

Simulacro di San Francesco
  • Cappella del Santissimo Sacramento:

La cappella è la più recente del tempio, è stata inaugurata il 29 giugno 2006, al suo interno troviamo un tabernacolo donato da Papa Leone XIII, opera del 1887 di Rosario Pennisi, artista di Acireale. Una copia identica di questo tabernacolo è infatti collocata all'interno della chiesa di San Pietro ad Acireale. Nella parete sinistra è posizionata una lapide a ricordo di questo evento. L'allora vescovo monsignor Giovanni Guttadauro in segno di riconoscenza verso il pontefice indisse un pellegrinaggio e offrì dei doni a Sua Santità. Tale pellegrinaggio fu guidato dal nipote del vescovo Guttadauro, monsignor Giuseppe Francica-Nava. Inoltre in questa cappella sono presenti cinque tele di autori ignoti. La cappella era un tempo dedicata alla Madonna dei Monti.[20]

Il tabernacolo
  • Cappella di San Michele:

Al di là del transetto troviamo l'ultima cappella della navata destra, quella dedicata al Patrono della città, San Michele. Qui è custodito il simulacro ligneo datato 1625, opera dello scultore Stefano Li Volsi da Nicosia. Ai lati della nicchia sono presenti gli altri due arcangeli, Gabriele e Raffaele, realizzati dal palermitano Vincenzo Vitagliano. Sotto il simulacro è collocato un altare marmoreo sul quale vengono occasionalmente svolte alcune funzioni. In prossimità della cappella del Santissimo Sacramento è collocata un'iscrizione a ricordo dell'indulgenza concessa da papa Clemente XIII nei giorni delle feste di San Michele 1767.[21]

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  • Controfacciata:

Sulla controfacciata spiccano i tre stucchi che rappresentano la Madonna, il Redentore e San Michele

  1. A sinistra, sotto la Vergine, è posto il ritratto del parroco Raffaele Riccobene, opera del pittore fiammingo Guglielmo Borremans. Ancora più in basso è collocato il monumento sepolcrale del parroco Antonio Morillo Galletti.[22]
  • Raffaele Riccobene
    Raffaele Riccobene
  • Monumento sepolcrale di Antonio Morillo Galletti
    Monumento sepolcrale di Antonio Morillo Galletti
    1. A destra, sotto l'arcangelo, troviamo un'iscrizione commemorativa dedicata al parroco Raffaele Riccobene. In basso invece è posizionato il monumento sepolcrale al canonico Giuseppe Sillitti.[23]

    Sopra la porta maggiore troviamo due affreschi che si riferiscono alla vita di Mosè e del popolo ebreo durante la traversata nel deserto. In quello di destra è mostrata la scena dell'elevazione del serpente come motivo di salvezza per gli ebrei che fossero stati morsi dai serpenti velenosi. L'affresco prende spunto dal ventesimo capitolo del Libro dei Numeri. A sinistra è rappresentato un altro fatto del periodo della traversata nel deserto, stavolta preso dal diciassettesimo capitolo del libro dell'Esodo. Mosè in questa scena colpisce la roccia dalla quale sgorga l'acqua potabile che tanto desiderava l'intero popolo.[24]

    • Colonnato:

    Le colonne che dividono le navate sono dodici, sei per lato. Prima del bombardamento di Caltanissetta effettuato nel 1943 in ogni colonna era collocata la statua di uno degli apostoli. Furono interamente affrescate da Guglielmo Borremans e stuccate da Francesco Ferrigno. Le colonne formano quattordici archi, ognuno di essi è dedicato ad un personaggio dell'antico testamento, ci sono un totale di centotredici affreschi:[25]

    Arcate di destra:

    • Abramo
    • Giacobbe
    • Giuseppe
    • Mosè
    • Giaele e Achimelech
    • Ester
    • Davide che trionfa su Golia

    Arcate di sinistra:

    • Sansone
    • Saul
    • Davide Re
    • Salomone
    • Tobia
    • Giobbe
    • Giuditta

    Nelle colonne sono presenti due importanti iscrizioni: la prima si trova nel secondo pilastro di destra e risale al 1733, celebra la solenne dedicazione della chiesa madre di Caltanissetta, celebrata il 26 luglio 1733 da monsignor Lorenzo Gioeni, vescovo di Agrigento. L'autore della lapide non è certo, ma i nomi dei possibili candidati sono due, a detta del canonico Francesco Pulci fu Mariano Aristuto, mentre il Mulè Bertòlo afferma sia opera di Luciano Aurelio Barrile. Tuttavia l'ipotesi più accreditata è quella del Pulci, poiché in quell'anno Luciano Barrile aveva solamente sedici anni. L'iscrizione recita così:[26]

