Vittorio Amedeo III di Savoia: differenze tra le versioni
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Alleatosi con l'Austria, per contrastare l'avanzata delle idee rivoluzionarie francesi, Vittorio Amedeo III affidò l'esercito a capi incompetenti. Cercando di sfruttare i fermenti contro-rivoluzionari di Tolone, Lione e Marsiglia, il re decise di marciare in Savoia e Nizza per congiungersi con gli insorti di quelle città: la divisione delle armate fu la causa della disfatta. Ceduti i territori del novarese all'Austria ed uscito dalla guerra, Vittorio Amedeo III vide sorgere in Piemonte ''club'' giacobini analoghi a quelli francesi, verso i quali provava profonda avversione. |
Alleatosi con l'Austria, per contrastare l'avanzata delle idee rivoluzionarie francesi, Vittorio Amedeo III affidò l'esercito a capi incompetenti. Cercando di sfruttare i fermenti contro-rivoluzionari di Tolone, Lione e Marsiglia, il re decise di marciare in Savoia e Nizza per congiungersi con gli insorti di quelle città: la divisione delle armate fu la causa della disfatta. Ceduti i territori del novarese all'Austria ed uscito dalla guerra, Vittorio Amedeo III vide sorgere in Piemonte ''club'' giacobini analoghi a quelli francesi, verso i quali provava profonda avversione. |
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Nell'aprile [[1796]] il generale [[Napoleone Bonaparte]], all'inizio della [[campagna d'Italia (1796-1797)|prima Campagna d'Italia]], sconfisse i piemontesi nella [[battaglia di Millesimo]] e nella [[battaglia di Mondovì]] ed il 23 aprile entrò in [[Cherasco]] a seguito della resa del generale Colli che chiese l'armistizio. Il generale Bonaparte, pur sostenendo di non essere autorizzato a trattare in nome del [[Direttorio]], impose dure condizioni che Vittorio Amedeo, dopo la pesante sconfitta, dovette firmare il 28 aprile. L'[[armistizio di Cherasco]] implicava la cessione temporanea delle fortezze di [[Cuneo]], [[Ceva]], [[Alessandria]] e [[Tortona]], la cessione definitiva alla Francia della [[Savoia (regione storica)|Savoia]], di [[Nizza]], [[Breil-sur-Roya|Breglio]] e [[Tenda (Francia)|Tenda]], concedeva il libero passaggio delle truppe francesi attraverso l'Italia, imponeva al regno di Sardegna l'obbligo di rifiutare l'attracco nei propri porti a navi nemiche della Repubblica francese e l'asilo agli emigrati monarchici francesi con l'espulsione di quelli già presenti sul territorio sabaudo. |
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Il 15 maggio la [[Trattato di Parigi (1796)|Pace di Parigi]] confermava sostanzialmente i termini dell'armistizio: a favore del regno di Sardegna veniva invece nuovamente riconosciuta la sovranità sulla città di [[Alba (Italia)|Alba]], costituitasi nel frattempo in autonoma repubblica rivoluzionaria. |
Il 15 maggio la [[Trattato di Parigi (1796)|Pace di Parigi]] confermava sostanzialmente i termini dell'armistizio: a favore del regno di Sardegna veniva invece nuovamente riconosciuta la sovranità sulla città di [[Alba (Italia)|Alba]], costituitasi nel frattempo in autonoma repubblica rivoluzionaria. |
Versione delle 17:54, 27 feb 2014
Vittorio Amedeo III | |
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Vittorio Amedeo III. | |
Re di Sardegna | |
In carica | 1773 - 1796 |
Predecessore | Carlo Emanuele III |
Successore | Carlo Emanuele IV |
Nome completo | Vittorio Amedeo Maria di Savoia |
Altri titoli | duca di Savoia, marchese di Saluzzo, marchese del Monferrato, Principe di Piemonte, conte d'Aosta, di Nizza e di Moriana |
Nascita | Torino, 26 giugno 1726 |
Morte | Moncalieri, 16 ottobre 1796 |
Luogo di sepoltura | Basilica di Superga |
Casa reale | Savoia |
Padre | Carlo Emanuele III |
Madre | Polissena d'Assia-Rotenburg |
Consorte | Maria Antonia Ferdinanda di Spagna |
Firma |
Vittorio Amedeo III di Savoia (Torino, 26 giugno 1726 – Moncalieri, 16 ottobre 1796) fu duca di Savoia, Piemonte e Aosta e re di Sardegna dal 1773 al 1796.
