Borrelia

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Borrelia
Classificazione scientifica
DominioProkaryota
RegnoBacteria
PhylumSpirochaetes
ClasseSpirochaetes
OrdineSpirochaetales
FamigliaSpirochaetaceae
GenereBorrelia
Swellengrebel, 1907

Il genere batterico Borrelia è costituito da microrganismi gram negativi a forma spirillare, che possono infettare esseri umani e animali (cervo, ratti, roditori, uccelli, che costituiscono i "serbatoi") causando malattie infettive note come borreliosi, che in genere vengono trasmesse dagli animali agli umani tramite insetti vettori, che più spesso sono zecche oppure pidocchi. La neuroborreliosi consiste nell'infezione acuta oppure cronica del sistema nervoso centrale da parte di spirochete del genere Borrelia, con possibile meningite, encefalite, vasculite e sintomi a lungo termine simili a quelli della sifilide o di alcune malattie autoimmuni come il LES e la sclerosi multipla.

Borrelia burgdorferi, l'agente batterico che causa la malattia di Lyme. Ingrandito 400 volte

Il genere Borrelia possiede almeno 37 specie note; di queste, 12 sono correlate con la malattia di Lyme o con altre borreliosi. Esso possiede un buon numero, tuttora ignoto, di ceppi. Il nome spesso si riferisce alle varie specie di Borrelia che sono notori agenti della malattia di Lyme (e affini) con il termine Borrelia burgdorferi sensu lato, e da qualche tempo si è scoperto che possiedono una maggiore variabilità genetica rispetto a quel che si pensava in precedenza.[1]

Borrelia recurrentis

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Con l'eccezione della Borrelia recurrentis (che causa la febbre ricorrente da zecche e da pidocchi e che viene trasmessa anche dal pidocchio del corpo umano), si pensa che tutte le altre specie del genere Borrelia siano trasmesse esclusivamente dalle zecche.[2] La Borrelia recurrentis è un batterio gram negativo, a forma di grossa spirocheta. È l'agente infettivo della febbre ricorrente, che si manifesta nei climi freddi delle zone montuose del nord-ovest degli Stati Uniti. La diagnosi è molto più semplice rispetto a quella delle altre borreliosi (anche per questo venne scoperta 50 anni prima delle altre), perché durante le puntate febbrili l'agente infettivo può essere colorato con i metodi batterioscopici per il sangue come la colorazione di Giemsa o la colorazione di Wright. La borrelia recurrentis è l'unica citata nei vecchi testi (prima del 1970), per il fatto che è molto più facile da coltivare, si può isolare dal sangue e coltivare nella cavità allantoidea dell'embrione di pollo oppure in mezzi liquidi con acqua distillata e glucosio mescolata a siero, sangue o frammenti del tessuto del paziente che si sospetta infetto, e predilige le basse temperature. Nelle vecchie sacche di sangue infetto può sopravvivere per mesi a 4° Celsius.

Specie di Borrelia scoperte successivamente

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I vari ceppi di Borrelia scoperti successivamente (anni ottanta) sono molto più difficili da isolare. Si ottengono da punture del sangue del lobo dell'orecchio, del liquido sinoviale o del liquido cerebrospinale, e devono essere coltivate nel mezzo BSK (Barbour-Stoenner-Kelly: acqua doppiamente distillata, con glucosio, senza tracce di ferro, arricchito da siero e grasso di coniglio) riscaldato per settimane a 32 °C in ambiente microaerobico.[3] L'esame batterioscopico si fa sulla coltura così ottenuta, con il microscopio a campo oscuro. Lo screening di massa nella popolazione è stato reso possibile dalla ricerca degli anticorpi contro le proteine di superficie della Borrelia, tramite metodi immunoenzimatici come l'ELISA e il Western Blot, che spesso presentano difetti di sensibilità e specificità. Con i più moderni e sensibili metodi di scoperta e classificazione dei vari ceppi batterici di Borrelia si cercano minuscole quantità del DNA batterico delle varie specie di Borrelia, tramite la reazione a catena della polimerasi (PCR).

