Ca' Dario

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Ca' Dario
Il prospetto principale di Ca’ Dario affacciato sul Canal Grande
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
LocalitàVenezia
IndirizzoSestiere Dorsoduro 352
Coordinate45°25′51.04″N 12°19′56.02″E
Coordinate: 45°25′51.04″N 12°19′56.02″E
Informazioni generali
CondizioniChiuso al pubblico
Costruzione1479-1487
Realizzazione
ArchitettoPietro Lombardo

«Una vecchia cortigiana piegata sotto il peso dei suoi monili»

Ca’ Dario è un palazzo di Venezia, situato al civico 352 nel sestiere di Dorsoduro, che si affaccia direttamente sul Canal Grande.

L’edificio è tra i più famosi del centro storico nonché noto per la presunta maledizione che graverebbe su di esso. Secondo la leggenda, infatti, i suoi proprietari sarebbero destinati alla rovina economica o a morire di morte violenta.[2]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Ca’ Dario in un’incisione settecentesca

L’edificio venne commissionato nel 1478 da Giovanni Dario all’architetto Pietro Lombardo, già autore della coeva Chiesa di Santa Maria dei Miracoli. Giovanni Dario era un agiato mercante di origini dalmate,[3] che svolgeva importanti mansioni apicali per la Serenissima Repubblica di Venezia, come notaio della Cancelleria Ducale e poi come Segretario Ducale, tanto da guadagnarsi l’appellativo di "salvatore della patria" dopo che, nel 1479, riuscì a negoziare un importante accordo di pace con i turchi.[4] Nel 1479 questo palazzo affacciato sul Canal Grande figurò come dote nuziale per la sua unica figlia Marietta, promessa sposa di Vincenzo Barbaro, un ricco mercante di spezie proprietario dell’omonimo palazzo nel vicino Campo San Vio[5] Alla morte di Giovanni Dario avvenuta nel 1494, il palazzo venne interamente ereditato da sua figlia Marietta che però morì giovane, lasciando il palazzo al marito Vincenzo Barbaro. La famiglia Barbaro fu proprietaria del palazzo assai a lungo e Ca’ Dario fu spesso descritta nelle cronache storiche come uno dei palazzi più caratteristici di Venezia, spesso paragonato alla Ca’ d’Oro.

All’inizio del XIX secolo, l’edificio risultava ancora di proprietà di Alessandro Barbaro (1764-1839), ultimo discendente e membro del Consiglio dei Dieci della Repubblica di Venezia, nonché consigliere del Tribunale Supremo di Verona. Egli vendette Ca’ Dario dopo oltre tre secoli di appartenenza alla propria famiglia, dando inizio a numerosi passaggi di proprietà che si susseguirono nel tempo.

Il nuovo acquirente fu Arbit Abdoll, un ricco commerciante armeno di pietre preziose,[6] che però nel 1838 fu costretto a vendere l’edificio allo studioso inglese Rawdon Brown, il quale, a sua volta, lo rivendette quattro anni dopo senza aver completato i suoi costosi lavori di restauro.

Ca’ Dario venne dunque acquistata da un conte ungherese ma nuovamente rivenduta a un ricco irlandese di nome Marshall, che a sua volta la vendette nel 1896 alla contessa francese Isabelle Gontran de la Baume-Pluvinel, che la fece restaurare e vi si stabilì, con la sua amica Augustine Bulteau. Nel medesimo periodo a Ca’ Dario soggiornò a lungo il poeta francese Henri de Régnier, invitato dalla stessa contessa, finché una sua grave malattia costrinse entrambi ad abbandonare Venezia.

Ca’ Dario dipinta da Monet

La particolare ed enigmatica bellezza dell’edificio suscitò l’interesse di molti artisti, scrittori e storici nel corso del tempo, tra cui Gabriele D’Annunzio e John Ruskin, che ne descrisse le decorazioni marmoree con dovizia di particolari;[7] mentre nel 1908 Claude Monet scelse Ca’ Dario come soggetto per una serie di suoi dipinti tipicamente impressionisti, realizzati tutti dalla stessa prospettiva ma con condizioni di luce diverse.[8]

Nel primo dopoguerra Ca’ Dario fu acquistata da Charles Briggs, un miliardario americano, che tuttavia la vendette dopo un breve periodo, lasciando per sempre Venezia. Dopo un lungo periodo di semiabbandono, nel 1964 l’acquisto fu proposto al tenore Mario Del Monaco, che tuttavia declinò l’offerta.[9]

Nel 1968 Ca’ Dario venne acquistata all’asta dal ricco nobile torinese Filippo Giordano delle Lanze, antiquario di grande fama, il quale fu assassinato la sera del 19 luglio 1970 nella sua camera da letto al primo piano del palazzo da un giovane marinaio croato di nome Raoul Blasich, con il quale intratteneva una relazione omosessuale.

