Crociata: differenze tra le versioni

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Le crociate furono una serie di guerre combattute tra l'XI e il XIII secolo fra eserciti di regni, principati cristiani europei ed eserciti musulmani prevalentemente sul terreno dell'Anatolia e nel Mediterraneo orientale (come pure in Egitto e in Tunisia). Tali conflitti si pongono nell'ambito della rapida espansione politico-religiosa dei Selgiuchidi che nel XI secolo si proposero di invadere l'impero bizantino.

La definizione di "crociata" è stata data anche ad altri fatti bellici interni al mondo cristiano - quali, nel XIII secolo, la cosiddetta "crociata albigese" (contro i catari) o la cosiddetta crociata contro il principato russo di Vladimir-Suzdal e la Repubblica di Novgorod - ma anche a confronti armati che hanno coinvolto in Europa forze cristiane di differenti Stati alle forze islamiche ottomane, di cui forse la più rilevante fu la cosiddetta "crociata di Varna".

Etimologia

Il termine "crociata" è stato usato per la prima volta all'inizio del Settecento, ben oltre quindi il periodo in cui esse si svolsero: la sua origine deriva dall'incrocio della parola croisade (1570 circa) del francese medio e della parola spagnola cruzada del XVI secolo, entrambe derivate dalla parola cruciata del latino medievale, participio passato di cruciare (segnare con la croce), a sua volta derivata dal latino crux (croce)[1].

Il nome quindi richiama la croce che i partecipanti alle crociate avevano cucita sulle vesti, simbolo del loro pellegrinaggio e dei voti contratti. Nelle fonti antiche si può semmai trovare l'espressione cruce signati riguardo ai crociati, anche se i soldati bizantini chiamarono se stessi "Soldati della Croce" già all'epoca di Eraclio. Per indicare le crociate veniva usata anche l'espressione votum crucis.[2]

Problematicità della definizione

Diminuzione dei territori dell'Impero bizantino

Anche se tali campagne furono benedette[3] e spesso invocate dal papato e motivate da un sentimento eminentemente religioso che intendeva liberare dall'occupazione musulmana la terra dove nacque, predicò e morì Gesù, non si trattò propriamente di guerre di religione, dato che lo scopo non fu mai quello di costringere i musulmani a cambiare religione, neppure dopo le avvenute conquiste. Le armi, con cui i crociati partirono e che impiegarono in Terrasanta, poco avevano a che fare con la religione, quanto piuttosto con un desiderio di conquista e di liberazione della Terra santa, che comportava inevitabilmente l'uso della forza, anche se non mancarono richiami di autorevole fonte cristiana circa l'assenza di colpevolezza (peccato) nell'eliminazione fisica degli invasori avversari nella fede.[4]

Le crociate non furono causate quindi da astratte visioni religiose contrapposte, né soltanto - come pure affermano alcuni studiosi - dall'intento di conseguire un personale arricchimento materiale e d'immagine.[5] Il casus belli fu la richiesta di soccorso, sostenuta anche da una lettera-appello dell'imperatore di Bisanzio, Alessio I Comneno, rivolta da alcune comunità religiose cristiane orientali per fronteggiare e rintuzzare le angherie alle quali erano sottoposte dalle autorità musulmane del posto e garantire ai pellegrini cristiani diretti in Terra santa vita e sicurezza.

Ciò non significa che le crociate non abbiano espresso rilevanti moventi politico-economici che germinavano all'interno del mondo feudale medievale europeo e bizantino e, come concreto obiettivo, il controllo della Terra santa e la sconfitta dei musulmani locali. Le crociate sono altresì considerate da alcuni studiosi e critici come la ritardata risposta della cristianità all'espansione islamica del VII secolo, che aveva portato alla invasione di territori enormi: Spagna, Siria-Palestina, Egitto, Nordafrica e Mesopotamia, che erano state terre cristiane dal I/II/III secolo, di cui si considerava fosse lecito rientrare in possesso.[6]

Soldati crociati in un'illustrazione di Pierre Larousse del 1922

Le ragioni del successo delle crociate furono sostanzialmente le seguenti: il nuovo fervore spirituale dell'Occidente; la possibilità, per le giovanissime repubbliche marinare, di arricchirsi; l'opportunità, per il papato di aumentare il proprio prestigio mentre era in corso la lotta con l'Impero; la possibilità, per i sovrani laici, di impegnare nelle guerre masse insofferenti e vassalli indisciplinati e ribelli; il desiderio di avventura, assai vivo in una parte della società feudale, e l'attrazione esercitata dalle ricchezze dell'Oriente.[7]

In epoca contemporanea il termine "crociata" non ha perso le sue forti caratterizzazioni ideologiche. Esso infatti viene a volte utilizzato con una connotazione negativa - quando ad esempio si voglia sottolineare un conflitto i cui moventi siano più ideologici che ideali - mentre conserva la sua originaria valenza semantica positiva, quando il termine venga usato per indicare attività e lotte caratterizzate da un forte afflato culturale o sociale (ad esempio "crociata contro il fumo", "contro le droghe" o "contro l'alcol"). Così, una mazziniana come Giorgina Craufurd Saffi (acattolica di origine e moglie del triumviro della Repubblica Romana del 1849 Aurelio Saffi), a proposito di una campagna laica contro la prostituzione e per il riscatto delle donne che vi erano coinvolte, parlava di una «santa crociata, che oggi si combatte contro il Vizio eretto a sistema - contro il Male, accettato prima come ineluttabile "necessità", quindi, organizzato, protetto, sanzionato da legge di Stato» (1881)[8].

