Discussione:Inceneritore/Bozza2

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Gli inceneritori sono impianti principalmente utilizzati per lo smaltimento dei rifiuti mediante un processo di combustione ad alta temperatura (incenerimento) che dà come prodotti finali un effluente gassoso, ceneri e polveri.

Negli impianti più moderni, il calore sviluppato durante la combustione dei rifiuti viene recuperato e utilizzato per produrre vapore, poi utilizzato per la produzione di energia elettrica o come vettore di calore (ad esempio per il teleriscaldamento). Questi impianti con tecnologie per il recupero vengono indicati col nome di inceneritori con recupero energetico, o più comunemente termovalorizzatori.

Impianto di incenerimento sito nell'area di Forlì , capace di trattare 18 t/h di rifiuti domestici.
Inceneritore di Vienna, decorato da Friedensreich Hundertwasser, collegato ad una rete di distribuzione di calore.
Inceneritore di Thun situato nei pressi dell'omonimo lago nel cantone di Berna.

Il termine termovalorizzatore, seppur di uso comune, è talvolta criticato in quanto sarebbe fuorviante. Infatti, secondo le più moderne teorie sulla corretta gestione dei rifiuti gli unici modi per "valorizzare" un rifiuto dovrebbero essere prima di tutto il riuso e poi il riciclo, mentre l'incenerimento (anche se con recupero energetico) costituirebbe semplice smaltimento e sarebbe dunque da preferirsi alla sola discarica controllata. Si fa notare che il termine non viene inoltre mai utilizzato nelle normative europea e italiana di riferimento, nelle quali si parla solo di "inceneritori".[1][2][3]

Lo stesso argomento in dettaglio: Gestione dei rifiuti.

Rifiuti di interesse per l'incenerimento[modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Combustibile derivato dai rifiuti.
Rifiuti trattati in attesa di essere avviati alla combustione.

Le categorie principali e quantitativamente predominanti di rifiuti inceneribili sono:

A queste si possono aggiungere categorie particolari come i fanghi di depurazione, i rifiuti medici o dell'industria chimica.

Vi è poi una grande quantità di rifiuti non inceneribili (classificati "inerti") provenienti da costruzioni e demolizioni: questi costituiscono una percentuale di circa il 25% del totale, pari a ~30 milioni di tonnellate l'anno (dati 2001). [4]

Prima di procedere all'incenerimento i rifiuti possono essere trattati tramite processi volti a eliminare i materiali non combustibili (vetro, metalli, inerti) e la frazione umida (la materia organica come gli scarti alimentari, agricoli, ecc...). I rifiuti trattati in questo modo sono definiti CDR (ovvero combustibile derivato dai rifiuti) o più comunemente ecoballe.

Diffusione in Italia e in Europa[modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Elenco di inceneritori in Italia.
1. Impianti in Europa (2002)[5]
Le nazioni che non hanno impianti sono state omesse.
Nazione Numero
impianti
Quantitativi
trattati
(t/anno)
Austria 2 406 700
Belgio 18 2 652 000
Danimarca 32 3 136 000
Francia 112 11 965 800
Germania 60 16 787 400
Inghilterra 3 1 071 000
Italia 50
vedi dettagli
3 488 776
Norvegia 4 273 000
Olanda 11 4 412 000
Portogallo 2 933 800
Spagna 8 1 070 300
Svezia 19 2 344 000
Svizzera 31 3 150 700
Ungheria 1 420 000
Totale 354 52 111 476

In Europa sono attivi attualmente (al 2002) 354 impianti di termovalorizzazione/incenerimento, in 18 nazioni. In alcune situazioni, impianti di questo genere sono da tempo inseriti in contesti urbani, ad esempio a Vienna, Parigi, Londra, Copenaghen. Paesi quali Svezia (circa il 45% del rifiuto viene incenerito), Svizzera (~100%), Danimarca (~50%) e Germania (~20%) ne fanno largo uso; in Olanda (in particolare ad Avr e Amsterdam) sorgono alcuni fra i più grandi inceneritori d'Europa, che permettono di smaltire fino a un milione e mezzo di tonnellate di rifiuti all'anno (~33% del totale). In Olanda comunque la politica – oltre a porsi l'obiettivo di ridurre il conferimento in discarica di rifiuti recuperabili – è quella di bruciare sempre meno rifiuti a favore di prevenzione, riciclo e riuso[6] (ad esempio mediante incentivi, come cauzioni e riconsegna presso i centri commerciali sul riutilizzo delle bottiglie di vetro e di plastica).

Di contro altri paesi europei ne fanno un uso molto limitato o nullo: Austria (~10%), Spagna e Inghilterra (~4-7%), Finlandia, Irlanda e Grecia (0%) sono esempi in tal senso.

In Italia l'incenerimento dei rifiuti è una modalità di smaltimento minoritaria, ma comunque nella media dei paesi europei (si vedano i quantitativi trattati indicati nella tabella a lato), anche a causa dei dubbi che permangono sulla nocività delle emissioni nel lungo periodo e delle conseguenti resistenze della popolazione: la maggior parte dei circa 3,5 milioni di tonnellate di combustibile da rifiuti italiani viene incenerita in impianti del Nord, e il totale nazionale ammonta a circa il 12% sul totale dei rifiuti solidi urbani.[7]

A Brescia, in prossimità della città, c'è uno dei termovalorizzatori più grandi d'Europa (ca. 750 000 tonnellate l'anno: il triplo di quello di Vienna) che soddisfa da solo circa un terzo[8] del fabbisogno di calore dell'intera città (1100 GWh/anno) e che, nonostante sia stato oggetto di diverse procedure di infrazione da parte dell'Unione Europea, nell'ottobre 2006 è stato proclamato «migliore impianto del mondo»[9] dal Waste to Energy Research and Technology Council,[10] un organismo formato da tecnici e scienziati di tutto il mondo e promosso dalla Columbia University di New York; ha suscitato però qualche perplessità il fatto che questo organismo annoveri tra gli "enti finanziatori e sostenitori" la Martin GmbH,[11] che è tra i costruttori dell'inceneritore premiato. Da notare che la produzione di RSU della provincia di Brescia è minore della capacità dell'impianto, per cui per far funzionare a pieno regime i forni devono essere reperite circa 200 000 tonnellate l'anno di rifiuti di altra provenienza e/o tipologia.[12]

Primo impianto d'incenerimento in Germania (Hamburg-Hammerbrook, 1895)

A Trezzo sull'Adda, in provincia di Milano, c'è uno dei più moderni termovalorizzatori in esercizio in Europa. Nel resto del settentrione sono diffusi principalmente piccoli impianti a scarso livello tecnologico con basso rendimento, per i quali sono necessari dei rammodernamenti (come a Desio, Valmadrera e Cremona).

Tuttavia, anche impianti ristrutturati ed "adeguati" di recente, presentano a volte emissioni fuori norma: nel gennaio 2008 l'inceneritore di Terni (ristrutturato nel 1998) è stato posto sotto sequestro in quanto i gestori (la società ASM), avrebbero nascosto emissioni gassose e nelle acque di scarico pesantemente fuori norma con alte concentrazioni di mercurio, cadmio, diossine, acido cloridrico. Sarebbero inoltre stati bruciati in più occasioni persino rifiuti radioattivi di origine ospedaliera e non solo.[13]

Nel meridione troviamo invece una peggiore gestione del problema rifiuti: la scarsa raccolta differenziata, affiancata ad un basso numero di inceneritori, sfocia in un eccessivo ricorso all'utilizzo della discarica (fra i più alti in Europa), e ha spesso richiesto la spedizione dei rifiuti dal Sud agli inceneritori del Nord (e a volte anche verso l'estero).

Tecnologie di incenerimento[modifica wikitesto]

Gli inceneritori più diffusi in Italia ed in Europa sono del tipo "a griglie". Trattandosi sostanzialmente di impianti che sfruttano il calore sviluppato dalla combustione, non è importante solo il tonnellaggio di combustibile (i rifiuti), ma anche il suo potere calorifico, ovvero il calore sviluppato durante la combustione (in genere pari a circa 9000-13000 MJ/t). In altre parole, un inceneritore progettato (ed autorizzato) per bruciare 100000 t di rifiuti con potere calorifico di 13000 MJ/t, può arrivare a bruciare anche il 45% in più se i rifiuti hanno potere calorifico di 9000 MJ/t.[14]

Il funzionamento di un "termovalorizzatore" a griglie può essere suddiviso in sei fasi fondamentali:

  1. Arrivo dei rifiuti — Provenienti dagli impianti di selezione dislocati sul territorio (ma anche direttamente dalla raccolta del rifiuto), i rifiuti sono conservati in un'area dell'impianto dotato di sistema di aspirazione, per evitare il disperdersi di cattivi odori. Con un carroponte i materiali sono depositati nel forno attraverso una tramoggia. La tecnologia di produzione della frazione combustibile (CDR) ed il suo incenerimento sfrutta la preventiva disidratazione biologica dei rifiuti seguita dalla separazione degli inerti (metalli, minerali, ecc.) dalla frazione combustibile, che può essere "termovalorizzata" producendo energia elettrica con resa nettamente migliore rispetto all'incenerimento classico e con una diminuzione di impatto ambientale.[15]
  2. Combustione — Il forno è solitamente dotato di una o più griglie mobili (forno "a griglie") per permettere il continuo movimento dei rifiuti durante la combustione. Una corrente d'aria forzata viene inserita nel forno per apportare la necessaria quantità di ossigeno che permetta la migliore combustione, mantenendo alta la temperatura (fino a 1000 °C e più). Per mantenere tali temperature, qualora il potere calorifico del combustibile sia troppo basso, talvolta viene immesso del gas metano in una quantità variabile fra i 4 e 19 m³ per tonnellata di rifiuti. Accanto a una camera di combustione primaria viene associata una camera di combustione secondaria (camera di post-combustione), con lo scopo di completare la combustione dei fumi nel miglior rispetto della normativa vigente.
  3. Produzione del vapore surriscaldato — La forte emissione di calore prodotta dalla combustione di metano e rifiuti porta a vaporizzare l'acqua in circolazione nella caldaia posta a valle, per la produzione di vapore surriscaldato ad alto contenuto entalpico.
  4. Produzione di energia elettrica — Il vapore generato mette in movimento una turbina che, accoppiata a un motoriduttore e a un alternatore, trasforma l'energia termica in energia elettrica producendo corrente alternata per espansione del vapore surriscaldato.
  5. Estrazione delle ceneri — Le componenti dei rifiuti non combustibili vengono raccolte in una vasca piena d'acqua posta a valle dell'ultima griglia. Le scorie, raffreddate in questo modo, sono quindi estratte e smaltite in discariche speciali. Ovviamente, separando preventivamente gli inerti dalla frazione combustibile si ottiene una riduzione delle scorie. L'acqua di raffreddamento (circa 2.5 m3/t) deve essere depurata prima di essere scaricata in ambiente. Le ceneri sono classificate come rifiuti speciali non pericolosi, mentre le polveri fini (circa il 4% del peso del rifiuto in ingresso) intercettate dai sistemi di filtrazione sono classificate come rifiuti speciali pericolosi. Entrambe sono smaltite in discariche per rifiuti speciali; ci sono recenti esperienze di riuso delle ceneri pesanti.
  6. Trattamento dei fumi — Dopo la combustione i fumi caldi passano in un sistema multi-stadio di filtraggio, per l'abbattimento del contenuto di agenti inquinanti sia chimici che solidi. Dopo il trattamento e il raffreddamento i fumi vengono rilasciati in atmosfera a circa 140° C.[16]

Tipologie di inceneritore[modifica wikitesto]

Interno del forno di un inceneritore a griglie

In funzione della specifica tecnologia adoperata nella camera di combustione primaria, è possibile distinguere le seguenti tipologie di inceneritore.