Il palazzo venne poi acquistato nel 1976 da Christopher "Kit" Lambert, manager del celebre complesso rock britannico The Who, innamoratosi del suo aspetto romantico e malinconico. Egli, affascinato da questo edificio, si occupò di un ulteriore e importante restauro nel 1977, dove per l’arredo degli interni fu incaricato Giorgio Pes, arredatore del film Il Gattopardo.[10] Tuttavia nel 1978 Kit Lambert vendette Ca’ Dario a un uomo d’affari veneziano, Fabrizio Ferrari,[11] che vi si trasferì con la sorella Nicoletta.

Alla fine degli anni ottanta Ca’ Dario venne acquistata dal celebre imprenditore e finanziere Raul Gardini, intenzionato a farne dono alla figlia Elisabetta. Alla morte di Raul Gardini, suicidatosi nel 1993, il palazzo restò a lungo senza un acquirente ma venne affittato saltuariamente a facoltosi inquilini. Nel 1996 il regista e attore americano Woody Allen dimostrò interesse per l’acquisto dell’edificio, ma infine desistette.[12]

Nel 2006 Ca’ Dario è stata acquistata da una società americana in rappresentanza di un acquirente ignoto[13][14] e vi sono stati svolti lunghi lavori di restauro a carico di una società immobiliare lodigiana.[15]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il retro di Ca’ Dario visto da Campiello Barbaro

Esterno[modifica | modifica wikitesto]

L’edificio si contraddistingue per il suo slanciato e asimmetrico prospetto principale affacciato sul Canal Grande, contraddistinto da una larghezza limitata di circa 10 metri e da una lieve pendenza su un fianco a causa di un assestamento strutturale delle fondazioni. La facciata presenta loggiati con archi a tutto sesto ed elementi di chiara matrice rinascimentale come i numerosi medaglioni circolari, in netto contrasto con l’architettura di altri edifici analoghi che mantengono lo stile gotico, all’epoca ancora assai diffuso a Venezia. Il prospetto principale è completamente decorato con marmi policromi e pietra d’Istria, il piano terra presenta due monofore e un portale a filo d’acqua, mentre ciascuno dei piani superiori è illuminato da una quadrifora e da una monofora. Gli svariati camini, in tipico stile veneziano, sono fra i pochi esemplari conservati e originali dell’epoca sopravvissuti fino ad oggi. La balconata neogotica venne aggiunta nel XIX secolo.

Alla base dell’edificio è presente l’iscrizione VRBIS GENIO IOANNES DARIVS (in latino: "Giovanni Dario, in onore del genio della città").

Interno[modifica | modifica wikitesto]

Internamente l’edificio è contraddistinto da un ampio atrio con una vera da pozzo in marmo, da una scala marmorea finemente decorata che conduce ai piani nobili e da una fontana interna di ispirazione orientale collocata in una stanza che ricalca lo stile moresco nella decorazione e nella forma delle finestre.

Il prospetto posteriore affacciato su Campiello Barbaro ha un aspetto chiaramente gotico, seppur fortemente rimaneggiato e appare assai movimentato, dove la caratteristica tinta rossa rende omogeneo un insieme di camini, altane, la loggia sommitale e un’ampia trifora con archi a sesto acuto trilobati in stile moresco.

La presunta maledizione[modifica | modifica wikitesto]

La bellezza architettonica di Ca’ Dario contrasta con la sua fama di "palazzo maledetto", nomea rilanciata da un articolo del Gazzettino degli anni ottanta del Novecento, che volle attribuire una tragica fine a molti dei suoi proprietari, secondo il quale sarebbero stati destinati alla rovina economica o a morire di morte violenta.[16] Questa leggenda, seppur priva di adeguati riscontri storici,[16] avrebbe le sue origini lontano nel tempo, ovvero quando Marietta, la figlia di Giovanni Dario, morì suicida nel Canal Grande a seguito del tracollo finanziario del marito Vincenzo Barbaro, che fu poi ucciso da un accoltellamento, mentre il loro unico figlio Giacomo morì in un analogo agguato a Candia, nell’isola di Creta. Secondo la leggenda riportata in vita dal Gazzettino, queste tre presunte morti ravvicinate fecero scalpore fra i veneziani del tempo, che addirittura anagrammarono l’iscrizione posta sulla facciata, trasformandola da VRBIS GENIO IOANNES DARIVS a SVB RVINA INSIDIOSA GENERO (in latino: "Io genero sotto un’insidiosa rovina") e accrebbero la dicerìa comune sulla presunta maledizione dell’edificio stesso, che pare abbia mietuto molte probabili vittime.[3]