    (LA)

    «Deo Optimo Maximo

    CAROLO VI. IMPeriali Sua Altitudine IN SICILIA REGNANTE

    QUOD VIDES AUGUSTUM TEMPLUM, VIATOR, A

    LAURENTIO AGRIGentino EPIScopo ANNO 1733 SACRO CHRISMA

    INITIATUR. FUERAT AB ANNO 1570 AD ANNUM

    1622 PIETATE CALATANIXECTENTIUM EXTRUCTUM,

    INDE ANNO 1720 SAC.RAPHAELIS RICCOBENE SUMPTIBus

    AURO, PICTURIS CÆLATO OPERE EXORNATUM. PAROCHIA

    LIA HIC EXERCET ARCHIPResbyter ROGERII ET ADELASIÆ

    MAGNOrum SICILIÆ COMITUM MUNIFICENTIA PONTIFICALI

    OLIM DIGNITATE PRAEDITUS, ET Sancti SPIRITUS ABBAS. AT

    EO SACERDOTIO A FRIDERICO II. IMPeratore DIVISO, PONTIFICALIA

    CUM ABBATIA SEDI PRISTINÆ ADDIXIT CAESAR, PAROCHA

    TÛ VERǑ ARCHIPRESBITERI, REGIIQue. CAPPELLANI TITULO

    ATQue DECIMArum DOTE IN REGIO

    Sanctæ MariÆ ANGELOrum TEMPLO

    STATUIT. SED LABENTIBUS SECULIS ALIBI, DEMUM

    HUC TRANSFERTUR

    ANNO DomiNI MDCXXII»

    (IT)

    «A Dio Ottimo Massimo.

    Regnando in Sicilia Sua Altezza Imperiale Carlo VI

    Il venerabile Tempio che tu, viandante, vedi

    è iniziato con Sacro Crisma nel 1733

    dal vescovo agrigentino Lorenzo.

    Era stato dall'anno 1570 all'anno

    1622 innalzato dalla pietà dei Caltanissettesi,

    quindi nell'anno 1720 ornato con pitture a

    fattura a bassorilievo in oro a spese del sac. Raffaele Riccobene.

    Qui l'arciprete, un tempo insignito della dignità pontificale

    e abate di Santo Spirito, per munificenza

    dei gran conti di Sicilia Ruggero e Adelasia, amministra i parrocchiali.

    Ma divisa quella dignità dall'Imperatore Federico II,

    il Cesare aggiudicò i pontificali con l'Abbazia alla sede di prima e stabilì

    il vero parrocato con il titolo di arciprete e di cappellano regio

    con dote di decime nel Regio Tempio

    di Santa Maria degli Angeli.

    Ma trascorrendo i secoli in altro luogo appunto

    qui è traferito nell'anno del Signore 1622»

    L'iscrizione originale prevede parecchie abbreviazioni, qui è scritta in forma estesa. Nella lapide vengono citati diversi personaggi storici e alcune date importanti. La consacrazione e dedicazione della chiesa madre avvenne sotto l'imperatore Carlo VI d'Asburgo, le decorazioni furono finanziate dai fedeli e dal sacerdote Raffaele Riccobene. Viene detto che il Riccobene era un tempo possedeva il titolo di "Abate di Santo Spirito", in quella chiesa fu fondata dai conti Ruggero e Adelasia l'Abbazia, che divenne la prima parrocchia della città. Viene citato anche l'Imperatore Federico II che separò le dignità, mantenendo i diritti pontificali alla sede di prima, cioè l'abbazia di Santo Spirito, e stabilì il vero ufficio di parroco, con il titolo di arciprete e Cappellano Regio, nel Regio Tempio di Santa Maria degli Angeli. Quando la città si spostò verso l'alto la chiesa madre divenne l'attuale Cattedrale.[26]

    La seconda iscrizione è collocata nel secondo pilastro di sinistra e recita così:

    (LA)

    «Deo Ominum Maximo

    CAROLO III VTRIVSQue SICILIÆ REGE.

    CANONICORVM JNSIGNE COLLEGIVM BENEDICTI XIV

    Pontificis Maximi AVCTORITATE PETRO ASSVRIENSI EPISCOPO

    DELEGATA LAVRENTIO AGRIGENTINO ET MATTEO

    SIRACVSANO EPISCOPIS ADSTANTIBVS MAGNA NOBILIum

    CIVIVitatum FREQUENTIA IN HAC BASILICA INSTITVITVR.