Inceneritore a griglie[modifica wikitesto]

Questi inceneritori possiedono un grosso focolare, con griglie metalliche normalmente a gradini formate da barre o rulli paralleli. La griglia può essere mobile o fissa e in diverse zone vengono raggiunte differenti temperature che permettono un più graduale riscaldamento. È presente anche un sistema di raffreddamento. Oltre alla normale combustione primaria, viene effettuata anche una combustione secondaria, ottenuta con un'ulteriore insufflazione d'aria che genera una notevole turbolenza, permettendo di migliorare il miscelamento aria-combustibile. Le ceneri prodotte vengono raccolte e raffreddate in vasche piene d'acqua.

Gli inceneritori più vecchi e impiantisticamente più semplici consistevano in una camera di mattoni con una griglia posta rispettivamente sopra e sotto la raccolta delle ceneri. Mentre quella posta superiormente, e avente una apertura in cima o lateralmente, veniva utilizzata per caricare il materiale da bruciare, quella inferiore permetteva la rimozione del residuo solido incombusto tramite l'apertura laterale.

In confronto con le altre tipologie di inceneritori, gli impianti con griglie mobili sono quelli maggiormente sfruttati per i rifiuti urbani e permettono, grazie al movimento dei rifiuti all'interno della camera di combustione, una ottimizzazione della combustione stessa. Una singola griglia è in grado di trattare più di 35 t/h di rifiuti e può lavorare 8.000 ore l'anno con una sola sospensione dell'attività, per la durata di un mese, legata alla manutenzione e controlli programmati.[17] Una parte dell'aria necessaria alla combustione primaria viene fornita dal basso della griglia e questo flusso viene anche sfruttato per raffreddare la griglia stessa. Il raffreddamento è importante per il mantenimento delle caratteristiche meccaniche della griglia, e molte griglie mobili sfruttano anche il raffreddamento tramite un flusso interno di acqua. L'aria necessaria alla combustione secondaria viene immessa ad alta velocità superiormente alla griglia e ha lo scopo di portare a completamento la reazione di combustione, realizzando una condizione di eccesso di ossigeno e una turbolenza che assicura un mescolamento ottimale di combustibile e comburente.

È da notare però che alle griglie è legato un certo insieme di problematiche tecniche tra le quali spicca il deposito di polveri, con la necessità di un certo livello di manutenzione periodica programmata.

Inceneritore a letto fluido[modifica wikitesto]

La combustione a letto fluido è ottenuta inviando dal basso un forte getto di aria attraverso un letto di sabbia. Il letto quindi si solleva, mentre le particelle si mescolano e sono sotto continua agitazione. A questo punto vengono introdotti i rifiuti e il combustibile. Il sistema sabbia/rifiuto/combustibile viene mantenuto in sospensione sul flusso di aria pompata e sotto violento mescolamento e agitazione, assumendo in tale modo caratteristiche simil-fluide (da cui il letto fluido). Questo processo, detto fluidizzazione, ha l'effetto di diminuire la densità del sistema in oggetto pur senza alterarne la natura originaria. Tutta la massa di rifiuti, combustibile e sabbia circola completamente all'interno della fornace. La tecnologia a letto fluido è di comune utilizzo nell'ambito dell'ingegneria chimica, e viene utilizzata ad esempio anche in reattori per attuare la sintesi chimica e nell'ambito della petrolchimica.

Una camera di combustione a letto fluido permette di ridurre le emissioni di ossidi di zolfo (SOx) mescolando calcare o dolomite in polvere alla sabbia: in tal modo infatti lo zolfo non viene ossidato formando gas, bensì precipita sotto forma di solfato. Tra l'altro, tale precipitato caldo permette di migliorare lo scambio termico per la produzione di vapor acqueo. Dato che il letto fluido consente anche di operare a temperature inferiori (800°C), operando a tali temperature è possibile ridurre le emissioni di ossidi di azoto (NOx).[18]

Uno studio comparativo ha confrontato le emissioni di polveri sottili, caratterizzandone dimensione, composizione e concentrazione, e di elementi traccia relativamente all'utilizzo di una camera a griglie e di una camera a letto fluido (FBC) a monte dei sistemi di filtraggio. È emerso che le emissioni di particelle con diametro inferiore a 1 µm (PM1) sono approssimativamente quattro volte maggiori nel caso delle griglie, con valori di 1-1,4 g/Nm3 (grammi al normalmetrocubo)[19] contro i 0,25-0,31 g/Nm3 del letto fluido. È stata misurata anche la quantità totale media di ceneri prodotte, che è risultata essere di 4,6 g/Nm3 nel caso del letto fluido e di 1,4 g/Nm3 nel caso delle griglie. [20]

Il letto fluido ha il vantaggio di richiedere poca manutenzione e ovviamente, data la particolare costituzione, non necessita di componenti in movimento. Possiede anche un rendimento leggermente superiore rispetto ai forni a griglia, ma richiede combustibile a granulometria piuttosto omogenea.

Le tipologie di letto fluido più sfruttate rientrano principalmente in due categorie: sistemi a pressione atmosferica (fluidized bed combustion, FBC) e sistemi pressurizzati (pressurized fluidized bed combustion, PFBC). Questi ultimi sono in grado di generare un flusso gassoso ad alta pressione e temperatura in grado di alimentare una turbina a gas che può realizzare un ciclo combinato ad alta efficienza.[21]

Inceneritore a forno rotativo[modifica wikitesto]

Gli impianti a forno rotativo[22] hanno utilizzo di elezione nell'ambito dello smaltimento dei rifiuti industriali e speciali, ma possono anche essere utilizzati per i RSU. Si hanno due camere di combustione: la camera di combustione primaria consiste in un tubo cilindrico costruito in materiale refrattario e inclinato di 5-15°, il cui movimento attorno il proprio asse di rotazione viene trasmesso ai rifiuti. La rotazione fa accumulare all'estremità del cilindro le ceneri e il resto della frazione non combusta solida, che viene infine raccolta all'esterno. I gas passano invece in una seconda camera di combustione stavolta fissa. La camera di combustione secondaria è necessaria per portare a completamento le reazioni di ossidazione in fase gassosa.

In relazione alla pericolosità del rifiuto trattato, le emissioni gassose possono richiedere un più accurato sistema di pretrattamento prima dell'immissione in atmosfera. Molte particelle tendono a essere trasportate insieme con i gas caldi, per questo motivo viene utilizzato un "post-bruciatore" dopo la camera di combustione secondaria per attuare una ulteriore combustione.[23] Un semplice diagramma schematico di un forno rotativo è questo.

Inceneritore a focolare multi-step[modifica wikitesto]

Il nome di questa tecnologia è legato al passaggio su più focolari del materiale da trattare. I rifiuti vengono trasportati attraverso la fornace muovendo una dentatura meccanica che fa parte di braccia agitanti montate su un asse centrale rotante che si estende a una certa altezza dal focolare. I rifiuti in entrata vengono caricati da una estremità, mentre i residui della combustione vengono asportati dall'altra estremità. Il carico/scarico dei rifiuti viene ripetuto automaticamente secondo il numero di focolari presenti. Un modello specifico è il forno di pirolisi a piani, studiato in origine per l'incenerimento di fanghi di varia natura (inclusi i fanghi biologici inattivati) ed occasionalmente usato nell'incenerimento di RSU che abbiano buone caratteristiche di trasporto.

Con questo metodo, oltre ai rifiuti industriali e solidi urbani, è possibile trattare anche fanghi di varia origine.

Recupero energetico[modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Gassificatore e Teleriscaldamento.
Tubature per teleriscaldamento a Tubinga, in Germania

Negli impianti più moderni, il calore sviluppato durante la combustione dei rifiuti viene recuperato e utilizzato per produrre vapore, poi utilizzato per la produzione di energia elettrica o come vettore di calore (ad esempio per il teleriscaldamento). Il rendimento di tali impianti è però molto minore di quello di una normale centrale elettrica, poiché i rifiuti non sono un buon combustibile per via del loro basso potere calorifico, e le temperature raggiunte in camera di combustione sono inferiori rispetto alle centrali tradizionali. Talvolta per aumentare l'efficienza della combustione insieme ai rifiuti viene bruciato anche del gas metano.

L'indice di sfruttamento del combustibile[24] di inceneritori e centrali elettriche può essere aumentato notevolmente abbinando alla generazione di energia elettrica il teleriscaldamento, che permette il recupero del calore prodotto che verrà poi utilizzato per fornire acqua calda. Tuttavia non sempre il calore recuperato può essere effettivamente utilizzato per via delle variazioni stagionali dei consumi energetici; ad esempio, in estate lo sfruttamento del calore può calare notevolmente, a meno che non siano presenti attrezzature che permettano di sfruttarlo per il raffreddamento.

Oggi gran parte degli inceneritori sono dotati di qualche forma di recupero energetico[25] ma va rilevato che solo una piccola minoranza di impianti è collegata a sistemi di teleriscaldamento e pertanto viene recuperata solo l'elettricità.

L'efficienza energetica di un termovalorizzatore è variabile tra il 19 e il 27% se si recupera solo l'energia elettrica[26] ma aumenta molto col recupero del calore (cogenerazione). Ad esempio, nel caso dell'inceneritore di Brescia si ha un rendimento del 26% in produzione elettrica e del 58% in calore per teleriscaldamento, con un indice di sfruttamento del combustibile dell'84%.[27] A titolo di confronto una moderna centrale termoelettrica a ciclo combinato, il cui scopo primario è ovviamente quello di produrre elettricità, ha una resa del 57% per la produzione elettrica, e se abbinata al teleriscaldamento raggiunge l'87%.[28] Tipicamente per ogni tonnellata di rifiuti trattata possono essere prodotti circa 0,67 MWh di elettricità e 2 MWh di calore per teleriscaldamento.[29]

Volendo invece confrontare il rendimento energetico delle varie tecnologie di trattamento termico dei rifiuti, il discorso è molto più complesso, meno documentato e fortemente influenzato dal tipo di impianto. In linea di massima le differenze sono dovute al fatto che, mentre in un inceneritore i rifiuti vengono direttamente bruciati ed il calore viene usato per produrre vapore, negli impianti di gassificazione/pirolisi i rifiuti vengono invece convertiti parzialmente in gas (syngas) che può essere poi utilizzato in cicli termodinamici più efficienti, come ad esempio un ciclo combinato sopra richiamato. La possibilità di utilizzare diversi cicli termodinamici permette a tali impianti maggiore flessibilità nella regolazione dei rapporti fra produzione di calore e di elettricità, rendendoli meno sensibili alle variazioni stagionali dei consumi energetici (in altre parole d'inverno si può produrre più calore e d'estate più elettricità).

