Utente:Stonewall/Sandbox4

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Carri M48 del 40° Reggimento corazzato americano al Checkpoint Charlie il 28 ottobre 1961
Carri T-55 del 68° Reggimento carri della Guardia sovietico al Checkpoint Charlie il 28 ottobre 1961

Guerra fredda[modifica | modifica wikitesto]

Antefatti[modifica | modifica wikitesto]

Stabilire il punto di inizio effettivo della Guerra fredda rimane un argomento ampiamente discusso tra gli storici tra i quali persistono valutazioni ampiamente discordanti. Mentre la maggior parte degli autori identificano la sua origine dagli avvenimenti verificatesi subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale, altri studiosi affermano che in realtà la Guerra fredda ebbe virtualmente inizio fin dalla Rivoluzione d'ottobre in Russia del 1917 con la conseguente presa del potere sulla maggior parte del vecchio Impero degli Zar, di Lenin e del partito bolscevico[1]

Alcuni studiosi ritengono addirittura che il contrasto tra gli Stati Uniti e la Russia fosse inevitabile indipendentemente dal tipo di organizzazione politica istituita sui territori dell'Impero degli Zar; secondo questa interpretazione fin dall'inizio del 1900 teorici anglosassoni, in particolare Halford Mackinder, avevano individuato il pericolo del predominio della Heartland ("cuore della terra" o "regione perno") slavo-orientale che avrebbe potuto, in alleanza o dopo la sottomissione della regione centrale tedesca, assumere il predominio della Worldland (l'isola euro-asiatica) e quindi del mondo intero[2]. Era quindi essenziale per le potenze della cosiddetta Outer crescent ("mezzaluna esterna": Gran Bretagna, Stati Uniti, Sudafrica, Australia, Giappone) costituire linee di sbarramento esterne per impedire la costituzione dell'isola euroasiatica[3].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ J. L. Gaddis, Russia, the Soviet Union and the United States , p. 57.
  2. ^ J. L. Harper, La Guerra fredda, pp. 35-36.
  3. ^ J. L. Harper, La Guerra fredda, p. 36.
16ª Divisione della Vojvodina
Šesnaesta vojvođanska divizija
Partigiani della 16ª Divisione della Vojvodina entrano a Voćin, nell'aprile 1945
Descrizione generale
Attiva1943-1945
Nazione Jugoslavia
ServizioEsercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia
Tipodivisione
Guarnigione/QGBosnia orientale (area di costituzione iniziale)
Battaglie/guerrePrima battaglia di Tuzla
Operazione Rübezahl
Offensiva di Belgrado
Fronte dello Srem
Operazioni finali di liberazione della Jugoslavia
Comandanti
Degni di notaDanilo Lekić
fonti citate nel corpo del testo
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La 16ª Divisione della Vojvodina, in serbo-croato Šesnaesta vojvođanska divizija, in cirillico Шеснаеста војвођанска дивизија, è stata una formazione militare dell'Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia che venne costituita il 2 luglio 1943 in Bosnia orientale con partigiani serbi provenienti principalmente dalla Vojvodina e dalla Bačka.

La grande unità si distinse in molti combattimenti sul Fronte jugoslavo della seconda guerra mondiale; prese parte alle violente battaglie in Bosnia e Serbia del 1944 e partecipò alla campagna finale di liberazione della Jugoslavia della primavera 1945.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La divisione venne formata su ordine del Comando supremo partigiano il 2 luglio 1943, nella Bosnia orientale dove erano riparate le forze superstiti del Gruppo operativo principale dell'Esercito popolare dopo la tragica battaglia della Sutjeska. La nuova formazione, comandanta dall'esperto partigiano montenegrino Danilo Lekić, venne costituita originariamente con la 1ª Brigata, la 2ª Brigata e la 3ª Brigata della Vojvodina, mentre in ottobre entrò a far parte del reparto la 4ª Brigata e a novembre anche la 5ª Brigata della Vojvodina. Nel marzo 1944 la composizione della 16ª Divisione cambiò e la 3ª e la 5ª Brigata furono rimosse dall'ordine di battaglia; nell'ultimo periodo della guerra la divisione venne invece rinforzata con l'aggiunta di una brigata d'artiglieria il 18 novembre 1944 e della 15ª Brigata della Vojvodina dal 1 gennaio 1945. Gli effettivi partigiani aumentarono da 1.550 combattenti iniziali, a 6.123 a fine novembre 1943, fino a 8.598 partigiani nel febbraio 1945.

La 16ª Divisione della Vojvodina, rimase fino al 1 luglio 1944 sotto il comando del Quartier generale partigiano della Vojvodina, mentre da luglio 1944 al 1 gennaio 1945 venne messa a disposizione del XII Korpus; dopo questo periodo e fino alla fine della guerra di liberazione combattè agli ordini della 3ª Armata jugoslava.

La nuova unità entrò in combattimento fin dalle fasi finali della Quinta offensiva anti-partigiana che aveva costretto il nucleo principale delle forze di Tito alla ritirata in Bosnia orientale; la 16ª Divisione attaccò per supportare la 1ª Divisione proletaria che guidava le formazioni partigiane sfuggire all'accerchiamento nemico e pesanti combattimenti infuriarono contro le truppe tedesche, ustaša e domobrane lungo la via di comunicazione Zvornik-Tuzla. Il 5 luglio 1943 le unità della 16ª Divisione raggiunse il primo successo sconfiggendo insieme alla 1ª Brigata proletaria, un battaglione della 369ª Divisione tedesco-croata e alcuni reparti ustaša; i partigiani liberarono Zvornik.

I combattimenti continuarono durante tutta l'estate: la notte del 30-31 luglio la 1ª Brigata della divisione della Vojvodina insieme al distaccamento di Majevica, distrussero un gruppo di cetnici, mentre la notte del 7-8 agosto occuparono Janja; il 9 agosto la 16ª Divisione conquistò di sorpresa Bijeljina dove rimase fino al 16 agosto prima di lasciare la città. Durante la notte del 10-11 settembre due brigate della divisione sconfissero dopo un aspro combattimento alcuni reparti ustaša ed entrarono a Vlasenica. La guerra partigiana continuava con esiti alterni nelle stesse regioni; la 16ª Divisione della Vojvodina il 14-15 settembre entrò a Caparde, il 24 settembre rientrò temporaneamente a Bijeljina e il 29 settembre di nuovo a Zvornik.

Ai primi di ottobre 1943 la 16ª Divisione partecipò alla liberazione delle cittadine di Puračići e Lukavca, respinse il nemico proveniente dalla direzione di Doboj e lo inseguì verso Gracanica; subito dopo i partigiani tornarono a Semberija e Posavina, mentre il 19 ottobre si concluse con un fallimento l'attacco al presidio ustaša di Brčko. Nel mese di novembre due brigate della divisione respinsero con successo una serie di attacchi della 187ª Divisione tedesca da Brčko, Gracanica, Tuzla e Bijeljina. Il 15 novembre i partigiani, dopo pesanti combattimenti, costirnsero il nemico a ripeigare su Brcko, quindi rastrellarono la Majevica eliminando le bande di cetnici; nella notte del 20-21 novembre la 1ª brigata della Vojvodina raggiunse la regione dello Srem e attaccò Grgurevci prima di ritornare in Bosnia.