Crociate come guerre e violenza armata

Un mantello da crociato esposto a una rievocazione al Ricetto di Candelo

Come la maggior parte delle guerre di ogni tempo, anche le crociate furono caratterizzate da episodi di violenza belluina: non mancarono saccheggi, violenze e devastazioni. Basti ricordare, nel corso della prima crociata, il massacro degli abitanti musulmani della siriana Maʿarrat al-Nuʿmān (l'11 dicembre 1098): dopo aver trucidato tutti gli uomini, le donne e i bambini furono venduti dai crociati come schiavi[9]. Ancor più impressionante fu il massacro compiuto dai crociati dopo la presa di Gerusalemme (1099): vennero passati a fil di spada tutti gli ebrei e i musulmani presenti, eccezion fatta per la guarnigione fatimide, che versò un cospicuo riscatto ai vincitori, potendo così, grazie a quell'oro, scampare alla sorte dei loro correligionari.[10]

L'episodio più cruento fu probabilmente la conquista di Costantinopoli, nel corso della quarta crociata, da parte dei guerrieri veneziani di Enrico Dandolo, a dispetto della comunanza di fede religiosa: la presa della capitale ebbe come conseguenza l'improvviso gravissimo indebolimento della solidità dell'impero bizantino. La nascita dell'impero latino di Costantinopoli avviò infatti un inarrestabile declino, che culminerà con il definitivo annichilimento della potenza bizantina da parte ottomana nel 1453.[11]

La prima crociata fu quella che ottenne i maggiori successi e portò alla nascita degli Stati crociati d'Outremer, che sopravvissero fino al 1303. Alla prima crociata seguirono altre spedizioni (8 crociate ufficiali), nel corso del XII e XIII secolo, le quali però quasi mai raggiunsero gli obiettivi che si erano prefisse.

Dopo la definitiva conquista di Outremer, il movimento crociato, con l'ideologia religiosa che lo sosteneva, non rallentò immediatamente il suo impeto ideologico; al contrario, sopravvisse per tutta l'Età moderna (si pensi alle guerre contro l'impero ottomano o alle guerre di religione che si combatterono dopo la Riforma protestante) e si estinse, non per il fallimento delle spedizioni "De recuperatione Terrae Sanctae" o di fronte al sorgere degli Stati nazionali, ma perché la teologia morale che lo sosteneva cominciò pian piano a metter in dubbio la liceità del ricorso alla violenza. Inoltre, dal tardo XVI secolo al XVII secolo, all'idea di "guerra santa" si sostituì quella di "guerra giusta". Contemporaneamente, e sempre molto lentamente ma in maniera irreversibile, all'idea del Cristo schierato politicamente e quindi all'idea che si combatteva "perché lo vuole Dio", si sostituì quella di una divinità neutrale e disinteressata ai conflitti politici tra gli uomini. Nel XVIII secolo, con l'Illuminismo, le crociate giunsero ad essere considerate come il frutto di un'epoca fanatica e superstiziosa[12], salvo essere poi nuovamente rivalutate nel corso del romanticismo.

Crociate in Terra Santa

Contesto storico

Espansione islamica

Lo stesso argomento in dettaglio: Espansione musulmana.

     Espansione sotto il profeta Maometto, 622-632

     Espansione durante il califfato elettivo, 632-661

     Espansione durante il califfato omayyade, 661-750

Dopo la morte di Maometto gli arabi, dopo aver sottomesso le vicine tribù pagane, si volsero verso la vicina provincia bizantina di Tabuk. Inizialmente si pensava che il loro scopo fosse la conquista di nuove terre e l'espansione dell'Islam,[13] mentre oggi si tende più che altro a credere che strategia originaria delle prime operazioni in Siria-Palestina fosse l'intento di piegare all'obbedienza di Medina i vari elementi arabofoni.[14] Lo stesso Maometto, secondo una tradizione, quasi certamente priva di fondamenta storiche, avrebbe scritto all'imperatore bizantino Eraclio:

«Il Profeta di Allah ha scritto a Cosroe (re di Persia), a Cesare (imperatore di Roma, [cioè Eraclio]), a Negus (re di Abissinia) e a tutti gli altri sovrani per invitarli a convertirsi ad Allah il Magnifico»

Li avvertì quindi della nascita della nuova fede, invitandoli alla conversione[16] Se anche fosse vera questa tradizione molto probabilmente forgiata "a maggior gloria di Allah e del Suo Profeta", nessuno avrebbe mai accettato una simile ingenua proposta e poco tempo dopo la morte di Maometto i musulmani attaccarono l'Impero bizantino, avvantaggiati dalla debolezza dell'impero, a causa della recente guerra bizantino-persiana del 602-628, e favoriti e ben accolti dagli ebrei, che subirono varie persecuzioni e discriminazioni sotto il dominio cristiano bizantino (già anni prima, quando i persiani nel 614 conquistarono la Siria, gli ebrei ne approfittarono per vendicarsi sui cristiani, soprattutto quelli di Tiro, sostenuti dalle autorità persiane). I primi governanti musulmani, invece, scoraggiarono le conversioni delle minoranze all'islam, perché in questo modo avrebbero perso la maggior parte delle entrate statali, che provenivano dalla tassa pagata dalle minoranze, la jizya.[17]

Nel 636 i musulmani arabi ottennero una schiacciante vittoria sull'esercito bizantino nella battaglia dello Yarmuk e completarono in tal modo la conquista dell'intera Siria. Lo stesso ʿUmar ibn al-Khaṭṭāb, secondo successore (Califfo) di Maometto, ricordò le istruzioni relative alle alternative poste ai dhimmi: la conversione, la sottomissione (riduzione cioè allo stato di dhimmi, concessa inizialmente solo a ebrei, cristiani e mazdei, ma poi estesa anche a induisti, buddisti e agli zoroastriani):

«Chiamate gli uomini a Dio: chi risponderà alla vostra chiamata, accettatelo. Ma chi si rifiuterà dovrà pagare la tassa sulla persona in segno di subordinazione e inferiorità. E su coloro che opporranno un ulteriore rifiuto scenderà impietosamente la spada. Temete Dio e assolvete la missione che vi è stata affidata»

Caddero poi in breve tempo Antiochia, Gerusalemme e tutta la Mesopotamia bizantina. Da qui gli arabi si diressero in Armenia mentre contemporaneamente cominciava l'avanzata in Egitto. Alla flebile resistenza bizantina i musulmani, guidati da ʿAmr b. al-ʿĀṣ, risposero con efficienza. Durante l'occupazione dell'isola di Nikiou, secondo un passaggio "ideologico" di Bat Ye'or della sua opera Il declino della cristianità sotto l'Islam (The Decline of Eastern Christianity Under Islam: From Jihad to Dhimmitude), le donne e i bambini stessi, rifugiati nelle chiese, furono uccisi.[18].