Borrelia burgdorferi, ceppi e specie affini

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La Borrelia burgdorferi è l'agente eziologico della malattia di Lyme (dal nome dell'omonimo paesino), ovvero un'affezione multi-organica, divisa in tre stadi, che può colpire la pelle, il cuore, le articolazioni e l'encefalo oltre che i nervi periferici (neuroborreliosi), causata sia dall'invasione diretta di questi batteri gram negativi (spirochete del genere Borrelia) sia dalla violenta e sregolata reazione autoimmune in alcuni soggetti. Fino a poco tempo fa si pensava che vi fossero soltanto tre genospecie che causano la malattia di Lyme:

Al giorno d'oggi sono noti i genomi completi della B. burgdorferi sensu stricto (ceppo B31), della B. garinii (ceppo PBi) e della B. afzelii (ceppo PKo). Il ceppo genetico originale di B. burgdorferi (ceppo B31) venne ottenuto per clonazione limitata diluzionale dai germi isolati nell'organismo della zecca della malattia di Lyme, che è stata studiata per la prima volta dal microbiologo Alan Barbour.[4][5] Correntemente, i test diagnostici sono basati soltanto sui batteri B. burgdorferi sensu stricto (la unica specie che viene indagata negli USA), B. afzelii e B. garinii. Esiste una crescente e forte evidenza che molte specie diverse sono coinvolte in manifestazioni cliniche peculiari della malattia.[6][7]

Evoluzione di Borrelia burgdorferi

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Come molti altri batteri, Borrelia burgdorferi attua diversi meccanismi di trasferimento genico orizzontale (HGT, horizontal gene transfer), il quale consiste nel movimento di informazione genetica tra cellule della stessa generazione. Questi meccanismi sono per esempio la trasduzione e la coniugazione. Tutti assieme contribuiscono all'evoluzione dell'organismo e al suo processo di selezione naturale, tramite la rimozione di mutazioni deleterie e la raccolta di mutazioni benefiche in un singolo genoma. Da ciò ne consegue che la maggior parte degli individui della popolazione possiede gli stessi alleli, ovvero i più vantaggiosi per l'organismo. B. burgdorferi, però, attua un limitato HGT. Infatti, i suoi geni sono caratterizzati da polimorfismo. Il polimorfismo è la presenza di due o più alleli in un locus di una popolazione, ciascuno con frequenza apprezzabile. In altre parole, i suoi geni mostrano diversità allelica. Questa diversificazione è controllata dalla selezione stabilizzante.

La selezione stabilizzante è un processo nel quale i ricombinanti hanno un vantaggio selettivo. Esso produce diversificazione genetica in quanto alleli multipli sono mantenuti nel pool genico di una popolazione ad alta frequenza. Ciò può avvenire attraverso due diversi meccanismi: la selezione negativa frequenza-dipendente (negative frequency-dependent selection, NFDS) e i polimorfismi a nicchie multiple (multiple niche polymorphisms, MNP).

NFDS è un processo evolutivo attraverso il quale la fitness di un fenotipo diminuisce quando questo diventa sempre più comune. Ciò vuol dire che i genotipi più rari hanno un vantaggio selettivo rispetto ai genotipi comuni. OspC, che codifica per una proteina esterna di superficie, è il locus che mostra più diversificazione genetica in B. burgdorferi. In ospC, NFDS è prodotta dalla risposta immunitaria. Grazie alla memoria immunitaria, un animale precedentemente infettato da un ceppo di B. burgdorferi con uno specifico ospC non può essere reinfettato dallo stesso ceppo, in quanto l’animale possiede già gli anticorpi contro quel specifico serotipo. L’animale, però, potrà essere infettato da un ceppo con un diverso ospC, per il quale non possiede anticorpi.

MNP, invece, avviene quando l’ambiente è eterogeneo e nessun serotipo ha una fitness più alta rispetto ad altri in ciascun ambiente. Per ambienti si intendono le diverse specie di vertebrati che B. burgdorferi utilizza come ospiti. Possiamo immaginare ogni specie come una diversa nicchia ecologica. Più nicchie ci sono, maggiore sarà la diversificazione genetica in Borrelia. B. burgdorferi può infettare molti vertebrati, per esempio il topo, lo scoiattolo, il cervo e l’uomo. Essi sono molto diversi l’uno dall’altro e questo porta allo sviluppo di diversi serotipi ospC.