Nel dicembre del 1943 la divisione continuò a combattere nella zona di Gracanica; il 15-16 dicembre attaccò la guarnigione croata e occupò temporaneamente la posizione, quindi affrontò duri scontri contro potenti forze tedesche a Majevica e Semberija. Dal 17 a 20 gennaio 1944 prese parte, insieme alle unità partigiane del III Korpus bosniaco, all'attacco a Tuzla accanitamente difesa da forze croate, rafforzate da truppe tedesche; dopo l'arrivo di rinforzi nemici, il 20 gennaio 1944 i partigiani dovettero interrompere gli assalti e battere in ritirata. Nonostante l'insuccesso, la 16ª Divisione riprese le operazioni e sconfisse i cetnici presenti a Majevica e nella valle del fiume Spreca, quindi attaccò la linea di comunicazione Tuzla-Doboj. La notte del 16-17 febbraio i partigiani assaltarono di nuovo Gracanica e conquistarono la piazzaforte; il 18 la divisione abbandonò la città e si ritirò dopo aver distrutto il ponte sul fiume Spreca, nei pressi del villaggio di Karanovac.

La 16ª Divisione della Vojvodina fu impegnata in combattimenti particolarmente pesanti nel mese di aprile 1944 contro la 7. Divisione SS, la 13. Divisione SS e il 3° Corpo d'armata croato nell'area di Gajece, Čelića, Koraja, Zabrđe, poi nel territorio di Sekovici e Vlasenica; il 4 maggio la divisione partigiana partecipò alla liberazione di Kladanj, e l'11 maggio, avendo rinunciato ad attraversare la Drina per passare in Serbia, ritornò nel settore di Tuzla e Olovo. Nella seconda metà del mese di maggio, la divisione fu in azione a Majevica e Lopara, sulla montagna Konjuh, mentre nel mese di giugno fu di nuovo in combattimento a Lopara e occupò le roccaforti nemiche lungo la via di comunicazione Olovo-Zavidovici. In seguito i partigiani sconfissero i cetnici sul monte Ozren, e nella seconda metà del mese di luglio durante l'offensiva tedesca in Bosnia orientale, parteciparno alla difesa del territorio libero di Brcko e Šehovića. Dopo una lunga marcia dalla Bosnia orientale alla Bosnia centrale, la 16ª Divisione entrò in collegamento il 28-29 luglio 1944 con la 6ª Divisione della Lika che aveva attraversato il fiume Bosna.

Dall'inizio del mese di agosto 1944 ebbe inizio il nuovo tentativo del XII Korpus di entrare in Serbia che provocò la violenta reazione delle truppe tedesche; la 16ª Divisione partecipò all'operazione e marciò in direzione di Foča; pesanti scontri furono combattuti lungo le strade di Han Pijesak-Sokolac, Sokolac-Rogatica, Visegrad-Sarajevo e Foča-Kalinovik. La divisione fu costretta a deviare verso sud attraverso le montagne di Zelengora, Maglic e Vučevo ed entrò in Montenegro raggiungendo la regione del Durmitor dove le formazioni partigiane rischiarono di essere accerchiate e totalmente distrutte durante l'operazione Rübezahl aferrata dai tedeschi. La 16ª Divisione della Vojvodina riuscì, insieme agli altri reparti del XII Korpus, a sfuggire e all'inizio di settembre ripiegò prima in Erzegovina e poi in Bosnia orientale, da dove il 5-6 settembre 1944 raggiunse la Serbia dopo aver attraversato il fiume Drina.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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[[Categoria:Resistenza jugoslava]]

"Naso" di Marinovka
parte della battaglia di Stalingrado sul fronte orientale della seconda guerra mondiale
Combattimenti ravvicinati durante l'operazione Anello
Data24 novembre 1942 - 12 gennaio 1943
LuogoTerritorio compreso tra Marinovka, Karpovka e il fiume Rossoška
Esitovittoria sovietica
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
dati non disponibili
Voci di battaglie presenti su Wikipedia

Con il termine Naso di Marinovka si identifica nella storiografia della battaglia di Stalingrado il saliente difeso dalle truppe tedesche all'interno della grande sacca di accerchiamento dove si era schierata in difesa circolare la 6. Armee del generale Friedrich Paulus dopo l'operazione Urano sferrara dall'Armata Rossa a partire dal 19 novembre 1942. Questo settore si protrendeva dalla sacca verso occidente con una forma rassomigliante appunto ad un naso.

Il "naso di Marinovka" fu durante tutto il lungo assedio della 6. Armee, continuato per oltre due mesi, il luogo più esposto e pericoloso della sacca e anche quello più vicino al fronte principale tedesco. In questo territorio il generale Paulus si attendeva ansiosamente di entrare in contatto con le colonne di soccorso che avrebbero dovuto liberare la sua armata; egli schierò nel "naso" le sue divisioni ancora relativamente più efficienti, in un primo momento per coprire le spalle della 6. Armee, poi per preparare una sortita in direzione dei soccorsi, infine, dopo il fallimento dei piani tedeschi, per sbarrare a tutti i costi il passo all'attesa offensiva finale sovietica.

Il 10 gennaio 1943 l'Armata Rossa diede inizio all'operazione Anello e attaccò il "naso di Marinovka" da nord-ovest, da ovest e da sud e, nonostante la disperata resistenza dei tedeschi, travolse le difese e conquistò il saliente entro il 12 gennaio, aprendo la strada per l'inarrestabile avanzata finale da occidente verso le rovine di Stalingrado.

La sacca di Stalingrado[modifica | modifica wikitesto]

Chiusura dell'accerchiamento e formazione della sacca[modifica | modifica wikitesto]

Nel pomeriggio del 23 novembre 1943 le colonne corazzate del 4° Corpo carri del generale Andrej Grigor'evič Kravčenko, provenienti da nord, e del 4° Corpo meccanizzato del generale Vasilij Timofeevič Volskij, in avanzata da sud, si incontrarono nel villaggio di Sovetskij, alcuni chilometri a sud-est di Kalač-na-Donu. Questo evento di straordinaria importanza segnava la vittoriosa conclusione della clamorosa operazione Urano iniziata dall'Armata Rossa il 19 novembre e chiudeva la gigantesca manovra a tenaglia d'accerchiamento intorno all'enorme raggruppamento di forze tedesche schierato tra il Don e il Volga nel settore di Stalingrado[1].

I comandanti delle brigate carri sovietiche si abbracciano dopo il congiungimento a Sovetskij, pochi chilometri a est di Kalač-na-Donu, il 23 novembre 1942, durante l'operazione Urano.

Il comandante della 6. Armee tedesca, responsabile della direzione di tutte le truppe tedesche, il generale Friedrich Paulus, aveva cercato di impedire questa disastrosa conclusione dell'offensiva sovietica e aveva inviato ad intercettare le colonne mobili nemiche alcuni improvvisati kampfgruppe delle sue insufficienti forze mobili. La frettolosa manovra di rischieramento a nord del Don delle tre Panzer-Division del XIV Panzerkorps del generale Hans Hube non ebbe successo e i tedeschi vennero respinti in pochi giorni a sud-est del fiume. Di conseguenza i corpi corazzati e meccanizzati sovietici avevano potuto chiudere la tenaglia a sud-est di Kalač-na-Donu senza incontrare molta resistenza; l'importantissima linea ferroviaria che collegava Stalingrado con Rostov sul Don era stata intercettata alla stazione di Krivomužinskaja]]. L'unica forza organizzata tedesca presente sul posto il 23 novembre era il kampfgruppe von Hanstein della 3. Divisione motorizzata che stava cercando di formare una posizione difensiva a copertura del villaggio di Marinovka, alcuni chilometri a nord-est di Sovetskij[2]. Piu a est, tra i villaggi di Karpovka e Novij Rogalcik, invece erano schierate le truppe della esperta e ben equipaggiata 29. Divisione motorizzata che, dopo aver rallentato il 20 novembre l'avanzata del 13° Corpo meccanizzato del "Fronte di Stalingrado" sovietico, aveva preso posizione a sud del fiume Cervlenaja per coprire il lato meridionale della sacca in formazione della 6. Armee. Il 23 novembre 1942 questo settore venne attaccato da due brigate meccanizzate e due divisioni di fucilieri della 57ª Armata sovietica che furono però respinte dai reparti della 29. motorizzata che inoltre cercarono anche di contrattaccare e riconquistarono la sera dello stesso giorno il villaggio di Karpovka e la stazione ferroviaria vicina[3]. Una divisione di fucilieri sovietica dovette ripiegare, ma l'intervento di una brigata meccanizzata del 4° Corpo meccanizzato bloccò i contrattacchi tedeschi verso Sovetskij[2].

