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Eccidio di Lechemti: differenze tra le versioni

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== Arrivo della missione aerea a Bonaia ==
== Arrivo della missione aerea a Bonaia ==
[[File:Lekemti-1.jpg|miniatura|destra|300px|L'aviosuperficie di Bonaia con i tre velivoli (cerchiati) ancora allineati]]
[[File:Lekemti-1.jpg|miniatura|destra|300px|L'aviosuperficie di Bonaia con i tre velivoli (cerchiati) ancora allineati]]
Il 26 giugno 1936 la spedizione di Magliocco decollò dal campo d'aviazione di [[Addis Abeba]] a bordo di due bombardieri [[Caproni Ca.133]]<ref name=L5p162>{{Cita|Lioy 1965|p. 162}}.</ref> e un ricognitore [[IMAM Ro.37]],<ref name=L5p162/> facendo rotta verso ovest per [[Lekempti]] (circa 230 km in [[linea d'aria]]) con il compito di contattare alcuni capi locali e di assicurarne la fedeltà alla Corona italiana.<ref name=L5p162/> Portavano con sé 3&nbsp;000 [[tallero di Maria Teresa|talleri di Maria Teresa]] d'argento con cui avrebbero assoldato un esercito per occupare la zona. Il primo velivolo era pilotato personalmente da [[Vincenzo Magliocco]], mentre il secondo era al comando dell'aviatore [[Antonio Locatelli]], già molto conosciuto all'epoca essendo stato insignito in precedenza di una medaglia d'oro al valor militare.<ref name=L5p162/>. A partire dalle ore 11:00 e ogni ora il generale Magliocco radiotelegrafò sulla regolarità del volo.<ref name=SS_110736>{{cita news|titolo=Come è stato compiuto l'eccidio della Missione a Lekemti|pubbliczione=Stampa Sera - seconda edizione|data=1936-07-11|url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,1623_02_1936_0165_0001_22470421/}}</ref>
Il 26 giugno 1936 la spedizione di Magliocco decollò dal campo d'aviazione di [[Addis Abeba]] a bordo di due bombardieri [[Caproni Ca.133]]<ref name=L5p162>{{Cita|Lioy 1965|p. 162}}.</ref> e un ricognitore [[IMAM Ro.37]],<ref name=L5p162/> facendo rotta verso ovest per [[Lekempti]] (circa 230 km in [[linea d'aria]]) con il compito di contattare alcuni capi locali e di assicurarne la fedeltà alla Corona italiana.<ref name=L5p162/> Portavano con sé 3&nbsp;000 [[tallero di Maria Teresa|talleri di Maria Teresa]] d'argento con cui avrebbero assoldato un esercito per occupare la zona. Il primo velivolo era pilotato personalmente da [[Vincenzo Magliocco]], mentre il secondo era al comando dell'aviatore [[Antonio Locatelli]], già molto conosciuto all'epoca essendo stato insignito in precedenza di una medaglia d'oro al valor militare.<ref name=L5p162/>. A partire dalle ore 11:00 e ogni ora il generale Magliocco radiotelegrafò sulla regolarità del volo.<ref name=SS_110736>{{cita news|titolo=Come è stato compiuto l'eccidio della Missione a Lekemti|pubbliczione=Stampa Sera - seconda edizione|data=11 luglio 1936|url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,1623_02_1936_0165_0001_22470421/}}</ref>


La formazione aerea fu avvistata a Lechemti dall'infermiera svedese Karin Söderström, che aveva visto gli aerei italiani riflessi nello specchio del suo [[microscopio]] da laboratorio.<ref name=Hofgren>{{cita|Hofgren}}</ref>
La formazione aerea fu avvistata a Lechemti dall'infermiera svedese Karin Söderström, che aveva visto gli aerei italiani riflessi nello specchio del suo [[microscopio]] da laboratorio.<ref name=Hofgren>{{cita|Hofgren}}</ref>
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Dopo essere atterrati a Bonaia<ref name=Guida_AOI_502/> alle 13:00 su un prato lungo circa 500 metri<ref name=SS_110736/><ref name=L5p162/> (a circa 27&nbsp;km da Lechemti), i tre equipaggi italiani radiotelegrafarono ad Addis Abeba comunicando di essere atterrati e che la missione procedeva bene. Subito dopo l'atterraggio Padre Borello inviò una lettera all'amico ''fitaurari'' Mosaa, il quale fece giungere erso le 20:15 (ora dell'ultimo radiogramma inviato) a Bonaia il ''fitaurari'' Wolde Bajeena e l<nowiki>'</nowiki>''ato'' Mekonnen Jambare come suoi delegati, insieme a scorte e a dodici soldati del ''degiac'' Abdemariam a difesa della spedizione.<ref name=SS_110736/> I due delegati furono poi ospitati per la notte dal locale ''balabat'', il ''fitaurari'' Muleta, mentre i due interpreti etiopi passarono la notte a casa di dell'operatore telefonico Mogossie. Sentendosi abbastanza al sicuro, il generale Magliocco fece perciò organizzare un accampamento di fortuna intorno ai tre velivoli, in attesa di incontrare Abdemariam il giorno dopo, posizionando però ad ogni evenienza anche due mitragliatrici.
Dopo essere atterrati a Bonaia<ref name=Guida_AOI_502/> alle 13:00 su un prato lungo circa 500 metri<ref name=SS_110736/><ref name=L5p162/> (a circa 27&nbsp;km da Lechemti), i tre equipaggi italiani radiotelegrafarono ad Addis Abeba comunicando di essere atterrati e che la missione procedeva bene. Subito dopo l'atterraggio Padre Borello inviò una lettera all'amico ''fitaurari'' Mosaa, il quale fece giungere erso le 20:15 (ora dell'ultimo radiogramma inviato) a Bonaia il ''fitaurari'' Wolde Bajeena e l<nowiki>'</nowiki>''ato'' Mekonnen Jambare come suoi delegati, insieme a scorte e a dodici soldati del ''degiac'' Abdemariam a difesa della spedizione.<ref name=SS_110736/> I due delegati furono poi ospitati per la notte dal locale ''balabat'', il ''fitaurari'' Muleta, mentre i due interpreti etiopi passarono la notte a casa di dell'operatore telefonico Mogossie. Sentendosi abbastanza al sicuro, il generale Magliocco fece perciò organizzare un accampamento di fortuna intorno ai tre velivoli, in attesa di incontrare Abdemariam il giorno dopo, posizionando però ad ogni evenienza anche due mitragliatrici.