  • Arbit Abdoll, il commerciante armeno di pietre preziose discendenti che acquistò l’edificio dalla famiglia Barbaro, dichiarò bancarotta poco tempo dopo aver preso possesso della dimora.[17] Lo stesso Arbit Abdoll nel 1838 fu costretto a vendere Ca’ Dario per 480 sterline all’inglese Rawdon Brown.
  • Rawdon Brown lo rivendette quattro anni più tardi data la mancanza di denaro per completare la sua ristrutturazione.[18] L’edificio venne poi acquistato da un conte ungherese e poi rivenduto a un ricco irlandese, tale signor Marshall, per essere comprato nel 1896 dalla contessa Isabelle Gontran de la Baume-Pluvinel.
  • Isabelle Gontran de la Baume-Pluvinel elesse Ca’ Dario a sua dimora, la fece restaurare e vi si stabilì con la sua amica Augustine Bulteau, fino a quando una grave malattia la costrinse ad abbandonare per sempre Venezia.[19]
  • Charles Briggs, il miliardario americano che nel primo dopoguerra acquistò Ca’ Dario, la vendette dopo un breve periodo poiché costretto a fuggire da Venezia a causa delle accuse sulla propria omosessualità. Egli si rifugiò in Messico, dove si suicidò insieme al suo amante.[19]
  • Filippo Giordano delle Lanze fu forse l’unica persona a morire assassinato all’interno di Ca’ Dario, colpito alla testa da un pesante vaso d’argento scagliatogli con forza dal suo amante croato Raoul Blasich. L’omicidio fece assai scalpore e contribuì fortemente alla leggenda della presunta maledizione, inoltre pare che l’assassino, condannato in primo grado per l’omicidio, fuggì a Londra, dove fece perdere le proprie tracce ma, secondo una versione della stampa britannica, venne a sua volta assassinato.[20]
  • Kit Lambert|Christopher "Kit" Lambert, manager del complesso rock The Who che acquistò l’edificio nel 1973, pur sostenendo di non credere alla presunta maledizione, confidò ad alcuni suoi amici di aver dormito svariate volte nel chiosco dei gondolieri del vicino Hotel Gritti per «sfuggire ai fantasmi che nel palazzo lo perseguitavano».[2] In questo edificio la sua dipendenza dagli stupefacenti si aggravò a tal punto da minare, nel 1974, i suoi rapporti con la band,[21] da causare il suo arresto per detenzione di droga[22] e da favorire il suo tracollo finanziario fino alla sua morte, avvenuta in Gran Bretagna per una caduta accidentale in casa propria.[23]
  • Fabrizio Ferrari, il successivo proprietario, dopo poco tempo dall’acquisto di Ca’ Dario fu coinvolto in un rovinoso crack finanziario[1] e venne anche arrestato con l’accusa di aver picchiato una modella.[11] Inoltre la sorella Nicoletta morì in un misterioso incidente stradale senza testimoni.[24][25]
  • Raul Gardini, il celebre finanziere che alla fine degli anni ottanta acquistò il palazzo, subì una serie di tracolli economici e infine il suo coinvolgimento nello scandalo mani pulite lo indusse probabilmente al suicidio a Milano nel 1993, seppur le circostanze della sua morte non siano mai state del tutto chiarite.[1][26] Dopo la morte di Gardini la dicerìa della presunta maledizione tornò prepotentemente e nessun acquirente volle più comprare Ca’ Dario, al punto che la prima società di intermediazione immobiliare che ricevette il mandato per la vendita si arrese e rimise l’incarico.[19]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Claudio Pasqualetto, Quel maledetto giorno in cui Raul comprò Ca' Dario, in Il Corriere, 24 luglio 1993. URL consultato il 18 novembre 2012 (archiviato dall'url originale il 2 maggio 2012).
  2. ^ a b Gardini, la maledizione di Ca' Dario colpisce ancora, su adnkronos.com. URL consultato il 19 novembre 2013.