Nella notte del 23-24 novembre il generale Paulus riuscì a costituire uno schieramento coerente lungo il lato meridionale per coprire le spalle dell'armata; mentre la 29. motorizzata sbarrava solidamente il terreno tra Karpovka e Tsybenko, il Kampfgruppe Korfes prese il comando delle forze tedesche tra Marinovka e Karpovka con elementi della 3. motorizzata, della 60. Divisione motorizzata e della 14. Panzer-Division, suddivisi a loro volta nei tre kampfgruppe Seidel, von Hanstein e Willig[4].

Le difese nel "naso di Marinovka"[modifica | modifica wikitesto]

Operazione Anello[modifica | modifica wikitesto]

Distruzione del "naso di Marinovka"[modifica | modifica wikitesto]

La ritirata verso est[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ D. Glantz-J. House, Endgame at Stalingrad, book one, pp. 364-365.
  2. ^ a b D. Glantz-J. House, Endgame at Stalingrad, book one, p. 364.
  3. ^ D. Glantz-J. House, Endgame at Stalingrad, book one, pp. 362 e 364.
  4. ^ D. Glantz-J. House, Endgame at Stalingrad, book one, p. 368.
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[[Categoria:Battaglie del fronte orientale della seconda guerra mondiale]] [[Categoria:Battaglie della seconda guerra mondiale che coinvolgono la Germania]] [[Categoria:Battaglie della seconda guerra mondiale che coinvolgono l'Unione Sovietica]]

13ª Divisione fucilieri della Guardia
13-я гвардейская стрелковая дивизия
I soldati della 13ª Divisioni fucilieri della Guardia contrattaccano a Stalingrado
Descrizione generale
Attivadicembre 1929-1988
NazioneUnione Sovietica
Tipofanteria
Ruologuerra sul Fronte orientale (1941-1945)
Dimensione10.000 uomini (battaglia di Stalingrado)
Battaglie/guerreGuerra d'inverno
Operazione Barbarossa
Seconda battaglia di Char'kov
Operazione Blu
Battaglia di Stalingrado
Combattimenti nella città di Stalingrado
Battaglia di Kursk
Operazione Bagration
Battaglia di Berlino
Parte di
:::::Armata Rossa
Comandanti
Degni di notaAleksandr Rodimcev
Gleb Baklanov
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La 13ª Divisione fucilieri della Guardia (in russo: 13-я гвардейская стрелковая дивизия) fu un'unità dell'Armata Rossa che faceva parte fin dal 1929 dei reparti organici dell'esercito con la denominazione di 87ª Divisione fucilieri. Ricevette la nuova denominazione con il titolo onorifico di unità "della Guardia" nel gennaio 1942 per il valore dimostrato nella prima fase dei combattimenti sul fronte orientale durante la seconda guerra mondiale.

La divisione divenne famosa e dimostrò soprattutto il suo valore durante i drammatici combattimenti nella città di Stalingrado nel 1942; entrati in azione il 13 settembre 1942, i soldati difesero con successo, sotto l'abile guida del comandante, il generale Aleksandr Rodimcev, il centro di Stalingrado e l'approdo sul Volga combattendo per settimane con estrema violenza contro le truppe tedesche.

Dopo la vittoria finale nella battaglia di Stalingrado, la 13ª Divisione fucilieri della Guardia prese parte alla maggior parte delle grandi offensive dell'Armata Rossa e concluse il suo impegno di guerra partecipando alla battaglia di Berlino.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

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[[Categoria:Armata Rossa]]

295. Infanterie-Division
Soldati tedeschi in movimento sulle pendici del Mamaev Kurgan
Descrizione generale
Attivafebbraio 1940-gennaio 1943
marzo 1943-maggio 1945
NazioneBandiera della Germania Germania nazista
ServizioHeer
Tipofanteria
Ruologuerra sul Fronte orientale (1941-1945) e sul Teatro scandinavo
Dimensione15.000 uomini
SoprannomeDoppelkopf-Division e Pferdekopf
Battaglie/guerreCampagna di Francia
Operazione Barbarossa
Operazione Blu
Battaglia di Stalingrado
Combattimenti nella città di Stalingrado
Operazione Anello
Parte di
:::::Wehrmacht
Comandanti
Degni di notaRolf Wuthmann
Otto Korfes
Simboli
Simbolo
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La 295. Infanterie-Division fu un'unità della Wehrmacht che venne costituita nel febbraio 1940 durante la Seconda guerra mondiale con soldati provenienti dalla Bassa Sassonia.

La nuova divisione prese parte prima alla campagna di Francia e quindi alla guerra sul fronte orientale assegnata al Gruppo d'armate Sud. Nell'estate 1942 entrò a far parte della 6. Armee, e fu una delle unità di punta tedesche nella drammatica battaglia di Stalingrado. Impegnata nei cruciali combattimenti per la conquista della collina strategica del Mamaev Kurgan, subì fortissime perdite durante i cruenti scontri contro i sovietici; ormai esausta, venne accerchiata insieme a tutte le altre divisioni della 6. Armee nella grande sacca di Stalingrado, i superstiti si arresero alla fine di gennaio 1943.

La 295. Infanterie-Division venne rapidamente ricostituita e trasferita con compiti di occupazione in Norvegia dove rimase fino al termine della guerra.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La 295. Infanterie-Division venne costituita ufficialmente il 10 febbraio 1940 con soldati provenienti dal settore di Magdeburgo, all'interno del Wehrkreis XI, la "regione militare n. 11" comprendente principalmente la Bassa Sassonia con sede a Hannover; la nuova unità faceva parte della ottava welle, l'ottava ondata di mobilitazione dell'esercito tedesco durante la seconda guerra mondiale[1]. La 295. divisione venne impiegata nella campagna di Francia del 1940 e, dopo essere stata concentrata ad Aquisgrana, avanzò in Belgio e in Francia durante il Fall Gelb e il Fall Rot lungo la direttrice Givet, Reims, Epernay, Nevers[1].

La divisione venne schierata anche all'inizio dell'operazione Barbarossa, la grande offensiva generale contro l'Unione Sovietica che ebbe inizio il 22 giugno 1941; il reparto entrò a far parte della 17. Armee del Gruppo d'armate Sud incaricato dell'invasione dell'Ucraina[1]. La 295. Infanterie-Divisione combattè nella maggior parte delle grandi battaglia affrontate dal gruppo d'armate del feldmaresciallo Gerd von Rundstedt; i suoi soldati quindi furono impegnati sulla direttrice Leopoli-Tarnopol-Vinnica; quindi parteciparono alla grande battaglia della sacca di Uman' e quindi raggiunsero il fiume Dniepr nella zona della testa di ponte di Kremencug[1].