Scorie[modifica wikitesto]

L'incenerimento dei rifiuti produce scorie solide pari circa al 10-12% in volume e 15-20% in peso dei rifiuti introdotti, e in più ceneri per il 5%.[30]Gran parte della massa immessa nei forni viene infatti combusta ottenendo dei fumi che verranno opportunamente pretrattati prima di essere emessi dal camino.

  • Le ceneri volanti e le polveri intercettate dall'impianto di depurazione dei fumi sono rifiuti speciali altamente tossici (in quanto concentrano molti degli inquinanti più nocivi), che come tali sono soggetti alle apposite disposizioni di legge e sono poi conferiti in discariche speciali.
  • Le scorie pesanti, formate dal rifiuto incombusto – acciaio, alluminio, vetro e altri materiali ferrosi, inerti o altro –, sono raccolte sotto le griglie di combustione e possono poi essere divise a seconda delle dimensioni e quindi riciclate se non troppo contaminate.

Le scorie sono generalmente smaltite in discarica e costituiscono una grossa voce di spesa. Tuttavia, possono rivelarsi produttive: un esempio di riciclaggio di una parte delle scorie degli inceneritori è l'impianto BSB di Noceto, nato dalla collaborazione fra CIAl (Consorzio Imballaggi Alluminio) e Bsb Prefabbricati; qui si trattano le scorie provenienti dai termovalorizzatori gestiti dalle società Silea S.p.A. (impianto di Lecco) e Hera S.p.A. (impianti di Rimini, Ferrara, Forlì, Ravenna) con 30.000 tonnellate di scorie l'anno da cui si ricavano 25.000 tonnellate (83%) di materiale destinato alla produzione di calcestruzzo, 1.500 tonnellate (5%) di metalli ferrosi e 300 tonnellate (1%) di metalli non ferrosi di cui il 65% di alluminio. Le scorie e le ceneri vengono caricate su un nastro trasportatore; i rottami ferrosi più consistenti sono subito raccolti, quelli più piccoli vengono rimossi poi con un nastro magnetico. Appositi macchinari separano dal resto i rimanenti metalli a-magnetici (prevalentemente alluminio); tutto il resto, miscelato con opportune dosi di acqua, inerti, cemento e additivi, e reso così inerte, va a formare calcestruzzo subito adoperato per la produzione di elementi per prefabbricati.
Con un trattamento di questo genere, si riduce di molto la necessità della discarica in seguito al trattamento nell'inceneritore in quanto ultimo anello della catena di gestione dei rifiuti, dal momento che le scorie pesanti passano dal 30 al 3,3% in peso dei rifiuti inceneriti.[31]

Tuttavia, alcuni studi hanno dimostrato la tossicità di alcuni calcestruzzi contenenti scorie[32], anche se con tecniche opportune la si può ridurre significativamente: sono ancora in corso degli studi.[33] Non è noto il bilancio energetico totale (e le relative emissioni) di queste procedure ed in che quota questo eroda il recupero energetico della filiera di trattamento dei rifiuti mediante incenerimento.

Un'altra tecnologia che si sta sperimentando è la vetrificazione delle ceneri con l'uso della torcia al plasma. Con questo sistema si rendono inerti le ceneri, risolvendo il problema dello smaltimento delle stesse come rifiuti speciali, inoltre si studia la possibilità di un loro riutilizzo come materia prima per il comparto ceramico e cementizio.

Altri trattamenti termici dei rifiuti[modifica wikitesto]

Esistono alcune alternative ai classici inceneritori, attualmente però poco diffuse in Europa.

Gassificatori e pirolizzatori[modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Gassificatore e Pirolisi.

Un'alternativa a tutti gli impianti di incenerimento per combustione sono i gassificatori (da non confondersi coi rigassificatori) e gli impianti di pirolisi. In tali impianti i rifiuti vengono decomposti termochimicamente mediante l'insufflazione di una corrente di azoto (nei gassificatori anche ossigeno) ad elevate temperature, ottenendo come prodotti finali un gas combustibile (detto syngas) e scorie solide. In pratica mentre negli inceneritori il materiale viene riscaldato in presenza di ossigeno e avviene una combustione che genera calore e produce composti gassosi ossidati, negli impianti di pirolisi lo stesso riscaldamento viene effettuato in assenza totale di ossigeno e il materiale subisce la scissione dei legami chimici originari con formazione di molecole più semplici. La gassificazione, che avviene in presenza di una certa quantità di ossigeno, può essere considerata come una tecnologia intermedia tra l'incenerimento e la pirolisi propriamente detta.

Esistono numerosi processi basati su pirolisi e gassificazione, più o meno diffusi e collaudati, che differiscono fra loro per tipo di rifiuto trattato, per emissioni e per prodotti di risulta (liquidi, gassosi, solidi). In generale la maggior parte di essi è caratterizzata dal fatto che il materiale da trattare deve essere finemente sminuzzato per essere investito in maniera uniforme dalla corrente di azoto (pirolizzatori) o azoto e ossigeno (gassificatori). Le temperature operative sono in genere fra 400 e 800 C° nel caso della pirolisi e mentre per la gassificazione sono nettamente più elevate. Le emissioni delle due tecnologie sono sensibilmente differenti rispetto a quelle relative ad un inceneritore, e variabili in relazione agli specifici impianti e processi utilizzati nonché al tipo di materiale trattato.

Torcia al plasma[modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Gassificatore.

Un particolare tipo di gassificazione fa uso di una torcia al plasma a temperature comprese fra i 7000 e i 13000 °C, che decompone del tutto le molecole organiche e vetrifica tutti i residui eliminando così in teoria le problematiche relative all' inquinamento, poiché non dovrebbe permettere la produzione di nessun composto gassoso tossico o pericoloso come diossine, furani o ceneri diventando perciò un ottimo modo per trattare pneumatici, PVC, rifiuti ospedalieri e altri rifiuti industriali, nonché rifiuti urbani non trattati. I punti critici di tali impianti sono però lo sfruttamento commerciale del materiale vetrificato e la produzione di nanopolveri, che possono sfuggire alla vetrificazione e sono presenti nei fumi in concentrazioni non ancora esattamente determinate.

Soluzioni di filtraggio delle emissioni al camino[modifica wikitesto]

I sistemi di depurazione dei fumi attuali sono costituiti da varie tecnologie e sono pertanto detti multistadio. Questi sistemi si suddividono in base al loro funzionamento in semisecco, secco, umido e misto. La caratteristica che li accomuna è quella di essere concepiti a più sezioni di abbattimento, ognuna in linea di massima specifica per determinati tipi di inquinanti. In base alla natura chimica della sostanza da "abbattere" vengono fatte avvenire delle reazioni chimiche con opportuni reagenti allo scopo di produrre nuovi composti non nocivi, relativamente inerti e facilmente separabili.

A partire dagli anni ottanta si è affermata l'esigenza di rimuovere i macroinquinanti presenti nei fumi della combustione (ad esempio ossido di carbonio, anidride carbonica, ossidi di azoto e gas acidi come l'anidride solforosa) e di perseguire un più efficace abbattimento delle polveri in relazione alla loro granulometria. Si è passati dall'utilizzo di sistemi, quali cicloni e multicicloni, con efficienze massime di captazione delle polveri rispettivamente del 70% e dell'85%, ai precipitatori elettrostatici (ESP) o filtri a maniche che garantiscono efficienze notevolmente superiori (fino al 99% e oltre).[34] Attualmente le norme vigenti fanno riferimento alle emissioni di polveri totali.

Accanto a ciò, sono state sviluppate misure di contenimento preventivo delle emissioni, ottimizzando le caratteristiche costruttive dei forni e migliorando l'efficienza del processo di combustione. Questo risultato si è ottenuto attraverso l'utilizzo di temperature più alte (con l'immissione di discrete quantità di metano), di maggiori tempi di permanenza dei rifiuti in regime di alte turbolenze e grazie all'immissione di aria secondaria per garantire l'ossidazione completa dei prodotti della combustione.

Tuttavia l'aumento delle temperature, se da un lato riduce la produzione di certi inquinanti (per es. diossine), dall'altra aumenta la produzione di ossidi di azoto e soprattutto di particolato il quale quanto più è fine, tanto più difficile è da intercettare anche per i più moderni filtri, per cui si deve trovare un compromesso, considerato anche che il metano usato comunque ha un costo notevole. Per questi motivi talvolta gli impianti prevedono postcombustori a metano e/o catalizzatori che funzionano a temperature inferiori ai 900 °C.

Abbattimento degli NOx[modifica wikitesto]

Come detto la formazione di ossidi d'azoto aumenta quasi esponenzialmente al crescere della temperatura di combustione. Vanno citate le attrezzature specificatamente previste per l'abbattimento degli ossidi di azoto, per i quali i processi che vengono normalmente utilizzati sono del tipo catalitico o non catalitico.

La prima di queste tecnologie, definita Riduzione Selettiva Catalitica (SCR), consiste nell'installazione di un reattore a valle della linea di depurazione in cui viene iniettata ammoniaca nebulizzata, che, miscelandosi con i fumi e attraversando gli strati dei catalizzatori, trasforma alla temperatura di 300°C gli ossidi di azoto in acqua e azoto gassoso, gas innocuo che compone circa il 79% dell'atmosfera. Visto che è possibile che una certa quantità di ammoniaca non reagita sfugga dal camino ("ammonia slip"), sono state elaborate altre metodiche che non fanno uso di ammoniaca quale reagente ovvero che prevedono l'uso di un ulteriore catalizzatore per prevenirne la fuga.

La seconda tecnologia, chiamata Riduzione Selettiva Non Catalitica (SNCR), spesso preferita perché più economica, presenta il vantaggio di non dover smaltire i catalizzatori esausti ma ha caratteristiche di efficacia inferiori ai sistemi SCR, e consiste nell'iniezione di un reagente (urea che ad alta temperatura si dissocia in ammoniaca) in una soluzione acquosa in una zona dell'impianto in cui in cui la temperatura è compresa fra 850 °C e 1.050 °C con la conseguente riduzione degli ossidi di azoto in azoto gassoso e acqua. Altri processi non catalitici sfruttano la riduzione con ammoniaca attuata tramite irraggiamento con fascio di elettroni o tramite l'utilizzo di filtri elettrostatici.

Abbattimento dei microinquinanti[modifica wikitesto]

Altri sistemi sono stati messi a punto per l'abbattimento dei microinquinanti come metalli pesanti (mercurio, cadmio ecc) e diossine.

Riguardo ai primi, presenti sia in fase solida che di vapore, la maggior parte di essi viene fatta condensare nel sistema di controllo delle emissioni e si concentra nel cosiddetto "particolato fine" (ceneri volanti). Il loro abbattimento è poi affidato all'efficienza del depolveratore che arriva a garantire una rimozione superiore al 99% delle PM10 prodotte, ma nulla può contro il PM2,5 e le nanopolveri. Per tale motivo le polveri emesse sono considerate particolarmente nocive.