Figlio di Carlo Emanuele III e di Polissena d'Assia-Rotenburg, sposò nel 1750 Maria Antonietta di Borbone-Spagna (1729-1785), la figlia più giovane di Filippo V di Spagna e Elisabetta Farnese. Salì al trono nel 1773.
Biografia
Educazione e primi provvedimenti
Di indole buona[1], spesso ingenua, Vittorio Amedeo III si fece amare dai suoi sudditi per la sua prodigalità, spesso rimproveratagli dal padre Carlo Emanuele III.
La sua educazione era stata seguita, come quella di tutti i principi reali, da Giacinto Sigismondo Gerdil (futuro cardinale) e segnata dalla formazione militare: questa rimase fortemente nella persona di Vittorio Amedeo, al punto che, una volta re di Sardegna, amò circondarsi sempre dei suoi soldati, sentendosi punto nell'orgoglio se qualche visitatore straniero avesse da criticare il suo esercito[2].
Amava nondimeno circondarsi di intellettuali e ministri, il che faceva ben presagire per il suo futuro governo. Ma, appena ottenuto lo scettro, Vittorio Amedeo licenziò il ministro Lascaris e il conte Bogino, che tanto aveva svolto sotto il regno del re suo padre, e si affidò al conte Chiaravina e al marchese d'Aiguebalche, persone mediocri. l'Aigueblache fu per i primi anni del regno di Vittorio Amedeo il primo ministro. Fermamente deciso a perseguire su questa linea, Vittorio Amedeo III rimase chiuso ad ogni tentativo di rinnovamento dei suoi Stati, come da modello della monarchia francese (alla quale era saldamente legato da vincoli matrimoniali).
Non a caso, in Sardegna, scoppiarono sanguinose rivolte contro il governo sabaudo mentre sia nel Piemonte che nella stessa Savoia si manifestavano sintomi rivoluzionari.
A questi gravi errori si aggiunse la riforma dell'esercito, già perfezionato da Carlo Emanuele III per renderlo più simile a quello prussiano. Sfortunatamente l'operazione venne eseguita in malo modo al punto che risultò necessario ricominciare tutto da capo.
Provvedimenti urbanistici
Interessato all'architettura, Vittorio Amedeo fece subito apportare migliorie al porto di Nizza, ordinò la costruzione delle dighe sull'Arce e la strada della Côte e diresse la nuova espansione di Torino, dal 1773:
noto per la sua prodigalità, ebbe a cuore il benessere dei cittadini, e si ricordano numerose iniziative da lui portate avanti, come quella dell'illuminazione notturna della città di Torino, vera novità per l'epoca: gli stranieri in visita alla capitale sabauda rimasero profondamente colpiti da questa novità[3].
Politica
Primo obiettivo di Vittorio Amedeo era stata l'alleanza con la Prussia: si stava assistendo ad un'inusuale avvicinamento tra Austria e Francia, cosa che avrebbe nuovamente stretto il piccolo Stato sabaudo in una morsa fatale. Secondo i progetti del ministro Perrone, Vittorio Amedeo avrebbe dovuto stringere legami solidi con Federico II di Prussia, facendogli sapere che, in caso di attacco all'Austria, i sabaudi erano pronti ad invadere nuovamenteil Sud[4].
Le trattative non impedirono al Piemonte di imparentarsi strettamente con la corona borbonica, ma i propositi con Prussia (e, conseguentemente, con l'Inghilterra) vennero meno con la successione, a Berlino, del mediocre Federico Guglielmo II.
