Mauro Ferri

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Mauro Ferri

Presidente della Corte costituzionale
Durata mandato24 ottobre 1995 –
3 novembre 1996
PredecessoreVincenzo Caianiello
SuccessoreRenato Granata

Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato
Durata mandato26 luglio 1972 –
7 luglio 1973
Capo del governoGiulio Andreotti
PredecessoreSilvio Gava
SuccessoreCiriaco De Mita

Segretario del Partito Socialista Democratico Italiano
Durata mandato5 luglio 1969 –
febbraio 1972
PredecessoreSe stesso[1]
SuccessoreMario Tanassi

Segretario del Partito Socialista Unificato
Durata mandato9 novembre 1968 –
5 luglio 1969
PredecessoreFrancesco De Martino[2]
Mario Tanassi[3]
SuccessoreFrancesco De Martino[2]
Se stesso[3]

Deputato della Repubblica Italiana
Durata mandato25 giugno 1953 –
4 luglio 1976
LegislaturaII, III, IV, V, VI
Gruppo
parlamentare
PSI - PSI-PSDI Unificati - PSU - PSDI
CircoscrizioneII-V: Siena
VI: Como
Incarichi parlamentari
IV legislatura:

V legislatura:

Sito istituzionale

Europarlamentare
LegislaturaI
Gruppo
parlamentare
SOC
CircoscrizioneItalia nord-occidentale
Incarichi parlamentari
Presidente:
  • Commissione giuridica dal 20 luglio 1979 al 20 gennaio 1982
  • Commissione per gli affari istituzionali 21 gennaio 1982 al 23 luglio 1984

Membro:

  • Commissione giuridica dal 21 gennaio 1982 al 23 luglio 1984
  • Delegazione per le relazioni con la Iugoslavia dall'11 aprile 1983 al 23 luglio 1984
Sito istituzionale

Dati generali
Partito politicoPSI (1944-1969)
PSDI (1969-1984)
Titolo di studioDottore in Giurisprudenza
ProfessioneAvvocato

Mauro Ferri (Roma, 15 marzo 1920Roma, 29 settembre 2015[4]) è stato un politico e avvocato italiano, deputato per cinque legislature consecutive dal 1953 al 1976 e presidente della Corte costituzionale dal 1995 al 1996.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Formazione e prime cariche politiche[modifica | modifica wikitesto]

Mauro Ferri si laureò in giurisprudenza all'Università degli Studi di Roma "La Sapienza" nel 1942. Ha partecipato alla Resistenza romana (1943-44) e fu arrestato per propaganda antifascista nel gennaio 1944. Rilasciato, si trasferì a Castel San Niccolò, paese d'origine del padre e si iscrisse al PSIUP. Subito dopo la liberazione fu eletto sindaco[5].

È stato segretario della federazione socialista di Arezzo dal 1947 al 1948, dal 1950 al 1953 e dal 1959 al 1963; consigliere comunale e provinciale di Arezzo. Nel 1949 è stato eletto membro del comitato centrale del PSI e nel 1965 della Direzione nazionale[5].

Deputato dalla III alla VI Legislatura, eletto nella circoscrizione Siena-Arezzo-Grosseto; capogruppo del PSI-PSDI Unificati e, successivamente, del PSI, lasciò successivamente il partito per aderire alla formazione socialdemocratica (PSU, poi PSDI).

Segretario del PSU/PSDI[modifica | modifica wikitesto]

Fu segretario del PSI (1968 - 1969) nel periodo in cui i socialisti erano unificati. Nel frattempo, le elezioni politiche del 1968 erano risultate una sconfitta per il partito che, complessivamente, aveva perso 29 seggi alla Camera[6]. Le correnti massimaliste reclamarono allora una strategia volta a riassorbire i consensi perduti a sinistra, determinando una sempre maggior inquietudine tra gli ex-socialdemocratici.

Nel luglio del 1969, Nenni - nella cui corrente Ferri militava - tentò in extremis di salvare l'unificazione, presentando una mozione "autonomista", che fu sconfitta dalla linea massimalista di De Martino. Immediatamente si consumò la scissione: la componente socialdemocratica, nonché la corrente socialista che faceva capo a Ferri, costituirono il Partito Socialista Unitario (poi rinominato nel febbraio 1971 Partito Socialista Democratico Italiano) e Ferri ne divenne segretario[7]. Restò in carica fino a quando fu nominato Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, nel secondo governo Andreotti (1972-1973).