Ricorrendo il giorno di [[Rodolfo Gabrielli|San Rodolfo]], Apte Mariàm offrì una cena sontuosa anche per festeggiare l'[[onomastico]] del generale [[Rodolfo Graziani]].<ref name=Aereimilitari.org>{{cita web|titolo=L'eccidio di Bonaia|sito=Forum di Aereimilitari.org|url=http://www.aereimilitari.org/forum/topic/12034-leccidio-di-bonaia/|accesso=2017-09-24|urlarchivio=http://archive.is/7lSLl|urlmorto=no|dataarchivio=2017-0-24}}</ref>
Ricorrendo il giorno di [[Rodolfo Gabrielli|San Rodolfo]], Apte Mariàm offrì una cena sontuosa anche per festeggiare l'[[onomastico]] del generale [[Rodolfo Graziani]].<ref name=Aereimilitari.org>{{cita web|titolo=L'eccidio di Bonaia|sito=Forum di Aereimilitari.org|url=http://www.aereimilitari.org/forum/topic/12034-leccidio-di-bonaia/|accesso=24 settembre 2017|urlarchivio=http://archive.is/7lSLl|urlmorto=no|dataarchivio=2017-0-24}}</ref>


== Attacco ==
== Attacco ==
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== Ricerca e soccorso ==
== Ricerca e soccorso ==
[[File:Resti dell'aereo dell'eccidio di Lechemti 01.gif|miniatura|sinistra|Resti di un aereo]]
[[File:Resti dell'aereo dell'eccidio di Lechemti 01.gif|miniatura|sinistra|Resti di un aereo]]
I resti dei tre aerei furono avvistati il giorno successivo da un velivolo italiano, con a bordo il fotografo Baccari,<ref>{{cita news|titolo=Come è stato compiuto l'eccidio della Missione a Lekemti|pubblicazione=La Stampa|data=1936-07-11|url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,1623_02_1936_0165_0001_22470421/}}</ref> pilotato dal capitano [[Mario Bonzano]], <ref>{{cita pubblicazione|autore=Ovidio Ferrante|data= |anno=2006|mese=febbraio-marzo|titolo=Lekemti: la Kindu della Regia Aeronautica|rivista=Rivista Militare|editore=Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare|città=Roma|pagine=86|cid=Ferrante 2006}}</ref> il quale vide i tre aerei bruciati, i sacchi di viveri dispersi e intorno cadaveri di abissini. Bonzano fu in seguito insignito di una medaglia d'argento per essere stato uno dei primi ad atterrare a Lekemti.<ref>Motivazione della MAVM: «Comandante di squadriglia da incursione veloce, durante lungo ciclo operativo dava prova di costante perizia, ardire e coraggio. Portava con la propria squadriglia un largo contributo al successo, atterrando fra i primi sul campo di Lekemti in condizioni particolarmente difficili e affrontando con sereno sprezzo del pericolo incerto contegno degli indigeni del luogo. Cielo dell'A.O., giugno-dicembre 1936.»</ref> Altri aerei furono inviati nei giorni seguenti, confermando quanto osservato. Solo il 5 luglio arrivò ad Addis Abeba, grazie ad una staffetta di otto indigeni, un messaggio di padre Borello con le prime sommarie notizie, in cui diceva di essersi rifugiato in casa del suo amico fitaurari insieme a un motorista, in seguito deceduto; pur ignorando le sorte dei compagni di missione, ne ipotizzava la quasi certa morte.
I resti dei tre aerei furono avvistati il giorno successivo da un velivolo italiano, con a bordo il fotografo Baccari,<ref>{{cita news|titolo=Come è stato compiuto l'eccidio della Missione a Lekemti|pubblicazione=La Stampa|data=11 luglio 1936|url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,1623_02_1936_0165_0001_22470421/}}</ref> pilotato dal capitano [[Mario Bonzano]], <ref>{{cita pubblicazione|autore=Ovidio Ferrante|data= |anno=2006|mese=febbraio-marzo|titolo=Lekemti: la Kindu della Regia Aeronautica|rivista=Rivista Militare|editore=Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare|città=Roma|p=86|cid=Ferrante 2006}}</ref> il quale vide i tre aerei bruciati, i sacchi di viveri dispersi e intorno cadaveri di abissini. Bonzano fu in seguito insignito di una medaglia d'argento per essere stato uno dei primi ad atterrare a Lekemti.<ref>Motivazione della MAVM: «Comandante di squadriglia da incursione veloce, durante lungo ciclo operativo dava prova di costante perizia, ardire e coraggio. Portava con la propria squadriglia un largo contributo al successo, atterrando fra i primi sul campo di Lekemti in condizioni particolarmente difficili e affrontando con sereno sprezzo del pericolo incerto contegno degli indigeni del luogo. Cielo dell'A.O., giugno-dicembre 1936.»</ref> Altri aerei furono inviati nei giorni seguenti, confermando quanto osservato. Solo il 5 luglio arrivò ad Addis Abeba, grazie ad una staffetta di otto indigeni, un messaggio di padre Borello con le prime sommarie notizie, in cui diceva di essersi rifugiato in casa del suo amico fitaurari insieme a un motorista, in seguito deceduto; pur ignorando le sorte dei compagni di missione, ne ipotizzava la quasi certa morte.


Il 27 settembre 1936 riuscì ad atterrare a Bonaia una pattuglia di [[IMAM RO.37]] guidata dal colonnello [[Umberto Baistrocchi]].<ref>{{cita news|titolo=Come si è occupata Lekemti|pubblicazione=La Stampa|data=1936-10-27|p=1|url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,1136_01_1936_0256_0001_24264332/}}</ref>
Il 27 settembre 1936 riuscì ad atterrare a Bonaia una pattuglia di [[IMAM RO.37]] guidata dal colonnello [[Umberto Baistrocchi]].<ref>{{cita news|titolo=Come si è occupata Lekemti|pubblicazione=La Stampa|data=27 ottobre 1936|p=1|url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,1136_01_1936_0256_0001_24264332/}}</ref>