Teatri d'operazione[modifica | modifica wikitesto]

Ordini di battaglia[modifica | modifica wikitesto]

1940
  • Infanterie-Regiment 516
  • Infanterie-Regiment 517
  • Infanterie-Regiment 518
  • Artillerie-Regiment 295
  • Panzerjäger-Abteilung 295
  • Pionier-Bataillon 295
  • Infanterie-Divisions-Nachrichten-Abteilung 295
  • Infanterie-Divisions-Nachschubführer 295
1944
  • Grenadier-Regiment 516
  • Grenadier-Regiment 517
  • Artillerie-Regiment 295
  • Pionier-Bataillon 295
  • Panzerjäger-Bataillon 295
  • Infanterie-Divisions-Nachrichten-Abteilung 295
  • Kommandeur der Infanterie-Divisions-Nachschubtruppen 295

Decorazioni[modifica | modifica wikitesto]

Alcuni soldati della divisione ricevettero decorazioni per atti di valore in guerra:

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d F. de Lannoy, La bataille de Stalingrad, p. 167.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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[[Categoria:Divisioni di fanteria della Wehrmacht]]

Elenco delle nazioni citate in un documento del 1947 del Comitato degli stati maggiori riuniti (Joint Chiefs of Staff) in ordine di importanza per la sicurezza degli Stati Uniti[modifica | modifica wikitesto]

  • 1 - Gran Bretagna
  • 2 - Francia
  • 3 - Germania
  • 4 - Belgio
  • 5 - Paesi Bassi
  • 6 - Austria
  • 7 - Italia
  • 8 - Canada
  • 9 - Turchia
  • 10 - Grecia
  • 11 - America latina
  • 12 - Spagna
  • 13 - Giappone
  • 14 - Cina
  • 15 - Corea
  • 16 - Filippine
Avispas Negras
Descrizione generale
Attivaanni 80 - oggi
NazioneBandiera di CubaCuba
Servizio Fuerzas Armadas Revolucionarias de Cuba
Tipoforze speciali
RuoloGuerriglia

Guerra non convenzionale
Azione diretta
Guarnigione/QGEl Mariel, Provincia de La Habana
Soprannome"Vespe nere"
Battaglie/guerreGuerra civile in Angola
Guerra fredda
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Avispas Negras (in italiano: Vespe Nere) è il nome con cui sono conosciuti comunemente i reparti di forze speciali d'elite delle Fuerzas Armadas Revolucionarias de Cuba (FAR).

Addestrate intensamente per i compiti specifici tipici dei corpi speciali, queste truppe, preparate e determinate, sarebbero incaricate di affrontare una possibile offensiva nemica sull'isola di Cuba. Sono state costituite alla fine degli anni 80, ampliando e riorganizzando i reparti già esistenti impegnati in missioni specili in Angola, "Tigres" e "Leones", insieme alle formazioni speciali del Ministero dell'interno incaricate della sicurezza interna.

Tomás Borge

Tomás Borge Martínez (Matagalpa, 13 agosto 1939Managua, 20 aprile 2012) è stato un rivoluzionario, politico e scrittore nicaraguense. Tomás Borge fu uno dei membri fondatori del Frente Sandinista de Liberación Nacional (FSLN), e uno dei ribelli storici che lottarono per decenni contro la dittatura nicaraguense della famiglia Somoza. Vicino alle correnti estremiste del movimento sandinista, profondamente legato ai movimenti riviluzionari marxisti dell'America latina e in particolare alla Cuba di Fidel Castro, dopo aver passato anni in carcere ed essere stato torturato, fu uno dei principali dirigenti della vittoriosa rivoluzione sandinista.

Dopo la presa del potere, divenne vicesegretario e presidente onorario del FSLN, membro del Congreso nacional e soprattutto ministro degli interni, esercitando un ruolo decisivo nella resistenza contro il movimento controrivoluzionario dei Contras e sostenendo posizioni di intransigente resistenza alla minacciosa e ostile politica degli Stati Uniti della presidenza di Ronald Reagan.

Dopo la sconfitta elettorale del 1990, Borge rimase nel movimento sandinista e potè partecipare alla vittoria del 2006. Tomás Borge, che era anche uno apprezzato scrittore e poeta, mantenne per tutta la sua vita una rigorosa coerenza ideologica, senza compromessi nè ripensamenti.

Settimana di sangue (in lingua francese: semaine sanglante) è la denominazione presente nella storiografia del periodo della Comune di Parigi dal 21 maggio al 28 maggio 1871 in cui si svolse la fase di più accanita e sanguinosa dei combattimenti all'interno dell'area urbana della capitale francese tra gli insorti rivoluzionari della Guardia nazionale (noti anche come "comunardi" o "federati") e le truppe regolari dell'esercito francesi fedeli all'Assemblea nazionale rifugiatasi a Versailles (noti anche come "versagliesi").

I combattimenti, estremamente violenti e accaniti, si prolungarono per sette giorni lungo le vie di Parigi e si conclusero con la caduta della Comune e con la vittoria totale delle truppe regolari "versagliesi" che procedettero ad una brutale repressione contro gli insorti con esecuzioni di massa e deportazioni. Durante i combattimenti della "settimana di sangue", la città di Parigi subì notevoli devastazioni, a causa dei vasti incendi e delle distruzioni provocate dai combattimenti.

La Comune di Parigi[modifica | modifica wikitesto]

L'andamento rapidamente catastrofico della guerra franco-prussiana aveva avuto conseguenze tragiche per Parigi costretta a subire un lungo e duro assedio da parte dell'esercito prussiano che dopo aver catturato o distrutto gran parte dell'esercito regolare di Napoleone III aveva potuto manovrare liberamente e accerchiare la capitale francese[1]. I cittadini di Parigi tuttavia non avevano ceduto le armi e al contrario avevano costituito un gran numero di battaglioni della cosiddetta Guardia Nazionale e avevano resistito validamente agli attacchi e ai bombardamenti degli eserciti prussiani assedianti[2]. Mentre l'assedio di prolungava, cresceva l'animosità, l'atmosfera rivoluzionaria e l'esasperazione delle masse popolari parigine provate dalle ristrettezze materiali e morali dell'assedio e convinte di essere state abbandonate dal governo della difesa nazionale trasferitosi fuori Parigi[3].

Le notizie del gennaio e febbraio 1871, con la conclusione dell'armistizio ufficiale tra Francia e Prussia e con l'elezione di una Assemblea nazionale conservatrice e monarchica, quindi furono accolte con insofferenza e proteste dagli strati popolari parigini, convinti di essere stati traditi e sacrificati al nemico, e soprattutto dai battaglioni della Guardia Nazionale che il 10 marzo 1871 decisero di "federarsi" insieme ed elessero un Comitato centrale della Guardia Nazionale[4].

Il 18 marzo 1871 la situazione a Parigi ebbe una svolta decisiva: il governo dell'Assemblea nazionale, guidato dal conservatore e intransigente Thiers, fece il tentativo di impadronirsi con la forza dei cannoni della Guardia nazionale ammassati sulla collina di Montmatre. L'assalto venne respinto e innescò violente proteste popolari che degenerarono in insurrezione; i generali Lecomte e Thomas vennero catturati e fucilati dai rivoltosi[5]. Thiers decise per il momento di abbandonare la città e il governo si trasferì a Versailles mentre anche le truppe regolari evacuavano temporaneamente Parigi[5].