Scandalo dei petroli[modifica | modifica wikitesto]

Alla fine del 1973, Mauro Ferri fu coinvolto nel primo scandalo dei petroli, per il quale 35, tra uomini politici, petrolieri e dirigenti dell'Enel, furono raggiunti da avvisi di reato, con l'accusa di aver beneficiato o favorito finanziamenti all'ENEL e ai partiti di governo, effettuati con fondi dell'Unione petrolifera italiana, per influenzare le scelte relative alla politica energetica nazionale e per favorire l'aumento dei prezzi della benzina. Si occupò del caso la Commissione parlamentare per i procedimenti di accusa e, l'8 marzo 1974, constatò l'avvenuta prescrizione dei fatti contestati agli ex-ministri Giulio Andreotti e Mario Ferrari Aggradi (entrambi della DC); deliberò l'archiviazione degli atti a carico di Giacinto Bosco (DC) e Luigi Preti (PSDI) e aprì un'indagine sull'operato degli ex-ministri Mauro Ferri e Athos Valsecchi (DC)[8].

Cinque anni dopo, il 24 gennaio 1979, la commissione inquirente si pronunciò in senso assolutorio nei confronti degli ultimi due ex-ministri coinvolti; in particolare, la commissione ritenne che nei confronti di Ferri, potevano attribuirsi fatti non configurabili come reato di corruzione. La relazione del senatore Nicola Lapenta[9] fu trasmessa il 9 febbraio successivo al Parlamento che, nei termini previsti dal regolamento, non produsse le firme necessarie per un'eventuale messa in stato d'accusa degli ex-ministri inquisiti.

Ultimi incarichi[modifica | modifica wikitesto]

Completamente scagionato, Ferri fu eletto deputato alle elezioni europee del 1979 per le liste del PSDI. È stato presidente della Commissione giuridica e della Commissione per gli affari istituzionali, membro della delegazione per le relazioni con la Jugoslavia. Rimase in carica fino al 1984. Nel 1986 ha conferito il suo archivio personale alla Fondazione Filippo Turati[5].

Venne nominato giudice costituzionale dal Presidente della Repubblica Francesco Cossiga il 27 ottobre 1987, giurò il 3 novembre; fu eletto presidente della Corte il 23 ottobre 1995. Esercitò le funzioni dal 24 ottobre rimanendo in carica fino al 3 novembre 1996.[10]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana - nastrino per uniforme ordinaria

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Come segretario del Partito Socialista Unificato
  2. ^ a b Segretario del Partito Socialista Italiano
  3. ^ a b Segretario del Partito Socialista Democratico Italiano
  4. ^ Morto Mauro Ferri: segretario Psi negli anni Sessanta Archiviato il 30 settembre 2015 in Internet Archive. Corrierequotidiano.it
  5. ^ a b c MAURO FERRI (1921-VIVENTE), su pertini.it, Fondazione Filippo Turati. URL consultato il 20 novembre 2012 (archiviato il 20 novembre 2012).
  6. ^ cfr.; Almanacco di Storia illustrata 1968, pag. 65
  7. ^ Giuseppe Saragat e la socialdemocrazia italiana (PDF), su socialdemocraticieuropei.it.
  8. ^ Giorgio Galli, Affari di Stato, Kaos Edizioni, Milano, 1991, pagg. 132-135
  9. ^ Relazione della commissione sui procedimenti di stato d'accusa a carico degli ex-ministri Ferri e Valsecchi del 24 gennaio 1979
  10. ^ Giudici costituzionali dal 1956, su cortecostituzionale.it, Corte costituzionale. URL consultato il 20 novembre 2012 (archiviato dall'url originale il 20 novembre 2012).
  11. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]


Predecessore Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato Successore
Silvio Gava 26 luglio 1972 - 7 luglio 1973 Ciriaco De Mita
Predecessore Segretario del PSI Successore
Mario Tanassi 1968-1969 Francesco De Martino
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