Per quanto riguarda l'abbattimento delle diossine e dei furani il controllo dei parametri della combustione e della post-combustione (elevazione della temperatura a oltre 850°C), sebbene in passato fosse considerato di per sé sufficiente a garantire valori di emissione in accordo alle normative, è oggi considerato insufficiente e quindi accompagnato (nei nuovi impianti) da un ulteriore intervento specifico basato sulle proprietà chimicofisiche dei carboni attivi. Questo ulteriore processo viene effettuato attraverso un meccanismo di chemiadsorbimento, cioè facendo "condensare" i vapori di diossine e furani sulla superficie dei carboni attivi. Questi non sono altro che carbone in polvere, il quale può esibire 600 m² di superficie ogni grammo: detto in altri termini funziona come una specie di "spugna". Queste proprietà garantiscono abbattimenti dell'emissione di diossine e furani tali da premettere di operare al di sotto dei valori richiesti dalla normativa. Anche qui la filtrazione della polvere di carbone esausta è affidata al depolveratore in quanto evidentemente i carboni esausti (cioè impregnati di diossine) sono altamente nocivi e sono considerati rifiuti speciali pericolosi, da smaltire in discariche speciali.

Sono allo studio metodi di lavaggio dei fumi in soluzione oleosa per la cattura delle diossine che sfruttino la loro spiccata solubilità nei grassi.

Abbattimento delle polveri[modifica wikitesto]

La pericolosità delle polveri prodotte da un inceneritore è potenzialmente estremamente elevata. Questo è confermato dai limiti particolarmente severi imposti dalla normativa per i fumi, limitata però alle polveri totali senza discriminare le relative dimensioni delle stesse. Infatti, se da un lato la combustione dei rifiuti produce direttamente enormi quantità di polveri dalla composizione chimica varia, dall'altra alcune sezioni dei sistemi di filtrazione ne aggiungono di ulteriori (in genere calce o carboni attivi) per assorbire metalli pesanti e diossine come sopra spiegato. Pertanto, le polveri finiscono per essere un concentrato di sostanze pericolose per la vita umana ed animale.

Per tali motivi, l'importanza e l'efficacia dei depolveratori è molto elevata. Vengono in genere usati sia filtri elettrostatici (dagli elevati consumi elettrici, poco efficaci su ceneri contenenti poco zolfo ma in generale abbastanza efficaci se frequentemente ripuliti[35]), sia filtri a maniche (non adatti ad alte temperature e soggetti ad intasamento). Attualmente la legge non prevede limiti specifici per le polveri fini (PM10, ecc.) per cui la reale efficacia di tali sistemi su queste particelle è oggetto di dibattiti accesi. Tuttavia il rispetto della legge vigente è, in genere, ampiamente garantito. In ogni caso, le polveri trattenute devono essere smaltite in discariche per rifiuti speciali pericolosi: in taluni casi vengono smaltite all'estero (in Germania le miniere di salgemma vengono usate per questo oltre che per i rifiuti radioattivi).

Incentivi all'incenerimento[modifica wikitesto]

In Italia, i costi dello smaltimento dei rifiuti tramite incenerimento sono indirettamente sostenuti dallo Stato sotto la forma di incentivi alla produzione di energia elettrica: infatti questa modalità di produzione era considerata (in violazione delle norme europee), come da fonte rinnovabile (assimilata) alla stregua di idroelettrico, solare, eolico e geotermico.[36]

Le modalità di finanziamento sono due, correlate ma diverse:

  1. pagamento maggiorato dell'elettricità prodotta per 8 anni (incentivi cosiddetti CIP 6);
  2. riconoscimento di "certificati verdi" che il gestore dell'impianto può rivendere (per 12 anni).

Incentivi CIP 6[modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Conto energia.

Per quanto riguarda gli incentivi CIP 6 (circolare n° 6/1992 del Comitato Interministeriale Prezzi), chi gestisce l'inceneritore – per otto anni dalla sua costruzione – può vendere al GSE (la società cui è affidato il compito di assicurare la fornitura di energia elettrica italiana) la propria produzione elettrica a un costo circa triplo rispetto a quanto può fare chi produce elettricità usando metano, petrolio o carbone.[37] L'importo di questo incentivo è aggiornato trimestralmente e, se nel 3° trimestre 2007 era di circa 54 €/MWh, per il 4° trimestre è cresciuto a 62,60 €/MWh.[38] I costi di tali incentivi ricadono sulle bollette degli utenti, che comprendono una tassa per il sostegno delle fonti rinnovabili. Ad esempio nel 2004 il Gestore Servizi Elettrici ha ritirato 56,7 TWh complessivi di elettricità da fonti "rinnovabili", di cui il 76,5% proveniente da termovalorizzatori e altri fonti assimilate (fra cui il gas dai residui di raffineria), spendendo per questi circa 2,4 miliardi di euro;[39] per il già citato inceneritore di Brescia, la società di gestione (ASM SpA) ha ricevuto nel 2006 contributi CIP 6 per oltre 71 milioni di euro.[40]

A titolo di confronto, nel 2006 a seguito dell'introduzione degli incentivi in conto energia per il fotovoltaico sono stati stanziati solamente 4,5 milioni di euro per 300 MW di potenza.[41]

Sempre il CIP 6 prevede inoltre che gli impianti incentivati godano di un innalzamento della tariffa riconosciuta dal GSE per compensare eventuali spese aggiuntive per l'attuazione del protocollo di Kyoto, annullando così del tutto i benefici della riduzione delle quote gratuite di emissione da 28 a 3,5 Mt/a di CO2 prevista dal Piano nazionale di assegnazione delle emissioni (Pna) 2008-2012, attualmente in fase di approvazione, e rischiando perciò di comprometterne l'intero impianto, giacché gli impianti CIP 6 sono il settore su cui si concentra la gran parte delle riduzioni.[42]

Certificati verdi[modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Certificato verde e Protocollo di Kyoto.

Si tratta di certificati che corrispondono ad una certa quantità di emissioni di CO2: se un impianto produce energia emettendo meno CO2 di quanto avrebbe fatto un impianto alimentato con fonti fossili (petrolio, gas, carbone ecc.) perché "da fonti rinnovabili", il gestore ottiene dei certificati verdi che può rivendere a industrie o attività che sono obbligate a produrre una quota di energia mediante fonti rinnovabili ma non lo fanno autonomamente.

Il prezzo dei certificati verdi è stato pari a circa 125 €/MWh nel 2006.

Poiché gli impianti di incenerimento venivano in Italia considerati come "da fonte rinnovabile", le società che li gestiscono sono fra quelle che possono vendere i certificati verdi, ottenendo quindi questo ulteriore tipo di finanziamento.

Il parere dell'UE e la norma italiana[modifica wikitesto]

In realtà, secondo la normativa europea, solo la parte organica dei rifiuti potrebbe essere considerata rinnovabile; la restante parte può essere considerata esclusivamente una forma di smaltimento del rifiuto, escludendo esplicitamente la valenza di "recupero".[43]

Pertanto, la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione contro l'Italia per gli incentivi dati dal governo italiano per produrre energia bruciando rifiuti inorganici considerandoli "fonte rinnovabile". A tal proposito già nel 2003[44] il Commissario UE per i Trasporti e l'Energia, Loyola De Palacio, in risposta a una interrogazione dell'On. Monica Frassoni al Parlamento Europeo, ha ribadito l'opposizione dell'Unione Europea all'estensione del regime di sovvenzioni europee previsto dalla Direttiva 2001/77 per lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili all'incenerimento delle parti non biodegradabili dei rifiuti. Queste le affermazioni testuali del Commissario all'energia: «La Commissione conferma che, ai sensi della definizione dell'articolo 2, lettera b) della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità, la frazione non biodegradabile dei rifiuti non può essere considerata fonte di energia rinnovabile». Il fatto che una legge nazionale (v. art. 17, D. Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387.) includa, nell'atto di recepimento italiano della Direttiva 2001/77, i rifiuti tra le fonti energetiche ammesse a beneficiare del regime riservato alle fonti rinnovabili, ivi compresi i rifiuti non biodegradabili non elimina l'infrazione alla normativa europea, rendendola invece certa e palese.

Chi difende tale impostazione si richiama a una norma della direttiva comunitaria 2001/77/CE apparentemente in contraddizione con le direttive europee nel campo, la quale autorizza in deroga l'Italia a computare l'elettricità prodotta dalla quota non rinnovabile dei rifiuti nel totale dell'elettricità prodotta da fonti rinnovabili ai fini del raggiungimento dell'obiettivo del 25% di produzione rinnovabile nel 2010: proprio questa deroga nel 2006 è stata attaccata in sede di Parlamento europeo coll'emendamento (articolo 15 bis) alla legge Comunitaria 2006.[39].

Eliminando gli incentivi agli inceneritori, si vuole ristabilire un equilibrio di trattamento tale da consentire la piena applicazione della strategia integrata di smaltimento dei rifiuti; a tale esigenza fa riscontro la necessità secondo alcuni di aumentare l'incenerimento in Italia (si veda la voce sulla gestione dei rifiuti per il ruolo dell'incenerimento nella gestione dei rifiuti).

A tale disputa si contrappone quella fra chi ritiene gli inceneritori antieconomici e chi li ritiene vantaggiosi e minimizza il ruolo degli incentivi, dicendo che il guadagno principale degli inceneritori con recupero di energia deriva dallo smaltimento dei rifiuti e non da tali incentivi: posizione apparentemente smentita dall'intensa attività di pressione politica esercitata sul Parlamento in merito alla cancellazione degli incentivi nella finanziaria 2007. Il testo dibattuto ed approvato in Parlamento, per eliminare l'infrazione alle norme europee, escludeva tutte le fonti "«assimilate»" dagli incentivi alle rinnovabile, concedendo una deroga solo agli impianti «già in funzione», mentre il testo del «maxi-emendamento» approvato con la fiducia ha concesso una ulteriore deroga a tutti gli impianti anche solamente «autorizzati» senza che questa dicitura fosse stata concordata fra le parti.[45] Per regolamentare la questione il 7 febbraio 2007 è stato presentato dal Consiglio dei Ministri un disegno di legge (n. 1347) passato all'esame delle Commissioni Industria e Ambiente del Senato e finalizzato a limitare gli incentivi «ai soli impianti realizzati e operativi» come originariamente previsto dalla finanziaria 2007.[46] La norma è stata infine approvata nella finanziaria 2008.[47] Sono 129 gli impianti che attualmente beneficiano del CIP 6; per 29 il periodo di incentivazione è già scaduto. Gli impianti autorizzati ma non operativi sono 16, di cui 11 sono termovalorizzatori di rifiuti, tra cui gli inceneritori di Torino e di Roma, 4 impianti in Sicilia, 2 impianti in Campania (fra cui Acerra). In ogni caso, il totale degli incentivi CIP 6 erogati si ridurrà progressivamente fino a esaurirsi nel 2015, o al più tardi nel 2021.[37] A seguito di ciò il costo dell'incenerimento dei rifiuti dovrebbe nel tempo aumentare di circa 50 €/t, facendo diventare decisamente più conveniente il riciclaggio, ma anche la discarica.[48]

Aspetti sanitari e ambientali[modifica wikitesto]

Premessa sull'approccio sanitario[modifica wikitesto]

Gli aspetti sanitari relativi alle ricadute sulla popolazione di una data attività umana non possono essere valutati solamente sulla base dei valori di emissione al camino (o allo scarico per inquinanti liquidi). In altri termini, fra i valori di emissione e l'effetto sulla salute possono inserirsi altri fattori, direttamente influenzati dalle emissioni ma intermedi fra "emissione" e "salute". Tali inquinanti "intermedi" sono detti inquinanti secondari per distinguerli dagli inquinanti primari direttamente emessi dagli impianti. Risulta ad esempio noto dalla chimica ambientale che alcuni inquinanti di estrema importanza per la salute sono inquinanti secondari (come l'ozono, non prodotto dalla combustione ma generato dall'interazione fra inquinanti primari derivati dalle combustioni e radiazione solare).