  3. ^ a b Luoghi particolari e misteri di Venezia, su veneziasi.it. URL consultato il 27 luglio 2011 (archiviato dall'url originale il 17 agosto 2011).
  4. ^ Palazzo Dario, su venezia.travel. URL consultato il 27 luglio 2011 (archiviato dall'url originale il 3 luglio 2018).
  5. ^ Le morti inspiegabili di Palazzo Dario, su minube.it. URL consultato il 27 luglio 2011.
  6. ^ Ca' Dario, tra fascino e mistero, su viaggioadagio.it. URL consultato il 27 luglio 2011 (archiviato dall'url originale il 5 marzo 2016).
  7. ^ La maledizione di Ca’ Dario, su venezia.net. URL consultato il 27 luglio 2011 (archiviato dall'url originale il 26 gennaio 2012).
  8. ^ World Paintings, su worldpaintings.tumblr.com. URL consultato il 27 luglio 2011.
  9. ^ Macché ucciso dalla jella veneziana, Mario Del Monaco morì per la dialisi, in Il Mattino di Padova, 23 aprile 2005.
  10. ^ È morto Pes, arredò Palazzo Grazioli, in Il Corriere, 22 luglio 2010. URL consultato il 19 novembre 2013.
  11. ^ a b Renzo Mazzaro, Le vacanze di Berlusconi ospite di Fabrizio Ferrari il mestrino della Dolce vita, in La Nuova di Venezia, 15 agosto 2010. URL consultato il 18 novembre 2013.
  12. ^ a b Damien Simonis, Venezia, guida alla città, 2008, EDT Edizioni, Torino, pag. 78 (consultabile qui).
  13. ^ (EN) Venice's Haunted Palazzo Is Sold: Grisly Tales Hold No Fear For American, su armeniandiaspora.com. URL consultato il 19 novembre 2013 (archiviato dall'url originale il 12 dicembre 2013).
  14. ^ (EN) Dario Palace, su venice.jc-r.net. URL consultato il 19 novembre 2013.
  15. ^ Su una impalcatura affacciata sul lato del Canal Grande si leggeva che la proprietà era di un gruppo immobiliare del lodigiano; inoltre vi erano sono tutti i riferimenti del cantiere, ma non di quando sarebbero stati ultimati i lavori.
  16. ^ a b Di Matteo Rubboli e Davide Busato, Ca’ Dario: la (vera) Storia del (falso) Palazzo Maledetto di Venezia, in Vanilla Magazine, aprile 2023.
  17. ^ Fabrizio Falconi, I monumenti esoterici d'Italia, Newton Compton Editori, p. 24. URL consultato il 19 novembre 2013.
  18. ^ Fabrizio Falconi, I monumenti esoterici d'Italia, Newton Compton Editori, p. 24. URL consultato il 19 novembre 2013.
  19. ^ a b c Venezia e Ca' Dario, una dimora "maledetta", su www2.regione.veneto.it. URL consultato il 27 luglio 2011 (archiviato dall'url originale il 23 ottobre 2013).
  20. ^ L'omicidio di Filippo Giordano delle Lanze, su cronaca-nera.it. URL consultato il 5 novembre 2013.
  21. ^ (EN) Christopher Sebastian "Kit" Lambert, su findagrave.com. URL consultato il 5 novembre 2013.
  22. ^ (EN) Lambert - Biography, su reachinformation.com. URL consultato il 5 novembre 2013 (archiviato dall'url originale il 3 dicembre 2013).
  23. ^ (EN) Cary Elwes to Direct Biopic About The Who Manager, su hollywoodreporter.com. URL consultato il 5 novembre 2013.
  24. ^ Roberto Bianchin, Morta Nicoletta Ferrari, giallo nel jet-set veneziano, in La Repubblica, 29 settembre 1987, p. 19. URL consultato il 19 novembre 2013.
  25. ^ Giorgio Cecchetti, Ma dove fuggiva Nicoletta Ferrari?, in La Repubblica, 30 ottobre 1987, p. 15. URL consultato il 19 novembre 2013.
  26. ^ Brusegan, p. 107.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Marcello Brusegan, I Palazzi di Venezia, Roma, Newton & Compton, 2007, ISBN 978-88-541-0820-2.
  • Francesco Peratello, Gli spiriti di Ca' Dario, Viterbo, Albatros, 2012.
  • Vittorio Sgarbi-Puppi Lionello, Ca' Dario, Fontanellato, Franco Maria Ricci, 1984.

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