Evasione del sistema immunitario da parte di Borrelia burgdorferi

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Una delle ragioni per cui B. burgdorferi è considerato un patogeno pericoloso è la sua alta patogenicità dovuta alle diverse strategie che attua per evadere il sistema immunitario dell’ospite. Queste sono per esempio:

  • L’utilizzo di Manganese negli enzimi respiratori. Molti batteri necessitano il ferro per produrre i loro enzimi. Una delle risposte immunitarie dell’ospite a un’infezione batterica connesse alla febbre è di limitare la concentrazione di ferro nel sangue. B. burgdorferi, però, aggira questo sistema usando il manganese al posto del ferro.
  • Sostanze immunosopressive nella saliva della zecca. La saliva della zecca contiene una proteina che inattiva le cellule T del sistema immunitario.
  • Uscita dal flusso sanguigno. B. burgdorferi può uscire dal flusso sanguigno, verso la zona sotto-cutanea, il liquido sinoviale e il liquido cerebro-spinale. Per evadere il sistema immunitario e per diffondersi in tutto l’organismo.
  • Resistenza agli antibiotici. Nonostante i trattamenti con antibiotici, B. burgdorferi può reinfettare l’ospite perché va incontro a uno stato di crescita minima durante il trattamento (formando forme latenti "L" intracellulari). Quando le concentrazioni dell’antibiotico diminuiscono ricomincia a dividersi.
  • Cambiamento della proteina esterna di superficie osp. Osp è una proteina antigenica che il sistema immunitario riconosce per poter produrre anticorpi. Borrelia, però, può cambiare l’espressione di questa proteina così che gli anticorpi precedentemente prodotti non sono più efficaci contro la nuova proteina.

Borrelia valaisiana

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La Borrelia valaisiana venne identificata come una specie genomica dal "ceppo VS116", e venne battezzata Borrelia valaisiana nel 1997.[8] Successivamente è stata rilevata con la reazione a catena della polimerasi (PCR) nel liquido cerebrospinale (CSF) in Grecia,[9] ed è presente in tutta l'Eurasia; vi sono rapporti di isolamenti in Francia, Regno Unito, Italia, Germania, Paesi Bassi, Svizzera, Polonia, Spagna, Irlanda, Repubblica Ceca, Slovacchia, Russia e Turchia. B. valaisiana è stata coltivata anche in Corea, Taiwan, le parti meridionali e centrali della Cina, nell'isola di Okinawa, in Giappone[10][11].

Nuove genospecie mondiali: B. lusitaniae, B. bissettii, B. spielmanii

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Nuove genospecie scoperte di recente, si sono dimostrate patogenetiche negli umani: Borrelia lusitaniae[12] in Europa (specialmente in Portogallo), nel Nord Africa e in Asia, Borrelia bissettii[13][14] negli USA e in Europa, e la Borrelia spielmanii[15][16] in Europa.

Borrelie asiatiche: B. japonica, B. tanukii, B. turdae, B. sinica

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Ulteriori genospecie di B. burgdorferi sensu lato sospettate di essere causa di malattia, dato non confermato dalla cultura batteriologica, includono Borrelia japonica, Borrelia tanukii e Borrelia turdae (Giappone), Borrelia sinica (Cina) e Borrelia andersonii (USA). Alcune di queste specie sono trasportate da altri tipi di zecche, che la medicina corrente non riconosce come vettori della malattia di Lyme. La spirocheta Borrelia miyamotoi, correlata al gruppo di spirochete della febbre ricorrente, è sospettata di essere anche una causa di malattia in Giappone. Spirochete simili alla B. miyamotoi sono state scoperte recentemente sia nelle zecche Ixodes ricinus in Svezia sia nelle zecche Ixodes scapularis negli USA[17][18]