Un approccio sanitario completo deve (o dovrebbe) quindi valutare anche gli inquinanti secondari, cosa però molto difficile in pratica. Anche per questo motivo ci si limita pertanto agli inquinanti primari (facilmente rilevabili in quanto misurabili al camino o allo scarico) e, per gli inceneritori, le indagini considerano in primis le diossine ed i metalli pesanti.

A proposito dei dati, appunto strettamente sanitari, si rileva anche il fatto che gli stessi dati epidemiologici per loro natura possono sottostimare o fallire nel rilevare il rischio reale. Il problema è complesso; sull'errore influisce una buona dozzina di fattori, metodologici o no. Se ne segnalano i principali.

  • Alcune metodiche di studio in genere congelano una data situazione anziché seguirla nel tempo, processo lungo e costoso (cross-sectional vs longitudinal epidemiologic studies);
  • si focalizzano su un determinato agente causale trascurando interazioni e sinergie tra i contaminanti;
  • si focalizzano solo su una specifica determinata patologia, magari per direzioni impartite dal committente;
  • fanno uso di statistica univariata e non di quella multivariata, di approccio in genere più ostico.
  • Bisogna considerare anche l'individuazione corretta della popolazione esposta;
  • la possibilità che la popolazione generale sia meno sana di quella in studio.

Anche per questo aspetto si può rappresentativamente citare un lavoro di Lorenzo Tomatis, già direttore IARC e punto di riferimento internazionale sugli aspetti sanitari e ambientali.[49]

Studi epidemiologici[modifica wikitesto]

Studi epidemiologici, anche recentissimi, condotti in paesi sviluppati e basati su campioni di popolazione esposta molto vasti, evidenziano una correlazione tra patologie tumorali (sarcoma) e l'esposizione a diossine derivanti da inceneritori e attività industriali.[50]

Altre indagini epidemiologiche prendono in particolare considerazione gli inceneritori come fonte d'inquinamento da metalli pesanti, ed eseguono accurate analisi considerando sia fattori socio-economici sia le popolazioni esposte nelle precise zone di ricaduta (mappe di isoconcentrazione tracciate per rilevamento puntuale e interpolazione spaziale col metodo di kriging). L'analisi, accurata pur se limitata solo ad alcune popolazioni, evidenzia inequivocabilmente aumenti statisticamente significativi di patologie tumorali, ad esempio nelle donne residenti in zona da almeno cinque anni. Nello studio viene ugualmente rilevata l'esposizione ad ossidi di azoto (NOx).[51]

Un lavoro giapponese del 2005 ha tentato di mettere in relazione le diossine presenti nel latte materno con la distanza dagli inceneritori. Le conclusioni sono state che (nei limiti e nell'estensione dello studio) «nonostante gli inceneritori fossero la maggior fonte di diossine in Giappone al momento dello studio, i livelli di diossine nel latte materno non hanno mostrato apparente correlazione con le distanze tra il domicilio delle madri e gli inceneritori di rifiuti».[52]

Un'analisi sintetica degli effetti sulla salute, svincolati dalla sola analisi dei singoli composti emessi – difficilmente studiabili se non in toto per gli effetti sinergici e di amplificazione dei componenti della miscela –, si può invece evincere da alcuni altri lavori: sempre in Giappone si è rilevata correlazione tra l'aumento di una serie di disturbi minori nei bambini e distanza dagli impianti.[53] Passando a problemi di ordine maggiore, si sono rilevati aggregati (cluster) di aumento di mortalità per linfoma non Hodgkin;[54] altri studi, nonostante difficoltà relative all'analisi dei dati, aggiungono risultati significativi sull'incidenza di tumore polmonare, linfoma non Hodgkin, sarcomi ai tessuti molli, tumori pediatrici, malformazioni neonatali.[55] Diversi studi europei rivelano, sempre nell'ambito delle patologie tumorali, correlazioni con la presenza di inceneritori, in coerenza con analoghi studi precedenti.[56]

Ma, in questo ambito, gli studi sono controversi e discordanti: a titolo di esempio uno studio effettuato in Gran Bretagna, con lo scopo di valutare l'incidenza di varie tipologie di cancro in una popolazione che vive in prossimità di impianti di incenerimento, ha evidenziato che il rischio aggiuntivo di contrarre il cancro dovuto alla vicinanza degli inceneritori è estremamente basso. Sempre lo stesso studio rileva che un moderno inceneritore influisce sull'assorbimento umano medio di diossina in percentuale inferiore all'1% dell'assorbimento totale derivato dall'insieme delle emissioni ambientali (come precedentemente rilevato l'assorbimento di diossina avviene principalmente con la dieta). Inoltre, riguardo a specifiche patologie tumorali, lo studio afferma che non c'è evidente correlazione tra l'esposizione alle emissioni degli inceneritori e l'incidenza di cancro allo stomaco, all'apparato gastrointestinale e ai polmoni; i fattori socio-economici hanno un ruolo determinante. Sull'incidenza dell'angiosarcoma, lo studio in questione evidenzia che non è possibile effettuare alcuna correlazione a causa della mancanza di informazioni sull'accuratezza della diagnosi effettuata sulla popolazione generale; comunque la commissione di studio è giunta alla conclusione che non c'è alcuna prova più generale dell'esistenza di aggregati e non sono necessari ulteriori studi nel breve termine.[57]

Sull'effetto dei metalli pesanti dispersi dalla combustione di rifiuti pericolosi sulla salute della popolazione si rileva che le emissioni non si limitano alle sostanze aerodisperse, ma possono riguardare anche le acque o i siti di stoccaggio delle ceneri.[58]

Uno studio britannico ha analizzato la distribuzione del piombo e cadmio derivato dalle emissioni di polveri sottili di un inceneritore per fanghi di depurazione evidenziando che nelle adiacenze dell'inceneritore si rilevano picchi maggiori di concentrazione, seppure l'impatto sia relativamente piccolo rispetto alle altre attività antropiche nella zona oggetto di studio.[59]

In Italia, negli anni 2001-2004, è stato commissionato dal Ministro dell'Ambiente Altero Matteoli uno studio sulla Sostenibilità ambientale della termovalorizzazione dei rifiuti solidi urbani, svolto dal dipartimento di Fisica tecnica dell'Università degli Studi di Roma "La Sapienza" e dal dipartimento di ingegneria impiantistica dell'Università di Perugia. Secondo i resoconti della Commissione Ambiente e Territorio dell'epoca[60] «la tecnologia di termovalorizzazione è ormai affidabile e sostenibile, [...] Inoltre, quando gli impianti sono a norma, i rischi di insorgenze di malattie tumorali nella popolazione sono stati abbattuti drasticamente. [...] i rischi di carattere sanitario connessi alla realizzazione di termovalorizzatori di ultima generazione sono assolutamente trascurabili».

Tale studio è stato criticato sia in Commissione, sia da soggetti esterni[61] che hanno rilevato come esso trascuri completamente le problematiche ambientali e non specifichi quali siano i parametri e indicatori di tale compatibilità ambientale degli impianti di termovalorizzazione.

Emissioni in atmosfera e nelle acque[modifica wikitesto]

Premessa sui limiti normativi[modifica wikitesto]

I limiti di concentrazione degli inquinanti imposti dalla normativa sono riferiti al metro cubo di fumi e non all'emissione totale. Pertanto, bruciando più rifiuti si ottengono più fumi e quindi più emissioni inquinanti, ma si rimane sempre nei parametri di legge.

Detto in altri termini, i limiti sono relativi alla concentrazione dell'inquinante all'emissione, ma non al flusso di massa: quindi si occupano della qualità dell'emissione, per incentivare l'adozione delle migliori tecnologie disponibili, ma non della quantità delle emissioni cioè dell'impatto complessivo sull'ambiente. Per tale motivo, le norme non garantiscono necessariamente un valore di concentrazione degli inquinanti "sicuro" in base a studi medici ed epidemiologici sull'effetto degli inquinanti, ma si riferiscono ai valori che è possibile ottenere tecnicamente con gli impianti migliori.

I limiti sulle emissioni non sono stabili ma vengono adeguati nel tempo in base alle tecnologie di abbattimento degli inquinanti disponibili sul mercato, seppure con l'inevitabile ritardo dovuto ai tempi legislativi. Spesso però tali limiti vengono richiesti solo per la costruzione di nuovi impianti, mentre agli impianti già esistenti vengono concesse lunghe deroghe.

Nonostante le normative vigenti, non sono comunque mancati casi di impianti, come quello di Brescia, in cui si siano rilevate alcune infrazioni per il mancato rispetto di normative o per il superamento del tonnellaggio di rifiuti inceneriti originariamente ammesso. È comunque difficile che l'accertamento di un'infrazione sfoci in provvedimenti molto severi come il sequestro dell'impianto, perché in tal caso si potrebbe creare un'emergenza rifiuti molto pericolosa. Fra febbraio e giugno del 2007, tuttavia, l'inceneritore di Trieste è stato posto sotto sequestro per il superamento dei limiti di legge riguardanti le emissioni di diossine, superiori anche di 10 volte il limite autorizzato.[62]

L'adeguamento dei vecchi impianti alle nuove normative procede a rilento, ed è solitamente collegato agli ampliamenti degli impianti. Da ciò deriva che spesso impianti di piccole dimensioni hanno emissioni (riferite al metrocubo di fumi e non al flusso totale) maggiori di impianti più grandi.

Norme sulle emissioni[modifica wikitesto]

Le nuove tecnologie permettono oggi di raggiungere valori assai elevati di abbattimento delle emissioni inquinanti, nel rispetto del Decreto Legislativo 133/2005.[2]

Il provvedimento regola tutte le fasi dell'incenerimento dei rifiuti, dal momento della ricezione nell'impianto fino alla corretta gestione e smaltimento delle sostanze residue:

  • disciplina i valori limite di emissione degli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti,
  • i metodi di campionamento, di analisi e di valutazione degli inquinanti derivanti dagli stessi impianti,
  • i criteri e le norme tecniche generali riguardanti le caratteristiche costruttive e funzionali, nonché le condizioni di esercizio degli impianti, con particolare riferimento alle esigenze di assicurare una elevata protezione dell'ambiente contro le emissioni causate dall'incenerimento e dal coincenerimento dei rifiuti,
  • i criteri temporali di adeguamento degli impianti già esistenti alle disposizioni del presente decreto;
  • prevede che i cittadini possano accedere a tutte le informazioni, così da essere coinvolti nelle eventuali opportune decisioni.