Nella capitale quindi assunsero il potere gli elementi radicali del Comitato centrale della Guardia nazionale; il 26 marzo 1871 si svolsero a Parigi le elezioni generali per il consiglio municipale della città che, sotto il nome di "Comune di Parigi", esercitò da quel momento la funzione legislativa ed esecutiva nella capitale, cercando di attuare un programma avanzato di riforma sociale ed economica radicale a favore delle classe popolari[6].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ I. Montanelli/M. Cervi, Due secoli di guerre, vol. V, pp. 24-25.
  2. ^ I. Montanelli/M. Cervi, Due secoli di guerre, vol. V, pp. 25-33.
  3. ^ D. Barjot/J-P. Chaline/A. Encrevé, Storia della Francia nell'Ottocento, pp. 347-348.
  4. ^ D. Barjot/J-P. Chaline/A. Encrevé, Storia della Francia nell'Ottocento, pp. 345-348.
  5. ^ a b D. Barjot/J-P. Chaline/A. Encrevé, Storia della Francia nell'Ottocento, p. 348.
  6. ^ D. Barjot/J-P. Chaline/A. Encrevé, Storia della Francia nell'Ottocento, pp. 348-349.
Intercettazione del Rex
Bombardieri B-17 sorvolano il transatlantico italiano Rex a 800 miglia ad est di New York
Data12 maggio 1938
LuogoOceano Atlantico
EsitoRiuscita intercettazione del transatlantico italiano Rex da parte di bombardieri a lungo raggio B-17
Voci di guerre presenti su Wikipedia

Lintercettazione del Rex fu un'operazione dimostrativa d'addestramento in tempo di pace portata a termine con successo dal United States Army Air Corps nel maggio 1938, prima della seconda guerra mondiale. L'individuazione e la precisa localizzazione di una nave in alto mare nell'oceano (il famoso transatlantico italiano Rex) da parte di bombardieri a lungo raggio Boeing B-17 Flying Fortress il 12 maggio 1938 fu un evento di grande importanza per lo sviluppo di una dottrina strategica autonoma da parte delle forze aeree americane istituzionalmente ancora dipendenti dal United States Army[1]. La missione era ufficialmente catalogata come operazione di addestramento per verificare le capacità delle difere costiere degli Stati Uniti, ma fu in realtà concepita dai pianificatori del Army Air Corps come una dimostrazione propagandistica, ampiamente pubblicizzata per dimostrare in modo spettacolare le capacità dei nuovi bombardieri pesanti come strumenti di proiezione di potenza a lungo raggio[2].

La missione aerea si svolse durante le manovre di difesa costiera condotte dall'Air Corps senza la partecipazione della United States Navy, e apparentemente senza che lo stato maggiore dell'Esercito avesse compreso le implicazioni e gli scopi reali dell'operazione[3]. Gli stati maggiori di esercito e marina erano continuamente in disaccordo con i capi del Air Corps riguardo al ruolo e alle missioni da assegnare alle forze aeree; la Navy metteva in discussione i compiti marittimi dele forze aeree, mentre l'sercito cercava di limitare il suo ruolo a quello di forze di supporto per le truppe di terra[4].

Con notevole abilità propagandistica, il quartier generale dell'Air Corps non solo riuscì a portare a termine con successo l'intercettazione in alto mare, ma diffuse ampiamente la notizia dell'evento con un vasta copertura fotografica e per mezzo di notiziari radiofonici[5]. Anche se il clamore pubblicitario inizialmente ebbe un influenza negativa sulle ambizioni di indipendenza dell'Air Corps, entro un anno il presidente Franklin D. Roosevelt e il futuro capo di stato maggiore dell'esercito, generale George C. Marshall, divennero forti propugnatori del potere aereo a lungo raggio e furono particolarmente impressionati dalle capacità del B-17.

Nuovi compiti per le forze armate degli Stati Uniti[modifica | modifica wikitesto]

Quando il United States Army Air Service divenne nel 1926 il United States Army Air Corps, il Comitato congiunto Esercito-Marina (Joint Army-Navy Board) stava riconsiderando le responsabilità operative delle due forze armate nei compiti di difesa costiera; sia il capo dell'Air Corps, il maggior generale Mason Patrick che il capo dell'ufficio aereonautico della United States Navy, contrammiraglio William A. Moffett si opponevano ad ogni restrizione sul raggio d'azione o le missioni dei loro rispettivi reparti. Di conseguenza il documento finale di "Azione congiunta" era piuttosto vago riguardo le missioni operative assegnate all'Air Corps in mare, ma "lasciava la porta aperta" all'interpretazione classica della marina sulla sua autorità; in particolare la Navy riteneva che le missioni di pattugliamento costiero basate a terra erano sua esclusiva prerogativa. I tentativi del Ministero della Guerra di chiarire questi aspetti furono respinti dalla marina in modo talmente brusco che il segretario alla Guerra avvertì il presidente Herbert Hoover nel 1930 che la situazione metteva in pericolo la difesa nazionale[6].

Il 7 gennaio 1931 il capo di stato maggiore dell'esercito generale Douglas MacArthur e il capo delle operazioni navali della U.S. Navy, ammiraglio William V. Pratt, raggiunsero un accordo che modificava il documento di "Azione congiunta" e assegnava agli aerei basati a terra dell'Air Corps il ruolo di difesa costiera [7][8]. Questo accordo giunse nel momento in cui l'Air Corps era alla ricerca di una missione operativa che potesse giustificare lo sviluppo e la produzione di bombardieri monoplani interamente metallici e le teorie della Scuola Tattica dell'Air Corps a favore dell'impiego di bombardieri pesanti a lungo raggio. Il primo tentativo dell'Air Corps di dimostrare le sue capacità nei compiti di difesa costiera peraltro si concluse con un imbarazzante fallimento che riaccese le polemiche e provocò pesanti critiche al corpo aereo americano. L'11 agosto 1931 il tentativo di intercettazione della nave mercantile USS Mount Shasta da parte di bombardieri B-3 e B-5 non ebbe successo e per una serie di circostanze avverse gli aerei non individuarono il cargo; si parlò di Shasta disaster e di bombing flop.

La U.S. Navy nel frattempo aveva prestato scarsa attenzione ai termini dell'accordo MacArthur-Pratt e aveva continuato a sviluppare aerei basati a terra, espandendo contemporaneamente le sue stazione aero-navali (naval air staion); nel 1933, dopo il ritiro dell'ammiraglio Pratt, la marina decise di annullare anche formalmente gli accordi e l'11 settembre 1935 il Joint Board emise un nuovo documento in cui si affermava esplicitamente che tutte le missioni dell'Air Corps, compresa la difesa costiera, erano da considerare "ausiliarie" all'azione dell'esercito campale.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Shiner, Winged Shield, Winged Sword: A History of the United States Air Force, p. 133.
  2. ^ Correll, Rendezvous with the Rex, p. 57.
  3. ^ Correll, Rendezvous with the Rex, p. 55.
  4. ^ Shiner, Winged Shield, Winged Sword: A History of the United States Air Force, p. 116.
  5. ^ Shiner, Winged Shield, Winged Sword: A History of the United States Air Force, p. 147.
  6. ^ Greer (1985), p. 68
  7. ^ Greer (1985), p. 69
  8. ^ Tate (1998), p. 78.

Secondo colpo nucleare[modifica | modifica wikitesto]

Il secondo colpo nucleare (in inglese second strike) è nella strategia della guerra nucleare la capacità di una nazione di rispondere ad un attacco nucleare con una potente rappresaglia nucleare contro l'avversario (second-strike capability).