STARI: Borrelia lonestari

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Oltre a questo gruppo di genospecie strettamente correlate, specie addizionali di Borrelia, degne di interesse, includono la Borrelia lonestari, una spirocheta recentemente scoperta nella zecca Lone Star tick (Amblyomma americanum) negli USA centro-meridionali (attorno al Texas)[19][20][21], riscontrata anche in Brasile[22]. Vi sono forti indizi che la B. lonestari sia la causa della STARI (Southern Tick-Associated Rash Illness), nota anche come malattia di Masters in onore del suo scopritore Ed Masters. La malattia si verifica in seguito al morso di una zecca Lone Star tick e clinicamente si assomiglia alla malattia di Lyme, anche se gli affetti da questa infezione presentano abitualmente dei test negativi per la malattia di Lyme.[23] Attualmente non esiste alcun test diagnostico per la malattia STARI/Masters, e non esiste alcun protocollo di trattamento ufficiale, anche se in genere si prescrivono somministrazioni degli antibiotici più potenti (ceftriaxone e doxiciclina), per periodi di molte settimane.

Caratteristiche genomiche

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Una delle caratteristiche più sorprendenti dell'intero genere di Borrelia burgdorferi quando viene confrontato con altri eubatteri è il suo davvero inusuale ed enorme genoma, che è molto più complesso rispetto a quello della sua cugina spirochetale Treponema pallidum, l'agente della sifilide, malattia nota sin dal tardo medioevo come "morbo gallico".[24] Il genoma di B. burgdorferi include un cromosoma lineare, di dimensioni approssimativamente di una megabase, con 21 plasmidi (12 lineari e 9 circolari) - di gran lunga il maggiore numero di plasmidi che si possa trovare in qualsiasi batterio noto.[25] Un forte tasso di scambi genetici, che include il trasferimento di plasmidi, contribuisce alla grande patogenicità potenziale nell'organismo umano e animale.[26] La cultura a lungo termine della B. burgdorferi provoca la perdita di alcuni plasmidi e cambiamenti nell'espressione dei profili proteici. Associata alla perdita dei plasmidi si verifica una perdita nell'abilità del microorganismo a infettare gli animali di laboratorio, facendo intuire che i plasmidi codifichino per geni chiave coinvolti nella virulenza. L'analisi chimica della membrana esterna della Borrelia burgdorferi rivela la presenza di un contenuto del 46% in proteine, 51% in lipidi e del 3% in carboidrati.[27]

Altre proteine di superficie

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La membrana esterna della Borrelia burgdorferi è composta da vari tipi di lipoproteine (Osp) di superficie esterna che sono state accuratamente studiate e caratterizzare (Dalla Osp A fino alla OspF). Si presume che giochino un ruolo nella virulenza. Osp A e Osp B sono di gran lunga le più abbondanti proteine di superficie della Borrelia. I geni per la OspA e OspB codificano le principali proteine di superficie della B burgdorferi. Le due proteine Osp mostrano un alto grado di similitudine nella sequenza aminoacidica, indicando che sono un evento evolutivo recente. L'analisi molecolare e il confronto della sequenza della OspA e della OspB con quella di altre proteine ha rivelato somiglianze con il peptide segnale delle lipoproteine procariotiche.[28] Virtualmente tutte le spirochete nell'intestino medio di una zecca mai nutrita, allo stato di ninfa, esprimono la proteina Osp A. La OspC è una proteina che viene percepita come un antigene estraneo dall'organismo ospite e può stimolare la risposta immune. Ogni cellula batterica contiene soltanto una copia del gene che codifica per la OspC, ma le popolazioni di B. burgdorferi hanno mostrato grande variabilità tra individui nella sequenza genica per OspC.[29] Sembra che OspC giochi un ruolo nella trasmissione dal vettore all'ospite, dal momento che la proteina viene espressa dalla Borrelia soltanto in presenza di sangue o tessuti di mammifero.[30] Nella trasmissione all'ospite mammifero, quando la zecca ninfale comincia a nutrirsi di sangue, e le spirochete nell'intestino della zecca cominciano a moltiplicarsi rapidamente, la maggior parte delle spirochete cessa di esprimere la proteina OspA nella superficie. Simultaneamente con la scomparsa di OspA, la popolazione di spirochete nell'intestino della zecca cominciano a esprimere la OspC. L'espressione della OspC comincia durante il primo giorno dell'alimentazione ed effettua un picco 48 ore dopo la puntura.[31]