Il successivo 11 ottobre, dopo che Hapte Mariam aveva sottoscritto tre giorni prima la sua fedeltà all'Italia innalzando il tricolore sul suo palazzo, atterrarono due aeromobili che trasportavano apparecchiature radio: il tenente pilota ingegnere [[Mario Faccioli (1910)|Mario Faccioli]] e i due radiotelegrafisti Bruno Spadaio (aviere scelto della 103° squadriglia) ed Elpidio Benetti (110° squadriglia) rimasero per montare una stazione radio e realizzare un'aviosuperficie che consentisse l'atterraggio di più aerei.<ref name=Moltrasio>{{cita pubblicazione|autore=Napoleone Moltrasio|titolo=Sulle orme di Locatelli: un pilota bergamasco, Mario Faccioli guidò il secondo sbarco a Lekemti|pubblicazione=Giornale di Bergamo|data=1966-07-04}} Citato in {{cita web|autore=Giorgio Mazzoleni|titolo=Mario Faccioli, eroe del cielo|data=2011-08-15|url=http://facciolimario.blogspot.it/2011/08/mario-faccioli-eroe-del-cielo-nella.html|urlarchivio=http://archive.is/ybANl|urlmorto=no|dataarchivio=2017-09-25}}</ref> In soli tre giorni, sfruttando la manodopera indigena, Faccioli riuscì a preparare il campo di atterraggio, ottenendo per questo la quarta delle sue cinque medaglie d'argento al valor militare.<ref>Motivazione della MAVM dell'ottobre 1936: ''In soli tre giorni, sfruttando sagacemente la manodopera indigena, preparava il campo in modo da consentire lo svolgimento delle brillanti azioni di sbarco dei nostri reparti, contribuendo efficacemente all'occupazione dell'Ovest dell'Impero. Le sue elette doti di trascinatore entusiasta.''</ref> Al ritorno in Italia, Mario Faccioli portò alla madre di Locatelli l'elica d'aereo del figlio e una manciata di terra di Bonaia.<ref name=Moltrasio/>
Il successivo 11 ottobre, dopo che Hapte Mariam aveva sottoscritto tre giorni prima la sua fedeltà all'Italia innalzando il tricolore sul suo palazzo, atterrarono due aeromobili che trasportavano apparecchiature radio: il tenente pilota ingegnere [[Mario Faccioli (1910)|Mario Faccioli]] e i due radiotelegrafisti Bruno Spadaio (aviere scelto della 103° squadriglia) ed Elpidio Benetti (110° squadriglia) rimasero per montare una stazione radio e realizzare un'aviosuperficie che consentisse l'atterraggio di più aerei.<ref name=Moltrasio>{{cita pubblicazione|autore=Napoleone Moltrasio|titolo=Sulle orme di Locatelli: un pilota bergamasco, Mario Faccioli guidò il secondo sbarco a Lekemti|pubblicazione=Giornale di Bergamo|data=4 luglio 1966}} Citato in {{cita web|autore=Giorgio Mazzoleni|titolo=Mario Faccioli, eroe del cielo|data=15 agosto 2011|url=http://facciolimario.blogspot.it/2011/08/mario-faccioli-eroe-del-cielo-nella.html|urlarchivio=http://archive.is/ybANl|urlmorto=no|dataarchivio=25 settembre 2017}}</ref> In soli tre giorni, sfruttando la manodopera indigena, Faccioli riuscì a preparare il campo di atterraggio, ottenendo per questo la quarta delle sue cinque medaglie d'argento al valor militare.<ref>Motivazione della MAVM dell'ottobre 1936: ''In soli tre giorni, sfruttando sagacemente la manodopera indigena, preparava il campo in modo da consentire lo svolgimento delle brillanti azioni di sbarco dei nostri reparti, contribuendo efficacemente all'occupazione dell'Ovest dell'Impero. Le sue elette doti di trascinatore entusiasta.''</ref> Al ritorno in Italia, Mario Faccioli portò alla madre di Locatelli l'elica d'aereo del figlio e una manciata di terra di Bonaia.<ref name=Moltrasio/>


Il 14 ottobre atterrarono nove aerei con 13 ufficiali e 33 soldati guidati dal colonnello A. Marone; la missione fu ricevuta dal ''degiasmacc'' Habte Maryam (che giurò fedeltà al Regno d'Italia) e dal ''fitaurari'' Mossa e iniziò ad organizzare una difesa a Lechemti.
Il 14 ottobre atterrarono nove aerei con 13 ufficiali e 33 soldati guidati dal colonnello A. Marone; la missione fu ricevuta dal ''degiasmacc'' Habte Maryam (che giurò fedeltà al Regno d'Italia) e dal ''fitaurari'' Mossa e iniziò ad organizzare una difesa a Lechemti.
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La notizia dell'eccidio creò una grande commozione, simile all'[[eccidio del cantiere Gondrand]] avvenuto a [[Mai Lahlà]].<ref name="Del Boca">{{Cita|Del Boca}}</ref> [[Gabriele D'Annunzio]], grande amico di [[Antonio Locatelli]], gli dedicò un lungo [[epitaffio]] dove promise di volerne accogliere le spoglie presso il [[Vittoriale]].
La notizia dell'eccidio creò una grande commozione, simile all'[[eccidio del cantiere Gondrand]] avvenuto a [[Mai Lahlà]].<ref name="Del Boca">{{Cita|Del Boca}}</ref> [[Gabriele D'Annunzio]], grande amico di [[Antonio Locatelli]], gli dedicò un lungo [[epitaffio]] dove promise di volerne accogliere le spoglie presso il [[Vittoriale]].