Avere questa capacità e convincere l'avversario della sua efficacia, è considerato di importanza vitale nel sistema della deterrenza nucleare; in caso contrario l'altra parte potrebbe essere indotta a tentare di vincere una guerra nucleare attraverso un massiccio primo colpo nucleare (first strike) contro le forze nucleari dell'avversario (cosiddetta strategia nucleare counterforce, controforza).

Teoria[modifica | modifica wikitesto]

Nel complesso quadro della strategia della guerra nucleare, il possesso di una capacità di secondo colpo può contrastare efficacemente la minaccia di un primo colpo nucleare e può supportare una strategia di no first use nuclear ("non uso per primo di armi nucleari"). La capacità reciproca di secondo colpo generalmente conduce alla strategia della MAD ("Distruzione reciproca assicurata"), anche se una delle due parti avesse un livello inferiore di risposta deterrente residua. La capacità di secondo colpo nucleare può essere ulteriormente rafforzata dall'attivazione di meccanismi di tipo fail deadly.

L'obiettivo cruciale di una capacità di "secondo colpo nucleare" consiste nella capacità di preveniere attacchi di primo colpo che potrebbero mettere fuori uso l'arsenale nucleare della nazione, mantenendo la possibilità di sferrare una rappresaglia nucleare. La presenza di una Triade nucleare è un elemento importante per diversificare gli arsenali nucleari in modo da assicurare una migliore capacità di second-strike.

I missili balistici lanciati da sottomarini solo il tradizionale, ma molto costoso, mezzo per disporre di una capacità di "secondo colpo nucleare"; essi tuttavia debbono essere supportati da un affidabile sistema per identificare rapidamente e con precisione l'attaccante. L'impiego dei SLBM come strumento di "secondo colpo" pone un serio problema, perchè in rappresaglia per un attacco di missili balistici lanciati da sottomarini, potrebbe essere colpita la nazione sbagliata, provocando in questo modo un conflitto generale per escalation.

Operazione Meetinghouse
parte dei bombardamenti di Tokyo
Bombardieri ultra-pesanti Boeing B-29 Superfortress decollano dalla base aereia di Tinian nelle isole Marianne per bombardare Tokyo
Data9 - 10 marzo 1945
LuogoTokyo, Giappone
Tipobombardamento a tappeto notturno
Forze in campo
Eseguito daBandiera degli Stati Uniti XXI Bomber Command della Twentieth Air Force
Ai danni diBandiera del Giappone Giappone
Forze attaccanti334 bombardieri B-29 statunitensi
Comandate daCurtis LeMay (comandante del XXI Bomber Command)
Thomas S. Power (comandante diretto dell'incursione)
Forze di difesaartiglieria contraerea e deboli reparti di aerei da caccia notturna
Bilancio
Esitodistruzione di circa il 40% della città di Tokyo
Perdite civilitra 84.000 e 130.000 morti
Perdite attaccanti14 bombardieri persi
Fonti citate nel corpo del testo
voci di bombardamenti aerei presenti su Wikipedia

Operazione Meetinghouse era il nome in codice stabilito dall'alto comando dell'USAAF per designare la grande missione di bombardamento strategico effettuata dai bombardieri ultra-pesanti Boeing B-29 Superfortress contro Tokyo, nella notte del 9/10 marzo 1945 durante la campagna del Pacifico nella seconda guerra mondiale.

L'incursione, ideata, pianificata e diretta dall'aggressivo generale Curtis LeMay, venne condotta da 334 B-29 a partenza dalle basi aeree nelle isole Marianne e colse di sopresa le difese giapponesi. Volando di notte e a bassa quota, i bombardieri raggiunsero la capitale nipponica e sganciarono un enorme carico bellico di ordigni incendiari, provocando danni catastrofici al centro cittadino. L'incendio, sostenuto da forti venti, si trasformò in una "ondata di fuoco" che distrusse gran parte delle case di legno di Tokyo e provocò la morte di quasi 100.000 civili.

Si trattò del bombardamento più pesante e con il maggior numero di morti della seconda guerra mondiale, ancor più catastrofico degli attacchi su Amburgo e Dresda e dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki, e segnò l'inizio della campagna di bombardamenti terroristici incendiari dei B-29 della Twentieth Air Force che distrussero in pochi mesi le maggiori città del Giappone.

Il programma VLR[modifica | modifica wikitesto]

I pianificatori e gli alti comandi dello stato maggiore delle forze armate americane nel periodo precedente l'entrata in guerra degli Stati Uniti non avevano preso affatto in considerazione la possibilità concreta di effettuare bombardamenti strategici contro il territorio metropolitano del Giappone. I problemi posti dalle lunghissime distanze e dalla mancanza di basi aeree e una struttura logistica adeguata erano apparsi in questo periodo praticamente insormontabili. La drammatica entrata in guerra degli Stati Uniti dopo l'attacco a sorpresa di Pearl Harbor cambiò radicalmente la situazione; la dirigenza americana richiese al più presto operazioni di rappresaglia contro il territorio giapponese e un gruppo di bombardieri medi B-25, decollati dalle portaerei della marina spintesi audacemente vicino alla coste giapponesi effettuarono il bombardamento di Tokyo dell'aprile 1942 che peraltro fu dal punto di vista strategico del tutto irrilevante e non venne seguito negli anni seguenti da alcuna altra operazione aerea contro le isole nipponiche.

Un bombardiere strategico ultra-pesante Boeing B-29 Superfortress.

Dopo questa azione simbolica di bombardamento, gli strateghi e i dirigenti politico-militari degli Stati Uniti decisero che il Giappone avrebbe dovuto essere fiaccato e sconfitto soprattutto per mezzo del potere aereo americano; vennero quindi studiati programmi dettagliati per l'individuazione di basi aeree idonee a missioni contro il territorio giapponese da cui bombardare le fabbriche e le città del nemico fino a costringerlo alla resa. Inizialmente le forze aeree americane mancavano in realtà sia di strutture logistiche adeguate, sia di aerei in grado di compiere le previste missioni a lunghissima distanza. I pianificatori dell'USAAF tuttavia furono in grado rapidamente di individuare le caratteristiche del nuovo bombardiere mettendo allo studio il programma VLR (Very long Range) che richiedeva all'industria la progettazione e la produzione di un velivolo totalmente nuovo con caratteristiche rivoluzionarie e un raggio d'azione in combattimento enorme per missioni intercontinentali.

Gli studi su un bombardiere intercontinentale in realtà erano iniziati negli Stati Uniti fin dal 1939 in relazione ai timori su uno sviluppo disastroso della guerra in Europa; gli strateghi americani temevano seriamente la caduta delle isole britanniche in mano della Germania nazista e quindi ritenevano decisivo disporre di un aereo in grado di colpire il continente europeo partendo direttamente dalla basi nel continente americano o dalle isole dell'Atlantico. Il programma VLR si sviluppò nel massimo segreto e procedette rapidamente; erano richiesti enormi investimenti per raggiungere gli obiettivi previsti e nel tempo il VLR si trasformò nel programma bellico più costoso della seconda guerra mondiale, superando con 3 miliardi di dollari di costi anche le spese del programma di produzione della bomba atomica che richiese investimenti per oltre 2 miliardi di dollari. L'aereo sviluppato dal programma VLR, fu il bombardiere strategico ultra-pesante (very heavy) Boeing B-29 Superfortress. Si trattava di un bombardiere gigantesco, di dimensioni quasi doppie del famoso B-17 Flying Fortress e dotato di caratteristiche straordinarie in grado di renderlo il sistema d'arma più potente della seconda guerra mondiale.