L'Armenia cristiana non sarebbe sfuggita alla conquista e Bat Ye'or parla per questo della riduzione in schiavitù di circa 35.000 persone.

««L'esercito nemico entrò nel paese come una furia e sterminò a colpi di spada i suoi abitanti. Quindi, dopo qualche giorno di pausa, gli ismaeliti (Arabi) tornarono da dove erano venuti trascinandosi dietro una moltitudine di prigionieri, pari a 35.000 uomini».[19]»

L'implausibilità della cifra fornita dalla studiosa, nota per il suo intenso sentimento anti-islamico, sta nelle evidenti difficoltà logistiche - se non impossibilità - di muovere a piedi, da una regione aspra come quella armena, una massa tanto grande di persone, rallentata come sarebbe stata da bambini, vecchi e donne, senza i viveri necessari per il loro sostentamento.[20] Le armate islamiche sarebbero giunte poi in Cilicia e Cappadocia:

«Essi invasero la Cilicia e si procurarono molti prigionieri, e quando arrivò Muʿāwiya ordinò che tutti gli abitanti fossero passati a fil di spada; [...] Quindi, dopo aver raccolto tutte le ricchezze della città presero a torturare i capi affinché mostrassero i tesori nascosti. In quel disgraziato paese essi ridussero in schiavitù l'intera popolazione.[21]»

In una recensione del già citato saggio di Bat Ye'or, lo storico statunitense Robert Brenton Betts disse che il titolo così come la premessa centrale erano fuorvianti: "il tono generale del libro è di parte e chiaramente anti-islamico. Sono trattati solo i peggiori esempi di comportamenti anti-cristiani attuati dai musulmani, in genere in tempo di guerra, secondo Betts, Bat Ye'or è chiaramente di parte e spesso fa riferimento a fonti cristiane dell'epoca non imparziali".[22]

Ci si è interrogati su come sia stata possibile una conquista tanto rapida di aree così vaste e popolose. Sicuramente si deve considerare la stanchezza delle popolazioni locali verso il duro e rapace dominio bizantino: gli arabi infatti offrivano paradossalmente una maggiore libertà religiosa ai cristiani "eretici" (dominavano in queste zone infatti le eresie monofisita e nestoriana, duramente avversate da Bisanzio) e richiedevano il pagamento di un tributo che era più leggero della tassazione imperiale.

In breve tempo le armate arabe conquistarono ampie regioni e arrivarono alle porte dell'Europa cristiana, assediandola sia da est sia da ovest: occuparono infatti Cipro, Rodi, Creta e la Sicilia, portandosi via ricchi bottini e migliaia di schiavi; invasero quindi la Spagna e organizzarono più spedizioni volte al saccheggio della Francia meridionale, come successe nel 792 quando Hishām, emiro di al-Andalus, chiamò tutti i musulmani al jihad.

Nell'827 ai combattenti del jihād fu presentata una nuova spedizione religiosa: la Sicilia. I Berberi e gli Arabi dell'Emirato aghlabide la invasero, particolarmente sanguinoso fu l'assedio di Siracusa dell'878, in cui gli invasori, dopo aver conquistato la città, la depredarono e la saccheggiarono, senza risparmiare gli abitanti. La loro dominazione sull'isola durò per due secoli fino al 1091 quando essa venne conquistata dai Normanni. Contemporaneamente l'esercito bizantino fu annientato dai Turchi selgiuchidi a Manzicerta, spianando la strada all'occupazione musulmana dell'Anatolia.

L'obiettivo ultimo delle guerre di conquista arabe (benedette come jihad) sarebbe stato illustrato dallo stesso Profeta che aveva incitato i suoi seguaci "a combattere contro gli infedeli, finché essi non avessero ammesso che non vi era altro Dio al di fuori di Allah e che Maometto era il Suo messaggero.[23]. In questo caso i termine infedeli va però inteso come "pagani", riferendosi agli abitanti della Mecca che avevano perseguitato i musulmani, costringendoli all'auto-esilio (Egira).

Situazione nel Vicino Oriente

Sagrato, ingresso principale e facciata della Basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme

Con la conquista islamica di Gerusalemme (638) la situazione dei cristiani e degli ebrei conobbe ovviamente alcune obiettive difficoltà. Anche se non si verificarono vere e proprie persecuzioni, si conobbero però talune forme di discriminazione ai danni dei sudditi non-musulmani, costretti allo stato di dimmitudine.
Infatti, mentre i pagani subirono dall'Islam politico una conversione forzosa, agli ebrei e ai cristiani, chiamati dal Corano Gente del Libro (Ahl al-Kitab), fu concesso di rimanere a vivere nelle loro terre, continuando a professare liberamente la propria fede, venendo però sottoposti a un pagamento discriminatorio rispetto ai musulmani (obbligati al solo versamento della zakat, laddove l'Ahl al-Kitab era tenuta al pagamento della jizya e dell'eventuale kharaj, da pagare mediante un cerimoniale che prevedeva che l'esattore colpisse simbolicamente il dhimmi sul capo e sulla nuca, affinché ricordasse di essere un cittadino soggetto al potere islamico.[24] I luoghi di culto non furono distrutti ma fu vietato costruirne di nuovi, malgrado fosse comunque consentito il loro restauro.
Una discriminazione per cristiani ed ebrei era costituita dal teorico obbligo d'indossare il zunnār - una fascia di tessuto stretta alla vita - anche se nei fatti la disposizione non fu mai applicata, e dal non poter testimoniare in giudizio contro un musulmano, diventando così potenzialmente soggetti agli eventuali abusi di un qualche prepotente.
Cristiani ed ebrei non potevano possedere armi né avere cavalli. Non potevano vendere alcolici o mangiare carne di maiale (alimenti entrambi il cui consumo era vietato ai musulmani), così come era vietato fare propaganda della propria fede esponendo croci in pubblico, o recitare a voce alta la Torah e il Vangelo.