Il 3 luglio il ministro [[Ciano]] annunciò di voler effettuare un bombardamento per [[rappresaglia]], ma sul punto le fonti discordano. Secondo [[Angelo Del Boca]] la rappresaglia non ebbe luogo, dal momento che la [[Società delle Nazioni]] revocò il 4 luglio le sanzioni economiche all'Italia e il 6 luglio Mussolini disse a Graziani che la sottomissione dell'Etiopia occidentale non era più così urgente.<ref name="Del Boca" />. Fonti etiopi<ref>{{cita pubblicazione|autore=Aregawi Berhe|titolo=Spirit vs. War machine: A Patriotic Resistance to Italian Occupation of Ethiopia (1936-1941)|sito=Ethiopian Observer|url=http://www.ethioobserver.net/Ethiopian_Resistance.pdf|accesso=2017-09-26}}</ref> e svedesi riportano invece che il 5 luglio 1936 l'aviazione italiana colpì pesantemente con 19 bombe e mitragliatrici il complesso scolastico appena inaugurato dai missionari [[svedesi]]<ref name=Hofgren/><ref>{{cita libro|autore=J.H. Spencer|titolo=Ethiopia at bay|città=USA|anno=1984|p=81|lingua=en}}</ref><ref>{{cita pubblicazione|autore=Bernhard Lindahl|titolo=Nekemte|opera=Local history in Ethiopia|lingua=en|anno=2005|url=http://nai.uu.se/library/resources/thematicresources/local_history_of_ethiopia/n/}}</ref> La notizia della rappreseglia è confermata da [[Vittorio Dan Segre]]<ref>{{cita libro|autore=Vittorio Dan Segre|titolo=La guerra privata del tenente Guillet|editore=Corbaccio|anno=1993|isbn=9788879720267}}</ref>, il quale riferisce che "la ritorsione fu talmente cruenta da innescare l'attività resistenziale etiopica".<ref>{{cita libro|autore=Andrea Poggiali|titolo=I segni della guerra: lapidi e monumenti, in Provincia di Ferrara, ai caduti italiani nel XX secolo|altri=con la collaborazione di Maria Edoarda Fava|editore=Claudio Nanni Editore|città=Ravenna|volume=I|p=114|url=http://www.claudionannieditore.com/pdf/Andrea%20Poggiali%20-%20I%20segni%20della%20guerra%20-%20VOL.%20I.pdf}}</ref> La notizia di "azioni di rappresaglia in massa, sui predoni e sugli abitati dove si erano rifugiati" appare sul quotidiano La Stampa del 9 luglio.<ref>{{cita news|titolo=Una missione italiana massacrata dai banditi di Lekemti|pubblicazione=La Stampa|data=1936-07-09|url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,2/articleid,0029_01_1936_0163_0002_24918643/}}</ref> La mattina del 10 luglio il Duce inviò alla famiglia Locatelli il seguente telegramma: {{Citazione|Antonio Locatelli era per me una delle anime più pure ed intrepide del Fascismo, un soldato, un Eroe nel significato più classico e nostro della parola. Potete immaginare quanto mi abbia rattristato la sua gloriosa morte al servizio della Patria. Egli sarà onorato e vendicato. MUSSOLINI|[[Benito Mussolini]], ''Telegramma alla famiglia Locatelli'', 10 luglio 1936<ref>{{cita news|titolo=Un telegramma di Mussolini per la morte di Locatelli|pubblicazione=La Stampa|data=1936-07-11|url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,0029_01_1936_0165_0001_24281932/}}</ref>}}
Il 3 luglio il ministro [[Ciano]] annunciò di voler effettuare un bombardamento per [[rappresaglia]], ma sul punto le fonti discordano. Secondo [[Angelo Del Boca]] la rappresaglia non ebbe luogo, dal momento che la [[Società delle Nazioni]] revocò il 4 luglio le sanzioni economiche all'Italia e il 6 luglio Mussolini disse a Graziani che la sottomissione dell'Etiopia occidentale non era più così urgente.<ref name="Del Boca" />. Fonti etiopi<ref>{{cita pubblicazione|autore=Aregawi Berhe|titolo=Spirit vs. War machine: A Patriotic Resistance to Italian Occupation of Ethiopia (1936-1941)|sito=Ethiopian Observer|url=http://www.ethioobserver.net/Ethiopian_Resistance.pdf|accesso=26 settembre 2017}}</ref> e svedesi riportano invece che il 5 luglio 1936 l'aviazione italiana colpì pesantemente con 19 bombe e mitragliatrici il complesso scolastico appena inaugurato dai missionari [[svedesi]]<ref name=Hofgren/><ref>{{cita libro|autore=J.H. Spencer|titolo=Ethiopia at bay|città=USA|anno=1984|p=81|lingua=en}}</ref><ref>{{cita pubblicazione|autore=Bernhard Lindahl|titolo=Nekemte|pubblicazione=Local history in Ethiopia|lingua=en|anno=2005|url=http://nai.uu.se/library/resources/thematicresources/local_history_of_ethiopia/n/}}</ref> La notizia della rappreseglia è confermata da [[Vittorio Dan Segre]]<ref>{{cita libro|autore=Vittorio Dan Segre|titolo=La guerra privata del tenente Guillet|editore=Corbaccio|anno=1993|isbn=978-88-7972-026-7}}</ref>, il quale riferisce che "la ritorsione fu talmente cruenta da innescare l'attività resistenziale etiopica".<ref>{{cita libro|autore=Andrea Poggiali|titolo=I segni della guerra: lapidi e monumenti, in Provincia di Ferrara, ai caduti italiani nel XX secolo|altri=con la collaborazione di Maria Edoarda Fava|editore=Claudio Nanni Editore|città=Ravenna|volume=I|p=114|url=http://www.claudionannieditore.com/pdf/Andrea%20Poggiali%20-%20I%20segni%20della%20guerra%20-%20VOL.%20I.pdf}}</ref> La notizia di "azioni di rappresaglia in massa, sui predoni e sugli abitati dove si erano rifugiati" appare sul quotidiano La Stampa del 9 luglio.<ref>{{cita news|titolo=Una missione italiana massacrata dai banditi di Lekemti|pubblicazione=La Stampa|data=9 luglio 1936|url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,2/articleid,0029_01_1936_0163_0002_24918643/}}</ref> La mattina del 10 luglio il Duce inviò alla famiglia Locatelli il seguente telegramma: {{Citazione|Antonio Locatelli era per me una delle anime più pure ed intrepide del Fascismo, un soldato, un Eroe nel significato più classico e nostro della parola. Potete immaginare quanto mi abbia rattristato la sua gloriosa morte al servizio della Patria. Egli sarà onorato e vendicato. MUSSOLINI|[[Benito Mussolini]], ''Telegramma alla famiglia Locatelli'', 10 luglio 1936<ref>{{cita news|titolo=Un telegramma di Mussolini per la morte di Locatelli|pubblicazione=La Stampa|data=11 luglio 1936|url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,0029_01_1936_0165_0001_24281932/}}</ref>}}


== Ricordo ==
== Ricordo ==
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Tutti i membri della missione furono insigniti della [[medaglia d'oro al valor militare]]. [[Adolfo Prasso]] costituisce l'unico esempio noto di un civile [[meticcio]] ad aver ricevuto tale altissima onorificenza durante la campagna d'Etiopia.
Tutti i membri della missione furono insigniti della [[medaglia d'oro al valor militare]]. [[Adolfo Prasso]] costituisce l'unico esempio noto di un civile [[meticcio]] ad aver ricevuto tale altissima onorificenza durante la campagna d'Etiopia.