Il generale Kenneth B. Wolfe, principale dirigente del programma VLR e primo comandante del XX Bomber Command
Il generale LaVerne G. Saunders, comandante ad interim del XX Bomber Command fino all'agosto 1944

Il programma di sviluppo del super-bombardiere VLR proseguì nel massimo segreto con il contributo di oltre 750 ingegneri che riuscirono a superare i grandi problemi progettuali per raggiungere i requisiti richiesti e accelerare al massimo i tempi di sviluppo del mezzo. Sotto l'impulso principalmente dal generale Kenneth B. Wolfe e del generale Laverne G. Saunders, che diressero il programma del super-bombardiere per conto dell'USAAF, il nuovo bombardiere Very Heavy effettuò i primi voli nel 1942 e dimostrò subito le sue impressionati caratteristiche; con un apertura alare di quasi cinquanta metri e un peso massimo di oltre 70 tonnellate il B-29 Superfortress era in grado di volare e combattere ad alta quota oltre i 10.000 metri, e, grazie ai quattro potenti motori da 2.200 cavalli, volava a oltre 600 km/h su distanze fino a 3.000 miglia con un carico bellico di dieci tonnellate. Il grande bombardiere disponeva anche di alcune caratteristiche tecnolociamente avanzate, come la cabina pressurizzata per il volo in altissima quota, la centrale di controllo del tiro che dirigeva il fuoco delle dodici mitragliatrici da 12.7 mm e del cannone da 20 mm del sistema difensivo, disposto in cinque torretta azionate a distanza dagli armieri con l'ausilio di un calcolatore elettronico.

Mentre la produzione in massa del B-29 iniziava nel 1943 in cinque grandi fabbriche degli Stati Uniti, il generale Wolfe, responsabile del B-29 Special Project Staff ("Comitato per il progetto speciale B-29"), portava avanti con la massima energia il programma di addestramento degli equipaggi; egli riuscì a guadagnare ulteriore tempo procedendo all'addestramento e alla costituzione dei primi reparti in contemporanea con i programmi di collaudo degli aerei appena usciti dalle catene di montaggio della gigantesca fabbrica di Wichita, nello stato del Kansas. Il generale Wolfe inoltre selezionò per gli equipaggi del nuovo superbombardiere, gli uomini più esperti provenienti da precedenti turni di servizio in aree di combattimento, in grado quindi di costituire un nucleo di veterani per i nuovi reparti.

Il B-29 in Cina[modifica | modifica wikitesto]

un B-29 Superfortress in una base aerea in Cina nel 1944.

La strategia prevista nell'estate 1943 dal Combined Planning Staff alleato per il proseguimento della guerra con il Giappone assegnava un ruolo decisivo ad una "travolgente offensiva di bombardamenti" condotta dai bombardieri ultra-pesanti B-29 Stratofortress che avrebbero dovuto fiaccare in modo decisivo le capacità di resistenza del nemico e costringerlo alla resa, ma in realtà le esigenze contingenti del momento richiedevano anche di rafforzare e sostenere la Cina nazionalista di Chiang Kai-shek che stava dando segno di una crescente indebolimento. Le caratteristiche eccezionali del superbombardiere rendevano possibile, secondo i calcoli degli esperti americani, colpire il cuore del Giappone, partendo dalle Marianne, da Formosa o dalla Cina orientale[1].

La pianificazione originaria aveva previsto che i B-29 avrebbero effettuato le loro massicce incursioni sul Giappone partendo da una serie di basi aeree che sarebbero state costituite nelle Isole Marianne che distavano circa 1.600 miglia dal territorio nemico ma erano relativamente vicine alla costa occidentale degli Stati Uniti. Le isole Marianne tuttavia secondo i piani iniziali non sarebbero state occupate prima del 1946, il che avrebbe verosimilmente ritardato la campagna di bombardamenti strategici fino al 1947. Questi ritardi erano inaccettabili per la dirigenza americana e soprattutto per il presidente Roosevelt che assegnava grande importanza al sostegno alla Cina e che aveva già promesso al generalissimo Chiang di inviare maggiori aiuti diretti.

Altri piani prevedevano in un primo momento di impiegare i B-29 da basi costituite a Ceylon, Calcutta o Port Darwin per colpire la navigazione marittima giapponese o le forze nemiche in Indocina, Birmania o Siam[1], ma l'esigenza politico-strategica di supportare la Cina nazionalista e lo sviluppo accelerato del programa VLR che permise di far entrare in servizi già all'inizio del 1944 le prime formazioni di B-29, alterarono profondamente la pianificazione originaria americana. In mancanza delle basi nelle Marianne, si decise di attivare entro l'autunno 1944 almeno dieci gruppi dei bombardieri Superfortress in una serie di basi che sarebbero state organizzate in Cina, da cui si sarebbe dato inizio al primo programma di bombardamento strategico del Giappone, l'operazione Matterhorn.

Bombardieri B-29 in fase di decollo per partecipare al primo bombardamento sul Giappone del 15 giugno 1944.

L'alto comando americano dava enorme importanza alla nuova arma segreta costituita dai superbombardieri B-29, in particolare gli ufficiali superiori delle USAAF ritenevano che questo nuovo bombardiere avrebbe dovuto essere organizzato in raggruppamenti mobili, delle vere task force come i gruppi portaerei della Marina, da trasferire rapidamente secondo le necessità trategiche e impiegare come forza decisiva nei vari teatri bellici. Inoltre i capi americani decisero di controllare totalmente l'impiego dei super-bombardieri e garantire il massimo dei risultati[1]. Per mantenere l'assoluta autonomia dei gruppi di B-29 e assicurare il loro utilizzo come forza d'urto strategica senza dissipazioni in mediocri compiti tattici locali nel Sud-Est asiatico, i bombardieri ultra pesanti vennero tutti concentrati in una nuova forza aerea speciale, la Twentieth Air Force, la cui direzione sarebbe stata assunta personalmente dal generale Henry H. Arnold, il comandante in capo dell'USAAF, che sarebbe rimasto al Pentagono negli Stati Uniti e avrebbe assicurato il loro impiego per distruggere in modo decisivo le strutture industriali e urbane del Giappone, senza interferenze dei comandanti alleati del teatro del Pacifico e del teatro Cina-Birmania-India.

All'inizio del 1944 i capi supremi americani iniziarono ad organizzare le strutture logistiche per l'operazione Matterhorn; i superbombardieri B-29 della Twentieth Air Force sarebbero stati raggruppati nelle basi in costruzione in Cina, sotto il comando del XX Bomber Command del generale Kenneth B. Wolfe, mentre il generale Saunders avrebbe preso la guida del 58° Bomb Wing, il primo stormo di Superfortress. Le difficoltà logistiche per costruire una efficiente organizzazione in Cina erano enormi: gli aerei e i materiali dovevano volare sulla rotta Casablanca-Karachi e quindi dall'India giungere nelle basi cinesi insieme a tutti gli equipaggiamenti necessari per un pieno utilizzo di macchine complesse e totalmente nuove. Grazie all'energia del generale Wolfe, quattro grandi campi di volo furono costituiti nella zona di Chengdu con l'ausilio di oltre 500.000 lavoratori cinesi, ma il sistema di rifornimenti e manutenzioni rimase sempre inusfficiente a causa delle quasi insormontabili difficoltà di trasporto.

un B-29 de XX Bomber Command in volo nel novembre 1944 durante una missione dell'operazione Matterhorn.