La situazione dei pellegrini non era migliore.
All'inizio dell'VIII secolo ne furono crocifissi 60 che provenivano da Amorium; altri furono giustiziati dal governatore musulmano di Cesarea con l'accusa di spionaggio mentre, con la minaccia di saccheggiare la Chiesa della Resurrezione, veniva estorto denaro ai viandanti[25]. Alla fine dello stesso secolo fu proibita l'esposizione della croce all'interno di Gerusalemme, fu incrementata la tassa sulla persona (gizya) e fu impedito ai cristiani di impartire insegnamenti religiosi ad altri, anche ai figli stessi. Nel 789 furono saccheggiati diversi monasteri tra cui quello di San Teodosio a Betlemme mentre, all'inizio del IX secolo, le persecuzioni si fecero così dure che molti cristiani fuggirono a Costantinopoli e nei territori bizantini. Nel 937 toccò alle chiese del Calvario e della Resurrezione essere saccheggiate e distrutte[26].

Con l'intento di riconquistare la Siria perduta nel VII secolo, l'Impero bizantino decise di intervenire nella seconda metà del X secolo con un esercito affidato al domestikos bizantino Niceforo Foca, che condusse una serie di fortunate campagne contro i musulmani di Siria-Palestina, riassumendo il controllo della Cilicia e di parte della Siria. Nel 974 i bizantini furono accusati "di aver occupato le terre appartenenti all'Islam" e il califfo abbaside di Baghdad invocò il jihad, al quale risposero combattenti provenienti anche dall'Asia centrale. Tuttavia i contrasti tra sciiti e sunniti portarono alla sconfitta dei musulmani e nel 1001 il basileus di Costantinopoli, Basilio II, concluse una tregua decennale con il califfo. Nel 1004 Abū ʿAlī al-Manṣūr al-Ḥākim (985-1021) imam fatimide considerato pazzo da diversi storici,[27] volendo convertire tutti i suoi sudditi all'Ismailismo, prese a perseguitare ebrei e cristiani e gli stessi musulmani sunniti, nell'intento probabile di convertirli tutti all'Ismailismo. Stracciò quindi improvvisamente il trattato coi bizantini, ordinando di devastare le chiese, bruciare le croci e impossessarsi dei beni ecclesiastici. In seguito a ciò si disse che fossero rase al suolo 3000 chiese (un numero troppo alto per essere anche lontanamente verosimile, viste le restrizioni di cui s'è detto precedentemente), molti cristiani si convertirono all'Islam per avere salva la vita e le stesse chiese del Santo Sepolcro in Gerusalemme e della Resurrezione furono distrutte.

Tale evento fece così scalpore nel mondo cristiano che ancora ottanta anni dopo esso fu agitato come un improbabile casus belli da parte della Chiesa di Roma, laddove la crociata ebbe invece diverse e non meno convincenti concause.

Infine l'Imam fatimide ordinò a cristiani ed ebrei di convertirsi all'Islam o di lasciare i suoi domini[28].

In seguito il sovrano fatimide allentò la sua stretta sulle minoranze, restituendo buona parte dei beni confiscati alla chiesa e concesse ai bizantini la possibilità di ricostruire la Basilica del Santo Sepolcro, in cambio della costruzione di una moschea a Bisanzio. Tale patto fu onorato da ambo le parti ma la situazione dei cristiani continuò a essere precaria, tanto che nel 1056 fu proibito loro di entrare nella Chiesa del Santo Sepolcro e, con l'arrivo dei Turchi selgiuchidi dall'Asia, ebbe inizio un nuovo periodo di terrore.

Nel 1077 Gerusalemme fu conquistata dai turcomanni e, nonostante il loro capo, l'avventuriero Atsız ibn Uvaq, avesse assicurato che non avrebbe colpito gli abitanti, furono uccise oltre 3000 persone.[29] Dopo la conquista di questi territori da parte dei turchi selgiuchidi si iniziò a parlare di rapine, sequestri, uccisioni, stupri a danno dei pellegrini diretti in Terra Santa e di come questi fossero costretti a viaggiare sotto scorta armata (cosa assai improbabile, vista l'impossibilità che uomini armati non musulmani si aggirassero per le strade di una qualsivoglia contrada islamica). Certi storici credono tuttavia che le vessazioni subite dai pellegrini siano state ingigantite e moltiplicate con l'obiettivo di stimolare una convinta reazione armata dei cristiani latini, e che fosse in realtà la montante potenza selgiuchide a spaventare il mondo cristiano che, dopo la disastrosa disfatta di Romano IV Diogene a Manzicerta (conseguenza del grave periodo di crisi che stava attraversando l'Impero bizantino), temeva che si stesse profilando un terribile cataclisma anche per la cristianità latina e che il sultanato selgiuchide avrebbe potuto realizzare la conquista islamica dell'Europa. Il nuovo imperatore bizantino Alessio I, nonostante le divergenze tra la Chiesa di Costantinopoli e quella di Roma, mise da parte l'orgoglio e si decise a chiedere aiuto per la minacciata sorte della Cristianità d'Oriente. Fu così che, come risposta, nacque la prima crociata.

Situazione in Europa

Guglielmo Embriaco, detto "testa di maglio", fu un crociato inviato in Terra Santa dalla Repubblica marinara di Genova. Così è raffigurato sul frontale di Palazzo San Giorgio

Intanto la società europea dell'XI secolo era in piena crescita economica e demografica, secondo una tendenza iniziata tra il VIII e il IX secolo. Il mondo europeo aveva saputo riorganizzarsi di fronte agli attacchi subiti dalle invasioni di musulmani, ungari, normanni e altri. Esisteva tuttavia un certo disagio sociale dovuto all'organizzazione feudale che faceva sì che i figli cadetti delle famiglie nobili avessero come uniche scelte le carriere o ecclesiastica o militare; c'era quindi una forte fetta di nobili armati in cerca di fortuna che, soprattutto dalla Francia, rispose con zelo alle richieste di aiuto provenienti dai regni cristiani di León, Castiglia, Navarra e Aragona impegnati nella Reconquista.

La stessa Chiesa romana, impegnata nella lotta per le investiture contro gli imperatori germanici, incoraggiò la guerra come una reazione giusta all'invasione musulmana sollecitando l'aiuto della cavalleria europea; tuttavia, a differenza degli islamici, non erano garantiti benefici della guerra santa ai soldati morti in battaglia. L'intervento della Chiesa aveva anche la finalità politica di trovare appoggi e farsi riconoscere come fonte di legittimità a governare in un momento in cui era fortemente provata e messa in discussione dal contenzioso con l'Impero e dall'applicazione della riforma gregoriana.