    JOANnes AVGVSTINVS RIVA PRIMVS FIT PREPOSITUS HIC

    EFFVSIS OPIBVS ABBAS DIDACVS LAPEDORA ET IOannes Maria

    GENOVESE INTER CANONICOS ADSCRIPTI CONSILIO

    ET REBVS.GESTIS SVMMAM TANTO OPERI POSVERE

    ANNO MDCCXLVI»

    (IT)

    «A Dio Ottimo Massimo

    Essendo Carlo III Re delle Due Sicilie

    è stato istituito l'insigne Collegio dei Canonici

    per autorità di Benedetto XIV Pontefice Massimo

    delegata al Vescovo Pietro assuriense

    presenti i Vescovi Lorenzo agrigentino e Matteo siracusano

    con grande affluenza di nobili cittadini

    in questa Basilica.

    Giovanni Agostino Riva diventa Primo Preposto qui

    compiuti i lavori l'abate Diego Lapedora

    e Giovanni Maria Genovese tra i canonici iscritti al Consiglio

    posero il punto a tanta opera

    nell'anno 1746»

    Questa seconda iscrizione ricorda l'istituzione nella chiesa madre della Collegiata canonicale, avvenuta il 28 settembre 1746, durante il regno di Carlo III, Re delle Due Sicilie, per autorità del papa Benedetto XIV delegata a Pietro Gioeni, primo vescovo titolare della sede di Assura, alla presenza di suo fratello Lorenzo, vescovo di Agrigento, e di Matteo Trigona, vescovo di Siracusa. Anche per questa lapide, come per la precedente, c'è discordante attribuzione dell'autore; il Pulci la ritiene di Mariano Aristuto e il Mulè Bertòlo la attribuisce a Luciano Aurelio Barrile. Anagraficamente, questa iscrizione potrebbe essere del Barrile, poiché ventinovenne, invece che del Barresi, cinquantottenne. Tuttavia, rimane aperta l'attribuzione dell'autore della suddetta iscrizione.[27]

    Prima del rifacimento della chiesa a seguito dei bombardamenti della seconda guerra mondiale le colonne ospitavano le statue dei dodici Apostoli, due di esse furono distrutte dalle bombe, le restanti invece vennero abbattute «con estrema imperizia» insieme al pulpito ligneo rivestito in oro zecchino e alla parete di fondo con la finta cupola, affrescata dal Borremans, che chiudeva l'abside e dava l'effetto prospettico di una «profondità di veduta che andava oltre la realtà»[28][29]

    • Coro

    Salendo sul presbiterio, troviamo il coro, al centro di esso è presente la seguente iscrizione in un ricco decoro in marmi policromi, con attorno una fascia a motivi floreali:

    (LA)

    «NEC VACAT EXITIO

    INDECLINABILE NATVRÆ VECTIGAL

    HAC SOLVVNT IN VRNA

    FERTILISSIMÆ VRBIS CLERICI.

    QUIPPE MORTIS TRIBVTO

    NVLLVM EOS ARÆ PRIVILEGIVM,

    NVLLA DIGNITAS REDDIT IMMUNES.

    DVM PETRI MYSTICA VELIFICABANT IN NAVI

    AD SEPULCHRALEM SCOPVLVM ALLISI,

    LETHI SUBIERE NAVFRAGIVM.

    E NAVFRAGIO TAMEN

    AD IMMORTALITATIS

    PORTVM

    EMERGVNT

    1712»

    (IT)

    «E non c'è uscita

    I chierici della fertilissima Città

    pagano in questa urna

    l'inflessibile dazio della natura.

    Certamente nessun privilegio dell'altare

    nessuna dignità li rende immuni al tributo della morte.

    Mentre veleggiavano nella Mistica Nave di Pietro

    infranti contro lo scoglio sepolcrale,

    subirono il naufragio di Morte.

    Tuttavia dal naufragio

    emergono al porto dell'Immortalità

    1712»

    Originariamente questa lapide era collocata sul pavimento del coro, quando ancora mancavano cupola e transetto, in mezzo agli stalli dei canonici, oltre la cancellata in ferro, al di sotto di essa vi erano diverse sepolture.[30] A seguito dei lavori di ingrandimento della cattedrale e il successivo rifacimento del pavimento della navata centrale, l'iscrizione è stata salvata e ubicata, sempre nel pavimento del coro, tra gli stalli canonicali del nuovo presbiterio, oltre la cupola, creando così un falso storico, dal momento che al di sotto non c'è alcuna sepoltura. L'autore di essa è ignoto, molto probabilmente sarà stato un chierico o un letterato, comunque padrone della lingua latina e cultore del mondo classico, proprio per l'uso raffinato dello stile. La lapide è dedicata ai chierici defunti, che neanche per il privilegio dell'altare sono resi immuni alla morte, ma emergeranno nel porto dell'immortalità. Quindi da ogni tomba si uscirà per la resurrezione finale.[31]