Nonostante le persistenti difficoltà logistiche, l'operazione Matterhorn ebbe inizio il 5 giugno 1944 con la prima missione dei B-29 contro obiettivi ferroviaria in Thailandia che tuttavia si concluse, dopo molta confusione e numerosi incidenti tecnici, con pochi risultati concreti. Il primo bombardamento dei B-29 sulle isole del Giappone venne portato a termine con relativo successo il 15 giugno 1944 contro le grandi acciaierie di Yawata, nell'isola di Kyushu e nelle settimane seguenti gli equipaggi e il personale a terra dei bombardieri ultra-pesanti si impegnò strenuamente per sviluppare la campagna di bombardamenti nonostante la penuria di materiali e la difficoltà di manutenzione nelle basi cinesi che inoltre erano minacciate dalla grande offensiva Ichi-Go sferrata dalle truppe giapponesi contro l'esercito di Chiang. Mentre infuriavano forti polemiche, con i comandanti delle forze aeree americane sul posto che ritenevano costose e inefficaci le missioni di bombardamento strategico sul Giappone dei cosiddetti "bombardieri radicali" mentre sul terreno la situazione peggiorava per le truppe cino-americane, il generale Arnold perseguì ancora per alcuni mesi i piani di attacco con i B-29 contro le basi industriali nipponiche. Il generale Wolfe venne sostituito al comando del XX Bomber Command prima dal generale Saunders e infine, nell'agosto 1944 dall'energico e aggressivo generale Curtis LeMay che tuttavia, pur impegnandosi al massimo per aumentare le missioni e il numero di aerei in azione, rilevò subito che dal punto di vista logistico la situazione era "estremamente impossibile".

Per dieci mesi i superbombardieri effettuarono, partendo dalle basi di Chengdu, 49 missioni di guerra con 3.058 sortite, rilasciando un carico bellico di 11.477 tonnellate di bombe dirompenti e incendiarie; i B-29 colpirono con successo, nonostante la carenza di mezzi e le difficoltà delle lunghe missioni fino a 4.000 miglia di distanza, molti centri industriali del Giappone, alcune fabbriche in Manciuria e obiettivi strategici in Indocina, Sumatra, Malesia e Cina. I superbombardieri tuttavia non riuscirono a influire realmente sul corso delle operazioni nel Pacifico nè a indebolire sostanzialmente la macchina bellica giapponese; secondo il rapporto ufficiale dell'USAAF, i B-29 "non ebbero risultati significativi...", anche se l'apparizione dei giganteschi bombardieri americani sui cieli del Giappone impressionò e preoccupò grandemente i capi politico-militari e la popolazione nipponici.

Il B-29 nelle isole Marianne[modifica | modifica wikitesto]

Mentre i B-29 del 58° Bomb Wing (Very Heavy) del XX Bomber Command del generale LeMay continuavano le loro difficoltose e insoddisfacienti missioni di attacco a lunga distanza a partire dalle basi aere cinesi, il generale Arnold e il comando della Twentieth Air Force avevano finalmente potuto iniziare la costituzione di un'altra base di operazione da dove colpire con effetti molto più risolutivi i centri nevralgici del Giappone. Il 13 ottobre 1944 il primo superbombardiere, Joltin Josie The Pacific Pioneer, atterrò sulla base aerea, ancora non completamente efficiente, di Isle Field nell'isola di Saipan, nell'arcipelago delle Marianne; alla guida di questo primo B-29 era il generale Haywood S. Hansell in persona, il capo di stato maggiore del generale Arnold e il comandante designato del nuovo XXI Bomber Command[2].

Il generale Hansell era stato fin dall'inizio della guerra il principale teorico e stratega della campagna di bombardamento con quadrimotori pesanti condotta dall'USAAF contro la Germania e il Giappone e prendeva il comando del XXI Bomber Command nella isole Marianne con l'intenzione di riprendere e potenziare la strategia del bombardamento aereo ad alta quota diurno con bombe dirompenti contro obiettivi selezionati dell'industria bellica e delle strutture militari del Impero giapponese per distruggere il complesso militare-industriale del nemico. Alcuni ufficiali dell'USAAF avevano già proposto la strategia alternativa del bombardamento terroristico con ordigni incendiari per bruciare le città nipponiche fino alla resa, ma il quartier generale del XXI Bomber Command adottava ancora la strategia del bombardamenti di precisione e aveva preparato un dettagliato elenco di obiettivi industriali sul territorio nemico da distruggere per annullare la produzione di aerei e motori giapponese[3].

La catastrofe del 9/10 marzo 1945[modifica | modifica wikitesto]

Pianificazione e preparazione[modifica | modifica wikitesto]

Partenza e volo dei B-29[modifica | modifica wikitesto]

Il bombardamento incendiario[modifica | modifica wikitesto]

L'ondata di fuoco[modifica | modifica wikitesto]

Bilancio e conclusione[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c H. Michel, La seconda guerra mondiale, p. 414.
  2. ^ J. Toland, L'eclissi del Sol Levante, p. 883.
  3. ^ M. Caidin, La notte che distrussero Tokyo, pp. 64-65.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Van Tien Dung, Le Trong Tan, Viktor Krulak, Taylor-Rostow, Krulak-Mendenhall, Taylor-McNamara.

18ª Divisione
(Esercito imperiale giapponese)
Dai-jūhachi Shidan
Soldati della divisione catturano soldati britannici durante la battaglia di Singapore
Descrizione generale
Attiva13 novembre 1907-1 maggio 1925
9 settembre 1937-1945
Nazione Impero del Giappone
Servizio Esercito imperiale giapponese
Tipodivisione
Guarnigione/QGKurume, Fukuoka, Giappone
SoprannomeKiku heidan ("divisione del crisantemo")
Battaglie/guerreAssedio di Tsingtao
Battaglia di Shangai
Battaglia di Nanchino
Campagna della Malesia
Battaglia di Singapore
Conquista giapponese della Birmania
Campagna della Birmania
Battaglia di Meiktila e Mandalay
Comandanti
Degni di notaRenya Mutaguchi
fonti citate nel corpo del testo
Voci su unità militari presenti su Wikipedia

La 18ª Divisione (第18師団?, Dai-jūhachi Shidan) era una unità militare di fanteria dell'Esercito imperiale giapponese, conosciuta con il nome in codice di Divisione del crisantemo (菊兵團?, Kiku heidan). Venne costituita subito dopo la fine della Guerra russo-giapponese del 1904-1905 nel quadro del programma di espansione delle forze militari, e venne inizialmente schierata nell'isola di Kyushu, con quartier generale a Kurume, nella prefettura di Fukuoka.

La divisione dimostrò la sua efficienza durante la Prima guerra mondiale, partecipando all'assedio di Tsingtao e soprattutto nella Seconda guerra sino-giapponese e nella seconda guerra mondiale. Nel corso della campagna del Pacifico, la 18ª Divisione, al comando dell'energico generale Renya Mutaguchi, svolse un ruolo decisivo nella campagna di Malesia e nella battaglia di Singapore; quindi venne trasferita sul fronte della Birmania dove rimase fino al termine della guerra combattendo accanitamente fino all'ultimo contro le truppe anglo-indiane e cinesi.

La divisione mostrò costantemente grande aggressività offensiva ed elevato spirito combattivo, ma anche un comportamento brutale e violento caratterizzato da episodi di crudeltà verso prigionieri e civili sia durante la guerra in Cina, dove prese parte alla battaglia di Shanghai e al massacro di Nanchino, sia nel corso della guerra nel Pacifico, soprattutto a Singapore dove eseguì esecuzioni sommarie anche di feriti e malati.