Poco dopo l'eccidio, l'alpino Federico Bruseghini riuscì a recuperare quattro frammenti dell'aereo di Antonio Locatelli: tali cimeli sono oggi conservati ed esposti presso il [[Museo storico italiano della guerra]] a [[Rovereto]], in [[provincia di Trento]].<ref>{{cita web|titolo=Lekemti - 27 giugno 1936, L'elmetto coloniale della Medaglia dOro al Valore Militare Drammis Antonio|sito=Miles Forum Italiano dei collezionisti di militaria|url=|accesso=2017-09-24}}</ref>
Poco dopo l'eccidio, l'alpino Federico Bruseghini riuscì a recuperare quattro frammenti dell'aereo di Antonio Locatelli: tali cimeli sono oggi conservati ed esposti presso il [[Museo storico italiano della guerra]] a [[Rovereto]], in [[provincia di Trento]].<ref>{{cita web|titolo=Lekemti - 27 giugno 1936, L'elmetto coloniale della Medaglia dOro al Valore Militare Drammis Antonio|sito=Miles Forum Italiano dei collezionisti di militaria|url=|accesso=24 settembre 2017}}</ref>


Alla fine degli anni 1930 venne eretto un cippo<ref name=Zamorani>{{cita pubblicazione|autore=Massimo Zamorani|titolo=Morte a Lekemti|pubblicazione=Rivista Aeronautica|numero=1|anno=2011|mese=aprile|pp=100-103|http://www.avia-it.com/act/Editoriali/Editoriali_aprile_2011/Morte_a_Lekemti.pdf}}</ref><ref>{{Cita web|url=http://www.gavs.it/FotodelNonno/Photo/A_O_I_Imperiali_II.htm|titolo=GAVS|accesso=16 aprile 2009|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20070504215800/http://www.gavs.it/FotodelNonno/Photo/A_O_I_Imperiali_II.htm|dataarchivio=4 maggio 2007}}</ref> con i nomi delle vittime incisi su una lamiera vicino alla carcassa dell'aereo mediano.<ref name=Guida_AOI_502/> I pochi resti dei caduti, recuperati nel dicembre 1936 da don Borello e in un primo momento portati ad Addis Abeba,<ref>{{cita news|autore=Attilio Crepa|titolo=Reliquie di Eroi|capitolo=A Lekemtì con Padre Borello: Due ore di volo sull'Ovest etiopico|pubblicazione=La Stampa|data=1936-12-07|p=3|url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,3/articleid,1623_02_1936_0291_0003_22480549/}}</ref> furono riportati a Bonaia e murati nel pilastrino del memoriale.<ref name=Aereimilitari.org/>
Alla fine degli anni 1930 venne eretto un cippo<ref name=Zamorani>{{cita pubblicazione|autore=Massimo Zamorani|titolo=Morte a Lekemti|pubblicazione=Rivista Aeronautica|numero=1|anno=2011|mese=aprile|pp=100-103|http://www.avia-it.com/act/Editoriali/Editoriali_aprile_2011/Morte_a_Lekemti.pdf}}</ref><ref>{{Cita web|url=http://www.gavs.it/FotodelNonno/Photo/A_O_I_Imperiali_II.htm|titolo=GAVS|accesso=16 aprile 2009|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20070504215800/http://www.gavs.it/FotodelNonno/Photo/A_O_I_Imperiali_II.htm|dataarchivio=4 maggio 2007}}</ref> con i nomi delle vittime incisi su una lamiera vicino alla carcassa dell'aereo mediano.<ref name=Guida_AOI_502/> I pochi resti dei caduti, recuperati nel dicembre 1936 da don Borello e in un primo momento portati ad Addis Abeba,<ref>{{cita news|autore=Attilio Crepa|titolo=Reliquie di Eroi|capitolo=A Lekemtì con Padre Borello: Due ore di volo sull'Ovest etiopico|pubblicazione=La Stampa|data=7 dicembre 1936|p=3|url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,3/articleid,1623_02_1936_0291_0003_22480549/}}</ref> furono riportati a Bonaia e murati nel pilastrino del memoriale.<ref name=Aereimilitari.org/>


Nel febbraio 1939 il [[vicerè d'Etiopia]] [[Amedeo di Savoia-Aosta (1898-1942)|Amedeo d'Aosta]] e il ministro delle Colonie [[Attilio Teruzzi]] inaugurarono a Lechemti un imponente monumento ai caduti di Bonaia, commissionato da [[Rodolfo Graziani]] e portato a termine dal governatore [[Pietro Gazzera]].<ref name=Cinegiornale_B1463/>
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== Bibliografia ==
== Bibliografia ==
*{{cita libro|capitolo=Lechemti|titolo=Da Addis Abeba a Lechemti e Gambela|opera=Guida dell'Africa Orientale Italiana|editore=[[Consociazione Italiana Turistica]]|città=Milano|anno=1938|pp=502-503|url=http://www.petitesondes.net/Guida-AOI/Parte-8-pag-474-563.pdf|cid=Guida AOI}}
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*{{cita libro|cognome=Del Boca|nome=Angelo|titolo=Gli italiani in Africa Orientale - 3. La caduta dell'Impero|editore=Mondadori|città=Milano|anno=2014|isbn=9788852054969|url=https://books.google.it/books?id=T1vCBAAAQBAJ|cid=Del Boca}}
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*{{cita libro|cognome=Fraschetti|nome=Alessandro|titolo=La prima organizzazione dell'Aeronautica Militare in Italia 1884-1925|editore=Ufficio Storico dell'Aeronautica Militare|città=Roma|anno=1986|cid=Fraschetti 1986}}
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==Collegamenti esterni==
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Versione delle 21:59, 28 set 2017

Eccidio di Lechemti
parte Guerra d'Etiopia
Ricostruzione dell'eccidio
(Le Pèlerin, 26 luglio 1936)
Data26-27 giugno 1936
LuogoBandiera dell'Etiopia Lechemti
Causatentativo di corruzione del degiac Abdemariam
Esito
  • uccisione dei membri della spedizione italiana
  • ritardo dell'avanzata italiana verso l'Etiopia occidentale
Modifiche territorialinessuno
Schieramenti
Comandanti
Vincenzo Magliocco
Mario Calderini
Keflè Nasibù
Belai Haileab
Effettivi
15 uomini
2 Caproni Ca.133
1 IMAM Ro.37
300 cadetti della scuola militare di Oletta
50 eritrei
appartenenti ai Leoni neri
Perdite
12 morti
1 sopravvissuto
2 fuggiti
3 aerei distrutti
2 feriti
concessione di 13 MOVM
Voci di operazioni militari presenti su Wikipedia

L'eccidio di Lechemti[1] o eccidio di Bonàia[2] è stato un attacco compiuto il 27 giugno 1936 da un gruppo di guerriglieri etiopi nei confronti di una spedizione militare aerea italiana guidata dal generale Vincenzo Magliocco atterrata sull'aviosuperficie di Bonàia, situata a 27 km da Lechemti,[3] nell'Etiopia occidentale.[4]

L'obiettivo della missione militare era quello di tentare di corrompere per denaro il degiasmacc locale al fine di assoldare un esercito di mercenari che agevolasse la conquista italiana dell'Etiopia occidentale.

Tutti i membri italiani della missione (fra cui si ricorda l'asso dell'aviazione Antonio Locatelli celebrato da Gabriele D'Annunzio), in seguito decorati con la medaglia d'oro al valor militare, vennero uccisi da guerriglieri etipopi, tranne uno.