Struttura e crescita

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La Borrelia burgdorferi è una spirocheta altamente specializzata, mobile, dotata di doppia membrana, che oscilla, con lunghezza che va dai 9 ai 32 micrometri. È spessa descritta come un batterio gram-negativo e possiede una membrana esterna con LPS, anche se si colora molto debolmente con la colorazione di Gram. B. burgdorferi è un organismo microaerofilo (richiede poco ossigeno per sopravvivere). Vive primariamente come un patogeno extracellulare, anche se può nascondersi intracellularmente (vedi la sezione #Meccanismi di persistenza). Come altre spirochete, ad esempio il Treponema pallidum (agente della sifilide), la B. burgdorferi contiene un filamento assiale composto di flagelli che corre per tutta la lunghezza della sua parete cellulare e della membrana esterna. Questa struttura consente alla spirocheta di muoversi efficacemente come un cavatappi attraverso un mezzo viscoso, come il tessuto connettivo. Come risultato, il B. burgdorferi si può disseminare nell'intero organismo dopo qualche giorno o settimana dell'infezione, penetrando profondamente dentro i tessuti dove il sistema immunitario e gli antibiotici possono non riuscire a eradicare l'infezione. La Borrelia burgdorferi prolifera molto lentamente, con un tempo di duplicazione di 12-18 ore[32] (a differenza di patogeni più comuni come lo streptococco oppure lo stafilococco, che hanno un tempo di divisione di 20-30 minuti). Dal momento che la gran parte degli antibiotici uccidono i batteri soltanto mentre si dividono, questo tempo di duplicazione più lungo rende necessari lunghi tempi di terapia antibiotica per la cura della malattia di Lyme. Gli antibiotici sono più efficaci durante la fase di crescita, che per la B. burgdorferi avviene in cicli di quattro settimane. Alcuni clinici hanno osservato che i malati cronici del Lyme spesso soffrono un peggioramento dei sintomi ogni quattro settimane; si sospetta che questi aggravamenti ("flare-ups") periodici siano da imputare alla fase di crescita della B. burgdorferi.[33]

Meccanismi di persistenza

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Mentre in vitro la Borrelia burgdorferi è suscettibile a un buon numero di antibiotici, vi sono rapporti molto contraddittori sulla efficacia degli antibiotici in vivo. La B. burgdorferi può persistere negli umani e negli animali per mesi o anni a dispetto di una robusta risposta immunitaria e di un trattamento antibiotico standard, particolarmente quando la terapia viene dilazionata e la disseminazione è estesa. Numerosi studi hanno dimostrato la persistenza dell'infezione anche dopo intense, prolungate e potenti terapie antibiotiche.[34][35][36][37][38][39][40][41][42] Sono state ipotizzate vari tipi di strategie di sopravvivenza della Borrelia burgdorferi, per potere spiegare questa tenace resistenza,[43] includendo le seguenti:

[45]

  • Invasione intracellulare: si è dimostrato che grazie alla sua motilità spontanea, e alla capacità di esercitare "leva" con la sua forma "a cavatappi" la B. burgdorferi riesce a penetrare all'interno di molte cellule, tra queste le cellule endoteliali,[46] i fibroblasti,

[47] i linfociti, [48] i macrofagi (che probabilmente la catturano), [49] i cheratinociti, [50] la sinovia, [51] [52] e più recentemente sono state dimostrate all'interno dei neuroni e della glia. [53] Dal momento che si 'nasconde' dentro queste cellule, la B. burgdorferi si rende capace di evadere il sistema immunitario e rimane protetto fino a un certo punto dagli antibiotici, [54] [55] e in questo modo permettono all'infezione di persistere in uno stato cronico. Paradossalmente, molti di questi studi scientifici sono stati eseguiti e pubblicati da medici e ricercatori che erano scettici riguardo alla possibilità di un'infezione persistente da Borrelia.[45]