    Nella parete destra del coro, in alto, è presente un organo del XVII secolo. L'organo presenta parecchi intagli e dorature in oro zecchino. L'ubicazione originaria era tra la quarta e la quinta colonna della navata centrale, che un tempo comprendeva il coro. L'organo ancora oggi si presenta come lo ha descritto il canonico Pulci: "Una cornice con fregio di fiori e frutta e teste di serafini corona il prospetto. Al centro della stessa sta un'aquila dalle ali aperte avente ai lati vasi di fiori tra cui due scudi con sigle ordinate in modo verticale D.O.M. (Deo Optimo Maximo) e I.C.V.M. (Immaculatae Conceptioni Virginis Mariae)". Il davanzale dell'organo è diviso in sette riquadri, in ognuno dei quali sono dipinti i sette Arcangeli, identificati da sinistra a destra dai nomi riportati nelle proprie aureole: Salitiel (Salitiele),Raphael (Raffaele), Gabriel (Gabriele), Michael (Michele), Barachiel (Barachiele), Uriel (Uriele), Ieuridel (Fanuele). I dipinti sono attribuiti al nisseno Vincenzo Roggeri o a un pittore del XVII secolo a lui affine nello stile.[32]

    Di fronte l'organo è collocata una grande tela, dipinta a olio, di pittore siciliano del XVII secolo, raffigurante la Madonna di Monte Maggiore, seduta su una nube, con Gesù Bambino sulle ginocchia, attorniata da puttini e da gesuiti inginocchiati, che reggono in mano cuori fiammeggianti. Il quadro era collocato nella sacrestia della Cattedrale. Esso si trovava fino al 1767, anno della prima soppressione della Compagnia di Gesù, nel Collegio gesuitico, annesso alla chiesa di Sant'Agata, nei locali in cui si riuniva la Congregazione dei galantuomini (o del popolo), assieme ad altri, raffiguranti i principali momenti della passione di Gesù, cioè, l'orazione nel Getsemani, la flagellazione, la coronazione di spine e l'incontro con la madre (o Spasimo), Tutti questi quadri furono ubicati nell'ex cappella della Madonna dei Monti e cappella canonicale, l'attuale cappella del Santissimo Sacramento. Il quadro della crocifissione, della stessa serie, si trova oggi in cripta. Ai piedi della Madonna, a sinistra, è raffigurato Sant'Ignazio di Loyola con il libro della regola della Compagnia di Gesù, da lui fondata, in cui si legge nella parte sinistra: "AD MAIO/RĒ DEI AC DEI/PARÆ GLORIĀ" (A maggior gloria di Dio e della Madre di Dio) e nella pagina destra: "REGULA SODALI/TII SĀ/CTÆ MAR. A CORDE" (Regola del sodalizio del Cuore di Santa Maria). A destra è raffigurato un angelo, che con la mano destra regge uno scudo, su cui è riportata la scritta: "SODALITII IHS" (del sodalizio IHS), e con la sinistra un vessillo con le parole di Simeone, rivolte a Maria durante la presentazione al tempio del piccolo Gesù, riportate nel Vangelo di Luca 2, 35, "UT REVELENTUR EX MULTIS CORDIBUS COGITATIONES" (perché siano svelati i pensieri di molti cuori).[33]

    • Abside

    In fondo al coro, a sovrastare la tela raffigurante l'Immacolata, opera del pittore Guglielmo Borremans, troviamo l'iscrizione: "Amicta Sole". L'espressione è presa dal passo iniziale del capitolo 12 dell'Apocalissee fa riferimento alla Donna vestita di Sole, descritta dall'apostolo Giovanni nella sua visione. Con un linguaggio simbolico, l'autore dell'Apocalisse intende infondere coraggio ai cristiani perseguitati. Mostra come il disegno di Dio si compia nella storia, nonostante il male. Nella solennità dell'Assunzione, la Chiesa ha scelto come prima lettura della Messa del giorno il passo dell'Apocalisse, in cui è descritta la visione della Donna vestita di sole, per celebrare Maria con questo grandioso simbolo biblico, cioè la Donna che vince sul drago, il serpente infernale, che nella tradizione giudaica simboleggia la potenza del male. Il «segno grandioso», che apparve «nel cielo», ovvero in campo spirituale, indica una realtà soprannaturale. Il «sole» di cui la donna è vestita è Dio, il Verbo, la Luce. La Chiesa ha ripreso quest'immagine della donna «vestita di sole» per descrivere Maria. La «Donna», oltre a indicare Maria, è una personalità corporativa: il popolo di Dio che genera il Messia, asceso definitivamente presso Dio mediante la resurrezione, ed è, insieme, il popolo di Dio dell'antica e della nuova alleanza.[34]