Contesto

Poco dopo l'occupazione di Addis Abeba avvenuta il 5 maggio 1936, il governo fascista avrebbe voluto annettere anche le zone dell'Etiopia sud-occidentale,[5] anche al fine di ostacolare la riorganizzazione della resistenza dell'esercito del Negus sconfitto.[4]

Dal momento che le abbondanti piogge avevano reso impraticabili le piste per raggiungere Lechemti, Graziani pensò di inviare una spedizione aerea a Lechemti che incontrasse il degiac Abdemariam, il quale sembrava poter essere facilmente corrotto e sottomesso. Infatti, già dal 1905 l'imprenditore piemontese Alberto Prasso aveva fondato una società mineraria lungo il fiume Birbir per l'estrazione di oro e platino nella zona del Uollegà, e alcuni missionari della Consolata avevano insediato una missione.[4]

Peraltro, già dall'11 giugno 1936 era giunto a Bonaia un gruppo di 350 arbegnuoc, composto da cadetti dell'accademia militare di Oletta[6] e 50 eritrei che avevano disertato il fronte italiano. La forza si stava muovendo verso ovest, guidata da Mathias Gamada e Bahru Kaba, originari della zona di Lechemti. Il degiasmacc Habte Mariam, governatore di Lechemti, avendo avuto notizia dei movimenti dei cadetti, inviò il fitaurari Mersha Gurre ad incontrarli: quando essi raggiunsero Lechemti dopo 4-5 ore di cammino da Bonaia, Habte Mariam li accolse con una grande festa nel suo palazzo e li alloggiò in tre grandi sale della scuola.[7]

Arrivo della missione aerea a Bonaia

L'aviosuperficie di Bonaia con i tre velivoli (cerchiati) ancora allineati

Il 26 giugno 1936 la spedizione di Magliocco decollò dal campo d'aviazione di Addis Abeba a bordo di due bombardieri Caproni Ca.133[8] e un ricognitore IMAM Ro.37,[8] facendo rotta verso ovest per Lekempti (circa 230 km in linea d'aria) con il compito di contattare alcuni capi locali e di assicurarne la fedeltà alla Corona italiana.[8] Portavano con sé 3 000 talleri di Maria Teresa d'argento con cui avrebbero assoldato un esercito per occupare la zona. Il primo velivolo era pilotato personalmente da Vincenzo Magliocco, mentre il secondo era al comando dell'aviatore Antonio Locatelli, già molto conosciuto all'epoca essendo stato insignito in precedenza di una medaglia d'oro al valor militare.[8]. A partire dalle ore 11:00 e ogni ora il generale Magliocco radiotelegrafò sulla regolarità del volo.[9]

La formazione aerea fu avvistata a Lechemti dall'infermiera svedese Karin Söderström, che aveva visto gli aerei italiani riflessi nello specchio del suo microscopio da laboratorio.[10] Gli italiani lanciarono giù un messaggio con la richiesta di incontro, sorvolando la residenza del degiac Abdemariam, il quale invitò i missionari svedesi (Erik e Gusti Söderström con la figlia, Karin Söderström, i coniugi Kågebo e Stina Sköld) a fuggire immediatamente: già il sabato mattina furono evacuati a Gimbi, per poi proseguire ancora più a ovest verso Gambela.[10]

Dopo essere atterrati a Bonaia[3] alle 13:00 su un prato lungo circa 500 metri[9][8] (a circa 27 km da Lechemti), i tre equipaggi italiani radiotelegrafarono ad Addis Abeba comunicando di essere atterrati e che la missione procedeva bene. Subito dopo l'atterraggio Padre Borello inviò una lettera all'amico fitaurari Mosaa, il quale fece giungere erso le 20:15 (ora dell'ultimo radiogramma inviato) a Bonaia il fitaurari Wolde Bajeena e l'ato Mekonnen Jambare come suoi delegati, insieme a scorte e a dodici soldati del degiac Abdemariam a difesa della spedizione.[9] I due delegati furono poi ospitati per la notte dal locale balabat, il fitaurari Muleta, mentre i due interpreti etiopi passarono la notte a casa di dell'operatore telefonico Mogossie. Sentendosi abbastanza al sicuro, il generale Magliocco fece perciò organizzare un accampamento di fortuna intorno ai tre velivoli, in attesa di incontrare Abdemariam il giorno dopo, posizionando però ad ogni evenienza anche due mitragliatrici.

Ricorrendo il giorno di San Rodolfo, Apte Mariàm offrì una cena sontuosa anche per festeggiare l'onomastico del generale Rodolfo Graziani.[11]

Attacco

Resti di uno degli aerei atterrati a Bonaia

I patrioti del Leone Nero tagliarono i cavi telefonici, chiedendo il permesso ad Habte Mariam di attaccare i militari italiani, ma il degiasmacc rifiutò per paura di gravi conseguenze. Ciononostante, gli arbegnuoc del Leone Nero guidati da Keflè Nasibù e Belai Haileab[12] partirono quella stessa notte per Bonaia, dove trovarono gli italiani che dormivano. Il colonnello Belay Haile ordinò alla sua truppa di avvicinarsi agli aerei e catturare vivi i nemici.[7]

Durante l'assalto della notte fra il 26 e 27 giugno[13] , gli italiani cominciarono a sparare con le mitragliatrici e a difendersi corpo a corpo. Alla fine vennero uccisi sul posto 11 italiani, mentre solo due furono i feriti del Leone Nero. I tre aerei vennero in seguito dati alle fiamme.

Il 1º aviere Alberto Agostino fu poi ritrovato in stato di choc in un campo di mais da alcuni galla abitanti del villaggio, che lo ferirono a un polmone con una lancia. Dopo alcuni giorni di cura (forse una settimana), Agostini venne rapito di notte dai cadetti quale prigioniero di guerra; tuttavia, in assenza di cure efficaci, morì dopo tre giorni.[11][14]

Durante[cosa?] vennero assaliti da un gruppo composto da circa 350 guerriglieri, di cui 300 cadetti della scuola militare di Oletta e 50 eritrei.[7]

Il tenente cappellano Marco Borello invece riuscì a scampare all'eccidio,[15] poiché pochi minuti prima dell'attacco si era allontanato. In seguito si rifugiò per tre mesi presso il fitaurari Mossa Ghigio di Conto,[6] i cui uomini difesero il prelato da un successivo tentativo di rapimento.[11]

Ricerca e soccorso

Resti di un aereo

I resti dei tre aerei furono avvistati il giorno successivo da un velivolo italiano, con a bordo il fotografo Baccari,[16] pilotato dal capitano Mario Bonzano, [17] il quale vide i tre aerei bruciati, i sacchi di viveri dispersi e intorno cadaveri di abissini. Bonzano fu in seguito insignito di una medaglia d'argento per essere stato uno dei primi ad atterrare a Lekemti.[18] Altri aerei furono inviati nei giorni seguenti, confermando quanto osservato. Solo il 5 luglio arrivò ad Addis Abeba, grazie ad una staffetta di otto indigeni, un messaggio di padre Borello con le prime sommarie notizie, in cui diceva di essersi rifugiato in casa del suo amico fitaurari insieme a un motorista, in seguito deceduto; pur ignorando le sorte dei compagni di missione, ne ipotizzava la quasi certa morte.