Anche al di fuori della penisola iberica si registrò un rinnovato slancio, da parte del mondo occidentale, per la riconquista dei territori occupati, come in Sicilia, nelle Isole Baleari e in brevi incursioni in Corsica e Sardegna. Spesso il motore di queste spedizioni erano le città portuali affacciate sulle coste tirreniche, adriatiche, provenzali e catalane, che accanto a un commercio col mondo bizantino e arabo (nonostante i divieti), accostavano dall'XI secolo brevi spedizioni militari, come quella unita di Genova e Pisa nel 1015-1016, il sacco di Palermo da parte dei pisani nel 1067, o quello della città tunisina di al-Mahdiya, sempre ad opera dei pisani (1087). Il successo di queste spedizioni venne preso a modello per le successive grandi imprese in Oriente.

L'esercito crociato

Goffredo di Buglione al comando di alcuni cavalieri della prima crociata.

All'appello di papa Urbano II risposero nella prima crociata 40.000 persone, di cui solo una piccola minoranza erano cavalieri. Tuttavia, a differenza di quanto si pensa, non partirono solamente avventurieri in cerca di fortuna o cadetti delle famiglie che non avevano diritto alla successione. La maggior parte dei cavalieri crociati erano infatti signori nobili che vendevano i propri possedimenti per permettersi l'armatura e il viaggio in Oriente per sé e per i propri cavalieri fedeli; a partire per la croce non fu chi aveva meno da perdere ma chi possedeva di più. Anche se qualcuno sperava di fare bottino, il papa aveva decretato che le conquiste sarebbero spettate al “principe” (Alessio I Comneno nel caso della prima crociata).

Per capire cosa spingeva migliaia di cavalieri a intraprendere una missione tanto onerosa e pericolosa non bisogna dimenticare che si trattava di uomini che avevano un fortissimo senso religioso. Nell'XI secolo la cultura dei nobili prevedeva la dimostrazione pubblica di pietà; inoltre essi erano conosciuti tanto per le imprese militari quanto per l'amore che dimostravano verso Dio: era dovere di un aristocratico rendere i frutti dei suoi servigi alla Chiesa e al popolo. La crociata era un ulteriore mezzo per dimostrare la loro carità: difendendo la Chiesa, difendevano tutto quanto vi era di buono e giusto nel mondo. Si può quindi affermare che (secondo quello che sappiamo sulla mentalità medievale) la maggior parte dei crociati era spinta dal sincero amore di Dio. Anche tra i ranghi inferiori è probabile che prevalessero i principi che muovevano i signori più ricchi ma non vi è dubbio che chi aveva di meno sperava di guadagnarci qualcosa.

Lo stesso pontefice pensava alla crociata non come a una guerra santa, ma come a un dovere caritatevole nei confronti dei confratelli orientali ed era giusto che costoro si adoperassero per rivendicarne le terre e le proprietà. Non va comunque dimenticato che da circa mezzo secolo si era avuto il famoso scisma tra Chiesa d'Occidente e d'Oriente e che, avendovi il romano pontefice notevolmente perso in influenza (in quanto il Patriarca di Costantinopoli aveva rivendicato l'indipendenza del clero bizantino) egli ebbe anche ragioni prettamente politiche per voler aiutare l'imperatore Alessio I, sperando che ciò avrebbe agevolato un riavvicinamento (che, effettivamente, in un momento iniziale ci fu, prima che i bizantini si accorgessero che i crociati apportavano più danni che benefici).

Urbano II sapeva però che non era sufficiente fare appello al cuore degli uomini per convincerli all'azione; così la riconquista della Terra santa (che fino a quel momento era stata considerata nient'altro che una conseguenza) divenne l'obiettivo ufficiale della missione. Tuttavia questo idealismo non fece comportare i crociati in modo particolarmente pio durante il viaggio: erano guerrieri devoti ma altrettanto arroganti e brutali e non mancarono atti di violenza e azioni riprovevoli. Chi voleva intraprendere il viaggio doveva fare "il voto del pellegrino" "prendendo la Croce". Quindi con mezzi propri doveva raggiungere la terra Santa; il suo giuramento non era vincolato né al papa né a nessun altro uomo, ma direttamente al Signore. La massa di pellegrini quindi erano tutt'altro che un esercito; l'unico aspetto che la teneva coesa erano i legami feudali e familiari al suo interno anche perché, il titolo di “comandante in capo”, era solamente onorario. Ciò rese estremamente difficile mantenere il controllo della spedizione: un esercito crociato era in realtà una massa semiorganizzata di soldati, sacerdoti, servi e altri individui al seguito che si dirigevano più o meno nello stesso posto per scopi analoghi. Una volta partito, non lo si poteva più controllare.

Prima crociata

Lo stesso argomento in dettaglio: Prima crociata e Guerra tra Crociati e Selgiuchidi.
I quattro comandanti della prima crociata, tra cui Goffredo di Buglione, in un dipinto di Alphonse-Marie-Adolphe de Neuville del 1883

La richiesta di aiuto che l'imperatore bizantino Alessio I Comneno aveva inviato tramite una lettera al conte di Fiandra tornò a favore di papa Urbano II, il quale, secondo il cronista Bernoldo di Costanza, avrebbe fatto riferimento esplicito all'aiuto da portare ai Cristiani d'Oriente nel concilio di Piacenza, precedente l'accorato appello finale di Clermont. Quindi, anche se fu l'imperatore bizantino a domandare aiuto, l'appello alle crociate fu fatto ufficialmente per salvare i cristiani d'Oriente dalla loro situazione drammatica[30].

Quando Urbano II indisse un pellegrinaggio armato al concilio di Clermont (1095) al grido di Deus vult ("Dio lo vuole"), nessuno pronunciò la parola "crociata", si pensava infatti a una sorta di pellegrinaggio di massa a Gerusalemme[30][31]. La croce rossa che i pellegrini portavano sul mantello infatti stava a significare che erano pronti a versare il loro sangue per un viaggio redentore ma di certo nessuno si aspettava una simile risposta da parte dei fedeli. Urbano II sperava, una volta aiutato Alessio I, di ristabilire la sua autorità in una nuova riconciliazione e riunificazione tra la Chiesa d'Occidente e quella d'Oriente nella lotta contro i musulmani.