    L'abside è stata ornata con alcuni affreschi realizzati dal pittore torinese Nicola Arduino in seguito al rifacimento, da parte dello stesso, degli affreschi del Borremans. Originariamente l'idea era quella di affrescare il transetto, la cupola e il coro, ma a causa dei fondi insufficienti vennero affrescati solamente il catino absidale e la volta del presbiterio. Nel catino è raffigurata "La Pentecoste", ovvero la classica scena di Maria e degli Apostoli radunati nel cenacolo ai quali viene comunicata la potenza dello Spirito Santo, che si manifesta sotto forma di lingue di fuoco. Nella volta del presbiterio è raffigurata la scena evangelica dell'Ascensione di Cristo al cielo, alla presenza degli Apostoli che rimangono attoniti.[35]

    Immacolata Concezione
    • Pavimentazione

    La pavimentazione della chiesa, fino al 1731, era in cotto e vi sottostavano tredici sepolture dislocate.[36] Precisamente nel coro quelle dei sacerdoti, in prossimità le tre sepolture per i diaconi, i subdiaconi e i chierici; nelle vicinanze le sepolture maschili e femminili della Compagnia della Concezione Santissima e quelle della "comunità". Nelle adiacenze della cappella del Santissimo Sacramento (oggi del Sacro Cuore di Gesù) le sepolture maschili e femminili della stessa Compagnia; nella cappella di Sant'Anna la sepoltura di Giuseppe Aronica, che aveva il patronato della cappella; nella cappella del Santissimo Crocifisso quella di Simone Licari; nella cappella del Santissimo Rosario quella di Giuseppe Di Forti ed infine nella cappella dei Monti (oggi del Santissimo Sacramento) quella dei baroni di Canicassè.[37]A metà del Settecento la pavimentazione, già danneggiata nelle navate laterali per i vari lavori di sepoltura, venne sostituita. I lavori iniziarono il 4 gennaio 1760 e furono affidati al mastro nisseno Sebastiano La Cagnina e al capo mastro Geronimo Scarpulla. Si preferì una pavimentazione con lastre di cm. 37x37 in pietra bianca e nera, con disegno a scacchiera, come quello ancora oggi esistente nella chiesa di Sant'Agata al Collegio, scartando la scelta della ceramica, allora in voga, non solo perché più costosa, ma perché le decorazioni sulle piastrelle avrebbero potuto distogliere l'attenzione dagli affreschi delBorremans. A seguito di questi rifacimenti, fu prevista la collocazione delle lapidi esistenti, scartando quelle rotte e scheggiate, di queste si salvarono solo la lapide posta nel coro e quella di Arcangelo Vignuzzi, nella navata sinistra.[38]Intorno al 1911 fu rinnovata la pavimentazione con lastre di alabastro. L'aera del coro, delimitata da una balaustra in ferro, fu rialzata di 50 cm. Nel 1948 il Genio Civile collocò una nuova pavimentazione in marmo e nel 1958 una pavimentazione a quadrelli. Infine, dal 1960 al 1962, su progetto dell'architetto Gaetano Averna, si collocò nella navata centrale il ricco pavimento attuale in marmi policromi a figure geometriche, alternate ad altre simboliche: il castelli, simbolo della Città; la bilancia e la spada, simboli di San Michele; la stella, simbolo di Maria; lo stemma vescovile e capitolare con il cappello a tre fiocchi, perché chiesa Cattedrale e sede del Capitolo canonicale. La pavimentazione delle navate laterali risale al 1965 e quella del nuovo presbiterio al 2002.[39]

    • Volta:

    Nella volta esistono tre serie d'affreschi che fanno riferimento al Nuovo Testamento, alla storia della Chiesa oltre che alla teologia della stessa. Le tre serie d'affreschi sono costituiti innanzitutto dai cinque grandi ovali che occupano la parte centrale della volta. Le altre due serie sono la storia della vita dei Santi Pietro e Paolo e la rappresentazione di Santi e Sante. Questi affreschi fanno riferimento agli Atti degli Apostoli che nei primi dodici capitoli parlano della di San Pietro e della sua attività, mentre nei successivi capitoli parlano di San Paolo e dei suoi viaggi missionari. Guardando verso l'altare, la storia di San Pietro è sul lato sinistro della volta, quella di San Paolo è invece sul lato destro. Questi affreschi occupano gli spazi intermedi tra le vele delle finestre, dove sono riprodotte figure di vari Santi.[40]

    Iniziando dagli affreschi che narrano della vita di San Pietro troviamo:

    1. "La vocazione di San Pietro"
    2. "La consegna delle chiavi"
    3. "Gesù affida a Pietro le sue pecorelle"
    4. "Visione di Ioppe"
    5. "Pietro liberato dalla prigione"
    6. "Il battesimo di Cornelio"
    7. "Martirio di San Pietro"

    Per quanto riguarda la serie di San Paolo troviamo:

    1. "Vocazione di Paolo"
    2. "Paolo perseguitato, viene salvato attraverso il muro esterno"
    3. "Paolo parla al procuratore felice"
    4. "Paolo all'aeropago di Atene"
    5. "Paolo a Malta ferito da una vipera"
    6. "Paolo a Roma annunzia il Vangelo del Regno"
    7. "Il martirio di San Paolo: la decapitazione"

    Gli ovali della volta sono cinque e sono i seguenti:

    1. "Fede cattolica che trionfa sulle altre religioni"
    2. "Cristo glorioso con un gruppo di angeli, santi e vergini.
    3. "Immacolato Concepimento della Vergine Maria"
    4. "Incoronazione e glorificazione di Maria Immacolata"
    5. "Trionfo di San Michele sugli angeli ribelli"

    Nelle finestre sono raffigurati diversi Santi, nella parte sinistra sono:

    1. "San Lorenzo"
    2. "Santa Lucia"
    3. "Sant'Eligio"
    4. "Sant'Anastasia"
    5. "San Francesco di Paola"
    6. "Sant'Agnese"
    7. "San Gregorio Magno"

    A destra troviamo invece:

    1. "Santo Stefano"
    2. "Santa Rosalia"
    3. "Sant'Agostino"
    4. "Sant'Orsola"
    5. "Sant'Angelo di Licata"
    6. "Santa Venera"
    7. "San Gaetano Thiene"

    Tutti questi affreschi sono opera di Guglielmo Borremans e furono restaurati a seguito dei bombardamenti del '43 da Nicola Arduino.

    Sulla volta sono presenti anche diverse iscrizioni. Nel primo affresco a partire dal portone d'ingresso troviamo la firma di Nicola Arduino:

    (LA)

    «HAS DUAS TABULAS G.mi BORREMANS BELLO DESTRUCTAS N.us ARDUINO TAUR.si REFECIT A. MCMLIV»

    (IT)

    «Nicola Arduino Torinese nell'anno 1954 rifece queste due pitture di Guglielmo Borremans, distrutte dalla guerra»

    Anche il Borremans firmò le sue opere, nell'affresco centrale è difatti scritto:

    (LA)

    «GVGLIELMO BORREMANS FIAMENGO P.Ano 1720»

    (IT)

    «Dipinto da Guglielmo Borremans Fiammingo nell'anno 1720»

    Particolare di questo affresco è la latinizzazione dell'aggettivo "fiammingo" riferito al Borremans, che avrebbe dovuto essere "flandrensi", cioè della regione delle Fiandre.

    L'ultima iscrizione che si trova nella volta è incisa sulla vela della finestra centrale:

    (LA)

    «HÆC EST DOMVS DOMINI»

    (IT)

    «Questa è la Casa del Signore»

    Essa è tratta dal Responsorio dell'Ufficio della Liturgia delle Ore In Dedicatione Ecclesiae, in due forme desunte da fonti diverse: Haec est domus Domini et porta caeli, et vocabitur nomen loci huius aula dei (Questa è la casa del Signore e la porta del cielo e il nome di questo luogo si chiama palazzo di Dio), che fa riferimento al sogno di Giacobbe, quello della scala che raggiunge il cielo, narrano in Genesi 28, 17.22; oppure: Haec est domus Domini, firmiter aedificata. Bene fundata est supra firmam petram (Questa è la casa del Signore, fermamente edificata. È ben fondata sopra una solida roccia) che fa riferimento al Vangelo di Matteo 7, 24-25, in cui Gesù parla dell'uomo saggio, che ha costruito la sua casa nella roccia.[41]

    Nella cattedrale di Caltanissetta sono sepolti alcuni vescovi. Essi sono:

    Feste religiose

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    1. ^ Calogero Scarlata, Santa Maria la Nova. La Cattedrale di Caltanissetta, Caltanissetta, Lussografica, 1997, p. 10.
    2. ^ Gioacchino Di Marzo, Guglielmo Borremans di Anversa, Pittore Fiammingo in Sicilia, Palermo, Stabilimento Tipografico Virzì, 1912, p. 29.
    3. ^ Calogero Scarlata, Santa Maria la Nova. La Cattedrale di Caltanissetta, Caltanissetta, Lussografica, 1997, p. 29.
    4. ^ Calogero Scarlata, Santa Maria la Nova. La Cattedrale di Caltanissetta, Caltanissetta, Lussografica, 1997, p. 38.
    5. ^ Calogero Scarlata, Santa Maria la Nova. La Cattedrale di Caltanissetta, Caltanissetta, Lussografica, 1997, p. 40.
    6. ^ Calogero Scarlata, Santa Maria la Nova. La Cattedrale di Caltanissetta, Caltanissetta, Lussografica, 1997, p. 53.
    7. ^ Andrea Gaetano Muscarella, 3.4, in Le iscrizioni latine nella chiesa Cattedrale Santa Maria La Nova in Caltanissetta, Caltanissetta, Lussografica, 2023, pp. 109-112, ISBN 8-882-43581-4.
    8. ^ Andrea Gaetano Muscarella, 3.5, in Le iscrizioni latine nella chiesa Cattedrale Santa Maria La Nova in Caltanissetta, Caltanissetta, Lussografica, 2023, pp. 121-125, ISBN 8-882-43581-4.
    9. ^ Giovanni Mulè Bertòlo, Caltanissetta nei tempi che furono e nei tempi che sono, Caltanissetta, Forni, 1906, pp. 401-402.
    10. ^ Andrea Gaetano Muscarella, 3.6, in Le iscrizioni latine nella chiesa Cattedrale Santa Maria La Nova in Caltanissetta, Caltanissetta, Lussografica, 2023, pp. 125-128, ISBN 8-882-43581-4.
    11. ^ Andrea Gaetano Muscarella, 3.7, in Le iscrizioni latine nella chiesa Cattedrale Santa Maria La Nova in Caltanissetta, Caltanissetta, Lussografica, 2023, pp. 137-138, ISBN 8-882-43581-4.
    12. ^ Andrea Gaetano Muscarella, 3.8, in Le iscrizioni latine nella chiesa Cattedrale Santa Maria La Nova in Caltanissetta, Caltanissetta, Lussografica, 2023, pp. 139-143, ISBN 8-882-43581-4.
    13. ^ Andrea Gaetano Muscarella, 3.10, in Le iscrizioni latine nella chiesa Cattedrale Santa Maria La Nova in Caltanissetta, Caltanissetta, Lussografica, 2023, pp. 151-156, ISBN 8-882-43581-4.
    14. ^ Andrea Gaetano Muscarella, 4.2, in Le iscrizioni latine nella chiesa Cattedrale Santa Maria La Nova in Caltanissetta, Caltanissetta, Lussografica, 2023, pp. 161-162, ISBN 8-882-43581-4.
    15. ^ Andrea Gaetano Muscarella, 4.3, in Le iscrizioni latine nella chiesa Cattedrale Santa Maria La Nova in Caltanissetta, Caltanissetta, Lussografica, 2023, pp. 162-172, ISBN 8-882-43581-4.
    16. ^ Andrea Gaetano Muscarella, 4.4, in Le iscrizioni latine nella chiesa Cattedrale Santa Maria La Nova in Caltanissetta, Caltanissetta, Lussografica, 2023, pp. 173-174, ISBN 8-882-43581-4.
    17. ^ Andrea Gaetano Muscarella, 4.5, in Le iscrizioni latine nella chiesa Cattedrale Santa Maria La Nova in Caltanissetta, Caltanissetta, Lussografica, 2023, pp. 175-177, ISBN 8-882-43581-4.
    18. ^ Andrea Gaetano Muscarella, 4.6, in Le iscrizioni latine nella chiesa Cattedrale Santa Maria La Nova in Caltanissetta, Caltanissetta, Lussografica, 2023, pp. 181-185, ISBN 8-882-43581-4.
    19. ^ Andrea Gaetano Muscarella, 4.7, in Le iscrizioni latine nella chiesa Cattedrale Santa Maria La Nova in Caltanissetta, Caltanissetta, Lussografica, 2023, pp. 191-195, ISBN 8-882-43581-4.
    20. ^ Andrea Gaetano Muscarella, 4.8, in Le iscrizioni latine nella chiesa Cattedrale Santa Maria La Nova in Caltanissetta, Caltanissetta, Lussografica, 2023, pp. 196-204, ISBN 8-882-43581-4.
    21. ^ Andrea Gaetano Muscarella, 4.9, in Le iscrizioni latine nella chiesa Cattedrale Santa Maria La Nova in Caltanissetta, Caltanissetta, Lussografica, 2023, pp. 213-216, ISBN 8-882-43581-4.