Sullo scacchiere europeo, intanto, andava profilandosi la crisi politica che insanguinò la Francia. Con la caduta delle teste, caddero anche i propositi che aveva nutrito Vittorio Amedeo di imparentarsi con la corona di Parigi per prevenire il suo crescente avvicinamento all'Austria asburgica: seriamente unite le potenze europee sulla necessità di reprimere i moti rivoluzionari francesi, l'Italia si schierò senza indugi in questa direzione; Torino fu mèta di numerosi nobili scappati ai massacri di Parigi.
La fine dello stato Piemontese
Alleatosi con l'Austria, per contrastare l'avanzata delle idee rivoluzionarie francesi, Vittorio Amedeo III affidò l'esercito a capi incompetenti. Cercando di sfruttare i fermenti contro-rivoluzionari di Tolone, Lione e Marsiglia, il re decise di marciare in Savoia e Nizza per congiungersi con gli insorti di quelle città: la divisione delle armate fu la causa della disfatta. Ceduti i territori del novarese all'Austria ed uscito dalla guerra, Vittorio Amedeo III vide sorgere in Piemonte club giacobini analoghi a quelli francesi, verso i quali provava profonda avversione.
Nell'aprile 1796 il generale Napoleone Bonaparte, all'inizio della prima Campagna d'Italia, sconfisse i piemontesi nella battaglia di Millesimo e nella battaglia di Mondovì ed il 23 aprile entrò in Cherasco a seguito della resa del generale Colli che chiese l'armistizio. Il generale Bonaparte, pur sostenendo di non essere autorizzato a trattare in nome del Direttorio, impose dure condizioni che Vittorio Amedeo, dopo la pesante sconfitta, dovette firmare il 28 aprile. L'armistizio di Cherasco implicava la cessione temporanea delle fortezze di Cuneo, Ceva, Alessandria e Tortona, la cessione definitiva alla Francia della Savoia, di Nizza, Breglio e Tenda, concedeva il libero passaggio delle truppe francesi attraverso l'Italia, imponeva al regno di Sardegna l'obbligo di rifiutare l'attracco nei propri porti a navi nemiche della Repubblica francese e l'asilo agli emigrati monarchici francesi con l'espulsione di quelli già presenti sul territorio sabaudo.
Il 15 maggio la Pace di Parigi confermava sostanzialmente i termini dell'armistizio: a favore del regno di Sardegna veniva invece nuovamente riconosciuta la sovranità sulla città di Alba, costituitasi nel frattempo in autonoma repubblica rivoluzionaria.
Nelle campagne piemontesi, intanto, stava succedendo il finimondo. Contadini che da sempre si erano schierati dalla parte della monarchia, protestando per le pessime condizioni delle campagne, soggette alle devastazioni della guerra, alle tasse sempre maggiori ed alle angherie delle cattive annate, diedero vita a vere e proprie bande armate che saccheggiarono a più riprese il territorio sabaudo, proclamando effimere repubbliche e venendo respinti con ferocia dai soldati inviati dal re, ormai incapace di gestire una situazione del tutto sfuggita di mano.
Vittorio Amedeo III, isolato e condannato da tutti, anche dai suoi più fedeli sostenitori di un tempo, colpito da apoplessia, morì settantenne nel castello di Moncalieri. Lasciava un regno allo sfascio economico, con la cassa completamente svuotata, mutilo di due province fondamentali - la Savoia e Nizza - e devastato dalle correnti rivoluzionarie. Carlo Emanuele, il principe di Piemonte, era debole ed incapace di mantenere la situazione sotto controllo.
Giudizi
Il regno di Vittorio Amedeo III viene ricordato da molti storici per i negativi risultati degli ultimi anni, quando il Piemonte era diventato un campo di battaglia per le forze giacobine e le campagne erano in un pietoso stato di rivolta. Carlo Botta gli dedicò un impietoso epitaffio:
«Egli moriva lasciando un regno servo
che aveva ricevuto libero,
un erario povero
che aveva ereditato ricchissimo,
un esercito vinto
che gli era stato tramandato vittorioso.»