La reazione del popolo fu però incontrollata e molti partirono immediatamente, male armati e poco equipaggiati. Tale spedizione, che sarà poi chiamata "crociata dei Pezzenti", fu guidata da Pietro l'eremita e Gualtieri Senza Averi, nobile squattrinato, si concluse con il massacro delle forze cristiane a opera dei musulmani presso Nicea. Oltre a mancare completamente l'obiettivo della Terra Santa, degenerò nei primi pogrom contro gli Ebrei presso le coste dalmate.

La prima vera crociata, detta "dei nobili", avvenne nell'autunno del 1096 e fu guidata fra gli altri da Goffredo di Buglione. Essa portò i maggiori successi dal punto di vista territoriale; i terreni conquistati però non furono tutti restituiti a Bisanzio, come pattuito prima delle spedizioni, ma alcuni portarono alla nascita degli stati crociati d'Outremer. Tuttavia spesso le azioni dei crociati si riveleranno incontrollate e fin dal loro arrivo a Gerusalemme nel 15 luglio 1099, dopo aver proceduto al massacro degli abitanti della città, gli storici parlano di soprusi non solo nei confronti dei musulmani, ma anche nei confronti degli ortodossi.

Crociata del 1101

Lo stesso argomento in dettaglio: Crociata del 1101.

La cosiddetta "crociata del 1101" fu in realtà l'insieme di tre diverse imprese, organizzate in seguito al successo della prima crociata, alla fine della quale si era levata la richiesta di rafforzare il neonato regno di Gerusalemme, cosicché papa Urbano II lanciò l'appello per una nuova crociata.

Seconda crociata

Lo stesso argomento in dettaglio: Seconda crociata e Guerra tra Zengidi e Crociati.

Fu solo con la seconda crociata (1147-1149), causata dalla caduta di Edessa (1144), che il fine bellico divenne esplicito.

Il teologo Bernardo di Chiaravalle teorizzò, in risposta alla difficoltà per un cristiano di conciliare la guerra non difensiva con la parola di Dio, la teoria del "malicidio": chi uccide un uomo intrinsecamente cattivo che si oppone a Cristo, non uccide in realtà un uomo, ma il male che è in lui; dunque egli non è un omicida bensì un "malicida". Questa episodica giustificazione, in risposta a un espresso quesito dei cavalieri templari, non assunse tuttavia il carattere di giustificazione generalizzata di quella che fu, in effetti, una campagna per la ripresa di Antiochia.

La seconda crociata venne condotta con un'eccessiva spavalderia dal re di Francia Luigi VII, alleato al solo Corrado III di Svevia, ignorando le possibili alleanze con alcuni potentati musulmani che avrebbero permesso di riprendere la contea di Edessa. Egli, ascoltando le perorazioni di alcuni cattivi consiglieri abbagliati dalle ricchezze di Damasco, cinse d'assedio la capitale siriana senza nemmeno cercare l'aiuto del re normanno di Sicilia né del basileus bizantino, riportando una disastrosa sconfitta nel 1148.

Esempio di arte crociata: chiesa di sant'Anna (1140 circa) a Gerusalemme

Terza crociata

Lo stesso argomento in dettaglio: Terza crociata.

La terza crociata (1189-1192), detta anche la "crociata dei Re", fu un tentativo, da parte di vari sovrani europei, di strappare Gerusalemme e quanto perduto della Terra santa a Saladino. Vi parteciparono l'imperatore Federico Barbarossa, che morì in Anatolia cadendo da cavallo e annegando a causa della pesantezza della sua armatura durante il guado di un fiume della Cilicia, Filippo II Augusto, re di Francia e Riccardo Cuor di Leone, re d'Inghilterra.

Grazie agli sforzi di Riccardo d'Inghilterra fu ottenuto almeno un risultato positivo: la riconquista di San Giovanni d'Acri, che divenne la nuova capitale del Regno. Dopo la battaglia di Arsuf fu siglata col Saladino la pace di Ramla del 1192.

Quarta crociata

Lo stesso argomento in dettaglio: Quarta crociata.

La quarta crociata fu indetta da papa Innocenzo III all'indomani della propria elezione al soglio pontificio nel 1198, e fu diretta contro i musulmani in Terra Santa. Nella prima enciclica di Innocenzo III dell'agosto 1198 la liberazione di Gerusalemme era vista come necessaria.

I crociati in realtà non arrivarono mai in Terra Santa. Visto l'esiguo numero di soldati giunti a Venezia, il doge veneziano Enrico Dandolo partì alla riconquista di Zara. Conquistata poi la città ribelle, venne raggiunto dal figlio dell'imperatore deposto a Bisanzio. Giunto a Bisanzio reinsediò il legittimo governo ma non ebbe la possibilità, come preventivamente accordato, di porre una base commerciale nella città, come cioè era nel 1190 circa prima della rivolta anti-veneta e filo-genovese, ove si dice che Dandolo stesso avesse perso la vista da un occhio. Visto che il nuovo Cesare non sembrava voler accordare quanto pattuito per il suo ritorno al trono, i crociati presero nuovamente Costantinopoli. L'Impero bizantino venne spartito tra i crociati, con le principali piazzeforti commerciali in Morea e alcune isole adriatiche assegnate a Venezia stessa, dando poi inizio al cosiddetto Impero latino di Costantinopoli.

Quinta crociata

Lo stesso argomento in dettaglio: Quinta crociata.

