Assedio di Petelia

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Assedio di Petelia
parte della seconda guerra punica
Il Bruttium (nell'ovale rosso la città di Petelia)
Datafine 216 a.C. (?) - 215 a.C.
LuogoPetelia - Italia
EsitoLa cittadina si arrende ai Cartaginesi dopo un assedio di 11 mesi[1]
Schieramenti
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L'assedio di Petelia venne posto verso la fine del 216 a.C. o gli inizi del 215 a.C. da parte dell'esercito cartaginese sulla città della Magna Grecia, Petelia.[1][2]

Contesto storico[modifica | modifica wikitesto]

Dopo la schiacciante vittoria a Canne (216 a.C.),[3] Annibale raggiunse i primi importanti risultati politico-strategici. Alcuni centri cominciarono a abbandonare i Romani,[4] come Campani, Atellani, Calatini, parte dell'Apulia, i Sanniti (ad esclusione dei Pentri), tutti i Bruzi, i Lucani, gli Uzentini e quasi tutto il litorale greco, i Tarentini, quelli di Metaponto, di Crotone, di Locri e tutti i Galli cisalpini,[5] e poi Compsa, insieme agli Irpini.[6] Non si arrese invece Neapolis, rimasta fedele a Roma.[7]

Il comandante cartaginese inviò a sud nel Bruzio il fratello Magone con una parte delle sue forze, per accogliere la resa di quelle città che abbandonavano i Romani e costringere con la forza quelle che si rifiutavano di farlo.[8] Annibale, invece, con il grosso dell'esercito, si diresse in Campania dove riuscì ad ottenere dopo una serie di trattative la defezione di Capua che a quell'epoca era ancora, per importanza, la seconda città della penisola, dopo Roma.[9]

Casus belli[modifica | modifica wikitesto]

I Petelini, rimasti fedeli ai Romani,[1] furono attaccati non solo dai Cartaginesi, che occupavano la loro regione, ma anche dai Bruzi che si erano invece alleati ad Annibale.[10] Questi allora decisero di inviare dei loro ambasciatori a Roma per chiedere un contingente di soldati a loro difesa. Purtroppo il senato romano, rispose che avrebbero dovuto resistere da soli, poiché i Romani erano impegnati su numerosi fronti, tanto più che si trattava di alleati troppo lontani da proteggere.[11]

Assedio[modifica | modifica wikitesto]

La moderna città di Strongoli che alcuni studiosi identificano con l'antica Petelia

Gli abitanti di Petelia, una volta venuti a conoscenza di quanto aveva loro risposto il senato di Roma, furono colti da dolore e spavento, meditando alcuni di abbandonare la città per rifugiarsi dove si poteva. Il giorno seguente, gli ottimati cittadini fecero prevalere la decisione che fossero raccolte tutte le provviste necessarie e trasportate in città, oltre a fortificare meglio le mura, pronti a resistere ad un imminente assedio da parte dei Cartaginesi.[12]

Non passò molto tempo che vennero assediati dalle milizie inviate da Annibale. Arrivarono a resistere fino al punto di cibarsi di tutte le pelli che trovarono in città, oltre a cortecce e teneri ramoscelli di tutte le piante che trovarono.[1]

«Esauriti, infatti, i viveri costituiti da prodotti della terra e da carne di ogni tipo di quadrupedi, quella solita e quella a cui non si era avvezzi, alla fine vissero di pezzi di cuoio e di erbe e di radici e di tenere cortecce e di foglie strappate e solo in séguito al fatto che mancavano loro le forze per stare in piedi sulle mura e per portare le armi furono presi.»

Conseguenze[modifica | modifica wikitesto]

Dopo aver retto a un lungo assedio, durato 11 mesi, poiché i Romani erano impossibilitati ad aiutarli, col loro consenso, si arresero.[1] La città venne espugnata da Imilcone, prefetto di Annibale.[2] La vittoria costò ai Cartaginesi molto sangue e ferite. Nessun'altra forza poté in questo assedio più della fame.[13]

Arresasi Petelia, Annibale condusse l'esercito a Cosenza, che dopo una difesa meno dura, cadde in mano ai Cartaginesi. Contemporaneamente un esercito di Bruzi, assediò e occupò un'altra città greca, Crotone, a esclusione della sola rocca, abitata da meno di 2.000 persone.[14] Anche i Locresi passarono ai Bruzi e ai Cartaginesi. Solo i Reggini conservarono fino all'ultimo la fedeltà a Roma e la propria indipendenza.[15]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e Polibio, VII, 1.3.
  2. ^ a b Livio, XXIII, 30.1.
  3. ^ Polibio, III, 116, 9.
  4. ^ EutropioBreviarium ab Urbe condita, III, 11.
  5. ^ Livio, XXII, 61.11-12.
  6. ^ Livio, XXIII, 1.1-3.
  7. ^ Livio, XXIII, 1.5-10.
  8. ^ Livio, XXIII, 1.4; Lancel 2002, p. 173.
  9. ^ Polibio, VII, 1, 1-2.
  10. ^ Livio, XXIII, 20.4.
  11. ^ Livio, XXIII, 20.5-6.
  12. ^ Livio, XXIII, 20.9-10.
  13. ^ Livio, XXIII, 30.2.
  14. ^ Livio, XXIII, 30.5-6.
  15. ^ Livio, XXIII, 30.7-9.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Fonti primarie
Fonti storiografiche moderne

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]