[57] [58] [59] [60] [61] [62] sia in vivo, [52] [58] [63] [64] e nel modello ex vivo (animali morti e tramite autopsia). [65] È assodato il fatto che sia richiesta energia perché il batterio passi dalla forma spirale alla forma cistica[56] suggerisce che queste forme alterate abbiano una funzione per la sopravvivenza, e che non siano dei meri stadi finali, dei prodotti di degenerazione. Gli sferoplasti sono davvero virulenti e infettivi, capaci di sopravvivere in condizioni ambientali avverse, e si è vista la loro capacità di tornare alla forma spirale in vitro, una volta che le condizioni diventavano più favorevoli. [58] [66] [67] [68] [69]

    • Un certo numero di altri fattori rendono gli sferoplasti della B. burgdorferi un fattore chiave nella natura cronica, recidivante della malattia di Lyme. In confronto alla forma spirale, gli sferoplasti hanno una superficie drasticamente ridotta, e in questo modo espongono alla sorveglianza immunitaria un'area più ridotta. Inoltre esprimono diverse proteine di superficie - un'altra ragione che causa la malattia sieronegativa (ad es. test anticorpali falsi negativi), dal momento che i test correntemente utilizzati cercano anticorpi alle proteine di superficie della forma spirale. In aggiunta, gli sferoplasti della B. burgdorferi sono in genere non sensibili ai vari tipi di antibiotico tradizionalmente usati nella terapia della malattia di Lyme. Invece hanno dimostrato una certa sensibilità in vitro ai farmaci antiparassitari come il metronidazolo,[70] il tinidazolo,

[71] e l'idrossiclorochina, [72] farmaci a quali la forma batterica spirale di B. burgdorferi non è sensibile.

[73] Questa capacità è correlata alla complessità genomica della B. burgdorferi, ed è un altro modo tramite il quale la B. burgdorferi evade la sorveglianza del sistema immunitario e riesce a stabilire un'infezione cronica.

Inoltre, l'esistenza di complessi immuni fornisce un'ulteriore spiegazione per la malattia sieronegativa, in pazienti con esposizione alle zecche e sintomi di malattia caratteristici della borreliosi, ma che risultano sieronegativi nella risposta anticorpale presente nel sangue e nel fluido cerebrospinale), dal momento che molti studi hanno dimostrato l'esistenza di un buon numero di pazienti sieronegativi al Lyme, ma che hanno anticorpi sequestrati in questi complessi immuni.[74][75][76]

Progressi nella ricerca immunologica avanzata

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Il ruolo dei linfociti T nella borrelia venne scoperto per la prima volta nel 1984,[77] il ruolo dell'immunità cellulare nella malattia di Lyme attiva venne individuato nel 1986,[78] e la persistenza a lungo termine delle risposte delle cellule T linfocitarie alla B. burgdorferi come una "sindrome da cicatrice immunologica" venne ipotizzata nel 1990.[79] Il ruolo del Th1 e dell'interferone-gamma (INF-gamma) nella borreliosi venne descritto per la prima volta nel 1995.[80] La via delle citochine nella malattia di Lyme, e il ruolo del Th1 nella "down regulation" della interleuchina 10 (IL-10) venne proposta per la prima volta nel 1997.[81] Recenti studi, eseguiti sia nella forma acuta sia in quella refrattaria alla terapia antibiotica, oppure in quella cronica, hanno mostrato che la Lyme disease avvia un processo pro-infiammatorio. Questo processo pro-infiammatorio dell'immunità cellulo-mediata e risulta nella "up-regulation" della Th1. Questi studi mostrano un aumento significativo nella produzione di citochina (IL-10), una "up-regulation" della interleuchina 6 (IL-6) e dell'interleuchina 12 (Il-12) e del interferone gamma (IFN-gamma) oltre che una sregolazione nella produzione di Tumor necrosis factor-alfa, predominantemente.[82][83][84][85][86][87]

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