Sotto il pontificato di papa Innocenzo III il Concilio Lateranense IV aveva deciso d'indire una nuova crociata, la quinta (1217-1221). Federico II, in occasione della sua incoronazione a Rex romanorum, nel 1215, giurò solennemente di prendervi parte, ma poi rimandò più volte, il che provocò tensioni con il papa. Papa Onorio III stabilì infine che la crociata dovesse aver inizio il 1º giugno 1217. Dopo la defezione in Palestina di Andrea II d'Ungheria nel 1218[32], si tentò una nuova via, quella di prendere lo strategico porto egiziano di Damietta, sulla parte orientale del delta del Nilo, ma la spedizione - che vide la presenza anche di Francesco d'Assisi che arrivò davanti al Sultano ayyubide al-Malik al-Kamil per dare una testimonianza pacifica della fede cristiana[33] - si rivelò un fallimento: dopo la conquista di Damietta nel novembre 1219, l'esercito crociato attese inutilmente l'arrivo della flotta di Federico II, che arrivò solo dopo la rovinosa sconfitta nell'agosto 1221[32].

Sesta crociata

Lo stesso argomento in dettaglio: Sesta crociata.
L'incontro tra Federico e al-Kāmil durante la sesta crociata

Dopo il fallimento della quinta crociata, l'imperatore Federico II, con il trattato di San Germano (l'odierna Cassino), si era solennemente impegnato, nel 1225, a guidare la sesta crociata in Terra Santa[34] di cui aveva più volte ritardato l'inizio, impegnato com'era alla prioritaria stabilizzazione politica e al consolidamento amministrativo del Regno di Sicilia, attraversato allora da moti di rivolta[35]. Quando nel 1227, a causa di una malattia, fu costretto a rimandare la crociata ancora una volta, fu scomunicato da papa Gregorio IX. Nonostante questo, l'anno successivo, Federico si recò a Gerusalemme, mentre il papa lo definiva "Anticristo".

Questa crociata fu l'unica combattuta pacificamente con gli strumenti della politica: Federico l'aveva preparata su un piano squisitamente diplomatico: nell'estate 1227, aveva inviato Berardo di Castagna, arcivescovo di Palermo a lui fedelissimo, in missione diplomatica in Egitto, insieme a Tommaso I d'Aquino, conte di Acerra[36]: recando con sé ricchissimi doni, tra cui pietre preziose e un cavallo sellato d'oro[36] Berardo aveva il delicato compito di saggiare le interessanti prospettive di intesa appena apertesi con il sultano ayyubide, il curdo al-Malik al-Kāmil[32]. L'intesa con il sultano sarà decisiva per assicurare il grande successo alla crociata di Federico, che portò grandi acquisizioni, ma per via pacifica e su un terreno esclusivamente diplomatico, dopo il totale fallimento militare della crociata precedente, da cui Federico era rimasto indenne per non esservisi impegnato. Federico, avendo sposato l'erede alla corona di Gerusalemme Isabella di Brienne, poteva presentarsi come valido successore al titolo regale: nonostante la scomunica ne indebolisse il potere contrattuale, egli ottenne dal sultano, per via diplomatica, la cessione di Gerusalemme, che venne accordata a patto che le fortificazioni cittadine fossero demolite, in modo da non costituire fonte di preoccupazione militare per il sultano.

Settima crociata

Lo stesso argomento in dettaglio: Settima crociata.

La settima crociata si svolse fra il 1249 e il 1250. Fu diretta contro l'Egitto e guidata dal re di Francia Luigi IX il Santo. È probabile che l'invasione di Napoli e Palermo da parte di Carlo d'Angiò, fratello di Luigi IX, fosse finalizzata a creare una "testa di ponte" franca per le crociate.[30]

Ottava crociata

Lo stesso argomento in dettaglio: Ottava crociata.

L'ottava crociata fu anch'essa diretta contro i domini musulmani in Nordafrica e fu sempre guidata da Luigi IX.

Nona crociata

Lo stesso argomento in dettaglio: Nona crociata.

La nona crociata è solitamente considerata l'ultima crociata medievale a essere stata condotta contro i musulmani in Terra Santa. La maggior parte degli storici, tuttavia, non la considera come una crociata a sé, ma come la seconda parte dell'ottava[37].

Conseguenze delle crociate

Tra gli effetti delle crociate vi fu l'intensificazione dei traffici con l'Oriente; il rafforzamento delle repubbliche marinare a danno di Arabi e Bizantini; lo sviluppo della classe borghese (mercanti e artigiani) e l'indebolimento dell'aristocrazia feudale terriera; il contatto più stretto con l'Oriente cristiano e arabo che portò a un ampliamento degli orizzonti culturali.

D'altro canto vi fu l'incapacità militare degli eserciti europei di fermare l'avanzata islamica nel Mediterraneo; l'indebolimento dell'Impero Bizantino a causa dell'intervento militare delle forze occidentali; l'accentuazione delle incomprensioni e degli attriti tra cristiani d'Oriente e d'Occidente e tra cristiani e musulmani.

Altre crociate

Filmografia

Numerosi episodi del film, tra cui la "trattativa" che consentì ai crociati difensori di Gerusalemme di lasciare incolumi la Città Santa in cambio della non distruzione di Gerusalemme, sono riportati da storici ayyubidi, la cui traduzione in inglese è da anni disponibile in lingua inglese: Abū Shāma, Ali Ibn al-Athir, Bahāʾ al-Dīn, ʿImād al-Dīn (nel cui al-Fatḥ al-qussī fī l-fatḥ al-qudsī è compreso l'episodio della trattativa di cui in Italia esiste solo quel poco proposto da Francesco Gabrieli nel suo Storici arabi delle crociate, alle pp. 138-144 e 154-160).

Videogiochi

Note

Questa voce è parte della serie
Oriente cristiano

Cristo Pantocratore nella basilica di Santa Sofia in Istanbul.