Il 27 settembre 1936 riuscì ad atterrare a Bonaia una pattuglia di IMAM RO.37 guidata dal colonnello Umberto Baistrocchi.[19]

Il successivo 11 ottobre, dopo che Hapte Mariam aveva sottoscritto tre giorni prima la sua fedeltà all'Italia innalzando il tricolore sul suo palazzo, atterrarono due aeromobili che trasportavano apparecchiature radio: il tenente pilota ingegnere Mario Faccioli e i due radiotelegrafisti Bruno Spadaio (aviere scelto della 103° squadriglia) ed Elpidio Benetti (110° squadriglia) rimasero per montare una stazione radio e realizzare un'aviosuperficie che consentisse l'atterraggio di più aerei.[20] In soli tre giorni, sfruttando la manodopera indigena, Faccioli riuscì a preparare il campo di atterraggio, ottenendo per questo la quarta delle sue cinque medaglie d'argento al valor militare.[21] Al ritorno in Italia, Mario Faccioli portò alla madre di Locatelli l'elica d'aereo del figlio e una manciata di terra di Bonaia.[20]

Il 14 ottobre atterrarono nove aerei con 13 ufficiali e 33 soldati guidati dal colonnello A. Marone; la missione fu ricevuta dal degiasmacc Habte Maryam (che giurò fedeltà al Regno d'Italia) e dal fitaurari Mossa e iniziò ad organizzare una difesa a Lechemti.

Le truppe terrestri del colonnello Giuseppe Malta arrivarono a Lechemti il 24 ottobre, dopo 12 giorni di marcia da Addis Abeba.

Membri della spedizione

Il memoriale dei caduti a Bonaia
Caduti
  1. Vincenzo Magliocco, generale di brigata aerea[22]
  2. Mario Calderini, colonnello di stato maggiore[23]
  3. Antonio Locatelli, maggiore pilota[24]
  4. Mario Galli, capitano pilota[25]
  5. Antonio Drammis dei Drammis, capitano osservatore[26]
  6. Gabelli Luigi, tenente pilota[27]
  7. Giorgio Bombonati, maresciallo pilota[28]
  8. Renato Ciprari, sergente radiotelegrafista[29]
  9. William D'Altri, 1° aviere motorista[30]
  10. Alberto Agostini, 1° aviere motorista[31]
  11. Giulio Malenza, aviere scelto radiotelegrafista[32]
  12. Adolfo Prasso, ingegnere (civile)[33]
Sopravvissuti
  1. Don Mario Borello, tenente cappellano[34]
  2. Degiasmacc Dereje Mekonnen, interprete[35]
  3. Ato Adera, interprete[35]

Reazioni

Il monumento a Bonaia

Il massacro di Lekempti rappresentò una battuta d'arresto per il prestigio dell'avanzata italiana e ritardò di tre mesi (da giugno a settembre) la conquista dell'Etiopia sudoccidentale.[36]

La notizia dell'eccidio creò una grande commozione, simile all'eccidio del cantiere Gondrand avvenuto a Mai Lahlà.[37] Gabriele D'Annunzio, grande amico di Antonio Locatelli, gli dedicò un lungo epitaffio dove promise di volerne accogliere le spoglie presso il Vittoriale.

Il 3 luglio il ministro Ciano annunciò di voler effettuare un bombardamento per rappresaglia, ma sul punto le fonti discordano. Secondo Angelo Del Boca la rappresaglia non ebbe luogo, dal momento che la Società delle Nazioni revocò il 4 luglio le sanzioni economiche all'Italia e il 6 luglio Mussolini disse a Graziani che la sottomissione dell'Etiopia occidentale non era più così urgente.[37]. Fonti etiopi[38] e svedesi riportano invece che il 5 luglio 1936 l'aviazione italiana colpì pesantemente con 19 bombe e mitragliatrici il complesso scolastico appena inaugurato dai missionari svedesi[10][39][40] La notizia della rappreseglia è confermata da Vittorio Dan Segre[41], il quale riferisce che "la ritorsione fu talmente cruenta da innescare l'attività resistenziale etiopica".[42] La notizia di "azioni di rappresaglia in massa, sui predoni e sugli abitati dove si erano rifugiati" appare sul quotidiano La Stampa del 9 luglio.[43] La mattina del 10 luglio il Duce inviò alla famiglia Locatelli il seguente telegramma:

«Antonio Locatelli era per me una delle anime più pure ed intrepide del Fascismo, un soldato, un Eroe nel significato più classico e nostro della parola. Potete immaginare quanto mi abbia rattristato la sua gloriosa morte al servizio della Patria. Egli sarà onorato e vendicato. MUSSOLINI»

Ricordo

Carcassa di un aereo all'inizio degli anni 1940

Tutti i membri della missione furono insigniti della medaglia d'oro al valor militare. Adolfo Prasso costituisce l'unico esempio noto di un civile meticcio ad aver ricevuto tale altissima onorificenza durante la campagna d'Etiopia.

Poco dopo l'eccidio, l'alpino Federico Bruseghini riuscì a recuperare quattro frammenti dell'aereo di Antonio Locatelli: tali cimeli sono oggi conservati ed esposti presso il Museo storico italiano della guerra a Rovereto, in provincia di Trento.[45]

Alla fine degli anni 1930 venne eretto un cippo[46][47] con i nomi delle vittime incisi su una lamiera vicino alla carcassa dell'aereo mediano.[3] I pochi resti dei caduti, recuperati nel dicembre 1936 da don Borello e in un primo momento portati ad Addis Abeba,[48] furono riportati a Bonaia e murati nel pilastrino del memoriale.[11]

Nel febbraio 1939 il vicerè d'Etiopia Amedeo d'Aosta e il ministro delle Colonie Attilio Teruzzi inaugurarono a Lechemti un imponente monumento ai caduti di Bonaia, commissionato da Rodolfo Graziani e portato a termine dal governatore Pietro Gazzera.[2]

Negli anni '60 venne ipotizzato il recupero dei blocchi motore degli aerei che sarebbero dovuti finire al Museo storico dell'Aeronautica Militare a Vigna di Valle, ma la situazione politica dell'epoca non lo consentì.[46]

I resti degli aerei e il memoriale sono andati distrutti.