Emissioni in atmosfera e nelle acque[modifica wikitesto]

Per ogni tonnellata di rifiuti immessi, si ha l'emissione di circa 6000 metri cubi di fumi.[63]

Per quanto riguarda l'Italia, i limiti di legge imposti agli inceneritori per le emissioni in atmosfera sono evidenziati nella tabella 2, in paragone – semplificato – con altri tipi di impianto presenti sul territorio (si veda il DL 133/2005 [2] per gli inceneritori e il DL 3 aprile 2006, n. 152 [64] per gli altri impianti):

2. Limiti normativi alle emissioni in atmosfera: medie giornaliere (mg/Nm3)
Valori reali di un moderno impianto
Inquinante Incenerimento
(DL 133/2005, 2000/76/CE)
Grandi impianti di combustione
a carbone anteriori al 1988
(DM 12/7/1990)
Grandi impianti di
combustione a gas nuovi
(DL 152/2006)
Cementifici
(DL 152/2006)
Silla 2, 2005 [65]
Polveri totali 10 50 5 50 0,14
Anidride solforosa 50 400 35 600 2,2
NOx 200 200 100 1800-3000 138,7
Monossido di carbonio 50 250 8,2
Diossine e furani (ng/Nm3) 0,1[66] 10 10 0,0147[66]
Metalli pesanti 10 5
Piombo 0,5 0,0013
Cadmio 0,05 0,0003
Mercurio 0,05 0,001
3. Limiti normativi per le acque di scarico
di un inceneritore (DL 133/2005)
inquinante quantità (mg/l)
solidi sospesi totali (polveri) 30 – 45
mercurio 0,03
cadmio 0,05
tallio 0,05
arsenico 0,15
piombo 0,2
cromo 0,5
rame 0,5
nichel 0,5
zinco 1,5
diossine e furani 0,3 (ng/l)
idrocarburi policiclici aromatici 0,2 (ng/l)

I "valori reali di un moderno impianto" sono il risultato dell'applicazione delle migliori tecnologie disponibili (BAT, Best Available Technology) la cui applicazione costituisce un onere non indifferente nella costruzione e gestione degli impianti e può essere imposta in fase di autorizzazione dell'impianto: anche per quanto riguarda gli altri impianti citati vale la stessa regola per cui possono essere imposti specifici limiti minori;[67] allo stesso modo possono fino al 1° gennaio 2008 (o 2010) essere motivatamente consentiti limiti superiori ai valori di legge per polveri e ossidi di azoto nell'ambito di alcune restrizioni.[68]

Le emissioni di sostanze tossiche persistenti (in particolare diossine, furani) seppur entro i limiti di legge, sono da considerarsi comunque significative se sono protratte nel tempo nello stesso luogo: lo stesso DL 152/2006 evidenzia questo fatto per chiarire i limiti particolarmente severi su queste sostanze in impianti dalla lunga vita operativa. [69]

Per quanto riguarda l'emissione di gas serra (in particolare CO2), si veda più avanti.

Le emissioni di un inceneritore non si limitano all'atmosfera, ma si estendono anche alle acque reflue degli impianti: il DL 133/2005 fissa valori massimi anche in questo ambito, riferiti al litro d'acqua scaricata.

A partire dagli anni ottanta, visto l'inasprimento delle leggi, si è affermata l'esigenza di rimuovere i macroinquinanti presenti nei fumi della combustione (ad esempio ossido di carbonio, anidride carbonica, ossidi di azoto e gas acidi come l'anidride solforosa e l'acido cloridrico), i microinquinanti (metalli pesanti, diossine ecc.) e di perseguire un più efficace abbattimento delle polveri.

4. Confronto tra i valori delle emissioni dei diversi trattamenti
termici dei rifiuti (tra parentesi la specifica tipologia di impianto)
Dati in mg/Nm3 (diossine in ng/Nm3)
[70]
Inquinante Gassificazione
(Thermoselect/
Kawasaki)
Pirolisi +
vetrificazione
(Mitsui R21,
Siemens)
Incenerimento:
migliore
tecnologia
disponibile
Incenerimento:
Silla 2[65]
Polveri totali 0,2 <0,05 <1 o 1-5[65] 0,14
TOC 2 <1 <2 n.d.
HCl <0,2 <0,5 1-8[65] 5,8
HF <0,1 <0,05 <1[65] n.d.
Anidride
solforosa
<1 <0,7 <5 2,2
NOx <10 n.d. 120-180[65] 138,7
CO <3 <2,3 5-30[65] 8,2
Cd e Tl <0,002 <0,002 <0,001 0,0003 (Cd)
Hg 0,007 0,006 <0,001 0,001
Metalli pesanti <0,04 <0,05 <0,05 n.d.
Diossine
(PCDD/PCDF)
<0,02 <0,005 <0,05 0,0147
Nm3 fumi
su t di rifiuto
3 130 3 470 3 950-4 800 n.d.

Dal confronto tra le emissioni indicate in tabella 4, relative ai diversi trattamenti termici dei rifiuti effettuati tramite la tipologia di impianti indicata, è possibile trarre alcune significative conclusioni, riguardo agli impianti specifici considerati (le tecnologie di gassificazione e pirolisi sono molto variabili). Le emissioni di polveri sono minori nel caso della pirolisi e della gassificazione; in particolare, a causa delle temperature di esercizio non particolarmente elevate, risulta significativa la forte diminuzione legata alla pirolisi e che soprattutto è dovuta alla minore formazione di nanopolveri. Le emissioni gassose risultano molto minori nel caso dei processi di gassificazione/pirolisi (notevole soprattutto il dato sugli ossidi di azoto, anche qui correlato alle minori temperature), mentre la quantità di metalli pesanti prodotti è simile, anche se la gassificazione e la pirolisi tendono ad emettere un maggior quantitativo di mercurio. Infine, degna di nota è la bassa emissione di diossine legata alla pirolisi e imputabile alla scissione subita, con formazione di composti caratterizzati da minore peso molecolare.

Le polveri[modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Particolato, Nanopolvere e Nanopatologie.

Gli inceneritori, e in generale qualsiasi processo di combustione di combustibili solidi e liquidi, rilasciano nell'aria polveri sottili. Indicativamente, per un inceneritore, considerando una produzione di fumi di 6000 m³/t di rifiuti e il limite giornaliero di 10 mg/Nm³, l'emissione è di 60 grammi/t.

Tuttavia, questa è una indicazione solo quantitativa: molto importante è anche l'aspetto qualitativo cioè la finezza delle polveri[71] emesse (PM10, PM2,5 ecc.). In genere più sono alte le temperature di combustione e più aumenta la finezza delle polveri. Tali polveri sottili sono nocive a causa delle loro piccole dimensioni e del fatto che con sé trasportano, tramite fenomeni chimico-fisici quali l'adsorbimento, materiali tossici e nocivi residui della combustione, come idrocarburi policiclici, policlorobifenili, benzene, metalli pesanti e diossine, pericolosi perché persistenti e accumulabili negli organismi viventi.

Gli inceneritori contribuiscono all'emissione antropica di polveri fini e ultrafini in aree urbane, motivo per cui tali emissioni sono sotto osservazione per valutarne l'importanza relativa rispetto alle altre fonti (naturali o antropiche), non ancora del tutto chiarita. Anche per via delle recenti preoccupazioni sulle nanopolveri i termovalorizzatori sono visti con sospetto sia da alcuni ricercatori che da parte dell'opinione pubblica, mentre altri li considerano sostanzialmente innocui.

Un recente studio svolto per la Provincia di Bolzano ha misurato la concentrazione di particelle di diametro compreso tra i 5,5 e i 350 nanometri (quindi polveri cosiddette ultrafini) in vari punti, trovando valori di 10-20000 particelle per centimetro quadrato nei pressi dell'autostrada, 5-7000 al camino dell'inceneritore, 5-10000 nel punto di massima ricaduta delle sue polveri e 5000 in una zona non antropizzata.[72] Si noti che i dati sono espressi in numero di particelle per unità di superficie e quindi non secondo il classico rapporto grammi di polvere per volume d'aria. Questo perché, data la finezza di tali polveri è inutile "pesarle". Del resto questo genere di problematiche è emerso relativamente di recente e non sono state ancora stabilite dalla legge delle regole di determinazione quantitativa.

Infatti, la legge italiana e le norme europee pongono limiti di qualità dell'aria solamente riferiti al PM10 (polveri di diametro inferiore a 10000 nanometri cioè 10 micrometri), quantificando il limite medio massimo di tali polveri sottili nell'aria in 50 microgrammi/m³ (milionesimi di grammo per metrocubo d'aria). Purtroppo i limiti relativi alle emissioni degli inceneritori (e degli altri impianti industriali) non considerano la finezza delle polveri, ma solo il peso totale di 10 milligrammi/m3 (millesimi di grammo al metrocubo di fumi). Ad oggi, l'unico ambito in cui i limiti di emissione sono imposti sul PM10 è quello dei veicoli (si vedano le norme Euro3 ed Euro4).

Diossine e furani[modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Diossine e Furano.
Struttura molecolare della TCDD, la più tossica fra le Diossine

Le diossine ed i furani sono tossici, cancerogeni e mutageni per l'organismo umano. Sono poco volatili per via del loro elevato peso molecolare e sono solubili nei grassi, dove tendono ad accumularsi. Proprio per questo motivo tendono ad accumularsi nella catena alimentare e nell'organismo umano per cui anche una esposizione a livelli minimi ma prolungata nel tempo può recare gravi danni alla salute. Le sorgenti delle diossine sono varie e hanno avuto molte variazioni nel corso degli anni, ed è difficile quantificarne esattamente la rilevanza relativa: gli inceneritori sono comunque una delle fonti maggiori, e vanno tenuti sotto accurata osservazione (si veda la voce diossine).

Per quanto concerne l'incenerimento, le diossine vengono prodotte quando materiale organico è bruciato in presenza di cloro, sia esso ione cloruro o presente in composti organici clorurati come le plastiche in PVC.

La soglia minima di sicurezza per tali sostanze è ancora oggetto di investigazione scientifica; i limiti imposti dalla UE sulle emissioni sono di 0,1 nanogrammi/m3, cioè un milionesimo di grammo per metro cubo di fumi (sulle leggi valgono le considerazioni precedenti, all'inizio del paragrafo).