Riti liturgici
Portale Cristianesimo
  1. ^ Crusade - Online Etymology Dictionary
  2. ^ S. Runciman, op. cit., passim.
  3. ^ Steven Runciman, Storia delle crociate, Einaudi, Torino, 1966, vol. I, p. 94: «Papa Urbano II ... lanciò il suo grande appello: la Cristianità occidentale si metta in marcia per soccorrere l'Oriente; ricchi e poveri dovrebbero ugualmente partire, dovrebbero smetterla di trucidarsi a vicenda e combattere invece una guerra giusta, compiendo l'opera di Dio; e Dio li avrebbe guidati. Chi fosse morto in battaglia avrebbe ricevuto l'assoluzione e la remissione dei peccati».
  4. ^ La visione cristiana di guerra santa alla base dell'ideologia di crociata trova una sua espressione particolarmente significativa nel Trattato De laude novae militiae ad Milites Templi del monaco cistercense Bernardo di Chiaravalle (più tardi ispiratore della disastrosa Terza crociata): «... I cavalieri di Cristo combattono invece le battaglie del loro Signore e non temono né di peccare uccidendo i nemici, né di dannarsi se sono essi a morire: poiché la morte, quando è data o ricevuta nel nome di Cristo, non comporta alcun peccato e fa guadagnare molta gloria. Nel primo caso infatti si vince per Cristo, nell'altro si vince Cristo stesso: il quale accoglie volentieri la morte del nemico come atto di giustizia, e più volentieri ancora offre se stesso come consolazione al Cavaliere caduto».
  5. ^ Jacques Le Goff,Il Basso Medioevo, Feltrinelli, Milano, 1967.
  6. ^ Ad esempio Oriana Fallaci che nel suo La forza della ragione (Rizzoli, Milano, 2004, p. 41), affermava: «[Le crociate] furono spedizioni per rientrare in possesso del Santo Sepolcro».
  7. ^ Nuovo dialogo con la storia e l'attualità, ed. La Nuova Italia, 2015, vol. 1, pp. 49-53.
  8. ^ Citato in: F. Bugani, Giorgina Saffi. Una gentile mazziniana di ferro, Forlì, Cartacanta Editore, 2010, p. 60.
  9. ^ S. Runciman, op. cit., vol. I, pp. 222-223.
  10. ^ S. Runciman, op. cit., vol. I, p. 247.
  11. ^ Fu il rimorso per le atrocità commesse dai cristiani latini contro i cristiani greci, con l'ipotizzata segreta benevolenza pontificia, a indurre papa Giovanni Paolo II a chiedere, il 4 marzo 2001, perdono per quanto accaduto al Patriarca di Costantinopoli.
  12. ^ J. Riley-Smith, Breve storia delle crociate, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1994, pp. 329-331
  13. ^ C. H. Becker, Vom Werden und Wesen der Islamischen Welt, I (1924)
  14. ^ Claudio Lo Jacono, Storia del mondo musulmano (VII-XVI secolo. Volume I. Il Vicino oriente, Torino, Einaudi, 2003, pp. 46-47.
  15. ^ L'epiteto "il Magnifico" è una inadeguata traduzione di al-ʿAẓīm, che per lo più viene reso dall'aggettivo "il Sublime".
  16. ^ Cfr. (a cura di Virginia Vacca, Sergio Noja e Michele Vallaro), Detti e fatti del profeta dell'islam raccolti da al-Bukhari, Torino, UTET, 1982
  17. ^ Mark R. Cohen, "The Neo-Lachrymose Conception of Jewish-Arab History", su: Tikkun 6.3 (1991), p. 55
  18. ^ «Essi occuparono la città e massacrarono chiunque incontrassero per le strade e nelle chiese – uomini, donne e bambini - senza risparmiare nessuno. Quindi raggiunsero altre località, saccheggiando e uccidendo tutti gli abitanti che trovavano». Cfr. Bat Ye'or, The Decline of Eastern Christianity Under Islam: From Jihad to Dhimmitude, pp. 271-272
  19. ^ Ivi, p. 275.
  20. ^ L'esagerazione delle cifre è inoltre un ben noto fenomeno ricorrente nella polemologia antica e medievale.
  21. ^ Ivi, pp. 276-277.
  22. ^ The Decline of Eastern Christianity Under Islam: From Jihad to Dhimmitude. - Middle East Policy | HighBeam Research
  23. ^ al-Bukhari, Ṣaḥīḥ al-Bukhārī, cit., vol. 1, libro 2, n. 25. Tale imposizione riguardava soli i pagani politeisti.
  24. ^ Tritton, Caliphs and Their Non-Muslim Subjects, p. 227
  25. ^ Robert Spencer, The politically incorrect guide to Islam (and the Crusades), p. 122
  26. ^ Moshe Gil, A History of Palestine. 634-1099, pp. 473-476
  27. ^ Hugh Kennedy, The Age of the Caliphates; Yaḥyā b. Saʿīd al-Antākī, Cronache, a cura di B. Pirone, Milano, Jaca Book, 1998, pp. 217-312. Quest'ultima testimonianza di un cronista lodato dagli studiosi orientalisti per il suo "scrupolo" è particolarmente rilevante per avvalorare l'ipotesi di instabilità mentale dell'Imam/Califfo fatimide. L'autore (980-1066) - che mette in luce le deliberazioni spesso fortemente illogiche di al-Hākim - fu un alto prelato cristiano, contemporaneo e testimone diretto di quanto narrato
  28. ^ Gil, A History of Palestine, p. 376
  29. ^ Gil, op. cit., p. 412
  30. ^ a b c Marc Ferro. Histoire de France, Parigi, Odile Jacob, 2001, p. 67
  31. ^ Franco Cardini, Marina Montesano. Storia medievale, Firenze, Le Monnier Università, 2006.
  32. ^ a b c Hubert Houben, Federico II. Imperatore, uomo, mito, il Mulino, 2009 ISBN 978-88-15-13338-0 (p. 35)
  33. ^ Alvaro Cacciotti e Maria Melli (a cura di), I Francescani e la crociata, Milano, Edizioni Biblioteca Francescana, 2014.
  34. ^ Hubert Houben, Federico II. Imperatore, uomo, mito, il Mulino, 2009 ISBN 978-88-15-13338-0 (p. 31)
  35. ^ Hubert Houben, Federico II. Imperatore, uomo, mito, il Mulino, 2009, ISBN 978-88-15-13338-0 (p. 29)
  36. ^ a b Giosuè Musca, crociata, Enciclopedia Federiciana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana
  37. ^ Alberto De Bernardi e Scipione Guarracino, La discussione storica 1, 2010, ISBN 978-88-424-4642-2

Bibliografia

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  • Roberto Gervaso (a cura di), Storia delle crociate, Milano, Editoriale Domus, 1978.
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  • Marc Ferro, Histoire de France, Paris, Odile Jacob, 2001. ISBN 2-7381-0927-6
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  • Giosuè Musca, crociata, Enciclopedia Federiciana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani
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