Note

  1. ^ Scritto anche Lekemti o Lekempti
  2. ^ a b Filmato audio Inaugurazione del monumento ai caduti di Bonaia (Giornale Luce B1463), su YouTube, Istituto LUCE, 15 febbraio 1939. URL consultato il 26 settembre 2017.
  3. ^ a b c Guida AOI, p. 502
  4. ^ a b c Alberto Baldini, Lechemti, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1938. URL consultato il 24 settembre 2017.
  5. ^ Del Boca, p.31
  6. ^ a b Guida AOI, p. 503
  7. ^ a b c Tesema Ta'a
  8. ^ a b c d e Lioy 1965, p. 162.
  9. ^ a b c Come è stato compiuto l'eccidio della Missione a Lekemti, 11 luglio 1936.
  10. ^ a b c Hofgren
  11. ^ a b c d L'eccidio di Bonaia, su Forum di Aereimilitari.org. URL consultato il 24 settembre 2017 (archiviato il 2017-0-24).
  12. ^ Angelo Del Boca, Gli italiani in Africa orientale, III, p. 31.
  13. ^ Ufficio Storico dell'Aeronautica Militare 1969, p. 50.
  14. ^ L'Aviazione - grande enciclopedia illustrata, XV, Novara, Istituto Geografico De Agostini, 1986, p. 134.
  15. ^ Lioy 1965, p. 163
  16. ^ Come è stato compiuto l'eccidio della Missione a Lekemti, in La Stampa, 11 luglio 1936.
  17. ^ Ovidio Ferrante, Lekemti: la Kindu della Regia Aeronautica, in Rivista Militare, Roma, Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare, febbraio-marzo 2006, p. 86.
  18. ^ Motivazione della MAVM: «Comandante di squadriglia da incursione veloce, durante lungo ciclo operativo dava prova di costante perizia, ardire e coraggio. Portava con la propria squadriglia un largo contributo al successo, atterrando fra i primi sul campo di Lekemti in condizioni particolarmente difficili e affrontando con sereno sprezzo del pericolo incerto contegno degli indigeni del luogo. Cielo dell'A.O., giugno-dicembre 1936.»
  19. ^ Come si è occupata Lekemti, in La Stampa, 27 ottobre 1936, p. 1.
  20. ^ a b Napoleone Moltrasio, Sulle orme di Locatelli: un pilota bergamasco, Mario Faccioli guidò il secondo sbarco a Lekemti, in Giornale di Bergamo, 4 luglio 1966. Citato in Giorgio Mazzoleni, Mario Faccioli, eroe del cielo, su facciolimario.blogspot.it, 15 agosto 2011 (archiviato il 25 settembre 2017).
  21. ^ Motivazione della MAVM dell'ottobre 1936: In soli tre giorni, sfruttando sagacemente la manodopera indigena, preparava il campo in modo da consentire lo svolgimento delle brillanti azioni di sbarco dei nostri reparti, contribuendo efficacemente all'occupazione dell'Ovest dell'Impero. Le sue elette doti di trascinatore entusiasta.
  22. ^ MAGLIOCCO Vincenzo, su Presidenza della Repubblica.
  23. ^ CALDERINI Mario, su Presidenza della Repubblica.
  24. ^ LOCATELLI Antonio, su Presidenza della Repubblica.
  25. ^ GALLI Mario, su Presidenza della Repubblica.
  26. ^ DRAMMIS dei DRAMMIS Antonio, su Presidenza della Repubblica.
  27. ^ GABELLI Luigi, su Presidenza della Repubblica.
  28. ^ BOMBONATI Giorgio, su Presidenza della Repubblica.
  29. ^ CIPRARI Renato, su Presidenza della Repubblica.
  30. ^ D'ALTRI William, su Presidenza della Repubblica.
  31. ^ AGOSTINI Alberto, su Presidenza della Repubblica.
  32. ^ GALLI Mario, su Presidenza della Repubblica.
  33. ^ PRASSO Adolfo, su Presidenza della Repubblica.
  34. ^ BORELLO Don Mario, su Presidenza della Repubblica.
  35. ^ a b (EN) Bernhard Lindahl, Local history of Ethiopia (PDF).
  36. ^ Sbacchi (1997), p, 167-168
  37. ^ a b Del Boca
  38. ^ Aregawi Berhe, Spirit vs. War machine: A Patriotic Resistance to Italian Occupation of Ethiopia (1936-1941) (PDF), su Ethiopian Observer. URL consultato il 26 settembre 2017.
  39. ^ (EN) J.H. Spencer, Ethiopia at bay, USA, 1984, p. 81.
  40. ^ (EN) Bernhard Lindahl, Nekemte, in Local history in Ethiopia, 2005.
  41. ^ Vittorio Dan Segre, La guerra privata del tenente Guillet, Corbaccio, 1993, ISBN 978-88-7972-026-7.
  42. ^ Andrea Poggiali, I segni della guerra: lapidi e monumenti, in Provincia di Ferrara, ai caduti italiani nel XX secolo (PDF), con la collaborazione di Maria Edoarda Fava, I, Ravenna, Claudio Nanni Editore, p. 114.
  43. ^ Una missione italiana massacrata dai banditi di Lekemti, in La Stampa, 9 luglio 1936.
  44. ^ Un telegramma di Mussolini per la morte di Locatelli, in La Stampa, 11 luglio 1936.
  45. ^ Lekemti - 27 giugno 1936, L'elmetto coloniale della Medaglia dOro al Valore Militare Drammis Antonio, su Miles Forum Italiano dei collezionisti di militaria.
  46. ^ a b Massimo Zamorani, Morte a Lekemti, in Rivista Aeronautica, n. 1, aprile 2011, pp. 100-103.
  47. ^ GAVS, su gavs.it. URL consultato il 16 aprile 2009 (archiviato dall'url originale il 4 maggio 2007).
  48. ^ Attilio Crepa, A Lekemtì con Padre Borello: Due ore di volo sull'Ovest etiopico, in Reliquie di Eroi, La Stampa, 7 dicembre 1936, p. 3.

Bibliografia

  • Lechemti (PDF), in Da Addis Abeba a Lechemti e Gambela, collana Guida dell'Africa Orientale Italiana, Milano, Consociazione Italiana Turistica, 1938, pp. 502-503.
  • Angelo Del Boca, Gli italiani in Africa Orientale - 3. La caduta dell'Impero, Milano, Mondadori, 2014, ISBN 978-88-520-5496-9.
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