Per ridurre l'emissione di vari inquinanti fra cui la diossina, negli inceneritori è vietato (per legge) che i fumi scendano sotto gli 850° C, che è poi il motivo per cui gli inceneritori non possono accettare materiale dal potere calorifico troppo basso oppure devono integrare la combustione con metano.[16] L'obiettivo di minimizzare le emissioni di diossine contrasta in parte con il recupero dell'energia, in quanto una elevata temperatura di combustione e un veloce raffreddamento dei fumi (condizioni ideali per ridurre la formazione di diossina) sono incompatibili con una massima efficienza nel recupero dell'energia termica.[73]

Gli impianti tecnologicamente più avanzati presentano un elevato grado di efficienza tale da contenere le emissioni a livelli significativamente inferiori al limite di legge ma bisogna considerare che la legge impone solo delle misurazioni periodiche e non continue sulla produzione di diossina,[74] e che solo in pochissimi impianti italiani è tenuta sotto costante controllo. Inoltre, le misurazioni, necessarie solo ad assicurare il rispetto della legge, spesso non sono precise e non servono a conoscere l'effettiva emissione in atmosfera. Ad esempio, in inceneritori come quello di Brescia la concentrazione di diossina nei fumi può essere abbastanza bassa da risultare non rilevabile dagli strumenti adottati (a Brescia la soglia di misurabilità è di 0,04 ng/Nm3 di fumi, ovvero circa 240 ng/t di rifiuti). Quindi, se la concentrazione fosse di poco inferiore a tale soglia (e dunque non rilevata dagli strumenti), data un'emissione di 5 000 000 m3 di fumi al giorno, la produzione di diossina sarebbe di 200 000 ng/giorno, cioè la massima dose giornaliera tollerabile (0,15 nanogrammi) per oltre 1,3 milioni di persone, ma non verrebbe rilevata.[16]

Gli inceneritori rilasciano diossina non solo nell'atmosfera attraverso i fumi, ma anche nella terra e nell'acqua: le diossine sono presenti nelle scorie e nei residui solidi o liquidi del filtraggio dei fumi, e possono diffondersi per percolazione nel luogo di deposito di tali rifiuti o per dispersione delle acque di lavaggio delle zone di inquinate. La quantità di diossina nelle scorie – secondo misurazioni del DETR, Dipartimento inglese per l'ambiente – è di circa 12-72 nanogrammi/kg; il miglioramento tecnologico ha ridotto notevolmente l'emissione complessiva di diossina, tuttavia i sistemi di filtraggio più sono efficienti più concentrano le diossine prodotte nei loro residui: nei residui del filtraggio dei fumi attraverso precipitatori elettrostatici delle polveri (circa 30 kg/t di rifiuti) in passato la concentrazione era elevatissima, fra i 6600 e i 31100 ng/kg; negli impianti recenti è di 810-1800 ng I-TEQ/kg (quindi ca. 24,3-54 ng diossina/t rifiuti) e 680-12200 ng I-TEQ/kg nei fanghi dalle torri di lavaggio dei fumi (circa 10-15 kg/t di rifiuti, quindi ca. 8,5-152,5 ng diossina/t rifiuti).[75]

Uno dei principali motivi della differenza tra i risultati dei diversi studi risiede nel diverso arco temporale in cui questi si sono svolti, infatti il fattore di emissione delle diossine da incenerimento si è ridotto di circa 50 volte negli ultimi 15 anni, quindi chiaramente studi degli anni '90 forniscono dati notevolmente diversi da quelli più recenti.

Gas serra[modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Gas serra.

La valutazione dell'emissione effettiva di gas serra da parte degli inceneritori è questione dibattuta. Se da un lato l'emissione al camino è quantificabile (~1400 kg/t, si veda oltre), per una valutazione completa dell'influenza sulle emissioni globali di anidride carbonica bisognerebbe considerare in primo luogo la tipologia di rifiuti (organici o no, pretrattati o indifferenziati ecc.), le altre possibili modalità di smaltimento dei rifiuti residui[76], nonché la produzione di CO2 media usata per calcolare le emissioni evitate, ecc.

Un confronto fra il bilancio totale di CO2 derivante dall'uso dell'inceneritore (termoutilizzatore) e di una discarica incontrollata, per lo smaltimento di rifiuti urbani è stato presentato nel 2005 dall'Università di Firenze [77].

In base a questo studio, statisticamente per una tonnellata di rifiuto urbano "termovalorizzato" si deve considerare una produzione di 1402 Kg di CO2 (per combustione [78]), un risparmio di 554 Kg di CO2 ottenuto col recupero energetico (verrebbero emessi producendo la stessa energia con fonti fossili), altri 910 kg di anidride carbonica assorbita in origine dalla componente rinnovabile, per un bilancio totale negativo di contributo di 62 kg di CO2 sottratti ai gas serra.

Viceversa una discarica produrrebbe per fermentazione della componente organica circa 56 kg/t di metano (gas serra circa 21 volte più potente della CO2, e quindi equivalenti a 1181 kg/t di CO2) oltre a 295 kg/t di CO2; di contro, il carbonio sequestrato in origine dalla componente organica, non trasformato in anidride carbonica durante la fermentazione, equivarrebbe ad un sequestro di 591 kg/t di CO2. Si otterrebbe quindi un bilancio totale positivo di 886 kg di CO2 al contributo dei gas serra.

Secondo questo studio la produzione di CO2 sarebbe quindi nettamente maggiore per una discarica di rifiuti indifferenziati che per un inceneritore. Questa procedura di valutazione ed i suoi risultati sono stati utilizzati per valutare il progetto dell'inceneritore di Torino [79].

Va tuttavia rilevato che questo tipo di analisi non considera che le discariche controllate abbinate agli impianti di preselezione (TMB) e/o compostaggio con produzione di biogas permettono il recupero del metano di fermentazione (i sopra citati 1181 kg/t equivalenti di CO2) riducendo drasticamente le emissioni di gas serra della discarica: inserendo questa componente nel confronto la discarica risulterebbe in vantaggio sull'inceneritore.

Occore anche valutare che questi dati comparativi sono forzatamente solo indicativi, poichè in funzione delle tipologie di impianti, rifiuti e trattamenti considerati, le conclusioni possono essere diverse, dipendendo il risultato principalmente dall'efficienza della produzione e del recupero di metano nelle discariche e da quella del recupero termico negli inceneritori.

