Maarbale

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Maarbale
NascitaIII secolo a.C.
Morte?
Dati militari
Paese servitoCartagine
Forza armataEsercito cartaginese
ArmaCavalleria numida
GradoGenerale
ComandantiAnnibale
GuerreSeconda guerra punica
BattaglieAssedio di Sagunto
Battaglia del Ticino
Battaglia della Trebbia
Battaglia del lago Trasimeno
Battaglia di Canne
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«Anzi, perché tu ben sappia quanto si sia ottenuto con questa giornata, [io ti dico che] fra cinque giorni banchetterai vincitore sul Campidoglio.[1][2][3][4] Seguimi, io ti precedo con la cavalleria, affinché ti sappiano giunto prima di apprendere che ti sei messo in marcia[5]»

Maarbale (III secolo a.C. – ...) è stato un comandante di cavalleria dell'esercito cartaginese, conosciuto per aver affiancato il generale Annibale nella seconda guerra punica.

Fu spesso critico nei confronti dei Cartaginesi e talvolta di Annibale stesso. Famosa è la presunta conversazione avvenuta dopo la Battaglia di Canne in cui Maarbale imputò ad Annibale di non saper sfruttare i momenti favorevoli.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Maarbale, figlio di Imilcone, entrò in scena durante l'assedio di Sagunto ed ebbe un ruolo decisivo nella capitolazione della città. Durante la campagna d'Italia di Annibale, Maarbale ebbe un ruolo rilevante per quanto riguarda le battaglie a cavallo come quella del Ticino. Partecipò anche alla battaglia della Trebbia. Durante la battaglia del Lago Trasimeno guidò i numidi a incalzare i romani in rotta. Nella battaglia di Canne condusse l'ala destra della cavalleria numida, ottenendo la vittoria.

Lo storico Tito Livio racconta che, dopo la netta vittoria nella battaglia di Canne, Maarbale consigliò di attaccare immediatamente Roma con l'intero esercito, per espugnarla facilmente. Il condottiero Annibale rifiutò la proposta del generale temendo la forza militare dei Romani[6]. Affermò che aveva bisogno di tempo per valutare l'effettiva strategia da mettere in atto. Maarbale commentò così l'indugio del suo comandante:

«Gli dei evidentemente non hanno concesso alla stessa persona tutte le doti: tu sai vincere, Annibale, ma non sai approfittare della vittoria.[5]»

In seguito a questo contrasto col Barcide, Maarbale fu sollevato dal comando dei cavalieri, e forse gli successe il nipote di Annibale, Annone di Bomilcare.[7]

La rinuncia di Annibale a proseguire e il giudizio di Maarbale non hanno avuto un parere univoco tra gli studiosi di strategia militare. Il generale Montgomery, deciso ad avanzare dopo la vittoria a El-Alamein, dichiarò "Maharbal was right" (Maarbale aveva ragione)[8].
I Romani, peraltro, seppero poi vanificare le precedenti vittorie dei Cartaginesi di Annibale e li sconfissero nella Battaglia di Zama, guidati da Scipione.

Dopo la Battaglia di Casilinium (Tito Livio XXIII, 18), non si hanno notizie riguardo alla sorte di Maarbale. Una persona con quel nome è menzionata da Frontino (Strateg. II, 5, § 12) come combattente assunto dai Cartaginesi contro alcune tribù africane che si erano ribellate, ma non è chiaro se si tratti dello stesso Maarbale comandante della cavalleria numida di Annibale.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita
  2. ^ SILIO ITALICO - Le puniche - L. X,372: Vaneggia ansiosamente per i tumulti sognati mentre Magone gli annunzia che nella notte il campo si era reso con gli ultimi nemici. E mentre si avanza la lunga fila dei soldati carichi di prede gli dice: "Ti prometto che tra cinque giorni banchetteremo festanti sulla Rupe Tarpea".
  3. ^ MACROBIO - Saturnaliorum convivia - Vigilia - I,4,26: A questo punto Simmaco disse: - Il tuo Celio ha tratto la storia e le parole dalle Origini di Marco Catone, ove si legge: Pertanto il comandante della cavalleria avvisò il capo cartaginese: "mandami a Roma con la cavalleria; entro cinque giorni (diequinti) avrai pronta la cena sul Campidoglio."
  4. ^ PLUTARCO - Vite parallele - Fabio Massimo - 17: Dopo un tale successo gli amici esortarono Annibale ad assecondare la buona fortuna e a piombare su Roma alle calcagna dei nemici in fuga; così facendo il quinto giorno dopo la vittoria egli avrebbe certamente cenato in Campidoglio.
  5. ^ a b Tito Livio, XXII, 51.
  6. ^ A. Frediani, L'incredibile storia di Roma antica, Roma, Newton & Compton, 2016, p. 107, ISBN 978-88-541-9610-0.
  7. ^ Brizzi 2016, p. 120.
  8. ^ Paolo Rumiz, La forza, la prudenza e l'acume del grande condottiero, in La Repubblica, 12 agosto 2007.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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