Andrebbe in realtà distinto il suo regno in due parti distinte, divise dalla tragedia della rivoluzione francese. Negli anni precedenti al 1789 fu, anzi, un monarca lodato per la sua magnanimità, la prodigalità e l'intelligenza. L'errore fu, semmai, l'essersi circondato di ministri inaffidabili che portarono lo Stato al crollo[5].
Discendenza
Da Maria Antonietta di Spagna ebbe dodici figli:
- Carlo Emanuele (1751 – 1819), futuro re di Sardegna dal 1796 al 1802 con il nome di Carlo Emanuele IV;
- Maria Elisabetta Carlotta, (1752-1753);
- Maria Giuseppina Luisa (1753-1810), sposa di Luigi di Borbone, divenuto re di Francia nel 1815 dopo la di lei morte col nome di Luigi XVIII di Francia;
- Amedeo Alessandro, Duca di Monferrato (1754-1755);
- Maria Teresa (1756-1805), sposa di Carlo di Borbone, divenuto re di Francia nel 1830 dopo la di lei morte col nome di Carlo X di Francia;
- Maria Anna, sposò suo zio Benedetto, Principe di Savoia, Duca di Chablais (1741-1808);
- Vittorio Emanuele (1759 – 1824), futuro Re di Sardegna dal 1802 al 1821 con il nome di Vittorio Emanuele I;
- Maria Cristina Giuseppina (1760-1768);
- Maurizio Giuseppe Maria, Duca di Monferrato, (1762-1799);
- Maria Carolina Antonietta (Torino, 17 gennaio 1764 - Dresda, 28 dicembre 1782), sposò nel 1781 il duca Antonio di Sassonia, (divenuto poi Re di Sassonia dal 1827);
- Carlo Felice (1765 – 1831), futuro Re di Sardegna (ultimo della dinastia diretta dei Savoia) dal 1821 con il nome di Carlo Felice;
- Giuseppe Benedetto (1766-1802), Conte di Moriana (-1796) e di Asti (1796-1802).
Ascendenza
Onorificenze
Note
- ^ Carlo Botta, Storia d'Italia dal 1789 al 1814, p.105, 1837, Torino.
- ^ Ivi, p. 108
- ^ Renzo Rossotti, Guida Insolita ai misteri, ai segreti, alle leggende e alle curiosità di Torino, 2008, Roma, Newton Compton editori. Testo "p.133" ignorato (aiuto)
- ^ Giuseppe Ricuperati, Lo Stato Italiano nel Settecento, 2001, Utet, Torino. Testo "p.235" ignorato (aiuto)
- ^ Roberto Bergadani, Vittorio Amedeo III, p.392, 1939, Paravia.
Bibliografia
- David G. Chandler, Le Campagne di Napoleone, Milano, R.C.S. Libri S.p.A., 1998, ISBN 88-17-11577-0
- J. Tulard - J. F. Fayard - A.Fierro, Histoire e Dictionaire de la Revolution française, Paris, Éditions Robert Laffont, 1998, ISBN 2-221-08850-6
Voci correlate
Altri progetti
- Wikisource contiene una pagina dedicata a Vittorio Amedeo III di Savoia
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Vittorio Amedeo III di Savoia
Il parametro " Carlo Emanuele III" non corrisponde a nessun progetto riconosciuto dal template
Controllo di autorità | VIAF (EN) 69998592 · ISNI (EN) 0000 0000 6125 7767 · SBN TO0V264390 · BAV 495/122553 · CERL cnp00526294 · Europeana agent/base/221 · LCCN (EN) n98062118 · GND (DE) 117682349 · BNE (ES) XX1764642 (data) · BNF (FR) cb125441471 (data) · J9U (EN, HE) 987007374831405171 |
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