  1. ^ Direttiva europea 2000/76/CE sull'incenerimento dei rifiuti
  2. ^ a b c Decreto Legislativo 11 maggio 2005, n. 133: Attuazione della direttiva 2000/76/CE, in materia di incenerimento dei rifiuti (da parlamento.it). Informazioni più dettagliate sulle emissioni sono disponibili negli allegati 1 (200 KB), 2 e 3.
  3. ^ Schema sul Piano di sorveglianza e controllo negli impianti di smaltimento di rifiuti (PDF)
  4. ^ Rapporto rifiuti 2003 – Osservatoro Nazionale Rifiuti
  5. ^ Dati tratti da Analisi e comparazione delle tecnologie più idonee per il secondo impianto di trattamento area Nord dei rifiuti urbani, assimilati e fanghi della provincia di Torino
  6. ^ (EN) Ministero per l'Ambiente dei Paesi Bassi, National waste management plan, 2003
  7. ^ Rapporto Rifiuti 2005 dell'Osservatorio Nazionale dei Rifiuti, capitolo 2, vol. 1.
  8. ^ Dato menzionato nello studio sul futuro inceneritore torinese del Gerbido.
  9. ^ Iorisparmio.eu: Il termovalorizzatore di Brescia è "il migliore del mondo"
  10. ^ (EN) WTERT Waste-to-Energy Research and Technology Council
  11. ^ (EN) Martin GmbH
  12. ^ Dati di produzione di RSU della provincia comparati con la capacità dell'impianto tratti da documenti dalla Provincia di Brescia.
  13. ^ "Terni, produceva veleni killer: il pm chiude l'inceneritore" da La Repubblica web e "Chiuso inceneritore di Terni. Produceva veleni killer" da Il Sole 24 Ore on line. Siti consultati il 15/1/2008
  14. ^ Fatto citato nelle Note preliminari relative allo Studio di Impatto Ambientale del progetto di "impianto di termovalorizzazione dei rifiuti della provincia di Torino
  15. ^ Sul combustibile, si segnalano alcune precauzioni: esso deve (per legge) avere caratteristiche tali da scongiurare quanto più possibile un eventuale rilascio di sostanze nocive nell'ambiente durante la fase di deposito e trasporto prima dell'utilizzo.
  16. ^ a b c Mario Tozzi, L'Italia a secco: la fine del petrolio e la nuova era dell'energia naturale, Rizzoli, 2006.
  17. ^ (DA) Vestforbrænding anlæg 6 – Danmarks største forbrændingsovn
  18. ^ (EN) Fluidized Bed Combustion Program
  19. ^ Grammi al normalmetrocubo: unità di misura in cui si considera la quantità di sostanza inquinate presente in un metro cubo di fumi; il volume di fumi è misurato in condizioni normali (Normal) di pressione e temperatura (in quanto le due variabili termodinamiche influiscono su tale volume gassoso. A tal proposito vedi Equazione di stato dei gas perfetti).
  20. ^ Terttaliisa Lind, Jouni Hokkinen, Jorma K. Jokiniemi, Fine particle and trace element emissions from waste combustion — Comparison of fluidized bed and grate firing, Fuel Processing Technology 88 (7), 2007, pagg.737-746 DOI:10.1016/j.fuproc.2007.03.004
  21. ^ (EN) Pressurized internal circulating fluidized-bed boiler
  22. ^ (EN) Un modello di inceneritore a forno rotativo
  23. ^ Immagini di forni rotativi con post-bruciatori
  24. ^ L'indice di sfruttamento del combustibile è il rapporto tra la somma delle energie (termica ed elettrica) ricavate dalla combustione e quella del combustibile bruciato. Non è corretto parlare di rendimento energetico perché il numeratore del rapporto è somma di due energie qualitativamente differenti: disordinata (calore) e ordinata (energia elettrica). Vedi "Macchine" di Renato Della Volpe, capitolo IX paragrafo 1.
  25. ^ Secondo l'APAT «lo sviluppo tecnologico ha limitato drasticamente il numero degli insediamenti privi di tecnologie per il recupero energetico», tanto che nel 2001 dei 44 impianti di incenerimento dei rifiuti urbani solo 8 erano privi del recupero di energia.apat.gov.it: Gestione dei rifiuti.
  26. ^ Relazione di De Stefanis sul recupero energetico nel ciclo integrato di gestione dei rifiuti
  27. ^ Il recupero di energia dalla combustione di rsu.
  28. ^ http://www.torinoscienza.it/img/pdf/it/s10/00/0023/00002379.pdf .
  29. ^ (EN) Waste to Energy in Denmark, Ramboll (2006)
  30. ^ Scheda monografica riassuntiva sul recupero di energia da rifiuti, p. 5.
  31. ^ Infatti l'11% delle scorie, secondo i dati citati, non viene recuperato nell'impianto di Noceto.
  32. ^ N. Lapa et al., Ecotoxicological assessment of leachates from MSWI bottom ashes, waste Management 22 (2002) 583-593
  33. ^ Per i dettagli ed i dosaggi, si veda: Pietro Appendino, Monica Ferraris, Ildiko Matekovits, Milena Salvo, Vetrificazione e riutilizzo di ceneri provenienti da inceneritori di rifiuti solidi urbani, Dipartimento di Scienza dei materiali e Ingegneria chimica del Politecnico di Torino.
  34. ^ Metodi di rimozione del particolato, Qualità ambientale, Corso di Laurea in Economia e Ingegneria della Qualità, Facoltà di Economia del Polo universitario della città di Prato, A.A. 2004/2005.
  35. ^ Il documento citato riporta che combustibili a basso tenore di zolfo producono ceneri ad alta resistività elettrica che pertanto sono difficilmente intercettabili con l'effetto elettrostatico. Inoltre, superare il 90% di efficienza comporta un consumo elettrico che cresce esponenzialmente: passare dal 90% al 99% comporta una quintuplicazione dei consumi elettrici (pag. 13).
  36. ^ Secondo la normativa di riferimento italiana, vengono infatti considerate rinnovabili «il sole, il vento, le risorse idriche, le risorse geotermiche, le maree, il moto ondoso e la trasformazione in energia elettrica dei prodotti vegetali o dei rifiuti organici e inorganici» (DL 16 marzo 1999, n.79, art. 2, 15; vedi GSE-GRTN: "Normativa di riferimento", elenco norme di riferimento, PDF).
  37. ^ a b Note in materia di CIP/6 e Certificati Verdi, a cura del Gruppo Verdi PdCI Senato.
  38. ^ Dati tratti da Aggiornamento per il terzo trimestre 2007 del prezzo di assegnazione dei diritti CIP 6, 4 Lug 2007 e Aggiornamento per il 4° trimestre, 11 Ott 2007.
  39. ^ a b Dall'approfondimento di Ecosportello.org del 18 settembre 2006 sull'incentivazione dei termovalorizzatori.
  40. ^ Bilancio 2006 ASM SpA (pag. 258). Si segnala che il documento viene spesso spostato di posizione sul sito.
  41. ^ Notizia da edilportale.com.
  42. ^ QualEnergia anno V n. 1, gennaio-febbraio 2007.
  43. ^ La Corte di Giustizia Europea (C 458/00 del 13.02.2003) ha chiaramente sancito che l'incenerimento di rifiuti in un impianto dedicato non può essere considerato come "recupero" nemmeno sotto il profilo energetico.
  44. ^ 20 novembre 2003, risposta E-2935/03IT.
  45. ^ L'aggiunta delle parole «o autorizzati» è stato definita un «errore materiale di stesura del testo» in risposta alle polemiche seguite alla modifica a sorpresa del testo nel maxi-emendamento, ma evidentemente modifica sostanzialmente il senso della norma.
  46. ^ Si veda la scheda del ddl al Senato (mai esaminato).
  47. ^ Articolo 2, commi 136-138; si veda la Il testo del ddl finanziaria con la guida alla lettura delle disposizioni del Sole 24 ore. È previsto un tempo di tre mesi per concedere delle eccezioni agli impianti già autorizzati ma non ancora operativi, con priorità a quelli in realizzazione, da parte del «ministro dello Sviluppo economico, sentite le Commissioni parlamentari competenti».
  48. ^ Dati citati ne La nuova ecologia n. 5 anno XXVII di maggio 2007; per il dibattito sugli effetti della non incentivazione dell'incenerimento, vedi Rifiuti oggi n. 1 anno 17 di gennaio-febbraio-marzo 2007.
  49. ^ Lorenzo Tomatis et al., Business bias: how epidemiologic studies may underestimate or fail to detect increased risks of cancer and other diseases, Int J Occup Environ Health, 2005; 11: 356–359.
  50. ^ Chi fra il 1960 e il 1996 ha vissuto a lungo vicino a inceneritori e altre fonti industriali di diossina nella provincia di Venezia ha avuto una probabilità 3,3 volte il normale di contrarre un sarcoma:
    Zambon P, Ricci P, Bovo E, Casula A, Gattolin M, Fiore AR, Chiosi F, Guzzinati S. Sarcoma risk and dioxin emissions from incinerators and industrial plants: a population-based case-control study (Italy). Environmental Health, 2007, 6:19 (16 July 2007). Una sintesi (in inglese) dello studio, realizzata dagli stessi autori, è disponibile qui.
  51. ^ Valutazione dello stato di salute della popolazione residente nell’area di Coriano (Forlì) Progetto “Environmental health surveillance system in urban areas near incinerators and industrial premises / ENHANCE HEALTH” 1999-2001 / 2003-2005 una copia è disponibile qui
  52. ^ Tajimi M et al. Correlation coefficients between the dioxin levels in mother's milk and the distances to the nearest waste incinerator which was the largest source of dioxins from each mother's place of residence in Tokyo. Chemosphere, Japan, 2005 Dec;61(9):1256-62, PMID: 15922405. Sintesi.
  53. ^ Miyake Y, Yura A, Misaki H, Ikeda Y, Usui T, Iki M, Shimizu T. Relationship between distance of schools from the nearest municipal waste incineration plant and child health in Japan. Eur J Epidemiol, 2005;20(12):1023-9. PMID: 16331434.
  54. ^ Biggeri A; Catelan D. Mortality for non-Hodgkin lymphoma and soft-tissue sarcoma in the surrounding area of an urban waste incinerator. Campi Bisenzio (Tuscany, Italy) 1981-2001. Epidemiol Prev., 2005 May-Aug;29(3-4):156-9.
  55. ^ Franchini M; Rial M; Buiatti E; Bianchi F. Health effects of exposure to waste incinerator emissions:a review of epidemiological studies. Ann Ist Super Sanità, 2004;40(1):101-15.
  56. ^ Institut de veille sanitaire, Etude d'incidence des cancers à proximité des usines d'incinération d'ordure ménagères, France, 30 novembre 2006.
  57. ^ Committee on Carcinogenicity/Department of Health Statement, Cancer Incidence near municipal solid waste incinerators in Great Britain, March 2000. (Riassunto.)
  58. ^ Sedman et al. The evaluation of stack metal emissions from hazardous waste incinerators: assessing human exposure through noninhalation pathways. Environ Health Perspect, 1994 Jun;102 Suppl 2:105-12. PMID: 7925180.
  59. ^ Yaping Feng, Rod Barratt, Distributions of lead and cadmium in dust in the vicinity of a sewage sludge incinerator, J. Environ. Monit., 1, 1999, pagg.169-176
  60. ^ Resoconto della commissione disponibile nel sito del Senato. Si segnala che il senatore Moncada Lo Giudice (citato nella relazione) è anche professore alla stessa Università di Perugia coinvolto nello studio stesso.
  61. ^ Virginio Bettini, Virginio Bettini, Chiara Rosnati, Ricerca scientifica e processo di smaltimento dei rifiuti, AreAVasta, n. 10/11, luglio 2004 - giugno 2005.
  62. ^ Si veda questo articolo con dati relativi al superamento delle emissioni e ai costi di gestione degli apparati di filtraggio.
  63. ^ Studio sul futuro inceneritore torinese del Gerbido, p. 34.
  64. ^ Parlamento.it: Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, "Norme in materia ambientale", allegati alla parte V (in particolare p. 14/282).
  65. ^ a b c d e f g Studio sul futuro inceneritore torinese del Gerbido, p. 41.
  66. ^ a b Misurazione in ng/Nm3 di tossicità equivalente (TEQ).
  67. ^ Sulla base del DL 59/2005, che si applica anche agli inceneritori (come ribadito dall'articolo 4, comma 1b, del DL 133/2005 succitato), i limiti di emissione imposti agli impianti soggetti ad Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) sono basati sulle migliori tecniche disponibili individuate a livello nazionale, ma, per l'articolo 8, «Se, a seguito di una valutazione dell'autorità competente, che tenga conto di tutte le emissioni coinvolte, risulta necessario applicare ad impianti, localizzati in una determinata area, misure più rigorose di quelle ottenibili con le migliori tecniche disponibili, al fine di assicurare in tale area il rispetto delle norme di qualità ambientale, l'autorità competente può prescrivere nelle autorizzazioni integrate ambientali misure supplementari particolari più rigorose, fatte salve le altre misure che possono essere adottate per rispettare le norme di qualità ambientale».
  68. ^ Come previsto dallo stesso DL 133/05 (art. 9, comma 7); si vedano le note all'allegato 1 succitato.
  69. ^ Si veda ad esempio questo articolo di altreconomia.it (marzo 2006), nel paragrafo dedicato ai rischi da diossina.
  70. ^ Convegno De Stefanis 09/07/2007, pag.18.
  71. ^ Linzalone N et al- Incinerators: not only dioxins and heavy metals, also fine and ultrafine particles-Epidemiol Prev. (2007) Jan-Feb;31(1):62-6
  72. ^ Diego Barsotti, Misurate le nanopolveri dell'inceneritore di Bolzano. Presentati in un convegno i dati comparati sulle emissioni delle nanopolveri rilevate con tecnologia tedesca.
  73. ^ Dioxin, 2005, Wikipedia in lingua inglese, Come funziona un inceneritore?, 2005, Greenpeace Italia
  74. ^ Fatto menzionato nello studio sul futuro inceneritore torinese del Gerbido, p. 40.
  75. ^ Inventario europeo delle diossine: (EN) "Releases of dioxins and furans to land and water in Europe" (1999), p. 91 sgg. (dati risalenti al 1994).
  76. ^ Si ricorda infatti che l'inceneritore, nello scenario ottimale del sistema integrato di gestione dei rifiuti, rappresenta la penultima scelta, essendo la prevenzione, la riduzione e il riciclaggio sempre le soluzioni migliori
  77. ^ Ennio A. Carnevale, Andrea Corti, Lidia Lombardi , Stato dell Stato dell’arte internazionale sulle tecnologie di mitigazione arte internazionale sulle tecnologie di mitigazione dell dell'impatto ambientale degli impianti di termovalorizzazione impatto ambientale degli impianti di termovalorizzazione dei rifiuti urbani, Firenze, 2005 online
  78. ^ L'apparente incremento di massa è dovuto alla combinazione del carbonio dei rifiuti con l'ossigeno atmosferico
  79. ^ Studio per il termovalorizzatore del Gerbido, p. 50.

Bibliografia[modifica wikitesto]

  • M. Ragazzi, R. Del Duro, Introduzione alla termovalorizzazione dei rifiuti, Franco Angeli, 2006. ISBN 8846476387.
  • A. Rossi, Incenerimento dei rifiuti e depurazione dei fumi, Tecniche Nuove, 1989. ISBN 8870815218.
  • L. Morselli, La valorizzazione termica dei rifiuti: pirolisi, incenerimento, gassificazione. 5ª Conferenza nazionale, Maggioli Editore, 2003. ISBN 8838731055.
  • L. Morselli, G. Viviano, L'incenerimento Dei Rifiuti: Caratterizzazione Dei Materiali in Ingresso, Tecnologie Emergenti, Controllo Degli Effluenti, Impatto Ambientale. Atti Del Convegno Nazionale, Bologna 16-17 Marzo 1995, Maggioli Editore, 1996. ISBN 8838705488.
  • L. Corbo, D. Dell'Erba, Energia dai rifiuti, Etas, 1991. ISBN 8845304485.

Voci correlate[modifica wikitesto]

Voci inerenti il tema
Rifiuti Energia Ambiente

Altri progetti[modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica wikitesto]

Quadro normativo

Funzionamento degli inceneritori e informazioni generali

Impatto ambientale e sulla salute

Valutazioni della termovalorizzazione

Esempi di termovalorizzatori