    22. ^ Andrea Gaetano Muscarella, 4.1, in Le iscrizioni latine nella chiesa Cattedrale Santa Maria La Nova in Caltanissetta, Caltanissetta, Lussografica, 2023, pp. 157-160, ISBN 8-882-43581-4.
    23. ^ Andrea Gaetano Muscarella, 3.2, in Le iscrizioni latine nella chiesa Cattedrale Santa Maria La Nova in Caltanissetta, Caltanissetta, Lussografica, 2023, pp. 100-104, ISBN 8-882-43581-4.
    24. ^ Rosario Salvaggio, La volta della Cattedrale narra il Nuovo Testamento, Caltanissetta, Paruzzo, 2008, pp. 49-50.
    25. ^ Rosario Salvaggio, Gli archi della cattedrale narrano l'Antico Testamento, Caltanissetta, Paruzzo, 2007, pp. 25-27, ISBN 8-861-49009-3.
    26. ^ a b Andrea Gaetano Muscarella, 2.1, in Le iscrizioni latine nella chiesa Cattedrale Santa Maria La Nova in Caltanissetta, Caltanissetta, Lussografica, 2023, pp. 50-60, ISBN 8-882-43581-4.
    27. ^ Andrea Gaetano Muscarella, 2.2, in Le iscrizioni latine nella chiesa Cattedrale Santa Maria La Nova in Caltanissetta, Caltanissetta, Lussografica, 2023, pp. 61-70, ISBN 8-882-43581-4.
    28. ^ Gaetano Canalella, Guardando al completamento degli affreschi della Cattedrale di Caltanissetta. Atti della tavola rotonda.
    29. ^ Andrea Gaetano Muscarella, Le iscrizioni latine nella chiesa Cattedrale Santa Maria La Nova in Caltanissetta, Caltanissetta, Lussografica, 2023, p. 73.
    30. ^ Andrea Gaetano Muscarella, 2.5, in Le iscrizioni latine nella chiesa cattedrale Santa Maria la Nova in Caltanissetta, Caltanissetta, Lussografica, 2023, p. 78, ISBN 978-88-8243-581-3.
    31. ^ Andrea Gaetano Muscarella, 2.5, in Le iscrizioni latine nella chiesa cattedrale Santa Maria la Nova in Caltanissetta, Caltanissetta, Lussografica, 2023, pp. 82-83, ISBN 978-88-8243-581-3.
    32. ^ Andrea Gaetano Muscarella, 2.6, in Le iscrizioni latine nella chiesa cattedrale Santa Maria la Nova in Caltanissetta, Caltanissetta, Lussografica, 2023, pp. 84-87, ISBN 978-88-8243-581-3.
    33. ^ Andrea Gaetano Muscarella, 2.7, in Le iscrizioni latine nella chiesa cattedrale Santa Maria la Nova in Caltanissetta, Caltanissetta, Lussografica, 2023, pp. 87-88, ISBN 978-88-8243-581-3.
    34. ^ Andrea Gaetano Muscarella, 2.8, in Le iscrizioni latine nella chiesa cattedrale Santa Maria la Nova in Caltanissetta, Caltanissetta, Lussografica, 2023, p. 89, ISBN 978-88-8243-581-3.
    35. ^ Rosario Salvaggio, La volta della Cattedrale narra il Nuovo Testamento, Caltanissetta, Paruzzo, 2008, pp. 50-51.
    36. ^ Giovanni Agostino Riva, Stato della Città di Caltanissetta sotto l'arciprete D. Giovanni Agostino Riva, 1731.
    37. ^ Silvana Bartolozzi, Il restauro della Cattedrale di Caltanissetta: lettura di un complesso architettonico, pittorico e decorativo, Caltanissetta, S. Sciascia, 2001, ISBN 8-882-41120-6.
    38. ^ Andrea Gaetano Muscarella, 2.5, in Le iscrizioni latine nella chiesa cattedrale Santa Maria la Nova in Caltanissetta, Caltanissetta, Lussografica, 2023, pp. 78-82, ISBN 978-88-8243-581-3.
    39. ^ Andrea Gaetano Muscarella, 2.5, in Le iscrizioni latine nella chiesa Cattedrale Santa Maria La Nova in Caltanissetta, Caltanissetta, Lussografica, 2023, pp. 79-82, ISBN 8-882-43581-4.
    40. ^ Rosario Salvaggio, La volta della Cattedrale narra il Nuovo Testamento, Caltanissetta, Paruzzo, 2008, pp. 9-10.
    41. ^ Andrea Gaetano Muscarella, Le iscrizioni latine nella chiesa Cattedrale Santa Maria La Nova in Caltanissetta, Caltanissetta, Lussografica, 2023, pp. 76-77, ISBN 8-882-43581-4.
    42. ^ a b Giuseppe Pitrè, Feste patronali in Sicilia, Torino-Palermo, Carlo Clausen, 1900, pp. 511-517.

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